L'essere straniero per me non è altro che una via diretta al concetto di identità. In altre parole, l'identità non è qualcosa che già possiedi, devi invece passare attraverso le cose per ottenerla. Le cose devono farsi dubbie prima di potersi consolidare in maniera diversa.
Questo "diario di sopravvivenza e resistenza al tempo della seconda guerra
mondiale" verrà presentato dalla casa Editrice Irradiazioni il 10 novembre (ore
18.30) a Roma
L' Editrice Irradiazioni organizza il 10 novembre alle ore 18.30, in
collaborazione con l'Ufficio della Commissione Europea in Italia a Roma in
via IV novembre n. 149- all' interno dello Spazio Europa, una riflessione sul
popolo rom, con la presentazione del libro di Jan Yoors "Crossing -diario di
sopravvivenza e resistenza al tempo della seconda guerra mondiale", edito
Irradiazioni.
In "Crossing", seguito del libro "Zingari sulla strada con i rom lovara",
J.Yoors racconta la sua implicazione personale nella guerra e la parte attiva
che molti zingari hanno giocato nello svolgimento della guerra di resistenza.
Verrà proiettato un bio-documentario di 13 minuti sulla storia unica di jan
Yoors realizzato dal figlio Kore Yoors: Weaving two worlds, Jan Yoors 1922-1977
(2008);
saranno esposte in mostra 16 foto degli anni 30, ritratti fotografici
eseguiti da J.Yoors durante il tempo passato con i rom;
parteciperanno la dott.ssa Clara Albani, Parlamento Europeo, il dott.
Emilio Dalmonte Commissione Europea ed il prof. Patrick Willams, antropologo
del CNRS direttore di ricerca, membro del Laboratorio di Antropologia Urbana
del CNRS di Parigi.
Interverranno anche Kore Yoors autore del bio-documentario e figlio di J.
Yoors; Nazzareno Guarnieri- presidente della Federazione Romanì; Emanuela
Gargallo - Editrice Irradiazioni
Partecipazione straordinaria del violinista Ion Stanescu, (Violinista
classico e gypsy), abile virtuoso del repertorio tzigano in stile rumeno ed
ungherese che ha fatto parte per anni dalla Filarmonica di Craiova (Romania).
Di Fabrizio (del 05/11/2010 @ 09:12:21, in Italia, visitato 2878 volte)
COMUNICATO STAMPA
DENUNCIA NEI CONFRONTI DEL SINDACO E DEL VICESINDACO PROTAGONISTI DEI RIPETUTI
SGOMBERI DEI CAMPI ROM A MILANO
[...]
CONFERENZA STAMPA
MARTEDI' 9 NOVEMBRE 2010 ALLE ORE 11,00
SALA STAMPA DEL TRIBUNALE DI MILANO (atrio centrale piano 3°)
Del testo della denuncia daremo copia in quell'occasione
Interverranno alcuni sottoscrittori della denuncia ed i legali che li hanno
assistiti, oltre ad alcuni Rom che abitavano i campi ripetutamente sgomberati .
In allegato: § Breve presentazione del campo Rom Forlanini/Cavriana e del Gruppo di
Sostegno Forlanini;
Milano, 3 novembre 2010
IL CAMPO ROM FORLANINI-CAVRIANA E IL GRUPPO DI SOSTEGNO
Chi percorre il viale Forlanini in direzione aeroporto, alla periferia est di
Milano, a un certo punto, sulla sinistra, vede un muro; è l'ultimo rimasuglio di
una caserma in disarmo. Alcuni anni fa, ospitava circa 150 profughi del Corno
d'Africa (erano i reduci da via Lecco, e poi si sono dispersi, tra Bruzzano,
piazza Oberdan e altri luoghi più o meno nascosti di questa metropoli
inospitale).
Il nostro Gruppo di sostegno Forlanini nacque allora, andando lì a conoscere
le storie tremende di uomini e donne in fuga dalla guerra, dalla repressione e
dalla fame, prodigandosi per le elementari necessità di quegli "ospiti", per la
maggioranza in possesso del permesso temporaneo perché rifugiati, ma come sempre
disperati, discriminati, obbligati a star nascosti e a non rivendicare alcunché.
