Di seguito gli articoli e le fotografie pubblicati nella giornata richiesta.
Articoli del 30/05/2007
COMUNICATO STAMPA
Un
Ponte per... Jasenovac
Mostra fotografica
dal 28 maggio all' 8 giugno
alla
Casa della pace della Provincia di Milano – Milano
Jasenovac. Sulle rive del fiume Sava. A un centinaio di chilometri a sud-est di
Zagabria. Nome che sta a indicare, in lingua serbo-croata, “bosco di frassini”,
il luogo in cui vennero commessi i crimini più efferati da parte del regime
croato degli ustascia (ustasce = insorti) con a capo il Poglavnik/Führer
Ante Pavelic, che appoggiò le potenze dell'Asse durante la Seconda guerra
mondiale. Il luogo in cui morirono tra le 500 e 700 mila persone, in prevalenza
serbi ortodossi, Rom, ebrei e croati dissidenti al regime di Pavelic.
La
mostra fotografica è stata realizzata da “MOST ZA BEOGRAD – UN PONTE PER
BELGRADO IN TERRA DI BARI” – Associazione culturale e di solidarietà con la
popolazione jugoslava, su foto e testi forniti dal MUSEO DELLE VITTIME DEL
GENOCIDIO DI BELGRADO, e tradotti con la collaborazione della cattedra di
serbo-croato dell'Università di Bari, di cui è titolare la prof. Svetlana
Stipcevic.
A
Milano, la mostra è stata organizzata dall'associazione "UN PONTE PER...",
insieme al COORDINAMENTO NAZIONALE PER LA JUGOSLAVIA, OPERA NOMADI e
Associazione La Tenda (progetti balcanici di Antonio Furlan), e con il
contributo della Provincia di Milano, e vorrebbe illuminare la memoria comune su
una pagina buia della nostra storia.
Gli
scatti sui volti di numerosi bambini e bambine forniti dal Museo delle vittime
del genocidio di Belgrado testimoniano i vuoti, l'assenza, l'innocenza portata
via dalle nefandezze e dalla cieca brutalità della dittatura e della guerra.
Jasenovac è il segreto oscuro dell'Olocausto. Noi, dopo 60 anni, questo tabù lo
vorremmo svelare. Le vittime di Jasenovac ce lo chiedono.
Il 28 maggio alle ore 18 l’inaugurazione della
mostra:
ERANO SOLO BAMBINI
Jasenovac. Tomba di 19432 bambini e bambine
Apertura dei lavori alla presenza degli Assessori provinciali Irma Dioli,
Francesca Corso, Giansandro Barzaghi.
Interverranno:
Andrea Catone (Most Za Beograd, Bari)
Jovan
Mirkovic (Museo delle vittime del genocidio di Belgrado)
Giuseppe Zaccaria (giornalista de "La Stampa")
Maurizio Pagani (Opera Nomadi)
Coordina: Jasmina Radivojevic (Un Ponte per…)
Al
termine degli interventi l'attrice Dijana Pavlovic leggerà la poesia "La Foiba"
del poeta croato Ivan Goran Kovacic, accompagnata dal musicista Jovica Jovic.
La mostra si potrà visitare: dal 28 maggio all'8
giugno presso la Casa della Pace della Provincia di Milano, via Ulisse
Dini 7 (MM2 Abbiategrasso), Milano.
Di Daniele (pubblicato @ 09:00:40 in Europa, visitato 2984 volte)
Da
La Stampa
Italia, arriviamo
In viaggio con i Rom In Romania vivo con due euro al giorno. "Con mezz'ora di elemosina
guadagno di più"
BRUNO VENTAVOLI
INVIATO A CRAJOVA (ROMANIA)
Violeta ha trentanove anni ed è già nonna. E’ stata espulsa dall'Italia
perché il «permesso di soggiorno era scaduto». Avrebbe voglia di ritornare,
e se riuscirà a mettere da parte un po’ di soldi ritenterà l’avventura. Ma
più di 2-3 euro al giorno, con lavori saltuari, non tira su. Bastano appena
per sfamarsi. Violeta è una rom, una di quei due milioni e mezzo che vivono
sparsi per la Romania, dalle profonde campagne alle metropoli. Abita a
Crajova, nel sud, città della Valacchia circondata da una pianura piatta e
immensa. Gli abitanti sono oggetto barzellette, come da noi i carabinieri. E
il 5% circa appartengono alla minoranza rom. Di qui partono quelli che
arrivano a Roma, perché ogni zona della Romania alimenta un flusso
migratorio verso una particolare città italiana.
