Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 26/09/2010 @ 09:12:03, in Europa, visitato 1641 volte)
Le condizioni di vita a cui sono obbligati i Rom Macedoni, la lunga storia
dei pregiudizi e dalle intolleranze razziste, la segregazione e l'emarginazione
fuori centro abitato, tutto ciò ha contribuito a farne un archetipo della
"repulsione", cioè a presentarli a gran parte delle società ospitanti come
coloro che si devono odiare.
Per salvare i Rom Macedoni dai disagi della non convivenza e da un degrado che
assomiglia sempre più allo stesso sterminio culturale di tutti i popoli
minoritari, si sono levate voci autorevoli del Mondo della Cultura europea:
ultimo Gunther Grass che ha creato una Fondazione per il Popolo Rom a Lubecca,
in Germania.
Ad Arpinova (FG), i Rom Macedoni convivono con sporcizia dimenticata dall'AMICA,
con topi grandi come gatti senza disinfestazione, neanche un solo bagno (tutti
all'aria aperta con tutti i rischi), acqua corrente à singhiozzo (così, nessuno
si lava a dovere), 15 famiglie abbandonate nel degrado degno di un paese
terremotato e disastrato etc…
I servizi sociali comunali dimenticano di visitare il campo per alleviare le
sofferenze, consigliare le donne; soprattutto quelle sole; vigilare sull'igiene
dei minori etc.
I 60 bambini tornati à scuola di ogni grado e ordine con i mezzi dell'ATAF ( Ma
non hanno la possibilità di studiare al campo), rappresentano la speranza di
un'etnia che soffre e chi pensa ad un'integrazione che tarda à concretizzarsi.
Ma non hanno la possibilità di studiare al campo.
I Rom/Nomadi/Gitans sono poveri di sicurezze umane, costretti ogni giorno a fare
i conti con la precarietà e l'incertezza del futuro. Proprio per questo
approfondiscono il senso dell'ospitalità e della solidarietà e,
contemporaneamente, si rafforzano nella fede e nella speranza.
Proprio per questo attendono gesti di ospitalità e di vera solidarietà senza
cedere alla disperazione.
Dove è finita la solidarietà dei foggiani nella città di SS. Guglielmo e
Pellegrino, di Genoveffa di Troia, di Padre Pio?
IL PRESIDENTE ACSI.
Habib SGHAIER.
ASSOCIAZIONE COMUNITA' STRANIERE IN ITALIA.
ASSOCIACION COMUNIDADES EXTRANJERAS EN ITALIA
ASSOCIACAO COMUNIDADES ETRANGERES da ITALIA
ASSOZIATION ITALIENSCHE GEMEINSCHAFTEN ETRANGERES
ASSOCIATION DES COMMUNAUTES ETRANGERES EN ITALIE
FOREIGN COMMUNITIES ASSOCIATION IN ITALY
SHOQATE KOMUNITET HUAJ NE ITALIA
ОБЕДИНЕНИЕ НА ЧУЖДЕСТРАННИТЕ ОБЩНОСТИ В ИТАЛИЯ
ОБЪЕДИНЕНИЕ ИННОСТРАННЫХ ОБЩНОСТЕЙ В ИТАЛИИ
ASOCIATIA COMUNITARIA A STRAINILOR IN ITALIA
Onlus
Via Federico Spera, 95/ 97 /99 – 71100 FOGGIA (Italy)
Tel. (39) 3497239108 - Fax:(39) 0881200015
Codice Fiscale - Partita IVA 01740400716 E-mail:
“com.stran@yahoo.it”
Di Fabrizio (del 24/09/2010 @ 09:13:52, in Europa, visitato 2406 volte)
Da
Baltic_Roma (in Mahalla, di
Russia si è scritto soprattutto a proposito di sgomberi forzati e violenze
poliziesche. Ecco un'altra versione dei fatti)
RIA
NOVOSTI
16/09/2010 - La cultura romanì, con tutte le sue pratiche controverse come le
predizioni e il furto dei cavalli, è stata parte del panorama multiculturale
della Russia per diversi secoli, e l'atteggiamento verso i Rom in questo paese è
rimasto tollerante, se non amichevole, sin dall'inizio.
L'attuale deportazione francese degli immigrati rom può essere salutato come
una misura sensata da Italia, Danimarca, Belgio, Svezia, Paesi Bassi e altre
nazioni europee che stanno per seguire, ma per i Russi questa idea sfida ogni
logica.
La comunità rom russa ora è di circa 200.000 secondo le stime ufficiali,
mentre i suoi membri si contano in mezzo milione. Eppure la comunità non si è
mai sentita aliena o paria in questo paese, dove i Rom iniziarono ad insediarsi
circa 300 anni fa. I primi gruppi romanì arrivarono in Russia dalla Polonia, ed
a loro venne quasi immediatamente concessa la cittadinanza russa, Molti di loro
si sono convertiti al cristianesimo ortodosso, la religione predominante nel
paese. Un decreto del Senato nel 1733 permetteva agli immigrati rom di risiedere
qui ed impegnarsi nelle occupazioni tradizionali come il commercio di cavalli.
Secondo questo decreto, potevano unire le loro proprietà e nel XIX secolo si
potevano trovare Rom tra gli intrattenitori, i mercanti, i borghesi e i
contadini.
Nel XX secolo, un'era di cambiamenti radicali in Russia, vennero fatti
ripetuti tentativi di acculturare i Rom russi, molti dei quali continuarono a
mantenere il loro tradizionale stile di vita nomade. Per esempio, durante la
campagna bolscevica di collettivizzare l'agricoltura in Russia, vennero messi
fuorilegge i tradizionali mercati di cavalli, deprivando i Rom che li vendevano
rubati o meno, della loro principale fonte di sostentamento. Le autorità
sovietiche tentarono anche di stabilire le comunità rom in residenze permanenti.
Ma molti dei suoi membri scelsero di stabilirsi volontariamente dopo la II
guerra mondiale. Tra di loro di gran lunga le attività più popolari erano legate
all'agricoltura e all'artigianato.
Durante la II guerra mondiale, i Romanì sovietici combatterono contro i
sovietici sia con l'esercito regolare che con le unità partigiane. Nei territori
occupate, furono braccati come bersaglio della campagna di genocidio nazista.
Molti Rom in Russia sopravvissero grazie alla solidarietà dei Russi che li
avvertivano dei pericoli e offrivano a loro un posto dove nascondersi.
