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Di Fabrizio (del 09/03/2006 @ 22:54:26 in media, visitato 1850 volte)
 Di Dalila Gómez Baos, la candidata kalì al senato colombiano, ne ho scritto abbondantemente qui. Le elezioni saranno il prossimo 12 marzo, e non farò a tempo a tradurre l'articolo che è apparso su NEW AMERICA MEDIA, chi vuole può leggerlo in inglese o in spagnolo (tranquilli, si capisce agevolmente, e se lo dico io...)
¡Henorabuena!
A proposito, sul clima elettorale, che potrebbe essere pesantuccio, un recente rapporto di Amnesty International (in italiano, stavolta).
Di Fabrizio (del 15/02/2006 @ 21:49:57 in blog, visitato 1959 volte)
Di Fabrizio (del 10/02/2006 @ 11:38:43 in Regole, visitato 2099 volte)
 Donna Gitana parteciperà alle elezioni al Congresso
Redacción Actualidad Étnica
Bogotá. Febrero 3 de 2006.
Por Claudia Grajales
Il potere, la forza e la magia della parola accompagneranno Dalila Gómez Baos nel suo itinerario verso il Senato. Ereditaria della conoscenza del suo clan, i mijháis-bolochock, e con la disinvoltura propria delle donne del secolo XXI, Dalila è protagonista di uno dei fatti più importanti nella recente storia della partecipazione delle minoranze all'esercizio democratico. Per la prima volta in Colombia e nel continente, una rappresentante del Popolo Rom (Kalé) si candida ad elezioni popolari. “Una ribelle tra i ribelli”, come la definiscono i suoi compagni di cordata, si presenta nel Polo Democrático Alternativo. Nell'intervista esclusiva ad Actualidad Étnica, Dalila ci parla delle sue proposte ed idee:
Come nasce l'idea di partecipare alle elezioni per il Senato?
Questo è il risultato di otto anni di continuo lavoro per le rivendicazioni del mio popolo, dopo aver indagato sulle nostre necessità ed interessi, ora siamo politicamente maturi per prendere la decisione di concorrere al senato. E' il frutto di un processo, un cammino tracciato passo per passo.
Qual'è stata la partecipazione del popolo gitano alla politica?
Il popolo gitano, contrariamente a quel che si può pensare, è politicizzato, ad esempio, per secoli abbiamo svolto una resistenza etnica. Oggi, con le dinamiche della globalizzazione dell'economia e della società, ci spingiamo a una partecipazione più diretta e attiva nel processo politico. Siamo parte di un movimento sociale emergente. Con la nostra esperienza e attraverso la prospettiva gitana, vogliamo arrivare a un ollettivo per rendere possibile un nuovo paese.
E' esattamente un lungo cammino per la Colombia che ha permesso a Dalila, giovane gitana, ingegnere industriale, specialista in gestione e pianificazione urbana e regionale, di conoscere più da vicino la realtà del paese. Sin da giovane, si è sempre integrata nelle comunità che visitava, senza perdere i propri costunmi, costruendosi una visione più larga e ricca integrando la propria cultura con gli apporti di altri gruppi sociali. Il suo sguardo sul paese le ha permesso di sviluppare un importante lavoro a favore delle etnie nel Departamento Nacional de Planeación, DNP.
Madre di Nikola, un bambino di otto anni, Dalida si è sempre caratterizzata per rompere i paradigmi, inclusi quelli sella sua stessa comunità, e questo ha generato più soddisfazioni che difficoltà.Un carattere fermo e la creatività propria dei gitani le sono serviti a superare gli ostacoli. Per questo, è convinta che l'importante sono le idee che generano benessere nella società, non importa se le idee arrivano da uomini o donne.
Per finire, cerchiamo di arrivare al congresso per dare visibilità al popolo gitano, imparare da questa esperienza accademica e pedagogica che per la prima volta ha luogo in Colombia e nelle Americhe. Partire dalla nostra esperienza per costruire una propoosta sociale che parta dai gitani verso gli altri gruppi etnici e gli esclusi del nostro paese.
Per esempio, se non difenderemo la Costiituzione, tra cinque o dieci anni saranno smontate una serie di garanzie volte al rispetto dei diritti fondamentali e quindi, gitani, indigeni, afrodiscendenti, colombiani, ne pagheranno tutti le conseguenze. Per questo, una delle nostre bandiere è la promozione della diversità nella prospettiva gitana. Noi abbiamo molto in comune con altri gruppi etnici, come il rispetto del valore della parola, il collettivo e il significato di territorio e di nazione, tutti assieme possiamo collaborare. In Colombia, dovrebbero imparare dagli indigeni, dagli afrodiscendenti, dai gitani.
Le nostre proposte sono la difesa e lo sviluppo della Costituzione Politica del 1991; la protezione e la promozione della diversità in tutte le sue espressioni: etnica, culturale, regionale, biologica, genetica, artistica; la costruzione della democrazia a partire dalle dinamiche dei movimenti sociali, il consolidamento di un'agenda che si opponga alla voracità dellemultinazionali e delle istituzioni finanziarie Così potremo raccogliere la voce dei senza voce, raccontare la storia di chi non ha storia, rivendicare per gli esclusi, dare spazio ai perseguitati e visibilità a chi è sempre stato invisibile.
Questo il lavoro che Dalila porta avanti da anni, a partire dall'esperienza organizzativa in seno al Proceso Organizativo del Pueblo Rom (Gitano) de Colombia (PROROM), non soltanto per rendere visibile il suo popolo, ma per sottolineare la necessità di generare prtiche comune per uno “Stato che riconosca e protegga la diversità etnica e culturale della Nazione colombiana”.
Come crede che da questi usi e costumi si possa creare questa società inclusiva?
Come gitani, abbiamo diverse forme per risolvere i conflitti, che potrebbero apportare al paese elementi utili nelle situazioni più difficili. Il valore della parola; il rispetto degli anziani; la visione collettiva e solidaristica nell'ambito della comunità; l'identità; il rispetto per la differenza; la creatività dell'adattarsi alla culture più diverse senza perdere la propria, sono tutti valori che ci hanno permesso di girare il mondo da oltre mille anni, quando partimmo dal nord dell'India e continuando tuttora. In Colombia ci sono circa 5.000 gitani, però il loro apporto all'arte, alla musica e alla letteratura è immenso.
“Anche se siamo figli del vento, siamo anche figli della terra della Pacha Mama”. E' un pensiero che incide sul concetto di territorio, che non si riferisce ad uno spazio geografico, ma a qualcosa che portiamo con noi, nella lingua, negli usi e costumi, che è parte di noi stessi. Non fosse così, come saremmo sopravvissuti?
Questa forma di intendere e vivere il territorio può essere di soluzione alle problematiche sociali, ad esempio la proprietà e l'uso dei terreni. In questa prospettiva si rende necessaria la creazione di meccanismi per società nomadi e sedentarie, una legislazione flessibile che contenga questi concetti.
Dalila insiste sul suo impegno a lavorare in Senato per la rivendicazione dei diritti di tutti i gruppi etnici, delle minoranze e degli esclusi, non solo del suo popolo. Però tra i piùi nvisibili ci sono proprio i gitani.
Quali le urgenze del vostro popolo e cosa possono aspettarsi dal suo lavoro nel congresso?
La prima cosa su cui lavoreremo è la creazione di uno Statuto di Autonomia Culturale. Gli indigeni, gli afrodiscendenti, hanno una legislazione speciale contenuta nella stessa costituzione, e per noi non esiste nessuna legislazione speciale.
Uno dei temi che ci preoccupa di più è la scolarizzazione. Vogliamo la piena applicazione del decreto 804 della legge 115, che consenta ai nostri giovani un'educazione in armonia con la cultura della loro provenienza e che vi possano trovare riferimenti. L'indice di assenteismo scolastico è quasi del 90%, tra i gitani è minimo il numero dei professionisti, come possiamo constatare dagli studi condotti da PROROM. Inoltre, c'è la necessità che ai nostri giovani vengano forniti gli strumenti che permettano loro di farsi ascoltare, contrariamente il nostro popolo potrebbe estinguersi in una generazione.
Il disegno e la messa in cantiere di progetti produttivi concordi con i nostri usi e costumi, è un'altra delle priorità della nostra partecipazione al senato. Sono iniziative che debbono porsi in armonia con il neonomadismo dei gitani di oggi.
Il tintinnio dei gioielli accompagna le parole di Dalila che con entusiasmo elenca le proposte per la sua campagna: i colori accesi della sua gonna, hanno lo stesso colore dei suoi occhi.Particolari non secondari al momento di confrontarsi con scenari come quelli del congresso. I suoi slogan elettorali non potrebbero essere qualcosa di diverso da:”la magia del nostro popolo al servizio di un paese diverso; il nostro infiammato sentimento di libertà, un apporto alla democrazia, non ci basta leggere il futuro nella mano: vogliamo forgiarlo dalla nostra esperienza. E le sue mani, quasi parlano da sole, mentre riflette sulla sua condizione di donna e di gitana.
Per il nostro popolo le donne sono come fiori di un giardino: le generatrici di cultura. Nella nostra comunità esiste un profondo rispetto verso le donne. Senza dubbio ci sono da riconoscere le difficoltà date da una società patriarcale. Ma conto sull'appoggio della mia famiglia e del mio popolo in questo progetto, che è un'opportunità per le donne, per i gitani e la società. Già oggi possiamo contare sull'impegno di due donne che lottano per i diritti del nostro popolo e dei gruppi etnici: Sandra Cristo consigliera [del ministero] della Cultura e del Turismo e Nancy Nancy Gómez, [a quello] della Politica Sociale. Le donne sone quelle destinate ad essere protagoniste del cambiamento.
Esiste un fascino enigmatico attorno ai gitani, crede che questa “magia” che li circonda possa aiutare la sua campagna elettorale?
Per me, la magia è nel cuore di ognuno e ognuno le da un colore differente. La magia è amore, è nella ricerca dello spirituale e dell'equilibrio. La magia, il potere e la forza della parola mi hanno accompagnato sempre e continueranno ad essere tra i principali strumenti nel costruire nuovi progetti.
Un paese che deve la sua maggior ricchezza alla diversità etnica e culturale, deve garantire la partecipazione a tutti i gruppi sociali e mirare all'integrazione nella società in condizione di eguaglianza, ma nel rispetto delle rispettive differenze. Che una gitana eserciti il diritto di eleggere ed essere eletta, è un passo in più verso la costruzione di una società inclusiva dove ci sia spazio per ogni espressione, come pue per la magia di questo popolo che, grazie al ghiaccio, ai magneti, agli specchi e agli strumenti di navigazione, un giorno insegnò a José Arcadio Buendía che “Nel mondo stavano accadendo cose incredibili”
Ndr. per chi mastica lo spagnolo: il blog di Dalila Gomez
E per chi non lo mastica?
Attendendo i risultati definitivi delle elezioni in Colombia,
questo è il riassunto di una parte della storia più
recente dei Rom di Colombia, che fornisce spunti utili anche per il
futuro:
I Rom e la politica:
INCURSIONE NEL PROCESSO
ELETTORALE
Prima di rispondere alle
domande poste dal dibattito “Inclusione politica dei gruppi
etnici nel processo politico colombiano: Il punto di vista degli
attori politici” (Universidad de los Andes, Bogotá,
D.C.), occorre una precisazione:
Il concetto di “comunità
etniche” non è il più appropriato per riferirsi
alla situazione dei Rom. I Rom hanno più volte rivendicato il
loro carattere di popolo, con tutte le connotazioni giuridiche e
politiche, inclusa quella dell'autodeterminazione.
A livello internazionale,
le organizzazioni rappresentative del popolo Rom - Unión
Romaní Internacional (IRU) e Congreso Nacional Rom (RNC) hanno
proposto che i Rom siano parte di una nazione senza territorio e
senza stato, che chiede di essere rappresentata all'ONU.
Inclusione dei gruppi
etnici nel processo politico colombiano, partendo dalla Costituzione
Esistono similitudini
strutturali tra i problemi dei popoli indigeni, afrodiscendenti e
Rom, ma i processi storici, organizzativi e le condizioni attuali
sono differenti.
Due fatti da sottolineare
riguardo i Rom:
Come per le altre
minoranze il meccanismo elettorale non prevede un percorso
privilegiato di accesso alle camere elettive, e si deve tener conto
di questo nei rapporti con la società maggioritaria.
L'esperienza elettorale
per i Rom rappresenta una novità assoluta in tutto l'emisfero.
E' anche una tappa importante per le associazioni come Proceso
Organizativo del Pueblo Rom (Gitano) de Colombia, (PROROM), nel suo
cammino per rendere visibile il popolo Rom, che prosegue dal 1997.
Ancora più
importante che questo si sia concretizzato con la candidatura di una
romnì.
PROROM, sin dagli albori,
ha ricercato alleanze con le organizzazioni di altri popoli. In
quanto “minoranza tra le minoranze etniche” er i Rom
altrimenti sarebbe impossibile far sentire la propria voce. Il
cammino già percorso dalle altre organizzazioni, prima di
tutte quelle indigene, è indispensabile.
Nel 1998 il coordinatore
generale di PROROM, Venecer Gómez Fuentes, fu candidato di
bandiera nella lista Alianza Social Indígena (ASI) che
concorreva al Senato. Alla fine venne eletto Francisco Rojas Birry,
indigeno Embera. La sua candidatura raccolse il voto di alcune
kumpanias, specialmente quella di Girón (Santander), ma una
volta eletto, Rojas Birry non rappresentò in alcun modo in
Senato le istanze dei Rom.
Quattro anni più
tardi, PROROM si fece promotore del Movimiento Plurinacional
Entrepueblos (MPE) e appoggiò la candidatura di Antonio
Jacanamijoy Tisoy, indigeno Inga, che aveva anche l'avvallo del
Partido Socialista Democrático (PSD), su una piattaforma che
comprendeva le richieste comuni dei popoli nativi, afrodiscendenti e
Rom. Ma Antonio Jacanamijoy Tisoy non raccolse voti a sufficienza per
l'elezione. Nel frattempo il neonato MPE si era avvicinato al Frente
Social y Político (FSP), che appoggiava la candidatura di Luis
Eduardo Garzón (nell'occasione battuto dall'attuale
presidente Alvaro Uribe e poi diventato sindaco di Bogotà
ndr.) alla presidenza della repubblica.