Con un grande e diffuso sforzo di solidarietà, garantito da alcune
associazioni e soprattutto da "cittadini e cittadine attive", riuscimmo a
garantire un'esistenza un po' meno penosa a quegli uomini e donne, ma sempre
nella latitanza delle istituzioni. E arrivò lo sgombero, preavviso della svolta
sempre più militare impressa dalle autorità alla questione immigrazione, tanto
che la caserma fu abbattuta. Adesso, appunto, restano solo il muro frontale e
due corpi di guardia in muratura, nel frattempo resi inagibili dall'accanimento
dei successivi sgomberi.
E' in quest'ambiente, tra le radure e la campagna retrostante, tra il fango e
le sterpaglie, che si sono poi venuti a insediare alcuni piccoli nuclei di rom,
composti da coppie di anziani, famigliole più o meno allargate con bimbi
piccoli, ragazzi soli, reduci da altri sgomberi, oppure in fuga da una Romania
che ci viene raccontata come tremenda, ma forse a suo modo non tanto diversa
dalla Milano ringhiosa di questi anni.
Ed è ricominciata, da circa due anni una catena di solidarietà ancora più
larga. Ora il Gruppo svolge la sua attività umanitaria all'interno del campo Rom
in collaborazione con altre Associazioni di volontariato sociale milanesi; ha
una quarantina di componenti, che acquistano generi di prima necessità, fanno
accompagnamento sociale verso il pronto soccorso o gli ambulatori medici (per
una salute di grandi e piccini che è sempre più minata dalle pessime condizioni
ambientali), aiutano nelle minute pratiche burocratiche, tentano l'approccio
alla scuola, garantiscono la fornitura di tende, coperte, vestiti, nella
quotidianità come nelle punte più acute degli sgomberi, quando viene distrutto
tutto, dalle baracche agli affetti personali o ai beni di proprietà - come per
esempio un prezioso generatore -, ma soprattutto si insulta la dignità. Con il
nostro operato siamo riusciti ad avviare un contatto fiduciario, con soggetti
che da tempo hanno perso ogni riferimento con la cittadinanza, le istituzioni,
il potere.
Durante la seduta del Consiglio di Zona 4 del 11 febbraio 2010 abbiamo letto
un comunicato con il quale chiedevamo di fermare gli sgomberi e denunciavamo le
continue violazioni degli elementari diritti umani, contemporaneamente abbiamo
dichiarato pubblicamente "dopo ogni sgombero continueremo a garantirei beni
essenziali, quelle poche cose a cui ogni volta questi dannati della terra devono
rinunciare; torneremo a portare tende, coperte, farmaci e cibo e quant'altro
possa servire".
Le famiglie che risiedono in questo campo hanno trovato nel nostro gruppo
sostegno concreto: generi alimentari, abbigliamento, medicine, coperte, tende,
oltre all'accompagnamento verso le strutture pubbliche (ospedali e pronto
soccorso, per la cura delle malattie, e consultori familiari e pediatrici, per
quanto concerne le vaccinazioni dei bimbi e la maternità delle donne). Infatti,
molti abitanti del campo soffrono di varie patologie (respiratorie, reumatiche,
traumatologiche) proprio per le cattive condizioni di vita in questa situazione,
nel totale disinteresse degli organi preposti alla tutela della salute anche di
questi cittadini/e.
Grazie al lavoro di due anni in questo campo, siamo riusciti ad avere un
rapporto di totale fiducia ma, soprattutto, ad essere un riferimento certo,
nell'assenza totale di ogni contatto positivo con le istituzioni di questa
città. Ci stiamo adoperando per il loro inserimento lavorativo, ostacolato da
molte rigidità, e per l'inserimento scolastico, da settembre scorso infatti un
bambino ha iniziato a frequentare una scuola elementare in zona dove sta
sperimentando nelle maestre e nei compagni finalmente dei soggetti che lo
riconoscono e collaborano positivamente con lui.
