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	 Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.     
	
    
		
      Di Giancarlo Ranaldi 
  Disegno di Wozniak da
www.radiochango.com 
Storie di Fisarmoniche 1 "Il Maestro Jovica Jovic".  
Rho (Milano), Campo Comunale di Via Sesia.  
Il Maestro Jovica Jovic, Rom di origine Serba, vanta importanti 
collaborazioni artistiche avendo suonato, tra gli altri, con Piero Pelù, Goran 
Bregovic, Vinicio Capossela, Dario Fo, Moni Ovadia, Dijana Pavlovic, ed è il 
leader, indiscusso, dei Muzikanti, una piccola orchestra multietnica. A marzo, 
raccontano le cronache, è stato ricevuto dal Ministro dell'Interno (il bieco 
Bobo Maroni), ricevendo dalle sue mani un "permesso di soggiorno provvisorio", 
con la promessa di una rapida regolarizzazione della sua condizione di Wop (With 
Out Passaport: così come venivano chiamati i migranti Italiani nell'America 
degli anni ‘50). "Per meriti artistici" disse il Ministro, intrattenendosi 
cordialmente con Jovica, al quale raccontò dei suoi trascorsi musicali. Oggi il 
campo di Via Sesia, nonostante la piccola Chiesa costruita dallo stesso Jovica, 
consacrata e benedetta da Sacerdoti cattolici ed ortodossi, rischia di sparire 
per sempre. Al suo posto una discarica e l'incertezza che accompagna il futuro 
delle Famiglie che lì vivevano e pregavano.  
 
Storie di Fisarmoniche 2 "Aurel torna a suonare"  
Napoli, dormitorio pubblico di Via Duomo.  
Ad Aurel Serban, Rom di origine Rumena, da cinque anni a Napoli, la 
settimana passata avevano rubato la fisarmonica. Avevano rubato la vita e adesso 
si vergognava a chiedere la carità. La Società San Vincenzo dei Paoli, si è 
fatta carico del problema acquistando per lui una bellissima "Paolo Soprani", 
una delle migliori fisarmoniche presenti sul mercato. Il sorriso è tornato sul 
faccione buono di Aurel che ha subito imbracciato la fisarmonica, accarezzandola 
come si fa con una fidanzata ritrovata, ed intonando un splendido valzer. Poche 
note per riappacificarsi con il Mondo e riacquistare la sua dignità di vecchio 
orchestrale per le vie di Napoli, indossando sempre gli stessi pantaloni da 
palcoscenico dell'Orchestra Rumena di cui faceva parte, suonando e regalando 
sorrisi ai passanti.  
 
Storie di Fisarmoniche 3 "Petru e la fisarmonica rinchiusa"  
Paradiso dei Musicisti Rom.  
Petru Birladeanu, Rom di origine Rumena, non riesce a trovare pace. Non si 
da pace per Mirela, Petronela e Ricardo che ha dovuto lasciare su questa terra e 
che oggi vivono nell'incertezza del proprio futuro. Si rattrista anche nel 
vedere la sua fisarmonica rinchiusa in una teca di cristallo, nella stazione di Montesanto 
a Napoli, dove due anni addietro perse la vita, vittima di camorra. Ucciso da un 
commando di otto aggressori, in sella a quattro scooter: "skizzati", 
imbottiti di cocaina, dirà un collaboratore di giustizia. L'arresto di Enrico 
Ricci (suo figlio Marco è stato rinviato a giudizio per aver preso parte 
all'omicidio di Petru) sulla stampa venne salutato come un colpo eccellente: 
secondo il Dda di Napoli avevano "preso" la testa di ponte del Clan dei Sarno 
tra i vicoli della collina napoletana. Non è passato neanche un anno ed oggi 
viene scarcerato "per decorrenza dei termini", libero per un difetto di forma, 
un banale cavillo: gli avvisi di conclusione delle indagini ai due difensori non 
vennero notificati correttamente, quanto basta a far decorrere i tempi fino alla 
scarcerazione.  
 
… e tutti noi non riusciamo a darci pace. 
     
	
	  
	
		
		
			Di  Fabrizio (del 18/07/2010 @ 09:41:54, in  Italia, visitato 1584 volte)
		  
	 
    
		
       
Newsrimini.it Nella foto Bove, una manifestazione dei sinti riminesi.
 Ha fatto tappa oggi a Rimini la campagna nazionale “Dosta” promossa 
dall'Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali per far conoscere, oltre i 
pregiudizi, le comunità sinti e rom:
PROVINCIA | 15 luglio 2010 | le iniziative riminesi sono state l'occasione 
per parlare di questioni locali. 
A Rimini, i sinti del campo di via Islanda, chiedono di poter lavorare in 
regola e di avere spazi. "Il lavoro storico dei sinti è la raccolta di 
materiale ferroso - spiega Davide Gerardi, presidente dell'associazione Sucar 
Mero - e aprire una cooperativa per fare lavorare queste persone sarebbe già una 
buona iniziativa per non escluderle". L'Amministrazione si sarebbe già impegnata 
per favorire dare ai sinti una cooperativa come riferimento lavorativo.  
"L'altro problema che abbiamo - prosegue Gerardi - è quello del campo nomadi. 
Il problema dell'energia elettrica, dell'igiene, degli spazi. Tante persone sono 
obbligate a comprare dei terreni privati per poter andare via dal campo, ma 
comprando questi terreni agricoli viene fatto un abuso edilizio. Noi chiediamo 
la regolarizzazione di questi appezzamenti di terra, Non chiediamo di poter 
edificare, ma chiediamo la possibilità di poter vivere". 
Altri comuni riminesi hanno situazioni da risolvere. La Provincia si impegna 
a mettersi in campo, insieme alle altre istituzioni, per favorire il dialogo. 
"La sfida è importante - afferma Mario Galasso, assessore provinciale ai 
Servizi Sociali - Provincia, Comuni, ma anche la Prefettura e la Diocesi, in 
questo percorso hanno già dichiarato che ci sono a poatto che da queste comunità 
sia dimostrata la buona volontà di voler vivere insieme. In questo momento 
stiamo lavorando a Coriano perché un insediamento di quattro famiglie, per un 
totale di 23 persone, deve essere spostato per il passaggio della terza corsia 
dell'autostrada, e si sta cercando un terreno adeguato dove farli spostare". 
     
