| 
	
  
	 Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.     
	
		
		
			Di  Fabrizio (del 18/12/2011 @ 09:14:50, in  media, visitato 2469 volte)
		  
	 
    
		
      Filippo Facci come scrivevo
più di un anno fa, è uno scribacchino atipico: voltagabbana, a tratti 
servile, e con un ego sovradimensionato, ma ammettevo che quando scrive del 
tormentato rapporto tra rom, popolazioni autoctone e razzismo lo fa con una
lucidità rara.  
Un suo nuovo scritto pubblicato da
Il Post mi conferma questa impressione, e vi invito a leggerlo con 
attenzione. 
Ma qua, partono i necessari distinguo: 
	- Neanche a me piace l'abitudine, tutta italiana, di schierarsi per forza 
	tra guelfi e ghibellini. Però... se nell'arco di pochi giorni le 
	piccole, quotidiane violenze che segnano il NOSTRO rapporto con chi 
	percepiamo come straniero, hanno due picchi violenti come quelli di Torino e 
	Firenze, è doveroso interrogarsi sulle cause politiche di quel titolo:
	Siamo razzisti? Sì. I vari Berlusconi, Borghezio e 
	compagnia, avranno pure delle responsabilità nel cambiamento antropologico 
	in senso razzista dell'Italia. Provo a spiegarmi meglio: il razzismo non può 
	essere una scusa per giustificare le colpe di chi ha avuto ruoli di 
	responsabilità negli ultimi decenni, casomai ne è una delle cause.
 
	- Non si tratta del gesto di un folle: che sia un corteo di incendiari 
	(come a Torino, a Ponticelli, a Opera), o si tratti di responsabilità singole (Carreri a Firenzi, 
	Breivik a Oslo). Si è formato in tutta Europa un quadro che giustifica la 
	follia, la noia, il bisogno di distinguersi, ad esprimersi in atti violenti 
	verso determinate categorie, guardacaso Rom, Sinti, stranieri, portatori di 
	handicap.
 
	- Facci scrive "la ragazzetta di Torino è una mitomane che sconfina 
	nel cretinismo: il contesto disegnatelo voi." Chi reggeva le torce 
	accese, chi minacciava i giornalisti a Torino, gente matura magari, faceva 
	parte dello stesso contesto di quella ragazzina. Per comodità li 
	classifichiamo come mostri, ma i mostri veri sono la camorra, che per 
	liberare un'area edilizia appetibile ha mandato
	
	in riformatorio senza prove una ragazza madre, e dato fuoco a rifugi di 
	poveracci. Mostro è chi a Opera aizzò la folla già scalmanata di suo, e 
	l'anno dopo incassò la carica di sindaco.
 
	- 
	
	Essere zingari è un'aggravante? Ho paura di sì. Facci ha il coraggio di 
	ricordare come l'immagine della zingara rapitrice di bambini sia una 
	colossale bufala storica. Se di coraggio di uno scrittore vogliamo parlare, 
	in fondo non gli costa niente, ma di sicuro non è una posizione comoda per 
	chi si rivolge a lettori di destra.
 
	- Smontato uno stereotipo, però ricade (preso dal suo eccesso di realismo) 
	in un altro: quello dello zingaro ladro. Si dimentica che di ladri in 
	circolazione abbiamo un vasto campionario, e che senza scomodare i suoi 
	compari di casta/classe (non di schieramento, il fenomeno riguarda tanto destra che 
	sinistra), c'è chi lo fa in maniera
	
	più o meno furba. Sfugge a Facci, come a tanti altri, che non è l'etnia, 
	ma la condizione di vita. Nel comodo delle nostre case con porte blindate ed 
	antifurto, siamo pronti ad idealizzare la Palestina, l'Egitto, il Sud Africa 
	o la Colombia... un giro in quegli slum ci mostrerebbe un'umanità dolente e 
	piene di speranze che ruba, figlia, si ammala e muore con 
	percentuali del tutto simili ai Rom e Sinti nostrani. Ma senza andare nel 
	"terzo mondo", un giro in qualche quartiere USA del "primo mondo" 
	restituirebbe la medesima realtà. Ma quelli, sono i poveri lontani, i loro 
	odori e le loro grida diventano innocuo esotismo.
 
	- Allora, quello che scandalizza il benpensante, di destra e di sinistra, 
	non è il furto, ma la sua necessità (che deve anche essere prossima, 
	altrimenti non se ne accorge). Perché tutti amiamo crederci buoni, 
	democratici, autosufficienti. Ma il pensionato beccato al supermercato con 
	due scatolette di tonno nascoste nella giacca, ci porta la miseria allo 
	specchio, chi ruba per fame in un mondo di prosperità lo fa perché ha sua 
	volta è stato deprivato (derubato) dei valori occidentali di vita, compreso 
	il pieno accesso ad istruzione, casa, lavoro, sanità. Invece, fiduciosi nel 
	NOSTRO progresso, non solo vogliamo essere ricchi, ma pure amati dai poveri, perché così la NOSTRA coscienza (di classe?) non ci pone domande scomode. 
	Paradossalmente, diventiamo cattivi quando questo ci è negato.
 
	- Facci cita il Porrajmos, un olocausto dimenticato e tutto particolare. 
	Lo fa, sapendo quanto la nostra sia una bontà di facciata, per cui VOGLIAMO 
	DIMENTICARE i nostri antenati che fecero del Porrajmos, della Shoa, ma anche 
	dei massacri in Africa e nelle Americhe: non un isolato episodio di 
	razzismo, ma un sistema pianificato di arricchimento, sterminio e terrore. Ci stupiamo 
	che qualcuno sia sopravvissuto, emigri perché non abbia più di che vivere e 
	soprattutto abbia l'ardire di presentare il conto. Cosa che possono fare gli 
	Israeliani, forti di uno stato e di un esercito mica male, non i Rom e Sinti 
	che vivono tuttora in eterno dopoguerra. E allora, dagli allo zingaro!
 
	- VOGLIAMO DIMENTICARE, e l'abbiamo fatto, come eravamo nel dopoguerra o 
	quando si emigrava, perché nuovamente ci vergogniamo della povertà. Razzismo 
	ha tanti significati e radici, questo è quello attuale. Ma ricorda un 
	articolo del
	
	Corriere (uscito in concomitanza con quello di Facci) che c'è un 
	ulteriore differenza: il nomadismo. Che secondo il Corriere 
	può aprire le porte dei cieli (spero che qualche zingaro si sia fregato la 
	chiave per tempo) e secondo il più realista Facci non ha più ragione di 
	essere. Il Corriere ricorda come furono nomadi anche gli Ebrei, ma 
	dimentica che tutti i popoli che diedero vita agli stati moderni lo sono 
	stati, finché non fecero a botte per trovare una terra dove potersi fermare. 
	Potersi fermare, non dimentichiamolo, significa avere la possibilità di 
	cacciare qualcun altro. Non chiamiamolo NOMADE, allora, chiamiamolo 
	SGOMBERATO. Se ci intendiamo sulle parole, forse saremo già in grado di 
	intravedere le soluzioni.
 
 
     
	
	  
	
		
		
			Di  Fabrizio (del 19/12/2011 @ 09:16:34, in  Italia, visitato 1638 volte)
		  
	 
    
		
      
Richiesta intervento urgente per emergenza 
umanitaria campo Rom Via Idro 
Dedichiamo molto del nostro tempo all'impegno civile e sociale e al 
miglioramento della qualità della vita nei quartieri di Crescenzago Adriano 
Gobba, sia a titolo personale che in qualità di rappresentanti di associazioni e 
comitati. 
Con la presente, denunciamo che la situazione del Campo Rom di Via Idro si è 
aggravata a tal punto da raggiungere un vero e proprio livello di emergenza 
umanitaria. 
Giorno dopo giorno, le condizioni del campo peggiorano in modo allarmante: manca 
la corrente elettrica da mesi, i frigoriferi non possono funzionare, le fogne 
straripano, la strada si allaga. Le persone vivono al freddo. La salute è 
seriamente a rischio. Le prime vittime sono i bambini e gli anziani, i più 
deboli ed indifesi. 
I responsabili dell'amministrazione comunale sono informati, ma inspiegabilmente 
non provvedono. 
 
Per i Rom Harvati, cittadini italiani che risiedono da oltre 30 anni in Via 
Idro, si sono ulteriormente ridotte le possibilità di lavorare non solo per la 
crisi generale, ma soprattutto perché sono vittime - come altri nomadi e 
minoranze etniche - di politiche centrali e locali di discriminazione ed 
ingiustizia sociale. 
Infatti la sentenza del Consiglio di Stato del 16 novembre 2011 ha cancellato il 
Piano Maroni che prevedeva, oltre a misure lesive della dignità delle persone, 
il finanziamento di un campo di transito in Via Idro e la chiusura entro il 31 
dicembre 2011 di quello attuale, regolare e storico. 
 