In data 20 ottobre 2010 si è svolto l'ultimo sgombero: dalle 7,00 di mattina
gli abitanti del campo hanno atteso l'arrivo della Polizia locale insieme a una
decina di componenti del Gruppo di sostegno Forlanini. Nonostante la presenza di
minori (due bambine di 15 e 19 mesi e un maschio di 7 anni, tutti peraltro nati
in Italia) e di anziani con seri problemi sanitari – presenze già verificate da
precedenti accertamenti e in ultimo dal sopralluogo svolto dalla Polizia la sera
precedente - la procedura di sgombero è stata avviata comunque e con la totale
assenza dei servizi sociali. Il Gruppo di sostegno ha preteso, ma inutilmente,
l'esibizione di un titolo scritto per lo sgombero, oltretutto in assenza di una
chiara individuazione del proprietario del fondo.
Gli abitanti del campo sono stati allontanati e denunciati per occupazione
abusiva; successivamente sono entrate in funzione le ruspe per distruggere le
baracche, le tende e tutti quei beni che gli abitanti del campo non sono
riusciti a portarsi dietro nel loro ennesimo esodo.
Ora gli abitanti del campo vagano di nuovo nel quartiere e nella città, in
una città in cui non vengono riconosciuti a questa categoria "speciale" i
diritti di base: la casa, la salute, l'assistenza sociale e sanitaria,
l'istruzione, un lavoro.
Siamo ormai al quattordicesimo sgombero di questa realtà, che non ha mai
impensierito realmente gli abitanti del quartiere, cui basta il traffico
frenetico del viale e quel muro per non vedere quel luogo di perdizione. Eppure
gli "ospiti" di quel campo non si vogliono nascondere: ad aprile 2009, poco
prima del primo sgombero, a un'assemblea in piazza Ovidio con De Corato, indetta
sulla sicurezza, convincemmo due di quelle donne a intervenire pubblicamente;
davanti a una platea prima tumultuante e poi raggelata nell'ascolto, parlarono
della loro vita grama, della loro insicurezza, del degrado in cui non
volontariamente vivevano, dimostrando quanto erano "normali" gli "alieni" da cui
ci sentiamo "minacciati".
Ora il nostro gruppo intende intensificare la lotta a questa politica degli
sgomberi continui senza alcuna reale alternativa abitativa, contro questa
politica disumana ed illegittima; saremo presenti agli interventi che lì si
preannunciano, abbiamo già raccolto materiale per altri sgomberi, in modo da non
lasciare sguarnite le dotazioni; e intendiamo denunciare questi comportamenti
inumani nelle sedi ufficiali, alla stampa e agli organi nazionali e
internazionali a ciò preposti. Perché i "loro" diritti sono i "nostri" diritti.
Di Fabrizio (del 04/11/2010 @ 09:55:38, in Italia, visitato 1637 volte)
Tra reticenze e mezze verità, continua lo scaricabarile mentre si avvicina la
scadenza del 31 dicembre (e fa pure freddo, a questo non ci pensa nessuno?)
Lo Stato e il Viminale, attraverso il Prefetto, "hanno fatto la loro parte" sull"'emergenza
rom" a Milano, "ora il Comune, che sin qui ha fatto moltissimo, dovra'
continuare a fare la sua. Nel rispetto dei propri diritti, ma anche di quelli
dei rom. Perché ci sono situazioni, e quella cui mi riferisco e' tale, che non
sono risolvibili con uno sgombero".
Lo afferma Gian Valerio Lombardi, prefetto di Milano, in un'intervista al
Corriere della Sera. Lombardi, nella veste di commissario straordinario per
l'emergenza rom, si riferisce in particolare all'area di via Triboniano,
periferia nordovest di Milano. "Oggi ospita oltre 500 persone, ma ora l'area
serve per l'Expo 2015 – spiega -. Solo che l'istituzione di quel campo era stata
disposta e regolamentata dal Comune stesso: la maggior parte di coloro che vi
risiedono ha tuttora diritto di starci e la condizione per chiuderlo e' che si
trovi una soluzione per loro.
Per questo il Comune la scorsa estate aveva individuato 25 alloggi dell'Aler,
l'istituto milanese delle case popolari, con le caratteristiche di cui sopra: da
destinare ai rom, ma senza sottrarli ad alcuna graduatoria". Tuttavia "una parte
politica della maggioranza del Comune di Milano, preoccupata di un possibile
messaggio negativo per i cittadini milanesi, ha deciso di rivedere gli impegni
gia' presi". Lombardi spiega allora di aver trovato "soluzioni alternative"
interpellando "i privati".