	
	  
	
		
		
			Di  Fabrizio (del 19/07/2010 @ 09:07:50, in  Europa, visitato 1471 volte)
		  
	 
    
		
      Da
Nordic_Roma 
EDITORIAL in Newspaper Information. Written by: Anna von Sperling . 
09/07/2010 
 
Al giorno d'oggi è difficile vendere una notizia senza immagini. Pertanto il 
giornale Ekstra Bladet ha presentato nella sua edizione online un piccolo 
videoclip di un frigorifero con avanzi di cibo all'interno. 
Le immagini tutt'altro che eccitanti di quegli scaffali erano allegate alla 
storia di 23 Rom che sono stati deportati dalla Danimarca con divieto di 
ingresso per due anni. Il loro unico crimine è stato di accamparsi dove non 
potevano farlo. Quello che saltò agli occhi era il titolo del giornale: 
"Guardate in che schifo vivono gli Zingari ad Amager". 
Può andar bene all'Ekstra Bladet per provocare. Probabilmente è quello lo 
scopo del giornale. Ma non è bene farlo a spese del popolo più perseguitato 
d'Europa - che dall'Ungheria all'Italia viene percosso, escluso e deportato. Il 
mito dello zingaro sporco e criminale ha avuto terribili conseguenze nella 
storia d'Europa. Anche l'Ekstra Bladet dovrebbe esserne consapevole. 
Ma questo non cambia il fatto che la città di Copenhagen quest'estate ha dei 
problemi, ed uno di questi è difficile da risolvere. Negli ultimi giorni i media 
si sono focalizzati sul numero crescente di furti in aree particolari di Amager, 
ed il dito è puntato verso i 300-400 Rom, soprattutto rumeni, che secondo le 
valutazioni della polizia campeggiano d'estate sull'isola. 
Ieri, su Newspaper Information, si poteva leggere di un'associazione di case 
vacanze ad Amager, che ha subito un numero record di furti. Soprattutto, sono 
stati rubati cavi elettrici e materiale metallico - cosa che suggerisce che i 
ladri li rivendano come rottame. Ai residenti, crea insicurezza, frustrazione 
con la polizia e sfiducia nel progetto europeo di libera circolazione delle 
persone attraverso le frontiere, con la gente comune che non si rende conto di 
quanto ci sarebbe da guadagnarne. 
Ieri, l'Ufficio Immigrazione ha deportato dalla Danimarca i primi 12 Rumeni, 
che abitavano in uno stabile abbandonato e parzialmente demolito, ed in seguito 
altri 11 Rumeni che erano accampati sulla spiaggia di Amager. A tutti e 23 è 
stato negato l'ingresso per due anni, in quanto disturbavano l'ordine e la pace 
pubblica. Gli esperti stimano che vi siano i fondamenti di legge per le 
espulsioni. 
Ma questo non cambia il fatto che sia un caso spiacevole che dimostra ancora 
che i Rom in Europa sono sempre persone non gradite. Mostra anche che in 
apparenza ci sia un movimento molto particolare che dice a Rom: Andate via da 
dove siamo noi altri. 
Ole Hoff-Lund, portavoce di Amnesty International in Danimarca, ha detto ieri 
a Information: 
"I Rom non hanno pace in nessuna parte d'Europa. Sono nel gruppo di 
popolazione più vulnerabile, perseguitato e discriminato nella UE. Non hanno 
accesso al lavoro, alla casa, all'istruzione o alla sanità. Questo tipo di 
discriminazione, i Rom ora la incontrano anche in Danimarca, persino dai più 
alti livelli, come il Ministro della Giustizia." 
Non si deve rubare. Farlo diventa un caso di polizia. Ma la frustrazione 
nelle associazioni abitative è che la polizia non risponde alle denunce, perché 
riguardano quasi sempre piccoli furti. Una risposta rapida richiede risorse, ma 
se i Rom ad Amager sono considerati un peso, il tema dev'essere affrontato. Ma, 
come sottolinea l'avvocato Bjørn Elmquist, il vero problema in questo caso è la 
differenza di dare protezione ai cittadini danesi e a quelli di altri paesi. 
Non vediamo l'ora di ascoltare le spiegazioni dei politici quando torneranno 
dai loro cottage estivi. Perché, come abbiamo visto in precedenza, in estate 
esplodono queste cose e sotto gli effetti della calura i politici reagiscono 
risolutamente inviando la polizia per azioni spettacolari. Ma non è il caso di 
ignorare tutti la decenza e la certezza della legge per un singolo gruppo perché 
ad Amager sono mancati dei cavi elettrici e degli Iphone. 
Ma ricordiamoci che, anche se Copenhagen sembra lontano da Bruxelles ed i 
benefici del progetto europeo lo sembrano ancora di più, i fatti rimangono che 
non si può approfittare dei benefici economici dell'apertura delle frontiere, 
senza anche avere a che fare con chi viaggia in Europa, verso cui abbiamo 
sentimenti meno caldi. 
Come ha detto Maj Kastanje, operatore di strada del Progetto Outside, a 
Information: "Non possiamo dire A al muratore polacco a buon mercato, senza dire 
B a tutti quanti ai nostri occhi sembrano inutili". 
Forse non c'è lavoro per tutti e forse, non tutti si preoccupano di lavorare 
se è possibile fare soldi facili. Forse non c'è un ombrello sociale per tutti e 
forse c'è chi preferisce un campo nascosto in posti squallidi. 
Ma ciò non cambia il fatto che per tutti in Europa ci dev'essere la tutela 
del diritto. 
     