Tutta questa storia si è
concretizzata quest'anno nella candidatura di Ana Dalila Gómez
Baos, coordinatrice per la Cultura e la Scolarizzazione di PROROM,
nelle file del Polo Democrático Independiente (PDI).
Costituzione politica
del 1991 e unità dei gruppi etnici
Attraverso PROROM si sono
assunti due strumenti fondamentali nelle rivendicazioni etniche e
nasiolnali: il convegno169 del 1989 dell'Organizzazzione
Internazionale del Lavoro (OIT) “Sobre Pueblos Indígenas
y Tribales en Países Independientes” (OIT-169) e la
Costituzione Politica della Colombia.
Anche se nessuno dei due
menziona esplicitamente i Rom, ma si limitano ad un generico “gruppi
etnici”, gli articoli e i tommi che si riferiscono alla
diversità etnica e culturale sono serviti al riconoscimento
dei Rom come popolo che condivide le esperienze di lotta, resistenza
ed organizzazione degli indigeni e degli afrodiscendenti.
Difficoltà nei
processi organizzativi e rivendicativi.
Una delle maggiori
difficoltà incontrate, è che tanto nell'immaginario
delle istituzioni governative che tra le stesse organizzazioni
indigene, l'aggettivo “etnico” si associa esclusivamente
all'ambito indigeno ed afrodiscendente.
Questa difficoltà
si lega al disconoscimento e all'ignoranza che nella società
maggioritaria riguarda la storia, la cultura e la situazione dei Rom.
In Colombia i Rom sono
una minoranza autentica, ma demograficamente insignificante
soprattutto in termini elettorali. La difficoltà, anche nei
confronti delle altre organizzazione delle minoranze etniche, è
nel numero ristretto dei nostri appartenenti e nel non occupare
territori strategici.
Inoltre le leggi
esistenti sono elaborate secondo la logica de lla popolazione
stanziale e quando si riferiscono a gruppi etnici, sottintendono a
quelli che hanno una territorialità definita, e la totalità
delle leggi referenti ai diritti dei gruppi etnici, non prevede i
diritti delle popolazioni nomadiche, come nel caso dei servizi
sanitari, dove solo in seguito la pressione svolta da PROROM ha
ottenuto l'estensione del Régimen Subsidiado de Seguridad
Social en Salud.
La Colombia è
tuttora un paese con una democrazia retorica e di facciata, e i suoi
abitanti devono di continuo mobilitarsi e fare pressioni in varie
maniere. Per ragioni proprie della loro cultura, i Rom non possiedono
questa capacità. Il percorso compiuto da PROROM si è
svolto quindi in un scenario particolarmente avverso. Ciononostante,
ha ottenuto questi risultati:
Riconoscimento da
parte dello stato del popolo Rom come un gruppo etnico che è
anche colombiano e che abita qui da prima della costituzione della
Repubblica.
Riconoscimento che
la carta OIT-169 è valida e applicabile per i Rom.
Inclusione col
proprio nome e riconoscimenti specifici, negli ultimi Piani
Nazionali di Sviluppo delle amministrazioni Pastrana Arango e Uribe
Vélez.
Visibilità
raggiunta nella vita politica, culturale, accademica ed economica
del paese; mentre in precedenza si era soltanto la parte esotica di
Cent'anni di solitudine.
Rottura degli
stereotipi razzisti e discriminatori che storicamente si sono
riferiti ai Rom.
Spinta ai processi e
alle iniziative delle organizzazioni rom dell'America Latina, in
particolar modo del Consejo de Organizaciones y Kumpeniyi
Rom de las Américas (SKOKRA)
Alleanza con le
organizzazioni indigene e afrodiscendenti per avanzare
rivendicazioni congiunte.
Presa di coscienza
nelle kumpeniyi dell'importanza dei processi organizzativi
nei rapporti tra Rom e società maggioritaria (la cosiddetta
“inclusione senza assimilazione”)
Apporto alla
democratizzazione del paese con l'irruzione del movimento sociale
rappresentativo dei Rom.
Quali gli obiettivi
per la prossima legislatura?
Ci saranno per forza
scenari diversi. Quello del consolidamento del processo di visibilità
e organizzativo dei Rom di Colombia e dell'America Latina. Quello
della società maggioritaria, dove si lavorerà a
proposte che creino una Colombia meno diseguale, che possa includere
le maggioranze impoverite ed escluse.
Nel primo scenario, si
tratta di spingere il Congresso a redigere uno Statuto dell'Autonomia
Culturale, che stabilisca le relazioni tra stato e popolo Rom,
riconosca integralmente i diritti collettivie patrimoniali del popolo
Rom. Nel secondo scenario, molto semplicemente, di sottomettere
nuovamente l'economia e i suoi processi alla politica, per recuperare
la sovranità nazionale di fronte alla mondializzazione
dell'economia.
L'alleanza con il Polo
Democrático Alternativo (PDA) impone di allargare il nostro
pensiero e il campo d'azione al paese nella sua globalità,
occorre quindi un compromesso che leghi le tematiche e le
rivendicazioni proprie del popolo Rom ad un movimento di rinnovamento
nazionale.
L'apporto che per questo
può offrire una donna rom, è molto differente da quello
di chi arriva dalla società maggioritaria. Occorre saper
valorizzare gli apporti genuini che arrivano dalla cultura, dalla
tradizione, dalla vita sciale dei Rom, perché vengano
valorizzati ed apprezzati come un patrimonio per tutta la Colombia.
Per questo, è necessario che i Rom guardino in maniera
differente al loro paese, e contemporaneamente, che se si vuole che
questo apporti duri nel tempo, che continuino ad esistere come Rom.
Per terminare, la scelta
della partecipazione alla lista elettorale del PDA non è un
azzardo o una gratuità. E' la maturazione di un cammino che
PROROM ha svolto, dove la partecipazione è una strategia
etnopolitica, e che l'ha portato a fianco di movimenti e partiti
alternativi, progressisti, popolari e critici verso lo stato attuale
delle cose.
ANA
DALILA GÓMEZ BAOS
Bogotá, D.C.,
a 2 de febrero de 2006
I
commenti a questo articolo (in spagnolo e romanés)
Di Fabrizio (del 22/03/2006 @ 10:37:50 in Europa, visitato 3851 volte)
5 marzo 2005 - BRUXELLES - Christian Dupont, ministro federale per l'integrazione sociale, ha annunciato un piano per combattere il problema di madri e bambini che mendicano per le strade delle città del Belgio. L'annuncio è stato salutato con favore dalla parlamentare socialista Dalila Douifi, che aveva sollevato il problema.
Scene pietose di madri viste mendicare coi bambini in braccio - particolarmente gli ultimi giorni di freddo intenso - avevano rinnovato le preoccupazioni (cfr. Belgio 4 luglio 2005).
Ci sono state indagini sui rischi alla salute di questi bambini, che spesso sono curati con dosi eccessive di sciroppo della tosse. Le leggi internazionali proibiscono l'esposizione e l'impiego di bambini in circostanze estreme, come la temperatura di questi periodi.
Dopo aver coinvolto il ministro degli interni (Patrick Dewael) e quella della giustizia (Laurette Onkelinx), Dalila Douifi aveva espresso le sue preoccupazioni al ministro Dupont. Che a sua volta aveva annunciato che da martedì 12 marzo verranno impiegati 12 mediatori culturali per approcciare i mendicanti.
"L'aspetto interculturale non è secondario. Per esempio, non sempre i Rom vogliono essere aiutati. Fa parte della loro cultura," ha detto Douifi.
I mediatori saranno dispiegati nelle città di Bruxelles, Anversa, Gent, Liegi e Charleroi.
Douifi ha poi aggiunto che ci sono già stati sviluppi positivi nella città di Anversa, dove le autorità cittadine favoriscono la frequenza scolastica dei bambini nell'età dell'obbligo. Se il figlio frequenta la scuola, i genitori hanno garantiti i benefici sociali di legge.
"Il problema è molto complesso: spesso si pone come combinazione di repressione, prevenzione e rimedi. Le misure introdotte dal ministro Dupont sono un punto di partenza verso la soluzione," ha continuato Douifi, concludendo che l'impiegodi bambini per l'accattonaggio è un crimine comunque perseguibile.
Copyright Expatica News 2006
Sullo stesso argomento, ricevo:
Riguardo al cambio di
politica annunciato dal governo belga verso mendicanti ed uso dei bambini, il
presidente di Opre Roma, Wolf Staf Bruggen, è stato intervistato sul canale 1
della radio nazionale, mercoledì di settimana scorsa.
Bruggen, che è anche
delegato dell'European Roma and Travellers Forum, ha commentatola notizia,
fornendo ulteriori informazioni.
Prima di tutto,
non tutti i mendicanti nelle strade di Anversa e Bruxelles sono Rom.
Secondariamente, i Rom che mendicano, arrivano dalla Romania e vivono in Belgio
in situazione di completa illegalità, senza accesso a nessun servizio sociale di
base. Tutti i loro averi dipendono dalla mendacità. Su questo tema diverse
organizzazioni, inclusa Opre Roma, avevano già pubblicato un loro rapporto
all'inizio del 2005, dov'era chiaramente spiegato perché alcuni Rom erano
costretti a mendicare e perché dovessero portare i bambini con loro!
[...] Riguardo
all'uso di mediatori culturali ha detto che possono essere d'utilità se
appartengono alla stessa comunità e condividono lingua e tradizioni dei Rom
mendicanti.
Per terminare, il
problema non è dato dai mendicanti e la soluzione non risiede nel togliere i
bambini dalla strada. Il problema è la povertà e la mancanza di una seria
politica migratoria: occorre una soluzione strutturale che offra ai Rom
un'alternativa e la prospettiva di una vita decente.
Wolf Bruggen
Chairman-Voorzitter-Presidentos
Opré Roma ngo
opreromavzw@yahoo.com
Tel : ++32 (0)486.32.57.62
Fonte: Roma_Benelux
Da Mundo_Gitano
LA CONFORMAZIONE ETNICA DELLA COLOMBIA
Secondo il censimento generale del 2005 realizzato dal Departamento Administrativo Nacional de Estadística (DANE), la popolazione colombiana che appartiene ai gruppi etnici, è la seguente:
- Popolazione indigena: 3,4% del totale, cioè 1.378.884 persone.
- Popolazione afrodiscendente: 10,5% del totale, cioè 4.261.996 persone. Incluse le popolazioni dell'Arcipelago di San Andrés, Providencia e Santa Catalina.
- Popolazione Rom: 0,001% del totale, cioè 4.832 persone.
Fonte

Los Gitanos
Sono una comunità etnica che a cavallo di diversi secoli si mantiene distante dal resto della società, per preservare la propria cultura ed identità
Poco più di 30 anni fa, era comune vedere nelle periferie dei villaggi o delle città, i grandi i gradi carri dei gitani, che arrivavano senza preavviso in qualsiasi momento dell'anno. Lì conducevano la loro vita in comunità appartate dai gadye (chi non appartiene al popolo Rom), avvicinandosi al resto degli abitanti solamente per commerciare, si trattasse di cavalli, scarpe, lavori di metallurgia o la tradizionale lettura della anno o delle carte, queste ultime praticate dalle donne. Poi levavano le tende e i carri per si spostarsi in un'altro paese.
Al giorno d'oggi, i circa 4.00 Rom di Colombia non vivono più nei carri, ma in case in differenti kumpanias-luoghi, riuniti in quartieri specifici e con luoghi di riferimento per tutti i gitani del paese. Le più grandi kumpanias sono a Girón, Bogotá e Envigado. I gruppi familiari tendono a spostarsi frequentemente in altre città o paesi vicini, di solito non molto distanti, si tratta quindi di nomadismo circolare da kumpania a kumpania.
Per i gitani il viaggiare da un osto all'altro è sinonimo di vivere bene e di indipendenza. Dall'inizio della loro esistenza non intendono soggiacere (Rif: premessa e conclusione ndr), tentando di mantenere le loro leggi, cultura e tradizioni per tutta la costa. E questa forma di vita rimane integra sino ad oggi, nelle varie comunità sparse nel mondo. Del loro luogo d'origine conservano la lingua, il romanés, che deriva dal sanscrito e che con poche variazioni è parlato da tutti i Rom nel mondo. Però è un idioma solo parlato, una trasmissione registrata solo oralmente.
La libertà è sempre stata il loro paradigma di vita e per questo è stato un popolo perseguitato attraverso la sto. Si ritiene che i primi Rom ad arrivare sul continente americano furono quelli del terzo viaggio di Colombo. Da ciò si può affermare che la loro presenza è contemporanea all'epoca coloniale. Una seconda grande ondata migratoria avvenne tra la Prima e la Seconda Guerra Mondiale, a causa delle persecuzioni naziste, dove 500.000 gitani persero la vita.
"A differenza dell'Europa e del Medio Oriente, in Colombia nutriamo di un buon prestigio come commercianti e non esiste una xenofobia marcata. Siamo molto contenti di vivere qui, a parte la situazione di violenza che non ci premette di viaggiare con la stessa facilità del passato," dice Venecer Gómez, leader riconosciuto dei Rom in Colombia. Anche se si considerano colombiani e molti hanno i documenti, mai si sono integrati nel resto della società. Inoltre, non si accetta che una donna gitana si sposi con un gadye e se lo fa, è una vergogna per la comunità e viene espulsa dalla famiglia. Nel caso degli uomini, si accetta che si sposino con donne non appartenenti all'etnia, ma solo se queste accettano di avvicinarsi alle tradizioni. "La cultura Rom è patrilineare e gli uomini sono quelli che prendono le decisioni. Crediamo che la donna sappia adattarsi facilmente al nostro ambiente, ma che un uomo non accetterebbe di cambiare la sua forma di vita," spiega Ana Dalila Gómez, coordinatrice di Pueblo Rom (Prorom).