Ora, prosegue, "risulta decisivo il ruolo del Comune: queste case andranno usate
per il fine cui sono state destinate, e il compito di gestire i passaggi
successivi spetta appunto al Comune". Lo sgombero del Triboniano non sara'
comunque "automatico": "e' un campo regolare, e nessuno potra' presentarsi qui a
chiedermi semplicemente di sgomberarlo. Il Comune dovra' fare un decreto e
motivarlo. Presentare anche agli abusivi un regolare provvedimento di
allontanamento. E farsi carico di trovare una sistemazione provvisoria per i
‘regolari' ancora eventualmente presenti".
Berlino, 02/11/2010 - Il premio Nobel per la letteratura Günter Grass,
martedì ha accusato la Germania di "spaventosa violazione dei diritti umani",
dicendo che i rimpatri di Rom kosovari era uno "scandalo" più grande della
deportazione francese degli zingari.
Lo scrittore ha fatto l'accusa in una lettera aperta al ministro degli
interni Thomas
de Maiziere.
La sua protesta riguarda la politica tedesca di rinviare 8.500 Rom in Kosovo,
da cui erano arrivati come rifugiati negli anni'90, ora che i loro permessi sono
scaduti.
Berlino ha negato di pianificare deportazioni di massa, ma dice che
continuerà, come in passato, a rimandarli gradualmente a casa.
Grass a sua volta accusa il governo di pianificare deportazioni che
metterebbero "in ombra" le espulsioni francesi dei Rom verso la Romania.
Scrive nella lettera: "Mentre tutta l'Europa guarda la Francia ed è furiosa
per i Rom ed i profughi espulsi verso la povertà della Romania, è in corso
un'operazione di deportazione su larga scala dalla Germania verso il Kosovo."
Grass, 83 anni, chiama i rimpatri "uno scandalo per la Germania ed una
macchia sulla pace Europea." Aggiunge che la Germania sta mandando in miseria
all'estero, bambini nati sul suo suolo che hanno vissuto nel paese per 15 anni.
"Niente alloggi, cibo, contatti sociali, niente scuole o lavoro: questa è la
realtà per la gente ricacciata in Kosovo," aggiunge.
"E' tempo ormai di agire. Questa ingiustizia cresce di giorno in giorno,"
dice. "Nel nome della fondazione, faccio appello alla Germania Federale ed ai
governi dei Länder perché modifichino questa decisione."
Grass e sua moglie Ute hanno contribuito alla nascita della Fondazione per il
Popolo Rom nel 1997. Grass, autore de Il Tamburo di Latta, ha vinto il Nobel per
la letteratura nel 1999.
Il presidente francese Nicolas Sarkozy ha innescato una polemica politica a
settembre, quando ha giustificato i rastrellamenti negli accampamenti rom
dicendo che la Germania stava pianificando deportazioni simili. I Rom in
Germania generalmente vivono in appartamenti pubblici piuttosto che in
accampamenti abusivi.
Riportano i giornali canadesi che dei Rom ungheresi sono stati trattati come
schiavi da una famiglia ungherese ad Hamilton, Ontario, e le autorità comunali
hanno emesso un mandato relativo a traffico di persone contro 10 membri della
famiglie.
I sospettati avrebbero attirato più di 16 persone da Pápa verso il Canada con
la promessa di una vita migliore e di opportunità di lavoro.
Al loro arrivo [le vittime] erano costrette a lavorare gratis e a lasciare i
loro benefici sociali. I sospetti aguzzini trattenevano i documenti delle
vittime, le chiudevano in uno scantinato e davano loro avanzi di cibo. Tutte le
vittime conosciute sono maschi.
E' il più grande reato di traffico di persone mai scoperto in Canada e gli
imputati potrebbero essere i primi nel paese ad essere condannati per questo
crimine. Ferenc Dömötör, Ferenc
Dömötör Jr., Gyöngyi Kolompár, Gizella Kolompár, Lajos Dömötör, Ferenc Kolompár,
Gizella Dömötör, Attila Kolompár, Gyula Dömötör e Zsanett Kolompár sono
ricercati dalla Polizia Canadese a Cavallo. Nove di loro sono accusati di
tratta.
Il caso è arrivato all'attenzione dicembre scorso quando uno dei Rom è
riuscito a protestare pubblicamente sul modo in cui erano trattati. Prima le
vittime non erano state in grado di rivolgersi alle autorità, perché erano
sorvegliati strettamente e non parlavano bene l'inglese.