Senza frontiere
Un tempo venire all’Ovest era arduo. Prima bisognava bucare la cortina di
ferro, poi i confini di Schengen. Ora che non ci sono più frontiere basta
avere i soldi per il viaggio. I rom del duemila sono infatti cittadini
dell’Unione, che votano, che aspirano ad avere diritti, a coltivare la
propria identità, anche se non hanno mai posseduto una patria loro e non
hanno mai combattuto (forse unici al mondo) guerre per conquistarla o
difenderla. E possono muoversi liberamente, come qualunque abitante della
nuova Europa, di quella povera, che spera in un futuro migliore in Occidente
e crea allarme sociale per i difficili processi di integrazione nelle nostre
metropoli che scoppiano di stranieri. Hanno un passaporto romeno, che oggi,
nel bacino carpatico, vale moltissimo. Ma null’altro. Perché nella Romania
che corre selvaggia verso il capitalismo, dove vedi capre che pascolano
accanto a concessionarie di Porsche, spesso sono più poveri dei poveri
romeni. Naturalmente ci sono anche gli intellettuali, i politici, i sindaci,
gli imprenditori rom. Ma sono ancora pochissimi. E se in Italia va male, in
mezz’ora a lavare vetri, si guadagna come un mese.
I soldi
Per arrivare in Italia servono 250-300 euro. Racimolarli, qui, non
è facile. Spesso te li fai prestare da un amico. E poi glieli restituisci.
«Senza interessi», ci assicurano. Quando hai la somma parti. E se qualcuno
pensa ancora alle carovane degli «zingari» (termine politicamente scorretto
e offensivo), che si spostano nomadi con carabattole e misteri, si sbaglia
di grosso. Ora si viaggia in auto o nei pulmini. L'appuntamento è in qualche
piazza della città. Poi via, lungo le strade strette, malsicure, che reggono
tutto il traffico tumultuoso della Romania (ancora povera d’autostrade), tra
lenti tir inquinanti e Suv che sfrecciano in sorpassi pericolosi.
La prima tappa è l'Ungheria. «Ogni tanto c'è qualche problema al confine -
dice Ion, esperto di viaggi italiani -. Magari trovi un poliziotto che fa
storie. Se vogliono, qualcosa che non funziona c'è sempre e ti fanno
aspettare anche 24 ore. Ma se allunghi 50 euro le grane scompaiono. E fino
all’Italia fila tutto liscio». Perché i rom vogliono venire nel nostro
Paese? Non servono sociologi per capirlo. Basta andare alla periferia di
Crajova, dove vivono i rom più poveri. Non ci sono «campi», né nomadi, né
roulotte, come molti potrebbero pensare guardando le sistemazioni precarie
dell’Italia, ma una lunga teoria di piccole casette d’un paio di stanze.
Costruite con materiali di recupero, misere, sbreccate, ma anche colorate e
pulite nell'interno. Le strade sterrate s'insinuano tra palizzate di legno.
Di automobili non c’è quasi traccia, solo cavalli e carretti di legno.
La parabola sul tetto
Alcune abitazioni hanno la parabola della tv, molte invece sono prive di
elettricità e acqua corrente. Chi è fortunato scava dei piccoli pozzi
intorno a casa. Non ci sono gabinetti, ma buchi nella terra coperti da
gabbiotti d'assi. Mihai ha quattro figli, una moglie, due figli. In questo
periodo va nei campi, è un bracciante tuttofare. Sette o otto ore di lavoro
per 3 euro al giorno. «L'Italia? Certo che ci vorrei andare. Perché lì
mangerei tutti i giorni». Graziano, invece, vive bene. Fa il macellaio, ha
un buon stipendio. Ha fatto studi economici, adora il «suo» paese, la
Romania, e non pensa ad emigrare. In Italia c'è stato, ma solo per andare a
matrimoni o «per vedere il Colosseo e il Vaticano». «Per i rom poveri, però,
non è così - spiega -. Loro vivono in condizioni pietose. Sanno che in
Italia la vita nei campi è dura. Ma una roulotte laggiù, per quanto
distrutta, è meglio che qui».
Pitei, suo cugino, è stato in Italia qualche mese. Ora è tornato a Crajova.
«Perché qui vivono i miei figli e i miei parenti - spiega -. Molti della mia
gente vorrebbero svegliarsi al mattino sapendo di avere un lavoro. Se ci
aiutassero ad avere case decenti, ad avere un lavoro in Romania, nessuno
partirebbe per andare all'estero. Io guadagno bene, ho comprato una bella
macchina, ma quando esco resto soltanto un rom e questo certe volte pesa».