Si vuole da parte anche della nuova amministrazione di Milano insistere sul 
campo di transito in Via Idro, rifiutato sia dalla comunità rom sia da 
cittadini, comitati, associazioni, partiti e dal Consiglio di zona 2? 
Perchè non si provvede con urgenza a garantire agli abitanti il ripristino delle 
condizioni di vita umane e ad approntare un piano di riqualificazione da 
inserire in un progetto di valorizzazione del patrimonio ambientale (Lambro, 
Martesana, costituendo Parco della Media Valle del Lambro) e della comunità rom, 
i cui membri già nel passato hanno dimostrato di potere mettere a disposizione 
esperienza e competenza (cooperative per la cura del verde e di lavori diversi)? 
 
Nel ribadire la richiesta ai destinatari della presente ad intervenire 
tempestivamente per ripristinare le condizioni di vita normali e rispettose 
della dignità e della salute delle persone che vivono nel villaggio di via Idro, 
confermiamo la nostra disponibilità a farci promotori di un progetto generale di 
riqualificazione e valorizzazione dell'intera area allo scopo di migliorare la 
qualità ambientale e urbana e le relazioni tra i rom e gli abitanti dei 
quartieri interessati. 
I bambini di Via Idro si stanno ammalando. Fate presto, prima che sia 
troppo tardi! 
 
In attesa di un positivo riscontro, i migliori saluti. 
 
Carlo Bonaconsa, Comitato Vivere Zona 2 
Fabrizio Casavola, redazione di Mahalla 
Laura Coletta, Associazione "Elementare Russo" 
Gabriella Conedera, Scuola Elementare di via Russo 
Cesare Moreschi, Comitato Vivere Zona 2 
Giuseppe Natale, Anpi Crescenzago 
Antonio Piazzi, Anpi Crescenzago 
Paolo Pinardi, Martesanadue 
Lettera aperta a: 
- Sindaco di Milano, Giuliano Pisapia 
- Assessore alle Politiche sociali, Pierfrancesco Majorino 
- Assessore alla Sicurezza e coesione sociale, Marco Granelli 
- Presidente del Consiglio di Zona 2, Mario Villa 
 
QUI invece trovate la lettera scritta al sindaco dalla scuola elementare 
Russo 
 Nel frattempo, ricevo da Alberto Ciullini: 
Strage, stragi, ed emergenze umanitarie nell'indifferenza 
Questo l'intervento 
che a nome del gruppo di SEL ho letto ieri sera in Consiglio di Zona 2.  
Presidente, consiglieri, 
avremmo voluto intervenire perché questi giorni sono 
giorni particolari: le date che vanno dal 12 al 15 dicembre, sono giorni densi 
di significato per Milano, la sua storia ma anche per la storia e la coscienza 
di tutto il Paese. Sono i giorni in cui è indispensabile fermarsi e ricordare 
uno degli eventi che hanno caratterizzato la storia recente del questo Paese: 
una strage, la strage di piazza Fontana, con cui 42 anni fa si avviava la 
strategia della tensione e delle stragi di Stato. Bene ha fatto il Consiglio 
comunale a riunirsi in seduta straordinaria per commemorare le 17 vittime 
innocenti e a proporre l’istituzione della Giornata della memoria cittadina per 
"conservare una viva memoria del nostro passato, soprattutto a vantaggio di 
quanti non erano presenti: un segno di grande maturità democratica, che permette 
di offrire alle giovani generazioni la possibilità di conoscere ciò che accadde 
e di partecipare in maniera responsabile alla diffusione di una coscienza 
civile". Una strage, 17 vittime e 88 feriti cui vanno aggiunti Giuseppe Pinelli, 
la 18° vittima innocente come ha detto giustamente il Presidente Napolitano, e 
gli ulteriori tre feriti: Licia Pinelli e le sue due figlie. Una strage rimasta 
giuridicamente impunita, costituendo uno schiaffo vergognoso alla memoria di 
quelle vittime e al dolore dei loro famigliari, ma non senza colpevoli: perché 
la verità storica su quella strage e su quelle che ahinoi si susseguirono negli 
anni successivi è ormai acclarata e certa: manovalanza neofascista e regia degli 
apparati deviati dello Stato. 
Di questo avremmo voluto parlare e ricordare. Ma 
la cronaca degli ultimi giorni ci ha purtroppo portato all’attenzione fatti di 
una gravità inaudita per un paese che vuole essere democratico e civile. Prima a 
Torino e poi a Firenze due episodi apparentemente diversi ma uniti dallo stesso 
filo conduttore: l’intolleranza verso il "diverso". 
A Torino abbiamo assistito a 
quello che molti osservatori hanno giustamente definito un pogrom, che non è 
sfociato in tragedia solo per fortuna e casualità. La caccia al Rom perché non 
può che essere il Rom a commettere certi atti, non importa se addirittura 
inventati: la caccia al Rom è "a prescindere". 
A Firenze la strage c’è stata, 
due morti e un ferito gravissimo, anche per il ritardo, dobbiamo dirlo, con cui 
il criminale è stato intercettato. Un cittadino italiano, bianco, ha sparato 
uccidendo due senegalesi e ferendone molto gravemente un terzo. Non soddisfatto 
dopo due ore circa ha riaperto il fuoco contro altri cittadini senegalesi per 
poi spararsi suicidandosi. Ora qualcuno tenta maldestramente di derubricare il 
fatto a pura follia, ma sappiamo invece che se di follia si tratta, stiamo 
parlando di lucida follia xenofoba, razzista, neo-nazista. Del resto agli 
ambienti che si rifanno e ispirano a queste reiette ideologie il criminale senza 
alcun dubbio apparteneva. 
Due episodi apparentemente diversi, lontani, separati 
ma che trovano ahimè un comune denominatore: quel mix di ignoranza e 
sottocultura, che negli ultimi venti anni è stato coltivato, coccolato, aizzato, 
alimentato con cinica e fredda volontà da tutti quelli che hanno parlato e 
parlano di invasione, calata dei barbari, supremazia culturale, pulizia etnica 
ecc. 
Due episodi che ci devono far riflettere per fare in modo che il terreno di 
coltura di queste folli ideologie non venga alimentato anche solo dalla fatica, 
dalla ignavia, dalla pigrizia che ci possono anche involontariamente cogliere. 
E 
allora dobbiamo evitare che nel nostro territorio, quello della nostra zona, si 
consumi un’emergenza umanitaria nell’indifferenza dei cittadini e delle 
istituzioni, solo perché stiamo parlando degli ultimi fra gli ultimi. Stiamo 
parlando del campo di via Idro, nel quartiere di Crescenzago. Il campo, giorno 
dopo giorno, si sta sempre più degradando: manca la corrente elettrica da mesi, 
gli abitanti del campo vivono al freddo, non funzionano i frigoriferi, le fogne 
straripano, la strada si allaga, mancano il lavoro e una prospettiva per il 
futuro. 
E le vittime sono prima di tutto i bambini, le donne, gli anziani, i 
soggetti più deboli e indifesi. 
I rom che abitano in Via Idro vi risiedono da 
anni, sono cittadini italiani e hanno il diritto come tutti che venga trovata 
assieme una soluzione dignitosa, sia per quelli che intendono trovare altrove 
una sistemazione sia per quelli che ci vogliono rimanere. 
Questa grave e 
insostenibile situazione ci viene segnalata dai cittadini del campo ma anche 
dalle associazioni, dai gruppi, dalle organizzazioni, dai partiti e dai semplici 
cittadini che negli ultimi anni hanno cercato di trovare concordemente strade e 
percorsi per uscire dalla perenne precarietà ed emergenza. 
Chiediamo che si 
intervenga subito perché lasciare abbandonata al degrado una struttura che, 
ricordiamolo, è di proprietà comunale, può solo favorire l’instaurarsi di 
fenomeni e derive pericolose e rischiose, come purtroppo le cronache di questi 
giorni ci dimostrano. Non governare le situazioni di difficoltà e criticità è il 
miglior modo per farle degenerare con il fondato rischio di non controllarle 
più. 
In questo momento non ci interessa neppure, paradossalmente, ragionare 
sulla sentenza del Consiglio di Stato che ha dichiarato illegittimo il decreto "emergenza nomadi" e i successivi decreti attuativi che hanno determinato per 
migliaia di nomadi l’esposizione a gravi violazioni dei diritti umani, come 
denunciato da organismi regionali e internazionali negli ultimi anni e da un 
recentissimo documento redatto da Amnesty International. Non ci interessa 
ragionare ora come affrontare definitivamente la questione, anche se è 
indispensabile e non prorogabile una di discussione serena e seria su questo 
tema. 
Oggi chiediamo "solo" che si intervenga subito a garantire condizioni di 
vita civili, trovando una soluzione rapida almeno alla fornitura della corrente 
elettrica! Perché vorremmo essere convinti di vivere ancora in una città civile 
dove non devono passare 6 mesi perché si riesca ad attivare un’utenza elettrica. 
Gruppo SEL in Consiglio di Zona 2 
     
	
	  
	
		
		
			Di  Fabrizio (del 19/12/2011 @ 09:49:15, in  Regole, visitato 1509 volte)
		  
	 
    
		
      15 Dicembre 2011  
Spett. le Procura della Repubblica di Torino,  
Egregi dott. Caselli, dott. Bornia e dott.ssa Longo,  
 
Il Centro Europeo per i Diritti dei Rom (ERRC)1, la Federazione Romanì2 e Idea 
Rom Onlus (Idea Rom)3 Vi scrivono per esprimere preoccupazione per il violento 
attacco incendiario del campo Rom, avvenuto a Torino lo scorso 10 Dicembre.
 