	
	  
	
		
		
			Di  Fabrizio (del 19/07/2010 @ 16:30:15, in  Italia, visitato 2017 volte)
		  
	 
    
		
      Della situazione di Quaracchi (FI) se ne parlò a
inizio mese. Una situazione di allarmi sanitari e mezze smentite, dove ho la 
sgradevole impressione che le varie associazioni giochino la loro "sporca" 
polemica sulla pelle dei Rom, che al solito sono gli unici a non esprimersi. 
Il rischio evidente è che per sanare la situazione sanitaria, si proceda 
all'ennesimo sgombero senza alternative, tanto caro alle giunte di centro-destra 
o centro-sinistra. Ecco l'ultimo appello, firmato Opera Nomadi 
Appello Urgente Firenze 15 luglio 2010 
 
Alla Regione Toscana 
Enrico Rossi 
 
Al Sindaco di Sesto Fiorentino 
Gianni Gianassi 
 
Al Sindaco di Firenze 
Matteo Renzi 
 
Alla Società della Salute 
 
A tutti i Partiti, le Associazioni, I Sindacati 
 
Alla Società Civile 
 
A Quaracchi c'è una emergenza umanitaria. 
A Quaracchi c'è una Favela senza acqua, luce, servizi igienici. 
A Quaracchi vivono famiglie, esseri umani: bambini, disabili, anziani, donne, 
uomini che dal 16 gennaio, con la loro lotta affermano il DIRITTO ALLA VITA PER 
I ROM RUMENI. 
 
Nella "Civile Toscana", nel Cuore della "CIVILE TOSCANA" esseri umani, Rom 
Rumeni, cittadini Europei vengono lasciati con 40 gradi senza acqua. 
 
Siamo di fronte ad uno scenario che ricorda Gaza, la Palestina. 
Anche in Palestina i bambini vengono lasciati senza acqua. 
Anche in Palestina esiste solo repressione e nessuna inclusione sociale. 
Sino ad oggi solo fogli di via, repressione, minacce, maltrattamenti e botte in 
Questura. 
 
Sono state fatte 4 denunce alla Magistratura Ordinaria, denunciando ampiamente 
le responsabilità dei Sindaci. 
 
L'Asl di Firenze e Sesto, La Regione Toscana dipartimento Igiene Pubblica 
afferma che le condizioni Igienico Sanitarie sono 
"INCOMPATIBILI CON LA PRESENZA DI PERSONE" 
 
I Rom sono ESSERI UMANI 
I Rom vogliono lavorare 
I Rom sono lavoratori 
 
CHIEDIAMO URGENTEMENTE UN TAVOLO DI INCLUSIONE SOCIALE 
CHIEDIAMO DI ADOTTARE IL PROGETTO IN ALLEGATO 
 
CHIEDIAMO ACQUA 
CHIEDIAMO SERVIZI IGIENICI 
CHIEDIAMO DI RIMUOVERE LA SPAZZATURA 
 
Marcello Zuinisi Educatore Professionale 
Opera Nomadi – Toscana 
320 9489950 328 1962409 
     
	
	  
	
		
		
			Di  Fabrizio (del 20/07/2010 @ 09:04:39, in  Italia, visitato 1811 volte)
		  
	 
    
		
      
VicenzaPiù 
Al via "Dosta!", anche a Vicenza, campagna contro i pregiudizi verso i Rom 
e Sinti.  
In occasione della Campagna "DOSTA" - iniziativa di sensibilizzazione per 
combattere i pregiudizi e gli stereotipi nei confronti dei Rom e Sinti, promossa 
dal Consiglio d'Europa e coordinata e finanziata in Italia dall'Ufficio 
Nazionale Antidiscriminazioni Razziali (UNAR) del Ministero per le Pari 
Opportunità - la Federazione Rom e Sinti insieme e la Missione Evangelica Zigana 
promuovono un incontro con la cittadinanza per martedì 20 luglio alle ore 20.30, 
presso il Foro Boario a Vicenza Est. 
Vogliamo combattere la discriminazione e i pregiudizi contro la minoranza Rom 
e Sinti, e inaugurare un percorso attivo di integrazione che garantisca, in 
particolare ai bambini, parità di diritti e di condizioni di vita, nel rispetto 
delle regole. In questo quadro, la campagna "Dosta" è uno strumento utile per 
vincere quegli stereotipi che spesso impediscono il dialogo tra due mondi 
differenti eppure molto vicini. 
Obiettivo principale della campagna è quello di diffondere la conoscenza delle 
comunità Rom e Sinti - circa 150mila persone in Italia - attraverso una diversa 
rappresentazione, più attenta alla loro quotidianità e meno agli aspetti 
folkloristici della loro cultura, coinvolgendo direttamente gli interessati. 
Per la Federazione Sinti e Rom insieme 
Il Pastore Davide Casadio 
     