Le tradizioni si sono preservate sino ad oggi e la donna riveste in questo un ruolo importante, essendo quella che tramanda ai bambini la lingua e i costumi. Il processo di divenire più partecipi nella vita dello stato, è cominciato circa nove anni fa e sta dando i suoi frutti. Uno di questi è che i bambini ed i giovani frequentano la scuola, mentre prima se ne tenevano lontani per mantenere intatti i riferimenti della loro cultura.
Però la maggioranza abbandona dopo la scuola primaria, perché è costume sposarsi o iniziare a lavorare molto giovani. Una delle paure maggiori tra i Rom è perdere la propria identità, e anche se sempre marcata in maniera chiara la loro differenza etnica, lentamente si stanno spostando ad essere un popolo invisibile per la società colombiana. E la Colombia inizia a vederli come stranieri.
Tomado de: Semana. Edición Especial "Destino Colombia". Edición No. 1278. Octubre 30 a Noviembre 6 de 2006. Bogotá, D.C. - En la web
PROTSESO ORGANIZATSIAKO LE RROMANE NARODOSKO KOLOMBIAKO / PROCESO ORGANIZATIVO DEL PUEBLO ROM (GITANO) DE COLOMBIA, (PROROM) Organización Confederada a Saveto Katar le Organizatsi ay Kumpeniyi Rromane Anda´l Americhi, (SKOKRA)
su Mundo_Gitano
il 23 gennaio sono apparsi 4 articoli sui Gitani in Colombia, a
cura di:
PROTSESO ORGANIZATSIAKO LE RROMANE NARODOSKO
KOLOMBIAKO / PROCESO ORGANIZATIVO DEL PUEBLO ROM (GITANO) DE
COLOMBIA, (PROROM)Organización Confederada a Saveto Katar le
Organizatsi ay Kumpeniyi Rromane Anda´l Americhi, (SKOKRA)
Ecco una piccola selezione.
|
In principio erano conosciuti come “egiziani”,
parola che si trasformò poi in "gitanos". I Rom,
il vero nome di questa comunità, arrivarono nelle Americhe
già nel 1492 quando quattro di loro si imbarcarono con
Cristoforo Colombo. Le migrazioni proseguirono in epoca
coloniale. La popolazione crebbe ancora all'epoca delle due
guerre mondiali, quando dall'Europa fuggivano al razzismo e alle
persecuzioni nazifasciste. Molte carovane seguirono la rotta
Caracas-Bogotá-Quito-Lima-Buenos Aires installandosi dove
si trovavano meglio. In Colombia si contano circa seimila gitani
raggruppati in Kumpanias. Le più famose sono quella di
Girón a Santander, di Cúcuta (una delle più
grandi, con circa mille Rom) e quella di Bogotá, con 250
persone. Hanno una legislazione proria per la risoluzione dei
conflitti sulla base del dialogo e dell'accordo. Così, in
caso di processi, si riunisce la Kriss Romaní, una specie
di tribunale interno dei gitani più anziani, che discutono
il problema e cercano come risolverlo, sulla base di una accordo
pacifico tra ambo le parti. “Odiamo la guerra, non usiamo
armi, siamo pacifisti totali”, dice Miriam.
|
Il problema
“No signora, crede di poter fare ciò che vuole
perché lei è gitana?” Non può. I suoi
documenti non sono a posto” disse le rettrice del collegio
dove voleva studiare uno dei figli di Jenny. Ma i documenti erano
completi e compilati, con un unico problema: loro erano gitani.
Succede che non la facciano entrare nei negozi. “Il
commesso vede una donna vestita da gitana e le proibisce di
entrare, perché pensa che ruberà. Noi compriamo,
come tutti gli altri! Perché dovremmo rubare? Colpa di
quanti si spacciano per noi per darci la colpa”, protesta
Kolya.
Le loro speranze ora sono poste nelle promesse del 23 gennaio:
sistema sanitario con uno schema ispirato alle caratteristiche
del loro popolo, riconoscimento dell'etnia rom – con
documenti che permettano lo sviluppo dei commerci tradizionali e
della vita nomadica, negozi e officine dedicate alle loro
attività, tra l'altro.
“Siamo in tanti, colombiani come tutti gli altri, ma i
nostri costumi e tradizioni sono differenti. Non siamo maiali o
bruti, niente di tutto ciò. Abbiamo bisogno di aiuto
perché quando qualcuno di noi si ammala, non sappiamo come
curarlo”, dice Jenny.
Il merito dell'essere stati inseriti nel Piano Nazionale di
Sviluppo e del riconoscimento come colombiani, va a Prorom
(Proceso Organizativo del Pueblo Rom de Colombia), organismo
formato da loro stessi, che si occupa dei diritti di queste 6.000
persone e dei rapporti tra le comunità e le autorità
comunali e statali.
“Nel frattempo, molti di noi sono partiti per il Perù,
gli Stati Uniti o l'Ecuador. Se la situazione continua a
peggiorare, ci toccherà andarcene e la Colombia rimarrà
senza gitani”, continua Jenny.
La sera si avvicina e un gruppo attacca a suonare canti in
romanès e melodie orientali. Valentina balla, si muove e
fa roteare le mani. Resta solo una domanda: com'è stato
possibile mantenere la tradizione in tutto questo tempo? La
risposta di Jenny è di una semplicità disarmante:
“Non lo so, i bambini sanno di essere gitani, a loro piace
e non facciamo niente per convincerli. Non è difficile,
essere Rom è un orgoglio per tutti noi”.
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Popolazione vulnerabile
Non vivono più nei carri, ma in case di cemento e
mattoni: sono sedentari. Mantengono l'idioma, parente stretto del
sanscrito, e osservano leggi proprie, amministrata e tramandata
dalla kriss degli anziani. Si tramandano saperi e mestieri di
generazione in generazione. Gli uomini artigiani del rame e
commercianti di cavalli e scarpe. Il potere della casa poggia
sugli uomini, mentre alcune donne si dedicano alla lettura della
mano.
Dalila Gómez è una gitana fuori dagli schemi: ha
studiato all'università per coordinare gli sforzi
governativi per la scolarizzazione dei Rom. Si veste di seta, con
colori vivi e monili. Secondo lei, il suo gruppo etnico si
caratterizza per [un concetto di] frontiere più esteso di
quello della società maggioritaria, però giudica
importante l'impegno dello stato perché “prima di
essere un gruppo etnico, siamo una popolazione vulnerabile, e
cerchiamo che i politici si rivolgano a noi e ai nostri bambini
in maniera etno-educativa”.
Vénecer Gómez, un giovane gitano che non
differisce in niente da un qualsiasi studente universitario,
riconosce che “ci sono molte storie attorno al popolo
gitano. Alcune vere, altre totalmente false. Mi sono reso conto
che questo era il momento di farci conoscere”.
Una decisione che l'ha portato a studiare diritto
all'università di Bucaramanga. Dice che la cosa più
dura è stata accettare il fermarsi per anni nello stesso
posto. Ricorda di aver passato l'infanzia di villaggio in
villaggio, e di aver frequentato le elementari in diverse scuole.
“Mi stufa rimanere fermo in un posto” dice. Andai a a
scuola con i documenti di viaggio sotto braccio. I miei genitori
vedevano che non c'era lavoro e allora ci si spostava.
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Gli ultimi gitani
Le tre sorelle Gómez vivono in casa nel barrio El
Poblado di Girón (Santander). Condividono un grande salone
ben arredato e con dei grandi divani che nessuno o quasi adopera.
Il loro tempo trascorre sedute all'aperto, bevendo e osservando
loro fratello Roberto che si fuma quattro pacchetti di sigarette
al giorno. L'unica differenza con le vicine è quando
rispondono al telefono, in romanès, perché
nonostante il cognome e il tetto sulla testa sono gitane
purissime.
Loro padre, Matei Bolochoc, arrivò in Colombia dal
Venezuela all'inizio secolo. Proveniva da Parigi e si sposò
con Ana Teotiste Santos una colombiana che così acquisì
gli usi di uno dei popoli più antichi della terra.
Matei mutò il suo nome in Alfonso Gómez e
assieme ad Ana Teotiste rapidamente si mise in marcia,
rincorrendo con un carro trainato da cavalli i mezzi che da
Medellín arrivavano a San Cristóbal, in Venezuela.
Le sue figlie e Roberto, che poi avrebbe rifatto lo stesso
mestiere con un camion Silverado e la sua famiglia, vissero
quegli anni di polvere e pioggia come i più felici della
loro vita. Lo conferma Consuela a mezza voce: “Arrivavamo
in un paese e all'ingresso montavamo le tende. A volte durava
giorni, oppure settimane. Tutto dipendeva se eravamo graditi al
prete. Uno disse che eravamo ladri e malfattori, ci presero a
sassate, ma non importava. Eravamo libero e potevamo sempre
andare dove si voleva.” Il posto dove furono trattati
meglio è stato Armenia. Gli abitanti del villaggio li
accolsero nel mezzo di una tempesta, che ancora mette paura a
ricordarla.
I nuclei principali di gitani si trovano nei quartieri Atalaya
(Cúcuta), Galán, San Rafael, La Igualdad,
Primavera, Puente Aranda, Nueva Marsella, La Francia y Patio
Bonito (Bogotá), Santa María (Itagüí),
Jardín (Cali), Santa Inés (Sogamoso) e naturalmente
El Poblado, a Girón.
Nei dintorni di Bucaramanga, dove frequentemente piantavano
gli accampamenti, si stabilirono quando la violenza nelle
campagne fu tale da rendere impossibile il viaggiare oltre. Erano
proprietari del miglior locale della zona, il Bar Nebraska, che
aveva un'immensa barra tappezzata di rosso.
Oggi sono circa 150 i gitani che vivono in questa località
della zona di Santander. La maggioranza di loro mostra sulle
finestre un cartello “in vendita”, come simbolo del
loro vagabondare. Nel momento di accendere la quinta sigaretta e
con la terza tazza di caffé in mano in meno di venti
minuti (questo li distingue da quelli arrivati dall'Europa
Orientale, che consumano te nella medesima quantità),
Roberto spiega il perché del cartello: “Serve a
mantenere l'illusione che un giorno tutti potremo rimetterci in
cammino un'altra volta”.
Lui, secondogenito di una famiglia di dieci, viaggia da solo.
Qualche volta si sposta verso Boyacá, dove costruisce
forni per fusione e scappa da suo figlio Venecer, che lo
rimprovera preoccupato ogni sigaretta che si accende.
Occhi azzurri e statura considerevole, Venecer Gómez
Fuentes appartiene alla seconda generazione di una famiglia che
ha fatto la sua piccola fortuna sviluppando il mestiere
tradizionale della forgia del rame. Frequenta il quinto semestre
di Diritto nell'Università Industriale di Santander ed è
portavoce ufficiale del popolo Rom, come loro si definiscono.
Venecer non ha viaggiato con le tende, però conosce il
piacere e anche le scomodità che accompagnano l'essere
nomade della sua famiglia. “Con la Silverado abbiamo
percorso chissà quante strade, portando con noi solo i
cinque piatti per mangiare. Ognuno aveva con sé un sacco
di piume d'oca per ripararsi dal freddo e dalla pioggia”.
Naturalmente parla il romanès e nelal stanza canta canzoni
gitane che ha scaricato da internet. “La maggior parte sono
tristi all'inizio, come questa: Zia, prestami il tuo grembo per
riposare la mia testa pazza e stanca”.
Ma lo stesso è partecipe della tradizione. A 27 anni
non è stato ancora protagonista di uno dei riti
fondamentali: el abiao o matrimonio.
Per i gitani fondare una famiglia è uno degli scopi
della vita e molti lo fanno in giovine età. Senza dubbio,
le norme per sposarsi sono rigide. Gli uomini preferiscono
sposare una donna della loro etnia invece che una gadyi. In
compenso, le donne devono fidanzarsi con un gitano, pena
l'espulsione dalla comunità.
In silenzio, Venecer sembra opporre resistenza a sposarsi. Il
compito di portavoce che ha assunto lo ossessiona. Sa che se non
lavorerà per i loro diritti, i gitani di Colombia
spariranno definitivamente.
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Da
Mundo_Gitano
Alcune note sulla
storia del popolo Rom in Colombia, per PROCESO ORGANIZATIVO DEL PUEBLO
ROM (GITANO) DE COLOMBIA, PRORROM
Il 5 agosto 1998, nella
kumpania di Girón (Santander), nel quadro dello storico incontro
chiamato "Passato, Presente e Futuro del Popolo Rom di Colombia" sorse il Proceso
Organizativo del Pueblo Rom (Gitano) de Colombia (PRORROM). Attualmente i
Rom stanno lavorando intensamente perché il Governo Nazionale, con la
partecipazione dei Rom stessi, costruisca un quadro giuridico che regoli le
relazioni tra loro e lo Stato, attraverso la promulgazione di uno "Statuto
di Autonomia Culturale per il popolo Rom di Colombia".
La presenza Rom in
Colombia è più antica di quanto si creda. I Rom si incontrano in
Colombia dall'epoca della dominazione ispanica in America.
E' stato stabilito che nel
1498, col terzo viaggio di Cristoforo Colombo, arrivarono i primi quattro
Rom, conosciuti come egiptianos o egiptanos. Erano Antón de Egipto,
Catalina de Egipto, Macías de Egipto y María de Egipto, che avevano
commutato la condanna per omicidio in lavori forzati nelle galee.
Fu così che durante i
primi anni dell'invasione spagnola iniziarono ad essere tradotti in maniera
legale dalle imbarcazioni della Corona, molti Rom, svuotando in questa
maniera le carceri iberiche, mantenendo nel nuovo mondo le loro vite ed
usanze, cosa che allora in Spagna era considerato un grave delitto. Più
avanti nel tempo, la legislazione coloniale cambiò radicalmente, arrivando a
considerare i Rom come un cattivo esempio per i popoli indigeni, proibendo
il loro ingresso nelle Americhe e ordinando la deportazione di quanti vi si
erano stabiliti.
