Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 05/05/2009 @ 09:25:44, in Europa, visitato 1615 volte)
Da
Roma_Francais [Di Yenisch (o
Jenisch) se ne è già scritto, soprattutto riguardo alle persecuzioni che
hanno patito. Qua invece si parla dei loro problemi pratici nella vita di tutti
i giorni. Mi interessa anche l'attenzione data ai rapporti non facili con i
"nomadi" stranieri, il doversi differenziare da loro per sopravvivere all'ondata
di stigmatizzazione che riguarda tutti. Se alcune affermazioni possono
sembrare non condivisibili, teniamo conto che queste difficoltà ci sono anche da
noi, ad esempio tra Sinti/Rom italiani e stranieri.]
Da
AgriHebdo par Pierre-André Cordonier
Le famiglie Yenisch della Svizzera cercano disperatamente dei posti
dove stazionare. Fanno appello agli agricoltori che disporrebbero di terreni.
Gli Yenisch svizzeri, circa 3.500 famiglie o più, che in occasione del
ritorno del bel tempo si preparano a levare i campi per esercitare i loro
mestieri tradizionali in tutta la Svizzera. Dei nomadi, o piuttosto dei
semi-sedentari, svizzeri da secoli, e che soffrono della cattiva reputazione che
ha la gente di viaggio presso la popolazione.
Confusione ed amalgami
Succede che Zigani, Rom o Manouche provenienti dalla Francia sbarcano tutti
gli anni in Romandia nello stesso periodo. Una concorrenza per gli Yenisch, ma
soprattutto molta confusione ed amalgami. I piccoli furtarelli, danni, inciviltà
delitti commessi da questi nomadi venuti da fuori aizzano la popolazione che non
fa differenze. Risultato, gli Yenisch svizzeri hanno sempre più difficoltà a
trovare posti dove accamparsi per proseguire lo stile di vita a cui tengono
caramente.
"La situazione ha cominciato a deteriorarsi da una ventina d'anni ed è andata
peggiorando. Noi prima eravamo conosciuti e spesso ben accetti, ma oggi abbiamo
perso il nostro status svizzero", spiega Francis
Kalbermatter. "Da qui la creazione di un'associazione, che ha già un anno, allo
scopo di sostenere la ricerca dei luoghi di stazionamento e di offrire una
garanzia a terzi, agricoltori, comuni o altri. I membri che contravvengono alle
regole in vigore o si rendono colpevoli di delitti sono esclusi
dall'associazione, dove le regole sono molto severe.
Domiciliati e viaggianti in Svizzera
Non è che gli Yenisch della Svizzera vogliano stigmatizzare i loro
confratelli stranieri. "Abbiamo sovente relazioni di vicinato serene", aggiunge
Sylvie Gerzner. Ma gli Yenisch tengono a smarcarsi da questa cattiva
reputazione, ereditata malgrado loro. "Noi siamo dei veri Svizzeri, abbiamo
comportamenti tipicamente elvetici, come l'igiene e la proprietà. Rispettiamo le
regole. E soprattutto, siamo domiciliati in Svizzera. Siamo quindi
rintracciabili facilmente e veniamo perseguiti legalmente se commettiamo delle
infrazioni. Cosa che sarebbe suicida, dato che siamo soliti tornare ogni anno",
intonano in coro i due responsabili. Gli Yenisch svizzeri d'altronde hanno come
tradizione di viaggiare solo in Svizzera.
Nessun problema oltre la Sarine (vedi
ndr)
Le autorità sono sensibili a questo problema e anche loro cercano delle
soluzioni. In tutti i cantoni. Vaud ha sistemato due posti di transito per la
gente di viaggio ed i comuni possono proporre luoghi di stazionamento secondo il
proprio bisogno, informa Pierrette Roulet-Grin, prefetto del distretto Jura-Nord
Vaudois, dal 2000 presidentessa del Gruppo di lavoro Gitans-Vaud (GT-Gitans-VD).
Ma questi ultimi non si presentano.
"Noi abbiamo dei comportamenti tipicamente svizzeri"
Ultima speranza: i contadini o proprietari di terreni sono pronti ad
affittare puntualmente un lotto. Nella Svizzera tedesca, è così da tempo, senza
alcun problema. Christian Stähli, agricoltore di Orges, è uno dei pochi a farlo
nella Svizzera romanda e conta circa 4.000 pernottamenti di gente di viaggio
all'anno, ha scritto il 16 aprile il 24 Heures Nord
vaudois-Broye. La famiglia Mast a Denens accoglie ugualmente degli Yenisch
durante sei mesi su 15 aree.