Il Canada ha lanciato un'indagine e dopo 10 mesi ha emesso gli avvisi di
garanzia.
Le accuse a Ferenc Dömötörs e agli altri includono quella di aver insegnato
agli immigrati come truffare le autorità canadesi.
Altri due membri della famiglia sono accusati dello stesso reato. Il capo del
gruppo sembra essere Ferenc Dömötör senior, descritto dal procuratore della
corona Sandra Antoniani come il capo del gruppo criminoso di Rom ungheresi,
composto da parenti di vario grado. Durante un'audizione Ferenc Dömötör ha
negato le accuse, dicendo di essere stato minacciato dalla polizia e dalle
autorità canadesi, a causa della sua discendenza rom.
La maggior parte delle vittime sono ritornate in Ungheria.
Il ministro canadese dell'immigrazione, Jason Kenney, ha detto che il crimine
organizzato ha portato queste persone in Canada a rubare i loro benefici
sociali. Ha detto che molti cittadini ungheresi sono migrati nel paese, ma dei
2.500 che nel 2009 hanno richiesto asilo in Canada, solo tre l'hanno visto
accolto.
Nota dell'editore: Il Kyiv Post è un membro
fondante del New Europe
News Network, assieme ad altri giornali in lingua inglese. I media includono il Krakow Post in Polonia, The Budapest Times in
Ungheria, The Slovak Spectator di
Bratislava, Slovacchia, The Sofia Echo in Bulgaria e The Prague Post nella
Repubblica Ceca. In base ad un accordo informale, i giornali condividono
articoli nelle versioni stampate e online con gli altri membri del network.
Milano. Coordinata e finanziata dall'Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni
Razziali, "Dosta!" è una campagna che, grazie a giornate di incontro e
conoscenza reciproca, vuole aiutare a combattere le discriminazioni verso i Rome
i Sinti che vivono nel nostro Paese. Il programma degli appuntamenti milanesi si
trova su:
http://www.sivola.net/dblog/articolo.... Servizio di Claudia Bellante
Guarda questo video anche su:
http://www.c6.tv/video/10638-dosta-un...
28/10/2010 TEKIRDAG/ Il quartiere Hacı Evhat è un vecchio insediamento
zingaro, da 60 anni nel distretto Malkara di Tekirdağ. L'intrecciatura di
cestelli e la stagnatura sono andate dimenticate a Haci Evhat. Molti dei
residenti oggi lavorano nelle miniere di carbone.
Il quartiere da molti anni è uno dei più importanti insediamenti rom nella
regione della Tracia. Tra i residenti circolano racconti della guerra nazionale
turca che mostrano quanto sia antico il quartiere. Uno dei ricordi più
drammatici su quel periodo e su una donna che cercava di nascondersi col suo
bambino dai soldati invasori. Comprimeva al petto il bambino perché non lo si
sentisse piangere e questo causò la morte di lui.
Sino al 1950 la popolazione zingara era bassa. Crebbe con le migrazioni da 72
villaggi zingari verso Malkara dopo il 1950. C'erano state migrazioni da Edirne,
Uzunköprü e Tekirdag verso il quartiere accanto ai villaggi di Malkara. Quanti
si stabilirono nel quartiere erano generalmente zingari specializzati
nell'intrecciare cesti e nella stagnatura. Dicono i più vecchi residenti del
quartiere che le loro condizioni di vita erano molto dure. Le case erano
costruite con canne. Anche se la maggior parte erano zingari provenienti dai
villaggi di Malkara, c'erano tra loro zingari che venivano dalla zone che
facevano parte dello scambio di territori del 1924 tra Grecia, Bulgaria e
Turchia.
Alcune famiglie iniziarono a lavorare nell'agricoltura e nell'allevamento in
fattorie donate dal governo nel periodo 1940-1945. Alcuni svendettero le loro
fattorie a causa di bisogni urgenti. Altre famiglie le persero nelle discussioni
sulla proprietà della terra. Per alcune famiglie le fattorie iniziarono ad
essere inadeguate con la crescita della popolazione ed anche loro vendettero la
terra. Solo qualche famiglia si dedica all'agricoltura. Molte di loro vivono nei
villaggi di Malkara ed hanno condizioni di vita migliori comparate alle altre
famiglie zingare.
