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Ricerca articoli per Dalila

Di Fabrizio (del 09/03/2006 @ 22:54:26 in media, visitato 1939 volte)

Di Dalila Gómez Baos, la candidata kalì al senato colombiano, ne ho scritto abbondantemente qui.
Le elezioni saranno il prossimo 12 marzo, e non farò a tempo a tradurre l'articolo che è apparso su NEW AMERICA MEDIA, chi vuole può leggerlo in inglese o in spagnolo (tranquilli, si capisce agevolmente, e se lo dico io...)

¡Henorabuena!

A proposito, sul clima elettorale, che potrebbe essere pesantuccio, un recente rapporto di Amnesty International (in italiano, stavolta).
 
Di Fabrizio (del 15/02/2006 @ 21:49:57 in blog, visitato 2033 volte)
Se qualcuno è di passaggio da Bogotà...
mi sa dire com'è andata?
O scatterebbe qualche foto??? ; - )

dalila
 
Di Fabrizio (del 10/02/2006 @ 11:38:43 in Regole, visitato 2183 volte)

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Donna Gitana parteciperà alle elezioni al Congresso

Redacción Actualidad Étnica

Bogotá. Febrero 3 de 2006.

Por Claudia Grajales

Il potere, la forza e la magia della parola accompagneranno Dalila Gómez Baos nel suo itinerario verso il Senato. Ereditaria della conoscenza del suo clan, i mijháis-bolochock, e con la disinvoltura propria delle donne del secolo XXI, Dalila è protagonista di uno dei fatti più importanti nella recente storia della partecipazione delle minoranze all'esercizio democratico. Per la prima volta in Colombia e nel continente, una rappresentante del Popolo Rom (Kalé) si candida ad elezioni popolari. “Una ribelle tra i ribelli”, come la definiscono i suoi compagni di cordata, si presenta nel Polo Democrático Alternativo. Nell'intervista esclusiva ad Actualidad Étnica, Dalila ci parla delle sue proposte ed idee:

Come nasce l'idea di partecipare alle elezioni per il Senato?

Questo è il risultato di otto anni di continuo lavoro per le rivendicazioni del mio popolo, dopo aver indagato sulle nostre necessità ed interessi, ora siamo politicamente maturi per prendere la decisione di concorrere al senato. E' il frutto di un processo, un cammino tracciato passo per passo.

Qual'è stata la partecipazione del popolo gitano alla politica?

Il popolo gitano, contrariamente a quel che si può pensare, è politicizzato, ad esempio, per secoli abbiamo svolto una resistenza etnica. Oggi, con le dinamiche della globalizzazione dell'economia e della società, ci spingiamo a una partecipazione più diretta e attiva nel processo politico. Siamo parte di un movimento sociale emergente. Con la nostra esperienza e attraverso la prospettiva gitana, vogliamo arrivare a un ollettivo per rendere possibile un nuovo paese.

E' esattamente un lungo cammino per la Colombia che ha permesso a Dalila, giovane gitana, ingegnere industriale, specialista in gestione e pianificazione urbana e regionale, di conoscere più da vicino la realtà del paese. Sin da giovane, si è sempre integrata nelle comunità che visitava, senza perdere i propri costunmi, costruendosi una visione più larga e ricca integrando la propria cultura con gli apporti di altri gruppi sociali. Il suo sguardo sul paese le ha permesso di sviluppare un importante lavoro a favore delle etnie nel Departamento Nacional de Planeación, DNP.

Madre di Nikola, un bambino di otto anni, Dalida si è sempre caratterizzata per rompere i paradigmi, inclusi quelli sella sua stessa comunità, e questo ha generato più soddisfazioni che difficoltà.Un carattere fermo e la creatività propria dei gitani le sono serviti a superare gli ostacoli. Per questo, è convinta che l'importante sono le idee che generano benessere nella società, non importa se le idee arrivano da uomini o donne.

Per finire, cerchiamo di arrivare al congresso per dare visibilità al popolo gitano, imparare da questa esperienza accademica e pedagogica che per la prima volta ha luogo in Colombia e nelle Americhe. Partire dalla nostra esperienza per costruire una propoosta sociale che parta dai gitani verso gli altri gruppi etnici e gli esclusi del nostro paese.

Per esempio, se non difenderemo la Costiituzione, tra cinque o dieci anni saranno smontate una serie di garanzie volte al rispetto dei diritti fondamentali e quindi, gitani, indigeni, afrodiscendenti, colombiani, ne pagheranno tutti le conseguenze. Per questo, una delle nostre bandiere è la promozione della diversità nella prospettiva gitana. Noi abbiamo molto in comune con altri gruppi etnici, come il rispetto del valore della parola, il collettivo e il significato di territorio e di nazione, tutti assieme possiamo collaborare. In Colombia, dovrebbero imparare dagli indigeni, dagli afrodiscendenti, dai gitani.

Le nostre proposte sono la difesa e lo sviluppo della Costituzione Politica del 1991; la protezione e la promozione della diversità in tutte le sue espressioni: etnica, culturale, regionale, biologica, genetica, artistica; la costruzione della democrazia a partire dalle dinamiche dei movimenti sociali, il consolidamento di un'agenda che si opponga alla voracità dellemultinazionali e delle istituzioni finanziarie Così potremo raccogliere la voce dei senza voce, raccontare la storia di chi non ha storia, rivendicare per gli esclusi, dare spazio ai perseguitati e visibilità a chi è sempre stato invisibile.

Questo il lavoro che Dalila porta avanti da anni, a partire dall'esperienza organizzativa in seno al Proceso Organizativo del Pueblo Rom (Gitano) de Colombia (PROROM), non soltanto per rendere visibile il suo popolo, ma per sottolineare la necessità di generare prtiche comune per uno “Stato che riconosca e protegga la diversità etnica e culturale della Nazione colombiana”.

Come crede che da questi usi e costumi si possa creare questa società inclusiva?

Come gitani, abbiamo diverse forme per risolvere i conflitti, che potrebbero apportare al paese elementi utili nelle situazioni più difficili. Il valore della parola; il rispetto degli anziani; la visione collettiva e solidaristica nell'ambito della comunità; l'identità; il rispetto per la differenza; la creatività dell'adattarsi alla culture più diverse senza perdere la propria, sono tutti valori che ci hanno permesso di girare il mondo da oltre mille anni, quando partimmo dal nord dell'India e continuando tuttora. In Colombia ci sono circa 5.000 gitani, però il loro apporto all'arte, alla musica e alla letteratura è immenso.

Anche se siamo figli del vento, siamo anche figli della terra della Pacha Mama”. E' un pensiero che incide sul concetto di territorio, che non si riferisce ad uno spazio geografico, ma a qualcosa che portiamo con noi, nella lingua, negli usi e costumi, che è parte di noi stessi. Non fosse così, come saremmo sopravvissuti?

Questa forma di intendere e vivere il territorio può essere di soluzione alle problematiche sociali, ad esempio la proprietà e l'uso dei terreni. In questa prospettiva si rende necessaria la creazione di meccanismi per società nomadi e sedentarie, una legislazione flessibile che contenga questi concetti.

Dalila insiste sul suo impegno a lavorare in Senato per la rivendicazione dei diritti di tutti i gruppi etnici, delle minoranze e degli esclusi, non solo del suo popolo. Però tra i piùi nvisibili ci sono proprio i gitani.

Quali le urgenze del vostro popolo e cosa possono aspettarsi dal suo lavoro nel congresso?

La prima cosa su cui lavoreremo è la creazione di uno Statuto di Autonomia Culturale. Gli indigeni, gli afrodiscendenti, hanno una legislazione speciale contenuta nella stessa costituzione, e per noi non esiste nessuna legislazione speciale.

Uno dei temi che ci preoccupa di più è la scolarizzazione. Vogliamo la piena applicazione del decreto 804 della legge 115, che consenta ai nostri giovani un'educazione in armonia con la cultura della loro provenienza e che vi possano trovare riferimenti. L'indice di assenteismo scolastico è quasi del 90%, tra i gitani è minimo il numero dei professionisti, come possiamo constatare dagli studi condotti da PROROM. Inoltre, c'è la necessità che ai nostri giovani vengano forniti gli strumenti che permettano loro di farsi ascoltare, contrariamente il nostro popolo potrebbe estinguersi in una generazione.

Il disegno e la messa in cantiere di progetti produttivi concordi con i nostri usi e costumi, è un'altra delle priorità della nostra partecipazione al senato. Sono iniziative che debbono porsi in armonia con il neonomadismo dei gitani di oggi.

Il tintinnio dei gioielli accompagna le parole di Dalila che con entusiasmo elenca le proposte per la sua campagna: i colori accesi della sua gonna, hanno lo stesso colore dei suoi occhi.Particolari non secondari al momento di confrontarsi con scenari come quelli del congresso. I suoi slogan elettorali non potrebbero essere qualcosa di diverso da:”la magia del nostro popolo al servizio di un paese diverso; il nostro infiammato sentimento di libertà, un apporto alla democrazia, non ci basta leggere il futuro nella mano: vogliamo forgiarlo dalla nostra esperienza. E le sue mani, quasi parlano da sole, mentre riflette sulla sua condizione di donna e di gitana.

Per il nostro popolo le donne sono come fiori di un giardino: le generatrici di cultura. Nella nostra comunità esiste un profondo rispetto verso le donne. Senza dubbio ci sono da riconoscere le difficoltà date da una società patriarcale. Ma conto sull'appoggio della mia famiglia e del mio popolo in questo progetto, che è un'opportunità per le donne, per i gitani e la società. Già oggi possiamo contare sull'impegno di due donne che lottano per i diritti del nostro popolo e dei gruppi etnici: Sandra Cristo consigliera [del ministero] della Cultura e del Turismo e Nancy Nancy Gómez, [a quello] della Politica Sociale. Le donne sone quelle destinate ad essere protagoniste del cambiamento.

Esiste un fascino enigmatico attorno ai gitani, crede che questa “magia” che li circonda possa aiutare la sua campagna elettorale?

Per me, la magia è nel cuore di ognuno e ognuno le da un colore differente. La magia è amore, è nella ricerca dello spirituale e dell'equilibrio. La magia, il potere e la forza della parola mi hanno accompagnato sempre e continueranno ad essere tra i principali strumenti nel costruire nuovi progetti.

Un paese che deve la sua maggior ricchezza alla diversità etnica e culturale, deve garantire la partecipazione a tutti i gruppi sociali e mirare all'integrazione nella società in condizione di eguaglianza, ma nel rispetto delle rispettive differenze. Che una gitana eserciti il diritto di eleggere ed essere eletta, è un passo in più verso la costruzione di una società inclusiva dove ci sia spazio per ogni espressione, come pue per la magia di questo popolo che, grazie al ghiaccio, ai magneti, agli specchi e agli strumenti di navigazione, un giorno insegnò a José Arcadio Buendía che “Nel mondo stavano accadendo cose incredibili”


Ndr. per chi mastica lo spagnolo: il blog di Dalila Gomez

E per chi non lo mastica?

 
Di Fabrizio (del 16/03/2006 @ 11:33:16 in Kumpanija, visitato 1978 volte)

Attendendo i risultati definitivi delle elezioni in Colombia, questo è il riassunto di una parte della storia più recente dei Rom di Colombia, che fornisce spunti utili anche per il futuro:

I Rom e la politica:

INCURSIONE NEL PROCESSO ELETTORALE

Prima di rispondere alle domande poste dal dibattito “Inclusione politica dei gruppi etnici nel processo politico colombiano: Il punto di vista degli attori politici” (Universidad de los Andes, Bogotá, D.C.), occorre una precisazione:

Il concetto di “comunità etniche” non è il più appropriato per riferirsi alla situazione dei Rom. I Rom hanno più volte rivendicato il loro carattere di popolo, con tutte le connotazioni giuridiche e politiche, inclusa quella dell'autodeterminazione.

A livello internazionale, le organizzazioni rappresentative del popolo Rom - Unión Romaní Internacional (IRU) e Congreso Nacional Rom (RNC) hanno proposto che i Rom siano parte di una nazione senza territorio e senza stato, che chiede di essere rappresentata all'ONU.


Inclusione dei gruppi etnici nel processo politico colombiano, partendo dalla Costituzione

Esistono similitudini strutturali tra i problemi dei popoli indigeni, afrodiscendenti e Rom, ma i processi storici, organizzativi e le condizioni attuali sono differenti.

Due fatti da sottolineare riguardo i Rom:

Come per le altre minoranze il meccanismo elettorale non prevede un percorso privilegiato di accesso alle camere elettive, e si deve tener conto di questo nei rapporti con la società maggioritaria.

L'esperienza elettorale per i Rom rappresenta una novità assoluta in tutto l'emisfero. E' anche una tappa importante per le associazioni come Proceso Organizativo del Pueblo Rom (Gitano) de Colombia, (PROROM), nel suo cammino per rendere visibile il popolo Rom, che prosegue dal 1997.

Ancora più importante che questo si sia concretizzato con la candidatura di una romnì.

PROROM, sin dagli albori, ha ricercato alleanze con le organizzazioni di altri popoli. In quanto “minoranza tra le minoranze etniche” er i Rom altrimenti sarebbe impossibile far sentire la propria voce. Il cammino già percorso dalle altre organizzazioni, prima di tutte quelle indigene, è indispensabile.

Nel 1998 il coordinatore generale di PROROM, Venecer Gómez Fuentes, fu candidato di bandiera nella lista Alianza Social Indígena (ASI) che concorreva al Senato. Alla fine venne eletto Francisco Rojas Birry, indigeno Embera. La sua candidatura raccolse il voto di alcune kumpanias, specialmente quella di Girón (Santander), ma una volta eletto, Rojas Birry non rappresentò in alcun modo in Senato le istanze dei Rom.