	
	  
	
		
		
			Di  Fabrizio (del 20/07/2010 @ 09:22:02, in  Europa, visitato 4032 volte)
		  
	 
    
		
      by Paul Polansky 
[continua] Hans Haekkerup 
L'anti-premio NATOS: vergogna a tutti i pianificatori militari 
(specialmente i politici) che raramente prendono in considerazione gli effetti 
che i bombardamenti inutili avranno sui bambini. Come Ministro Danese della 
Difesa (prima di diventare il 3° SRSG in Kosovo) Haekkerup fu coinvolto nella 
preparazione del bombardamento del Kosovo, che non distrusse alcun obiettivo 
militare ma obbligò alla chiusura tutte le scuole e lasciò traumatizzata 
un'intera generazione di bambini. 
I nonni putativi 
non dovrebbero avere un favorito. 
Io ce l'ho. 
Un piccolo zingaro di quattro anni 
di Plemetina 
Con i pugni contusi come un pugile. 
 
All'età di un anno 
durante i bombardamenti della NATO in Kosovo 
Aveva fracassato così tante cose 
Che i suoi genitori 
L'hanno ribattezzato 
NATOS 
 
Tre anni dopo 
Continua a fracassare le cose, 
Ogni volta che un aereo 
Passa in cielo. 
Hans Haekkerup nacque il 3 dicembre 1945 a Frederiksberg, Copenhagen. Dopo la 
laurea nel 1973 con un master in Arti ed Economia all'università di Copenhagen, 
Haekkerup servì in diverse posizioni di governo. Dopo essere stato eletto al 
Parlamento nel 1979, fece parte di diverse commissioni. Fu membro della 
Commissione Difesa dal 1985 al 1993, e ne fu il presidente dal 1991 al 1993.  
Dal 1993, Haekkerup fu Ministro della Difesa, prima di essere nominato 
Rappresentante Speciale del Segretario Generale e capo della Missione ONU di 
Amministrazione ad Interim in Kosovo (UNMIK) dal dicembre 2000 al dicembre 2001. 
Durante il suo breve periodo come SRSG, Haekkerup dovette confrontarsi con 
diverse questioni controverse. L'uso da parte della NATO nei Balcani di armi 
all'uranio impoverito, attirò l'attenzione di molti giornalisti ed OnG 
internazionali. Le domande sui molti casi di leucemia, specialmente tra le 
truppe italiane di stanza dove vennero gettate le bombe, non ottennero mai 
risposte soddisfacenti. Al momento di entrare in carica, Haekkerup dichiarò che 
voleva tenere il Kosovo lontano dalle prime pagine, ma durante il suo ufficio di 
12 mesi raramente ci fu un giorno in cui il Kosovo non apparisse nei titoli di 
testa internazionali, incluse le minacce alla sua vita degli Albanesi (molti 
ritengono ex comandanti dell'ALK tramutati in politici) perché Haekkerup cercava 
di raggiungere un accordo con le autorità della Repubblica Federale di 
Jugoslavia ed aprire un ufficio UNMIK a Belgrado. Haekkerup disse che non 
intendeva rinnovare il suo mandato SRSG, per poter passare più tempo con sua 
moglie incinta. Però, molti osservatori occidentali ritennero che i politici 
albanesi fossero contro Haekkerup per il suo tentativo di porre fine al crimine 
organizzato. Haekkerup offese anche i protettori oltremare degli Albanesi che 
volevano che il Kosovo fosse lasciato ai locali Albanesi il prima possibile. 
L'atteggiamento burocratico di Haekkerup, inclusa la stretta aderenza all'orario 
d'ufficio, provocò insoddisfazione nel suo staff UNMIK. Anche l'ufficio USA di 
Pristina ebbe da dire con Haekkerup per il suo tentativo di dare un voto a 
Belgrado negli affari del Kosovo. 
Dopo il ritorno in Danimarca, Haekkerup scrisse un libro intitolato "Le molte 
facce del Kosovo". Gli Zingari di Mitrovica che morivano di avvelenamento da 
piombo nei campi ONU, non vennero menzionati. 
 