Ritorno per il contadino
"E' un ritorno per i contadini", precisa Francis Kalbermatter, "e stimiamo
che noi facciamo la nostra parte: le famiglie yenisch comperano i loro prodotti
all'azienda agricola se esiste l'offerta." Lo stesso per la legna, per il mitico
e tradizionale fuoco del campo al cadere della notte.
Riferimenti
Per tutte le proposte di messa a disposizione di terreni, contattare Francis
Kalbermatter, 1950 Sion 4, CP 4175, tél. 079 347 50 89,
francis-kalbermatter@hotmail.com o Sylvie Gerzner, 1462 Yvonand, CP 158,
tél. 076 222 2 66, sylvie70g@yahoo.fr
Quanti sono sensibili al mantenimento della cultura degli Yensich svizzeri
possono diventare membri-amici di Association Yenisch Suisse con una domanda
scritta e firmata al comitato dell'associazione
yenisch.suisse@gmail.com Sito
ufficiale: www.yenisch-suisse.ch
Per una ricerca su Internet, sono utilizzati diversi termini:
Yenisch, Yenische, Yenich, Jenisch, Jenische, ecc.
Blog:
http://yeniche1969.skyrock.com/
Di Fabrizio (del 04/05/2009 @ 09:31:02, in Europa, visitato 2283 volte)
Da
Bulgarian_Roma
30 aprile 2009 FOCUS News Agency
Sofia - La Bulgaria è tra i paesi dove la minoranza rom si sente meno
discriminata, lo rivela un'indagine UE sui diritti delle minoranze. Secondo
quanto riportato, soltanto il 26% dei Rom in Bulgaria si sente vittima di
discriminazione. La Bulgaria viene seconda nella lista dei paesi più tolleranti,
subito dopo la Romania, dove il 25% dei Rom dice di essere discriminato.
La ricerca coinvolge sette stati membri UE - Bulgaria, Grecia, Polonia,
Repubblica Ceca, Romania e Ungheria. La Repubblica Ceca è riportata come la meno
tollerante verso la propria popolazione rom, dato che il 64% dice che i propri
diritti non sono osservati.
Di Fabrizio (del 01/05/2009 @ 09:39:15, in Europa, visitato 1760 volte)
Da
Polska_Roma
La minoranza invisibile
I Rom sono in una quantità poco nota in Polonia. Gli stereotipi abbondano,
ma la comunità rom - stimata in 40.000 unità - si è in qualche modo integrata
nella società polacca. Quindi dove finiscono gli stereotipi ed inizia la verità?
Un rapporto pubblicato dall'Agenzia dell'Unione Europea per i Diritti
Fondamentali (FRA) valuta il modo in cui i membri della comunità rom sono
trattati nella regione CEE. Il rapporto fa luce sullo stato della
discriminazione contro la minoranza nella regione - una questione che pochi
vogliono affrontare attivamente.
La ricerca per il rapporto è stata condotta a maggio-luglio 2008. Circa il
60% dei Rom in Polonia ha risposto "sì" alla domanda "Hai subito discriminazioni
nei 12 mesi passati?" Le aree della vita quotidiana in cui si sentono
discriminati includono il posto di lavoro, "al caffè, al ristorante o al bar," e
"dal personale sanitario".
Uno dei principali problemi è che i membri della comunità rom sono
stereotipati come ladri o mendicanti. "Stereotipare è molto comune in tutte le
società. La verità è che non c'è stata nessuna adeguata compagnia governativa
per combattere questo modo di pensare in Polonia", ha raccontato Aleksandra Amal
El-Maaytah, di Amnesty International Polonia, a WBJ.pl
Circolo vizioso
Il fatto che Rom e non-Rom vivano in quartieri separati e frequentino
differenti istituzioni dell'istruzione, rende le cose più ingarbugliate. "La
segregazione avviene -naturalmente-, per così dire, ma porta ad ulteriori
problemi con la [mancanza di] integrazione con la comunità non-Rom. Molti
conoscono i Rom soltanto dalla musica e dai festival di danza o dalla strada,"
commenta Amal El-Maaytah.
Questo, dice l'esperta, porta alla discriminazione, specialmente verso le
generazioni più giovani. "Essendo discriminati nella scuola, molti Rom non
ricevono l'istruzione che meritano. Più avanti avranno [meno] possibilità di
ottenere un impiego. Essere senza impiego significa non avere accesso alla
sanità e alla casa, ecc. E' un circolo vizioso."