Nonostante i persistenti
intenti della Corona spagnola di controllare l'immigrazione illegale, o come
erano chiamati allora "llovidos", durante il primo secolo gli arrivi
furono considerevoli, inclusi quanti arrivarono con autorizzazioni o con
tutte le carte legali. Gli stratagemmi utilizzati dai "llovidos" per
burlarsi dei controlli coloniali furono diversi e di una creatività
infinita: dal cambio di nome e cognome, passando per la compera di false
autorizzazioni, sino al farsi passare per nobili e burocrati. Si suppone che
con questi artifizi arrivarono in quella che oggi è la Colombia, non solo
stranieri, mori ed ebrei, ma anche un gran numero di Rom.
Parte della legislazione
coloniale dell'epoca era indirizzata verso i cosiddetti "vagabundos".
In questo senso sono abbondanti i riferimenti ai problemi ed inconvenienti
che causano questi "vagabundos" che in gruppi familiari andavano
da un luogo all'altro, senza domicilio fisso né lavoro conosciuto. Le
descrizioni sui "vagabundos" si avvicinano alla vita
itinerante e nomade dei Rom e questo porta a supporre che i Rom dell'epoca
fossero catalogati in quel modo. Inoltre si trovano riferimenti ai Rom nei
numerosi giudizi emessi dal Tribunale del Santo Ufficio, meglio conosciuto
come Inquisizione. Sotto l'Inquisizione furono torturati e bruciati non solo
cristiani convertiti, mori ed ebre, ma anche molti Rom [...]
I alcune regioni di Nueva Granada
ci fu un fenomeno che la storiografia ha studiato sotto il nome di "arrochelados".
Gli "arrochelados" erano un gruppo di persone che vivevano al margine
della legislazione coloniale e che erano riusciti a costruire, in un cero
senso, società alternative al sistema della dominazione ispanica. Una delle
strategie di sopravvivenza di questi gruppi fu l'invisibilità, proprio come
fu adottata dai Rom. Recenti studi storici hanno presentato una nuova
visione dell'epoca coloniale che abbandona gli stereotipi secondo cui si è
trattato di un'epoca ordinata e tranquilla. [...] Diverse regioni furono
attraversate costantemente da gruppi nomadi ed itineranti: commercianti, "vagabundos"
ed altre persone che si dedicavano ad attività differenti dalla coltivazione
della terra.
A cosa si deve il fatto
che le testimonianze storiche sui Rom in Colombia siano poche e talvolta
inesistenti? Questa situazione è dovuta a due ragioni: La prima è che, date
le incessanti persecuzioni di cui erano vittima in Spagna e in tutta Europa,
si fecero ingenti sforzi per sparire come etnonimo. Ci sono diverse
testimonianze dalla Spagna, che evidenziano come la Corona, nel suo affanno
integrazionista e assimilazionista, proibisse espressamente l'utilizzazione
del nome Gitano. D'altra parte, era logico che se esistevano proibizioni
tassative della Corona all'ingresso e alla permanenza dei Rom nelle colonie
americane, non ci fosse altra alternativa che rifugiarsi nell'invisibilità.
I Rom attuali, nella quasi
totalità di nazionalità colombiana, tramandano attraverso la tradizione
orale che la nostra presenza in Colombia data dalla metà del XIX secolo, in
ogni caso prima che il paese adottasse il nome attuale. Questa tradizione
orale è corroborata da quella di viaggiatori stranieri dell'epoca che
menzionano la presenza di carovane di Rom che, con una certa frequenza,
percorrevano la rotta Caracas-Bogotá
-Quito-Lima- Buenos Aires.
Bisogna inoltre menzionare
che la situazione sociale e politica tra il 1821 e il 1851 vide in Colombia
diverse leggi abolizioniste che favorirono l'arrivo di diversi gruppi Rom
dall'Europa dell'Est, dove vivono sottomessi o in schiavitù. Queste leggi
abolizioniste stabilivano che chiunque arrivasse nelle nuove terre fosse
immediatamente riconosciuto come persona libera e ciò portò all'arrivo di
molti Rom in fuga verso la libertà.
Gabriel García Márquez
ricrea nel famoso "Cent'anni di Solitudine" alcuni tratti significativi
della storia del paese, in particolare della regione del Caribe.
García Márquez ritenne che la ricreazione letteraria di parte della storia
del paese senza la presenza dei Rom, sarebbe stata incompleta ed inesatta,
per questo li pone come protagonisti invisibili della narrazione, che vanno
da un paese all'altro, portando strumenti ed artefatti sconosciuti dal resto
della popolazione del tempo. Molti dei gruppi familiari Rom che vivono oggi
in Colombia sono, conseguentemente, discendenti dell'emblematico Melquíades.
La presenza dei Rom in
Colombia cresce relativamente durane gli anni tra la prima e la seconda
guerra mondiale, quando molti gruppi Rom fuggivano dagli orrori della guerra
e dalle orde nazi-fasciste, seguendo le rotte di quanti arrivarono via mare
nel XIX secolo.
Oggi, secondo quanto
riportato dal censimento del 2005, la popolazione Rom in Colombia è di 4.832
persone, cioè lo 0,001% della popolazione totale. Senza dubbio i Rom sono
molti di più e questa cifra non tiene conto dei Rom con nazionalità
colombiana che si trovano incrociando di continuo le frontiere coi paesi
vicini e quanti vivono all'estero.
Tramite PRORROM alcune
nostre richieste sono state riconosciute formalmente dallo Stato colombiano.
Tra queste le più importanti:
-
Lo Stato riconosce i
popolo Rom come gruppo etnico e transnazionale che è parte della
Colombia, dato che abita nel paese da prima della Repubblica.
-
Lo Stato riconosce che
le disposizioni legali contenute nella Convenzione 169 del 1989
dell'Organizzazione Mondiale del Lavoro "Sui Popoli Indigeni e Tribali
nei Paesi Indipendenti", si applicano estensivamente al nostro popolo,
dato che la nozione di Tribale si adatta perfettamente al tipo di
organizzazione sociale tradizionale dei Rom.
-
Lo Stato riconosce che
le disposizioni legali e costituzionali che proteggono i diritti dei
popoli indigeni e afrodiscendenti, per simmetria positiva, siano
estensive al popolo Rom.
I Rom chiedono un impegno
allo Stato colombiano per il riconoscimento attuato dei diritti del nostro
popolo, si traduca in politiche pubbliche che preservino la nostra integrità
etnica e culturale, che migliorino i nostri precari livelli di vita attuali.
Speriamo che le conseguenze del riconoscimento costituzionale della Colombia
come paese plurinazionale comprendano il nostro popolo.
BIBLIOGRAFIA
-
JUANCARLOS GAMBOA
MARTÍNEZ, ANA DALILA GÓMEZ BAOS, VENECER GÓMEZ FUENTES, et. al. Tras
el Rastro de Melquíades. Memoria y Resistencia de los Rom de Colombia. PRORROM. Bogotá, D.C. 2005.
-
VENECER GÓMEZ FUENTES,
JUANCARLOS GAMBOA MARTÍNEZ y HUGO ALEJANDRO PATERNINA ESPINOSA. Los
Rom de Colombia: Itinerario de un Pueblo Invisible. Suport Mutu. PRORROM.
Bogotá, D.C. 2000.
PRORROM
PROCESO ORGANIZATIVO
DEL PUEBLO ROM (GITANO) DE COLOMBIA / PROTSESO ORGANIZATSIAKO LE RROMANE
NARODOSKO KOLOMBIAKO
[Organización Confederada
a Saveto Katar le Organizatsi ay Kumpeniyi Rromane Anda´l Americhi, (SKOKRA)]
¿Dime, hombre,
dónde esta nuestra
tierra,
nuestros montes,
nuestros ríos,
nuestros campos y
bosques?
¿Dónde esta nuestra patria?
¿Dónde nuestras tumbas?
Están en las palabras,
en las palabras de
nuestra lengua Romaní.
ESLAM DRUDAK
da
Mundo_Gitano
I COLORI DEL NATALE* Por: JUAN CAMILO MALDONADO T.
[Il Natale] in casa di
Dalila Gómez sarà una storia differente. Come membro della comunità Gitana
di Bogotà, celebra col saviaco, una pasta di zucchero e grano e sarma,
una sorte di piccoli involtini con riso e ragu, avvolti in foglie di cavolo o di
vite.
Sono piatti per giorni speciali, anche se Dalila afferma che i Gitani
praticano tutti i giorni l'essenza del Natale. "Quello che tutti fanno in questa
settimana, noi la facciamo durante tutto l'anno" dice riferendosi all'importanza
che ha la solidarietà e, nelle sue parole, il "concetto di collettività".
Il Natale per i Gitani ha un'importanza ulteriore: "A noi importa [...]
ripulire il corpo e l'anima" racconta Dalila e non mancheranno purificazioni con
sandalo, eucalipto o cannella, sorseggiando un te alla frutta rilassante.
Alle dodici della notte [...] Dalila andrà di casa in casa, imitando così il
deambulare della sua gente.
[...] Non importa se si va di casa in casa o di isolato in isolato, se si
balla, ci si purifica o si riflette. Quello che hanno in comune i natale
bogotani è la storia che raccontano: una famiglia che si riunisce a celebrare un
sentimento condiviso. Così lo intese il vecchio Scrooge, nella Canzone di Natale
di Dickens, una festa che riunisce i cuori e celebra la vita e che rende
straordinaria una notte qualunque, che si sia ricchi o poveri, che si sia
bianchi, neri o gialli, una notte straordinaria.
Tomado de:
El Espectador. Semana del 24 al 30 de diciembre de 2006. Bogotá, D.C. P. 2A.
Da
Mundo_Gitano
[...]
Dalila Gómez, ex candidata al
Senato per il Polo Democrático Alternativo (PDA) è una giovane e bella gitana
colombiana che, come succede con le minoranze più antiche, proietta la sua
azione politica cercando migliori destini per il suo popolo, visibilità e
riconoscimento con equità in un paese che perorala politica del dialogo per
ottenere la pace.
Quali obiettivi animano la sua presenza nel Polo Democrático Alternativo?
Il popolo intende essere interculturale in una società maggioritaria a volte
ostile ed escludente e cerca di vivere questa interculturalità vivendo questi
aspetti positivi delle altre culture per rafforzare la sua propria.
Dentro questa interazione c'è il vincolo al Polo Democrático Alternativo,
precisamente per le coincidenze che ha il mio popolo nella sua essenza con l'Ideario de Unidad del Polo.
Importante è ciò che vediamo su come dev'essere la vita di comunità, con
principi, con valori, con la difesa della vita stessa, della diversità, con
principi. Questo è quel che vediamo nel PDA.
Pensiamo che tramite il Polo possiamo sottolineare un primo elemento
fondamentale che è la visibilità del popolo gitano. In secondo luogo dimostrare
alla gente chi siamo realmente, perché a volte come siamo, impregnati di
un'essenza anarchica, ci contestano l'essere vincolati ad un partito politico.
Dobbiamo quindi affermarlo, facciamo così, primo perché è un partito
progressista, secondo, perché avere una condizione etnica non ci preclude al
diritto della partecipazione politica, dove possiamo decidere senza che altri lo
facciano per noi.
Istruzione pertinente e di qualità
Quali iniziative porterete per combattere la discriminazione e per
ottenere visibilità e partecipazione come popolo?
Noi registriamo la discriminazione verso il nostro popolo in Colombia nel
disegno delle politiche pubbliche, perché queste sono generalmente per tutti, è
molto differente disegnare una politica pubblica per un gruppo etnico che per la
società maggioritaria. La società gagia, maggioritaria, ha molte opportunità
senza rinunciare al proprio patrimonio culturale, come succede nel nostro caso.
Uno degli elementi omogeneizzanti è precisamente quello dell'istruzione.
Lo Stato è il primo discriminatore del popolo gitano, perché non esiste un
referente dal punto di vista educativo per verificare se stiamo ricevendo
un'istruzione di qualità. Necessitiamo di referenti dal punto di vista gitano.
Predomina in Colombia un sistema d'istruzione dove non esistiamo nella storia.
Ci sono una serie di elementi che si scontrano con l'essenza gitana come le
gerarchie ed i tempi. Noi misuriamo l'autorità da altri punti, misuriamo altri
tempi, l'organizzazione è praticamente piana. Nel popolo Rom tutti comandano a
casa loro. Tutti sono patriarchi e le decisioni si prendono attraverso
un'istanza collettiva.
Soluzione politica con molto dialogo
Dal punto di vista gitano, che soluzioni vedete al conflitto
colombiano?
La pace, e le soluzioni che si possono dare a questo conflitto sembrano come
se avessero un nome proprio, come se avessero un padrone. Se noi siamo in un
paese come la Colombia, dobbiamo cercare uscite e cercare la pace tanto anelata,
perché la parola pace si è deteriorata nei tempi e limiti che le competano, così
che questa situazione si veda riflessa in molteplici aspetti che incidono
contro, da quello politico, all'economico, al sociale. Consideriamo che come
gruppo etnico e anche con gli indigeni e gli afrocolombiani, possiamo proporre
importanti alternative per risolvere il conflitto ed ottenere la riconciliazione
dei colombiani.
Un passo importante è il ritorno a valori come la vita, la collettività, la
sensibilità sociale. Non siamo isole, e questo implica lo scollamento del
materiale. Il conflitto consiste nel controllo del territorio, lì dove ci sono
ricchezze e diversità. Occorre trovare una soluzione politica attraverso molto
dialogo: riscattare il valore della parola.
Noi siamo un popolo di tradizione orale e mai abbiamo avuto bisogno di
firmare documenti o altre cose simili per stabilire una coerenza tra quanto si
pensa, si dice e si fa. Molte volte si pensa una cosa, se ne dice un'altra e se
ne fa un'altra distinta, questo produce uno choc. La soluzione al conflitto
passa per la negoziazione e come sempre occorre equilibrare gli interessi delle
parti per raggiungere la soluzione.
La proposta Rom al Polo Democrático Alternativo
Si è pensato a materializzare l'iniziativa Rom in un progetto di
legge?