 
Secondo quanto riportato all'ERRC dai nostri partner locali, centinaia di 
persone hanno fatto incursione nel campo informale di via Continassa e hanno 
dato fuoco a baracche, camper e macchine. L'attacco è stato scatenato 
dall'accusa di stupro rivolta a due Rom. Successivamente la presunta vittima ha 
dichiarato di non essere stata violentata. L'intero campo è andato distrutto 
inclusi le case e i beni di proprietà di 46 Rom che vivevano li. Testimoni 
dicono che alcuni manifesti affissi prima dell'attacco incitavano i residenti a 
'ripulire' l'area dai Rom. Mass media e testimoni confermano che un pubblico 
ufficiale, il presidente della V circoscrizione era presente alla manifestazione 
che ha preceduto la violenza4.  
 
L'ERRC, la Federazione Romanì e Idea Rom chiedono alle forze dell'ordine e alla 
Procura della Repubblica di Torino di investigare immediatamente ed 
imparzialmente e di considerare la connotazione razziale dell'atto.  
 
Le vittime dell'attacco sono membri della minoranza Rom e date le circostanze è 
possibile che si sia trattato di un atto di matrice razzista o di un crimine 
d'odio. Dunque, l'indagine dell'incidente e il perseguimento dei colpevoli 
riguarda la protezione dei diritti umani, sia degli individui che della comunità 
Rom. L'investigazione e la risoluzione del caso renderà giustizia alle vittime 
sulla base di quanto stabilito dall'articolo 13 della Convezione Europea per la 
Salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà  
Fondamentali secondo cui ogni persona i cui diritti e le cui libertà 
riconosciuti dalla Convenzione (inclusi il diritto alla libertà e alla sicurezza 
e il divieto di tortura) sono stati violati, ha diritto a un ricorso effettivo 
davanti ad un'istanza nazionale.  
 
Data l'importanza dell'incidente di cui sopra, le organizzazioni firmatarie 
della presente lettera, in accordo con la legge italiana per l'accesso agli atti 
amministrativi5, chiedono gentilmente ai Vostri uffici di provvedere per iscritto 
le seguenti informazioni:  
	- E' stata aperta un'indagine per tale incidente e quali misure 
	investigative sono state adottate dal Vostro ufficio al fine di identificare 
	i colpevoli?
 
	- Quali misure saranno prese dai Vostri uffici per accertare le 
	responsabilità e dare piena 
 
	protezione alle vittime?  
	- Oltre le due persone identificate subito dopo l'attacco, sono stati 
	individuati altri individui 
 
	sospetti che hanno organizzato o partecipato all'incidente?  
	-  Qualcuno è stato accusato per questo incidente e quali accuse sono 
	mosse contro di loro? 
 
 
Rimaniamo in attesa di una Vostra risposta e Vi ringraziamo per gli sforzi 
compiuti nel condurre una giusta e rapida indagine del caso.  
Distinti saluti,  
Dezideriu Gergely  Direttore esecutivo European 
Roma Rights Centre 
Nazzareno Guarnieri Rappresentante Legale Federazione 
Romanì 
Snezana Vuletic Rappresentante Legale Idea Rom Onlus  
1 Il Centro Europeo per I Diritti dei Rom (ERRC) è 
un'organizzazione giuridica internazionale di interesse pubblico impegnata in 
una serie di attività volte a combattere il razzismo contro Rom e Sinti e 
l'abuso dei diritti umani attraverso contenziosi strategici nell'ambito del 
diritto, ricerca e sviluppo di politiche, advocacy e formazione di attivisti Rom 
e Sinti.  
 
2 La
Federazione Romanì è una 
federazione nazionale formata da 18 organizzazioni Rom e da attivisti e singoli 
aderenti di tutta Italia. La mission della Federazione è l'auto-determinazione 
della popolazione Romanì attraverso la promozione di una rappresentatività 
qualificata delle comunità Rom  
 
3 
Idea Rom Onlus è una ONG formata da donne 
Rom basata a Torino. Essa promuove la diretta rappresentanza dei Rom ed è membro 
della Federazione Romanì.  
 
4 Vedere: 
http://www3.lastampa.it/torino/sezioni/cronaca/articolo/lstp/434502/ 
 
5 Il diritto all'accesso agli atti amministrativi nella l. 
241/1990 e nel DPR184/2006 
 
     
	
	  
	
    
		
        
 
Dopo i recenti avvenimenti che hanno coinvolto i Rom che abitano nella Cascina 
Continassa di Torino, occorre aiutare e supportare in questo tragico momento le 
famiglie che hanno perso l'unica casa che conoscevano. 
Superata la prima emergenza, è prioritario ridare dignità e speranza a uomini, 
donne e bambini che, in pochi istanti, hanno visto andare a fuoco tutta la loro 
vita e che ora si trovano ad affrontare il freddo e la disperazione di non avere 
più niente. 
Di grande aiuto sono stati, in questi primi giorni, coloro che hanno portato la 
loro solidarietà e che hanno contribuito a migliorare le condizioni materiali in 
cui si sono ritrovate a sopravvivere le vittime dell'attacco razzista: le 
associazioni di volontariato, le autorità politiche e religiose, i funzionari 
pubblici e, soprattutto, i tantissimi cittadini fra i quali molti residenti nel 
quartiere da cui si è mosso il corteo che ha assaltato il campo nomadi. 
Adesso è però necessario dare un indirizzo alla spontanea solidarietà dei tanti 
che ancora vorrebbero manifestare concretamente la loro solidarietà. 
Le famiglie rimaste nella cascina hanno una enorme, principale, necessità: 
un'ABITAZIONE VERA nella quale poter vivere dignitosamente. 
Per questo motivo facciamo un appello ai cittadini, alle associazioni, agli enti 
religiosi e alle istituzioni affinché si adoperino per l'unica vera soluzione 
alla gran parte dei problemi innescati dalla presenza di campi nomadi nelle 
città: un'abitazione per le poche famiglie costrette a restare nel luogo in cui 
sono state aggredite e messe in pericolo di vita. 
Si tratta di 3 famiglie, 7 persone in tutto, quelle che hanno finora trovato il 
coraggio di rivolgersi alla Magistratura per ottenere quella giustizia che gli 
aggressori hanno tentato d'oltraggiare durante il linciaggio. 
Chi vuole dare il suo sostegno può: 
	- mettere a disposizione locali per l'ospitalità delle famiglie;
 
	- offrire un lavoro;
 
	- versare un contributo economico al Centro Studi Sereno Regis di Torino 
specificando la causale AIUTO FAMIGLIE ROM INCENDIO CONTINASSA:
 
 
	- con bonifico sul conto corrente postale 23135106 intestato a Centro Studi Sereno 
Regis – via Garibaldi 13 – 10122 Torino - IBAN IT 67 G 076 0101 0000 0002 3135 
106
 
	- con vaglia postale
 
	- in contanti presso la segreteria del Centro Studi (sarà rilasciata ricevuta)
 
 
I fondi raccolti saranno consegnati direttamente alle famiglie per provvedere 
alle necessità materiali e alle spese per le abitazioni che speriamo di poter 
reperire. Sarà data completa trasparenza alla gestione dei contributi. 
 