Nonostante tutto ciò, Roman Chojnacki, presidente dell'Associazione dei Rom
Polacchi a Szczecinek, ritiene che la comunità romanì in Polonia, che è stimata
in 40.000 membri, sia più apprezzata delle comunità di altri paesi, ma che "ciò
non significa che tutto sia OK".
In un rapporto dell'anno scorso per il Forum Europeo dei Rom e Viaggianti,
un'organizzazione internazionale rom, Chojnacki scrisse che infuria un
accalorato dibattito sulla chiusura delle cosiddette "classi romani" nel sistema
educativo polacco.
"Gli esperti e una gran parte della società romanì sono convinti che non c'è
utilità nell'impiego di classi separate," dice Chojnacki. Se queste classi
fossero rimosse, sia Rom che non-Rom sarebbero in grado di integrarsi meglio, e
si spera così che si ridurrebbe la discriminazione.
Soltanto criminali?
I membri della comunità rom lottano spesso con lo stereotipo di essere
coinvolti in attività criminali. "Nonostante i nostri sforzi, i mass media,
quando [riportano dei] crimini commessi, rivelano ancora la nazionalità degli
esecutori, cosa proibita dalla legge", dice Chojnacki. Aggiunge che questo
approccio costruisce un ulteriore pregiudizio verso il popolo rom.
Inoltre, quando sono loro vittime di un crimine, I Rom difficilmente cercano
aiuto dalla polizia. Secondo il rapporto FRA, circa il 33% degli intervistati ha
lamentato di essere stato vittima di crimini nei precedenti 12 mesi. La maggior
parte dei Rom - circa i tre quarti - che sono stati vittima di crimini come
minacce, assalti o "serie molestie" non li hanno denunciati alle autorità.
"Molti Rom ritengono che non c'è motivo di riportare atti di violenza alla
polizia," dice Amal El-Maaytah, "perché non affronterebbero il caso in maniera
adeguata. D'altra parte, senza portare a consocenza delle autorità i casi di
discriminazione, [le autorità] ... non possono fare molto."
From Warsaw Business Journal by Roberto Galea
Di Fabrizio (del 30/04/2009 @ 09:47:38, in Europa, visitato 2228 volte)
Da
Roma_Francais
Marsiglia
Chkamebo?
Una testimonianza che fa vergognare...
Chkamebo?
In Kosovo, come in tutti i paesi abbonati alle grandi tragedie, c'è sempre
una parola per significare l'assurdo. In albanese, si può dire Chkamebo?, che
significa "Che si può fare?" La prima volta che ho sentito questa parola, era
nel 2003 in un Kosovo che iniziava a sollevarsi dalla guerra. Abnora, una
piccola bambina di otto anni il cui padre era sparito dopo un'incursione
effettuata dalle truppe paramilitari serbe, il fratello ucciso da un colpo in
testa ed il cugino trovato in fondo ad un pozzo, aveva terminato questo elenco
con la parola: Chkamebo?
La seconda volta, è stato ieri a Marsiglia, dalla bocca di questo padre di
famiglia rom d'origine kosovara, venuto in Francia per chiedere asilo e gettato
col resto della sua famiglia, come un pacchetto di biancheria sporca dinanzi
alla porta del Centro di Cure di Médecins du Monde (MDM), dai camion del
servizio sociale (Service d'aide médicale d'urgence SAMU). Ennesimo episodio di
una serie che ci riguarda da dieci giorni.
Da qualche mese, la famiglia di origine rom, composta da 22 persone di cui 15
bambini, è fuggita dal Kosovo e dalle persecuzioni per venire in Francia,
attraverso una parte dell'Europa, stipata su un camion barcollante ed è arrivata
in Ungheria dove hanno chiesto loro, conformemente alle convenzioni di Dublino,
che depositassero una domanda d'asilo, domanda che fu in seguito rigettata.
Sono allora ripartiti su un vecchio camion traballante in direzione della
Francia, questa terra ancora ingiustamente conosciuta per il suo rispetto dei
"diritti dell'Uomo".
Presso Aix en Provence, sono stati fermati dalla polizia che sequestra
l'autocarro, piazza i suoi uomini di guardia prima di rilasciarli muniti di un
decreto di ricondotta alla frontiera, senza spiegare loro che potevano fare
ricorso entro 48 ore. I figli di età tra i 16 mesi e i 15 anni furono nel
frattempo rinchiusi in un pensionato separatamente e senza la loro madre.