Abbiamo una proposta presentata al Comitato Esecutivo Nazionale dal Polo
Democrático Alternativo, dalla sa branca parlamentare, che si riassume in un
progetto di legge simile alla Ley Gitana, qualcosa che si avvicina alla Legge 70
del 1993 per le comunità indigene. Vogliamo sviluppare l'articolo sette della
Costituzione, dove recita che questo è un paese plurietnico e culturale, dove
fare azioni informative per quanti siano stati discriminati attraverso la
storia.
State organizzando la celebrazione del Giorno Internazionale del
Gitano, cosa perseguite con questo evento?
Vogliamo pubblicare un libro, se l'Istituto della Cultura e Turismo ci dirà
sì, e così l'8 aprile, Giorno Internazionale del Gitano, potremo lanciare la
pubblicazione che sarà presentata dagli autori. Con la celebrazione del Giorno
Internazionale del Gitano cerchiamo soprattutto la visibilità, farci sentire. E'
un atto politico e culturale, nel quale con i fatti facciamo sentire che viviamo
in questo paese, che siamo anche colombiani e che è importante lottare per
compensare questo debito storico che si ha con la nostra comunità, in
particolare con Bogotà, una delle nostre città preferite che amiamo molto e
perché siamo contenti qui, e partendo dal nostro processo ci siamo dati molti
strumenti a livello nazionale ed internazionale.
Por: Álvaro Angarita - Periodista y sociólogo
Tomado de:
http://colombia. indymedia. org/news/ 2008/01/78661. php
Corporación para el Análisis, la Investigación, la Educación para la Paz y la
Resolución de Conflictos CREARC
"Juntos construyendo la paz"
Honro el lugar donde dentro de ti, reside todo el Universo.
Honro el lugar dentro de ti donde, si tú estás en ese lugar dentro de ti y yo
estoy en ese lugar dentro de mí, somos sólo uno.
Namaste
Telefax: (571)2831013 - 2830203
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Bogotá - Colombia - Suramérica
Da
Mundo_Gitano
Radio Nederland Wereldomroep Publicado el: 5 de septiembre 2010 - 7:00
de la mañana | Por María
Isabel García (http://www.informarn.es)
Mentre a Bruxelles la Commissione Europea studia le recenti espulsioni
verso la Romania e la Bulgaria accadute in Francia, la Colombia riconosce il
popolo Rrom come patrimonio ed espressione della pluralità culturale ed etnica,
consacrata dalla costituzione.
Non si vedono più le tende nella periferia delle città, come successe a Macondo,
quando ogni anno, durante il mese di marzo, arrivava Melquiades con le sue
invenzioni e i suoi prodigi come attrazioni, che per un momento fecero pensare
ad una di quelle di José Arcadios, della saga inventata da Gabriel Garcia
Marquez, con le quali si avrebbe potuto attirare l'oro; né l'immensa lente
d'ingrandimento con la quale un altro dei Buendia credette d'iniziare le
guerre solari.
Nei quartieri di Bogotà, Puente Aranda, Santa Isabel, El Sol, Galan, Camelia e
Ciudad Montes, è frequente incrociare delle donne con i loro vestiti lunghi e
colorati, talvolta con una sciarpa legata ai fianchi e lunghi orecchini. Sono
Gitane, che abitano come una volta nei dintorni della capitale colombiana, dove
si calcola ci siano 60 famiglie gitane, circa 700 persone, dei cinquemila che si
stima risiedono in tutto il paese. Cucuta, alla frontiera nord con il Venezuela,
è la città con la maggiore concentrazione di membri del popolo Rrom. Gli uomini
non si distinguono molto nel loro abbigliamento, generalmente indossano vestiti
scuri, anche se caratteristici a secondo del loro mestiere: forgiatura dei
metalli, o allevamento e scambio di cavalli.
Riconoscimento
"La comunità gitana è uno dei multipli gruppi umani che vivono a Bogotà e che
grazie a le sue manifestazioni artistiche rinforza la diversità del patrimonio
culturale intoccabile della città", affermò domenica scorsa (29 agosto 2010), il
Sindaco della capitale, Samuel Moreno, a una festa gitana, durante la quale
annunciò che, all'occasione di un prossimo incontro sperava di firmare un
documento relativo alla Politica Pubblica per i Rrom.
In questi giorni, il popolo Rrom di Colombia celebra l'emissione del decreto
2957, che riconosce loro caratteristiche specifiche nonché il loro contributo
"al processo di formazione della nazionalità colombiana e come parte del
patrimonio etnico e culturale della nazione" secondo Moisés Mediano,
rappresentante delle popolazioni al Ministero della Cultura.
L'eccezionale Dalila
Nativa di Bogotà e cittadina del mondo, Dalila Gomez la quale si definisce come
una "ribelle con i gitani", è un ingegnere industriale con studi di
amministrazione pubblica. Questo è piuttosto eccezionale nella sua comunità,
fortemente tradizionalista in quanto al ruolo della donna, il quale si svolge
prevalentemente all'interno del nucleo famigliare. Tuttavia, lei è visibilmente
a capo del processo che già da una decina di anni, ha iniziato a liberare il
popolo Rrom alla ricerca di un riconoscimento legale. Ha dato l'impulso e
seguito i lavori che portarono parzialmente al culmine, il 6 agosto 2010, con
l'emissione del Decreto che lo riconosce come comunità etnica con un'identità,
la cui forma di organizzazione sociale e la lingua propria hanno definito
storicamente le sue istituzioni politico-sociali.
Dalila riferisce che le strategie di incidenza politica si concentrarono nel
rendere la comunità più visibile, tramite i mezzi di comunicazione e per mezzo
della presenza in distinte istituzioni dello stato e della società.
RN. Quali saranno i piani maggiormente decisivi per il futuro?
DG. Il più importante è di concretizzare le azioni che sono state
pianificate dal punto di vista normativo, per trasformare le realtà negative e
migliorare le condizioni di vita del popolo Rrom.
RN. Si stima che in Colombia la comunità Rrom integrata sia di cinquemila
persone. Dove si localizzano, benché nomadi?
DG. In Colombia abbiamo le Kumpanias, gruppi patriarcali, famigliari,
stabiliti nei quartieri di alcune delle grandi città, considerando che la
maggior presenza gitana si registra in Cucuta, Giron, Barranquilla, Cartagena e
Bogotà.
RN. A quando risale la presenza dei gitani nel paese?
DG. Secondo i registri dell'Archivio dell'India, i primi gitani
arrivarono in America all'epoca del terzo viaggio di Cristoforo Colombo. Fino
alla fine del XVIII secolo erano chiamati "arrochelados" o "llovidos", e si
integravano con degli schiavi sfuggiti e indigeni che non si sottomettevano alle
leggi coloniali. Nuove ondate di immigranti arrivarono quando fu stabilita la
Repubblica, e poi durante la prima e la seconda guerra mondiale. Recentemente,
più che arrivare, vanno via dei gitani, in quanto a causa del conflitto interno,
la Colombia non è un paese adeguato per ospitarli.
RN. Sono persone di armonia e di pace.
DG. Siamo un popolo pacifico, non abbiamo nessun eroe riconosciuto, né
odi tramandati, il che si traduce in un grande amore per la vita, e questo fa si
che abbiamo un concetto del tempo e della libertà, molto particolare, differente
di quello della maggioranza delle società nei vari paesi, dove si legifera per i
sedentari e si hanno forme rigide per il controllo della gente, dell'essere
umano.
RN. Come vede la persecuzione della quale sono stati oggetto i gitani, in
Europa e in Francia?
DG. I gitani in Europa, equivalgono agli indigeni in America, perché sono
discriminati, c'è il genocidio etnico, alto tasso di mortalità infantile, i loro
figli sono considerati a scuola come dei disabili. Perché un gitano possa
eccellere in Europa, deve riempire più condizioni del normale, in quanto c'è
molto razzismo. Quello che vediamo ora in Francia, un paese notoriamente
liberale, il quale fece la rivoluzione per promuovere i diritti di tutte le
persone, è una retrocessione; stanno dimostrando che ritornano al nazismo, come
durante la seconda guerra mondiale. Al contrario, nel nostro paese, considerato
del terzo mondo, malgrado i nostri conflitti e i nostri problemi, stiamo dando
un esempio di civiltà. Inoltre abbiamo una ferma volontà di convivere con gli
altri gruppi e culture.
Saluto romanì
E in segno di fratellanza, Dalila rivolge un saluto in lingua romanì, che
tradotto significa:
"Saluto e libertà per tutti i gitani del mondo; stiamo passando attraverso un
momento di crisi, speriamo che tutto si aggiusti, pensiamo che valgano più la
ragione dell'essere umano per cercare il dialogo tramite la parola, e la
saggezza. Basta essere preparati, si tratta di dimostrare al mondo che siamo
esseri umani e che meritiamo di vivere su questo pianeta."
Da
Mundo_Gitano (altro su
Dalila Gomez)
EL MUNDO.es Por: Anna Viñas* - 16 aprile 2011
* Giornalista e sta girando il mondo per descriverci la situazione della
donna nei cinque continenti

Dalila vive una contraddizione. Si definisce innanzitutto una gitana,
ama il suo popolo e le sue tradizioni, e pertanto si veste da gitana, vive nel
suo gruppo e ne parla l'idioma, il romanés. Però proprio per amore alla sua "kumpania",
il nome che riceve la comunità in romanés, ha rotto con la maggior parte degli
archetipi che limitano la donna gitana. E' ingegnere industriale, ha
lavorato per l'amministrazione colombiana, ed il consiglio dei patriarchi della
comunità -un'istituzione vietata alle donne- non prende nessuna decisione
senza prima consultarla. "Io faccio sempre quel che voglio", assicura. Non è
poco. Il suo obiettivo: lottare per i diritti del popolo rom.
Il suo cammino verso la ribellione iniziò a 18 anni, quando decise che voleva
andare all'università. Contravvenendo ai desideri di tutta la famiglia,
preoccupata più di ogni altra cosa che si sposasse, Dalila si è laureata
grazie al denaro guadagnato leggendo la fortuna alle sue compagne di corso.
"Mio padre non voleva che studiassi e mi diceva che se l'avessi fatto sarei
diventata una gagì (paya), che all'università si apprendono cose cattive, come
la droga o la prostituzione."
Come poche gitane in Colombia, Dalila non si è sposata a 15 anni, non è rimasta
incinta ed è riuscita a diventare ingegnere industriale specializzata in
gestione e pianificazione dello sviluppo. Passata attraverso diverse imprese,
facendosi passare come occidentale per paura delle discriminazioni, sino ad
arrivare all'amministrazione pubblica, dove ha iniziato a lavorare per i diritti
del suo popolo. Il suo impegno si è materializzato in un decreto che
riconosce i gitani come gruppo etnico colombiano, presente nel paese
dall'epoca coloniale ed in un censimento. " Già ora siamo una variabile di cui
tenere conto nel bilancio, dato che il popolo gitano deve affrontare diverse
sfide. Una di queste è di attuare politiche di prevenzione nella salute, perché
culturalmente i gitani non ci pensano. Un'altra sfida è la scolarizzazione dei
bambini, che molto presto abbandonano la scuola perché i loro modelli culturali
non rientrano nel sistema educativo omologante della società occidentale." Di
fatto, si calcola che in Colombia il 70% dei bambini gitani non abbia mai
messo piede in una scuola.
La maggior parte dei problemi rispondono a blocchi culturali, e Dalila lo ha
sperimentato nella storia della sua vita. Durante i primi anni di scuola ricorda
di essere stata una bimba segnalata per le sue "strane" abitudini e per il
suo modo di vestire. "Non parlavo bene il castigliano ed avevo uno
strano accento perché in famiglia si parlava il romanés. Inoltre, i miei
compagni di classe non capivano perché non avessi una casa e vivessi in una
tenda." Era l'obiettivo degli scherzi, ma lei voleva lo stesso completare gli
studi. Inoltre dovette adattarsi ai nuovi modelli di autorità. "Ero molto
ribelle perché non capivo che il professore dovesse comandarmi. Nella kumpania
solo il patriarca ha l'autorità sugli altri ed i bambini sono sempre molto
liberi."
La libertà è uno dei valori più apprezzati dal popolo gitano, che si
dichiarano libertari. Non vogliono [...] padroni, non accettano la routine, né
essere schiavi del tempo. "Viviamo nel presente, nel qui e ora. Non ci occupiamo
del passato, e questo in parte ci pregiudica perché non reclamiamo giustizia.
Non abbiamo capitalizzato l'Olocausto come gli Ebrei." Non si preoccupano
neanche del futuro, da qui il disinteresse alla prevenzione o al risparmio. "Se
abbiamo soldi li spendiamo o li condividiamo con gli altri," dato che la loro
concezione di vita è collettiva.
Distaccati dalla materia e dal territorio, i gitani sono nomadi per
concezione di vita, anche se oggi è un'opzione difficilmente realizzabile a
causa delle frontiere, e in Colombia dal conflitto armato. "Anche se la guerra
genera il fenomeno dello spiazzamento in molte vittime, noi soffriamo il
confinamento. Dentro un territorio ci sentiamo sequestrati, e questo influisce
sulla nostra qualità di vita."
Tuttavia, la mobilità è il loro livello mentale. Ed è quello che da vita a
Dalila. "Quando lavoravo per l'amministrazione, mi offrirono un posto fisso ma
rifiutai. Non era per me." Tuttavia, il lavoronon le è mai mancato, e quindi lei
èil supporto economico della sua famiglia allargata, con 20 membri. "Mio
padre ed i miei fratelli non hanno un'entrata stabile, perché sono artigiani del
rame e non vendono molto. Io sostengo tutti e loro sono orgogliosi di me per
il mio lavoro."
Tuttavia, in precedenza era una donna perseguitata dai patriarchi della
comunità, ed era a rischio di essere esclusa dal suo lavoro pubblico in
difesa degli interessi del popolo gitano. "Mi giudicavano e mi accusavano di
voler rimpiazzare gli uomini. Non accettavano che prendessi il comando."
Proprio la mancanza i rappresentanza delle donne e la loro assenza negli
organi di potere, è per Dalila un'altra delle sfide che deve affrontare il
popolo rom. "Dobbiamo cambiare in alcune cose, per esempio il nostro accesso
all'istruzione superiore, se vogliamo essere in una situazione migliore."