FEDERAZIONE ROMANI' 
Via Altavilla Irpina n. 34 – 00177 Roma - fax +39.0664829795 
http://federazioneromani.wordpress.com
 
federazioneromani@libero.it
 
 
IDEA ROM ONLUS 
c/o Centro Studi Sereno Regis 
Via Garibaldi 13 - 10122 Torino - fax +39.01182731123 
www.idearom.it  - Fb
IdeaRom 
idea.rom@gmail.com  
 
CENTRO STUDI SERENO REGIS 
Via Garibaldi 13 - 10122 Torino - tel +39.011532824 +39.011549005 - fax 
+39.0115158000 
http://serenoregis.org/
 
info@serenoregis.org  
     
	
	  
	
		
		
			Di  Fabrizio (del 20/12/2011 @ 09:36:52, in  Europa, visitato 1781 volte)
		  
	 
    
		
      
Osservatorio Balcani e Caucaso di Cristina Bezzi 15 dicembre 2011 
  Foto di Cristina Bezzi 
Che impatto hanno i fenomeni migratori sui diritti dei bambini? In questo 
reportage Cristina Bezzi, antropologa, visita la Moldavia romena, una delle aree 
più povere della Romania e più colpita dall'emigrazione 
Secondo le stime UNICEF sono 350.000 in Romania i bambini con uno o entrambi 
i genitori all'estero per lavoro. Mentre madri e padri sono in Italia, Spagna e 
Francia per contribuire ad un bilancio famigliare altrimenti impossibile, loro 
vengono accuditi da zii, nonni o altri parenti. A volte vivono praticamente 
soli, magari affidati a qualche vicino di casa. 
Anche a seguito di recenti e drammatici fatti di cronaca al destino di questi 
"orfani bianchi", così vengono chiamati, si inizia a prestare sempre più 
attenzione. Ci siamo recati nella Moldavia romena - nordest della Romania, una 
regione tra le più povere del Paese e quindi più colpite dal fenomeno migratorio 
- accompagnati dai volontari dell'Albero della Vita, Onlus impegnata nella 
tutela e salvaguardia dei diritti dei bambini. 
	
		| 
		 Il progetto children rights in action  
		Il progetto di ricerca finanziato dalla Commissione Europea "Children's 
		rights in action. Improving children's rights in migration across Europe" 
		è coordinato dalla fondazione L'albero della vita di Milano e vede come 
		partner la fondazione ISMU, l'Università di Barcellona, la Fundaciò 
		Institut de Reinserciò Social e l'associazione Alternative Sociale di 
		Iaşi. Scopo del progetto analizzare le condizioni dei bambini romeni 
		coinvolti nel processo migratorio familiare, in Romania, Italia, Spagna 
		e sviluppare delle buone prassi per ridurre la loro condizione di 
		vulnerabilità. Spesso i loro diritti fondamentali vengono violati sia 
		nel paese di origine ma anche in quello di accoglienza a causa delle 
		difficoltà d'integrazione nel nuovo sistema. L'importanza della ricerca 
		appare evidente se si pensa che solo in Italia sono 105 mila i romeni 
		iscritti alla scuola dell'obbligo e che molti si ricongiungono ai loro 
		genitori solo dopo anni di distanza. 
		L'economia della zona è basata prevalentemente su un'agricoltura 
		di sussistenza che, già fragile, è stata messa in ginocchio dalle 
		alluvioni che nel 2008 hanno colpito l'intera area. Molti hanno dovuto 
		considerare la migrazione, per poter far fronte ai bisogni familiari. E 
		sono partiti per periodi più o meno lunghi, lasciando i figlia a casa. 
		 | 
	 
 
Liteni: vivere a ritmo del passato, abitare nelle case del futuro 
Parto dall'affollata autostazione di Iaşi, principale città della Moldova 
romena, alle 6.30 del mattino con il minibus che ogni mattina accompagna gli 
insegnanti della scuola media ed elementare del paese al lavoro. Trascorso un 
primo pezzo di superstrada svoltiamo su una strada bianca che ci porta dalla 
veloce e moderna città a Liteni, paesino a circa 50 chilometri da Iaşi dove il 
30% dei 2.200 abitanti lavora all'estero. "In realtà sono molti di più", spiega 
il sindaco, Petraş Constantin, perché molti continuano a rimanere registrati 
all'anagrafe pur non vivendo più nel paese". 
Qui il ritmo è ancora scandito dalle stagioni e al posto delle macchine che 
hanno oramai invaso la città, la gente si sposta utilizzando carretti di legno 
trainati da cavalli. Tutt'intorno distese di campi in passato coltivati da 
un'azienda agricola di stato, restituiti poi negli anni '90 ai vecchi 
proprietari. L'attività agricola è la principale occupazione delle persone che 
vivono nel paesino di Liteni; in questo periodo uomini, donne, vecchi e bambini 
sono impegnati nella raccolta del mais e il paese, nelle prime ore del 
pomeriggio, è attraversato da carri carichi di pannocchie seguiti da intere 
famiglie che tornano verso casa. 
E' proprio l'immagine di un cavallo che rimane bloccato dal peso esagerato del 
carro davanti al cancello di un'enorme e moderna villa in costruzione che mette 
in risalto la doppia identità del luogo. 
La vita del villaggio procede con il suo antico ritmo di campi arati dal 
cavallo, giornate che iniziano con il sorgere del sole e terminano con il suo 
tramonto, ma accanto alla strada bianca e polverosa si innalzano case 
modernissime quasi tutte non intonacate, che stanno sostituendo le piccole 
abitazioni tradizionali dai caldi colori pastello. 
Dietro ad ogni casa nuova o in costruzione c'è una storia di migrazione. Lo 
stile delle costruzioni spesso racconta anche la storia di quella migrazione, 
come osserva Gheorghe Moga, direttore della scuola del paese: "Se osservi le 
caratteristiche delle case puoi capire anche dove le persone sono emigrate". Da Liteni le persone si sono dirette principalmente in Italia, Spagna, Francia e in 
misura minore in Germania. 
La maestra 
Entriamo nella prima elementare con la maestra Ileana, i bambini le si fanno 
attorno e la stringono forte in abbracci. "Manifestano così la loro carenza 
affettiva", mi spiega. Ileana chiede quanti di loro hanno un genitore 
all’estero, più della metà dei circa venticinque bambini alza la mano, la 
maggior parte ha la mamma lontana; nel villaggio questa è la normalità. 
Ileana stessa è tornata in paese solo per alcuni mesi, in realtà lavora in 
Italia già da due anni e a breve ritornerà lì per accudire una persona anziana. 
"Nel 2009 c'è stato un' ulteriore riduzione degli stipendi per coloro che 
lavorano nel pubblico, tutti gli stipendi sono stati ridotti del 25%, se prima 
prendevo circa 300 euro dopo il 2009 lo stipendio è arrivato a 250. Ho una 
figlia che sta studiando a Iaşi al liceo, solo per il vitto e l'alloggio devo 
pagare 100 euro al mese più tutte le altre spese. Mio marito lavora la terra, 
non ha un salario fisso e trovare lavoro qui è molto difficile. Semplicemente se 
io non fossi partita non ce l'avremmo fatta". 
  
 
Cerco un posto dove potermi risciacquare le mani. Maria, una ragazza di 14 anni, 
mi sorride e si offre di aiutarmi. Mi guida verso il pozzo azzurro proprio di 
fronte alla scuola; il villaggio infatti non è dotato di acqua corrente. Maria 
stringe forte la catenella del secchio alla corda e con movimenti decisi inizia 
a calare. Maria è molto curata e sembra essere serena nonostante l'assenza del 
padre e la distanza della madre partita per lavorare in Italia quando lei aveva 
otto anni. Vive con gli zii e i cugini, sembra capire i motivi per cui la madre 
è lontana, ma parlando con lei hai l'impressione di rivolgerti ad un' adulta 
responsabile più che ad un'adolescente. 
Quando la crisi fa migrare le donne 
Spesso sono le mamme a partire perché in questo periodo è più facile per una 
donna trovare lavoro. Dopo l'entrata della Romania nell'Unione Europea (2007), 
il flusso migratorio femminile è andato aumentando, mentre in seguito alla crisi 
economica sono stati molti gli uomini a rimanere senza lavoro e a tornare in 
Romania. A Liteni ci sono diverse donne che lavorano principalmente in Spagna ma 
anche nel sud Italia. Maria parte per circa 3-4 mesi all'anno, non vuole 
prolungare di più la sua assenza perché ha due bambini di 7 e 9 anni. Suo marito 
aveva lavorato per un periodo in Germania ma negli ultimi anni non è più 
riuscito a trovare lavoro. 
Come lui anche Vasile, un 42 enne di Liteni, e rientrato dopo aver perso il 
lavoro all'estero. Ha lavorato come manovale a Torino per ben 7 anni, ma 
ultimamente faceva fatica a trovare lavoro ed inoltre spesso i datori di lavoro 
non lo pagavano: "Succede spesso, lavori per mesi e poi il datore non ti paga e 
quindi alla fine ho cercato un posto per mia moglie come badante. Adesso lei è 
lì". 
Vasile e la moglie hanno quattro figlie: sei, otto, dieci e quattordici anni. 
Attualmente è lui a prendersene cura; ha dato la sua terra in affitto per poter 
seguire le figlie e le faccende di casa. A breve però desidera tornare a Torino 
dove spera di trovare nuovamente lavoro e lascerà le figlie in custodia alla 
sorella. 
La sua idea è quella un giorno di rientrare definitivamente in Romania, ma non 
riesce ad immaginare quando: "Fino a quando le figlie non saranno grandi saremo 
costretti a lavorare all’estero. Qui la gente vive di ciò che produce la terra, 
non ci sono posti di lavoro, sarebbe necessario andare in città ma anche lì è 
difficile e un salario medio, di circa 250 euro, non è comunque sufficiente a 
far sopravvivere una famiglia". Vasile alza lo sguardo e mi mostra con orgoglio 
la casa che stanno costruendo attraverso le rimesse, anche se non è finita a 
breve potrà trasferirsi lì a vivere con le figlie. In lontananza la sua casa non 
intonacata si confonde con le pareti grige di numerose altre case. Ma sarà 
possibile per gli abitanti di Liteni tornare un giorno a vivere stabilmente nel 
loro paese? 
Ancora bambini con la "chiave al collo"? 
Come spiega lo psicologo Catalin Luca, direttore dell'associazione Alternativa 
sociale, la prima in Romania ad occuparsi dei bambini soli a casa, il fenomeno 
non è nuovo in Romania: "Durante il comunismo ci sono state diverse generazioni 
di bambini che sono cresciuti da soli, poiché ambedue i genitori lavoravano 
tutto il giorno. Questi bambini sono conosciuti come la generazione dei "bambini 
con la chiave al collo", perché passavano le giornate davanti al block con la 
chiave di casa appesa al collo, in attesa che i genitori rientrassero. Questa 
stessa generazione è quella che oggi emigra e lascia i figli a casa pensando 
che, così come è stato per loro in passato, il compito del genitore sia quello 
di sostenere i figli da un punto di vista materiale, proprio perché anche loro 
sono stati abituati alla distanza emotiva e a volte anche fisica dai genitori". 
  