Pensionato da cui fuggirono per ripartire in famiglia in direzione di Marsiglia.
Venerdì 10 aprile, sono quindi 22 persone di cui 15 minori per la maggior
parte molto giovani e due adolescenti che, dopo una notte passata sul cemento,
aspettavano davanti al centro di Médecins du Monde a Marsiglia per "chiedere
asilo". Non hanno capito che il rifiuto dell'Ungheria voleva dire l'ennesimo
rifiuto in tutti gli altri stati europei. Ma nessuno si era preso la pena di
spiegarglielo.
Neanche sapevano che MDM non gestisce le domande d'asilo. MDM è
un'organizzazione medicale che realizza cure. Cure per i "sans papier", cure per
i "senza diritti", per chi non ha nessun'altra possibilità di riceverne se non
lo facciamo noi. Cure per quelli che hanno la sfortuna di nascere altrove e la
cattiva idea di pensare che possono trovare una protezione in Europa.
Cominciamo quindi con quello che sappiamo fare e che è la nostra missione:
curarli, in particolare i bambini, di 11 mesi, 2, 4, 6. e 8 anni, che dopo
settimane di notti all'aperto soffrono di esaurimento, rinofaringiti acute,
bronchiti e otiti.
Alle 16.00, un alloggio d'urgenza è finalmente proposto per il fine settimana
di Pasqua, fine settimana in cui due dei bambini più piccoli saranno
ospedalizzati d'urgenza. E' l'inizio di una lunga settimana di negoziati per
trovare una soluzione d'alloggio fino a quando il loro ritorno sia organizzato
perché è la sola alternativa che si offre loro.
Allora, venerdì 18 aprile apertura del CASO. I camion di SAMU senza una
parola ci lasciano 15 minori e 7 adulti davanti alla porta, obbligandoci una
volta di più ad assumerci una missione che non è la nostra, ma la loro, oltre a
quelle accumulate delle autorità responsabili, cioè la prefettura, il Consiglio
Generale, la DASS (DIRECTION DES AFFAIRES SANITAIRES ET SOCIALES).
Tutti mostrano una bella unanimità nel loro rifiuto di garantire un tetto a
queste famiglie. Gli uni hanno come pretesto che i bambini "non sono maltrattati
dai genitori", gli altri che sono "senza documenti" o "accompagnati dai loro
genitori". Quanto alla DASS, le casse sono vuote, In breve, nessuno è
responsabile, né debitore di trovare loro un tetto.
Alle 16.00, una soluzione provvisoria viene trovata per sei di loro a partire
dall'indomani. Sotto condizione, ben inteso. Devono quindi firmare una lettera
nella quale si impegnano ad accettare di ritornare da dove provengono. Ma anche
lì, è complicato. La prefettura chiede che la lettera indichi "o di ritornare in
qualche altro paese in cui avremmo la nazionalità". E poi, la firma non ha
l'aria autentica. E comunque, la lettera è in francese, lingua che non
comprendono. In ogni caso (ripetiamo "in ogni caso"), per gli altri 16 e
soprattutto gli 11 bambini, non c'è una soluzione.
Alle 18.00, i capi famiglia decidono quindi di reinstallarsi in un hangar
abbandonato di fronte al Centro di Médecins du Monde. Una notte in più sul
marciapiede per sei di loro. E probabilmente molte altre ce ne saranno per gli
altri 18.
Simili in questo a migliaia di altre famiglie con bambini che sono fuggite
dalla guerra e si ritrovano a dormire sui marciapiedi delle nostre città,
vittime del gioco di ping-pong delle autorità e di una politica che si
incaponisce a fare della solidarietà un delitto.
Alle 18.00, quando la famiglia s'installa in mezzo a rifiuti e rovine, MDM
decide di fare quello che abbiamo l'abitudine di fare... a Kabul o Baghdad, in
stati destrutturati e deprivati. Cioè: assicurare la copertura dei bisogni
fondamentali di fornitura di acqua alla distribuzione di pannolini per i più
piccoli senza dimenticare prodotti alimentari e sacchi a pelo.