Quattro anni più tardi, PROROM si fece promotore del Movimiento Plurinacional Entrepueblos (MPE) e appoggiò la candidatura di Antonio Jacanamijoy Tisoy, indigeno Inga, che aveva anche l'avvallo del Partido Socialista Democrático (PSD), su una piattaforma che comprendeva le richieste comuni dei popoli nativi, afrodiscendenti e Rom. Ma Antonio Jacanamijoy Tisoy non raccolse voti a sufficienza per l'elezione. Nel frattempo il neonato MPE si era avvicinato al Frente Social y Político (FSP), che appoggiava la candidatura di Luis Eduardo Garzón (nell'occasione battuto dall'attuale presidente Alvaro Uribe e poi diventato sindaco di Bogotà ndr.) alla presidenza della repubblica.

Tutta questa storia si è concretizzata quest'anno nella candidatura di Ana Dalila Gómez Baos, coordinatrice per la Cultura e la Scolarizzazione di PROROM, nelle file del Polo Democrático Independiente (PDI).


Costituzione politica del 1991 e unità dei gruppi etnici

Attraverso PROROM si sono assunti due strumenti fondamentali nelle rivendicazioni etniche e nasiolnali: il convegno169 del 1989 dell'Organizzazzione Internazionale del Lavoro (OIT) “Sobre Pueblos Indígenas y Tribales en Países Independientes” (OIT-169) e la Costituzione Politica della Colombia.

Anche se nessuno dei due menziona esplicitamente i Rom, ma si limitano ad un generico “gruppi etnici”, gli articoli e i tommi che si riferiscono alla diversità etnica e culturale sono serviti al riconoscimento dei Rom come popolo che condivide le esperienze di lotta, resistenza ed organizzazione degli indigeni e degli afrodiscendenti.


Difficoltà nei processi organizzativi e rivendicativi.

Una delle maggiori difficoltà incontrate, è che tanto nell'immaginario delle istituzioni governative che tra le stesse organizzazioni indigene, l'aggettivo “etnico” si associa esclusivamente all'ambito indigeno ed afrodiscendente.

Questa difficoltà si lega al disconoscimento e all'ignoranza che nella società maggioritaria riguarda la storia, la cultura e la situazione dei Rom.

In Colombia i Rom sono una minoranza autentica, ma demograficamente insignificante soprattutto in termini elettorali. La difficoltà, anche nei confronti delle altre organizzazione delle minoranze etniche, è nel numero ristretto dei nostri appartenenti e nel non occupare territori strategici.

Inoltre le leggi esistenti sono elaborate secondo la logica de lla popolazione stanziale e quando si riferiscono a gruppi etnici, sottintendono a quelli che hanno una territorialità definita, e la totalità delle leggi referenti ai diritti dei gruppi etnici, non prevede i diritti delle popolazioni nomadiche, come nel caso dei servizi sanitari, dove solo in seguito la pressione svolta da PROROM ha ottenuto l'estensione del Régimen Subsidiado de Seguridad Social en Salud.

La Colombia è tuttora un paese con una democrazia retorica e di facciata, e i suoi abitanti devono di continuo mobilitarsi e fare pressioni in varie maniere. Per ragioni proprie della loro cultura, i Rom non possiedono questa capacità. Il percorso compiuto da PROROM si è svolto quindi in un scenario particolarmente avverso. Ciononostante, ha ottenuto questi risultati:

  1. Riconoscimento da parte dello stato del popolo Rom come un gruppo etnico che è anche colombiano e che abita qui da prima della costituzione della Repubblica.

  2. Riconoscimento che la carta OIT-169 è valida e applicabile per i Rom.

  3. Inclusione col proprio nome e riconoscimenti specifici, negli ultimi Piani Nazionali di Sviluppo delle amministrazioni Pastrana Arango e Uribe Vélez.

  4. Visibilità raggiunta nella vita politica, culturale, accademica ed economica del paese; mentre in precedenza si era soltanto la parte esotica di Cent'anni di solitudine.

  5. Rottura degli stereotipi razzisti e discriminatori che storicamente si sono riferiti ai Rom.

  6. Spinta ai processi e alle iniziative delle organizzazioni rom dell'America Latina, in particolar modo del Consejo de Organizaciones y Kumpeniyi Rom de las Américas (SKOKRA)

  7. Alleanza con le organizzazioni indigene e afrodiscendenti per avanzare rivendicazioni congiunte.

  8. Presa di coscienza nelle kumpeniyi dell'importanza dei processi organizzativi nei rapporti tra Rom e società maggioritaria (la cosiddetta “inclusione senza assimilazione”)

  9. Apporto alla democratizzazione del paese con l'irruzione del movimento sociale rappresentativo dei Rom.


Quali gli obiettivi per la prossima legislatura?

Ci saranno per forza scenari diversi. Quello del consolidamento del processo di visibilità e organizzativo dei Rom di Colombia e dell'America Latina. Quello della società maggioritaria, dove si lavorerà a proposte che creino una Colombia meno diseguale, che possa includere le maggioranze impoverite ed escluse.

Nel primo scenario, si tratta di spingere il Congresso a redigere uno Statuto dell'Autonomia Culturale, che stabilisca le relazioni tra stato e popolo Rom, riconosca integralmente i diritti collettivie patrimoniali del popolo Rom. Nel secondo scenario, molto semplicemente, di sottomettere nuovamente l'economia e i suoi processi alla politica, per recuperare la sovranità nazionale di fronte alla mondializzazione dell'economia.

L'alleanza con il Polo Democrático Alternativo (PDA) impone di allargare il nostro pensiero e il campo d'azione al paese nella sua globalità, occorre quindi un compromesso che leghi le tematiche e le rivendicazioni proprie del popolo Rom ad un movimento di rinnovamento nazionale.

L'apporto che per questo può offrire una donna rom, è molto differente da quello di chi arriva dalla società maggioritaria. Occorre saper valorizzare gli apporti genuini che arrivano dalla cultura, dalla tradizione, dalla vita sciale dei Rom, perché vengano valorizzati ed apprezzati come un patrimonio per tutta la Colombia. Per questo, è necessario che i Rom guardino in maniera differente al loro paese, e contemporaneamente, che se si vuole che questo apporti duri nel tempo, che continuino ad esistere come Rom.

Per terminare, la scelta della partecipazione alla lista elettorale del PDA non è un azzardo o una gratuità. E' la maturazione di un cammino che PROROM ha svolto, dove la partecipazione è una strategia etnopolitica, e che l'ha portato a fianco di movimenti e partiti alternativi, progressisti, popolari e critici verso lo stato attuale delle cose.


ANA DALILA GÓMEZ BAOS

Bogotá, D.C., a 2 de febrero de 2006

I commenti a questo articolo (in spagnolo e romanés)


 
Di Fabrizio (del 22/03/2006 @ 10:37:50 in Europa, visitato 3959 volte)

5 marzo 2005 - BRUXELLES - Christian Dupont, ministro federale per l'integrazione sociale, ha annunciato un piano per combattere il problema di madri e bambini che mendicano per le strade delle città del Belgio. L'annuncio è stato salutato con favore dalla parlamentare socialista Dalila Douifi, che aveva sollevato il problema.

Scene pietose di madri viste mendicare coi bambini in braccio - particolarmente gli ultimi giorni di freddo intenso - avevano rinnovato le preoccupazioni (cfr. Belgio 4 luglio 2005).

Ci sono state indagini sui rischi alla salute di questi bambini, che spesso sono curati con dosi eccessive di sciroppo della tosse. Le leggi internazionali proibiscono l'esposizione e l'impiego di bambini in circostanze estreme, come la temperatura di questi periodi.

Dopo aver coinvolto il ministro degli interni (Patrick Dewael) e quella della giustizia (Laurette Onkelinx), Dalila Douifi aveva espresso le sue preoccupazioni al ministro Dupont. Che a sua volta aveva annunciato che da martedì 12 marzo verranno impiegati 12 mediatori culturali per approcciare i mendicanti.

"L'aspetto interculturale non è secondario. Per esempio, non sempre i Rom vogliono essere aiutati. Fa parte della loro cultura," ha detto Douifi.

I mediatori saranno dispiegati nelle città di Bruxelles, Anversa, Gent, Liegi e Charleroi.

Douifi ha poi aggiunto che ci sono già stati sviluppi positivi nella città di Anversa, dove le autorità cittadine favoriscono la frequenza scolastica dei bambini nell'età dell'obbligo. Se il figlio frequenta la scuola, i genitori hanno garantiti i benefici sociali di legge.

"Il problema è molto complesso: spesso si pone come combinazione di repressione, prevenzione e rimedi. Le misure introdotte dal ministro Dupont sono un punto di partenza verso la soluzione," ha continuato Douifi, concludendo che l'impiegodi bambini per l'accattonaggio è un crimine comunque perseguibile.

Copyright Expatica News 2006


Sullo stesso argomento, ricevo:

Riguardo al cambio di politica annunciato dal governo belga verso mendicanti ed uso dei bambini, il presidente di Opre Roma, Wolf Staf Bruggen, è stato intervistato sul canale 1 della radio nazionale, mercoledì di settimana scorsa.

Bruggen, che è anche delegato dell'European Roma and Travellers Forum, ha commentatola notizia, fornendo ulteriori informazioni.

Prima di tutto,  non tutti i mendicanti nelle strade di Anversa e Bruxelles sono Rom. Secondariamente, i Rom che mendicano, arrivano dalla Romania e vivono in Belgio in situazione di completa illegalità, senza accesso a nessun servizio sociale di base. Tutti i loro averi dipendono dalla mendacità. Su questo tema diverse organizzazioni, inclusa Opre Roma, avevano già pubblicato un loro rapporto all'inizio del 2005, dov'era chiaramente spiegato perché alcuni Rom erano costretti a mendicare e perché dovessero portare i bambini con loro!

[...]  Riguardo all'uso di mediatori culturali ha detto che possono essere d'utilità se appartengono alla stessa comunità e condividono lingua e tradizioni dei Rom mendicanti.

Per terminare, il problema non è dato dai mendicanti e la soluzione non risiede nel togliere i bambini dalla strada. Il problema è la povertà e la mancanza di una seria politica migratoria: occorre una soluzione strutturale che offra ai Rom un'alternativa e la prospettiva di una vita decente.

Wolf Bruggen
Chairman-Voorzitter-Presidentos
Opré Roma ngo
opreromavzw@yahoo.com
Tel : ++32 (0)486.32.57.62

Fonte: Roma_Benelux

 
Di Fabrizio (del 02/11/2006 @ 10:34:06 in Kumpanija, visitato 2133 volte)

Da Mundo_Gitano

LA CONFORMAZIONE ETNICA DELLA COLOMBIA

Secondo il censimento generale del 2005 realizzato dal Departamento Administrativo Nacional de Estadística (DANE), la popolazione colombiana che appartiene ai gruppi etnici, è la seguente:

  • Popolazione indigena: 3,4% del totale, cioè 1.378.884 persone.
  • Popolazione afrodiscendente: 10,5% del totale, cioè 4.261.996 persone. Incluse le popolazioni dell'Arcipelago di San Andrés, Providencia e Santa Catalina.
  • Popolazione Rom: 0,001% del totale, cioè 4.832 persone.

Fonte

Los Gitanos

Sono una comunità etnica che a cavallo di diversi secoli si mantiene distante dal resto della società, per preservare la propria cultura ed identità

Poco più di 30 anni fa, era comune vedere nelle periferie dei villaggi o delle città, i grandi i gradi carri dei gitani, che arrivavano senza preavviso in qualsiasi momento dell'anno. Lì conducevano la loro vita in comunità appartate dai gadye (chi non appartiene al popolo Rom), avvicinandosi al resto degli abitanti solamente per commerciare, si trattasse di cavalli, scarpe, lavori di metallurgia o la tradizionale lettura della anno o delle carte, queste ultime praticate dalle donne. Poi levavano le tende e i carri per si spostarsi in un'altro paese.

Al giorno d'oggi, i circa 4.00 Rom di Colombia non vivono più nei carri, ma in case in differenti kumpanias-luoghi, riuniti in quartieri specifici e con luoghi di riferimento per tutti i gitani del paese. Le più grandi kumpanias sono a Girón, Bogotá e Envigado. I gruppi familiari tendono a spostarsi frequentemente in altre città o paesi vicini, di solito non molto distanti, si tratta quindi di nomadismo circolare da kumpania a kumpania.

Per i gitani il viaggiare da un osto all'altro è sinonimo di vivere bene e di indipendenza. Dall'inizio della loro esistenza non intendono soggiacere (Rif: premessa e conclusione ndr), tentando di mantenere le loro leggi, cultura e tradizioni per tutta la costa. E questa forma di vita rimane integra sino ad oggi, nelle varie comunità sparse nel mondo. Del loro luogo d'origine conservano la lingua, il romanés, che deriva dal sanscrito e che con poche variazioni è parlato da tutti i Rom nel mondo. Però è un idioma solo parlato, una trasmissione registrata solo oralmente.

La libertà è sempre stata il loro paradigma di vita e per questo è stato un popolo perseguitato attraverso la sto. Si ritiene che i primi Rom ad arrivare sul continente americano furono quelli del terzo viaggio di Colombo. Da ciò si può affermare che la loro presenza è contemporanea all'epoca coloniale. Una seconda grande ondata migratoria avvenne tra la Prima e la Seconda Guerra Mondiale, a causa delle persecuzioni naziste, dove 500.000 gitani persero la vita.

"A differenza dell'Europa e del Medio Oriente, in Colombia nutriamo di un buon prestigio come commercianti e non esiste una xenofobia marcata. Siamo molto contenti di vivere qui, a parte la situazione di violenza che non ci premette di viaggiare con la stessa facilità del passato," dice Venecer Gómez, leader riconosciuto dei Rom in Colombia. Anche se si considerano colombiani e molti hanno i documenti, mai si sono integrati nel resto della società. Inoltre, non si accetta che una donna gitana si sposi con un gadye e se lo fa, è una vergogna per la comunità e viene espulsa dalla famiglia. Nel caso degli uomini, si accetta che si sposino con donne non appartenenti all'etnia, ma solo se queste accettano di avvicinarsi alle tradizioni. "La cultura Rom è patrilineare e gli uomini sono quelli che prendono le decisioni. Crediamo che la donna sappia adattarsi facilmente al nostro ambiente, ma che un uomo non accetterebbe di cambiare la sua forma di vita," spiega Ana Dalila Gómez, coordinatrice di Pueblo Rom (Prorom).