Negli anni '60 alcuni residenti andarono all'estero per lavoro. Gli altri
continuarono con i lavori di fabbricazione di cesti, stagnini, fabbri ed
attività agricole. Anche se la musica era un'attività comune tra gli zingari
arrivati dalla Bulgaria e dalla Grecia, i loro discendenti oggi non sono
musicisti. Oggi nel quartiere non resistono più le tradizionali forme di
sussistenza [...], i residenti ne hanno trovate altre , come il lavoro nelle
miniere di carbone. Ci sono almeno 20 miniere di carbone a Malkara. Vengono
pagati 20 lire turche (14 $) per un intero giorno di lavoro. Alcuni dei
residenti raccolgono i pezzi di carbone caduti dai carrelli, per rivenderli.
Alcuni residenti nella raccolta rifiuti per il comune. Nel quartiere ci sono
anche zingari macellai e proprietari di bar e caffè.
Ci sono tre gruppi di dialetto romanes parlati dai residenti: il Kalayci,
lo Sepetçi ed i dialetti dei Rom migrati dalla Grecia e dalla Bulgaria.
I problemi principali del quartiere riguardano l'istruzione e la
disoccupazione. Specialmente i residenti più anziani ricordano Tahsin Eren con
gran rispetto, a causa del suo appoggio al quartiere quando era presidente del
comune.
Sono 7.000 i Rom che vivono oggi nel quartiere [...].
Giuseppe Cancelli, 57 anni, ha vissuto dall'infanzia all'età adulta in
carovana
Popolo misterioso quello degli zingari. Misterioso e irriducibile al vivere
stanziale. E per questo motivo percepito come pericoloso. "Troppo facile fare di
tutta l'erba un fascio", risponde Giuseppe Cancelli che ha trascorso
dall'infanzia alla vita adulta in carovana, per le strade del mondo.
Cinquantasette anni, ben piantato, lo sguardo indagatore ed il sorriso
ironico sotto i baffi spruzzati di bianco, Cancelli si racconta seduto su un
divano del soggiorno arredato in giallo. Mentre sua moglie Iside, sinta di
Ferrara riservata e gentile, serve il caffè agli ospiti in tazze di porcellana a
fiori.
Cancelli: un cognome italiano...
E' quello di mia madre, una sinta italiana con sangue tedesco nelle vene.
Sono nato a Pisa, ho studiato in scuole italiane, ho fatto il servizio militare
a Pordenone, nella divisione corazzata Ariete, caserma Fiore. Lavoro in Italia,
ho documenti italiani, voto in questo paese, i miei figli sono italiani.
Al tempo stesso lei è fiero di far parte del Romané Chavé, del
popolo rom.
Non c'è contraddizione, se si risale indietro nei secoli. Con una
precisazione: da quando l'Europa ha aperto le frontiere dell'Est, molti pensano
che rom sia l'abbreviazione di rumeno. Invece nella nostra lingua di origine
indiana, il Romanès, rom significa uomo.
Siete diversi all'origine?
No, casomai per paesi di destinazione. Immagini due rette parallele originate
entrambe, a partire dall'VIII secolo d.C. per successive migrazioni dovute a
carestie e conflitti, dalla medesima regione del Pakistan chiamata Sindh giunte
poi in Grecia dalla Mesopotamia con le legioni romane d'Oriente. Da allora il
nostro cammino non si è più fermato: stiamo in un paese trenta, quaranta, anche
cent'anni, se ci lasciano vivere tranquilli; per andarcene quando veniamo
perseguitati. Noi, Rom e Sinti, parliamo un'unica lingua con inflessioni
dialettali legate ai paesi di permanenza; di cui abbiamo adottato i costumi
senza offuscare la nostra identità.
In Italia il popolo nomade ha sempre conosciuto persecuzioni?
No. Conserviamo dei salvacondotti papali del 1200, che ci permettevano di
muoverci senza essere carcerati. Le vessazioni partono dal '400 con bandi del
ducato di Milano, della Repubblica di Venezia, in cui viene quantificato il
valore dello zingaro catturato vivo e di quello ucciso. I galeoni, che solcavano
l'oceano verso l'America, erano pieni di zingari ai remi, imprigionati e
deportati. Oggi si trovano rom ai quattro angoli del pianeta.
