Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 01/11/2009 @ 09:35:34, in Europa, visitato 1735 volte)
Da
Slovak_Roma (Continuo la traduzione della "saga" di Kristína Magdolenová.
Puntata precedente
QUI)
The Slovak Spectator 12 ottobre 2009 - by Kristína Magdalenová e Jarmila
Vaňová
DENISA Gáborová, assistente comunitaria per l'educazione medica, ha 35
anni e quattro bambini. Si è sposata a 17 [...]; ma dopo la nascita
dell'ultimo figlio è tornata a scuola, dove ha studiato e si è poi impiegata
come assistente medico.
Come ti sei sposata? Quando hai incontrato tuo marito?
Tra i Rom accade così: una famiglia arriva; chiedono se loro figlio può
uscire con me. I miei genitori erano d'accordo e io pure. Per un po' siamo
usciti assieme e poi ci siamo sposati.
L'avevi mai visto prima o era la prima volta che vi incontravate?
No, non l'avevo mai visto prima in vita mia. Ma con lui sono felice. Mi
ascolta e con lui ho tutto ciò che ho bisogno. E' istruito, lavora ed i nostri
bambini sono cresciuti bene.
E dov'era l'amore?
Al principio non c'era, mi piaceva soltanto. Più tardi ho iniziato ad amarlo.
Siete usciti assieme per molto tempo?
Sei mesi. Ero incinta di un mese e lui mi faceva ancora frequentare la
scuola. Così sono riuscita a terminarla, perché anche lui era istruito. Non mi
ha proibito di terminare gli studi. Lo ammiro per questo. Perché, sai, nella
nostra comunità se una Romnì lavora, tra gli altri Rom ci sono dei dubbi. E non
solo mio marito non mi ha fermato, ma mi ha supportato. E lo fa tuttora.
Ti sei sposata finendo in una famiglia che aveva valori differenti di
quelli di casa vostra. Per te, qual è stata la cosa più difficile?
Per me la parte più difficile era familiarizzare con i Rom dell'insediamento.
Non intendo la famiglia di mio marito, perché sono allo stesso livello; hanno
completato gli studi. Comunque, erano cresciuti tra i Rom, mentre io sin da
piccola sono cresciuta tra i non-Rom. Ho frequentato una scuola non-Rom, e mi ci
sono voluti dieci anni per prendere confidenza con la vita nell'insediamento.
Questo significa che tu venivi da un mondo differente e che tu, come donna
rom, dovevi prendere confidenza con i Rom?
Sì, nessun non-Rom aveva mai vissuto lì. Chiesi a mia madre: dove sono i
non-Rom? Dov'è il negozio? Dov'è la scuola? E lei rispose: non importa, ti
abituerai. Camminavi per un kilometro e trovavi il negozio e quando hai bambini,
andranno a scuola. Qui c'è una scuola rom, così i miei bambini vanno lì. Così
vivo la mia vita e sto crescendo i miei figli come i miei genitori mi hanno
cresciuta.
I Rom locali ti hanno ricevuto come una Romnì di tipo differente?
Mi ridevano dietro perché quando nacquero i miei figli gli insegnavo a
parlare come i non-Rom, e mi chiedevano cosa credevo di fare agendo come una
non-Rom. Ma col tempo si sono abituati a me. Il peggio è stato quando al termine
della maternità sono tornata a lavoro. Se la son presa con i miei bambini, li
hanno rimproverati che non mi prendevo cura di loro. E mio figlio mi ha detto:
"Mamma, sai cosa mi hanno detto? Che non ti prendi cura di me, che vai da
qualche altra parte." E' durato per circa due anni, finche i bambini non ci
hanno fatto il callo.
Nella comunità rom, la gente pensa che una moglie debba restare a casa,
cucinare, badare ai figli e al marito. Ed in una famiglia non-Rom, è l'opposto.
Se una donna non-Rom non lavora, è inferiore. Tra i Rom, la donna non può
lavorare, solo il marito.
Cosa dicevano di tutto ciò i tuoi suoceri?
Mio suocero era contento che lavorassi, ma mia suocera aveva dei dubbi.
Pensava dovessi stare a casa. Non ne era molta felice. Ma ora lo è.
Oggi vivete in una casa vostra e avete quattro bambini. Dove lavori?
Lavoro nell'ufficio regionale per la sanità pubblica, come assistente medica
comunitaria.
Come hai trovato questo lavoro?
Nel 2005 c'erano le assunzioni a Kecerovce. Sono andata lì e mi hanno
selezionato. Per un anno ho lavorato ad Europlus. Poi per quattro anni non
lavorai. Alla fine all'ufficio regionale hanno saputo di noi, che lavoravamo lì.
Ci siamo andati e ci hanno preso.
Hai preso parte a qualche tipo di corso, o anche se non avevi la
formazione adatta eri in grado di ottenere questo lavoro?
Avevo lavorato ad Europlus. Ho tre attestati da lì ed un corso di formazione
di tre mesi in servizi sanitari.
Come ti sei trovata durante il corso? Quando tu - Rom dell'insediamento -
eri tra tanta gente non-Rom ed istruita?
Quando ho sentito delle assunzioni, ho pensato:come dovrò vestirmi? Come
dovrò parlare? Ed ho detto: mi vestirò semplicemente. Quando mi chiederanno
qualcosa, risponderò loro. Questo mi diede forza: il fatto di essere passata e
che c'erano cinque di noi da un villaggio. Ed hanno scelto me.
Tu lavori come assistente sanitaria e vai negli insediamenti rom. Quello
che affronti è difficile da trattare?
E' abbastanza difficile. Recentemente siamo stati a Jasov a vaccinare i
bambini. Un sacco di bambini non erano vaccinati contro la tubercolosi.
Quando arrivi in un insediamento, parli con i Rom nella loro lingua?
Sì, in romanés. Non mi vergogno della mia lingua nativa.
I Rom ti danno fiducia?
Credono in me, ed è un bene che lì ci sia anche una non-Rom.
Perché?
Quando una donna non-Rom viene con me, il livello di rispetto è più alto. Ed
una non-Rom direbbe lo stesso: che è meglio quando una donna rom è con lei.
Tu studi nella stessa scuola di tua figlia...
Frequentiamo l'Accademia Privata Pedagogica e Sociale di Košice. Mia figlia
vuole fare la maestra d'asilo. Io sono al secondo anno e lei è al primo. Prima
studiava design, ma non le piaceva. E' coordinatrice nel progetto Stop.
Frequenta anche dei corsi di formazione e sono contenta che le piacciano.
Le altre ragazze rom cosa dicono di lei?
Dicono che non diventerà una brava ragazza, perché diventerà vecchia e non si
sposerà mai. Che non la prenderà nessuno, che va dietro agli uomini... In questo
insediamento ha sofferto abbastanza, ma io le dico sempre che basta ignorarle.
Una volta che inizierai a lavorare, allora vedranno. Così la appoggio.
A te come sta andando la scuola?
Sto cercando di fare quel che posso. Devo far convivere la casa, la scuola e
il lavoro.