Michael Steiner 
  
  
Michael Steiner e la sua assistente Minna (immagini da
Unmikonline.org e da
Harvard.edu) 
IL PREMIO CHIACCHIERE TRA LE LENZUOLA: al quarto "protettore" ONU del 
Kosovo a cui piaceva sbattere i tacchi e parlare duro. Più tardi divenne ospite 
dello show BBC Hard Talk. Ma in realtà Steiner vince questo anti-premio per aver 
usato la sua posizione in Kosovo per mettere nei guai diverse donne del suo 
staff ed essere diventato il don Giovanni dei Balcani... mentre i primi  
bambini romanì nei campi ONU iniziavano a morire per avvelenamento da piombo. 
Michael Steiner è nato il 28 novembre 1949 a Monaco di Baviera, in Germania. 
Dal 1970 al 1977 ha studiato legge a Monaco e a Parigi, passando con distinzione 
il Primo Esame Statale in Legge a Monaco. Dal 1977 al 1980 ha svolto pratica 
legale in Baviera e fu junior lecturer di Diritto Internazionale alle 
università di Monaco e Parigi . Nel 1978 passò il Secondo Esame Statale in Legge 
sempre con distinzione. Nel 1981 entrò nell'Ufficio Federale Tedesco degli 
Esteri e dal 1986 al 1989 fu a New York al tavolo politico della missione 
tedesca dell'ONU. Dopo vari incarichi a Praga, Zagrabia, Bonn, Sarajevo, fu 
ambasciatore tedesco a Praga nel 1998, quando pubblicai nella capitale ceca i 
miei primi libri sull'Olocausto Zingaro nel protettorato del Reich di Heydrich. 
Dopo essere stato a Berlino Direttore Generale dell'Ufficio Federale degli 
Esteri, Steiner venne nominato Rappresentante Speciale del Segretario Generale 
dell'ONU per il Kosovo dal 2002 al 2004. 
Uno dei primi compiti di Michael Steiner in Kosovo fu di rimpiazzare 
l'amministrazione ONU nei comuni più etnicamente divisi con una delle sue 
amanti, Minna Jarvenpaa, a cui si riferiva amabilmente come "E' il mio braccio 
destro". 
Anche se molti nel suo staff consideravano questa bionda trentunenne di 
"origine scandinava" come l'ultima padrona del suo harem ONU, Minna in realtà 
collaborò con Steiner dal 1996 al 1998 presso la missione ONU in Bosnia 
Herzegovina quando Steiner era vice dell'Alto Rappresentante ONU. Educata ad 
Harvard, Jarvenpaa lavorò a Sarajevo come consigliera sulle "questioni 
rifugiati". 
Prima di essere nominata emissario speciale per Mitrovica, Jarvenpaa fu 
ufficialmente "consigliera per la pianificazione" nell'ufficio di Steiner. Nel 
suo nuovo lavoro, Jarvenpaa promise di migliorare le condizioni di vita a tutti 
i cittadini di Mitrovica, ma né lei né Steiner visitarono mai i campi rom/askali 
avvelenati dal piombo nella città di Mitrovica, dove ogni bambino nasceva, se 
ansceva, con danni irreversibili al cervello. 
Michael Steiner è scapolo. Non è dato sapere se abbia figli. 
Fine quinta puntata 
     
	
	  
	
		
		
			Di  Fabrizio (del 21/07/2010 @ 09:13:47, in  scuola, visitato 1994 volte)
		  
	 
    
		
      La notizia viene ripresa anche da
Inviato Speciale, riporto invece quanto pubblicato dall'Avvenire 
(credo versione cartacea, segnalazione di Marco Brazzoduro) 
Le "mamme-maestre" di via Feltre chiedono alle Istituzioni una soluzione 
per il nuovo anno scolastico  
"Rom bocciati per troppe assenze" DI DANIELA FASSINI  
 
Costretti a continue e prolungate assenze, a causa degli sgomberi, alcuni 
bambini rom, nell'anno scolastico che si è appena concluso, non so no stati 
ammessi alla classe successiva. "Diversi bambini sono sta ti bocciati perché non 
han no raggiunto il numero minimo delle presenze sufficienti per la promozione", 
racconta Assunta, in segnante della scuola primaria ma anche attiva nel 
l'organizzazione volontaria delle mamme-maestre di via Feltre, affiancate 
dalla Comunità di Sant'Egidio, per l'integrazione dei rom romeni più volte 
sgomberati dagli insediamenti di Lambrate e Rubattino.  
 
"Così abbiamo deciso di scrivere una lettera alle istituzioni, al sindaco ma 
anche al presidente dei Tribunale dei minori, al prefetto, al questore e per 
conoscenza ad Amnesty International – informa 'la mamma–maestra' – per 
affrontare il problema e trovare entro settembre una soluzione". "Ora ci 
troviamo davanti a un paradosso – scrivono nella lettera – le istituzioni con 
gli sgomberi rendono impossibile la frequenza e sono sempre le istituzioni a 
bocciare perché le assenze sono troppe" . Sono perlopiù bambini i scritti alle 
scuole primarie, 12 per l'esattezza, che dovrebbero proseguire gli studi già 
iniziati e altrettanti nuovi iscritti, qualcuno anche alle medie.  
 
"Chiediamo semplice mente che l'anno scolasti co possa iniziare anche per i 
bambini rom sotto il segno del rispetto, della serenità, della continuità, 
dell'osservanza dei diritti sanciti dalla costituzione e dall'ordinamento 
giuridico nazionale ed internazionale " conclude Assunta.  
 
Sancito da convenzioni, patti e stabilito negli standard internazionali sui di 
ritti umani, quello all'istruzione è un diritto che tutti devono garantire. Per 
i bambini rom è anche qualcosa di più: per loro l'istruzione è una possibilità 
di riscatto, dalla povertà e dall'emarginazione.  
 
IL CASO: CINQUE SGOMBERI E A SCUOLA TRA MILLE DIFFICOLTÀ  
"Simone ha nove anni e frequentava la terza elementare quando lo scorso 19 
novembre ha subito il primo sgombero da via Rubattino" inizia così il racconto 
di Stefano, volontario della Comunità di Sant'Egidio che ha seguito la vicenda 
personale di Simone, bocciato a scuola per le troppe assenze. "Da lì, dopo pochi 
giorni, la famiglia ha trovato 'rifugio momentaneo' in via Forlanini. Simone 
riusciva a frequentare la scuola, anche se non c'erano mezzi pubblici". 
Allontanata da Forlanini, a inizio anno, la famiglia si è poi trasferita in via 
Lorenteggio. Stefano e alcuni volontari della Comunità avevano già iniziato le 
pratiche per il trasferimento della scuola di Simone, impossibilitato a 
raggiungere tutte le mattine via Rubattino da Lorenteggio. "Neppure il tempo di 
completare le pratiche, ed ecco l'ennesimo sgombero – prosegue il racconto 
Stefano – Li abbiamo ritrovati a Chiaravalle e lì Simone ha potuto, ma solo per 
una settimana, frequentare la scuola di via Ravenna, al quartiere Corvetto".  
Poi il 9 febbraio lo sgombero da Chiaravalle. Quella mattina Samuel era andato a 
scuola. "Dopo un mese passato a girovagare, la famiglia si è nuovamente 
insediata a Rubattino e tra aprile e maggio Simone è riuscito a frequentare la 
scuola, quella in cui aveva iniziato l'anno scolastico. Ma a fine anno aveva 
accumulato troppe assenze". (D.Fas.) 
     