Le tradizioni si sono preservate sino ad oggi e la donna riveste in questo un ruolo importante, essendo quella che tramanda ai bambini la lingua e i costumi. Il processo di divenire più partecipi nella vita dello stato, è cominciato circa nove anni fa e sta dando i suoi frutti. Uno di questi è che i bambini ed i giovani frequentano la scuola, mentre prima se ne tenevano lontani per mantenere intatti i riferimenti della loro cultura.

Però la maggioranza abbandona dopo la scuola primaria, perché è costume sposarsi o iniziare a lavorare molto giovani. Una delle paure maggiori tra i Rom è perdere la propria identità, e anche se sempre marcata in maniera chiara la loro differenza etnica, lentamente si stanno spostando ad essere un popolo invisibile per la società colombiana. E la Colombia inizia a vederli come stranieri.

Tomado de: Semana. Edición Especial "Destino Colombia". Edición No. 1278. Octubre 30 a Noviembre 6 de 2006. Bogotá, D.C. - En la web

PROTSESO ORGANIZATSIAKO LE RROMANE NARODOSKO KOLOMBIAKO / PROCESO ORGANIZATIVO DEL PUEBLO ROM (GITANO) DE COLOMBIA, (PROROM)
Organización Confederada a Saveto Katar le Organizatsi ay Kumpeniyi Rromane Anda´l Americhi, (SKOKRA)

 
Di Fabrizio (del 27/01/2006 @ 10:24:53 in Kumpanija, visitato 1990 volte)

su Mundo_Gitano il 23 gennaio sono apparsi 4 articoli sui Gitani in Colombia, a cura di:

PROTSESO ORGANIZATSIAKO LE RROMANE NARODOSKO KOLOMBIAKO / PROCESO ORGANIZATIVO DEL PUEBLO ROM (GITANO) DE COLOMBIA, (PROROM)Organización Confederada a Saveto Katar le Organizatsi ay Kumpeniyi Rromane Anda´l Americhi, (SKOKRA)

Ecco una piccola selezione.


In principio erano conosciuti come “egiziani”, parola che si trasformò poi in "gitanos". I Rom, il vero nome di questa comunità, arrivarono nelle Americhe già nel 1492 quando quattro di loro si imbarcarono con Cristoforo Colombo. Le migrazioni proseguirono in epoca coloniale. La popolazione crebbe ancora all'epoca delle due guerre mondiali, quando dall'Europa fuggivano al razzismo e alle persecuzioni nazifasciste. Molte carovane seguirono la rotta Caracas-Bogotá-Quito-Lima-Buenos Aires installandosi dove si trovavano meglio. In Colombia si contano circa seimila gitani raggruppati in Kumpanias. Le più famose sono quella di Girón a Santander, di Cúcuta (una delle più grandi, con circa mille Rom) e quella di Bogotá, con 250 persone. Hanno una legislazione proria per la risoluzione dei conflitti sulla base del dialogo e dell'accordo. Così, in caso di processi, si riunisce la Kriss Romaní, una specie di tribunale interno dei gitani più anziani, che discutono il problema e cercano come risolverlo, sulla base di una accordo pacifico tra ambo le parti. “Odiamo la guerra, non usiamo armi, siamo pacifisti totali”, dice Miriam.

Il problema

“No signora, crede di poter fare ciò che vuole perché lei è gitana?” Non può. I suoi documenti non sono a posto” disse le rettrice del collegio dove voleva studiare uno dei figli di Jenny. Ma i documenti erano completi e compilati, con un unico problema: loro erano gitani.

Succede che non la facciano entrare nei negozi. “Il commesso vede una donna vestita da gitana e le proibisce di entrare, perché pensa che ruberà. Noi compriamo, come tutti gli altri! Perché dovremmo rubare? Colpa di quanti si spacciano per noi per darci la colpa”, protesta Kolya.

Le loro speranze ora sono poste nelle promesse del 23 gennaio: sistema sanitario con uno schema ispirato alle caratteristiche del loro popolo, riconoscimento dell'etnia rom – con documenti che permettano lo sviluppo dei commerci tradizionali e della vita nomadica, negozi e officine dedicate alle loro attività, tra l'altro.

“Siamo in tanti, colombiani come tutti gli altri, ma i nostri costumi e tradizioni sono differenti. Non siamo maiali o bruti, niente di tutto ciò. Abbiamo bisogno di aiuto perché quando qualcuno di noi si ammala, non sappiamo come curarlo”, dice Jenny.

Il merito dell'essere stati inseriti nel Piano Nazionale di Sviluppo e del riconoscimento come colombiani, va a Prorom (Proceso Organizativo del Pueblo Rom de Colombia), organismo formato da loro stessi, che si occupa dei diritti di queste 6.000 persone e dei rapporti tra le comunità e le autorità comunali e statali.

“Nel frattempo, molti di noi sono partiti per il Perù, gli Stati Uniti o l'Ecuador. Se la situazione continua a peggiorare, ci toccherà andarcene e la Colombia rimarrà senza gitani”, continua Jenny.

La sera si avvicina e un gruppo attacca a suonare canti in romanès e melodie orientali. Valentina balla, si muove e fa roteare le mani. Resta solo una domanda: com'è stato possibile mantenere la tradizione in tutto questo tempo? La risposta di Jenny è di una semplicità disarmante: “Non lo so, i bambini sanno di essere gitani, a loro piace e non facciamo niente per convincerli. Non è difficile, essere Rom è un orgoglio per tutti noi”.



Popolazione vulnerabile

Non vivono più nei carri, ma in case di cemento e mattoni: sono sedentari. Mantengono l'idioma, parente stretto del sanscrito, e osservano leggi proprie, amministrata e tramandata dalla kriss degli anziani. Si tramandano saperi e mestieri di generazione in generazione. Gli uomini artigiani del rame e commercianti di cavalli e scarpe. Il potere della casa poggia sugli uomini, mentre alcune donne si dedicano alla lettura della mano.

Dalila Gómez è una gitana fuori dagli schemi: ha studiato all'università per coordinare gli sforzi governativi per la scolarizzazione dei Rom. Si veste di seta, con colori vivi e monili. Secondo lei, il suo gruppo etnico si caratterizza per [un concetto di] frontiere più esteso di quello della società maggioritaria, però giudica importante l'impegno dello stato perché “prima di essere un gruppo etnico, siamo una popolazione vulnerabile, e cerchiamo che i politici si rivolgano a noi e ai nostri bambini in maniera etno-educativa”.

Vénecer Gómez, un giovane gitano che non differisce in niente da un qualsiasi studente universitario, riconosce che “ci sono molte storie attorno al popolo gitano. Alcune vere, altre totalmente false. Mi sono reso conto che questo era il momento di farci conoscere”.

Una decisione che l'ha portato a studiare diritto all'università di Bucaramanga. Dice che la cosa più dura è stata accettare il fermarsi per anni nello stesso posto. Ricorda di aver passato l'infanzia di villaggio in villaggio, e di aver frequentato le elementari in diverse scuole. “Mi stufa rimanere fermo in un posto” dice. Andai a a scuola con i documenti di viaggio sotto braccio. I miei genitori vedevano che non c'era lavoro e allora ci si spostava.

Gli ultimi gitani

Le tre sorelle Gómez vivono in casa nel barrio El Poblado di Girón (Santander). Condividono un grande salone ben arredato e con dei grandi divani che nessuno o quasi adopera. Il loro tempo trascorre sedute all'aperto, bevendo e osservando loro fratello Roberto che si fuma quattro pacchetti di sigarette al giorno. L'unica differenza con le vicine è quando rispondono al telefono, in romanès, perché nonostante il cognome e il tetto sulla testa sono gitane purissime.

Loro padre, Matei Bolochoc, arrivò in Colombia dal Venezuela all'inizio secolo. Proveniva da Parigi e si sposò con Ana Teotiste Santos una colombiana che così acquisì gli usi di uno dei popoli più antichi della terra.

Matei mutò il suo nome in Alfonso Gómez e assieme ad Ana Teotiste rapidamente si mise in marcia, rincorrendo con un carro trainato da cavalli i mezzi che da Medellín arrivavano a San Cristóbal, in Venezuela. Le sue figlie e Roberto, che poi avrebbe rifatto lo stesso mestiere con un camion Silverado e la sua famiglia, vissero quegli anni di polvere e pioggia come i più felici della loro vita. Lo conferma Consuela a mezza voce: “Arrivavamo in un paese e all'ingresso montavamo le tende. A volte durava giorni, oppure settimane. Tutto dipendeva se eravamo graditi al prete. Uno disse che eravamo ladri e malfattori, ci presero a sassate, ma non importava. Eravamo libero e potevamo sempre andare dove si voleva.” Il posto dove furono trattati meglio è stato Armenia. Gli abitanti del villaggio li accolsero nel mezzo di una tempesta, che ancora mette paura a ricordarla.

I nuclei principali di gitani si trovano nei quartieri Atalaya (Cúcuta), Galán, San Rafael, La Igualdad, Primavera, Puente Aranda, Nueva Marsella, La Francia y Patio Bonito (Bogotá), Santa María (Itagüí), Jardín (Cali), Santa Inés (Sogamoso) e naturalmente El Poblado, a Girón.

Nei dintorni di Bucaramanga, dove frequentemente piantavano gli accampamenti, si stabilirono quando la violenza nelle campagne fu tale da rendere impossibile il viaggiare oltre. Erano proprietari del miglior locale della zona, il Bar Nebraska, che aveva un'immensa barra tappezzata di rosso.

Oggi sono circa 150 i gitani che vivono in questa località della zona di Santander. La maggioranza di loro mostra sulle finestre un cartello “in vendita”, come simbolo del loro vagabondare. Nel momento di accendere la quinta sigaretta e con la terza tazza di caffé in mano in meno di venti minuti (questo li distingue da quelli arrivati dall'Europa Orientale, che consumano te nella medesima quantità), Roberto spiega il perché del cartello: “Serve a mantenere l'illusione che un giorno tutti potremo rimetterci in cammino un'altra volta”.

Lui, secondogenito di una famiglia di dieci, viaggia da solo. Qualche volta si sposta verso Boyacá, dove costruisce forni per fusione e scappa da suo figlio Venecer, che lo rimprovera preoccupato ogni sigaretta che si accende.

Occhi azzurri e statura considerevole, Venecer Gómez Fuentes appartiene alla seconda generazione di una famiglia che ha fatto la sua piccola fortuna sviluppando il mestiere tradizionale della forgia del rame. Frequenta il quinto semestre di Diritto nell'Università Industriale di Santander ed è portavoce ufficiale del popolo Rom, come loro si definiscono.

Venecer non ha viaggiato con le tende, però conosce il piacere e anche le scomodità che accompagnano l'essere nomade della sua famiglia. “Con la Silverado abbiamo percorso chissà quante strade, portando con noi solo i cinque piatti per mangiare. Ognuno aveva con sé un sacco di piume d'oca per ripararsi dal freddo e dalla pioggia”. Naturalmente parla il romanès e nelal stanza canta canzoni gitane che ha scaricato da internet. “La maggior parte sono tristi all'inizio, come questa: Zia, prestami il tuo grembo per riposare la mia testa pazza e stanca”.

Ma lo stesso è partecipe della tradizione. A 27 anni non è stato ancora protagonista di uno dei riti fondamentali: el abiao o matrimonio.

Per i gitani fondare una famiglia è uno degli scopi della vita e molti lo fanno in giovine età. Senza dubbio, le norme per sposarsi sono rigide. Gli uomini preferiscono sposare una donna della loro etnia invece che una gadyi. In compenso, le donne devono fidanzarsi con un gitano, pena l'espulsione dalla comunità.

In silenzio, Venecer sembra opporre resistenza a sposarsi. Il compito di portavoce che ha assunto lo ossessiona. Sa che se non lavorerà per i loro diritti, i gitani di Colombia spariranno definitivamente.


 
Di Fabrizio (del 09/12/2006 @ 10:16:20 in Kumpanija, visitato 1723 volte)

Da Mundo_Gitano

Alcune note sulla storia del popolo Rom in Colombia, per PROCESO ORGANIZATIVO DEL PUEBLO ROM (GITANO) DE COLOMBIA, PRORROM

Il 5 agosto 1998, nella kumpania di Girón (Santander), nel quadro dello storico incontro chiamato "Passato, Presente e Futuro del Popolo Rom di Colombia" sorse il Proceso Organizativo del Pueblo Rom (Gitano) de Colombia (PRORROM). Attualmente i Rom stanno lavorando intensamente perché il Governo Nazionale, con la partecipazione dei Rom stessi, costruisca un quadro giuridico che regoli le relazioni tra loro e lo Stato, attraverso la promulgazione di uno "Statuto di Autonomia Culturale per il popolo Rom di Colombia".

La presenza Rom in Colombia è più antica di quanto si creda. I Rom si incontrano in Colombia dall'epoca della dominazione ispanica in America.

E' stato stabilito che nel 1498, col terzo viaggio di Cristoforo Colombo, arrivarono i primi quattro Rom, conosciuti come egiptianos o egiptanos. Erano Antón de Egipto, Catalina de Egipto, Macías de Egipto y María de Egipto, che avevano commutato la condanna per omicidio in lavori forzati nelle galee.

Fu così che durante i primi anni dell'invasione spagnola iniziarono ad essere tradotti in maniera legale dalle imbarcazioni della Corona, molti Rom, svuotando in questa maniera le carceri iberiche, mantenendo nel nuovo mondo le loro vite ed usanze, cosa che allora in Spagna era considerato un grave delitto. Più avanti nel tempo, la legislazione coloniale cambiò radicalmente, arrivando a considerare i Rom come un cattivo esempio per i popoli indigeni, proibendo il loro ingresso nelle Americhe e ordinando la deportazione di quanti vi si erano stabiliti.