Facendo un salto di secoli: avete conosciuto le persecuzioni naziste?
I nonni paterni e mio padre durante il fascismo sono stati internati a Berra,
nel ferrarese, altri del gruppo in quella di Campobasso. Non ci è stato
riservato l'atroce destino dei lager nazisti, ma molti rom sono deceduti lì
dentro per fame, freddo, malattie: eravamo gli ultimi ad essere considerati.
Dicono che nell'Olocausto sono morti 500.000 zingari, almeno il doppio secondo
la nostra stima.
Come campavate, quando giravate con i carri?
Il mio gruppo di appartenenza è quello dei Rom Kalderash, emigrato in
Moldavia e Valacchia e lì rimasto schiavo cinque secoli; per giungere poi in
Montenegro, paese dei miei bisnonni e nonni. Come dice il nome stesso, i
Kalderash sono sempre stati bravi calderai e ramai. Anche mio padre lo era e da
lui ho imparato a girare per i paesi in cerca di caldaie in rame ed acciaio da
stagnare; di ristoratori, pasticceri, grandi alberghi. D'inverno ci fermavamo e
vivevamo dei guadagni dell'estate, come le formiche.
Da quanto risiedete a Padova?
La mia famiglia da 37 anni, io sono stanziale da 18. Ho figli e nipoti nati,
chi a Monselice, chi ad Abano, chi a Camposampiero. Nei primi anni '90 abbiamo
comprato la terra ed incominciato a farci la casa. Ma i tempi cambiano e per
dare un futuro ai figli ho iniziato a fare l'ambulante: abbiamo dei chioschetti,
con cui giriamo per fiere, sagre e mercati vendendo bibite, panini, salsicce. E'
tutto in regola: partita Iva, richieste, licenze, pagamenti Tosap, conservo
tutto, ecco qua. Ai Comuni non chiedo aiuti né soldi, solo il permesso di
lavorare: voglio integrarmi del tutto nella società, in cui vivo.
I suoi figli hanno studiato?
Con l'aiuto dell'Aizo sezione di Padova, presieduta dall'infaticabile Elisa
Bertazzo, i nostri ragazzi arrivano alla terza media. I Sinti spesso frequentano
le superiori, sono ben integrati, trovano poi impiego come cassiere,
magazzinieri, saldatori, muratori, imbianchini.
Professa una religione?
Sono cattolico battezzato, come i miei figli. Con una parte della famiglia ci
stiamo orientando verso gli evangelici-cristiani, di cui mio genero è pastore.
Ci raduniamo spesso qui a meditare sulla Bibbia.
Perché la titubanza di certi suoi sguardi, certi silenzi?
Ci portiamo dentro una diffidenza atavica. Crede sia facile per i miei figli
non essere salutati dagli ex compagni di scuola? Per me dai loro genitori, con
cui ci siamo visti per anni? Siamo contenti di vivere qui, vogliamo essere
cittadini come gli altri, ci impegniamo a rispettare le leggi di questo paese, a
studiare, a non delinquere. Coscienti che nei nostri confronti vien fatta di
tutta l'erba un fascio e che non cambierà mai.
Di Fabrizio (del 01/11/2010 @ 09:24:20, in Europa, visitato 1510 volte)
Segnalazione di Alberto Maria Melis
Blitz notturno in campo rom con fucili e manganelli
Hanno fatto irruzione in un campo Rom incappucciati ed armati fino ai denti,
poi hanno cominciato a molestare e minacciare tutti i presenti. È successo in
Francia, da settimane al centro di una dura polemica sull'espulsione dei Rom da
parte del governo, dove il commissariato di polizia di Poissy, nel dipartimento
delle Yvelines, ha aperto un'indagine dopo la violenta intrusione di diversi
uomini nella notte tra mercoledì e giovedi 28 ottobre, in un campo situato a
Triel-sur-Seine.