Il 19 aprile, i reclami dei vicini hanno suscitato l'intervento della polizia
che si manifesta a tre riprese nello spazio di 24 ore. I poliziotti chiamati per
un "furto con scasso" sono venuti con un cane. Ma non entrano nell'hangar non
volendo spaventare i bambini. Alla fine della conversazione, sono loro che,
mostrando in ciò più tolleranza dei vicini, reagiscono come "padri di famiglia"
e si dichiarano costernati da ciò che vedono.
E' finalmente la Protezione Civile che si che infine si muove dopo
mezzogiorno e dichiara il luogo "insalubre", ne mura l'ingresso e propone al
gruppo una notte presso un albergo, notti che diventano due dopo una
negoziazione.
Due notti in albergo... Quello che lo stato di salute dei bambini non aveva
permesso, è stato reso possibile dai reclami dei vicini. E' vero che loro, i
piccoli kosovari, non votano.
Alle 21.00 li accompagniamo. Là, gli cedono i nervi, ci dicono che non ne
possono più di questi rimpalli successivi ed insensati che li hanno condotti una
notte sul marciapiede, cinque in un centro d'alloggio d'urgenza in mezzo a
carcerati e senza fissa dimora, poi, ancora una notte sul cemento sotto la
pioggia. Ora, due notti in albergo, e dopo? Cosa stanno diventando?
Non è mancato il coraggio per arrivare sino a qui. In questa Europa che non
li vuole, che rifiuta loro la possibilità di immaginarsi un avvenire.
Un servizio d'alloggio per le urgenze che getta chi ha in carico sul
marciapiede, nello stesso modo che si sbarazza dei suoi rifiuti.
Istituzioni che richiedono ad un bambino ammalato di essere maltrattato (ma
il marciapiede non basta) a conformità di legge, o orfano prima di vedersi
eventualmente offrire un'accoglienza rispettabile.
Bambini che si sballottano dal marciapiede all'albergo e dall'albergo al
marciapiede.
Un'assistente d'urgenza motivata da criteri elettoralistici ma non dallo
stato di salute che undici bambini malati ed esauriti non hanno potuto ottenere.
Il maltrattamento istituzionale non potrebbe dunque essere alla stregua del
maltrattamento parentale, un motivo legittimo di assistenza?
Quella sera, all'albergo dove solo i reclami del vicinato avevano permesso
che fossero portati, non volevano che una cosa: lasciare la Francia ed andarsene
in Italia, dove hanno dei parenti, sempre in cerca di un sogno improbabile,
quello di un avvenire su una terra dove la loro vita non sia minacciata.
Un sogno promesso dall'annientamento sulle frontiere di un'Europa sorda, muta
e cieca.
Noi, Médecins du Monde, siamo colpevoli del delitto di solidarietà,
rivendichiamo il dovere dell'assistenza alle persone in pericolo ed abbiamo
lasciato a posto la nostra coscienza.
Cendrine LABAUME Coordinatrice MDM Marsiglia
[...]
Di Fabrizio (del 29/04/2009 @ 09:40:08, in Europa, visitato 1988 volte)
Da
Roma_Francais
DRANCY 1944 E DRANCY 2009 (nota: Drancy è una cittadina alla
periferia di Parigi. Durante la II guerra mondiale, gli Ebrei venivano deportati
dalla stazione ferroviaria della città verso i campi di sterminio)
Chi non conosce da dove viene, non sa dove va.
Ma, conoscere da dove vieni, ricordare la storia, è abbastanza per migliorare
il presente e il futuro?
Quattro giorni fa, il 22 aprile 2009, circa 200 Rrom della Romania sono stati
espulsi manu militari dal posto dove vivevano, nelle immediate vicinanze di
quella stazione, diventata giustamente un luogo di memoria collettiva.
Nessuna considerazione per la signora E.C., incinta, spintonata dalla polizia
e dagli incaricati, venuti a sequestrare la sua roulotte. Dopo aver fatto
presente la sua situazione, le è stato risposto "Non m'importa, non sei incinta
di me". Nessuna ulteriore considerazione per la signora E.B., sotto dialisi,
anche la sua roulotte è stata rimossa. Tutto questo per "ripulire" [l'area]
per questa commemorazione.
Abbiamo dimenticato il significato della parola "pulizia"? Se sì, non è bene
per il dovere della memoria che stiamo esercitando oggi.
Ci siamo dimenticati che ad Auschwitz, gli Ebrei deportati da questa stazione
ferroviaria perché nati Ebrei, si incontrarono con Rrom perché nati Rrom? Se è
così, questo esercizio di memoria perde molto del suo scopo.