Come ti va la vita? Ti sei sposata presto e hai avuto figli. Hai dovuto
arrangiare nuovi obblighi e vicini. Così, oggi a che punto sei? Sinora hai
ottenuto quel che volevi?
Sono successe alcune cose ed altre no. E' vero che mi sono sposata presto e
che sono andata a vivere con mia suocera. Erano cinque ragazzi in casa e lei era
l'unica donna. Nell'insediamento c'è un problema con l'acqua. E l'acqua è
importante. Noi eravamo quel tipo di Rom capaci di andare a prendere l'acqua,
così da potere pulire e lavarci. Mia suocera è severa, ma l'ammiro. Io per età
ero la seconda donna. Ci ha insegnato parecchio. Soprattutto: che dovevamo
prenderci cura dei nostri mariti.
Pensi che una donna non-Rom abbia una vita più facile di una donna rom?
No, è più dura. Perché deve studiare, lavorare e prendersi cura di tutto.
Ogni donna intervistata sinora ha detto che la vita di una donna rom è più
difficile di quella di una non-Rom. Perché tu pensi l'opposto?
Ho detto questo perché quando una donna non-Rom non lavora, è deficiente. Con
le donne rom, è all'opposto. Particolarmente negli insediamenti.
Qual è la situazione più bella in cui ti sei trovata che ricordi?
La prima volta che andai a Bidovce non avevo idea di come la gente vivesse
là. Parlammo col sindaco perché lì non avevano un pozzo. La prima visita, la
gente viveva tra mucchi di rifiuti, ma quando ritornammo la terza volta, ci fu
un grande cambiamento. Le case erano pulite, non c'erano più rifiuti.
Poi non ritornammo lì, per forse un sei mesi, ed ancora c'era una discarica a
cielo aperto. La gente ha bisogno di qualcuno che la controlli e la educhi.
Lo fanno soltanto se provano vergogna di fronte ad altri Rom?
Sì, anche questo. Solo che devono sentirsela dentro. Non per noi, ma per
loro. Continuando finché non capiscono.
Si è mai trovata in una situazione dove i tuoi parenti hanno tenuto in
molta considerazione quello che facevi? Erano orgogliosi di te?
Sì. Mio suocero ebbe un incidente. Cadde da alcuni gradini e si ruppe i
nervi. Andammo assieme al pronto soccorso. C'era una mia conoscente che lavorava
anche all'ufficio di sanità pubblica regionale. Mi disse ciao e mio marito e mio
suocero erano orgogliosi che quella gente mi conoscesse, mi salutasse e mi
stimasse.
Se tu ora potessi, cosa vorresti cambiare nella tua vita? Cosa avresti
fatto in modo differente?
Completare la scuola e andare all'università. Il mio sogno. Sto pensando di
scrivere un libro sulla mia vita. Vorrei aiutare i Rom se potessi. Se ne avessi
l'opportunità. Così non vorrei ci fossero scuole per soli-Rom. Perché questo
crea differenze tra i bambini sin da piccoli.
Ma qui ci sono molte donne come te, che sanno cosa vogliono dalla vita?
Sì. Tre su una comunità di 700 membri.
Pensi che se le donne rom fossero più attive, cambierebbe qualcosa
nella comunità rom?
Sì. E questo è qualcosa che vorrei cambiare.
Se qualcuno ti chiedesse di entrare in politica... cosa diresti?
Lo farei.
A livello regionale o più grande?
Nella grande politica. Non vorrei essere un sindaco, [...] Qui c'è moltissima
invidia.
Se le donne rom si avvicinassero alla politica, cosa avrebbero da dire ai
nostri rappresentanti politici o membri del Parlamento Europeo?
Negli insediamenti bisogna fare qualcosa riguardo la disoccupazione.
Pensi che dipenda da loro o dai Rom? Cosa di dovrebbe fare?
Beh, come si faceva sotto il totalitarismo. Allora le cose erano migliori per
i Rom. Un Rom che non lavorava era punito. Ed ora quando un Rom va a cercare
lavoro, non lo prendono. Conosco anche dei Rom che vogliono lavorare e che hanno
studiato, e quando la gente li vede, non vogliono impiegarli. Questo dovrebbe
cambiare.
Come va, ad esempio, con la modernità della comunità? A casa vivete una vita
moderna?
Sì.
Come ti vesti a casa?
Mi piacevano un paio di pantaloni, per esempio, e mia mamma mi comprò il
materiale per cucirli. I vestiti li faccio da me. O mia mamma va ad Ostrava a
comperarli.
E a casa di tua suocera?
Non potevo indossare niente di corto o di elasticizzato.
E' ancora così?
Sì.
Significa che qui una donna non può esporsi?
No, non può. Nemmeno un costume da bagno è considerato appropriato qui.
E invece le ragazze? Almeno d'estate si scoprono?
Mia figlia lo fa. E' giovane. Esce vestita leggera. Le donne anziane buttano
sempre un occhio a come sono vestite le giovani, ma loro non ci badano.
Quindi si mantiene il vestirsi come fatto culturale?
Sì.
Quali tradizioni culturali o tradizioni rom si mantengono nella tua famiglia?
Che una ragazza deve essere onorata se non è sposata.
E la lingua rom?
Parliamo sia lo slovacco che il romanés.
Avete qualche tradizione per Natale?
Io resto a casa, ma altri membri della famiglia vengono in visita. Dico a mio
marito: andrà come voglio io. Tutti saranno a casa per la cena della vigilia e
nessuno uscirà da casa. Questa è la mia tradizione.
Tuo marito ha mai fatto storie?
All'inizio l'ha fatto. Andava dai suoi genitori e mi lasciava sola a casa. Non
mi arrabbiavo mai con lui. Poi ha capito che non era giusto.
Così le donne hanno ottenuto dei diritti nella vostra famiglia?
Siamo donne terribilmente orgogliose. E siamo grandi martiri; possiamo sostenere
qualsiasi cosa. Tutti hanno sofferto di qualcosa nella vita. Ma noi siamo anche
capaci di dimenticare.
Questo significa che le donne nella tua famiglia soffrono perché corrono
dietro agli obiettivi della loro vita?
Sì. Sanno cosa vogliono dalla vita.
Le interviste con le donne rom sono parte di un progetto della Roma Press Agency
e saranno pubblicate in un prossimo libro.
Di Fabrizio (del 30/10/2009 @ 09:11:58, in Europa, visitato 1978 volte)
Da
Roma_ex_Yugoslavia
Il Centro Arte Rom riunisce artisti per promuovere la cultura e l'arte rom.
Tutti gli interessati possono spedire il loro CV, segnalare le loro pagine web o
mandare cataloghi con le loro opere.
E' un invito a tutti i pittori rom di tutto il mondo e specialmente ai Rom di
Europa. Unitevi al nostro progetto e mostrate il lato positivo dei Rom.