Il 5 ottobre 1956, il parlamento sovietico emanò un decreto volto ad
obbligare tutti i Rom "vagabondi" ad abbandonare il loro stile di vita nomade ed
accettare i lavori comuni. Questa legge piuttosto rigida venne mitigata da
alcuni incentivi economici, come casa e terreni gratuiti.
Per quanto riguarda l'identità culturale dei Rom, non è mai stata violata in
questo paese. Il moscovita Teatro Romen, che presenta danze e canzoni rom
tradizionali, ha ottenuto popolarità e consensi generali tra persone di tutte le
etnie. Anche registi russi hanno aiutato a promuovere la cultura romanì. La
serie televisiva "Tsygan" diretta nel 1979 da Alexander Blank con popolari
attori sovietici, e una precedente produzione di Emil Lotjanu, "Anche gli
zingari vanno in cielo" ("Tabor ukhodit v nebo") hanno entrambe riscosso un
successo immediato presso il pubblico sovietico.
L'interesse russo nell'arte romanì ha una lunga storia, precedente all'era
sovietica. Molti aristocratici locali e membri della borghesia avevano una forte
passione per le danze e le canzoni zingare. Paradossalmente, le canzoni liriche
degli zingari di Russia erano comunemente viste nell'Europa del XX secolo come
una forma originale dell'arte russa, e l'intensità emozionale di queste canzoni
era intesa come una manifestazione dell'anima russa profonda.
Durante il boom commerciale russo degli anni '90, molti Rom iniziarono a
viaggiare all'estero procurandosi beni da rivendere con profitto in patria.
Altre tradizionali occupazioni romanì rivissero in quel periodo. Famiglie
allargate ricorsero al furto e alla truffa. Qualcuno finì coinvolto nel crimine
organizzato, incluso il traffico di droga, omicidi su ordinazione e schemi
immobiliari fraudolenti. Nel sottobosco criminale, ogni gruppo tribale romanì ha
la sua specializzazione.
La predizione della fortuna, occupazione romanì tradizionale, divenne la più
comune forma di sostentamento dei Rom di Russia nel periodo post sovietico.
Hanno anche cercato di immettersi in nuovi business, in particolare il traffico
di droga, con discreto successo. Secondo l'osservatorio anti-narcotici di san
Pietroburgo, sono stati i Tagichi ad occuparsi del commercio all'ingrosso di
eroina nella seconda città più grande di Russia, mentre i Rom sono stati
coinvolti nella distribuzione, assieme alla comunità azera. La mafia rom, con la
sua tradizione di mutua responsabilità, è riuscita a costruire un'estesa rete di
traffico di droga, la cui estrema segretezza rende difficile da individuare.
Atti sfacciati, fuorilegge o legali, sono abbastanza tipici dei Rom russi. La
sfida, dopo tutto, è un loro importante tratto culturale. Naturalmente, molti in
Russia sono sorpresi di vedere i Rom in Francia acquiescenti ad essere
deportati. Il compenso monetario offerto dalle autorità francesi (300 euro per
ogni adulto e 100 euro per bambino) può essere parte della ragione dietro al
loro esodo ordinato, ma non spiega tutto.
RIA Novosti commentator Olga Sobolevskaya - Le opinioni espresse in questo articolo sono dell'autore e non
necessariamente rappresentano quelle di RIA Novosti.
Comment this on
http://euyouthspeak.org/roma/?p=14571
Di Fabrizio (del 21/09/2010 @ 08:57:30, in Europa, visitato 3120 volte)
by Paul Polansky
[continua]
Mercy Corps
(immagine da
oregonlive.com) Il nuovo quartier generale di Mercy Corps a Portland,
Oregon, USA. Non ci sono stati ritardi nel costruire il loro quartier generale.
IL PREMIO PROCRASTINAZIONE: disonora quella OnG di Portland, Oregon,
premiata con un contratto di 2,4 milioni di $ nel settembre 2008 per costruire
50 case per le famiglie dei campi zingari e fornire loro cure mediche contro
l'avvelenamento da piombo. Ad oggi (17 mesi dopo) Mercy Corps non ha posto
ancora un mattone né ha curato nessuna persona, nei termini del loro contratto
USAID.
Ci si meraviglia di quanto denaro vada perso. Immediatamente dopo aver
ottenuto il loro contratto da USAID, Mercy Corps stabilì un ufficio ed uno staff
a tempo pieno, ma non fece niente per gli alloggi e per curare gli zingari dei
campi. Naturalmente, Mercy Corps da la colpa alle vittime. L'ultima scusa che ho
sentito dall'ufficio di Mercy Corps è stata: "E' difficile lavorare con gli
zingari." Ma è ovvio che Mercy Corps non sta correndo per salvare questi esseri
umani.
Ho vissuto e lavorato con zingari per quindici anni. Se vuoi fare progetti
per i Rom e gli Askali, aiuta conoscere la loro cultura e mentalità. Il
Consiglio Rifugiati Danese (DRC ndr) ha lavorato con questi zingari dei
campi dal 1999 e ognuno ha potuto imparare dall'altro. Il legame tra loro è
stato il migliore che abbia mai visto nei miei dieci anni in Kosovo. Quindi,
perché è stata Mercy Corps che non aveva mai lavorato con gli zingari del Kosovo
ad aver ottenuto il contratto, e non DRC che pure aveva fatto un'offerta per il
progetto?
Naturalmente, non molte OnG e meno di tutte Mercy Corps stanno correndo per
salvare questi Rom e Askali che l'ONU ha messo su terreni contaminati circa
undici anni fa. Quindi, dov'è la "misericordia" in Mercy Corps (mercy
in inglese significa misericordia ndr). Perché non stanno cercando di essere
fedeli al loro nome?
Forse non è solo l'anima umanitaria che fa loro difetto. Forse i loro
direttori e staff stanno anche perdendo ingegno e senso comune. Oltre un anno
dopo aver ricevuto il loro contratto per costruire 50 case, MC decise di testare
il suolo per vedere se potevano costruirci sopra o se anche quello era
contaminato. La maggior parte degli architetti controlla il terreno prima di
stendere il progetto. Mercy Corps fa sempre le cose col culo? O solo quando si
tratta di salvare degli zingari?
A settembre dell'anno scorso visitai gli uffici di Mercy Corps a Mitrovica
sud, in quanto ero parte della squadra OMS (Organizzazione Mondiale della
Sanità). OMS aveva recentemente rilasciato un comunicato stampa dove nuovamente
chiedeva "l'immediata evacuazione [dei campi] appena fossero stati organizzati i
piani di rilocazione".