La legge
I rom sono una minoranza tutelata formalmente dalla legge romena, come
quella magiara in Transilvania. Esistono organi istituzionali per garantire
diritti, accesso al mercato del lavoro (con «quote rom»), all’università, ma
nonostante i tentativi del governo, persistono grandi differenze
socioeconomiche. E questo, mescolato alla secolare diffidenza verso quel
popolo senza terra che andava contro tutte le certezze e i valori
dell'Occidente, aumenta l'emarginazione, i sospetti, le tensioni nella
pratica quotidiana.
«Non possiamo entrare nei locali - ci dice Graziano - su 60 ristoranti,
possiamo frequentarne appena tre. Niente piscine e neppure discoteche. E i
giovani questa situazione non la tollerano». Per un bisticcio tra una
guardia privata e un rom all'entrata di un locale, qualche mese fa, c'è
stata anche una notte di proteste e risse. Ovviamente i romeni smentiscono
le discriminazioni. Il governo lo fa ufficialmente, temendo bacchettate
dalla Ue. I cittadini che trovi per strada, o ai tavolini di un McDonald's,
lo fanno invece con ardore e aneddoti. E per convincerti ti portano a vedere
le strade dove vivono i rom ricchi, che hanno aperto negozi e imprese, o
sono tornati dall’estero con i soldi, e poi si costruiscono grandi ville
«che nemmeno i romeni hanno».
I rom di Crajova sono in stretto contatto con i parenti di Roma. Li sentono
almeno tre volte la settimana tramite cellulari. Sanno che l'Italia non è un
paradiso? E che cresce l'insofferenza dopo i fattacci di cronaca nera che
hanno visto i rom protagonisti in negativo? «Be' forse siamo troppi e gli
italiani hanno ragione ad essere arrabbiati perché quello è il loro Paese -
dice Graziano -. Però noi abbiamo il diritto di muoverci, la nuova Europa
non ha barriere. La maggior parte di noi vuole venire in Italia per
lavorare. Chi vive qui in miseria ha diritto di sognare una vita migliore,
di provarci. I criminali esistono dappertutto, tra i rom, ma anche tra i
romeni e gli italiani».
5 DOMANDE A MASSIMO CONVERSO, OPERA NOMADI
Massimo Converso, presidente dell’Opera nomadi, ci sono oltre due
milioni di Rom - solo dalla Romania - liberi di venire all’Ovest. Per
l’Italia sarà un problema?
«Sì, perché il governo si è fatto trovare impreparato. Non dispone di
consulenti nelle comunità Rom, malgrado l’Opera nomadi insista da anni sulla
necessità di avviare un dialogo».
La soluzione dei «grandi campi» di accoglienza funzionerà?
«I megacampi aumenteranno i fenomeni di devianza. Si è visto chiaramente, a
Roma, sulla via Pontina: favoriscono la criminalità, l’evasione scolastica,
la tossicodipendenza».
Che cosa suggerite, voi dell’Opera nomadi, per affrontare il
problema?
«Lo Stato italiano dovrebbe intervenire sul fronte degli affitti agevolati,
aiutare i Rom dell’est, che sono abituati da decenni a vivere in case
monofamigliari, a trovare abitazioni. La cosa peraltro già avviene, da
Mazara del Vallo a Merano, con una buona integrazione con la popolazione
italiana. In Italia, soprattutto nel sud, ci sono vecchi paesini quasi
abbandonati. Potrebbero essere ripopolati dai Rom. La possibilità esiste,
occorre la volontà politica. Bisogna anche offrire ai Rom la possibilità di
lavorare. Noi suggeriamo di sostenere la nascita di cooperative, di
sviluppare il commercio ambulante e i mercati dell’usato che appartengono
alla loro tradizione, legalizzare i musicisti di strada, aiutare i gruppi
che fanno la raccolta dei rifiuti differenziata».
Insistete anche su interventi all’estero.
«L’Italia dovrebbe investire nei Paesi d’origine, come la Romania,
per migliorare le condizioni di vita, per aumenti mirati dei salari.
Naturalmente serve l’aiuto di consulenti locali, altrimenti sono soldi
sprecati».
E’ aumentato il pericolo sociale degli «zingari» in arrivo dall’Est?
«La stragrande maggioranza dei rom dell'Est si dedica alla questua o svolge
lavori in nero nell'edilizia. Anche se nell'immaginario collettivo “tutti”
gli zingari sono delinquenti, solo il 10% compie attività illegali.
Purtroppo ci sono minoranze aggressive che occupano spazi criminali,come
prostituzione e rapine. E in alcuni campi non c'è stata resistenza alla
pressione dei pedofili. Ma mi creda, se avessero la possibilità di lavorare,
i Rom preferirebbero farlo. Anche perché le attività criminali non sempre
sono così redditizie. L'arresto di un rom costa alle famiglie migliaia di
euro in avvocati».
Fotografie del 30/05/2007
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