 
L'Associazione Alternative Sociale di Iaşi ha iniziato ad occuparsi di questo 
fenomeno impegnandosi attraverso campagne di sensibilizzazione e di informazione 
per i genitori, attività di prevenzione e counseling per i minori e proposte di 
legge per la tutela dei minori rimasti soli a casa. 
Catalin Luca ha recentemente concluso la sua ricerca di dottorato in cui ha 
indagato le conseguenze causate dalla lontananza dei genitori, utilizzando un 
approccio che tiene in considerazione il punto di vista del bambino: "Dal loro 
punto di vista non sono le cose materiali di cui hanno bisogno ma la presenza 
dei genitori, la possibilità di discutere con loro. Spesso i bambini non vengono 
coinvolti nella decisione dei genitori di partire; la loro impressione è che non 
possono chiedere aiuto a nessuno per risolvere i loro problemi". 
Drammatiche conseguenze 
I bambini vengono accuditi dal genitore rimasto o da una zia, altre volte dai 
nonni, nei casi più gravi da un vicino o da un fratello maggiore. La mancanza di 
supervisione da parte dei genitori spesso pregiudica lo stato di salute del 
minore che tende a non nutrirsi regolarmente, peggiora l'apprendimento 
scolastico e può determinare soprattutto tra gli adolescenti la frequentazione 
di entourage negativi. Dal punto di vista psicologico le conseguenze possono 
andare da una disposizione alla depressione fino ad arrivare nei casi più 
estremi al suicidio. 
Lo scorso settembre ad Arad, Romania occidentale, è morta Monica, una bambina di 
dieci anni che a causa della nostalgia della madre, che lavora in Spagna, ha 
smesso di alimentarsi fino a che i suoi organi non hanno più retto. 
Il caso di Monica, ha creato un grande scandalo. La madre è stata demonizzata 
assieme a tutte le madri che partono "senza preoccuparsi abbastanza dei loro 
figli". Davanti a questo caso anche i politici hanno mostrato un cenno 
d'interesse tanto che il parlamentare Petru Callian ha proposto un disegno di 
legge che prevede una multa per i genitori che lasciano il Paese senza aver 
affidato i figli ad un legale rappresentante. 
Come spiega Alex Gulei, assistente sociale di Alternativa Sociale, in Romania 
esiste già una legge che obbliga i genitori a nominare un tutore legale prima di 
partire per l'estero, ma poiché non è prevista nessuna sanzione, quasi nessuno 
si preoccupa di farlo. 
E' il caso di Nicu un ragazzino di nove anni, che partecipa al programma del 
centro diurno Don Bosco della Caritas di Iaşi. La mamma è partita per l'Italia 
quattro anni fa e quindi vive con la nonna settantenne e la sorellina di sei 
anni. Da anni Nicu dovrebbe sostenere un'operazione chirurgica molto delicata, 
ma non può farlo perché per questo sarebbe necessaria la firma della madre che è 
la legale rappresentante del figlio, ma che è da anni che non si mette in 
contatto con loro. La nonna sta pensando di far togliere per abbandono la 
rappresentanza legale alla madre per ottenerla lei, cosicché il piccolo Nicu 
possa essere operato, la sua paura è però che non le restino molti anni di vita 
e che se lei morisse il nipotino sarebbe affidato ai servizi sociali. 
Le conseguenze psicologiche ed emotive della privazione dell'affetto materno e 
paterno sono un prezzo altissimo pagato dai minori romeni le cui famiglie sono 
coinvolte nel processo migratorio. Purtroppo spesso anche per chi segue i 
genitori nel Paese di accoglienza il processo di adattamento è lungo e non 
sempre facile. In molti casi tra l'altro accade che il minore rientri in patria 
con o senza la famiglia subendo un ulteriore fase di adattamento. 
La tutela dei diritti dei minori coinvolti in processi di migrazione è complessa 
e non può che passare attraverso un approccio che coniughi il livello locale a 
quello nazionale ed europeo. Un primo passo in questa direzione è l'analisi 
delle loro condizioni di vita e l'individuazione di buone prassi per ridurre la 
loro vulnerabilità. 
     
	
	  
	
		
		
			Di  Fabrizio (del 21/12/2011 @ 09:00:46, in  Italia, visitato 1555 volte)
		  
	 
    
		
      Punto di vista interessante, quello presentato su 
GAY INDIPENDENT. Anche se la critica lì è più centrata sul 
dualismo uomo-donna, la domanda di fondo è: quanto può essere efficace scindere 
la lotta alla discriminazione tra antirazzismo da una parte e pari opportunità 
dall'altra? 
Di Enzo Cucco - 15/12/2011 
Lo scorso 13 dicembre il Governo ha assegnato ad Andrea Riccardi alcune 
funzioni di grande rilievo nell'ambito delle politiche sociali, tra cui quelle 
sulla famiglia, sulle tossicodipendenze e sull'UNAR, l'Ufficio nazionale contro 
le discriminazioni razziali, ed ha riconfermato ad Elsa Fornero le funzioni 
sulle pari opportunità.  
Va ricordato che l'attuale Governo ha ridotto in modo molto consistente il 
numero dei Ministri (sia con portafoglio che senza), e tenendo presente la 
scadenza della legislatura, l'impressionante mole di lavoro e di responsabilità 
a carico di ciascuno e la oggettiva scarsità di funzioni assegnate ad alcuni dei 
Sottosegretari e Viceministri, una ridefinizione delle attribuzioni era 
necessaria.  
 
Ma perché allontanare l'UNAR dalle pari opportunità? 
 
Questa distinzione appare in controtendenza rispetto all'evoluzione che tutto 
questo ambito di politiche (ma anche di norme) ha subito e sta subendo in 
tutt'Europa. Come è noto l'Italia ha prodotto un corpo di norme significativo ed 
all'avanguardia nell'ambito delle pari opportunità tra uomo e donna, ma manca 
del tutto di una norma specifica per la lotta contro tutte le forme di 
discriminazione, oltre alle due leggi di recepimento delle direttive comunitarie 
del 2000. La carenza normativa e l'assenza di un soggetto terzo per l'intervento 
in materia di lotta alle discriminazioni sono stati per anni i motivi sia delle 
critiche europee che dell'assenza di una vera politica nazionale sulla materia. 
Di questa situazione era perfettamente consapevole sia il Ministro Carfagna che 
l'UNAR a cui dobbiamo riconoscere di aver fatto letteralmente dei miracoli per 
recuperare nell'ambito delle politiche e degli interventi concreti quello che 
sul piano normativo non poteva essere recuperato. Prima di tutto la facoltà di 
intervenire su tutte le sei aree di potenziale discriminazione previste 
dall'articolo 19 dei Trattato dell'Unione (genere, orientamento sessuale, età, 
disabilità, religione e credenze personali, origine etniche e nazionali) e non 
solo in materia di razzismo, come la missione iniziale prevedeva. 
 
Unire l'UNAR al Ministero "della cooperazione internazionale e integrazione" 
sembra re-spingere queste politiche nell'alveo di quelle contro il razzismo, con 
la conseguenza che le pari opportunità tornano ad essere esclusivamente quelle 
"classiche" tra uomo e donna. E' così, o si tratta solo di un effetto ottico 
dovuto ad una redistribuzione di funzioni basata su logiche politiche e non su 
una razionale trattazione delle materie in oggetto? 
 
Spero di essere smentito, magari anche solo leggendo il testo dei decreti di 
delega che ancora non si conoscono, e sono certo che la qualità del Ministro 
Riccardi e l'indiscussa consapevolezza e dedizione che l'UNAR ha dimostrato 
negli ultimi anni nel gestire una materia tanto incandescente, sapranno non solo 
dissipare ogni ombra ma anche far procedere l'Italia nella direzione di quelle 
riforme che in tutta Europa ormai sono concretezza da anni. Non ci sono ne i 
tempi né le condizioni politiche per intervenire sulla legislazione italiana in 
modo organico, ma molto si può fare sulle politiche e soprattutto si deve 
tentare di istituire quel soggetto indipendente dal Governo che, assorbendo 
l'UNAR e magari qualche altra istituzione di parità, sappia farci fare quel 
passo avanti di cui abbiamo bisogno. 
 