Il capo regionale dell'OMS chiese al capo di Mercy Corps in Kosovo perché non
avevano iniziato le costruzione? E quale fosse il piano medico che dicevano di
avere nel progetto?
Anche se si suppone che tutti i progetti USAID sostenuti dai dollari dei
contribuenti americani siano trasparenti, Mercy Corps ritiene che ogni cosa nel
loro progetto USAID sia un segreto di stato. Cominciare a costruire? Forse a
ottobre (intanto siamo già a febbraio e niente è iniziato). Soluzione
medica? Sarà rivelata in futuro. Quando? In futuro. Gli zingari
dei campi non hanno il diritto a conoscere ciò che li riguarda? In futuro.
Anche se Mercy Corps, KAAD, ACNUR ed il governo del Kosovo hanno promesso ad
ogni famiglia di ritorno nel loro vecchio quartiere che sarebbero stati curati
dall'avvelenamento da piombo, nessuno è stato curato. Non molto tempo fa un
neonato è morto, un anno dopo che i suoi genitori erano tornati nel loro vecchio
quartiere. La madre aveva lasciato Osterode con alti livelli di avvelenamento da
piombo. Non venne curata, come invece le era stato promesso alla partenza. Il
neonato è morto, come la maggior parte dei bambini avvelenati da piombo
nell'utero.
Quindi, chi sta facendo qualcosa per salvare queste persone? Sono persone,
non è così? Forse dovremmo chiedere a Mercy Corps di definirsi. Con le loro
azioni. Di sicuro MC pensa che non ci sia nessuna urgenza di salvarli. Forse
Mercy Corps pensa che non valga la pena salvare degli zingari musulmani.
Quante scuse si devono aspettare prima che qualcuno interrompa questo gioco
di insensibile compiacenza? Oppure Mercy Corps sta cercando di vedere quanti
zingari moriranno intanto che loro aspettano? Naturalmente, se aspettano
abbastanza non ci saranno più zingari da salvare. Ciò significa che Mercy Corps
può intascarsi i soldi e richiederne sempre più?
ULTIME NOTIZIE: L'Unione Europea ha appena annunciato che finanzierà
altre 90 case cosicché tutti gli zingari dei campi possano risistemarsi. Whoops!
La UE ha anche annunciato che Mercy Corps ha ottenuto l'incarico pure per queste
90 case.
ULTIMISSIME NOTIZIE: Mercy Corps ha appena confermato che il loro
nuovo partner di sviluppo per queste 140 case sarà KAAD (che non può permettersi
di spendere sette euro al giorno per salvare due bambini zingari che stanno
morendo)!
Patricia N. Waring-Ripley
(immagine da
saputnik.net)
IL PREMIO LACRIME DA COCCODRILLO: disonora quell'incaricata ONU incaricata
nel 2005 di "evacuare" gli zingari di Mitrovica dai loro campi tossici. Dopo
aver preso ufficio come vice SRSG, questa signora canadese pianse davanti alle
telecamere della televisione, proclamando che nessuno zingaro dei campi sarebbe
morto sotto il suo sguardo. Ne sono morti ventinove.
Quando intervistai Patricia Waring nel 2006 con un ex giornalista della TV
canadese, Waring non smetteva di raccontare come avesse salvato le vite di circa
1.200 Albanesi dal villaggio di Hade all'aeroporto di Pristina. Anche se le loro
case mostravano crepe per le gallerie delle miniere sotto il loro villaggio,
nessuno voleva lasciare la propria terra ancestrale. Nessuno era stato offeso.
Ma Waring era determinata a salvarli. Quando si rifiutarono di andarsene, ordinò
ai poliziotti dell'ONU di portarli via forzatamente. Furono mandati a Pristina
dove erano stati affittati per loro degli appartamenti. Più tardi Waring offrì
loro l'opzione che il governo del Kosovo costruisse loro una casa nuova in un
altro villaggio, o che ogni famiglia ricevesse 45.000 euro per trovare da sé una
soluzione. Waring era così orgogliosa di questa storia che pianse per diversi
minuti di fronte alla nostra videocamera.
Waring smise di piangere quando le chiesi perché non avesse fatto la stessa
offerta ai nostri zingari nei campi le cui vite erano davvero in pericolo.
C'erano soltanto 600 zingari in fuga dalle devastazioni dell'avvelenamento da
piombo, così sarebbe costato solo la metà di quanto aveva pagato per "salvare
gli Albs".
Waring rifiutò di rispondere. Mi guardò come se fossi proprio naif. Allora le
chiesi come intendeva salvare i nostri Rom ed Askali (non c'erano Egizi nei
campi). Disse che aveva da leggere molto prima di poter affrontare la questione.
Le diedi una copia del mio libro, UN-Leaded Blood. Scosse la testa come se non
fosse nella sua lista.
L'offerta di Waring per salvare i nostri zingari risultò di spostarli da due
campi inquinati da piombo in quello che chiamo un campo "libero da piombo" dove
potessero essere curati con medicine pagate dall'Ufficio USA (e poi
dall'ambasciata USA) a Pristina. Sfortunatamente, non prevalse il buon senso. Il
suo campo "libero da piombo" era l'ex base francese chiamata Osterode, che i
Francesi avevano abbandonato a causa della contaminazione da piombo.
Poco prima di lasciare il Kosovo, a Waring venne chiesto quale fosse il suo
più importante successo nella sua posizione ONU. Dichiarò: "...il mio più grande
privilegio è stato di lavorare con la squadra che ha accelerato la chiusura dei
campi rom contaminati a Mitrovica." Ci sono voluti sette anni per chiudere due
dei campi; due sono ancora aperti.
Patricia N. Waring-Ripley lasciò il Kosovo nel 2007. Il suo contratto come
capo dell'Amministrazione Civile in Kosovo non venne rinnovato, dopo che spedì
lettere alla polizia ONU del Kosovo ordinando di riferirle di ogni attacco cono
le minoranze. Si ritirò ad Halifax, NS, Canada, ad insegnare a cucinare.
Fine quattordicesima puntata
Di Fabrizio (del 18/09/2010 @ 09:43:09, in Europa, visitato 1454 volte)
Da
Romanian_Roma (QUI
un post da rileggere)
La UE mi manca già
Una Rom rumena riflette sulla deportazione francese dei Romanì
L'improvviso collasso dell'Unione
Europea nei mesi estivi del 2010 ha preso molti di sorpresa. Anche se era
già tutto scritto, non mi aspettavo che la morte dell'Unione sarebbe arrivata
così velocemente. Ora che sappiamo che l'Unione fa leggi nel campo dei diritti
umani che non ha nessuna intenzione di far rispettare, è a tutti gli effetti per
la grande maggioranza degli Europei ("Una politica in cerca di una difesa" 2-8
settembre).