Grazie,
Roma Art Center
Mr. Kasum Cana
10000 Zagreb, Avenija.Marina Drzica 4.
Republic of Croatia
Tel/Fax: 00385 1 6008 612
Mob: 00385 91 253 71 54
E-mail: romacana@yahoo.com
Di Fabrizio (del 28/10/2009 @ 17:29:18, in Europa, visitato 2075 volte)
Da
Czech_Roma
Praga, 23.10.2009, 18:06
La Corte Costituzionale ha rigettato il ricorso compilato da Helena
Ferenčíková, la donna rom che aveva accusato l'ospedale di Vítkov di averla
sterilizzata contro la sua volontà, vicenda che si era conclusa con le pubbliche
scuse ma senza alcun indennizzo finanziario. Un tribunale aveva giudicato il suo
diritto ad un indennizzo come soggetto ad uno statuto di limitazioni che era
scaduto. ČTK riporta che ora la Corte Costituzionale ha sostenuto questo
verdetto. Nel 2005 il primo caso era stato portato in tribunale da una donna rom
sterilizzata senza il suo assenso.
Sia il Tribunale Regionale di Ostrava che l'Alta Corte di Olomouc avevano
entrambe stabilito che i dottori avevano commesso un atto illegale con la
sterilizzazione senza consenso esplicito della signora Ferenčíková, cheall'epoca
aveva 19 anni. Le loro azioni violavano tanto la sua integrità fisica che la sua
privacy. Però i tribunali avevano aggiunto che il diritto ad un indennizzo
finanziario è soggetto ad uno statuto triennale di limitazioni, scaduto
nell'ottobre 2004. Il ricorso della Ferenčíková era stato presentato al
Tribunale Regionale solo nel 2005.
Nel reclamo costituzionale, l'avvocato di Ferenčíková ha sottolineato la
gravità della violazione dei diritti umani che ne consegue, reclamando che
"l'applicazione dello statuto generale delle limitazioni ha privato la
querelante della protezione dei suoi diritti fondamentali e della dignità". Il
reclamo dimostra che c'è stata violazione delle buone morali nel negare un
indennizzo con la scusa che lo statuto delle limitazioni era scaduto. L'avvocato
ha anche ricordato che col tempo, i verdetti riguardanti queste limitazioni si
erano volti ad una maggiore flessibilità.
Però i giudici hanno trovato senza sostanza le obiezioni di Ferenčíková. "La
Corte Costituzionale trova che i tribunali giudicanti hanno deciso sul caso
correttamente, spassionatamente ed in pieno accordo con la legge," riporta
Justice Vlasta Formánková nella motivazione della decisione. Justice
Formánková ha anche notato che nel 2008 le variazioni dei precedenti verdetti
riguardanti casi simili, sono state unificate dalla Camera Grande della Corte
Suprema, perché fossero rimesse in linea con la precedente decisione nel caso Ferenčíková.
I dottori sterilizzarono Ferenčíková alla nascita del suo secondogenito.
Obiettarono di aver agito nel suo interesse, dato che si trattava del suo
secondo parte cesareo. L'ospedale replica anche che lei concordò con
l'operazione, fu istruita sul suo significato e porta a testimonianza la sua
firma sulla documentazione. Ma Ferenčíková risponde che causa il parto in
corso, non capì esattamente cosa le stavano facendo firmare. Non voleva essere
sterilizzata, ma voleva avere altri bambini.
Gli attivisti dei diritti umani dicono che dozzine di donne rom sono state
sterilizzate in circostanze simili nella regione di Ostrava. Il problema iniziò
ad essere discusso nella Repubblica all'inizio dell'autunno 2004, quando l'European
Roma Rights Center pubblicò i propri sospetti sulle sterilizzazioni forzate. A
marzo di quest'anno la Corte Costituzionale aveva rigettato anche il ricorso
compilato da un'altra vittima rom di trattamenti simili, Iveta
Červeňáková, [...]
Secondo gli attivisti dei diritti umani, il caso più recente di una donna rom
sterilizzata contro la sua volontà nella Repubblica Ceca è successo nel 2007.
Quest'anno, Michael Kocáb, Ministro per i Diritti Umani e per le Minoranze, ha
portato la questione all'attenzione del gabinetto Fischer, dicendo che doveva
essere riaperto il fascicolo delle sterilizzazioni non volute delle donne rom.
ROMEA, ČTK, translated by Gwendolyn Albert
Di Fabrizio (del 23/10/2009 @ 09:04:02, in Europa, visitato 1428 volte)
Da
Romanian_Roma
21 ottobre 2009, BERLINO (JTA) - Circa 70.000 reclami dei sopravvissuti
all'Olocausto, rifiutati dalla Sicurezza Sociale Tedesca, stanno per essere
riaperti.
Un gruppo di controllo stabilito dalla Conferenza sui Reclami e dal Ministero
del Lavoro e degli Affari Sociali tedesco controllerà i reclami rigettati sin
dal 2002, con il reclamo più vecchio processato per primo, secondo quanto
dichiarato martedì dalla Conferenza sui Reclami.
La ri-valutazione segue ad anni di pressioni e tre decisioni del tribunale
quest'estate, che liberalizzavano i criteri di pagamento per la legge del 2002
sulle "pensioni del ghetto", che si applica ai sopravvissuti ai ghetti
occupati od incorporati dai nazisti per il "lavoro volontario e remunerato".
La Conferenza sui Reclami, che non processa o amministra i reclami, si è
unita ad altre organizzazioni dei sopravvissuti, per chiedere dei cambiamenti,
dato che "l'interpretazione inconsistente o eccessivamente letterale dei criteri
di eleggibilità da parte delle autorità tedesche, portava ad un esteso diniego
dei reclami."
Da ora in poi, il tipo di pagamento ricevuto per il lavoro nei ghetti -
denaro, cibo o vestiti - non sarà più un fattore decisivo, anche se la
remunerazione non è stata fornita direttamente al richiedente. Inoltre, verranno
coperti anche i ghetti in Transnistria.
Soltanto quanti già ricevono una pensione possono ricorrere in forma scritta
se ritengono di doverla aggiornare.
Ulteriori informazioni (in inglese ndr) disponibili su
Claims Conference Web site.
Di Fabrizio (del 21/10/2009 @ 09:25:37, in Europa, visitato 1533 volte)
Da
Mundo_Gitano
ABC.es Madrid, 14 ottobre 2009
Ad un decennio dal conflitto armato nei Balcani, la Germania sta pianificando
il rimpatrio di migliaia di rifugiati provenienti dalla regione, la maggior
parte di origine rom, una decisione definita dai critici come "mostruosa",
mentre il Governo ha difeso questa misura affermando che la situazione nella
regione è già stabile, secondo i responsabili tedeschi.
Ci sono circa 14.000 rifugiati in Germania provenienti dal Kosovo, e 10.000
di loro sono di questo gruppo etnico. Non è mai stato regolato lo status legale
della maggior parte di questi rifugiati.
Così, il Ministero degli Interni progetta di trattare 2.500 casi di rimpatrio
due volte all'anno, per essere sicuro che il Kosovo non risulti
sovraccaricato da un influsso repentino dei ritorni. L'anno scorso, almeno 900
kosovari sono tornati nella regione, mentre già si sta provvedendo a programmi
simili per i rifugiati dalla Bosnia, secondo quanto riporta il giornale tedesco
"Süddeutsche Zeitung".