Tuttavia, sottolinea che "questo non significa che dobbiamo cambiare la nostra
maniera di essere."
Si riferisce ai lignaggi patrilineari che organizzano il gruppo, e alla
differenziazione tra uomini e donne, che dice "si prendono cura di loro."
Per Dalila questo non è maschilismo. "I gitani hanno imparato ad essere
maschilisti dalla società occidentale, non dalla nostra cultura," assicura.
"Vedo il maschilismo come una questione del capitalismo, in cui gli
uomini vogliono possedere le donne, però per i gitani non è una questione di
possesso, ma di rispetto."
Dalila intende preservare l'essenza gitana immergendola nei nuovi tempi, e ha
iniziato l'esperimento con la sua stessa vita. Ha cambiato il suo destino di
donna gitana studiando, pianificando e investendo nel suo futuro per essere
autonoma, ed è riuscita a farsi ascoltare dagli organi di comando della sua
kumpania. Dalila ha rotto con gli schemi del popolo gitano, al fine di
preservarli. Sembra questa stessa una contraddizione, però la vita ne è
piena.
_______
PRORROM
Proceso Organizativo del Pueblo Rrom (Gitano) de Colombia
Correo-e: prorrom@gmail.com
“Yo no se qué tristeza o qué alegría me producen estas aves errantes a quienes
amparan el sol y la luna y el cielo y las estrellas y los árboles. Tristeza de
irse a todas horas. Alegría de renovar el horizonte a cada que los pájaros
cantan al alba. Alegría de no pesar sobre la tierra más de lo que pesa una yerba.
Tristeza de no tener Patria, ni raza, ni alero nativo” / (Tic Tac: 1913)
Da
Mundo_Gitano
ELTIEMPO.COM vida de hoy I bambini gitani in Colombia convivono tra la
modernità ed i loro costumi ancestrali Por: JOSÉ ALBERTO MOJICA P.
Foto: Claudia Rubio / EL TIEMPO Nella casa di Geraldín, in un quartiere della
zona 3 a ovest di Bogotá, vivono 23 persone. Suo papà è un artigiano del rame
A Bogotá passano inosservati perché sono immersi nella società. Dicono
che qui stanno meglio che in altri paesi dove sono perseguiti. Cronaca
"Sì, sono Gitana", confessò Geraldín Gómez davanti ai suoi compagni di
classe, quando un'insegnante le chiese se era vero quello che si commentava
nella scuola, Questo successe appena un mese fa.
"Non l'avevo detto prima perché, anche se non è un segreto, non è neanche da
raccontare a tutti", dice la ragazza, 12 anni, studente di quinta della
primaria.
Le sue amiche, stupite, le chiedono con curiosità se vive nelle tende, come
mostrano le telenovelas e le pellicole, e poi le han chiesto di leggerle la
mano.
Anche se ha ereditato le tradizioni della sua cultura millenaria dai suoi
genitori e dai nonno, e domina la lingua del popolo Rom, la chiromanzia non le
piace. Di più, chiarisce che si tratta di arte con cui si nasce e che lei non
possiede.
Geraldín è quasi una donna, di più: una bella donna. E questo preoccupa sua
padre, un uomo forte che, come la maggioranza dei maschi Gitani, si guadagna la
vita come artigiano del rame.
E' uso sposarsi a 15 anni
In casa sua, dove vivono 23 persone, in un quartiere della zona 3 a ovest di
Bogotá, condivide una stanza con fratelli e genitori.
Per l'età e la bellezza di
Geraldín, il padre confessa di pensare di ritirarla da scuola. "Lo studio va
bene, però fuori, con i 'gadzhe' (non Gitani), può perdere le sue tradizioni.
Inoltre, è quasi una donna e gli uomini possono infastidirla", sostiene.
E oltre al futuro, che spera per sua figlia, come comandano le leggi del popolo
Rom, è che a 15 anni abbia già una famiglia, con un uomo della sua comunità.
Però lei, come in molti di questi tempi, la pensa diversamente. E questo,
secondo
Dalila
Gómez, Coordinatrice Generale del Processo Organizzativo del Popolo Rom di
Colombia (PRORROM) - che cerca di garantire i diritti collettivi del suo popolo
- si è convertito in un problema.
"Anche se hanno ereditato l'idioma ed i costumi, è impossibile pretendere che
siano uguali ai Gitani di altre epoche. Vivono una dualità: tra il mistico ed il
mondo contemporaneo", sostiene Dalila, una delle poche Gitane in Colombia che
hanno una professione precisa. E' ingegnere industriale e lavora per lo Stato.
Ha dovuto confrontarsi coi suoi genitori e con tutta la comunità quando
decise che, invece di sposarsi così giovane, voleva studiare.
Oggi non è solo la leader più visibile del popolo Rom nel paese, ma si è
convertita in un modello per i giovani.
Il suo mondo è il moderno
Dalila aggiunge che, da circa due decadi, i bimbi Gitani non hanno vissuto la
vita itinerante dei loro antenati, che il tema della chiromanzia e
dell'artigianato non li emoziona, e che le tendenze attuali come la musica e
Internet sono parte della loro quotidianità.
Nonostante, Geraldín afferma che i bimbi Gitani in Colombia sono fortunati,
rispetto ai loro coetanei in Europa.
Da poco, si è interessata alle notizie dall'Italia dove si è generata una
polemica sulla proposta del Governo di questo paese di prendere le impronte
digitali ai bambini di questa etnia al fine di evitare che mendichino.
Ed ha saputo anche che due bambine Gitane sono morte affogate in una spiaggia
italiana, di fronte allo sguardo indifferente dei turisti. "Questo è inumano, e
assurdo. Siamo persone come le altre, non una piaga come molti ci vedono", dice.
Geraldín rispetta le intenzioni di suo padre, però spera che comprenda che i
tempi sono cambiati e che lei può ottenere una professione senza smettere di
essere Gitana, come ha fatto Dalila, sua zia. Tanto che vuole montare una
propria accademia di danza ed essere cantante, mentre va all'università.
"Nessuno sa cosa può succedere col futuro della bimba, però io l'appoggio.
Voglio che studi e abbia una vita migliore. Essere Gitano, andare da un posto
all'altro, non avere nulla, è molto difficile", dice sua madre, Miryam.
Geraldín sa che ha davanti una lotta ferrea col suo destino. Non vuole
ripetere la storia di sua madre, vuole diventare un professionista, senza
smettere di essere una buona Gitana.
"Il futuro per i Gitani non esiste. Il futuro è oggi e ora. Aspettiamo di
vedere cosa succede quando arriva il momento di decidere", dice.
Qui vivono in 5.000
In Colombia, secondo il censimento del 2005, vivono circa 5.000 gitani. Di
questi, 1.446 sono minori. Sono considerati come etnia dallo Stato dal 1998.
Gli uomini vivono del commercio informale, dell'artigianato dei metalli e del
rame e della riparazione di macchine pesanti. Le donne si dedicano alla
chiromanzia, al cucito ed alla cura della casa.
I gitani sono originari del nord dell'India. La loro presenza in Colombia
iniziò nel XIX secolo. Arrivarono in America Latina col terzo viaggio di
Colombo.
Bogotá, D.C., 16 de agosto de 2008.
Redacción Vida de Hoy. El Tiempo.
di Una Čilić,
Aida Halvadzija,
Erna Dželilović -
Fonte: International Justice
- ICTY
La discriminazione, la povertà e i problemi della comunità rendono difficile il
successo ai giovani rom.
Nehrudin Cikaric aiuta un bambino in matematica al centro diurno per bambini
in situazioni di vulnerabilità (Foto: Una Čilić)
Haris Husic, ora 23enne, ricorda con chiarezza come venne bocciato al suo
compito di matematica, all'età di dieci anni, nonostante fosse assente il giorno
in cui si svolse.
Quando chiese all'insegnante quando avrebbe potuto dare il compito, lei gli
rispose che gli aveva già dato l'insufficienza.
"Le chiesi come fosse possibile, visto che non ero nemmeno andato a scuola ma
lei mi disse 'non importa, la prossima volta prenderai un voto migliore'"
ricorda.
Storie
di transizione: Nehrudin - Video di Una Cilic, Aida Halvadzija ed
Erna Dzelilovic da Sarajevo.
Più avanti, Husic seppe che, quando gli mise l'insufficienza, la maestra
commentò "Quand'è che finiranno la scuola?"
"Loro" significa i rom, una minoranza impoverita in Bosnia ed Erzegovina (BiH),
trovatasi ai margini della società e oggetto di forti pregiudizi.
Husic, che vive nella piccola cittadina di Visoko, vicino alla capitale
bosniaca, sta ora studiando lingua e letteratura tedesca all'università di
Sarajevo.
Dice di essere spesso incappato nell'intolleranza, spesso basata sulla credenza
che i rom siano tutti ladri.
"Non mi vergogno delle mie origini" dice "Per me, tutte le persone sono uguali e
non le differenzio in nessun modo. Do sempre il meglio di me stesso per trattare
tutti bene, attitudine che mi ha aiutato a superare i miei problemi con la
discriminazione."
Non avendo entrate fisse in casa, Husic usufruisce di una borsa di studio
mensile di 100 marchi bosniaci (70 $) datagli dal Fondo per l'Educazione in
Bosnia ed Erzegovina per coprire le sue spese giornaliere ed alimentari.
"Non è facile ma non mi arrenderò mai. Darò il mio meglio per finire gli studi,
anche se dovessi camminare ogni giorno da Visoko a Sarajevo." dice.
Nonostante le attuali disposizioni del governo per aiutare i rom, il pregiudizio
diffuso e le tradizioni conservative della comunità stessa fanno si che vi siano
pochi progressi.
BASSI LIVELLI DI ISCRIZIONE ALLA SCUOLA SECONDARIA
L'educazione, soprattutto, è uno dei campi in cui i rom ancora non hanno
risultati.
Secondo i dati del Ministero per i Diritti Umani e i Rifugiati, vi sono 17.000
rom registrati in Bosnia-Erzegovina, anche se il numero reale è supposto essere
il doppio, visto che molti non hanno documenti di identità.
Secondo un report pubblicato dal Ministero vi sarebbero stati 3.000 bambini rom
frequentanti la scuola primaria nell'anno scolastico 2011/12, mentre solamente
243 avrebbero frequentato la scuola superiore quello stesso anno.
"Uno dei principali problemi dell'educazione dei bambini rom, oltre alla
povertà, è che l'istruzione non è molto valorizzata dalla società rom" dice
Dalibor Tanic, un giornalista rom che lavora per Start magazine "La media dei
genitori rom pensa che sia più importante per i loro figli aiutare nelle entrate
economiche della famiglia, piuttosto che perdere tempo a scuola."
"L'altro problema è che, per un bambino rom con genitori illetterati, risulta
molto difficile andare bene a scuola. Faticano a stare al passo con gli altri
bambini, che hanno frequentato l'asilo - cosa molto rara nella comunità rom - e
i cui genitori possono aiutarli nello svolgimento dei compiti per casa."
Alcuni giovani rom fuggono dalla loro comunità e dalle loro tradizioni per poter
partecipare in pieno alla società civile bosniaca.
"ROM ED ORGOGLIOSA DI ESSERLO"
Aldina Fafulovic, un'attivista di 24 anni, dice che molti rom evitano di
dichiarare le proprie origini per evitare discriminazioni.
"Sappiamo tutti che vi sono dei giovani universitari che si vergognano di dire
di essere rom e che decidono di nascondere le loro origini per evitare di essere
visti come diversi dai loro compagni di corso" dice.
Fafulovic, comunque, è determinata a non lasciare che questo stigma influisca
sulla sua vita.
"Sono rom ed orgogliosa di esserlo. Non mi vergogno di dirlo" dice.
Fafulovic è attiva nella comunità rom dall'età di 13 anni, quando il suo
interesse venne acceso durante la partecipazione ad un seminario sui problemi
dei rom a Spalato, in Croazia, al quale partecipo assieme al padre.
"Quando ebbi 20 anni, ebbi l'opportunità di partecipare ad una conferenza
mondiale sull'HIV/AIDS in Austria, dove incontrai persone provenienti da tutto
il mondo, dall'Africa, dall'Asia, dall'Europa e dagli Stati Uniti" dice "Ebbi
l'onore di partecipare a quella conferenza e di dire 'sono rom e lotto per i
diritti della mia gente.'"
Fafulovic è stata la prima donna rom ad iscriversi al corso universitario per
educatori dell'università di Sarajevo e la prima rom ad andare a vivere nel
dormitorio universitario.
È diventata specialista rom per la missione OSCE in Bosnia-Erzegovina ed è ora
membro e fondatore dell'associazione Mladi Romi (Giovani rom).
Il gruppo si dedica alla preservazione della cultura rom e, altresì,
all'educazione dei giovani rom a Vitez, città della Bosnia centrale, casa di
circa 125 famiglie rom per un numero totale di circa 500 persone.
Fafulovic è anche una degli assistenti rom del progetto Vrtic za Sve (Asilo per
tutti), mirato a supportare i bambini in condizioni di vulnerabilità.
"Molte persone, quando vedono un rom che chiede l'elemosina, pensano che tutti i
rom siano uguali" dice Fafulovic "Fortunatamente, non è così, perché solamente
nel nostro villaggio (Sofa) 85 bambini frequentano la scuola primaria, 12 la
scuola superiore e 2 di noi l'università"
Ma Fafulovic dichiara di aver dovuto affrontare l'opposizione della sua stessa
comunità, in cui molti leader rom vedono i giovani attivisti come un affronto
alla loro posizione.
"Nonostante ciò, sono riuscita ad ottenere qualcosa tramite il mio lavoro"
continua "L'anno scorso ho organizzato la donazione di 250 zaini contenenti
materiali scolastici utili per tutti i bambini a rischio della zona di Vitez."
Aldijana Dedic, 26 anni, dice che la discriminazione è sempre stata parte della
sua vita. Suo padre è rom e sua madre bosniaca musulmana.
"Le persone mi trattano diversamente quando scoprono che mio padre è rom" dice
"ogni volta che ho lavorato, anche se con successo, ho sempre sentito le persone
dirmi alle spalle 'sappiamo di chi è figlia, è la figlia di quello zingaro.'"