Nonostante i persistenti intenti della Corona spagnola di controllare l'immigrazione illegale, o come erano chiamati allora "llovidos", durante il primo secolo gli arrivi furono considerevoli, inclusi quanti arrivarono con autorizzazioni o con tutte le carte legali. Gli stratagemmi utilizzati dai "llovidos" per burlarsi dei controlli coloniali furono diversi e di una creatività infinita: dal cambio di nome e cognome, passando per la compera di false autorizzazioni, sino al farsi passare per nobili e burocrati. Si suppone che con questi artifizi arrivarono in quella che oggi è la Colombia, non solo stranieri, mori ed ebrei, ma anche un gran numero di Rom.

Parte della legislazione coloniale dell'epoca era indirizzata verso i cosiddetti "vagabundos". In questo senso sono abbondanti i riferimenti ai problemi ed inconvenienti che causano questi "vagabundos" che in gruppi familiari andavano da un luogo all'altro, senza domicilio fisso né lavoro conosciuto. Le descrizioni sui "vagabundos" si avvicinano alla vita itinerante e nomade dei Rom e questo porta a supporre che i Rom dell'epoca fossero catalogati in quel modo. Inoltre si trovano riferimenti ai Rom nei numerosi giudizi emessi dal Tribunale del Santo Ufficio, meglio conosciuto come Inquisizione. Sotto l'Inquisizione furono torturati e bruciati non solo cristiani convertiti, mori ed ebre, ma anche molti Rom [...]

I alcune regioni di Nueva Granada ci fu un fenomeno che la storiografia ha studiato sotto il nome di "arrochelados". Gli "arrochelados" erano un gruppo di persone che vivevano al margine della legislazione coloniale e che erano riusciti a costruire, in un cero senso, società alternative al sistema della dominazione ispanica. Una delle strategie di sopravvivenza di questi gruppi fu l'invisibilità, proprio come fu adottata dai Rom. Recenti studi storici hanno presentato una nuova visione dell'epoca coloniale che abbandona gli stereotipi secondo cui si è trattato di un'epoca ordinata e tranquilla. [...] Diverse regioni furono attraversate costantemente da gruppi nomadi ed itineranti: commercianti, "vagabundos" ed altre persone che si dedicavano ad attività differenti dalla coltivazione della terra.

A cosa si deve il fatto che le testimonianze storiche sui Rom in Colombia siano poche e talvolta inesistenti? Questa situazione è dovuta a due ragioni: La prima è che, date le incessanti persecuzioni di cui erano vittima in Spagna e in tutta Europa, si fecero ingenti sforzi per sparire come etnonimo. Ci sono diverse testimonianze dalla Spagna, che evidenziano come la Corona, nel suo affanno integrazionista e assimilazionista, proibisse espressamente l'utilizzazione del nome Gitano. D'altra parte, era logico che se esistevano proibizioni tassative della Corona all'ingresso e alla permanenza dei Rom nelle colonie americane, non ci fosse altra alternativa che rifugiarsi nell'invisibilità.

I Rom attuali, nella quasi totalità di nazionalità colombiana, tramandano attraverso la tradizione orale che la nostra presenza in Colombia data dalla metà del XIX secolo, in ogni caso prima che il paese adottasse il nome attuale. Questa tradizione orale è corroborata da quella di viaggiatori stranieri dell'epoca che menzionano la presenza di carovane di Rom che, con una certa frequenza, percorrevano la rotta Caracas-Bogotá -Quito-Lima- Buenos Aires.

Bisogna inoltre menzionare che la situazione sociale e politica tra il 1821 e il 1851 vide in Colombia diverse leggi abolizioniste che favorirono l'arrivo di diversi gruppi Rom dall'Europa dell'Est, dove vivono sottomessi o in schiavitù. Queste leggi abolizioniste stabilivano che chiunque arrivasse nelle nuove terre fosse immediatamente riconosciuto come persona libera e ciò portò all'arrivo di molti Rom in fuga verso la libertà.

Gabriel García Márquez ricrea nel famoso "Cent'anni di Solitudine" alcuni tratti significativi della storia del paese, in particolare della regione del Caribe. García Márquez ritenne che la ricreazione letteraria di parte della storia del paese senza la presenza dei Rom, sarebbe stata incompleta ed inesatta, per questo li pone come protagonisti invisibili della narrazione, che vanno da un paese all'altro, portando strumenti ed artefatti sconosciuti dal resto della popolazione del tempo. Molti dei gruppi familiari Rom che vivono oggi in Colombia sono, conseguentemente, discendenti dell'emblematico Melquíades.

La presenza dei Rom in Colombia cresce relativamente durane gli anni tra la prima e la seconda guerra mondiale, quando molti gruppi Rom fuggivano dagli orrori della guerra e dalle orde nazi-fasciste, seguendo le rotte di quanti arrivarono via mare nel XIX secolo.

Oggi, secondo quanto riportato dal censimento del 2005, la popolazione Rom in Colombia è di 4.832 persone, cioè lo 0,001% della popolazione totale. Senza dubbio i Rom sono molti di più e questa cifra non tiene conto dei Rom con nazionalità colombiana che si trovano incrociando di continuo le frontiere coi paesi vicini e quanti vivono all'estero.

Tramite PRORROM alcune nostre richieste sono state riconosciute formalmente dallo Stato colombiano. Tra queste le più importanti:

  1. Lo Stato riconosce i popolo Rom come gruppo etnico e transnazionale che è parte della Colombia, dato che abita nel paese da prima della Repubblica.

  2. Lo Stato riconosce che le disposizioni legali contenute nella Convenzione 169 del 1989 dell'Organizzazione Mondiale del Lavoro "Sui Popoli Indigeni e Tribali nei Paesi Indipendenti", si applicano estensivamente al nostro popolo, dato che la nozione di Tribale si adatta perfettamente al tipo di organizzazione sociale tradizionale dei Rom.

  3. Lo Stato riconosce che le disposizioni legali e costituzionali che proteggono i diritti dei popoli indigeni e afrodiscendenti, per simmetria positiva, siano estensive al popolo Rom.

I Rom chiedono un impegno allo Stato colombiano per il riconoscimento attuato dei diritti del nostro popolo, si traduca in politiche pubbliche che preservino la nostra integrità etnica e culturale, che migliorino i nostri precari livelli di vita attuali. Speriamo che le conseguenze del riconoscimento costituzionale della Colombia come paese plurinazionale comprendano il nostro popolo.

BIBLIOGRAFIA

  • JUANCARLOS GAMBOA MARTÍNEZ, ANA DALILA GÓMEZ BAOS, VENECER GÓMEZ FUENTES, et. al. Tras el Rastro de Melquíades. Memoria y Resistencia de los Rom de Colombia. PRORROM. Bogotá, D.C. 2005.

  • VENECER GÓMEZ FUENTES, JUANCARLOS GAMBOA MARTÍNEZ y HUGO ALEJANDRO PATERNINA ESPINOSA. Los Rom de Colombia: Itinerario de un Pueblo Invisible. Suport Mutu. PRORROM. Bogotá, D.C. 2000.

PRORROM

PROCESO ORGANIZATIVO DEL PUEBLO ROM (GITANO) DE COLOMBIA / PROTSESO ORGANIZATSIAKO LE RROMANE NARODOSKO KOLOMBIAKO

 [Organización Confederada a Saveto Katar le Organizatsi ay Kumpeniyi Rromane Anda´l Americhi, (SKOKRA)]

 ¿Dime, hombre,

 dónde esta nuestra tierra,

nuestros montes, nuestros ríos,

nuestros campos y bosques?


¿Dónde esta nuestra patria?

¿Dónde nuestras tumbas?

Están en las palabras,

en las palabras de nuestra lengua Romaní.


ESLAM DRUDAK

 
Di Fabrizio (del 29/12/2006 @ 09:41:08 in Kumpanija, visitato 2390 volte)

da Mundo_Gitano

I COLORI DEL NATALE* Por: JUAN CAMILO MALDONADO T.

[Il Natale] in casa di Dalila Gómez sarà una storia differente. Come membro della comunità Gitana di Bogotà, celebra col saviaco, una pasta di zucchero e grano e sarma, una sorte di piccoli involtini con riso e ragu, avvolti in foglie di cavolo o di vite.

Sono piatti per giorni speciali, anche se Dalila afferma che i Gitani praticano tutti i giorni l'essenza del Natale. "Quello che tutti fanno in questa settimana, noi la facciamo durante tutto l'anno" dice riferendosi all'importanza che ha la solidarietà e, nelle sue parole, il "concetto di collettività".

Il Natale per i Gitani ha un'importanza ulteriore: "A noi importa [...] ripulire il corpo e l'anima" racconta Dalila e non mancheranno purificazioni con sandalo, eucalipto o cannella, sorseggiando un te alla frutta rilassante.

Alle dodici della notte [...] Dalila andrà di casa in casa, imitando così il deambulare della sua gente.

[...] Non importa se si va di casa in casa o di isolato in isolato, se si balla, ci si purifica o si riflette. Quello che hanno in comune i natale bogotani è la storia che raccontano: una famiglia che si riunisce a celebrare un sentimento condiviso. Così lo intese il vecchio Scrooge, nella Canzone di Natale di Dickens, una festa che riunisce i cuori e celebra la vita e che rende straordinaria una notte qualunque, che si sia ricchi o poveri, che si sia bianchi, neri o gialli, una notte straordinaria.

Tomado de: El Espectador. Semana del 24 al 30 de diciembre de 2006. Bogotá, D.C. P. 2A.

 
Di Fabrizio (del 16/02/2008 @ 09:36:34 in Kumpanija, visitato 2307 volte)

Da Mundo_Gitano

[...] Dalila Gómez, ex candidata al Senato per il Polo Democrático Alternativo (PDA) è una giovane e bella gitana colombiana che, come succede con le minoranze più antiche, proietta la sua azione politica cercando migliori destini per il suo popolo, visibilità e riconoscimento con equità in un paese che perorala politica del dialogo per ottenere la pace.

Quali obiettivi animano la sua presenza nel Polo Democrático Alternativo?

Il popolo intende essere interculturale in una società maggioritaria a volte ostile ed escludente e cerca di vivere questa interculturalità vivendo questi aspetti positivi delle altre culture per rafforzare la sua propria.

Dentro questa interazione c'è il vincolo al Polo Democrático Alternativo, precisamente per le coincidenze che ha il mio popolo nella sua essenza con l'Ideario de Unidad del Polo. Importante è ciò che vediamo su come dev'essere la vita di comunità, con principi, con valori, con la difesa della vita stessa, della diversità, con principi. Questo è quel che vediamo nel PDA.

Pensiamo che tramite il Polo possiamo sottolineare un primo elemento fondamentale che è la visibilità del popolo gitano. In secondo luogo dimostrare alla gente chi siamo realmente, perché a volte come siamo, impregnati di un'essenza anarchica, ci contestano l'essere vincolati ad un partito politico. Dobbiamo quindi affermarlo, facciamo così, primo perché è un partito progressista, secondo, perché avere una condizione etnica non ci preclude al diritto della partecipazione politica, dove possiamo decidere senza che altri lo facciano per noi.

Istruzione pertinente e di qualità

Quali iniziative porterete per combattere la discriminazione e per ottenere visibilità e partecipazione come popolo?

Noi registriamo la discriminazione verso il nostro popolo in Colombia nel disegno delle politiche pubbliche, perché queste sono generalmente per tutti, è molto differente disegnare una politica pubblica per un gruppo etnico che per la società maggioritaria. La società gagia, maggioritaria, ha molte opportunità senza rinunciare al proprio patrimonio culturale, come succede nel nostro caso. Uno degli elementi omogeneizzanti è precisamente quello dell'istruzione.

Lo Stato è il primo discriminatore del popolo gitano, perché non esiste un referente dal punto di vista educativo per verificare se stiamo ricevendo un'istruzione di qualità. Necessitiamo di referenti dal punto di vista gitano. Predomina in Colombia un sistema d'istruzione dove non esistiamo nella storia. Ci sono una serie di elementi che si scontrano con l'essenza gitana come le gerarchie ed i tempi. Noi misuriamo l'autorità da altri punti, misuriamo altri tempi, l'organizzazione è praticamente piana. Nel popolo Rom tutti comandano a casa loro. Tutti sono patriarchi e le decisioni si prendono attraverso un'istanza collettiva.

Soluzione politica con molto dialogo

Dal punto di vista gitano, che soluzioni vedete al conflitto colombiano?

La pace, e le soluzioni che si possono dare a questo conflitto sembrano come se avessero un nome proprio, come se avessero un padrone. Se noi siamo in un paese come la Colombia, dobbiamo cercare uscite e cercare la pace tanto anelata, perché la parola pace si è deteriorata nei tempi e limiti che le competano, così che questa situazione si veda riflessa in molteplici aspetti che incidono contro, da quello politico, all'economico, al sociale. Consideriamo che come gruppo etnico e anche con gli indigeni e gli afrocolombiani, possiamo proporre importanti alternative per risolvere il conflitto ed ottenere la riconciliazione dei colombiani.

Un passo importante è il ritorno a valori come la vita, la collettività, la sensibilità sociale. Non siamo isole, e questo implica lo scollamento del materiale. Il conflitto consiste nel controllo del territorio, lì dove ci sono ricchezze e diversità. Occorre trovare una soluzione politica attraverso molto dialogo: riscattare il valore della parola.

Noi siamo un popolo di tradizione orale e mai abbiamo avuto bisogno di firmare documenti o altre cose simili per stabilire una coerenza tra quanto si pensa, si dice e si fa. Molte volte si pensa una cosa, se ne dice un'altra e se ne fa un'altra distinta, questo produce uno choc. La soluzione al conflitto passa per la negoziazione e come sempre occorre equilibrare gli interessi delle parti per raggiungere la soluzione.

La proposta Rom al Polo Democrático Alternativo

Si è pensato a materializzare l'iniziativa Rom in un progetto di legge?