	
	  
	
		
		
			Di  Fabrizio (del 21/07/2010 @ 09:42:50, in  Italia, visitato 2637 volte)
		  
	 
    
		
      Storie che puntualmente riappaiono d'estate (leggere
UNO e
DUE) 
Salve, mi chiamo Alessia Cocco e vi scrivo per denunciare un fatto a cui ho 
purtroppo assistito passivamente. 
 
Sabato pomeriggio, per combattere l'afa romana ho deciso di andarmene in 
piscina. La scelta dell'impianto è ricaduta sulla Vigor, in via di Grotta Gregna, 
un po' per la vicinanza a casa mia e un po' per il fatto che c'ero già stata il 
mercoledì precedente con un mio amico e mi aveva fatto una buona impressione. 
Impressione, invece, sulla quale ho dovuto ricredermi. 
 
Mi accingo a raccontare l'accaduto. Ero in fila per pagare il biglietto 
d'ingresso. Premetto che non sono socia, ma questo non è motivo discriminate per 
l'entrata. L'unica differenza è nel piccolo aumento sul prezzo del biglietto. 
(Il mercoledì ho pagato 6 euro invece dei 5 previsti per i soci). Ero in fila, 
dicevo, mentre davanti a me si è profilata questa scenetta. Sento la ragazza al 
desk che dice alla coppia che mi precedeva che l'ingresso è vietato ai non soci. 
Siccome la cosa mi suona strana visto che c'ero stata qualche giorno prima e non 
mi avevano fatto storie penso che probabilmente questa limitazione è messa in 
atto nel week end così chiedo spiegazioni all'altra ragazza che dava 
informazioni. Quest'ultima invece mi sussurra un "no" facendomi segno con la 
testa di guardare più attentamente le persone che avevo davanti. E lì capisco 
tutto. Capisco che anche vivendo in una grande città abituata ad accogliere 
persone di diversa nazionalità, etnia, razza e cultura non ci si deve stupire se 
ancora succedono cose del genere. Capisco che vivere a Roma nel 2010 non mi 
risparmia dall'assistere ancora a scene di puro razzismo. Non è che non avessi 
notato che la coppia non fosse italiana, ma diamine, abito a Roma, di stranieri 
ne vedo continuamente! La coppia non ha destato in me particolare attenzione 
solamente perché i due non erano né particolarmente caciaroni, né sporchi né 
maleodoranti. Sta di fatto comunque che non erano italiani. Non saprei dire di 
che nazionalità fossero, forse rumeni, ipotizzo dall'accento. Ma a parte la 
diversità linguistica e del colore della pelle leggermente più scuro del mio, 
non c'era nient'altro nel loro aspetto che mi facesse sospettare lontanamente 
che si poteva trattare di persone pericolose, attaccabrighe o chissà cos'altro. 
Non posso dire infatti che fossero trasandate, sporche, né tantomeno sudice. 
Ammetto anzi che erano vestiti meglio di me che avevo su una gonnellina bianca 
di non so più quanti anni fa e una magliettina a bretelline. Non si può nemmeno 
addurre la discriminazione a possibili precedenti di disturbo della coppia 
perché da quello che dicevano ho capito che quella era la prima volta che i due 
mettevano piede nella piscina. Non credo che quelle due persone avessero potuto 
immaginare quello che sarebbe successo loro quel sabato pomeriggio. Credo solo 
che come me e centinaia di altre persone avessero deciso di combattere l'arsura 
di questo torrido luglio con qualche tuffo in piscina, tanto più che la donna 
era anche in attesa, e invece si sono ritrovati a sguazzare in uno sconcertante 
bagno di razzismo. 
 
Io mi sento in dovere di scrivere questa lettera di protesta visto che ho 
assistito mio malgrado passivamente alla cosa. Lì per lì sono rimasta così 
spiazzata dall'accaduto che non ho fatto né detto nulla. Non voglio 
giustificarmi in alcun modo perché la mia passività mi rende colpevole quanto le 
addette della piscina. Io a differenza loro però c'ho rimuginato tutto il week 
end e ora sento il bisogno di denunciare questa cosa perché si sappia in che 
razza di città viviamo. Probabilmente le ragazze hanno avuto l'ingrato compito 
di negare l'ingresso a certe persone dai proprietari dell'impianto sportivo, ma 
credo che questo non giustifichi nemmeno loro. Io mi sento terribilmente in 
colpa per non aver preso le difese di quelle due persone straniere la cui unica 
colpa è stata scegliere quella piscina piuttosto che un'altra. Quanto meno avrei 
potuto protestare andandomene e scegliendo un'altra struttura e invece non l'ho 
fatto. Ora me ne pento. Perciò ora ho bisogno di denunciare l'accaduto. Perché 
si sappia che ancora a Roma, nel 2010 accadono episodi di razzismo. 
 