Guardando indietro all'Unione, ci sono molte cose che mi mancheranno. Ricordo
con grande speranza la promessa della cittadinanza UE, inclusa nel trattato di
Maastricht. Cosa avrebbe significato per noi Europei? Il futuro sembrava tutto
davanti a noi. Ricordo come, in seguito al trattato di Amsterdam, l'Unione fece
un'importante legge che proibiva la discriminazione razziale. Ricordo come,
svegliandosi con la crisi austriaca del 2000, l'Unione assunse nuovi poteri con
l'art. 7 del Trattato, di agire contro uno stato membro UE che si discostasse
dai valori comuni dell'Unione. E ricordo che nel 2003 la Commissione spiegava
che questi poteri potrebbero essere invocati quando "i primi segni di, per
esempio, politiche razziste e xenofobe diventino visibili".
Ora sappiamo che tutto è finito, un edificio Golia abbattuto da Davide sotto
forma del presidente francese. Il mio villaggio nel sud-ovest della Romania si
sta riempiendo di ex-Europei. Naturalmente, sono benvenute le dichiarazioni di
Vivian Reding, commissaria europea alla giustizia e la buona volontà dei
parlamentari, ma senza una risposta vigorosa, pubblica ed istituzionale sono
come capelli che crescono su di un cadavere.
Naturalmente, noi Romanì europei non siamo gli unici ad aver notato la
sparizione della UE. Ci sono molti che hanno aspettato questo momento con
impazienza. Prendete per esempio i media ed i funzionari pubblici cechi che
improvvisamente ad agosto iniziarono a chiamare i Rom cechi "stranieri". O i
politici ungheresi che la settimana scorsa iniziarono a chiedere di chiudere i
Rom in campi. O le mosse italiane di raddoppiare la distruzione degli
insediamenti romanì e chiedere la limitazione della libertà di movimento dei
Rom. Si son sempre chiesti se la legge UE fosse Legge o "legge". Ora lo sanno e
sono felici.
Infatti, lo sappiamo tutti noi. Un governo che fa leggi che non ha nessuna
intenzione di far rispettare, non è un governo. E le sue leggi non sono leggi
per davvero.
Noi Europei siamo più in sintonia di quanto si pensa nel sapere esattamente
quali sono le regole. Per un periodo, abbiamo vissuto con la felice illusione
che la UE fosse una forza legislativa, intenta a difendere i valori che
proclamava, e a far rispettare le regole che reggevano questi valori. Ora che la
UE è andata, le forze razziste in tutta l'Europa sanno che il loro giorno è
arrivato.
L'Unione può resuscitare? L'ha fatto in occasioni precedenti, in altri
scenari. Ma questo comporterebbe una vigorosa risposta istituzionale, cioè
l'inizio di un procedimento legale contro gli stati membri che contravvengono le
leggi UE.. Dovrebbe avvenire pubblicamente - che gli Europei vedano. Altrimenti,
che l'Unione possa riposare in pace, il suo antico splendore onorato per la
speranza che brevemente ci diede.
Da:
Cosmina Novacovici
Banloc, Timis County
Romania
Di Fabrizio (del 16/09/2010 @ 09:39:13, in Europa, visitato 1756 volte)
Da
Polska_Roma (ndr. alcuni link sono in polacco)
Institute for Race Relations - By Joanna Tegnerowicz
A luglio 2010, una folla inferocita lanciò un terrificante attacco contro
una famiglia rom a Limanowa, Polonia meridionale. Ma perché non ci sono stati
arresti? E come mai nessuno è stato condannato per la violenza?
Da sinistra a destra, il signor Daga, padre Opocki ed il sindaco di Limanowa, Marek
Czeczótka, di fronte al blocco di appartamenti dove vivono i Daga.
02/09/2010 - Ottobre 1990, la folla da fuoco a trentasei case rom nel
villaggio rumeno di Mihail Kogalniceanu. Nessuno fu arrestato, ed il sindaco del
paese, il signor Ionesco, dichiarò "Vorrei sottolineare che questo non è
stato diretto contro gli zingari. Non abbiamo problemi con la loro razza.
Abbiamo solo problemi con i criminali." Similmente, quando ventidue case rom
furono date alle fiamme in Bolintin Deal, sempre in Romania nel sud-est, un
portavoce dell'ufficio del sindaco annunciò che le case erano state incendiate
semplicemente per "cacciare i criminali" dato che nessuno aveva problemi con i
400 "Rom assimilati" che vivevano nel paese. [1]
Ci sono preoccupanti analogie tra i pogrom "punitivi" che avvennero in
Romania negli anni '90 ed i recenti eventi di Limanowa, una piccola città nella
Polonia meridionale. La notte tra il 23 e il 24 luglio 2010, una folla
inferocita armata di pietre e, secondo alcuni, bottiglie molotov si riunì
davanti alla casa di una famiglia rom, tentando di trascinare fuori la famiglia
Daga (Donga) [2]. L'attacco alla famiglia venne impedito
solo dal rapido intervento della polizia. Si stima che fossero coinvolti molti
residenti. Alcuni media riportano di quaranta, altri di cento persone. Ha dovuto
essere impiegato il reparto antisommossa da Cracovia per disperdere la folla.
Nei giorni seguenti, è risultato evidente che la polizia non intendeva
procedere penalmente contro nessuno dei residenti coinvolti. Un popolare sito
web di informazione locale è stato adoperato per descrivere la famiglia Daga
come un pericolo per la comunità [3]. E, in seguito, i media
hanno suggerito sotto traccia che un potenziale attacco fatale ad una famiglia
rom non costituisse un crimine in Polonia. Nessuno è stato arrestato, anche se
circa trenta persone sono state identificate tramite i loro documenti e poi
interrogate. D'altra parte, le autorità stanno considerando di prendere misure
repressive contro la famiglia Daga, i cui comportamenti passati sono stati
variamente descritti, sia dai giornalisti che dai portavoce dell'autorità
locale, come patologicamente inclini. La violenza di massa, d'altra parte, è
stata descritta come un evento comprensibile e giustificabile, generata dalla
disperazione dei locali, terrorizzati dai loro vicini la cui delinquenza li ha
portati all'estremo. Un giornalista del giornale regionale Gazeta Krakowska
ha riassunto il consenso popolare descrivendo l'attacco come un "atto di
disperazione" [4].