Secondo le testimonianze raccolte dagli inquirenti, gli uomini sono giunti nel
campo verso le due del mattino a bordo di un'auto munita di sirena. Poi sono
entrati nei camper, nelle roulottes, impugnando fucili e manganelli, sfondando
alcune porte. Diverse persone detto di essere state molestati e minacciate con
le armi, mentre una donna sarebbe stata costretta a spogliarsi. Il blitz è
durato circa mezzora, durante la quale gli aggressori avrebbero anche esploso
diversi colpi in aria. I Rom hanno anche precisato che "erano vestiti come
poliziotti".
"Queste famiglie non potranno mai dimenticare ciò che hanno vissuto. Ma la cosa
più drammatica è che questi uomini sono andati via con i documenti d'identità di
diversi abitanti del campo", dice Annick Omond, del collettivo di sostegno alle
famiglie Rom della zona. Nel campo, si legge sul sito internet del settimanale
Le Nouvel Observateur, vivono da tempo una trentina di famiglie Rom minacciate
di espulsione.
Di Fabrizio (del 31/10/2010 @ 09:35:01, in Italia, visitato 1867 volte)
Ciao a tutti, sperando di fare cosa gradita vi invio la
posizione unitaria di cgil cisl uil di Monza-Brianza in risposta a un odg
razzista e spietato della lega contro i rom.
ciao
Marta Pepe
CGIL CISL UIL Monza e Brianza, venuti a conoscenza degli ordini del giorni
sui Rom in discussione al Consiglio Provinciale di oggi, esprimono le seguenti
valutazioni.
Riteniamo che sia un fatto grave innanzitutto parlare di "espulsione su base
etnica" dei Rom dalla Provincia di Monza e Brianza perché questo termine, in
contrasto con le normative europee e nazionali vigenti, prefigura reato di
discriminazione razziale.
Sosteniamo che tutti i cittadini hanno diritto all'ordine e alla sicurezza così
come diciamo che la responsabilità penale è personale e che vanno perseguiti
tutti i reati da chiunque commessi. E' però preoccupante, a nostro avviso,
utilizzare stereotipi per incriminare una intera etnia, basandosi su pregiudizi
e non su dati concreti. Sosteniamo che ritenere una comunità collettivamente
responsabile di reati e contrastare la legislazione europea sulla libera
circolazione delle persone si configura come una palese manifestazione di
razzismo e intolleranza.
Ricordiamo infatti che oltre alle recenti posizioni espresse dal Papa e dal
Parlamento europeo, uno specifico articolo del Trattato di Lisbona vieta la
discriminazione basata su sesso, razza od origine etnica, religione o credo,
disabilità, età e orientamento sessuale e conferisce al Consiglio dell'UE un
chiaro mandato a svolgere le azioni necessarie per combattere queste
discriminazioni.
Parlare di degrado ambientale, di aumento di furti nelle abitazioni di Pescara,
Palermo e Alassio e di incendi di baracche e roulottes nei campi nomadi; pensare
di risolvere tutto chiedendo fondi al Ministero per attuare le stesse politiche
per cui il Governo francese è appena stato censurato dalla Commissione Europea
non serve a nessuno, così come non serve una visione esclusivamente repressiva
nei confronti della presenza delle popolazioni Rom e Sinti che vivono nel nostro
Territorio, prescindendo da ogni considerazione circa il loro stato personale e
giuridico.
Non riteniamo affatto che la politica degli sgomberi e dei rimpatri forzati
(sull'esempio francese) sia la risposta che un territorio come la Brianza, noto
per la sua storia di accoglienza, possa mettere in campo. Ci pare che risponda
invece solo a costruire un clima di insicurezza e paura finalizzato a
distogliere l'attenzione dai problemi urgenti da affrontare per risolvere la
situazione difficile del Paese.
Siamo favorevoli, invece, all'implementazione di tutte le azioni che possano
costruire reali processi di integrazione, come condizione per superare gli
aspetti critici della convivenza e garantire migliori condizioni di vita a tutte
le persone che vivono nella nostra Provincia.
Riteniamo perciò che la strada debba essere quella della cooperazione nel
territorio tra tutti i soggetti Istituzionali, sociali e sindacali per
realizzare quelle politiche di integrazione che ovunque si sono dimostrate la
vera arma per affermare i diritti dei cittadini, da quello della sicurezza e
cittadinanza, a quello della legalità contro la clandestinità.
Auspichiamo che il Consiglio Provinciale deliberando su un tema tanto delicato,
tenga in considerazione queste nostre osservazioni.
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