Abbiamo una proposta presentata al Comitato Esecutivo Nazionale dal Polo Democrático Alternativo, dalla sa branca parlamentare, che si riassume in un progetto di legge simile alla Ley Gitana, qualcosa che si avvicina alla Legge 70 del 1993 per le comunità indigene. Vogliamo sviluppare l'articolo sette della Costituzione, dove recita che questo è un paese plurietnico e culturale, dove fare azioni informative per quanti siano stati discriminati attraverso la storia.

State organizzando la celebrazione del Giorno Internazionale del Gitano, cosa perseguite con questo evento?

Vogliamo pubblicare un libro, se l'Istituto della Cultura e Turismo ci dirà sì, e così l'8 aprile, Giorno Internazionale del Gitano, potremo lanciare la pubblicazione che sarà presentata dagli autori. Con la celebrazione del Giorno Internazionale del Gitano cerchiamo soprattutto la visibilità, farci sentire. E' un atto politico e culturale, nel quale con i fatti facciamo sentire che viviamo in questo paese, che siamo anche colombiani e che è importante lottare per compensare questo debito storico che si ha con la nostra comunità, in particolare con Bogotà, una delle nostre città preferite che amiamo molto e perché siamo contenti qui, e partendo dal nostro processo ci siamo dati molti strumenti a livello nazionale ed internazionale.

Por: Álvaro Angarita - Periodista y sociólogo

Tomado de: http://colombia. indymedia. org/news/ 2008/01/78661. php
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Di Marylise Veillon (del 13/09/2010 @ 09:32:42 in Kumpanija, visitato 1645 volte)

Da Mundo_Gitano

Radio Nederland Wereldomroep Publicado el: 5 de septiembre 2010 - 7:00 de la mañana | Por María Isabel García (http://www.informarn.es)

Mentre a Bruxelles la Commissione Europea studia le recenti espulsioni verso la Romania e la Bulgaria accadute in Francia, la Colombia riconosce il popolo Rrom come patrimonio ed espressione della pluralità culturale ed etnica, consacrata dalla costituzione.

Non si vedono più le tende nella periferia delle città, come successe a Macondo, quando ogni anno, durante il mese di marzo, arrivava Melquiades con le sue invenzioni e i suoi prodigi come attrazioni, che per un momento fecero pensare ad una di quelle di José Arcadios, della saga inventata da Gabriel Garcia Marquez, con le quali si avrebbe potuto attirare l'oro; né l'immensa lente d'ingrandimento con la quale un altro dei Buendia credette d'iniziare le guerre solari.

Nei quartieri di Bogotà, Puente Aranda, Santa Isabel, El Sol, Galan, Camelia e Ciudad Montes, è frequente incrociare delle donne con i loro vestiti lunghi e colorati, talvolta con una sciarpa legata ai fianchi e lunghi orecchini. Sono Gitane, che abitano come una volta nei dintorni della capitale colombiana, dove si calcola ci siano 60 famiglie gitane, circa 700 persone, dei cinquemila che si stima risiedono in tutto il paese. Cucuta, alla frontiera nord con il Venezuela, è la città con la maggiore concentrazione di membri del popolo Rrom. Gli uomini non si distinguono molto nel loro abbigliamento, generalmente indossano vestiti scuri, anche se caratteristici a secondo del loro mestiere: forgiatura dei metalli, o allevamento e scambio di cavalli.

Riconoscimento

"La comunità gitana è uno dei multipli gruppi umani che vivono a Bogotà e che grazie a le sue manifestazioni artistiche rinforza la diversità del patrimonio culturale intoccabile della città", affermò domenica scorsa (29 agosto 2010), il Sindaco della capitale, Samuel Moreno, a una festa gitana, durante la quale annunciò che, all'occasione di un prossimo incontro sperava di firmare un documento relativo alla Politica Pubblica per i Rrom.

In questi giorni, il popolo Rrom di Colombia celebra l'emissione del decreto 2957, che riconosce loro caratteristiche specifiche nonché il loro contributo "al processo di formazione della nazionalità colombiana e come parte del patrimonio etnico e culturale della nazione" secondo Moisés Mediano, rappresentante delle popolazioni al Ministero della Cultura.

L'eccezionale Dalila

Nativa di Bogotà e cittadina del mondo, Dalila Gomez la quale si definisce come una "ribelle con i gitani", è un ingegnere industriale con studi di amministrazione pubblica. Questo è piuttosto eccezionale nella sua comunità, fortemente tradizionalista in quanto al ruolo della donna, il quale si svolge prevalentemente all'interno del nucleo famigliare. Tuttavia, lei è visibilmente a capo del processo che già da una decina di anni, ha iniziato a liberare il popolo Rrom alla ricerca di un riconoscimento legale. Ha dato l'impulso e seguito i lavori che portarono parzialmente al culmine, il 6 agosto 2010, con l'emissione del Decreto che lo riconosce come comunità etnica con un'identità, la cui forma di organizzazione sociale e la lingua propria hanno definito storicamente le sue istituzioni politico-sociali.

Dalila riferisce che le strategie di incidenza politica si concentrarono nel rendere la comunità più visibile, tramite i mezzi di comunicazione e per mezzo della presenza in distinte istituzioni dello stato e della società.

RN. Quali saranno i piani maggiormente decisivi per il futuro?
DG. Il più importante è di concretizzare le azioni che sono state pianificate dal punto di vista normativo, per trasformare le realtà negative e migliorare le condizioni di vita del popolo Rrom.

RN. Si stima che in Colombia la comunità Rrom integrata sia di cinquemila persone. Dove si localizzano, benché nomadi?
DG. In Colombia abbiamo le Kumpanias, gruppi patriarcali, famigliari, stabiliti nei quartieri di alcune delle grandi città, considerando che la maggior presenza gitana si registra in Cucuta, Giron, Barranquilla, Cartagena e Bogotà.

RN. A quando risale la presenza dei gitani nel paese?
DG. Secondo i registri dell'Archivio dell'India, i primi gitani arrivarono in America all'epoca del terzo viaggio di Cristoforo Colombo. Fino alla fine del XVIII secolo erano chiamati "arrochelados" o "llovidos", e si integravano con degli schiavi sfuggiti e indigeni che non si sottomettevano alle leggi coloniali. Nuove ondate di immigranti arrivarono quando fu stabilita la Repubblica, e poi durante la prima e la seconda guerra mondiale. Recentemente, più che arrivare, vanno via dei gitani, in quanto a causa del conflitto interno, la Colombia non è un paese adeguato per ospitarli.

RN. Sono persone di armonia e di pace.
DG. Siamo un popolo pacifico, non abbiamo nessun eroe riconosciuto, né odi tramandati, il che si traduce in un grande amore per la vita, e questo fa si che abbiamo un concetto del tempo e della libertà, molto particolare, differente di quello della maggioranza delle società nei vari paesi, dove si legifera per i sedentari e si hanno forme rigide per il controllo della gente, dell'essere umano.

RN. Come vede la persecuzione della quale sono stati oggetto i gitani, in Europa e in Francia?
DG. I gitani in Europa, equivalgono agli indigeni in America, perché sono discriminati, c'è il genocidio etnico, alto tasso di mortalità infantile, i loro figli sono considerati a scuola come dei disabili. Perché un gitano possa eccellere in Europa, deve riempire più condizioni del normale, in quanto c'è molto razzismo. Quello che vediamo ora in Francia, un paese notoriamente liberale, il quale fece la rivoluzione per promuovere i diritti di tutte le persone, è una retrocessione; stanno dimostrando che ritornano al nazismo, come durante la seconda guerra mondiale. Al contrario, nel nostro paese, considerato del terzo mondo, malgrado i nostri conflitti e i nostri problemi, stiamo dando un esempio di civiltà. Inoltre abbiamo una ferma volontà di convivere con gli altri gruppi e culture.

Saluto romanì

E in segno di fratellanza, Dalila rivolge un saluto in lingua romanì, che tradotto significa:

"Saluto e libertà per tutti i gitani del mondo; stiamo passando attraverso un momento di crisi, speriamo che tutto si aggiusti, pensiamo che valgano più la ragione dell'essere umano per cercare il dialogo tramite la parola, e la saggezza. Basta essere preparati, si tratta di dimostrare al mondo che siamo esseri umani e che meritiamo di vivere su questo pianeta."

 
Di Fabrizio (del 09/05/2011 @ 09:26:08 in Kumpanija, visitato 1590 volte)

Da Mundo_Gitano (altro su Dalila Gomez)

EL MUNDO.es Por: Anna Viñas* - 16 aprile 2011
* Giornalista e sta girando il mondo per descriverci la situazione della donna nei cinque continenti

Dalila vive una contraddizione. Si definisce innanzitutto una gitana, ama il suo popolo e le sue tradizioni, e pertanto si veste da gitana, vive nel suo gruppo e ne parla l'idioma, il romanés. Però proprio per amore alla sua "kumpania", il nome che riceve la comunità in romanés, ha rotto con la maggior parte degli archetipi che limitano la donna gitana. E' ingegnere industriale, ha lavorato per l'amministrazione colombiana, ed il consiglio dei patriarchi della comunità -un'istituzione vietata alle donne- non  prende nessuna decisione senza prima consultarla. "Io faccio sempre quel che voglio", assicura. Non è poco. Il suo obiettivo: lottare per i diritti del popolo rom.

Il suo cammino verso la ribellione iniziò a 18 anni, quando decise che voleva andare all'università. Contravvenendo ai desideri di tutta la famiglia, preoccupata più di ogni altra cosa che si sposasse, Dalila si è laureata grazie al denaro guadagnato leggendo la fortuna alle sue compagne di corso. "Mio padre non voleva che studiassi e mi diceva che se l'avessi fatto sarei diventata una gagì (paya), che all'università si apprendono cose cattive, come la droga o la prostituzione."

Come poche gitane in Colombia, Dalila non si è sposata a 15 anni, non è rimasta incinta ed è riuscita a diventare ingegnere industriale specializzata in gestione e pianificazione dello sviluppo. Passata attraverso diverse imprese, facendosi passare come occidentale per paura delle discriminazioni, sino ad arrivare all'amministrazione pubblica, dove ha iniziato a lavorare per i diritti del suo popolo. Il suo impegno si è materializzato in un decreto che riconosce i gitani come gruppo etnico colombiano, presente nel paese dall'epoca coloniale ed in un censimento. " Già ora siamo una variabile di cui tenere conto nel bilancio, dato che il popolo gitano deve affrontare diverse sfide. Una di queste è di attuare politiche di prevenzione nella salute, perché culturalmente i gitani non ci pensano. Un'altra sfida è la scolarizzazione dei bambini, che molto presto abbandonano la scuola perché i loro modelli culturali non rientrano nel sistema educativo omologante della società occidentale." Di fatto, si calcola che in Colombia il 70% dei bambini gitani non abbia mai messo piede in una scuola.

La maggior parte dei problemi rispondono a blocchi culturali, e Dalila lo ha sperimentato nella storia della sua vita. Durante i primi anni di scuola ricorda di essere stata una bimba segnalata per le sue "strane" abitudini e per il suo modo di vestire. "Non  parlavo bene il castigliano ed avevo uno strano accento perché in famiglia si parlava il romanés. Inoltre, i miei compagni di classe non capivano perché non avessi una casa e vivessi in una tenda." Era l'obiettivo degli scherzi, ma lei voleva lo stesso completare gli studi. Inoltre dovette adattarsi ai nuovi modelli di autorità. "Ero molto ribelle perché non capivo che il professore dovesse comandarmi. Nella kumpania solo il patriarca ha l'autorità sugli altri ed i bambini sono sempre molto liberi."

La libertà è uno dei valori più apprezzati dal popolo gitano, che si dichiarano libertari. Non vogliono [...] padroni, non accettano la routine, né essere schiavi del tempo. "Viviamo nel presente, nel qui e ora. Non ci occupiamo del passato, e questo in parte ci pregiudica perché non reclamiamo giustizia. Non abbiamo capitalizzato l'Olocausto come gli Ebrei." Non si preoccupano neanche del futuro, da qui il disinteresse alla prevenzione o al risparmio. "Se abbiamo soldi li spendiamo o li condividiamo con gli altri," dato che la loro concezione di vita è collettiva.

Distaccati dalla materia e dal territorio, i gitani sono nomadi per concezione di vita, anche se oggi è un'opzione difficilmente realizzabile a causa delle frontiere, e in Colombia dal conflitto armato. "Anche se la guerra genera il fenomeno dello spiazzamento in molte vittime, noi soffriamo il confinamento. Dentro un territorio ci sentiamo sequestrati, e questo influisce sulla nostra qualità di vita."

Tuttavia, la mobilità è il loro livello mentale. Ed è quello che da vita a Dalila. "Quando lavoravo per l'amministrazione, mi offrirono un posto fisso ma rifiutai. Non era per me." Tuttavia, il lavoronon le è mai mancato, e quindi lei èil supporto economico della sua famiglia allargata, con 20 membri. "Mio padre ed i miei fratelli non hanno un'entrata stabile, perché sono artigiani del rame e non vendono molto. Io sostengo tutti e loro sono orgogliosi di me per il mio lavoro."

Tuttavia, in precedenza era una donna perseguitata dai patriarchi della comunità, ed era a rischio di essere esclusa dal suo lavoro pubblico in difesa degli interessi del popolo gitano. "Mi giudicavano e mi accusavano di voler rimpiazzare gli uomini. Non accettavano che prendessi il comando."

Proprio la mancanza i rappresentanza delle donne e la loro assenza negli organi di potere, è per Dalila un'altra delle sfide che deve affrontare il popolo rom. "Dobbiamo cambiare in alcune cose, per esempio il nostro accesso all'istruzione superiore, se vogliamo essere in una situazione migliore." Tuttavia, sottolinea che "questo non significa che dobbiamo cambiare la nostra maniera di essere."

Si riferisce ai lignaggi patrilineari che organizzano il gruppo, e alla differenziazione tra uomini e donne, che dice "si prendono cura di loro." Per Dalila questo non è maschilismo. "I gitani hanno imparato ad essere maschilisti dalla società occidentale, non dalla nostra cultura," assicura. "Vedo il maschilismo come una questione del capitalismo, in cui gli uomini vogliono possedere le donne, però per i gitani non è una questione di possesso, ma di rispetto."