L'autorità locale, tra le minacce dei residenti di ulteriori violenze [5],
ha deciso che l'unica maniera di prevenire ulteriori tentativi di farsi
giustizia da sé, fosse di sgomberare la famiglia da dov'era e risistemarla in un
"container"[6] in "qualche posto isolato". La chiara
intenzione è di evitare che i Daga abbiano dei vicini [7].
Secondo diverse notizie, le autorità locali potrebbero anche abbandonare questo
piano, di fronte alle critiche della famiglia Daga e di Roman Kwiatkowski,
presidente della Società dei Rom in Polonia (Stowarzyszenie
Romów w Polsce) [8]. Ma bisogna credere a queste voci?
Sembra siano solo problemi tecnici che hanno temporaneamente interrotto i
tentativi del sindaco di sgomberare la famiglia con l'aiuto di una compagnia
della sicurezza privata. Primo, il container che una compagnia si è offerta di
vendere alle autorità non sarebbe conforme ai regolamenti statali e
secondariamente, è difficile trovare un posto per il container, soprattutto
prché "nessuno vuole avere i Daga come vicini".
Stabilire narrazioni che legittimino il vigilantismo
Com'è successo che le azioni criminali dei residenti della città portino a
punire le vittime che stanno per essere sgomberate da casa loro e messe
socialmente in quarantena dai loro vicini? Per capirlo, è necessario analizzare
le varie spiegazioni avanzate dalla comunità locale attraverso i media.
E' chiaro che la famiglia nel passato è stata coinvolta in diverse dispute
coi vicini, durante alcune delle quali sono state usate minacce e violenze. I
residenti hanno fatto una serie di accuse contro la famiglia tramite i
giornalisti, che hanno riunito i reclami per costruire la narrazione di una
famiglia prona alla delinquenza sociale e a comportamenti inaccettabili.
Tuttavia, una lettura più attenta delle lamentele della comunità rivela una
serie di racconti, alcuni in contraddizione tra loro, altri che potrebbero
essere stati interpretati dai giornalisti a favore del loro punto di vista, teso
a negare che nulla, assolutamente nulla potrebbe mai giustificare quello che può
essere descritto come un tentativo di linciaggio [9]. Sembra
che i media fossero totalmente ciechi al fatto al fatto che la folla di locali
che volevano regolare i conti con una famiglia, attaccandola fisicamente sia un
pericolo maggiore di quello portato dalla stessa famiglia alla comunità locale.
Una delle prima storie ad emergere è stata quella che un membro della
famiglia aveva insultato una donna incinta che era stata spaventata dal cane
della famiglia e che il cane era saltato addosso alla donna (alcune notizie
vanno oltre e suggeriscono che il cane fosse stato deliberatamente aizzato
contro la donna). Ma un articolo pubblicato sul sito web locale
www.limanowa.in (26
luglio) suggeriva che l'incidente che ha così apparentemente oltraggiato la
comunità locale, non sia stato riportato alla polizia. Infatti la storia in
internet indica chiaramente che il 26 luglio il governatore del distretto chiese
alla donna di presentare una denuncia penale contro la famiglia.
Si scopre che altre storie raccontate dalla stampa non reggono. Un residente
del posto racconta di essere testimone che un membro della famiglia insultò un
poliziotto con "una sequela di abusi volgari". Ma il poliziotto si limitò a
"dargli un colpetto sulla spalla chiedendogli di andare a casa". "Non riesco a
capire perché i poliziotti tollerino queste umiliazioni", continua il residente.
Ma è davvero credibile che la polizia polacca accetti simili "umiliazioni" e di
fronte alla passività poliziesca soltanto i cittadini si alzino come guardiani
delle legge continuamente offesa?
Altri racconti dei media sono pieni di contraddizioni. Si dice che altri Rom
condannavano la famiglia Daga e questo è stato usato in appoggio all'argomento
che l'attacco non era a sfondo razziale, dato che, secondo le parole del sindaco Marek Czeczótka,
"Limanowa non ha problemi con i Rom" perché a differenza della "troppo esigente"
e "combattiva" famiglia Daga, "molti si comportano come dovrebbero" [10].
A riprova di questo ragionamento è citata la dichiarazione di una residente rom, Dorota Wieczorek,
che dice che i Daga avrebbero minacciato di uccidere la sua famiglia [11].
Tuttavia, se la famiglia Daga è stata ostracizzata dall'intera comunità rom,
come mai qualcuno ha testimoniato che "i Rom vorrebbero raggiungere Koszary [12]
per ottenere rinforzi [13]" ed altri testimoni esprimono la
paura che "teppisti rom" possano mobilitarsi per difendere la famiglia [14]?
E' impossibile sapere se il presunto consenso dei Rom contro la famiglia Daga
sia vero oppure sia semplicemente una conveniente finzione della virtuosa
narrazione dei residenti.
Una notizia che non può essere contestata è il fatto che Roman Guzik in
passato sia stato attaccato da membri della famiglia Daga con un bidone della
spazzatura e un'ascia [15]. Non può essere contestata
perché, come ammesso prontamente da Guzik, i componenti della famiglia che
l'avevano attaccato furono in seguito processati. Ma proprio questo contraddice
gli altri racconti dei residenti - quelli che si soffermano sulla passività
della polizia e sulle pecche di un sistema giudiziario nell'assicurare giustizia
contro il presunto passato della famiglia.
Emarginare il sentimento anti-Rom
Le giustificazioni per un assalto contro una famiglia sarebbero immaginabili
se simili accuse fossero fatte contro una famiglia non-Rom?
Quasi tutti coloro che hanno pubblicamente commentato gli eventi di Limanowa,
sono stati molto indulgenti riguardo la comunità locale che ha lanciato gli
attacchi e altrettanto severi contro la famiglia Daga. Padre Stanislaw Opocki,
responsabile per la pastorale dei Rom polacchi, suggerisce che l'unico risultato
positivo dell'azione dei vigilantes sarebbe la persecuzione contro la famiglia.
"Sono dalla parte di quegli abitanti la cui pace viene disturbata," ha
osservato, aggiungendo che "Gli organi inquirenti dovrebbero occuparsi di questo
caso. Neanche la povertà giustifica chi semina agitazione e dissensi. [16]" Elzbieta
Mirga-Wójtowicz, Rom e plenipotenziario del governatore della provincia per le
minoranze nazionali ed etniche, tenta di essere imparziale, dichiarando che
"probabilmente tutte e due le parti in conflitto sono da biasimare," ma aggiunge
che può essere vero che la famiglia è "in qualche senso [...] patologica [17]."