Dedic, che ha svolto il tirocinio come esperta rom all'OSCE e alla Commissione
Europea in Bosnia-Erzegovina, pensa che il pregiudizio contro i rom esisterà
sempre, non importa quale livello di educazione e quali professioni essi
otterranno.
"Viviamo in un ambiente nel quale la comunità internazionale ha ancora da
affermare che i rom debbano essere inclusi nella società" dice.
SUCCESSO LIMITATO DELLA POLITICA D'INCLUSIONE
Nel 2008, la Bosnia-Erzegovina ha aderito ad un'iniziativa internazionale volta
a migliorare le condizioni di vita dei rom.
Il Decennio per l'Inclusione dei Rom 2005-2015 ha riunito governi, organizzazioni
non-governative e la società civile rom nello sforzo di eliminare il gap tra la
comunità rom e il resto della società.
Venti Paesi hanno preso parte all'iniziativa, che si focalizza su istruzione,
lavoro, salute e abitazione e che impegna i governi del prendere misure nei
campi della povertà, della discriminazione e delle questioni di genere.
Sanela Besic, coordinatrice del Centro Informativo Rom di Sarajevo Kali Sara,
dice che il Decennio per l'Inclusione dei Rom ha portato a definire chiaramente i
documenti politici, redatti per la prima volta, col Consiglio dei Ministri e
allocanti 3 milioni di marchi bosniaci (2.1 milioni di dollari) per la sua
implementazione in questo anno.
Il successo più evidente è stato nel campo abitativo con 400 case ed
appartamenti costruiti per i rom per un costo di circa 12 milioni di marchi
bosniaci.
Comunque, solo 250 rom hanno finora trovato lavoro tramite del iniziative delil
Decennio, iniziata in Bosnia nel 2009.
"Molte famiglie rom non hanno ancora una casa, accesso alle cure mediche,
nemmeno un'alimentazione sufficiente" dice Besic, e aggiunge "È questo che
bisognerebbe cambiare nelil Decennio. Le famiglie in condizioni di povertà estreme
dovrebbero ricevere un sostentamento base."
La mancanza di un supporto finanziario limita le prospettive future di molti
rom.
Armina Ahmetovic, 20 anni, è stata la prima ragazza rom a finire i tre anni di
scuola professionale a Jablanica, nella Bosnia meridionale. Voleva studiare per
diventare infermiera ma, la mancanza di fondi, le ha reso impossibile il
viaggiare fino a Mostar, a 50 kilometri di distanza, per continuare la sua
istruzione e, alla fine, si è arresa.
Ahmetovic ha ora la patente e spera di trovare un lavoro. Continua a credere che
"l'educazione è molto importante e tutti quelli che hanno possibilità economiche
dovrebbero continuare a frequentare la scuola."
Il giornalista rom Tanic, che monitora attivamente i progressi delil Decennio per
l'Inclusione dei Rom, crede che sarà necessario molto più tempo per vedere dei
risultati visibili.
"I problemi del popolo rom si sono accumulati per decenni e, nel caso della
discriminazione, per secoli" dice "Non credo a nessuno che dice che siano stati
fatti grossi passi avanti grazie alil Decennio, specialmente in
Bosnia-Erzegovina."
Lui accusa i leader rom e le ONG di perdersi in conflitti interni che rallentano
i progressi.
"Certamente, sono stati fatti dei tentativi positivi, sono stati fatti dei
progetti, durante il Decennio, ma non hanno concluso molto per migliorare gli
standard di vita dei rom." dice "Vi sono alcune ONG che hanno fatto molto negli
abitati rom ma non è comunque abbastanza. Vi sono 5 o 6 organizzazioni dominanti
che impediscono ad altre organizzazioni di contribuire."
IL NUMERO TITOLI DI STUDIO PRIMARI NON SALE
Tanic spiega che, nonostante il supporto extra dato dal Decennio per
l'Inclusione dei Rom, il bambini della comunità rom che completa la scuola
primaria rimane basso.
"Durante il progetto, i bambini rom hanno ricevuto libri di testo gratis ma
questi benefici non sono stati sufficienti per tenerli a scuola" dice "anche se
il Decennio ha aumentato il numero di bambini rom iscritti a scuola non vi è un
numero maggiore di conseguimento di titoli di studio."
Tanic crede che "dopo il 2015 lo sforzo maggiore dovrà essere direzionato a
trovare impiego per i rom, perché, se almeno uno dei genitori lavorasse,sarebbe
più facile per i loro figli andare a scuola e conseguire un titolo di studio."
Dalila Ahmetovic di Kakanj è una dei successi della comunità rom. Laureatasi
alla facoltà di comunicazione all'università di Sarajevo, sta ora studiando alla
magistrale.
Come Husic, è beneficiaria di una borsa di studio dal Fondo per l'Educazione in
Bosnia ed Erzegovina, che ha distribuito borse di studio in Bosnia-Erzegovina
negli ultimi 15 anni, tra cui 8.360 tra bambini e ragazzi rom.
"Vivo in un ambiente in cui i rom che terminano gli studi superiori sono rari e
in cui l'istruzione universitaria è considerata una mosca bianca" dice Dalila,
che beneficia di supporto finanziario ed emotivo da parte dei genitori.
Gli attivisti ricevono conforto dal fatto che l'interesse nell'assegnare borse
di studio a giovani rom è in aumento, con l'Associazione riportante che, nel
2005-06, 69 giovani hanno fatto richiesta di un finanziamento, numero salito a
187 nel 2012-13.
Dalila sottolinea l'importanza dell'educazione.
"La maggior parte dei bambini rom non può andare a scuola a causa delle
condizioni di vita e della povertà estrema che impedisce loro di acquistare
libri e altri materiali scolastici." dice "Nonostante queste difficoltà, tutti i
bambini rom dovrebbero ricevere l'opportunità di andare a scuola e di
migliorarsi perché, come ho già detto, questo è il fattore chiave per lo
sviluppo della società rom."
"Solo i giovani istruiti possono fare qualcosa per se stessi e per tutta la
società, per un futuro migliore."
Il video che accompagna queste storie presenta Nehrudin Cikaric, un giovane
attivista rom che è passato dal chiedere l'elemosina, da bambino, al frequentare
regolarmente la scuola e a giocare a calcio e praticare boxe ad alti livelli.
Inoltre, fa il volontario al centro per bambini in situazioni di vulnerabilità
insegnando matematica ai bambini piccoli. Nehrudin spera di entrare nella
polizia bosniaca o nell'esercito una volta terminata la scuola.
Da
Mundo_Gitano
Messaggio di PROROM presentato nella sessione plenaria del secondo
Congresso Nazionale del POLO DEMOCRATICO ALTERNATIVO [Bogotá, D.C., 26, 27 E 28
febbraio 2009]
da ANA DALILA GÓMEZ BAOS, Rappresentante del popolo Rom nel Comitato Esecutivo
Nazionale del PDA
Ricevano tutti i delegati e delegate presenti in questo Secondo Congresso
Nazionale del Polo Democratico Alternativo (PDA) un saluto fraterno e libertario
a nome del popolo Rrom, meglio conosciuto come Gitano.
Con la nostra parola millenaria, forgiata lungo secoli di resistenze e lotte
contro la discriminazione, il razzismo, la xenofobia e la schiavitù, vi salutano
gli invisibili di queste terre, che nonostante vivano in questo paese dall'epoca
della dominazione ispanica, seguono ad essere sconosciuti e negati nei loro
diritti collettivi.
Tramite me, qui e ora, parlano le voci variopinte di un popolo che spinto
alla marginalizzazione e all'esclusione, si è visto obbligato a rimanere in
silenzio per lungo tempo. Quindi la mia voce in questo scenario, sono migliaia
di voci che vogliono farsi sentire per dire qui anche noi siamo presenti,
apportando alla costruzione di questo progetto di speranza in cui partecipano
altri popoli, altre lingue, altre culture, altri colori, altri modi di
pensare, infine, altri che son distinti dal nostro popolo però con i quali ci
siamo incontrati in questa proposta di costruire un paese dove entriamo tutti.
Quindi voglio che comprendiate che dietro il mio viso ci sono molti altri
visi, alcune volte tristi, a volte caricati di frustrazione e rabbia, però oggi
specialmente allegri di poter parlare davanti a questo nutrito auditorio dove
convergono le diversità di questo paese.
Il Proceso Organizativo del Pueblo Rrom (Gitano) di Colombia (PRORROM)
è sorto il 6 agosto 1998 col proposito centrale di rendere i Rrom visibili
davanti alla società nazionale e allo Stato colombiano e poter così richiedere
il riconoscimento pieno ed integrale dei nostri diritti collettivi, tra cui si
stacca, come uno dei più significativi, il nostro diritto alla libera
determinazione.
Il nostro collegamento al PDA si spiega perché qui stiamo incontrando scenari
adeguati per farci conoscere come siamo, nella nostra grandezza ma anche nelle
nostre debolezze, e per tessere alleanze con i popoli indigeni e afrodiscendenti,
con i movimenti sociali che si sono mutati in alleati della nostra causa. Non è
per caso, quindi, che il mio popolo sta partecipando al PDA.
Nella nostra instancabile ricerca di riconoscimento qui abbiamo incontrato
altri popoli e settori sociali che han fatto eco alle nostre domande, ragione
per cui possiamo dire senza dubbio che in molti dei visi di chi sta ascoltando
queste modeste e disordinate parole, possiamo davvero vedere visi conosciuti,
visi di altri Rrom. E' incontrandoci con voi che il nostro popolo può smettere
di essere una minoranza etnica, definita quantitativamente, per passare ad
essere un popolo soggetto di diritti a cui si riconosce, tra gli altri aspetti,
i suoi contributi al processo di configurazione di quella che oggi si chiama
Colombia.
Abbiamo visto che molti dei nostri princìpi che danno ordine e armonia alla
nostra vita quotidiana, si installano nei lineamenti che han dato forma e
contenuto a questo progetto politico e sociale che è il PDA. Il nostro popolo,
non occorre ricordarlo, si regge sulla solidarietà, la reciprocità, il mutuo
appoggio, la complementarietà degli opposti, la dispersione e l'orizzontalità
delle sue autorità, per un enorme attaccamento alla libertà ed all'autonomia...
tutti valori che pensiamo possano servire a questo progetto in costruzione
permanente com'è il PDA a misura dei nostri sogni e alla portata di tutti.
Rispetto al nostro popolo, sinora il PDA ha dimostrato di essere abbastanza
inclusivo, come richiesto ha garantito l'accesso e la partecipazione alle
principali istanze di direzione a rappresentanti del nostro popolo e della
nostra organizzazione. Senza dubbio, occorre dirlo, manca tuttora molto perché
all'interno del PDA si dia una vera democrazia di popoli e culture, cosicché si
rompa questo etnocentrismo di radice occidentale, sempre favorito in questo tipo
di organizzazioni e che finisce per imporre la sua logica ai popoli e culture
portatori di altre tradizioni della conoscenza.
I tre delegati di PRORROM presenti in questo Secondo Congresso Nazionale del PDA
- un donna, un giovane e un uomo - in questi due giorni hanno partecipato con
entusiasmo e convinzione, pensando quanto sia necessario preservare l'unità e
allontanare le minacce di divisione che a volte si sommano. In questo senso
abbiamo dispiegato tutte le nostre capacità magiche, eroiche ed inventive per
fare che questo sogno di speranza e futuro continui ad avanzare con fermezza,
trascendendo sempre le tensioni ed i conflitti che vengono presentandosi.
Contate sempre sui Rrom per aggiungere, mai per dividere. Contate su di noi per
rafforzare una proposta amplia ed inclusiva, però senza che questo significhi
cambiare sino al punto di smettere di essere quello che il PDA è stato sino a
oggi. Quindi, contate sul nostro popolo per continuare a costruire un progetto
politico e sociale che necessariamente dev'essere alternativo, progressista, di
sinistra... che renda possibile l'uso del socialismo magico in queste terre.
Per finire, un appello fraterno ai Senatori e Rappresentanti alla Camera del PDA:
Chi di voi vuole accettare la sfida storica di presentare, col nostro concorso,
un progetto di legge che dia al nostro popolo il posto che si merita nel paese e
che ci permetta di lasciare indietro questa atavica invisibilità?
Saluti e libertà!
Bogotá, D.C., 28 febbraio 2009.
PRORROM
Proceso Organizativo del Pueblo Rrom (Gitano) de Colombia
Correo-e: prorrom@gmail.com
"Yo no se qué tristeza o qué alegría me producen estas aves errantes a quienes
amparan el sol y la luna y el cielo y las estrellas y los árboles. Tristeza de
irse a todas horas. Alegría de renovar el horizonte a cada que los pájaros
cantan al alba. Alegría de no pesar sobre la tierra más de lo que pesa una yerba.
Tristeza de no tener Patria, ni raza, ni alero nativo" / (Tic Tac: 1913)
PRIMER CONGRESO DEL PUEBLO ROM (GITANO) DE LAS AMÉRICAS
San Luis de Potosi- Mexico - Noviembre 22, 23, 24 y 25 de 2005
DICHIARAZIONE DEL POPOLO ROM (GITANO) DELLE AMERICHE
Le sottoscritte organizzazioni e kumpaniyi Rom, riunite a San Luis Potosí (Messico) dal 22 al 25 novembre 2005, dichiarano quanto segue:
- Distinte kumpaniyi e gruppi familiari Rom vivono in vari paesi delle Americhe sin dall'epoca coloniale e questo rende fondante la nostra presenza come popolo, anche come preesistente alla formazione di molte delle attuali Repubbliche.
- Che collettivamente il popolo Rom non è di recente arrivo o comunque alieno o straniero, ma vanta una lunga storia e presenza in quasi tutti i paesi del continente americano.
- Che abbiamo fornito un apporto incommensurabile e mai riconosciuto dalla società gadyi (non Rom) ai processi di formazione nazionale dei distinti paesi del continente.
- Che mai il popolo Rom ha preteso di dominare altri popoli o di imporre la propria cultura, contrariamente si è sempre caratterizzato per il rispetto della diversità e della pluralità.