Spero che qualcuno accolga la mia denuncia. E spero che questo riesca a farmi 
sentire meno colpevole. 
     
	
	  
	
		
		
			Di  Fabrizio (del 22/07/2010 @ 09:46:55, in  Europa, visitato 1685 volte)
		  
	 
    
		
      Da
Hungarian_Roma 
VITA Europe 
by Cristina Barbetta - 13 luglio 2010 
Intervista con Angela Kocze [...]. 
Angela Kocze, 40 anni, è una delle più esplicite sostenitrici dei diritti dei 
Rom. Nata in un povero villaggio dell'Ungheria rurale, è lei stessa Rom, ed è 
arrivata alla scuola, prima lavorando in fabbrica e poi vincendo una borsa di 
studio universitaria. In una nazione dove soltanto lo 0,2% dei Rom frequenta 
studi superiori, la storia di Kocze è un'eccezione alla regola. Una laurea in 
diritti umani, studi su etnia e minoranze e l'interesse sull'identità di genere 
l'hanno portata ad essere la prima direttrice esecutiva dell'European Roma 
Information Office (ERIO), una OnG che opera presso le istituzioni UE. E' 
anche l'ex direttrice del programma per l'educazione ai diritti umani dell'European Roma Rights Centre (ERRC). 
Attualmente è soprattutto una ricercatrice e sta terminando un dottorato di 
ricerca sull'intersettorialità tra genere, etnia e classe delle donne rom e la 
loro partecipazione politica in Europa. 
La crisi economica come ha colpito l'Ungheria? 
Economicamente parlando, la situazione per le OnG qui è molto fragile e la 
società civile è stata duramente colpita più di ogni altro settore. Dopo che 
l'Ungheria si è aggiunta alla UE nel maggio 2004, diversi fondi strutturali 
divennero disponibili alle OnG, ma la legge ungherese non permette che questi 
fondi abbiano un reale impatto per molte OnG. Qui il denaro viene assegnato solo 
in seguito, così le OnG devono prima affrontare i costi di ogni nuovo progetto. 
Molte organizzazioni tra cui quella con cui lavoro lo trovano proibitivo. Nel 
contempo, le poche organizzazioni filantropiche che esistono qui, come l'Open 
Society Institute, hanno meno stimoli ad investire nelle OnG locali da quando 
l'Ungheria è diventata parte dell'Europa. Ovviamente i Rom saranno quelli più 
colpiti economicamente e socialmente. 
Lo Jobbik, il partito ungherese di estrema destra, ha guadagnato le prime 
pagine in aprile quando ha ottenuto il 16,7% alle elezioni generali. C'è il 
rischio che i tempi duri aggiungano benzina alle esistenti tensioni etniche? 
Sì. Lo Jobbik è molto populista per l'uso che fa della paura nel guadagnare 
sostegno. Hanno una guardia paramilitare, usano simboli fascisti e marciano per 
le strade, è difficile non ripensare agli anni '30 quando la depressione ha 
spianatola strada ai nazionalsocialisti tedeschi. Chiaramente ora le cose sono 
differenti, abbiamo l'Unione Europea ed organizzazioni internazionali, ma la 
retorica che usa Jobbik fa abbastanza paura. I Ron sono diventati il loro capro 
espiatorio - un'idea abbastanza semplicistica, ma che fa presa sulla gente. 
Cosa possono fare le OnG e le istituzioni? 
Le OnG stanno cercando di far crescere la consapevolezza attorno al pericolo 
di questo tipe di idee, ma ho paura che non ne abbiamo la forza. La percentuale 
dei voti presi da Jobbik per accedere al Parlamento è significativa del fatto 
che siano il terzo partito più grande. La gente li ha votati democraticamente 
così la loro affermazione politica populista diventa legittimata dalle elezioni 
nazionali. Nel contempo hanno il potere di influenzare le leggi e sono soggetti 
attivi nella democrazia. 
Le minoranze sono una delle priorità chiave dell'anno europeo 2010 per 
combattere la povertà e l'esclusione sociale. Ti aspetti risultati positivi per 
i Rom? 
Quest'anno non ci saranno grandi differenze per lo status sociale ed 
economico dei Rom in Ungheria. Le principali attività hanno riguardato la 
produzione di pubblicazioni, alcuni eventi e campagne mediatiche, ma nessun 
progetto reale. Ma la questione chiave è che non tutti i Rom hanno accesso ai 
fondi strutturali, soprattutto perché le organizzazioni che lavorano alla 
promozione della loro causa non hanno risorse umani e finanziarie da adoperare. 
Detto questo, la lingua della UE, a confronto con quella degli stati nazionali, 
è più progressiva e la UE può essere davvero un veicolo per generare cambi nella 
comunità rom. 
Quali sfide affronterà il settore no-profit ungherese nei prossimi cinque 
anni? 
Le OnG in Ungheria non hanno finanziamenti base per condurre e sostenere 
l'esistenza dei loro uffici ed operare su progetti di base. Questa è davvero la 
sfida principale. 
Vedi qualcosa di positivo arrivare dalla crisi economica? 
Penso che c'è qualcosa di positivo: la gente è più cosciente della povertà. 
Per esempio, adesso sto lavorando nel nord dell'Ungheria, un'area 
sottosviluppata dove ho fondato un'OnG guidata da donne rom. Sfortunatamente è 
stata recentemente allagata da un fiume ed abbiamo ricevuto una massa senza 
precedenti di vestiti, mobili ed altre donazioni. Le città sono state impaurite 
dalla crisi e come risultato, sono più caritatevoli. 
     