Ma Mirga-Wójtowicz va oltre nel suo tentativo di contestualizzare il presunto
comportamento passato della famiglia col fatto delle loro condizioni di vita
estremamente difficili. Puntualizza che i dodici membri della famiglia vivono in
un appartamento di appena 36 metri quadri. Va sottolineato che gli operatori
sociali che hanno visitato la famiglia hanno espresso l'opinione che il loro
problema più grosso siano le condizioni di vita inadeguate [18].
Anche quando si tratta della segnalazione di un attacco di tipo squadrista,
si ha l'impressione che a nessuno importi di esprimere alcuna compassione per i
Daga. Un giornalista di una stazione TV privata, TVN 24, ha dedicato molta
attenzione al fatto che un membro della famiglia avrebbe gettato dalla finestra
una bottiglia incendiaria contro la folla radunata sotto la sua abitazione [19].
La trasmissione di TVN 24 da l'impressione che le azioni della folla fossero
pacifiche in confronto all'atto della famiglia "assediata" di lanciare una
bottiglia incendiaria.
Stabilire il contesto razzista
Con pochissime eccezioni [20], quanti hanno pubblicamente
commentato gli eventi di Limanowa hanno sostenuto che l'attacco non aveva
origini etniche o razziali. Ma è davvero possibile che una simile catena di
avvenimenti potesse accadere se i Daga non fossero stati Rom? Simili "azioni
punitive" collettive [21] intraprese contro famiglie
"patologiche" non-Rom? Negli anni '90 anche i Rumeni rigettarono l'idea che i
pogrom anti-Rom fossero motivati etnicamente o razzialmente. Se si leggono i
media polacchi sugli eventi di Limanowa, si resta con l'impressione che, dato
che la famiglia attaccata era vista come prona alla delinquenza, il sentimento
anti-Rom è automaticamente da escludere come motivo della violenza di massa. I
commentatori non ricordano, o non vogliono ricordare, che in passato linciaggi a
sfondo razziale, come quelli negli USA del sud o anche i pogrom in Romania,
erano spesso condotti contro quei membri delle comunità minoritarie che erano
visti come "causanti problemi" o coinvolti in comportamenti criminali. Negli USA
del sud, le vittime erano accusate di aver commesso violazioni inammissibili
contro la comunità bianca. Il fatto che un linciaggio o una violenza di massa
venissero intesi come una "punizione" per violazioni (reali o immaginarie) delle
norme sociali non li rende meno razzisti.
Gli eventi di Limanowa dovrebbero essere interpretati alla luce di quanto si
sa circa la molto frequente e profondamente radicata ostilità contro i Rom nella
società polacca. Secondo i risultati di un recente sondaggio condotto dal Centro
Ricerca Opinione Pubblica (CBOS), il 47% dei Polacchi dice di non gradire i Rom
[22]. Sono forti anche gli stereotipi negativi contro i Rom,
come dimostrato da un precedente sondaggio CBOS. Circa il 42% dei Polacchi era
del parere che i Rom possedessero innate tendenze criminali ed il 75% concordava
con la dichiarazione "i problemi dei Rom sparirebbero se iniziassero a lavorare
[23]". Alla luce di questi dati, dev'essere rivisto il
consenso popolare che l'attacco di Limanowa non abbia moventi etnici.
Chiediamoci ancora: perché incidenti simili non avvengono mai a famiglie non-Rom
in Polonia?
Footnotes:
[1] Donald L.Horowitz, in The Deadly Ethnic Riot (University of California
Press, 2003) argues that in those Romanian villages where anti-Roma violence
took place in the years 1990-1997, it was frequently the case that only the
homes of those considered 'troublemakers' were set on fire. See also István
Haller, 'Lynching is not a crime: mob violence against Roma in post-Ceausescu
Romania', 7 July 2004.
[2] The media gives two versions of the family name, both pronounced in the same
way. Daga is probably the correct version.
[3] See www.limanowa.in, in particular, 'Tylko eksmisja moze zapobiec tragedii',
26 July 2010.
[4] Bozena Wojtas, 'Limanowa: konfliktowi Romowie zostana przesiedleni', Gazeta
Krakowska, 26 July 2010.
[5] 'Po próbie samosadu przenosza romska rodzine', 27 July 2010.
[6] So-called containers (kontenery socjalne) are widely used as low-standard
social housing in Poland.
[7] 'A few locations are being considered. No particulars were disclosed. All
the local authorities agree, however, that it must be a solitary spot', 'Eksmisja
przesadzona, czas rozliczyc postawe policji!', 27 July 2010.
[8] 'Limanowa: Romowie nie chca kontenera', 30 July 2010.
[9] According to the entry by Alexander W Pisciotta, in the Encyclopaedia of
Race and Crime (eds Helen Taylor Greene and Shaun L Gabiddon, Sage, 2009),
lynching 'involves mob violence that is done under the guise of vigilante
justice... lynch mobs did not always kill their victims'.
[10] 'Tylko eksmisja moze zapobiec tragedii', 26 July 2010.
[11] B. Wojtas, P. Odorczuk, 'Limanowa: spór grozil linczem. Udalo sie znalezc
kompromis', 27 July 2010.
[12] Koszary is a small village in the Limanowa district, with a significant
number of Roma among its inhabitants.
[13] 'Konflikt sie odrodzil: zamieszki na ulicy Witosa w Limanowej', 23 July
2010.
[14] 'Eksmisja przesadzona, czas rozliczyc postawe policji!', 27 July 2010.
[15] The video accompanying the article
Po próbie samosadu przenosza romska
rodzine', 27 July 2010.
[16] 'Chuliganstwa i warcholstwa nic nie usprawiedliwia', 26 July 2010.
[17] 'W Limanowej to nie jest konflikt etniczny', an interview with Elzbieta
Mirga-Wójtowicz, Gazeta Wyborcza Kraków, 26 July 2010.
[18] See B. Wojtas, P. Odorczuk, 'Limanowa: spór grozil linczem. Udalo sie
znalezc kompromis', 27 July 2010.
[19] The video accompanying the article, 'Po próbie samosadu przenosza romska
rodzine', 27 July 2010.
[20] The Society of Roma in Poland, as well as another well-known Polish NGO,
Open Republic - Association against Anti-Semitism and Xenophobia, are among the
exceptions. See the
Declaration of the Council of Management of the Society of
Roma in Poland on the conflict in Limanowa, 26 July 2010. The Open Republic
Association has republished on its website a
newspaper article about the
violence and
stated that the events in Limanowa 'caused it anxiety' and that 'in
such circumstances it is easy to awake sleeping spectres and to provoke the
hatred and aggression of the crowd', 3 August 2010.