In aggiunta, la Germania pagherà 750 euro a chiunque farà ritorno e coprirà
le spese di viaggio, informa il giornale "Russia Today", che informa come le
autorità abbiano promesso di mantenere una "ragionevole composizione etnica" tra
loro.
Il Ministero degli Interni della Germania ha detto che l'accordo di rimpatrio
verrà firmato a settimane, ed un suo portavoce, Stefan Paris, ha dichiarato a
Berlino che l'accordo sarà in linea con la legislazione internazionale, perché
trattando la questione dei rifugiati siano considerati tutti gli aspetti
umanitari.
Una volta firmato, l'accordo sancirà che il Kosovo, di principio, accetterà
tutte le persone che abbiano documenti d'identità della regione o che
antecedentemente abbiano vissuto sul suo territorio.
Nel contempo, la deputata del partito di sinistra "Die Linke", Ulla Jelpke,
ha definito il progetto come "mostruoso", dato che i deportati avranno di fronte
a sé "la povertà assoluta" ed "un'alienazione giornaliera" dalla maggioranza
albanese nel Kosovo.
Inoltre, il gruppo per i diritti umani Chachipe, focalizzato su questa etnia,
ha condannato il processo di rimpatrio, affermando che il governo tedesco è
stato molto ottimista nel descrivere la situazione in Kosovo. "I Rom sono stati
espulsi dal Kosovo e, in dieci anni, la comunità internazionale non è stata
capace di creare le condizioni per un ritorno in forma sicura", ha indicato il
gruppo.
"I loro interessi sono stati sacrificati e abbandonati nel tentativo di
pacificare gli antagonismi tra albanesi e serbi del Kosovo e ora, si chiede il
loro ritorno perché la comunità internazionale possa dire che il Kosovo si è
convertito in un posto multietnico che merita essere un paese indipendente", ha
affermato il gruppo.
Nel frattempo, l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati
(ACNUR), dopo aver visitato la regione all'inizio di quest'anno, ha detto che il
Kosovo è ancora suscettibile alle tensioni etniche e che le condizioni per
vivere nella zona sono molto povere. L'agenzia ha raccomandato che i rifugiati
tornino solamente in forma volontaria.
Di Fabrizio (del 18/10/2009 @ 09:02:30, in Europa, visitato 1561 volte)
Da
Romanian_Roma
COMUNICATO STAMPA - 13 ottobre 2009, Chisinau
Il Centro Nazionale Rom è preoccupato sul modo in cui le entità legali della
Moldavia amministrano i dati personali. A tale proposito alcune banche
raccolgono dati della vita privata dei cittadini e li rendono pubblici,
infrangendo seriamente il diritto alla riservatezza.
Il diritto al pari trattamento di fronte alla legge è universale e garantito
ad ogni cittadino, ma sfortunatamente non è sempre rispettato in Moldavia. In
alcune ricerche condotte dal Centro è stato provato che vengono raccolti
dati personali sull'etnia, spesso non usati correttamente e persino in maniera
discriminatoria. Un esempio è che alcune banche rifiutano prestiti ai Rom.
I Rom sono etichettati come una minoranza etnica che spesso è di fronte a
discriminazione in quasi tutte le sfere della vita sociale. Anche se statistiche
su ciò sono necessarie allo stato per i programmi di sviluppo ed integrazione
dei Rom, il modo di usarle e le analisi critiche causano timore che queste
politiche provochino pratiche discriminatorie.
A tal proposito alcune banche in Moldavia raccolgono dati personali, inclusi
l'etnia, delle persone che richiedano prestiti, che susseguentemente sono
piazzati pubblicamente nella cosiddetta "lista nera" e divulgati ad altre
istituzioni finanziarie, infrangendo perciò l'articolo 6 della Convenzione.
Uno di questi casi è dato dal fatto che la Banca Commerciale Agroindbank ha
reso pubblica una lista nera che includeva tra gli altri Artur Cerari,
etichettato come "Barone dei Rom di Moldavia", con allegata la seguente
raccomandazione: "Nelle circostanze create in relazione ai clienti della
lista allegata, BC "Moldova Agroindbank" raccomanda di procedere con la massima
precauzione in qualsiasi transazione commerciale o di astenersi da qualsiasi
relazione d'affari riguardo a loro" (http://forum.md/Discuss.aspx?id=696735&page=6).
Questa informazione è stata postata sul sito della BC "Moldova
Agroindbank" per oltre due anni, durante i quali la Repubblica di Moldavia ha
firmato la Convenzione per la Protezione degli Individui riguardo al Processo
Automatico dei Dati Personali, adottato la Legge sulla protezione dei dati
personali nel 2007 e creato un'autorità nazionale per controllare il processo
dei dati personali.
A questo scopo, il Centro Nazionale Rom ha chiesto al Centro Nazionale per la
Protezione dei Dati Personali di indicare con quale limite/volume possano essere
raccolti i dati personali e poi resi pubblici, nei casi summenzionati, ledendola
privacy dei 150.000 cittadini che si sono dichiarati Rom e volessero ricevere
supporto finanziario dalle banche.
Per ulteriori informazioni, potete contattare il presidente del Centro
Nazionale Rom:
Mr. Nicolae Radita, Tel. 227099 or 069553363 or by e-mail:
raditsa_nicolae@mail.md
PS: Invece in
Italia
Di Fabrizio (del 15/10/2009 @ 08:58:33, in Europa, visitato 1504 volte)
Da
Roma_Daily_News
AGGIORNAMENTO 13 OTTOBRE 2009 - E' SCADUTA LA DATA DELLA CLEMENZA PER
YUZEPCHUK
Il Presidente Aleksander Lukashenko ha permesso che passasse la scadenza per
Vasily Yuzepchuk. Il 12 ottobre, il Comitato ONU per i Diritti Umani aveva
registrato il caso di Vasily Yuzepchuk e chiesto al governo bielorusso di non
procedere all'esecuzione, finché il caso fosse al vaglio del Comitato.
Il Presidente Lukashenko ha ignorato le richieste di clemenza dalla comunità
internazionale, incluso il Consiglio d'Europa. A seguito del rigetto
dell'appello di Vasily Yuzepchuk da parte della Corte Suprema il 2 ottobre,
il Presidente Lukashenko aveva 10 giorni di tempo per garantire la clemenza. L'8
ottobre i locali attivisti per i diritti umani avevano spedito una petizione sul
caso al Comitato ONU per i Diritti Umani. [...]
Vasily Yuzepchuk è stato condannato a morte il 29 giugno, per l'uccisione di
sei donne anziane, a seguito di un'indagine e un processo che il suo avvocato
descrive come fondamentalmente difettoso: dice che Vasily Yuzepchuk è stato
picchiato durante la detenzione per forzarlo a confessare.