Dalila intende preservare l'essenza gitana immergendola nei nuovi tempi, e ha iniziato l'esperimento con la sua stessa vita. Ha cambiato il suo destino di donna gitana studiando, pianificando e investendo nel suo futuro per essere autonoma, ed è riuscita a farsi ascoltare dagli organi di comando della sua kumpania. Dalila ha rotto con gli schemi del popolo gitano, al fine di preservarli. Sembra questa stessa una contraddizione, però la vita ne è piena.
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PRORROM
Proceso Organizativo del Pueblo Rrom (Gitano) de Colombia
Correo-e: prorrom@gmail.com

“Yo no se qué tristeza o qué alegría me producen estas aves errantes a quienes amparan el sol y la luna y el cielo y las estrellas y los árboles. Tristeza de irse a todas horas. Alegría de renovar el horizonte a cada que los pájaros cantan al alba. Alegría de no pesar sobre la tierra más de lo que pesa una yerba. Tristeza de no tener Patria, ni raza, ni alero nativo” / (Tic Tac: 1913)

 
Di Fabrizio (del 21/08/2008 @ 09:21:54 in Kumpanija, visitato 1723 volte)

Da Mundo_Gitano

ELTIEMPO.COM vida de hoy I bambini gitani in Colombia convivono tra la modernità ed i loro costumi ancestrali Por: JOSÉ ALBERTO MOJICA P.

Foto: Claudia Rubio / EL TIEMPO Nella casa di Geraldín, in un quartiere della zona 3 a ovest di Bogotá, vivono 23 persone. Suo papà è un artigiano del rame

A Bogotá passano inosservati perché sono immersi nella società. Dicono che qui stanno meglio che in altri paesi dove sono perseguiti. Cronaca

"Sì, sono Gitana", confessò Geraldín Gómez davanti ai suoi compagni di classe, quando un'insegnante le chiese se era vero quello che si commentava nella scuola, Questo successe appena un mese fa.

"Non l'avevo detto prima perché, anche se non è un segreto, non è neanche da raccontare a tutti", dice la ragazza, 12 anni, studente di quinta della primaria.

Le sue amiche, stupite, le chiedono con curiosità se vive nelle tende, come mostrano le telenovelas e le pellicole, e poi le han chiesto di leggerle la mano.

Anche se ha ereditato le tradizioni della sua cultura millenaria dai suoi genitori e dai nonno, e domina la lingua del popolo Rom, la chiromanzia non le piace. Di più, chiarisce che si tratta di arte con cui si nasce e che lei non possiede.

Geraldín è quasi una donna, di più: una bella donna. E questo preoccupa sua padre, un uomo forte che, come la maggioranza dei maschi Gitani, si guadagna la vita come artigiano del rame.

E' uso sposarsi a 15 anni

In casa sua, dove vivono 23 persone, in un quartiere della zona 3 a ovest di Bogotá, condivide una stanza con fratelli e genitori.

Per l'età e la bellezza di Geraldín, il padre confessa di pensare di ritirarla da scuola. "Lo studio va bene, però fuori, con i 'gadzhe' (non Gitani), può perdere le sue tradizioni. Inoltre, è quasi una donna e gli uomini possono infastidirla", sostiene.

E oltre al futuro, che spera per sua figlia, come comandano le leggi del popolo Rom, è che a 15 anni abbia già una famiglia, con un uomo della sua comunità.

Però lei, come in molti di questi tempi, la pensa diversamente. E questo, secondo Dalila Gómez, Coordinatrice Generale del Processo Organizzativo del Popolo Rom di Colombia (PRORROM) - che cerca di garantire i diritti collettivi del suo popolo - si è convertito in un problema.

"Anche se hanno ereditato l'idioma ed i costumi, è impossibile pretendere che siano uguali ai Gitani di altre epoche. Vivono una dualità: tra il mistico ed il mondo contemporaneo", sostiene Dalila, una delle poche Gitane in Colombia che hanno una professione precisa. E' ingegnere industriale e lavora per lo Stato.

Ha dovuto confrontarsi coi suoi genitori e con tutta la comunità quando decise che, invece di sposarsi così giovane, voleva studiare.

Oggi non è solo la leader più visibile del popolo Rom nel paese, ma si è convertita in un modello per i giovani.

Il suo mondo è il moderno

Dalila aggiunge che, da circa due decadi, i bimbi Gitani non hanno vissuto la vita itinerante dei loro antenati, che il tema della chiromanzia e dell'artigianato non li emoziona, e che le tendenze attuali come la musica e Internet sono parte della loro quotidianità.

Nonostante, Geraldín afferma che i bimbi Gitani in Colombia sono fortunati, rispetto ai loro coetanei in Europa.

Da poco, si è interessata alle notizie dall'Italia dove si è generata una polemica sulla proposta del Governo di questo paese di prendere le impronte digitali ai bambini di questa etnia al fine di evitare che mendichino.

Ed ha saputo anche che due bambine Gitane sono morte affogate in una spiaggia italiana, di fronte allo sguardo indifferente dei turisti. "Questo è inumano, e assurdo. Siamo persone come le altre, non una piaga come molti ci vedono", dice.

Geraldín rispetta le intenzioni di suo padre, però spera che comprenda che i tempi sono cambiati e che lei può ottenere una professione senza smettere di essere Gitana, come ha fatto Dalila, sua zia. Tanto che vuole montare una propria accademia di danza ed essere cantante, mentre va all'università.

"Nessuno sa cosa può succedere col futuro della bimba, però io l'appoggio. Voglio che studi e abbia una vita migliore. Essere Gitano, andare da un posto all'altro, non avere nulla, è molto difficile", dice sua madre, Miryam.

Geraldín sa che ha davanti una lotta ferrea col suo destino. Non vuole ripetere la storia di sua madre, vuole diventare un professionista, senza smettere di essere una buona Gitana.

"Il futuro per i Gitani non esiste. Il futuro è oggi e ora. Aspettiamo di vedere cosa succede quando arriva il momento di decidere", dice.

Qui vivono in 5.000

In Colombia, secondo il censimento del 2005, vivono circa 5.000 gitani. Di questi, 1.446 sono minori. Sono considerati come etnia dallo Stato dal 1998.

Gli uomini vivono del commercio informale, dell'artigianato dei metalli e del rame e della riparazione di macchine pesanti. Le donne si dedicano alla chiromanzia, al cucito ed alla cura della casa.

I gitani sono originari del nord dell'India. La loro presenza in Colombia iniziò nel XIX secolo. Arrivarono in America Latina col terzo viaggio di Colombo.

Bogotá, D.C., 16 de agosto de 2008. Redacción Vida de Hoy. El Tiempo.

 
Di Martina Zuliani (del 10/05/2014 @ 09:05:46 in scuola, visitato 2463 volte)

di Una Čilić, Aida Halvadzija, Erna Dželilović - Fonte: International Justice - ICTY

La discriminazione, la povertà e i problemi della comunità rendono difficile il successo ai giovani rom.

Nehrudin Cikaric aiuta un bambino in matematica al centro diurno per bambini in situazioni di vulnerabilità (Foto: Una Čilić)

Haris Husic, ora 23enne, ricorda con chiarezza come venne bocciato al suo compito di matematica, all'età di dieci anni, nonostante fosse assente il giorno in cui si svolse.

Quando chiese all'insegnante quando avrebbe potuto dare il compito, lei gli rispose che gli aveva già dato l'insufficienza.

"Le chiesi come fosse possibile, visto che non ero nemmeno andato a scuola ma lei mi disse 'non importa, la prossima volta prenderai un voto migliore'" ricorda.

 Storie di transizione: Nehrudin - Video di Una Cilic, Aida Halvadzija ed Erna Dzelilovic da Sarajevo.

Più avanti, Husic seppe che, quando gli mise l'insufficienza, la maestra commentò "Quand'è che finiranno la scuola?"

"Loro" significa i rom, una minoranza impoverita in Bosnia ed Erzegovina (BiH), trovatasi ai margini della società e oggetto di forti pregiudizi.

Husic, che vive nella piccola cittadina di Visoko, vicino alla capitale bosniaca, sta ora studiando lingua e letteratura tedesca all'università di Sarajevo.

Dice di essere spesso incappato nell'intolleranza, spesso basata sulla credenza che i rom siano tutti ladri.

"Non mi vergogno delle mie origini" dice "Per me, tutte le persone sono uguali e non le differenzio in nessun modo. Do sempre il meglio di me stesso per trattare tutti bene, attitudine che mi ha aiutato a superare i miei problemi con la discriminazione."

Non avendo entrate fisse in casa, Husic usufruisce di una borsa di studio mensile di 100 marchi bosniaci (70 $) datagli dal Fondo per l'Educazione in Bosnia ed Erzegovina per coprire le sue spese giornaliere ed alimentari.

"Non è facile ma non mi arrenderò mai. Darò il mio meglio per finire gli studi, anche se dovessi camminare ogni giorno da Visoko a Sarajevo." dice.

Nonostante le attuali disposizioni del governo per aiutare i rom, il pregiudizio diffuso e le tradizioni conservative della comunità stessa fanno si che vi siano pochi progressi.

BASSI LIVELLI DI ISCRIZIONE ALLA SCUOLA SECONDARIA
L'educazione, soprattutto, è uno dei campi in cui i rom ancora non hanno risultati.

Secondo i dati del Ministero per i Diritti Umani e i Rifugiati, vi sono 17.000 rom registrati in Bosnia-Erzegovina, anche se il numero reale è supposto essere il doppio, visto che molti non hanno documenti di identità.

Secondo un report pubblicato dal Ministero vi sarebbero stati 3.000 bambini rom frequentanti la scuola primaria nell'anno scolastico 2011/12, mentre solamente 243 avrebbero frequentato la scuola superiore quello stesso anno.

"Uno dei principali problemi dell'educazione dei bambini rom, oltre alla povertà, è che l'istruzione non è molto valorizzata dalla società rom" dice Dalibor Tanic, un giornalista rom che lavora per Start magazine "La media dei genitori rom pensa che sia più importante per i loro figli aiutare nelle entrate economiche della famiglia, piuttosto che perdere tempo a scuola."

"L'altro problema è che, per un bambino rom con genitori illetterati, risulta molto difficile andare bene a scuola. Faticano a stare al passo con gli altri bambini, che hanno frequentato l'asilo - cosa molto rara nella comunità rom - e i cui genitori possono aiutarli nello svolgimento dei compiti per casa."

Alcuni giovani rom fuggono dalla loro comunità e dalle loro tradizioni per poter partecipare in pieno alla società civile bosniaca.

"ROM ED ORGOGLIOSA DI ESSERLO"
Aldina Fafulovic, un'attivista di 24 anni, dice che molti rom evitano di dichiarare le proprie origini per evitare discriminazioni.

"Sappiamo tutti che vi sono dei giovani universitari che si vergognano di dire di essere rom e che decidono di nascondere le loro origini per evitare di essere visti come diversi dai loro compagni di corso" dice.

Fafulovic, comunque, è determinata a non lasciare che questo stigma influisca sulla sua vita.

"Sono rom ed orgogliosa di esserlo. Non mi vergogno di dirlo" dice.

Fafulovic è attiva nella comunità rom dall'età di 13 anni, quando il suo interesse venne acceso durante la partecipazione ad un seminario sui problemi dei rom a Spalato, in Croazia, al quale partecipo assieme al padre.

"Quando ebbi 20 anni, ebbi l'opportunità di partecipare ad una conferenza mondiale sull'HIV/AIDS in Austria, dove incontrai persone provenienti da tutto il mondo, dall'Africa, dall'Asia, dall'Europa e dagli Stati Uniti" dice "Ebbi l'onore di partecipare a quella conferenza e di dire 'sono rom e lotto per i diritti della mia gente.'"

Fafulovic è stata la prima donna rom ad iscriversi al corso universitario per educatori dell'università di Sarajevo e la prima rom ad andare a vivere nel dormitorio universitario.

È diventata specialista rom per la missione OSCE in Bosnia-Erzegovina ed è ora membro e fondatore dell'associazione Mladi Romi (Giovani rom).

Il gruppo si dedica alla preservazione della cultura rom e, altresì, all'educazione dei giovani rom a Vitez, città della Bosnia centrale, casa di circa 125 famiglie rom per un numero totale di circa 500 persone.

Fafulovic è anche una degli assistenti rom del progetto Vrtic za Sve (Asilo per tutti), mirato a supportare i bambini in condizioni di vulnerabilità.

"Molte persone, quando vedono un rom che chiede l'elemosina, pensano che tutti i rom siano uguali" dice Fafulovic "Fortunatamente, non è così, perché solamente nel nostro villaggio (Sofa) 85 bambini frequentano la scuola primaria, 12 la scuola superiore e 2 di noi l'università"

Ma Fafulovic dichiara di aver dovuto affrontare l'opposizione della sua stessa comunità, in cui molti leader rom vedono i giovani attivisti come un affronto alla loro posizione.

"Nonostante ciò, sono riuscita ad ottenere qualcosa tramite il mio lavoro" continua "L'anno scorso ho organizzato la donazione di 250 zaini contenenti materiali scolastici utili per tutti i bambini a rischio della zona di Vitez."

Aldijana Dedic, 26 anni, dice che la discriminazione è sempre stata parte della sua vita. Suo padre è rom e sua madre bosniaca musulmana.

"Le persone mi trattano diversamente quando scoprono che mio padre è rom" dice "ogni volta che ho lavorato, anche se con successo, ho sempre sentito le persone dirmi alle spalle 'sappiamo di chi è figlia, è la figlia di quello zingaro.'"

Dedic, che ha svolto il tirocinio come esperta rom all'OSCE e alla Commissione Europea in Bosnia-Erzegovina, pensa che il pregiudizio contro i rom esisterà sempre, non importa quale livello di educazione e quali professioni essi otterranno.