[21] The words 'punitive action' come from the article 'Tylko eksmisja moze
zapobiec tragedii', 26 July 2010.
[22] Stosunek Polaków do innych narodów, (pdf file 372kb), January 2010.
[23] Postawy wobec Romów w Polsce, Czechach, na Wegrzech i Slowacji, (pdf file
140kb), June 2008.
The Institute of Race Relations is precluded from expressing a corporate view:
any opinions expressed are therefore those of the authors.
Da
Roma_Francais
ANTEPRIMA DEL PROGETTO DI UN CENTRO CULTURALE NAZIONALE
L'idea di un Centro Culturale Indo-Romanì è stata avanzata da Vania de
Gila-Kochanowski all'inizio degli anni '60. E' stata di seguito ripresa dal
Comitato Internazionale Rom. Nel corso degli anni, molteplici progetti sono
stati depositati presso diverse istanze senza alcun successo, malgrado i
comitati di sostegno scientifici.
Visto che i media indicano una popolazione zigana di quattrocentomila persone in
Francia (cifra che noi contestiamo, in quanto questa popolazione ha
sicuramente superato il milione), sarebbe quindi equo che sia creato un tale
Centro Culturale. Infatti, tutte le minoranze dispongono in Francia di tali
centri e, solo per citarne un esempio, il Centro Culturale Jean-Marie Tjibaou è
stato appena creato per soltanto centoventimila Kanakes, in Nuova Caledonia,
costruito da un gran architetto e impiegando ottantacinque persone pagate dalle
sovvenzioni territoriali.
La creazione di un tal Centro non può che facilitare la nostra unione politica.
I recenti avvenimenti mostrano che i media ripetano sempre le stesse
contro-verità sulla realtà zigana, perché prendono l'essenziale delle loro
informazioni alle stesse fonti gadjikane, non autorizzate, e la maggior parte
del tempo auto-proclamate. Un Centro Culturale sarebbe il luogo istituzionale di
diffusione delle informazioni sulla realtà tzigana.
Le caratteristiche del futuro centro dovrebbero essere le seguenti:
Finanziamento:
Essenzialmente finanziato dallo stato e le collettività territoriali, in quanto
gli zigani sono contribuenti come gli altri, i quali pagano le tasse. Il
finanziamento include la sua costruzione e le sue spese di mantenimento e di
funzionamento.
Gestione:
Lo stato apporta il suo aiuto benevolo e le sue garanzie.
Il Centro è diretto da un Consiglio d'Amministrazione, i quali membri
appartengono tutti alla comunità zigana francese, e sono rappresentativi delle
diverse associazioni ed etnie: ha tutto il potere decisionale sulla politica
culturale. Sono codeste associazioni che designano loro stesse i loro
rappresentanti, secondo delle modalità a definire. In nessun caso sono imposti
dallo stato o da un gruppo di pressione gadjikano.
La gestione finanziaria è assicurata da un amministratore, approvato
congiuntamente dallo stato e dal Consiglio d'Amministrazione, e assistito da un
Consiglio di Gestione.
Le sovvenzioni sono completate da proventi di manifestazioni o di prestazioni
paganti.
Lo stato è garante della sicurezza e della perennità delle installazioni. In
particolare, opere d'arte, collezioni e archivi depositati in modo permanente o
temporaneo sono considerati come patrimonio, e posti sotto la sua salvaguardia.
Scopi:
Il Centro Culturale deve innanzitutto essere una vetrina della cultura zigana in
Francia. Deve potere accogliere i suoi artisti, i suoi intellettuali, i suoi
rappresentanti politici così come i loro interlocutori stranieri. Tutte le
grandi associazioni zigane nazionali possono avervi un riferimento (casella
postale, indirizzo internet ecc…)
Si propone di mostrare la diversità della nostra cultura, senza privilegiare
nessuna etnia e senza esclusiva.
Ha la vocazione di accogliere il più ampio pubblico per spettacoli, mostre
(permanenti o temporanee), colloqui, seminari ecc… E' munito di una biblioteca e
di archivi pubblici o semi-pubblici. Ha anche la vocazione di accogliere i
ricercatori.
Serve di base e di intermediario ai differenti Centri Culturali locali o
regionali preesistenti o da crearsi, senza calpestare la loro autonomia.
Localizzazione:
Il Centro Culturale deve essere di facile accesso per la comunità zigana,
compresa quella itinerante. Una posizione centrale nell'esagono e la prossimità
di uno snodo autostradale sono auspicabili.
Deve comprendere una parte di edifici in muratura comportando: sale di lavoro,
sale di esposizione, palcoscenico e/o auditorio, biblioteca e sala archivi,
alloggio di portineria, sala per la ristorazione e luoghi d'accoglienza per gli
ospiti stranieri.
Deve anche comportare un'area di accoglienza, attinente e controllata, la quale
permette ai viaggiatori di fermarsi durante la loro visita del Centro.
Un'altra area all'esterno deve potere essere destinata alle truppe di spettacoli
itineranti, permettendo di montare un palcoscenico o un tendone.
Personale:
Oltre al personale per il mantenimento quotidiano: portineria, pulizie, cura
degli esterni ecc… e agli addetti all'accoglienza (ospitalità, ristorazione)
remunerati con il prodotto delle prestazioni paganti, un certo numero di posti
fissi deve essere calcolato nel bilancio. E' infatti auspicabile godere
dell'assistenza di personale specializzato:
- in beni culturali per l'organizzazione e la preservazione delle mostre d'opere
d'arte e la conservazione di oggetti patrimoniali
- in documentazione, gestione di archivi e biblioteca
- in accoglienza e organizzazioni di meeting e scenografie
Per tutti i posti da creare, le competenze devono essere certificate da diplomi
nazionali o qualità evidenti constatate, inoltre le candidature verranno
sottoposte al Consiglio d'Amministrazione. Una buona conoscenza del mondo
zigane, possibilmente vissuta dall'interno sarà un fattore preferenziale.
Prodotti:
Il Centro è abilitato a produrre spettacoli e mostre paganti, compreso per il
pubblico scolastico, sia sul posto, sia in itinere in Francia o all'estero.
L'autenticità del suo operato sarà garantita da un logo.
E' ugualmente abilitato a produrre e vendere pubblicazioni con il proprio logo.