Vasily Yuzepchuk appartiene al marginalizzato gruppo etnico dei Rom;
originario dell'Ucraina, non ha passaporto interno, che è richiesto per tutti i
cittadini della Bielorussia. Potrebbe avere una disabilità intellettuale e
secondo il suo avvocato è illetterato e non conosce i mesi dell'anno.
Ulteriori informazioni:
In Bielorussia, ai prigionieri condannati non viene dato preavviso di
quando l'esecuzione avrà luogo, esecuzione che di solito avviene pochi minuti
dopo che il loro appello per la clemenza viene rigettato.
Prima sono portati in una stanza dove, alla presenza del Direttore del
carcere, del Procuratore e di un altro impiegato del Ministro degli Interni,
viene detto loro che l'appello per la clemenza è stato rifiutato e che la
sentenza sarà eseguita. Vengono poi portati in una stanza vicina dove sono
obbligati ad inginocchiarsi e vengono giustiziati con un colpo alla nuca.
Le loro famiglie vengono informate giorni, talvolta settimane dopo, che il
loro parente è stato giustiziato.
Fate pressione con urgenza alle autorità bielorusse perché venga concessa
la grazia a Vasily Yuzepchuk!
Firmate l'appello su
http://www.amnesty.org.uk/actions_details.asp?ActionID=635
Di Fabrizio (del 01/10/2009 @ 09:25:26, in Europa, visitato 1659 volte)
Da
Romanian_Roma
Reuters AlertNet (disclaimer)
Un bambino rom ritorna a casa con contenitori di acqua pulita, che ha
"guadagnato" lavorando per i vicini World Vision MEERO,
http://meero.worldvision.org
28 Settembre 2009 - L'attesa di una propria fornitura d'acqua è quasi
terminata per gli oltre 100 Rom della comunità Cobadin di Costanza, dove
genitori e figli lavorano per i loro vicini per ottenere soltanto acqua
potabile. I due pozzi ricostruiti dall'Associazione Sunshine Cobadin con i fondi World Vision
Romania daranno a circa 16 famiglie accesso all'acqua potabile e non dovranno
più lavorare o camminare per km. per procurarsela.
"Lavoriamo tutto il giorno per due galloni (8 litri) d'acqua," piange una
donna rom la cui voce racconta la triste storia di oltre 100 persone di Cobadin,
una comunità rurale nella regione di Costanza, sud-est della Romania.
Vivono alla periferia del villaggio, in misere case di terra rattoppate con
teli di plastica, le famiglie lamentano il fatto che i due pozzi che si
iniziarono a scavare molti anni fa,, sono stati analizzati e dichiarati
contaminati. Da quel momento sono stati obbligati a mendicare l'acqua dai loro
vicini e lavorare tutto il giorno per pochi litri d'acqua.
"Negli ultimi due anni non abbiamo avuto alcuna sorta d'acqua nelle nostre
case. Di solito la prendevamo fuori dal municipio, ma lo scorso inverno l'hanno
chiusa. Tutta l'estate abbiamo trasportato l'acqua dalla pompa della scuola, ma
ora stanno chiudendo i cancelli. Quando chiediamo l'acqua ai vicini, dicono che
dobbiamo pagarla. Pagare con cosa?" si chiede Ismail Redivan, padre di quattro
bambini.
Ogni giorno Ismail lavora per portare abbastanza acqua ai suoi bambini.
Trasporta spazzatura su un carro, cura il giardino dei vicino - tutto per
l'acqua. "Senza acqua, moriamo," dice semplicemente.
Salie ed i suoi tre figli camminano per quattro km. al giorno per prendere
l'acqua da un pozzo dei parenti. "Se in casa non abbiamo acqua, non beviamo.
Resistiamo. Se i bambini si svegliano di notte e chiedono l'acqua, non possiamo
dargliela," spiega Salie.
Emaciata e debole per il cancro, Zulfie - 70 anni, non è preoccupata per sé,
ma per i suoi animali, la sua ultima fonte di gioia e soddisfazione. "Non ho
acqua - nemmeno per il mio gatto," dice la nonna.
Ma l'acqua potabile è solo il primo anello della catena di problemi per
questi Rom. Quando si centellina ogni goccia d'acqua è difficile parlare di
igiene. "Lavo tutti i bambini nella medesima acqua," dice Emma, 32 anni, madre
di sei ed in attesa del settimo. Suo figlio Resep, 15 anni, ha terminato il
quarto grado a scuola, ma ora non va più a scuola.
"Voglio davvero andare a scuola, ma mi vergogno con i miei compagni in questi
vestiti sporchi e puzzando. Ora sto lavorando per un vicino turco, che mi da tre
bidoncini d'acqua, ogni giorno, solo per bere," relaziona Resep.
Tutti ricordano con nostalgia quando i pozzi funzionavano. "Avevamo acqua
dolce e fresca," dice l'anziana rom.
Corina Iordanescu,
coordinatrice del Progetto di Sviluppo Comunitario di
World Vision, spiega perché ricostruire i pozzi è così cruciale. "Abbiamo deciso
di ricostruire i pozzi per aiutare le famiglie rom ad avere una migliore qualità
di vita, perché possano lavare i loro bambini, i vestiti ed avere basiche
condizioni igieniche."
"Dopo che avremo ricostruito il pozzo, tratteremo l'acqua con il cloro per 48
ore. Dopo, faremo una prova per vedere se l'acqua è bevibile. I pozzi avranno le
pareti esterne, shaduf [il braccio per raccogliere l'acqua] e una botola per
proteggere i bambini," dice Ani Vlaicu, presidente dell'Associazione Sunshine Cobadin
e consigliere tecnico municipale per i Rom.
Secondo il Rapporto 2008 sui Diritti Umani di Amnesty International, l'UNICEF
a marzo dello stesso anno riportava che oltre il 70% delle case rom non ha una
fornitura d'acqua diretta.
Ufficialmente ci sono in Romania 535.140 Rom, che rappresentano il 2,5% della
popolazione, ma le stime non ufficiali danno un totale fra i 700.000 e i 2,5
milioni di persone.
Source: World Vision Middle East - Eastern Europe, Central Asia office
Reuters e AlertNet non sono responsabili del
contenuto di questo articolo o di qualsiasi sito internet esterno. I punti di
vista espressi sono del solo autore
Di Fabrizio (del 22/09/2009 @ 09:38:36, in Europa, visitato 1921 volte)
Da
Roma_ex_Yugoslavia
BalkanInsight.com 17 settembre 2009 - Le famiglie rom espulse da Belgrado
trovano una gelida accoglienza al sud by Goran Antic and Nikola Lazic
Vranje (archive)
I Rom cacciati dalla capitale serba dopo che le autorità hanno spianato la
loro baraccopoli, sono andati ad arrangiarsi in remote città regionali.
In un prefabbricato di 15 m2, accanto ad una sudicia toilette, Fernando Kamberi,
di un anno, succhia allegro dal suo biberon.
Su fratello, Orlando, di quattro anni, è in piedi lì vicino, tutto preso
nell'ultimo morso ad una fetta di pane e paté. Il muco del suo naso condisce il
pasto, l'unico della giornata.