"Viviamo in un ambiente nel quale la comunità internazionale ha ancora da affermare che i rom debbano essere inclusi nella società" dice.

SUCCESSO LIMITATO DELLA POLITICA D'INCLUSIONE
Nel 2008, la Bosnia-Erzegovina ha aderito ad un'iniziativa internazionale volta a migliorare le condizioni di vita dei rom.

Il Decennio per l'Inclusione dei Rom 2005-2015 ha riunito governi, organizzazioni non-governative e la società civile rom nello sforzo di eliminare il gap tra la comunità rom e il resto della società.

Venti Paesi hanno preso parte all'iniziativa, che si focalizza su istruzione, lavoro, salute e abitazione e che impegna i governi del prendere misure nei campi della povertà, della discriminazione e delle questioni di genere.

Sanela Besic, coordinatrice del Centro Informativo Rom di Sarajevo Kali Sara, dice che il Decennio per l'Inclusione dei Rom ha portato a definire chiaramente i documenti politici, redatti per la prima volta, col Consiglio dei Ministri e allocanti 3 milioni di marchi bosniaci (2.1 milioni di dollari) per la sua implementazione in questo anno.

Il successo più evidente è stato nel campo abitativo con 400 case ed appartamenti costruiti per i rom per un costo di circa 12 milioni di marchi bosniaci.
Comunque, solo 250 rom hanno finora trovato lavoro tramite del iniziative delil Decennio, iniziata in Bosnia nel 2009.

"Molte famiglie rom non hanno ancora una casa, accesso alle cure mediche, nemmeno un'alimentazione sufficiente" dice Besic, e aggiunge "È questo che bisognerebbe cambiare nelil Decennio. Le famiglie in condizioni di povertà estreme dovrebbero ricevere un sostentamento base."

La mancanza di un supporto finanziario limita le prospettive future di molti rom.

Armina Ahmetovic, 20 anni, è stata la prima ragazza rom a finire i tre anni di scuola professionale a Jablanica, nella Bosnia meridionale. Voleva studiare per diventare infermiera ma, la mancanza di fondi, le ha reso impossibile il viaggiare fino a Mostar, a 50 kilometri di distanza, per continuare la sua istruzione e, alla fine, si è arresa.

Ahmetovic ha ora la patente e spera di trovare un lavoro. Continua a credere che "l'educazione è molto importante e tutti quelli che hanno possibilità economiche dovrebbero continuare a frequentare la scuola."

Il giornalista rom Tanic, che monitora attivamente i progressi delil Decennio per l'Inclusione dei Rom, crede che sarà necessario molto più tempo per vedere dei risultati visibili.

"I problemi del popolo rom si sono accumulati per decenni e, nel caso della discriminazione, per secoli" dice "Non credo a nessuno che dice che siano stati fatti grossi passi avanti grazie alil Decennio, specialmente in Bosnia-Erzegovina."

Lui accusa i leader rom e le ONG di perdersi in conflitti interni che rallentano i progressi.

"Certamente, sono stati fatti dei tentativi positivi, sono stati fatti dei progetti, durante il Decennio, ma non hanno concluso molto per migliorare gli standard di vita dei rom." dice "Vi sono alcune ONG che hanno fatto molto negli abitati rom ma non è comunque abbastanza. Vi sono 5 o 6 organizzazioni dominanti che impediscono ad altre organizzazioni di contribuire."

IL NUMERO TITOLI DI STUDIO PRIMARI NON SALE
Tanic spiega che, nonostante il supporto extra dato dal Decennio per l'Inclusione dei Rom, il bambini della comunità rom che completa la scuola primaria rimane basso.

"Durante il progetto, i bambini rom hanno ricevuto libri di testo gratis ma questi benefici non sono stati sufficienti per tenerli a scuola" dice "anche se il Decennio ha aumentato il numero di bambini rom iscritti a scuola non vi è un numero maggiore di conseguimento di titoli di studio."

Tanic crede che "dopo il 2015 lo sforzo maggiore dovrà essere direzionato a trovare impiego per i rom, perché, se almeno uno dei genitori lavorasse,sarebbe più facile per i loro figli andare a scuola e conseguire un titolo di studio."

Dalila Ahmetovic di Kakanj è una dei successi della comunità rom. Laureatasi alla facoltà di comunicazione all'università di Sarajevo, sta ora studiando alla magistrale.

Come Husic, è beneficiaria di una borsa di studio dal Fondo per l'Educazione in Bosnia ed Erzegovina, che ha distribuito borse di studio in Bosnia-Erzegovina negli ultimi 15 anni, tra cui 8.360 tra bambini e ragazzi rom.

"Vivo in un ambiente in cui i rom che terminano gli studi superiori sono rari e in cui l'istruzione universitaria è considerata una mosca bianca" dice Dalila, che beneficia di supporto finanziario ed emotivo da parte dei genitori.

Gli attivisti ricevono conforto dal fatto che l'interesse nell'assegnare borse di studio a giovani rom è in aumento, con l'Associazione riportante che, nel 2005-06, 69 giovani hanno fatto richiesta di un finanziamento, numero salito a 187 nel 2012-13.

Dalila sottolinea l'importanza dell'educazione.

"La maggior parte dei bambini rom non può andare a scuola a causa delle condizioni di vita e della povertà estrema che impedisce loro di acquistare libri e altri materiali scolastici." dice "Nonostante queste difficoltà, tutti i bambini rom dovrebbero ricevere l'opportunità di andare a scuola e di migliorarsi perché, come ho già detto, questo è il fattore chiave per lo sviluppo della società rom."

"Solo i giovani istruiti possono fare qualcosa per se stessi e per tutta la società, per un futuro migliore."

Il video che accompagna queste storie presenta Nehrudin Cikaric, un giovane attivista rom che è passato dal chiedere l'elemosina, da bambino, al frequentare regolarmente la scuola e a giocare a calcio e praticare boxe ad alti livelli. Inoltre, fa il volontario al centro per bambini in situazioni di vulnerabilità insegnando matematica ai bambini piccoli. Nehrudin spera di entrare nella polizia bosniaca o nell'esercito una volta terminata la scuola.

 
Di Fabrizio (del 08/03/2009 @ 08:55:45 in Kumpanija, visitato 1444 volte)

Da Mundo_Gitano

Messaggio di PROROM presentato nella sessione plenaria del secondo Congresso Nazionale del POLO DEMOCRATICO ALTERNATIVO [Bogotá, D.C., 26, 27 E 28 febbraio 2009]
da ANA DALILA GÓMEZ BAOS, Rappresentante del popolo Rom nel Comitato Esecutivo Nazionale del PDA

Ricevano tutti i delegati e delegate presenti in questo Secondo Congresso Nazionale del Polo Democratico Alternativo (PDA) un saluto fraterno e libertario a nome del popolo Rrom, meglio conosciuto come Gitano.

Con la nostra parola millenaria, forgiata lungo secoli di resistenze e lotte contro la discriminazione, il razzismo, la xenofobia e la schiavitù, vi salutano gli invisibili di queste terre, che nonostante vivano in questo paese dall'epoca della dominazione ispanica, seguono ad essere sconosciuti e negati nei loro diritti collettivi.

Tramite me, qui e ora, parlano le voci variopinte di un popolo che spinto alla marginalizzazione e all'esclusione, si è visto obbligato a rimanere in silenzio per lungo tempo. Quindi la mia voce in questo scenario, sono migliaia di voci che vogliono farsi sentire per dire qui anche noi siamo presenti, apportando alla costruzione di questo progetto di speranza in cui partecipano altri popoli,  altre lingue, altre culture, altri colori, altri modi di pensare, infine, altri che son distinti dal nostro popolo però con i quali ci siamo incontrati in questa proposta di costruire un paese dove entriamo tutti.

Quindi voglio che comprendiate che dietro il mio viso ci sono molti altri visi, alcune volte tristi, a volte caricati di frustrazione e rabbia, però oggi specialmente allegri di poter parlare davanti a questo nutrito auditorio dove convergono le diversità di questo paese.

Il Proceso Organizativo del Pueblo Rrom (Gitano) di Colombia (PRORROM) è sorto il 6 agosto 1998 col proposito centrale di rendere i Rrom visibili davanti alla società nazionale e allo Stato colombiano e poter così richiedere il riconoscimento pieno ed integrale dei nostri diritti collettivi, tra cui si stacca, come uno dei più significativi, il nostro diritto alla libera determinazione.

Il nostro collegamento al PDA si spiega perché qui stiamo incontrando scenari adeguati per farci conoscere come siamo, nella nostra grandezza ma anche nelle nostre debolezze, e per tessere alleanze con i popoli indigeni e afrodiscendenti, con i movimenti sociali che si sono mutati in alleati della nostra causa. Non è per caso, quindi, che il mio popolo sta partecipando al PDA.

Nella nostra instancabile ricerca di riconoscimento qui abbiamo incontrato altri popoli e settori sociali che han fatto eco alle nostre domande, ragione per cui possiamo dire senza dubbio che in molti dei visi di chi sta ascoltando queste modeste e disordinate parole, possiamo davvero vedere visi conosciuti, visi di altri Rrom. E' incontrandoci con voi che il nostro popolo può smettere di essere una minoranza etnica, definita quantitativamente, per passare ad essere un popolo soggetto di diritti a cui si riconosce, tra gli altri aspetti, i suoi contributi al processo di configurazione di quella che oggi si chiama Colombia.

Abbiamo visto che molti dei nostri princìpi che danno ordine e armonia alla nostra vita quotidiana, si installano nei lineamenti che han dato forma e contenuto a questo progetto politico e sociale che è il PDA. Il nostro popolo, non occorre ricordarlo, si regge sulla solidarietà, la reciprocità, il mutuo appoggio, la complementarietà degli opposti, la dispersione e l'orizzontalità delle sue autorità, per un enorme attaccamento alla libertà ed all'autonomia... tutti valori che pensiamo possano servire a questo progetto in costruzione permanente com'è il PDA a misura dei nostri sogni e alla portata di tutti.

Rispetto al nostro popolo, sinora il PDA ha dimostrato di essere abbastanza inclusivo, come richiesto ha garantito l'accesso e la partecipazione alle principali istanze di direzione a rappresentanti del nostro popolo e della nostra organizzazione. Senza dubbio, occorre dirlo, manca tuttora molto perché all'interno del PDA si dia una vera democrazia di popoli e culture, cosicché si rompa questo etnocentrismo di radice occidentale, sempre favorito in questo tipo di organizzazioni e che finisce per imporre la sua logica ai popoli e culture portatori di altre tradizioni della conoscenza.

I tre delegati di PRORROM presenti in questo Secondo Congresso Nazionale del PDA - un donna, un giovane e un uomo - in questi due giorni hanno partecipato con entusiasmo e convinzione, pensando quanto sia necessario preservare l'unità e allontanare le minacce di divisione che a volte si sommano. In questo senso abbiamo dispiegato tutte le nostre capacità magiche, eroiche ed inventive per fare che questo sogno di speranza e futuro continui ad avanzare con fermezza, trascendendo sempre le tensioni ed i conflitti che vengono presentandosi.

Contate sempre sui Rrom per aggiungere, mai per dividere. Contate su di noi per rafforzare una proposta amplia ed inclusiva, però senza che questo significhi cambiare sino al punto di smettere di essere quello che il PDA è stato sino a oggi. Quindi, contate sul nostro popolo per continuare a costruire un progetto politico e sociale che necessariamente dev'essere alternativo, progressista, di sinistra... che renda possibile l'uso del socialismo magico in queste terre.

Per finire, un appello fraterno ai Senatori e Rappresentanti alla Camera del PDA: Chi di voi vuole accettare la sfida storica di presentare, col nostro concorso, un progetto di legge che dia al nostro popolo il posto che si merita nel paese e che ci permetta di lasciare indietro questa atavica invisibilità?

Saluti e libertà!

Bogotá, D.C., 28 febbraio 2009.

PRORROM
Proceso Organizativo del Pueblo Rrom (Gitano) de Colombia
Correo-e: prorrom@gmail.com

"Yo no se qué tristeza o qué alegría me producen estas aves errantes a quienes amparan el sol y la luna y el cielo y las estrellas y los árboles. Tristeza de irse a todas horas. Alegría de renovar el horizonte a cada que los pájaros cantan al alba. Alegría de no pesar sobre la tierra más de lo que pesa una yerba. Tristeza de no tener Patria, ni raza, ni alero nativo" / (Tic Tac: 1913)

 
Di Fabrizio (del 01/12/2005 @ 04:20:09 in Kumpanija, visitato 2448 volte)

PRIMER CONGRESO DEL PUEBLO ROM (GITANO) DE LAS AMÉRICAS

San Luis de Potosi- Mexico - Noviembre 22, 23, 24 y 25 de 2005

DICHIARAZIONE DEL POPOLO ROM (GITANO) DELLE AMERICHE

Le sottoscritte organizzazioni e kumpaniyi Rom, riunite a San Luis Potosí (Messico) dal 22 al 25 novembre 2005, dichiarano quanto segue:

  • Distinte kumpaniyi e gruppi familiari Rom vivono in vari paesi delle Americhe sin dall'epoca coloniale e questo rende fondante la nostra presenza come popolo, anche come preesistente alla formazione di molte delle attuali Repubbliche.
  • Che collettivamente il popolo Rom non è di recente arrivo o comunque alieno o straniero, ma vanta una lunga storia e presenza in quasi tutti i paesi del continente americano.
  • Che abbiamo fornito un apporto incommensurabile e mai riconosciuto dalla società gadyi (non Rom) ai processi di formazione nazionale dei distinti paesi del continente.
  • Che mai il popolo Rom ha preteso di dominare altri popoli o di imporre la propria cultura, contrariamente si è sempre caratterizzato per il rispetto della diversità e della pluralità.
  • Che la popolazione Rom nelle Americhe oltrepassa la cifra di tre milioni di persone, ma a fronte di questa significativa presenza demografica, vive sommerso in un'invisibilità obbligata.
  • Che attraverso la storia, tanto di ieri come di oggi, il nostro popolo è stato la vittima privilegiata di pratiche e procedure razziste, discriminatorie, xenofobe ed intolleranti, che hanno portato gli altri popoli e culture a considerarci con i peggiori e appellativi.
  • Che riferendosi alla diversità dei popoli e delle culture del continente americano, sistematicamente si omette e cala il silenzio sull'esistenza del popolo Rom.
  • Che siamo un popolo millenario, con storia, tradizioni e idioma nostri propri, quindi nel pieno diritto all'esercizio dell'autodeterminazione.
  • Che rifiutiamo la qualifica di "minoranza etnica", in quanto pur garantendoci alcuni strumenti internazionali, non rispecchia la nostra situazione di popolo in situazione di dominazione.
  • Che richiediamo e rivendichiamo per il Popolo Rom il riconoscimento pieno ed integrale dei diritti collettivi, reiteratamente negati ed infranti, e

per quanto il nostro popolo non si identifichi nel cammino della civiltà che sfocia in un progetto statuale definito, ciò non deve essere d'impedimento ad essere appropriatamente rappresentati nelle istanze internazionali e nel sistema delle Nazioni Unite.