- Che la popolazione Rom nelle Americhe oltrepassa la cifra di tre milioni di persone, ma a fronte di questa significativa presenza demografica, vive sommerso in un'invisibilità obbligata.
- Che attraverso la storia, tanto di ieri come di oggi, il nostro popolo è stato la vittima privilegiata di pratiche e procedure razziste, discriminatorie, xenofobe ed intolleranti, che hanno portato gli altri popoli e culture a considerarci con i peggiori e appellativi.
- Che riferendosi alla diversità dei popoli e delle culture del continente americano, sistematicamente si omette e cala il silenzio sull'esistenza del popolo Rom.
- Che siamo un popolo millenario, con storia, tradizioni e idioma nostri propri, quindi nel pieno diritto all'esercizio dell'autodeterminazione.
- Che rifiutiamo la qualifica di "minoranza etnica", in quanto pur garantendoci alcuni strumenti internazionali, non rispecchia la nostra situazione di popolo in situazione di dominazione.
- Che richiediamo e rivendichiamo per il Popolo Rom il riconoscimento pieno ed integrale dei diritti collettivi, reiteratamente negati ed infranti, e
per quanto il nostro popolo non si identifichi nel cammino della civiltà che sfocia in un progetto statuale definito, ciò non deve essere d'impedimento ad essere appropriatamente rappresentati nelle istanze internazionali e nel sistema delle Nazioni Unite.
In merito a quanto su esposto, come organizzazioni e kumpaniyi Rom delle Americhe esprimiamo il nostro fermo impegno militante a lavorare attivamente sui seguenti principi:
RICHIESTE:
- Che gli Stati e i Governi delle Americhe riconoscano il diritto all'autodeterminazione del Popolo Rom.
- Che gli Stati e i Governi del continente riconoscano, promuovano e garantiscano i diritti collettivi del Popolo Rom.
- Difendere, recuperare e valorizzare la storia e le tradizioni etniche e culturali del nostro popolo, come anche proteggere i diritti patrimoniali e/o il patrimonio culturale e intellettuale del Popolo Rom.
- Evitare qualsiasi forma di discriminazione negativa, di razzismo, di xenofobia, di intolleranza e di esclusione verso il Popolo Rom.
- Promuovere e difendere di fronte alla società gadye le conoscenze e i saperi tradizionali del Popolo Rom, al pari dei suoi valori etnici e culturali.
- Che gli Stati e i Governi delle Americhe applichino rigorosamente le norme giuridiche internazionali che in tutte le forme proteggono i diritti del Popolo Rom.
- Lottare per l'ampliamento degli spazi di autonomia e autogoverno del Popolo Rom, mirando al riconoscimento delle sue proprie autorità e validando l'esistenza e il campo d'intervento della giurisdizione speciale o Kriss.
- Favorire l'apertura dei necessari spazi interculturali per garantire lo sviluppo autonomo dell'opzione civilizzante propria del Popolo Rom nelle Americhe.
- Che gli Stati e i Governi del continente americano consultino in maniera adeguata il Popolo Rom, tramite le sue organizzazioni rappresentative, prima di elaborare Piani di Sviluppo, specialmente per quanto riguarda vita, cultura, identità, necessità fondamentali, e perché si approntino le misure necessarie al pieno sviluppo delle sue istituzioni, cultura, autonomia e scolarizzazione.
- Che gli Stati e i Governi regionali garantiscano appropriati programmi di educazione bilingue ed interculturale, come anche l'accesso dei giovani e delle donne alla scolarizzazione media e superiore, in condizioni favorevoli e che venga garantita la loro permanenza.
- Che gli Stati e i Governi delle Americhe sviluppino modelli alternativi di attenzione alla salute per il Popolo Rom, che garantiscano un accesso adeguato ai servizi della salute, che dovranno essere opportuni, compatibili, autosostenibili, efficaci, efficienti, mantenere la qualità e l'igiene, le cui azioni si orientino a rafforzare la promozione, prevenzione, trattamento e riabilitazione della salute.
- Agire di modo che i piani e programmi statali per la salute tengano conto delle diverse conoscenze, pratiche e usi diagnostici e di trattamento del Popolo Rom.
- Che gli Stati e i Governi promuovano e garantiscano la sicurezza alimentare e il miglioramento sostanziale della qualità di vita del Popolo Rom.
- Che gli Stati e i Governi garantiscano la libera autoconsultazione del Popolo Rom, attraverso le sue proprie autorità e istituzioni rappresentative, ogni volta che si prevedano progetti di sviluppo, soluzioni legislative o amministrative che lo riguardi direttamente.
- Che il Popolo Rom abbia un approccio paritario, permanente ed appropriato ai media di comunicazione sociale di massa.
- Che i rappresentanti del Popolo Rom abbiano accesso alle diverse istanze di partecipazione create dalle istituzioni governative e dai poteri pubblici.
- Contribuire alla creazione e al consolidamento delle istituzioni e istanze che permettano al Popolo Rom di progredire nel processo di riconoscimento dei suoi diritti collettivi.
- Accelerare i meccanismi e le istanze necessarie a stabilire contatti, relazioni ed interscambi fluidi e permanenti tra i Rom nelle Americhe e il resto della comunità Rom internazionale.
- Garantire che le forme di vita nomade ed itineranti, mantenute da molti gruppi familiari Rom nelle Americhe, continuino ad essere praticabili nel tempo, quindi che gli Stati e i Governi approntino luoghi speciali atti all'accampamento e e norme che facilitino il libero transito attraverso le frontiere continentali ed internazionali.
- Che gli Stati e i Governi della regione riconoscano lo status di asilanti ai membri del Popolo Rom che per ragioni politiche, sociali, culturali, etniche, religiose, siano rifugiati o immigrati nel continente americano, e che siano predisposti piani politici, programmi ed azioni adeguate.
In ragione di queste legittime richieste:
RICHIEDIAMO ALLE NAZIONI UNITE - ONU, CHE:
- Si dia inizio a un ampio e profondo processo di democratizzazione di tutta la struttura delle Nazioni Unite, perché le sue istanze più significative non vengano controllate da un numero ridotto degli Stati più potenti, che nella maggiora parte dei casi assumono decisioni controverse e senza il consenso della comunità internazionale.
- Vengono progettate istanze, meccanismi e procedimenti che rendano possibile la partecipazione del Popolo Rom al sistema delle Nazioni Unite, in condizione di eguaglianza con gli altri Stati. Come primo passo proponiamo un "Foro Permanente per il Popolo Rom", che ai livelli più alti possibile, con una composizione mista e ampio mandato includa i diritti civili, politici, economici, sociali, culturali, ambientali, sanitari, educativi, linguistici, di genere, di sviluppo, prevenzione dei conflitti... ecc., faciliti il dialogo tra gli Stati membri, il Popolo Rom e le agenzie e le organizzazioni specializzate sui temi e interessi che riguardano direttamente il nostro popolo.
- Inizi un processo di partecipazione ampia e paritetica dei delegati del nostro popolo, perché venga redatta, discussa ed approvata una "Dichiarazione delle Nazioni Unite per i Diritti del Popolo Rom", che sia uno strumento internazionale che garantisca, con standards accettabili, tutti i diritti del nostro popolo.
- Venga riconosciuto dall'ONU e dagli Stati Membri il giorno 8 aprile come "Giornata Internazionale del Popolo Rom", a memoria del "Primo Congresso della Unione Romani Internazionale" tenutosi a Londra tra il 7 e il 9 aprile, che segnò l'inizio del movimento associativo odierno del nostro popolo.
- Come parte delle riunioni e attività preparatorie alla "Conferenza Mondiale Contro il Razzismo, la Discriminazione Razziale, la Xenofobia e Altre Forme di Intolleranza", l'Ufficio dell'Alto Commissariato per i Diritti Umani, propizi e faciliti un "Incontro Continentale del Popolo Rom delle Americhe", in cui si possano unificare criteri, costruire consensi e disegnare strategie a partire dalle distinte realtà del nostro popolo che si presentano nel continente.
- Che termini l'occultamento del Popolo Rom delle Americhe nei differenti processi ed istanze del sistema delle Nazioni Unite, e viceversa che venga coinvolto attivamente nelle riflessioni e discussioni sui temi che direttamente o indirettamente lo riguardano.
ALL'ORGANIZZAZIONE DEGLI STATI AMERICANI - OSA:
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La costituzione di un'istanza permanente che incorpori l'esistenza del Popolo Rom delle Americhe e mantenga relazioni su basi egualitarie col nostro popolo.
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Un coinvolgimento attivo del Popolo Rom delle Americhe in tutto il processo riguardante la riflessione e discussione del "Progetto della Dichiarazione InterAmericana dei Diritti dei Popoli Indigeni", come anche che le disposizioni legali contenute nell'art. 1 di detta Dichiarazione , siano estese al Popolo Rom, per le sue condizioni di popolazione tribale.
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Tramite un'adeguata partecipazione del Popolo Rom, si realizzi uno studio esaustivo sulla situazione attuale in materia di diritti umani, civili e collettivi.
AGLI STATI E AI GOVERNI DELLE AMERICHE:
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Pieno riconoscimento della nostra esistenza come popolo e garanzia di esercitare i nostri diritti collettivi e civili. Causa la sua proiezione transnazionale e l'ampia mobilità geografica, il Popolo Rom dev'essere riconosciuto esplicitamente dai Governi e dagli Stati del continente, come popolo pienamente americano per tradizioni e presenza storica.
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Che si approntino, previo nostro libero e fondamentale consenso, strumenti legali e normativi che garantiscano i nostri diritti collettivi e civili, come pure l'integrità etnica e culturale.
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Ratifica del Convenuto 169/1989 dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro "Sui Popoli Indigeni e Tribali nei Paesi Indipendenti" e applicazione estensiva delle sue disposizioni legali al nostro popolo.
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Garanzia di ampia ed adeguata partecipazione dei delegati del Popolo Rom alle iniziative che saranno predisposte (riunioni mondiali, regionali e continentali) a seguito della "Conferenza Mondiale Contro il Razzismo, la Discriminazione Razziale, la Xenofobia e Altre Forme di Intolleranza".
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Accoglienza solidale ai rifugiati Rom, fuggendo da persecuzioni e guerre, approdino sul continente americano in cerca di sicurezza e garanzie per rifarsi una vita.
ALLE ORGANIZZAZIONI NON-GOVERNATIVE E ALLE AGENZIE DI COOPERAZIONE:
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Nei propri progetti e programmi d'azione e intervento, tengano conto delle necessità e problematiche attuali del Popolo Rom delle Americhe.
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Si impegnino assieme alle organizzazioni Rom delle Americhe ad appoggiare con ricorsi tecnici e finanziari, le iniziative e progetti volti a concretizzare le principali richieste del nostro popolo.
AI POPOLI INDIGENI E AFRODISCENDENTI, COME PURE AGLI ALTRI POPOLI TRADIZIONALI CHE SI SONO STABILITI NEL CONTINENTE:
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Appoggio solidale e fraterno delle aspirazioni, richieste e rivendicazioni del nostro popolo, sul cammino per uscire dall'invisibilità in cui è stato sommerso e per il riconoscimento pieno ed integrale di tutti i suoi diritti collettivi.
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Azioni di mutua e reciproca conoscenza e "scoperta" perché il Popolo Rom delle Americhe sia riconosciuto come popolo, che non è nativo o originario di queste terre, ma la cui antica presenza e traiettoria ha portato a condividere strutturalmente gli stessi problemi che affrontano i Popoli Indigeni e afrodiscendenti.
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Riconoscimento del Popolo Rom come attore sociale nelle Americhe, che dalla sua invisibilità intende uscire per l'edificazione di una società diversa, pluralista e inclusiva, più democratica, libera e giusta.
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Il Popolo Rom da grande valore alle domande e rivendicazioni elaborate dai Popoli Indigeni e afrodiscendenti, come dagli altri popoli tradizionali che vivono nel continente, così come riconosce i sentieri da loro aperti e che oggi stiamo percorrendo. Per questo, il Popolo Rom si ritiene in qualche modo l'erede del lavoro organizzativo dispiegato da questi popoli e pertanto lo fa proprio.
Infine, alle organizzazioni presenti a Questo Congresso e kumpaniyi Rom delle Americhe del "Consiglio delle Organizzazioni e Kumpaniyi Rom delle Americhe", che tengono come missione fondamentale:
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Contribuire in modo decisivo a dar visibilità al Popolo Rom delle Americhe, come al riconoscimento dei suoi diritti collettivi.
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Consolidare maggiormente il movimento associativo del nostro popolo nel continente e in tutto il mondo, portando il processo di visibilità nel contesto della comunità internazionale.
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Consolidare organicamente e potenziare politicamente il Processo Organizzativo del Popolo Rom come organizzazione rappresentativa del nostro popolo in questo Continente.
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Ottenere la discussione sulla situazione attuale delle relazioni tra gli Stati e il Popolo Rom.
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Condividere esperienze con le organizzazioni Rom delle Americhe, per avanzare nel consolidamento delle istanze di coordinamento del nostro popolo.
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Dotare il Popolo Rom delle Americhe di una sede internazionale e creare il suo statuto.
En constancia se firma en San Luis Potosí (Mexico) a los 25 días del mes de noviembre de 2005 por los delegados de las organizaciones y kumpania Rom de las Américas presentes: Shona Paramush, LOLO DIKLO (EE.UU) Ana Dalila Gomez, PROCESO ORGANIZATIVO DEL PUEBLO ROM (GITANO) DE COLOMBIA, PROROM Mario Ines Torres, WESTERN CANADIAN ROMANI ALLIANCE, WCRA Alexandre Flores, PROCESO ORGANIZATIVO DEL PUEBLO ROM (GITANO) DE BRASIL, PROROM-BRASIL Lorenzo Armendariz, LATCHO DROM, MEXICO JUANCARLOS GAMBOA MARTÍNEZ Móvil: (57-1) 315-2255905 Dirección Electrónica: juancarlosgamboamartínez@yahoo.es
"Se non faremo l'impossibile, dovremo affrontare l'inconcepibile".
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