	
	  
	
		
		
			Di  Fabrizio (del 23/07/2010 @ 09:16:20, in  Europa, visitato 1911 volte)
		  
	 
    
		
      Da
Czech_Roma 
 
Foto da
zpravy.idnes.cz 
Suo nonno fu la prima persona romanì ad ottenere un diploma superiore nell'ex 
Cecoslovacchia. Sia lei che suo padre sono laureati. Anche se Jana Horváthová è 
riuscita a diventare direttrice del Museo di Cultura Rom a Brno, deve spesso 
argomentare contro lo stereotipo che i Rom non sono istruibili. 
Quando eri bambina, cosa volevi diventare da grande? 
Per quel che mi ricordo, volevo essere un'attrice. Mi divertivo a 
trasformarmi in varie persone, a mettermi al loro posto. Ho anche recitato in 
teatro - alcuni dei geni dei miei antenati sono venuti fuori - ma durante la 
pubertà iniziai a vergognarmi terribilmente, e così è finito tutto. 
I tuoi genitori ti appoggiavano? 
Piuttosto, mi scoraggiavano - sono molto conservatori. Non volevano una 
commediante in famiglia. 
Sei finita come direttrice di museo, che è una professione seria. Hai 
studiato storia per entrare nelle loro grazie? 
Per niente - la storia è il mio secondo amore, è stato mio padre, che è un 
grande amante della storia, che mi ha portato lì. Quando eravamo bambini ci 
portava a vedere tutti i tipi di monumenti. Volevo studiare storia dell'arte, ma 
dato che i comunisti ci avevano "etichettato" [dissidenti], ero preoccupata che 
non ci avrebbero permesso un profilo così alto, così feci storia generale. 
Studiare è stato un punto di svolta nella mia vita. 
Un punto di svolta in che senso? 
Sino allora mi vergognavo abbastanza della mia origine rom. 
Cosa ti infastidiva tanto della tua origine? 
Sin dalla scuola elementare, e poi alle superiori, mi deprimeva quando la 
gente iniziava a raccontare scherzi primitivi sugli zingari. Avevo orrore che 
qualcuno puntasse il dito verso di me e dicesse che lo ero. Mi vergognavo che il 
mio cognome fosse riconoscibile come romanì. La famiglia Holomek era composta 
solo da Rom che si erano integrati prima della guerra e non avevano niente di 
cui vergognarsi, ma allora non lo sapevo. Non volevo essere identificata con 
gente che si diceva fosse arretrata, sporca. 
Tua sorella più grande non lottava con ciò? 
No, perché ha la pelle chiara. Io ero scura ed ero sempre l'unica ragazza 
romanì nella classe. Non sapevo perché i miei occhi fossero obliqui e scuri, 
perché lo fossero i miei capelli e la pelle. Seriamente, il mio aspetto era 
piuttosto strano. 
Oggi non si nota a prima vista che sei una donna romanì. Sei cambiata 
dalla fanciullezza? 
Non drasticamente, ma un bambino vuole fondersi piuttosto che attirare 
l'attenzione. Qualche volta un bambino che non conoscevo mi avrebbe gridato 
"Zingara". 
Ti confidavi con i tuoi genitori? 
No, e tutt'oggi non so il perché, uno psicologo saprebbe spiegarlo, 
probabilmente per un bambino è difficile affrontare questi problemi, dargli un 
nome. Il fatto che non ci associavamo con altri Rom ha avuto un ruolo 
importante, non c'erano altri bambini romanì con cui discuterne. Nonostante ciò, 
la nostra famiglia non si è mai vergognata di essere rom. 
Come hai fatto a venire a patti con tutto questo? 
Feci tutto il possibile per mascherare le mie origini, come indossare abiti 
molti riservati. 
Bambini simili di solito diventano imbarazzati oppure estremamente tristi. 
A quale estremo di questo spettro appartieni? 
Ero la bambina modello. A scuola ero una nerd, sapevo di dover conoscere più 
degli altri bambini e che non mi sarei permessa di fare errori. Questo aveva a 
che fare col fatto che mio padre era un dissidente. 
I tuoi insegnanti dovevano esserne contenti. Eri una delle loro favorite? 
Non direi, ma non creavo problemi. A scuola ero una studente modello, ma 
quando tornavo a casa, reagivo "rimproverando" tutti, come diceva mia madre. 
Esprimevo solo le mie opinioni, perché non potevo farlo a scuola. 
Eri amica di altre Rom? 
Non ne avevo l'opportunità. Quando ero più grande e le vedevo per strada, mi 
vergognavo di fronte a loro perché non conoscevo il loro mondo. Avrebbero dovuto 
chiamarmi - mi avrebbero riconosciuta come una di loro. 
	
		Jana Horváthová (43 anni) 
		è nata a Brno. Dopo il diploma, si è laureata nel 1990 alla Facoltà di 
		Filosofia di Brno in storia e studi museali. 
		Per un breve periodo ha lavorato con l'Iniziativa Civica Rom a Praga, 
		prima di co-fondare il Museo di Cultura Rom a Brno, di cui è la 
		direttrice dal 2003. 
		Ha lavorato per la Televisione ceca come editrice, consulente 
		letteraria, moderatrice e sceneggiatrice. 
		Ha pubblicato diversi libri, come "Capitoli dalla Storia Rom" e diversi 
		saggi. 
		E' sposata e ha due figlie:  Erika (18 anni) e Natálie (10 anni). | 
	 
 
Eva Tichá, translated by Gwendolyn Albert 
     
	
	  
	
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