Gli altri tre bambini della famiglia osservano Fernando and Orlando con
invidia. Sono sicuramente delusi, perché non verrà lasciato del cibo per loro.
"Mangiamo, dormiamo e ci diamo il cambio nello stesso posto - sette di noi
condividono una sola coperta per dormire," dice Nevzadija Kamberi, madre della
scontenta nidiata.
"Non c'è bisogno di una toilette o di una tinozza, perché manca l'acqua
corrente. Aspettiamo che scoppi un'epidemia."
Questo è l'ironico destino di una famiglia rom, deportata dalla cosiddetta
"città di cartone" sotto il ponte Gazela a Belgrado, dopo che la città ha
ottenuto un prestito di 3 milioni di euro dalla Banca Europea per ricostruire il
ponte.
I Rom che vivevano sotto il ponte sono semplicemente stati impacchettati sui
bus il 31 agosto e spediti in altre città in tutto il paese.
I bulldozer hanno distrutto la baraccopoli illegale, che ospitava diverse
centinaia di famiglie rom, di fronte ai loro occhi.
Gli incaricati comunali di Vranje dicono di 13 famiglie, circa 69 persone in
totale, spedite 360 km. a sud della loro città, vicino al confine col Kosovo e
la Macedonia.
Sono soltanto alcuni del numero totale degli espulsi. Quanti erano registrati
al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, hanno ricevuto un compenso di
200.000 dinari, circa 2.200 euro.
In posizione peggiori quelli che non erano registrati, che non hanno ottenuto
alcun compenso riparatorio e nessun assistente sociale si prende cura di loro.
La disperazione contrassegna il volto di Kamberi mentre ricorda gli eventi
degli anni recenti. In cerca di una vita migliore, si era trasferita a Belgrado
10 anni fa. Lì aveva una famiglia, che da allora ha lottato per sopravvivere.
Dal 31 agosto, vivono su una collina sopra Vranje in una capanna senza acqua
o elettricità. Per gli occhi del Ministero del Lavoro sono cittadini che non
esistono.
Kamberi dice che lo staff del Centro Lavoro Sociale e la municipalità di
Vranje li hanno incontrati. "All'inizio, ci hanno dato un container assieme a
2.000 dinari per le necessità. Abbiamo passato lì una notte, ma poi ci hanno
lasciato da soli," dice.
"Cosa facciamo adesso? Viviamo sotto un tetto di metallo, nessuna strada qui
vicino, senza acqua, elettricità o cibo. Siamo qui da due settimane e non
abbiamo ancora fatto una doccia."
I bambini di Kamberi dovrebbero andare a scuola presto, ma Irinka esita nel
lasciarli andare in queste condizioni.
"Sarebbe vergognoso andare a scuola in questo stato - sporchi, con i
pidocchi, affamati, senza neanche una matita."
Nurija Zecirova è in parte più fortunata. Ha ricevuto un compenso di 200.000
dinari dallo stato, in quanto una delle 13 famiglie rom "registrate".
"Li abbiamo usati per pagarci subito un alloggio, ma i soldi sono finiti
subito e ora non abbiamo niente per vivere," dice.
"Mio marito ha problemi di cuore e mio figlio di 14 anni invece di andare a
scuola scava in cerca di patate."
Anche la sua famiglia vive in un cottage sulla collina sopra la città. Di
fronte alla casupola arde un fuoco dove viene bollita e risciacquata la
biancheria. La legna per il fuoco è presa dalla montagna.
Il suo vicino, Kenan Kamberi, spiega perché ha rifiutato di registrarsi con
le autorità di Belgrado.
"Quelli che si sono registrati a Belgrado hanno avuto 200.000 dinari per
famiglia. Ma noi non l'abbiamo fatto perché c'era gente a Belgrado che ne aveva
fatto un vero affare. Ti avrebbero registrato come residente al tuo indirizzo,
ed in cambio chiedevano dai 300 ai 500 euro."
Quasi tutti i Rom trasferiti a Vranje da Belgrado campavano della raccolta e
vendita di materiale di risulta.
"Praticamente, ripulivamo Belgrado che alla fine ci ha espulsi," dice
Kenan Kamberi. "Vorremmo fare la stessa cosa qui [a Vranje], ma non ci è
permesso."
Nessuno di loro ha trovato un lavoro. Nell'impoverita Vranje, dove il 10%
degli 80.000 abitanti sono senza lavoro, ci sono licenziamenti freschi ogni
giorno. La prospettiva per i marginali Rom del ponte Gazela a Belgrado sono
senza speranza.
La situazione è particolarmente pesante per gli anziani. Tra i Rom espulsi
c'è Zulifi Kamberi, 65 anni, la cui faccia porta le tracce di una vita
difficile. "Non ho istruzione, ma ciò non significa che sia stupido," dice in
piedi accanto alla stufa arrugginita di fronte alla sua baracca.
"Sono un vecchio, stanco, uomo malato, l'inverno si sta avvicinando e non ho
un ramo per accendere il fuoco," dice, "Ho fumato per 50 anni e non posso
permettermi un pacchetto di sigarette".
Branimir Stojancic, incaricato del governo locale di Vranje, responsabile per
le questioni sociali, dice che la municipalità sta facendo tutto il possibile
per aiutare questa gente, anche se non ha dati precisi su quanti siano realmente
arrivati da Belgrado.
"Alle 13 famiglie con i dati sociali completi, il Ministero ha dato circa
200.000 dinari a famiglia, ma non sono stai gli unici ad arrivare, perché da
Belgrado sono arrivati Rom per tutta la notte," dice.
Stojancic dice che le autorità locali aiuteranno tutte le famiglie di cui sia
provata l'origine nella città di Vranje.
"A quanti sono originari di Vranje e a chi ha i requisiti legali forniremo
sicurezza finanziaria," insiste. "Riceveranno 20.000 dinari al mese, a seconda
della loro situazione finanziaria e della loro integrazione nel sistema sociale
di assistenza."
Stojancic ha aggiunto che i governi locali sono ora responsabili del destino
dei Rom espulsi da Belgrado.
"Faremo ogni sforzo possibile, ma è un problema che durerà perché affonda nel
tempo," ha detto.
Goran Antic and Nikola Lazic are journalists with Vranjske Novine. Balkan
Insight is BIRN`s online publication.
NdR: Ne avevo già scritto
QUI e tutto sommato quello sgombero era descritto come più "umano" rispetto
a quanto accade in Italia. In realtà ogni sgombero, invece di risolvere i
problemi, ne porta di altri e questa cronaca è solo un esempio. Una curiosità:
leggendo i commenti all'articolo di BalkanInsight, si dice più o meno che un
paese che tratta così le proprie minoranze non dovrebbe far domanda di entrare
nell'Unione Europea. Secondo me, e le cronache che pubblico ne sono una prova,
purtroppo anche la Serbia si sta adeguando agli standard europei.