NON DIMENTICHIAMO MAI! La deumanizzazione degli esseri umani porta dritto al
muro!
La voix des Rroms - Centre Aver contre le racisme - Centre culturel gitan
- Rromani Baxt - Ternikano Berno - Réseau solidarités roms
Association "La voix des Rroms"
50, rue des Tournelles
75003 PARIS
tél. & fax: 01.80.60.06. 58
http://www.lavoixdesrroms.org
Sosteneteci utilizzando un motore di ricerca solidale:
http://www.hooseek.com/?recommande_ong=279999
Da
Roma_Francais
Dal 2006, nel dipartimento Seine-Saint-Denis esiste qualcosa chiamato
"villaggi d’inserimento per i Rom". Dietro a questa felice espressione si
nascondono in realtà dei quasi campi di internamento. Nel nome del principio
della libertà e della dignità umana, l’associazione "La voix des Rroms" (La voce
dei Rom) denuncia questo tipo d’iniziative ed invita tutte le altre
associazioni, soprattutto quelle che si occupano di Rom, a fare altrettanto. Per
informare il pubblico sull’argomento, l’associazione ha creato un blog,
http://villagedinsertion.blogspot.com, sul quale è disponibile, tra le altre
cose, un breve rapporto sull’argomento inviato alle istituzioni europee che si
occupano di Diritti Umani.
Nell’autunno 2006 è stato avviato nella città di Auberville un progetto privato
di opera urbana e sociale (MOUS), a beneficio di alcune famiglie rom originarie
della Romania. Consiste nell’installazione di alcuni bungalow nei quali
collocare tali famiglie, che saranno seguite dal punto di vista sociale da
alcune associazioni autorizzate dalla prefettura di Seine-Saint-Denis. Un
progetto analogo viene attuato l’anno successivo a Saint-Denis, ed un terzo nel
2008 a Saint-Ouen.
Il tutto si svolge ogni volta secondo lo stesso copione: un’inchiesta sociale
condotta da Pact Arim, una selezione secondo criteri annunciati dalla
sotto-prefettura di Saint-Denis e mai realmente rispettati, e soprattutto il 90%
circa degli intervistati che si vede recapitare l’ordine di abbandonare il
territorio francese. Il 10% selezionato viene posto sotto sorveglianza in aree
chiuse, controllare 24 ore su 24 ed alle quali non è consentito accedere a
chiunque provenga dall’esterno, che si tratti di familiari, amici o persino i
media.
C’è voluto qualche mese ai gestori di questi luoghi per trovare un nome alle
loro "creature". Si è optato per "villaggio d’inserimento". Ma si può chiamare
"villaggio" un luogo chiuso, dove un nonno non può ospitare il nipotino di un
anno? Si può parlare di "inserimento" allorché la prefettura, che partecipa a
questi progetti della durata prevista di tre anni, non consegna i permessi di
soggiorno o le autorizzazioni al lavoro alle persone che pretende di "inserire"?
Si può parlare di "inserimento" quando queste persone non hanno contatti con
l’esterno?
"La voix des Rrom" ed altre associazioni rom di Francia hanno allertato il
Commissario per i Diritti dell’Uomo presso il Consiglio d’Europa, l’Agenzia dei
Diritti Fondamentali dell’Unione Europea e la Commissione Europea, a cui queste
associazioni hanno indirizzato una nota a proposito del trattamento riservato ai
Rom in Francia attraverso le "aree d’accoglienza per le persone nomadi" ed i
"villaggi d’inserimento per i Rom". Tali note, così come altri documenti scritti
ed audiovisivi, sono disponibili sul sito
http://villagedinsertion.blogspot.com .
"La voix des Rrom" lancia un appello alla società civile, ed in particolare alle
associazioni che si occupano di Rom migranti, affinché si oppongano a quella che
sembra essere proprio una bomba ad orologeria. In questi tempi di crisi, la
pubblicità ingannevole di sedicenti "progetti d’integrazione dei Rom" rischia in
effetti di dare vita a un’onda razzista come quella che da due anni a questa
parte è possibile osservare in Italia. L’adagio "chi tace acconsente" esprime in
questo caso il suo pieno significato.