Saprà il Governo marciare, diviso ma unito, su questo obiettivo? Saprà gestire 
l'oggettiva sovrapposizione di due Ministeri su una materia che, nella sostanza 
e per molti ambiti non solo sono sovrapponibili ma necessitano di integrazione? 
     
	
	  
	
		
		
			Di  Fabrizio (del 21/12/2011 @ 09:30:13, in  Europa, visitato 1767 volte)
		  
	 
    
		
      Da
Nordic_Roma 
  
Rom frugano nei cassonetti della ricca Norvegia - AUDREY ANDERSEN 
- 7-12-2011 
LETTERA DA OSLO: E' un freddo venerdì mattina d'autunno e già si sta 
formando una fila di persone fuori da Fattighuset (La Casa Povera) nel centro di 
Oslo. Si va dai ragazzini ai pensionati, e la coda finisce quando il centro di 
carità chiude le porte al pubblico alle 15.30. 
Mentre la Norvegia è uno dei paesi più ricchi al mondo, le statistiche 
recenti mostrano che il 9,68% di chi vive ad Oslo viene definito povero. 
In Norvegia circa 85.000 bambini vivono in povertà, ma è nella parte est di 
Oslo, la più etnicamente sfaccettata, che il fenomeno si concentra. Una famiglia 
di 3 componenti che vive con un reddito annuo di NOK 273.000 (€ 35.330) viene 
considerata sotto la soglia di povertà. 
In un'altra parte della città, un altro gruppo si riunisce per affrontare la 
giornata. A Frogner Park, alcuni Rom sono rannicchiati su una panchina, mentre 
alcuni turisti giapponesi sono in posa davanti alle famose sculture Vigeland che 
delimitano il ponte principale. 
Una Romnì di mezza età suona una pittoresca fisarmonica mentre passano i 
turisti. Altri del gruppo, attrezzati con grandi buste di plastica Ikea, 
iniziano il giornaliero rimestare nei bidoni, in cerca di bottiglie d'acqua e di 
birra che siano rimborsabili. 
Frogner ospita alcuni tra i cittadini più ricchi. Mentre il reddito medio è 
in aumento, si allarga anche il divario tra ricchi e poveri. D'estate, diventò 
una sorta di rifugio per alcuni Rom che vivevano in un campo improvvisato, 
nascosto alla vista, in un bosco ai margini del parco. Tutto ciò che ora rimane 
è il guscio di una struttura in legno improvvisata. A luglio, come altri in 
città, il campo venne sgomberato dalle autorità comunali senza preavviso. 
Per qualche periodo i problemi connessi con i Rom sono stati la produzione di 
birra, con annesse questioni legate all'igiene ed alla criminalità. L'argomento 
ha coinvolto tutto lo spettro politico, da ambo le parti. Sembra esserci 
consenso sul fatto che, pur essendo poveri, trattare con loro è più problematico 
rispetto agli altri gruppi. 
Da un lato dello schieramento politico, sono visti come una minaccia 
sanitaria, principalmente perché non hanno accesso a docce e servizi igienici. 
Dall'altro, come vittime della xenofobia con i sostenitori dei diritti umani che 
chiedono tolleranza e compassione. Marianne Borgen, del partito socialista di 
sinistra (SV) e Kirkens Bymisjon, di un'associazione caritatevole ecclesiastica, 
vorrebbero che ai Rom venissero forniti servizi di base, come docce e servizi 
igienici. 
D'altra parte, le autorità ritengono che offrire docce e servizi igienici sia 
una pericolosa seduzione che potrà aprire i cancelli all'arrivo di un maggiore 
numero di Rom. 
Kari Helene Partapuoli, del Centro Antirazzista, è abituata a questo tipo di 
retorica ufficiale, usata spesso per discriminare i Rom. "Vogliono gestirli come 
nel resto d'Europa, come -spazzatura-, perché non ne arriva altra." 
Ma sono stati i mezzi d'informazione a dipingere banchetti dei Rom a base di 
topi, cani e piccioni selvatici, cosa che ha fatto infuriare tanto la comunità 
rom che i suoi sostenitori. 
La foto di un giornale ritrae i resti di un barbecue rom, con alcune ossa di 
animale che si diceva fossero quelle di un topo. Poi la notizia si rivelò 
infondata, e le ossa si rivelarono essere quelle di un pollo. 
Il musicista zingaro Raya Bielenberg, da tempo residente a Oslo, ha reagito 
con rabbia alle speculazioni dei media: "Siamo un popolo con un orgoglio, e 
morire3mmo piuttosto che mangiare topi o cani," ha detto. "E se hanno il diritto 
di venire qua e mendicare, dovrebbero almeno avere un posto dove andare in bagno 
e lavarsi." 
Concorda
Kari Gran, portavoce della missione ecclesiale (Kirkens Bymisjon) di Oslo, e 
sente che la situazione sta arrivando ad un punto critico. Dice di incontrare 
ogni giorno i Rom a Bymisjon, dato che sono l'unica organizzazione che li aiuta 
attivamente 
"Forniamo loro un posto dove incontrarsi, mangiare, usare i servizi igienici, 
oltre ad un servizio di consulenza," dice. "Ma non abbiamo docce o lavanderia." 
Kirkens Bymisjon è il solo posto che si prende cura dei Rom, ma la sola 
carità non può fare molto. 
Un problema è che i Rom, soprattutto dalla Romania, arrivando qui con visto 
turistico non possono beneficiare dell'assistenza sociale o di servizi come un 
posto dove dormire la notte, usufruire di docce o di lavanderia. Non possono 
equipararsi ai bisogni di altri gruppi emarginati. 
Gran ed altri sono molto preoccupati per i Rom, particolarmente per 
l'avvicinarsi del rigido inverno. Alcuni Rom per l'occasione torneranno a casa, 
ma per molti la tetra prospettiva è di dover dormire all'aperto. 
     
	
	  
	
		
		
			Di  Fabrizio (del 22/12/2011 @ 09:08:09, in  media, visitato 1784 volte)
		  
	 
    
		
      
  
Tiscali: sociale 
 
BOLOGNA – "Mi piace andare a trovare i Rom. Di solito non è un'esperienza 
piacevole, perché non scelgo mai le comunità più floride. Vado nelle cloache. 
Non per il gusto perverso della miseria, al contrario. Semplicemente perché in 
Europa ce ne sono troppe ed è giunto il momento di fare qualcosa. Sono posti in 
cui la miseria è allucinante. Mi viene da dire, fuori dal mondo. Sono posti 
fuori dal mondo". Queste paroole sono del fotografo Alain Keler, che ha 
attraversato l'Europa sulla sua Skoda per visitare i campi Rom di diversi Paesi, 
compresa l'Italia. Al suo ritorno ha raccontato le sue esperienze all'amico 
disegnatore Emmanuel Guibert che, insieme a Frédéric Lemercier, ne ha fatto un 
reportage a fumetti e fotografie uscito a puntate in Francia sulla rivista XXI e 
poi in Italia nel volume "Alain e i Rom" (Coconino Press). "Alain tornava dai 
suoi viaggi e me li raccontava – spiega Guibert – è un momento cruciale quello 
del ritorno, pieno di storie e aneddoti e del bisogno di raccontarli e, se non 
c'è una pubblicazione immediata, il calore si perde". E rispetto ai recenti 
fatti di cronaca, commenta: "Quello che è successo a Torino fa paura, ma non è 
un caso isolato, il mio amico Alain mi ha raccontato episodi simili accaduti in 
Repubblica Ceca, purtroppo l'odio cresce nelle situazioni di crisi". Ecco 
perché, continua, "dobbiamo parlare, non lasciare che le cose avvengano nel 
silenzio e mostrare gli esempi di persone che fanno qualcosa a livello locale: 
la risposta è qui". 
Il libro "Alain e i Rom" si apre con una prefazione di don 
Luigi Ciotti, fondatore del gruppo Abele e di Libera, in cui si legge: "Le foto 
di Alain Keler ci aiutano a gettare luce su quella che spesso sentiamo 
etichettare come ‘emergenza', ma è invece una situazione ormai consolidata di 
degrado e marginalizzazione". I Rom, insomma, fanno "notizia" solo nel caso di 
eventi drammatici, come nel caso di Torino di qualche giorno fa, altrimenti 
nessuno si ricorda di loro e delle condizioni in cui vivono. Lo dimostra anche 
il caso del fotografo Alain Keler che ha girato il mondo, lavorando per le 
agenzie di stampa, ma quando ha smesso e ha deciso di occuparsi di ciò che lo 
interessava, non ha più venduto nemmeno una fotografia. Perché si tratta di 
soggetti difficili. "Ai quotidiani interessano i fatti drammatici – dice Guibert 
– mentre il ruolo delle riviste e dei libri è diverso, si prendono il tempo e lo 
spazio per raccontare le cose: è anche l'ambizione di questo libro, dare l'idea 
di un posto, delle persone che ci abitano, far sentire le loro voci, mostrare i 
loro volti". Conoscerli, in una parola. "Non abbiamo fatto altro che ripetere 
cose che tutti sanno – continua Guibert – che la maggior parte dei Rom non è più 
nomade e che, quando se ne va da un posto, è per l'impossibilità di viverci".
 