Di Fabrizio (del 20/09/2009 @ 09:21:19, in Europa, visitato 1773 volte)
Da British_Roma (la mia traduzione non è sempre letterale, comunque ho trovato molto coinvolgente la storia di questa donna e dei cambiamenti avvenuti nel suo mondo)
The Guardian La mia infanzia zingara by Roxy Freeman - 7 settembre 2009
Roxy Freeman e suo fratello Rollin sperimentano il flamenco nel 1990. Photograph: Tam Carrigan Roxy Freeman non era mai andata a scuola. Ma a 22 anni, ha deciso di ottenere un'istruzione formale, si è forzata ad affrontare i pregiudizi che arrugginiscono la sua comunità zingara - e di incatenare il suo spirito vagabondo
La portiera mi guardava con sdegno mentre camminavo nel Suffolk College per iscrivermi. Non erano richiesti curriculum a noi studenti fuori corso, ma la portiera mi aveva ammonito che era un corso avanzato intensivo, e che sembrava esserci uno spazio vuoto nel mio modulo riguardo "l'istruzione precedente". Quando le ho spiegato che non ero un'emarginata, ma soltanto non ero andata a scuola, mi ha guardato ancora più sdegnosa.
Avevo 22 anni e non avevo mai passato un giorno della mia vita in un'aula scolastica, un concetto alieno per molti ma comune nelle famiglie Zingare e Viaggianti. In GB ci sono oltre 100.000 nomadi Viaggianti e Zingari, e 200.000 che vivono in alloggi permanenti. Molti, come me, non hanno mai frequentato la scuola, mentre altri sono illetterati perché l'istruzione formale non è una priorità nella nostra cultura.
La mia educazione è stata insolita, ma non unica. Sino agli otto anni ho vissuto per strada con la mia famiglia, girando l'Irlanda su di un carro a cavallo. Eravamo sei bambini e bambine, e la nostra famiglia era considerata piccola. Avere 12 o 13 bambini era comune tra Viaggianti e Zingari.
Sposarsi tra cugini è anche comune tra gli Zingari (ed è una potenziale bomba a tempo genetica), i miei genitori vengono da un retroterra davvero differente. Mi madre proviene da una famiglia americana dell'upper-class. Da giovane era letteralmente scappata con uno Zingaro - mio padre, che allevava cavalli. Entrambi sono persone estremamente intelligenti e dalla mente aperta che volevano crescerci in un ambiente stimolante e libero.
Al posto di andare a scuola, con i miei fratelli e sorelle, come molti bambini fummo introdotti alle arti, alla musica e al ballo. La nostra istruzione era imparare sulla vita selvaggia e la natura, come cucinare e sopravvivere. Non conoscevo le tabelline ma sapevo mungere una capra e cavalcare un cavallo. Potevo riconoscere i funghi e sapevo dove trovare il crescione e l'acetosa selvatici. A otto o nove anni sapevo accendere un fuoco, cucinare la cena ad una famiglia di 10 e fare il pane su un fuoco all'aperto.
Non era sempre così idilliaco: la vita sulla strada può essere molto dura. Come bambina con fratelli e sorelle più piccoli, dovevo lavorare duro: la mia routine giornaliera includeva prendere l'acqua, cucinare e cambiare i pannolini. Lottavamo anche per le finanze, la passione di mio padre è sempre stata allevare cavalli zingari. Qualche volta la vendita andava bene, ma il più delle volte eravamo senza un penny. Così la nostra famiglia lavorava alla raccolta della frutta. Un'estate, mi ricordo, praticamente siamo vissuti a funghi, perché lavoravamo in una fattoria di funghi. Raccoglievamo anche giunchiglie, dopo circa cinque stagioni sviluppai un'allergia al liquido dei gambi e al loro contatto la mia pelle si riempiva di bolle. Tutto il denaro andava dritto a mia madre e papà.
La nostra vita scorreva all'aperto; lavorare, giocare e socializzare, tutto avveniva attorno al fuoco, o nei boschi e nei campi. Il tempo piovoso era una maledizione e ci accalcavamo attorno ad una stufa in uno dei carri. Per molti anni non abbiamo avuto elettricità, televisione, radio, niente di elettrico. Avevamo bambole di porcellana e nessun altro giocattolo. E giocavamo a carte - grazie a Dio per le carte! Non fosse stato per loro, non avrei avuto nessuna abilità matematica.
A differenza dei miei fratelli e sorelle, ho imparato a leggere abbastanza giovane. Mia madre ed i nonni mi comprarono dei libri e, con l'aiuto di mamma, col tempo potei leggere. A 12 o 13 anni avevo divorato tutto F Scott Fitzgerald, EM Forster, Louisa May Alcott ed Emily Brontë. Li compravo alle vendite di beneficenza o li chiedevo come regali di compleanno; assieme, libri e carte da gioco, mi diedero una comprensione delle parole e dei numeri in assenza di ogni istruzione formale.
Ero, però completamente ignara del modo oltraggioso con cui i media ritraggono la popolazione zingara. Da bambini, avevamo davvero pochi contatti con la gente che viveva nelle case e dato che non andavamo a scuola o guardavamo la televisione, ne ero ignara. Mia madre non ci portava a fare spese, dato che eravamo in troppi. Mi ricordo una volta che eravamo accampati vicino a dei caseggiati periferici, dei bambini attraversarono il campo dove noi stavamo giocando tra gli alberi gridandoci contro e lanciandoci sassi. Ma quando chiesi a mio fratello perché erano arrabbiati, non mi sembrò troppo seccato, dicendo che forse fosse "perché non avevano capito e pensavano che fossimo pericolosi".
Se non fosse stato per la letteratura, sarei rimasta ignara di come eravamo descritti. Ma l'amore per i libri evolse nell'interesse per le riviste ed i quotidiani, e ciò mi fece scoprire un mondo di pregiudizio ed ignoranza. Da adolescente, capii per la prima volta che c'era un punto di vista comune per cui chiunque vivesse in una carovana o per strada sia uno sporco Zingaro ladro, che mai contribuirà alla società, vivendo gratis sulla terra che non gli appartiene.
Zingari e Viaggianti sono il solo gruppo sociale che è ancora possibile insultare. In parte, penso dipenda dai nostri livelli di analfabetismo e dalla mancanza di coinvolgimento sociale; se la gente non è cosciente di cosa è scritto su di lei, c'è poco da discutere. Se loro non discutono, si continua a farlo.
In Inghilterra, gli Zingari sono iscritti come un gruppo etnico distinto dal Race Relations Act del 1976. I Viaggianti irlandesi hanno questo status garantito dal 2000. Ma questo ha significato poco per l'opinione o l'attitudine pubblica, ed ancor meno per le vite dei Viaggianti stessi. Zingari e Viaggianti hanno tuttora la più bassa aspettativa di vita, il più alto tasso di mortalità infantile e sono il gruppo "a maggior rischio" sanitario in GB, e sono inoltre esclusi da molte delle strutture basiche sociali e legali.
Anche se io non sono andata a scuola, alcuni tra i miei fratelli e sorelle l'hanno fatto. E come molti altri bambini zingari, si sono trovati di fronte al bullismo. Spesso li trovavo in fiumi di lacrime ai cancelli dell'istituto perché gli altri bambini ce l'avevano con loro.