Di Fabrizio (del 24/04/2009 @ 09:16:03, in Europa, visitato 1485 volte)
Ricevo da
Roberto Malini
Nella foto di Steed Gamero, Codrean Ciuraru, Rom romeno. Ha subito
diversi episodi di intolleranza e violenza razzista, anche da parte di agenti
delle forze dell'ordine. Dopo aver denunciato i suoi aguzzini in divisa, è stato
minacciato e costretto a fuggire all'estero. Il suo caso è uguale a quelli di
centinaia di suoi concittadini di etnia Rom in Italia.
Bruxelles, 22 aprile 2009. L'Agenzia europea per i diritti fondamentali (Fra)
pubblica oggi il suo rapporto su minoranze e migranti. Il rapporto Fra ha un
valore statistico assoluto, basandosi su un campione di 25 mila interviste,
oltre che sui rapporti delle Organizzazioni per i Diritti Umani che basano le
loro ricerche su verifiche effettive, testimonianze e documenti. Secondo i dati,
il 50 per cento dei Rom, in Europa, percepisce una forte esclusione sociale e ha
subito nel corso degli ultimi dodici mesi almeno un'aggressione razzista.
Seguono africani sub-sahariani (41%) e nordafricani (36%). Riguardo ai rapporti
con le autorità, l'82% non denuncia le violenze subite; secondo il 62% ''tanto
non cambierebbe niente''. I nordafricani, secondo il rapporto, percepiscono
maggiormente l'atmosfera discriminatoria nel paese in cui vivono: sono il 94%
degli intervistati), seguiti dai Rom in Ungheria (discriminazione percepita dal
90%). In Italia, il pregiudizio è percepito dal 77% dei romeni (ma se si dovesse
considerare un campione di Rom romeni, arriveremmo al 98%) e dal 76% degli
albanesi. Sempre nel nostro Paese, l’89% dei romeni e l’82% degli albanesi e dei
nordafricani non ha conoscenza di associazioni che possano realmente aiutarli di
fronte a episodi di discriminazione. Il 52% dei nordafricani, in Italia, è stato
colpito da atti razzisti negli ultimi dodici mesi: è il settimo gruppo fra i
dieci più discriminati in Europa. Riguardo ai controlli delle forze dell'ordine,
il 74% dei nordafricani ritiene che le autorità prendano di mira i migranti,
solo a causa della loro etnia. Morten Kjaerum, direttore dell’Agenzia europea
per i diritti fondamentali (Fra), ha dichiarato che è ormai necessario
promuovere politiche più mirate per curare il male sociale del razzismo affinché
“migliaia di casi di crimini razzisti non restino invisibili".
Di Fabrizio (del 23/04/2009 @ 09:07:36, in Europa, visitato 2337 volte)
Da
Czech_Roma
19 aprile 2009, 12:49 GMT
Praga - Dice la polizia che una bambina rom ed i suoi genitori sono stati
seriamente feriti, sembra da una bomba molotov lanciata nella loro casa durante
la notte nel nord est della Repubblica Ceca. Le vittime dicono che qualcuno ha
lanciato una molotov nella loro casa nella città di Vitkov, dandole fuoco poco
prima di mezzanotte, ha detto la portavoce della polizia, Sona Stetinska,
all'agenzia stampa tedesca DPA.
Ha aggiunto che la polizia non sarà in grado di confermare la causa
dell'incendio se non potrà esaminare il luogo, cosa che è complicata dal
pericolo di crollo dell'edificio.
Il Primo Ministro uscente, Mirek Topolanek, ha detto di essere "seriamente
preoccupato dal sorgente estremismo", chiedendo alle autorità di determinare se
l'incidente possa essere motivato razzialmente.
La polizia ha detto che il motivo del presunto attacco non è immediatamente
condiviso. "Non possiamo confermare che si trattasse di motivo razziale, ma
neanche possiamo negarlo," ha detto la portavoce.
La bambina di 22 mesi, salvata dalla casa in fiamme dai genitori, trasportata
in aereo in un ospedale nella capitale regionale Ostrava, è in condizioni
critiche, hanno detto dal servizio di soccorso.
Ha diverse gravi bruciature nell'80% del corpo ed ha inalato i fumi, ha detto
in una dichiarazione il portavoce Lukas Humpl.
Nella dichiarazione si dice che la madre, 27 anni, ha bruciature alle gambe
ed un braccio, mentre i padre, 33 anni, ha serie bruciature alla schiena e agli
arti.
L'incidente ha avuto luogo in mezzo ad una crescente attività politica
dell'estrema destra e dei gruppi neonazisti.