In merito a quanto su esposto, come organizzazioni e kumpaniyi Rom delle Americhe esprimiamo il nostro fermo impegno militante a lavorare attivamente sui seguenti principi:

RICHIESTE:

  1. Che gli Stati e i Governi delle Americhe riconoscano il diritto all'autodeterminazione del Popolo Rom.
  2. Che gli Stati e i Governi del continente riconoscano, promuovano e garantiscano i diritti collettivi del Popolo Rom.
  3. Difendere, recuperare e valorizzare la storia e le tradizioni etniche e culturali del nostro popolo, come anche proteggere i diritti patrimoniali e/o il patrimonio culturale e intellettuale del Popolo Rom.
  4. Evitare qualsiasi forma di discriminazione negativa, di razzismo, di xenofobia, di intolleranza e di esclusione verso il Popolo Rom.
  5. Promuovere e difendere di fronte alla società gadye le conoscenze e i saperi tradizionali del Popolo Rom, al pari dei suoi valori etnici e culturali.
  6. Che gli Stati e i Governi delle Americhe applichino rigorosamente le norme giuridiche internazionali che in tutte le forme proteggono i diritti del Popolo Rom.
  7. Lottare per l'ampliamento degli spazi di autonomia e autogoverno del Popolo Rom, mirando al riconoscimento delle sue proprie autorità e validando l'esistenza e il campo d'intervento della giurisdizione speciale o Kriss.
  8. Favorire l'apertura dei necessari spazi interculturali per garantire lo sviluppo autonomo dell'opzione civilizzante propria del Popolo Rom nelle Americhe.
  9. Che gli Stati e i Governi del continente americano consultino in maniera adeguata il Popolo Rom, tramite le sue organizzazioni rappresentative, prima di elaborare Piani di Sviluppo, specialmente per quanto riguarda vita, cultura, identità, necessità fondamentali, e perché si approntino le misure necessarie al pieno sviluppo delle sue istituzioni, cultura, autonomia e scolarizzazione.
  10. Che gli Stati e i Governi regionali garantiscano appropriati programmi di educazione bilingue ed interculturale, come anche l'accesso dei giovani e delle donne alla scolarizzazione media e superiore, in condizioni favorevoli e che venga garantita la loro permanenza.
  11. Che gli Stati e i Governi delle Americhe sviluppino modelli alternativi di attenzione alla salute per il Popolo Rom, che garantiscano un accesso adeguato ai servizi della salute, che dovranno essere opportuni, compatibili, autosostenibili, efficaci, efficienti, mantenere la qualità e l'igiene, le cui azioni si orientino a rafforzare la promozione, prevenzione, trattamento e riabilitazione della salute.
  12. Agire di modo che i piani e programmi statali per la salute tengano conto delle diverse conoscenze, pratiche e usi diagnostici e di trattamento del Popolo Rom.
  13. Che gli Stati e i Governi promuovano e garantiscano la sicurezza alimentare e il miglioramento sostanziale della qualità di vita del Popolo Rom.
  14. Che gli Stati e i Governi garantiscano la libera autoconsultazione del Popolo Rom, attraverso le sue proprie autorità e istituzioni rappresentative, ogni volta che si prevedano progetti di sviluppo, soluzioni legislative o amministrative che lo riguardi direttamente.
  15. Che il Popolo Rom abbia un approccio paritario, permanente ed appropriato ai media di comunicazione sociale di massa.
  16. Che i rappresentanti del Popolo Rom abbiano accesso alle diverse istanze di partecipazione create dalle istituzioni governative e dai poteri pubblici.
  17. Contribuire alla creazione e al consolidamento delle istituzioni e istanze che permettano al Popolo Rom di progredire nel processo di riconoscimento dei suoi diritti collettivi.
  18. Accelerare i meccanismi e le istanze necessarie a stabilire contatti, relazioni ed interscambi fluidi e permanenti tra i Rom nelle Americhe e il resto della comunità Rom internazionale.
  19. Garantire che le forme di vita nomade ed itineranti, mantenute da molti gruppi familiari Rom nelle Americhe, continuino ad essere praticabili nel tempo, quindi che gli Stati e i Governi approntino luoghi speciali atti all'accampamento e e norme che facilitino il libero transito attraverso le frontiere continentali ed internazionali.
  20. Che gli Stati e i Governi della regione riconoscano lo status di asilanti ai membri del Popolo Rom che per ragioni politiche, sociali, culturali, etniche, religiose, siano rifugiati o immigrati nel continente americano, e che siano predisposti piani politici, programmi ed azioni adeguate.

In ragione di queste legittime richieste:

RICHIEDIAMO ALLE NAZIONI UNITE - ONU, CHE:

  1. Si dia inizio a un ampio e profondo processo di democratizzazione di tutta la struttura delle Nazioni Unite, perché le sue istanze più significative non vengano controllate da un numero ridotto degli Stati più potenti, che nella maggiora parte dei casi assumono decisioni controverse e senza il consenso della comunità internazionale.
  2. Vengono progettate istanze, meccanismi e procedimenti che rendano possibile la partecipazione del Popolo Rom al sistema delle Nazioni Unite, in condizione di eguaglianza con gli altri Stati. Come primo passo proponiamo un "Foro Permanente per il Popolo Rom", che ai livelli più alti possibile, con una composizione mista e ampio mandato includa i diritti civili, politici, economici, sociali, culturali, ambientali, sanitari, educativi, linguistici, di genere, di sviluppo, prevenzione dei conflitti... ecc., faciliti il dialogo tra gli Stati membri, il Popolo Rom e le agenzie e le organizzazioni specializzate sui temi e interessi che riguardano direttamente il nostro popolo.
  3. Inizi un processo di partecipazione ampia e paritetica dei delegati del nostro popolo, perché venga redatta, discussa ed approvata una "Dichiarazione delle Nazioni Unite per i Diritti del Popolo Rom", che sia uno strumento internazionale che garantisca, con standards accettabili, tutti i diritti del nostro popolo.
  4. Venga riconosciuto dall'ONU e dagli Stati Membri il giorno 8 aprile come "Giornata Internazionale del Popolo Rom", a memoria del "Primo Congresso della Unione Romani Internazionale" tenutosi a Londra tra il 7 e il 9 aprile, che segnò l'inizio del movimento associativo odierno del nostro popolo.
  5. Come parte delle riunioni e attività preparatorie alla "Conferenza Mondiale Contro il Razzismo, la Discriminazione Razziale, la Xenofobia e Altre Forme di Intolleranza", l'Ufficio dell'Alto Commissariato per i Diritti Umani, propizi e faciliti un "Incontro Continentale del Popolo Rom delle Americhe", in cui si possano unificare criteri, costruire consensi e disegnare strategie a partire dalle distinte realtà del nostro popolo che si presentano nel continente.
  6. Che termini l'occultamento del Popolo Rom delle Americhe nei differenti processi ed istanze del sistema delle Nazioni Unite, e viceversa che venga coinvolto attivamente nelle riflessioni e discussioni sui temi che direttamente o indirettamente lo riguardano.

ALL'ORGANIZZAZIONE DEGLI STATI AMERICANI - OSA:

  1. La costituzione di un'istanza permanente che incorpori l'esistenza del Popolo Rom delle Americhe e mantenga relazioni su basi egualitarie col nostro popolo.

  2. Un coinvolgimento attivo del Popolo Rom delle Americhe in tutto il processo riguardante la riflessione e discussione del "Progetto della Dichiarazione InterAmericana dei Diritti dei Popoli Indigeni", come anche che le disposizioni legali contenute nell'art. 1 di detta Dichiarazione , siano estese al Popolo Rom, per le sue condizioni di popolazione tribale.

  3. Tramite un'adeguata partecipazione del Popolo Rom, si realizzi uno studio esaustivo sulla situazione attuale in materia di diritti umani, civili e collettivi.

AGLI STATI E AI GOVERNI DELLE AMERICHE:

  1. Pieno riconoscimento della nostra esistenza come popolo e garanzia di esercitare i nostri diritti collettivi e civili. Causa la sua proiezione transnazionale e l'ampia mobilità geografica, il Popolo Rom dev'essere riconosciuto esplicitamente dai Governi e dagli Stati del continente, come popolo pienamente americano per tradizioni e presenza storica.

  2. Che si approntino, previo nostro libero e fondamentale consenso, strumenti legali e normativi che garantiscano i nostri diritti collettivi e civili, come pure l'integrità etnica e culturale.

  3. Ratifica del Convenuto 169/1989 dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro "Sui Popoli Indigeni e Tribali nei Paesi Indipendenti" e applicazione estensiva delle sue disposizioni legali al nostro popolo.

  4. Garanzia di ampia ed adeguata partecipazione dei delegati del Popolo Rom alle iniziative che saranno predisposte (riunioni mondiali, regionali e continentali) a seguito della "Conferenza Mondiale Contro il Razzismo, la Discriminazione Razziale, la Xenofobia e Altre Forme di Intolleranza".

  5. Accoglienza solidale ai rifugiati Rom, fuggendo da persecuzioni e guerre, approdino sul continente americano in cerca di sicurezza e garanzie per rifarsi una vita.

ALLE ORGANIZZAZIONI NON-GOVERNATIVE E ALLE AGENZIE DI COOPERAZIONE:

  1. Nei propri progetti e programmi d'azione e intervento, tengano conto delle necessità e problematiche attuali del Popolo Rom delle Americhe.

  2. Si impegnino assieme alle organizzazioni Rom delle Americhe ad appoggiare con ricorsi tecnici e finanziari, le iniziative e progetti volti a concretizzare le principali richieste del nostro popolo.

AI POPOLI INDIGENI E AFRODISCENDENTI, COME PURE AGLI ALTRI POPOLI TRADIZIONALI CHE SI SONO STABILITI NEL CONTINENTE:

  1. Appoggio solidale e fraterno delle aspirazioni, richieste e rivendicazioni del nostro popolo, sul cammino per uscire dall'invisibilità in cui è stato sommerso e per il riconoscimento pieno ed integrale di tutti i suoi diritti collettivi.

  2. Azioni di mutua e reciproca conoscenza e "scoperta" perché il Popolo Rom delle Americhe sia riconosciuto come popolo, che non è nativo o originario di queste terre, ma la cui antica presenza e traiettoria ha portato a condividere strutturalmente gli stessi problemi che affrontano i Popoli Indigeni e afrodiscendenti.

  3. Riconoscimento del Popolo Rom come attore sociale nelle Americhe, che dalla sua invisibilità intende uscire per l'edificazione di una società diversa, pluralista e inclusiva, più democratica, libera e giusta.

  4. Il Popolo Rom da grande valore alle domande e rivendicazioni elaborate dai Popoli Indigeni e afrodiscendenti, come dagli altri popoli tradizionali che vivono nel continente, così come riconosce i sentieri da loro aperti e che oggi stiamo percorrendo. Per questo, il Popolo Rom si ritiene in qualche modo l'erede del lavoro organizzativo dispiegato da questi popoli e pertanto lo fa proprio.

Infine, alle organizzazioni presenti a Questo Congresso e kumpaniyi Rom delle Americhe del "Consiglio delle Organizzazioni e Kumpaniyi Rom delle Americhe", che tengono come missione fondamentale:

  1. Contribuire in modo decisivo a dar visibilità al Popolo Rom delle Americhe, come al riconoscimento dei suoi diritti collettivi.

  2. Consolidare maggiormente il movimento associativo del nostro popolo nel continente e in tutto il mondo, portando il processo di visibilità nel contesto della comunità internazionale.

  3. Consolidare organicamente e potenziare politicamente il Processo Organizzativo del Popolo Rom come organizzazione rappresentativa del nostro popolo in questo Continente.

  4. Ottenere la discussione sulla situazione attuale delle relazioni tra gli Stati e il Popolo Rom.

  5. Condividere esperienze con le organizzazioni Rom delle Americhe, per avanzare nel consolidamento delle istanze di coordinamento del nostro popolo.

  6. Dotare il Popolo Rom delle Americhe di una sede internazionale e creare il suo statuto.

En constancia se firma en San Luis Potosí (Mexico) a los 25 días del mes de noviembre de 2005 por los delegados de las organizaciones y kumpania Rom de las Américas presentes:

Shona Paramush, LOLO DIKLO (EE.UU)
Ana Dalila Gomez, PROCESO ORGANIZATIVO DEL PUEBLO ROM (GITANO) DE COLOMBIA, PROROM
Mario Ines Torres, WESTERN CANADIAN ROMANI ALLIANCE, WCRA
Alexandre Flores, PROCESO ORGANIZATIVO DEL PUEBLO ROM (GITANO) DE BRASIL, PROROM-BRASIL
Lorenzo Armendariz, LATCHO DROM, MEXICO


JUANCARLOS GAMBOA MARTÍNEZ
Móvil: (57-1) 315-2255905
Dirección Electrónica: juancarlosgamboamartínez@yahoo.es

"Se non faremo l'impossibile, dovremo affrontare l'inconcepibile".

 

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