 
Il libro di Keler, Guibert e Lemercier ha anche questo pregio, di mostrarci i 
campi Rom a poca distanza dalle nostre case, alle periferie delle nostre città, 
di farci incontrare le persone che ci vivono e quelle che con loro lavorano per 
cambiare le cose. "Quando abbiamo iniziato a lavorare insieme, Alain aveva già 
fatto la maggior parte dei suoi viaggi, ma l'ho accompagnato a Parigi – racconta Guibert – e sono entrato in posti di cui conoscevo l'esistenza ma in cui non mi 
ero mai fermato, ho conosciuto le persone che ci vivono e i volontari che 
lavorano per cambiare la situazione". Tra loro c'è anche Ivan Akimov, slovacco 
che ha vissuto per molti anni in Francia e che, insieme alla moglie Helena, ha 
creato i Kesaj Tchavé, un gruppo di giovani musicisti, ballerini e cantanti Rom. 
Come racconta Alain Keler nel sesto capitolo del libro, ogni giorno, Ivan, 
insieme alla moglie Helena, fa il giro dei villaggi e delle baraccopoli di 
Kežmarok in Slovacchia per portarli a suonare e ballare. Grazie a Ivan Akimov, i 
Kesaj Tchavé hanno suonato anche in Francia, a Parigi. "Ho assistito a uno di 
quei concerti e fa un bene incredibile" dice Guibert.  
 
Ivan è una di quelle persone che cercano di cambiare le cose. E racconta Guibert, 
"anche se il suo lavoro non durerà per sempre, almeno è riuscito a modificare la 
prospettiva del mondo esterno per quei ragazzi". Ma non è l'unico. Insieme a lui 
ci sono Jeanne, Colette, Antonio e altri di cui veniamo a conoscenza leggendo 
"Alain e i Rom". "Ho un'ammirazione senza limiti per loro – dice Guibert – Sono 
persone che non fanno un discorso convenzionale sui Rom, che parlano con voce 
franca senza nascondere i problemi, che, dopo generazioni di pregiudizi, 
violenza e sfiducia, cercano di cambiare la situazione, dedicando la loro vita, 
o solo una parte, a lavorare con queste persone". Ed è quello che ha fatto con i 
suoi reportage Alain Keler. "Alain ha deciso di raccontare come vivono i Rom 
d'Europa perché ha origini ebree e i suoi nonni sono morti nei campi di 
sterminio nazisti – spiega Guibert – Per questa ragione non può sopportare la 
discriminazione e il razzismo che colpisce i Rom: per lui è un dovere e anche io 
ho sentito di dovermi mettere a sua disposizione per far conoscere il lavoro 
paziente e segreto che fa, come si dice in Francia, contro il vento". 
 
15 dicembre 2011 - di Redattore Sociale 
     
	
	  
	
		
		
			Di  Fabrizio (del 22/12/2011 @ 09:57:43, in  Italia, visitato 2333 volte)
		  
	 
    
		
      Ricevo da Stefano Nutini 
Considerando che:  
	- da marzo 2011 circa 200 persone di origine rumena hanno provveduto a 
	installare abusivamente abitazioni di emergenza nell'area di via 
	Varsavia-Sacile sul retro dell'Ortomercato; 
 
	- tra di essi si contano alcune decine di minori, tra i quali bambini/e 
	iscritti alle scuole elementari di via Monte Velino, via Martinengo e Madre 
	Teresa di Calcutta. 
 
	- nella realtà sopra citata operano diverse associazioni di volontariato 
	come Padri Somaschi, Comunità di S. Egidio, Gruppo sostegno Forlanini e una 
	rete di zona comprendente, oltre a questi enti, il Comitato inquilini 
	Molise-Calvairate-Ponti, il Sicet e l'Unione inquilini; 
 
	- II Comune di Milano ha deciso di sgomberare le strutture abitative 
	insediate in tale area in data 22 novembre 2011, salvo poi scegliere di 
	concerto con gli occupanti di procrastinare lo sgombero al 12-12-2011
 
	- la permanenza degli abitanti nell'area è rischiosa a causa della 
	vicinanza della ferrovia, dell'uso di bombole a gas e per le precarie 
	condizioni igieniche
 
 
Il Consiglio di Zona 4, pur condannando ogni forma di occupazione 
abusiva della proprietà privata e di quella pubblica, chiede che:  
	- il Consiglio di Zona 4 venga correttamente e tempestivamente informato 
	su tutte le decisioni che il Comune di Milano intende adottare e/o adotterà 
	al fine della risoluzione del problema.
 
	- se si è già definito o se si può trovare, anche con la partecipazione 
	del Consiglio di zona 4, un percorso condiviso con gli occupanti che non 
	intendono fare ritorno in Romania; 
 
	- il Consiglio di Zona 4 sia parte in causa nell’analisi e nella 
	realizzazione degli interventi che si auspicano vengano posti in essere per 
	preservare le acquisizioni dal punto di vista scolastico e lavorativo di 
	alcuni degli occupanti al fine di ridurre per quanto possibile le forme di 
	disagio e di insicurezza;
 
	- venga chiarito quale sia l'impatto del passaggio della Paullese 
	nell'area considerata e negli altri insediamenti della zona;
 
	si faccia luce sullo stato dei residui economici del "Fondo Maroni", per un 
	reale utilizzo sociale del denaro pubblico, a fini di inclusione sociale e 
	non di semplice repressione/dissuasione;  
	- la tematica della presenza dei gruppi rom e sinti a Milano sia 
	affrontata partendo da un'analisi socio-demografica e territoriale degli 
	insediamenti attenta alle specifiche configurazioni, risorse e condizioni e 
	si sviluppi attraverso percorsi di dialogo e di incontro per la ricerca di 
	una soluzione di inclusione condivisa che non comporti disgregazioni dei 
	nuclei familiari e che conduca ad una reale politica sociale di superamento 
	dei campi.
 
 
IL CONSIGLIO DI ZONA 4 
	- Visto il Regolamento del Decentramento Territoriale;
 
	- sulla base dell’esito della votazione palese, proclamata dal Presidente nei 
seguenti termini:
 
 
Presenti 33 
voti favorevoli 29 
voti contrari = 
astenuti 4 (Bassi, Conte, Mariani, Testa) 
 
D E L I B E R A 
 
di esprimere PARERE FAVOREVOLE a quanto esposto in relazione. 
 
IL SEGRETARIO Dr. Aldo Braccio
IL PRESIDENTE Loredana Bigatti 
IL DIRETTORE DI SETTORE
Dott. Carlo Premoselli 
	- ALL’ASSESSORE ALLE POLITICHE SOCIALI
 
 
Mozione definitiva, approvata dal CDZ giovedì scorso, con ulteriori modifiche, e 
favorevolmente votata dalla maggioranza più Pdl (Lega astenuta, cioè nei fatti 
contraria) 
     
	
	  
	
		
		
			Di  Fabrizio (del 23/12/2011 @ 09:48:28, in  media, visitato 2022 volte)
		  
	 
    
		
      
  
18 dicembre 2011 18:04 - Il Giornale di Berlusconi dileggia il 
Ministro Riccardi e la Comunità di S.Egidio. "Tecnico improvvisato, salottiero, 
amico di zingari e islam". Meglio Mara, Maria Stella e Nicole 
I pogrom non nascono perché un bel giorno la gente impazzisce e se la prende 
con il diverso. I campi di sterminio non si costruiscono perché un folle 
ritiene che bisogna sbarazzarsi degli ebrei, che hanno troppi soldi e fanno il 
bello e il cattivo tempo, e per giunta rovinano la razza ariana. Il Ku Klux Klan 
non trae origine dalla pensata di quattro idioti che si sentono "appestati" dai 
negri portati in America in catene per farne schiavi nei loro campi di cotone, 
ma dal bisogno di braccia gratuite. L'oscurantismo talebano non viene fuori dal 
nulla, perché il loro capo storico, pieno di soldi e di mogli, si annoiava, ma 
dalla voglia di mettere a ferro e fuoco l'Occidente. . 
Dietro ogni odio etnico, razziale, sociale ci sono teste pensanti, che 
servendosi di ignoranti e idioti, predicano odio, spargono pregiudizi, inventano 
menzogne e giorno dopo giorno instillano paure, creando le ragioni delle 
persecuzioni e delle violenze. Basta attendere il momento giusto, come quello 
che attraversiamo, per annientare i neri, gli zingari, gli ebrei, i gay. 
 
Oggi Il Giornale di Berlusconi apre con questo titolo in prima pagina: 
"Proposta choc del Ministro Riccardi. Case gratis ai rom. Agli italiani arriva 
il conto della stangata, ma il governo pensa agli zingari". Una ignobile 
menzogna. Se gli italiani non hanno la casa, ora sanno con chi prendersela. 
 