La stessa sera, estremisti di destra avevano percorso in una marcia
largamente pubblicizzata la città nord-occidentale di Usti nad Labem, che ospita
un simil-ghetto della comunità rom, 430 km. ad est di Vitkov.
Le città ceche hanno combattuto per proibire le marce estremiste, mentre i
loro organizzatori sfruttano le leggi che salvaguardano la libertà di assemblea.
"E' chiaro che esiste un collegamento tra l'attività politica degli
estremisti e la violenza diretta verso gli abitanti," ha detto il premier. Ha
auspicato che la prossima riunione di governo discuta la questione lunedì.
Nonostante questa retorica, i gruppi di estrema destra hanno continuato senza
problemi le loro attività. Recentemente il governo ha fallito nel suo sforzo di
sciogliere una di queste organizzazioni, il Partito dei Lavoratori.
Attacchi a sfondo razziale con bombe molotov, alcuni dei quali mortali, hanno
recentemente scosso l'Ungheria.
Di Fabrizio (del 22/04/2009 @ 09:43:14, in Europa, visitato 1467 volte)
Da
Roma_Francais
Lille
Martine Aubry ha confermato ieri agli eletti della comunità, che lo Stato non
continuerà più col finanziamento per le case mobili. Halluin, Lille e
Faches-Thumesnil dovranno dunque restare le sole tre città dell'area
metropolitana ad aver accettato di accogliere famiglie di Rom sul loro
territorio.
Precisa la presidente, dopo aver gentilmente rimproverato chi aveva un
sorriso di sollievo troppo visibile: "Ci sono state reticenze all'inizio, ma le
cose stanno andando bene. I bambini sono scolarizzati ed i genitori parlano o
imparano il francese."
Di Fabrizio (del 19/04/2009 @ 09:18:12, in Europa, visitato 1584 volte)
Segnalazione di
Tom Welschen
Par Hélène Decommer | Etudiante en journalisme |
14/04/2009 | 17H59
Questo martedì mattina, alle 6, i CRS (vedi
QUI ndr)
hanno sgomberato un accampamento di circa 400 Rom, tra cui un centinaio di
bambini, installati da sei mesi a Drancy, Seine-Saint-Denis.
I Rom raccontano che una ventina di mezzi della CRS sono arrivati e che i
poliziotti li hanno sloggiati senza riguardo e senza autorizzazione. Spiega un
mediatore sociale dell'accampamento:
"Hanno forzato la porta, ed in seguito, non si sono qualificati. Ci
sono state madri con bambini spinte fuori, gente messa a terra (sul link
-cliccare sul logo della testata- si può ascoltare l'intervista a Saimir
Mile, presidente dell'associazione La Voix des Rroms)"
Senza sapere dove andare, gli espulsi si sono installati dalle ore 10 davanti
alla stazione di Saint-Denis. Tra il canale e la fermata dei bus, hanno
depositato le loro cose raccolte in fretta e furia. I bambini giocavano mentre i
genitori cercavano un nuovo terreno dove installarsi. Diverse dozzine di Rom
espulsi sono già partiti per le città lì attorno.
"I Rom sono la patata bollente che si rigirano"
Sul posto, sono presenti diverse associazioni. Alexancre Le Cleve, direttore
di Hors la rue,
racconta:
"Espulsioni come queste succedono molto spesso. I Rom, sono la patata
bollente che si rigirano. Sono anche la variabile di adeguamento della
politica francese sull'immigrazione.
L'anno scorso, sui 25.000 rimpatri alla frontiera organizzati dal
governo, 10.000 riguardavano i Rom di Romania."
20.000 euro per espulsione
Saimir Mile, presidente
dell'associazione La Voix des Rroms, tira fuori la sua calcolatrice:
"Abbiamo fatto il calcolo partendo dalle cifre del governo. Tenuto conto
che il senato stabilisce a 20.000 euro il prezzo di un'espulsione, la
Francia avrebbe dispensato 600 milioni in questi tre ultimi anni, unicamente
per i Rumeni.
Vi rendete conto del pasticcio! E' un enorme spreco di soldi quando
questa gente potrebbe lavorare. Voi avete qui muratori, autisti, donne che
lavorano."
Tra i bambini sgomberati, una cinquantina sono scolarizzati a Seine-Saint-Denis.
"Hanno atteso le vacanze scolastiche per lanciare lo sgombero", rilancia con
amarezza Saimir Mile. Dopo 14 ore, ne i Rom ne le associazioni avevano ricevuto
spiegazioni da parte del sindaco o della polizia.
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