Può essere dura raggiungere il proprio pieno potenziale senza essere andati a scuola, ma a confronto delle altre famiglie tradizionali analfabete di Zingari e Viaggianti, avevamo buone opportunità e non ci si aspettava da noi che ci sposassimo presto, avessimo tanti bambini o seguissimo le impronte dei nostri genitori. Da bambina, la mia passione era stata il flamenco (la musica della comunità zingara in Spagna). Mia madre mi portò ad una scuola di danza dopo che ci stabilimmo a Norfolk quando avevo circa nove anni, e ne fui stregata.
Avevamo affittato un pezzo di terra per i nostri carri e ci erano stati garantiti dal consiglio i diritti speciali di residenza. Ci eravamo spostati nelle case mobili ed alla fine avevamo costruito una struttura in legno per ospitare bagno, cucina ed un'area comune. Tutto ciò significava che potevo avere lezioni regolari e diventare una ballerina professionista di flamenco. Ma a 17 anni, fui sopraffatta dal desiderio di lasciarmi alle spalle il caotico comfort del campo. Dopo aver messo da parte il denaro ottenuto con piccoli lavori, girai il mondo per anni, ballando il flamenco nei bar in Australia, nelle scuole in Spagna e sulle spiagge in India.
Ma anche quando ero in viaggio, non ho mai accennato alla mia istruzione o alla famiglia, per paura di risposte negative o ignoranti. Senza la scuola è difficile fare amicizie durevoli, e so che soltanto la mia famiglia capiva le mie paure, emozioni e retroterra. La mia famiglia era così vasta e vicina che non ho mai sentito di avere bisogno di amici. Ma quando ero lontana, crebbe dentro me un senso di insoddisfazione che sapevo non sarebbe andata via.
In passato avevo accarezzato l'idea di andare al collegio, ma poi non mi sembrava necessario, era difficile e qualcosa di inottenibile. Ora, all'età di 22 anni, ero pronta - ma non sembrava essere facile. Prima di essere ammessa, dovevo scrivere un pezzo di 3.000 parole sul perché volevo entrare così tardi nel sistema educativo - quasi una sfida per chi non aveva mai scritto prima una lettera. Ma ebbi quel posto e, per i novi mesi seguenti del corso, passai le notti nella casa mobile leggendo testi sul livello GCSE (vedi QUI ndr), cercando disperatamente di ottenere la conoscenza di base che ci si aspettava da me. Non sapevo nulla degli atroci crimini di cui Hitler era colpevole, né di quando fosse avvenuta la Battaglia di Hastings. Non avevo idea di cosa fosse il sistema respiratorio e non sapevo punteggiare una frase. Ma avevo un buon vocabolario, molta determinazione ed una famiglia che mi appoggiava in toto. Cercare di studiare con loro era un'altra questione.
Trovare pace e quiete era sempre stato impossibile. Quando ero piccola, sognavo di vivere in una casa con terrazzo in una strada acciottolata, perché nei carri e nelle case mobili non c'è mai pace. Si vive uno sull'altro, la privacy è inesistente e l'unico posto dove trovare la solitudine è nascondersi sotto un albero o camminare per un campo. Da piccola avrei voluto vagabondare da sola se avessi potuto, trovare un pezzo di muschio dove sedermi e passare il pomeriggio a guardare le coccinelle e cercare fiori da far schioccare.
Muoversi da una cultura all'altra è incredibilmente difficile, e rompere le barriere e le concezioni sbagliate è ancora più dura. Forse non avrei dovuto essere sorpresa - c'è stata una lunga storia di persecuzione degli Zingari in Europa: l'Egyptians Act del 1530 li bandiva dall'Inghilterra, mentre regolamenti posteriori li forzava ad abbandonare la loro esistenza nomade pena la morte. I nazisti li consideravano "non-persone", ed alcuni esperti ritengono che circa 600.000 Zingari europei furono sradicati, la maggior parte gassati ad Auschwitz.
Ci sono diversi gruppi differenti nella comunità nomade. I Rom, che hanno origine dal subcontinente indiano circa 1.000 anni fa ed ora diffusi in tutta Europa; i Viaggianti irlandesi, che hanno una lingua comune (Shelta) e si ritiene siano diventati nomadi nel XVI o nel XVII secolo, inoltre i viaggianti new age, gli hippy e i vagabondi. Alcuni hanno scelto una vita nomade perché volevano essere più a contatto con la natura, altri di vivere ai margini della società senza una polizza di assicurazione o un indirizzo fisso.
Tuttora, quando Zingari e Viaggianti vogliono stabilirsi, ci sono complicazioni extra. Oltre il 90% dei permessi di edificazione sottoposti dalle famiglie zingare vengono rifiutati, comparato al 20% di quelli di chi non è nomade. Così, gli Zingari possono comprare appezzamenti di terra sulla green belt ed hanno poca o nessuna conoscenza del sistema amministrativo. Una richiesta di permesso di edificazione di una famiglia zingara incontra sempre un numero estremo di obiezioni dai residenti locali (ne ho esperienza). Ed è un fatto che avere Zingari in un quartiere abbassa il prezzo delle proprietà.
I miei fratelli, le mie sorelle, io, siamo nati in questo stile di vita, ma non ci hanno insegnato a intagliare bambole e vendere erica fortunata. Siamo cresciuti con rigide morali e valori. Non sembriamo o agiamo in modo particolarmente differente da chiunque altro. Abbiamo avuto un percorso differente e non eravamo portati per vivere in una casa.
Dopo aver completato il mio corso d'accesso (grazie ad un tutor magnifico, ho avuto distinto in tutte le materie), ho ottenuto una laurea con l'Open University, che mi ha cambiato completamente la vita. Novembre scorso, a 30 anni compiuti, mi sono spostata a Brighton a vivere in un appartamento col mio uomo, che è completamente diverso da me. La mia famiglia, ormai, non è più nomade da tempo, e i miei genitori hanno appoggiato la mia decisione di trasformare la mia vita, ma non ho mai vissuto prima tra mattoni e cemento, e ora mi sento completamente allontanata dalla natura.
Non posso più vedere o sentire il cambio da una stagione all'altra, desidero il fogliame e lotto costantemente con l'emozione di sentirmi intrappolata. Passo metà del mio tempo ad aprire porte e finestre, tentando di uscire dalla claustrofobica sensazione di essere rinchiusa. Sono svegliata dal gas di scarico dei camion, dal traffico dell'ora di punta, dalle grida dei vicini, invece che dal canto degli uccelli e dal vento tra gli alberi. Non riesco più a sentire quando pioverà perché non annuso più l'aria, e quando piove non la sento cadere sul tetto.
Vivo vicino al mare perché mi da un senso di apertura e libertà, ma non penso che qui - o altrove - mi sentirò mai a casa. Il mio istinto è di viaggiare, e quando sei cresciuta svegliandoti ogni giorno con uno scenario differente, è facile sentirsi in trappola. Ma per raggiungere il mio sogno, devo mettere radici.
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