Il Giornale dedica due articoli al Ministro Riccardi e lo fa a pezzi e dileggia 
gli zingari che restano in Italia perché "hanno trovato il terreno fertile per 
l'accattonaggio, lettura della mano, furti e furtarelli, recupero forzoso d'ogni 
pezzo di rame in circolazione ed altre attività che appartengono, come ci è 
stato insegnato, alla loro grande cultura". 
Senza gli zingari, insomma, l'Italia non avrebbe ladri, cartomanti, accattoni. 
 
Il Ministro per l'integrazione, Andrea Riccardi, è il presidente della Comunità 
di Sant'Egidio, un fiore all'occhiello dell'Italia nel mondo. La Comunità ha 
registrato straordinari successi laddove è stata chiamata, o è intervenuta, per 
fare cessare le armi e costruire una cultura di pace. 
 
Quali le ragioni del furibondo attacco e della sfilza di insulti? Il Ministro ha 
visitato a Torino il campo Rom incendiato da un manipolo di razzisti, che hanno 
creduto allo stupro denunciato da una ragazzina, costretta a controlli di 
verginità mensili. Riccardi ha ragionato sulle cause del pogrom e al pensiero di 
donne e bambini privi di tutto a causa dell'incendio ha proposto di farli vivere 
come gli altri, non più da emarginati. Mettendoli nelle condizioni di avere un 
tetto? Così come avviene con gli indigenti, qualunque sia la loro origine, in 
ogni città d'Italia. 
 
Il Ministro non ha annunciato un decreto o una proposta di legge, ma invitato ad 
affrontare il tema dell'emarginazione e dell'integrazione, nell'interesse del 
Paese, non solo dei rom, allo scopo di superare disagi sociali che sono, in ogni 
comunità emarginata, all'origine della devianza sociale. E' questa la colpa del 
"prete laico, più prete che laico". 
 
Il Giornale trasforma la volontà di Riccardi, che è un docente universitario, in 
una "proposta choc", una discriminazione degli italiani a favore dei rom "ladri 
per cultura". 
 
Quando qualche disperato subisce lo sfratto del padrone, sa ora con chi 
prendersela, con i rom e con il Ministro Riccardi. Del trattamento Boffo 
s'incaricano Paolo Granzotto e Giancarlo Perna. Granzotto rimprovera al Ministro 
di "dividersi fra i sospiri per la pace nel mondo e dialoghi con i suoi 
beneamati zingari". Cogliendo le sue abitudini più deteriori, lo descrive come 
un signore che pratica "giulivo, l'impegno sociale nei salotti buonisti… fra un 
frizzantino e un teuccio con i Pavesini". Pesante sarcasmo. 
 
Giancarlo Perna ricorda che "nelle pause della sua attività con tonache ed 
infelici Andrea Riccardi si laureò in legge" e, successivamente "s'infarcì un 
po' alla rinfusa di date e battaglie", guadagnando il posto in facoltà. Riccardi 
passa per uno storico ed un saggista, ma nella botte non c'è vino buono. Sarebbe 
solo un salottiero che fa sfoggio del suo buonismo, sprovvisto di profonde 
convinzioni. "Tutte le religioni gli vanno a fagiolo", è "intimo con gli 
ortodossi, compagno di scuola del rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, 
commensale di Hassan al Tourabi, fondamentalista islamico sudanese". 
 
Che cosa avremmo potuto aspettarci da un tipo così, se non che ci invitasse ad 
affrontare la questione dei rom all'indomani dell'incendio del loro campo da 
parte di un manipolo di razzisti torinesi? Il Ministro rispetta tutte le fedi, 
avverte Giancarlo Perna, "ma contesta la Lega, sostenendo che non esiste una 
identità padana". 
 
L'elenco delle colpe, imperdonabili, di Riccardi non si ferma qui. "Il prete 
laico s'improvvisa tecnico", titola Il Giornale , riassumendole tutte. "La sua 
specializzazione sono i guai del mondo". Quali sarebbero le sue qualità, le 
virtù, le competenze? 
 
Gli manca l'essenziale, non ha mai compiaciuto Silvio Berlusconi. Non si è 
sdraiato sul lettone di Putin, come Nicole Minetti. Quale pedigree gli da il 
diritto di sedere sulle poltrone che furono di Mara Carfagna e Maria Stella 
Gelmini a uno storico un po' confuso infarcito di date e di battaglie, 
specializzato ad occuparsi dei guai del mondo, un pretonzolo spogliato dalla 
dubbie amicizie? Uno che toglie le case agli italiani per darle gratis ai rom, 
come recita il titolo, uno dei tanti, dedicati al Presidente della Comunità di 
Sant'Egidio. 
 
E' una pagina, ancora una, di cattivo giornalismo. Ingiusta e bugiarda nella 
sostanza, incivile nella forma. Ignobile, insomma. L'editore dovrebbe avere il 
coraggio civile di assumersene le responsabilità - morali, politiche - della 
linea del suo quotidiano piuttosto che rifugiarsi nell'autonomia della redazione 
e ostentare distacco.  
RomaToday Il ministro Riccardi vuole dare case ai rom: è polemica 
sul web 
Il ministro della cooperazione e integrazione Andrea Riccardi si ripromette 
di affrontare con decisione il problema dei campi rom. Sul web è polemica per le 
sue dichiarazioni 
di Redazione 19/12/2011 
 
Stanno scatenando un putiferio sul web le dichiarazioni rilasciate nei giorni 
scorsi dal ministro della cooperazione e integrazione, Andrea Riccardi, rispetto 
allo spinoso tema dell'integrazione delle minoranze rom e sinti nel tessuto 
sociale del nostro paese. 
Il ministro è accusato da blogger e da qualche articolista di voler regalare 
una casa a tutti i nomadi presenti sul territorio italiano (circa 140.000 
persone). Ma è veramente questo che Riccardi ha dichiarato? 
Una breve ricerca tra gli archivi dell'Ansa ci dice che nell'ultimo mese il 
ministro ha semplicemente dichiarato: "Come ministro dico che la situazione dei 
Rom non e' delle più brillanti, come cittadino mi sono vergognato della loro 
condizione in Italia. Dobbiamo agire per il superamento dei campi rom". 
"Superamento dei campi rom" uguale "casa a tutti gli zingari presenti nel 
nostro paese"? Forse, anche se questa è una deduzione logica e non certo il 
pensiero manifesto di Riccardi. E soprattutto, quello del superamento dei campi 
nomadi è un tema sul quale da anni si riflette nel mondo della politica e, a 
parte movimenti estremisti e xenofobi, tutti concordano sulla necessità di 
fornire ai rom presenti nel nostro paese abitazioni nelle quali sia garantito un 
livello minimo di sicurezza igenico-sanitaria. 
Perchè allora questo accanirsi contro Andrea Riccardi?! Tutto (più o meno) 
nasce dall'editoriale 
di Paolo Granzotto su Il Giornale, che si scaglia contro il ministro 
accusandolo appunto di voler regalare la casa a 140.000 zingari nello stesso 
momento nel quale il governo reintroduce le tasse sulla casa. 
Torniamo alle parole del ministro: "Ci sono fondi europei utilizzati solo al 
10%" che permetterebbero la realizzazione di un grande progetto edilizio a 
favore dei nomadi. Si tratterebbe quindi di una grande operazione di civiltà che 
non graverebbe in alcun modo sui conti italiani, e che permetterebbe a tanti rom 
e sinti presenti sul territorio italiano di veder migliorate la propria vita, e 
allo stesso tempo libererebbe tanti comuni cittadini italiani "non zingari" 
dalla presenza, oggettivamente difficile, dei grandi campi rom. Se finora non è 
stato fatto è solo per la mancanza (più o meno deliberata) di una strategia 
nazionale sul problema. 
Un'altra falsa notizia riguarda i numeri: Granzotto parla di dare le case a 
140.000 persone. Peccato però che di questi oltre 70.000 sono cittadini 
italiani, e quasi 50.000 sono rom e sinti che da secoli vivono nel nostro paese, 
integrati e già tutti forniti di casa (essì, perchè quando gliene viene data la 
possibilità i rom e i sinti sono generalmente ben felici di vivere in abitazioni 
sicure). 
Come si può vedere la polemica è stata creata ad arte, e sta facendo breccia 
grazie ai pregiudizi che riguardano le popolazioni rom e sinti. 
Non ci vogliamo nascondere che tanti siano i problemi nella convivenza tra 
nomadi e "sedentari" in Italia. Ma sfruttare per polemiche strumentali un tema 
che, invece di veder rinfocolare le tensioni, avrebbe bisogno di pacatezza e 
riflessione è un'operazione bieca e da esecrare. 
"Salutiamo invece con piacere le volontà del ministro Riccardi di voler 
affrontare in maniera pragmatica e positiva quella vergogna tutta italiana che è 
l'esclusione e ghettizzazione sociale delle minoranze nomadi" 
     
	
	  
	
 |