Il Centro ha la vocazione di diffondere informazioni tramite tutti i mezzi
moderni: radio libera, siti internet, conferenze stampa ecc…
Comitato di sostegno:
La creazione del Centro sarà appoggiata da una petizione nazionale. Un comitato
di sostegno il più ampio possibile sarà costituito. Faremo appello a:
- personalità gadjikane dello spettacolo, della politica, della scienza. Saranno
prioritariamente sollecitati coloro i quali sono noti per il loro impegno in
nostro favore
- i nostri artisti rinomati, ogni etnia mischiata
- tutti i nostri presidenti di associazioni
Di Fabrizio (del 14/09/2010 @ 09:08:28, in Europa, visitato 3136 volte)
by Paul Polansky
[continua]
Dr. Sergey Shevchenko
(foto da
minority-net.net) Il Percorso della Salute del dr. Shevchenko costruito
accanto ai cumuli di scorie tossiche che attorniano i campi zingari. I cartelli
sono in inglese, serbo ed albanese. In inglese dicono: Inala l'odoure (sic)
della salute. E' una sfida per te. VINCILA. L'esercizio creato per un corpo
sano.
IL PREMIO "PERCORSO DELLA MORTE": disonora e disgrazia quel dottore ONU
che approfittò finanziariamente della costruzione di impianti sportivi su
terreni contaminati.
Non tanto tempo fa, chiesi ad un incaricato dell'UNMIK chi avrebbe perseguito
per questa tragedia dei campi zingari contaminati da piombo. Senza esitazione,
mi disse: 1- il dr. Kouchner per aver messo lì gli zingari; 2- Norwegian Church
Aid per aver amministrato i campi senza riportare un decesso o senza aver poi
protestato; 3- il dr. Shevchenko per essersi riempito le tasche di soldi con i
progetti sportivi realizzati su terreni contaminati.
Il dr. Shevchenko, un optometrista, era il dottore ONU incaricato di
Mitrovica nord, che includeva due dei tre campi originari (Cesmin Lug e Kablare).
Alcuni del suo staff dicono che è un russo originario di Vladivostok e gira con
un passaporto diplomatico russo, ma che vive oggi a Vancouver, BC, Canada. Però,
nel 2005 disse all'avvocato americano Dianne Post di avere passaporto canadese.
Ma la cattiva fama del dr. Shevchenko è dovuta al "Percorso della Salute".
Ispirandosi ad un parco della salute in Canada, Shevchenko costruì il suo
Percorso della Salute su un terreno contaminato tra i campi zingari di Kablare e
Cesmin Lug ed i 100 milioni di scorie tossiche la cui polvere per molti giorni
ricopriva i campi. Il dr. Shevchenko trasformò un vecchio sentiero di 1,5 Km. in
un percorso di jogging tossico ed installò anche barre per gli esercizi accanto
al cammino, più una rete da basket e due porte improvvisate da calcio. Pose
cartelli blu di due metri con scritte in bianco, firmati dall'ONU in tre lingue,
incoraggiando i locali a "respirare l'odore della salute". Gli esercizi, aprire
i polmoni, permette a più polvere tossica di entrare nel corpo, ma questo non
era menzionato sopra la firma dell'ONU.
Secondo il suo staff ONU, Shevchenko raccolse 66.000 euro per costruire
queste infrastrutture sportive, pagandole però ai contraenti locali che le
costruirono solo 10.000 euro. Incoraggiato da come fosse facile ottenere fondi
per "progetti zingari", il dottore-affarista Shevchenko scrisse allora un
progetto da 300.000 euro per costruire più baracche sui terreni contaminati per
rifugiati zingari, a favore dei rifugiati che l'ONU stava rimpatriando dalla
Serbia. Secondo il suo staff locale il nostro optometrista in orgasmo da
sviluppo aveva un contraente serbo locale che intendeva costruire le baracche
per 100.000 euro. Quando venne chiesto loro (il suo staff) su perché non
premessero per dar luogo ai lavori, mi dissero che avevano così paura di
perderlo. Shevchenko lasciò il Kosovo prima che il suo progetto dei baracche
venisse approvato.
KAAD (Kosovo Agency for Advacacy and Development)
IL PREMIO DIETA SPECIALE: disonora questa OnG di Pristina che ha
amministrato il campo zingaro di Osterode dal dicembre 2008, ma sta facendo
pochissimi sforzi per tenere in vita i bambini.
Non ho mai pensato che potesse esserci un amministratore di campi peggiore di
Norwegian Church Aid nel non curarsi se i bambini dei campi zingari vivessero o
morissero. Ma questa OnG albanese a contratto e finanziata dal governo del
Kosovo, potrebbe essere di parecchio peggiore. Ergin Salihi, bambino di nove
anni, è entrato ed uscito sette volte dall'ospedale negli ultimi anni per
insufficienza renale causata da malnutrizione e debolezza del sistema
immunitario causata da avvelenamento da piombo. Suo fratello Robert, cinque
anni, è in condizioni persino peggiori. Senza una dieta adeguata, dicono i
dottori locali, non vivranno a lungo. Sino a settembre 2009, KAAD ha fornito la
dieta speciale al costo di 7 euro al giorno. Da settembre, KAAD ha sospeso la
somministrazione dicendo di non potersela permettere.
Quando Human Rights Watch (l'OnG internazionale con base a New York) a
novembre 2008 visitò i campi, parlò con una dottoressa part-time del campo,
Javorka Jovanovic, che dichiarò che era impossibile distinguere tra cause
mediche dipendenti solamente dal piombo e quelle semplicemente collegate alla
povertà e alla deprivazione. Aggiunse che la combinazione dei due fattori
peggiorava sempre di più ogni condizione. Tuttavia, notava nei bambini su base
giornaliera i sintomi da contaminazione come rachitismo, nervosismo, fatica ed
epilessia. Disse che l'avvelenamento da piombo stava rendendo i bambini più
vulnerabili alle altre malattie.
La dottoressa Jovanovic sentiva che la cattiva salute dei bambini peggiorava
a causa della loro dieta. Molte, se non la maggior parte, delle famiglie vanno a
cercare il cibo nei container delle discariche cittadine. Nel 2002 ACT/NCA
interruppero tutti gli aiuti alimentari ai campi, dicendo che gli zingari ne
rivendevano una parte per comprarsi le sigarette. Gli zingari ammisero di
vendere alcuni degli aiuti, ma soprattutto per comprare le scarpe perché i
bambini potessero andare a scuola. Nondimeno, tutti gli aiuti alimentari vennero
fermati nel 2002.
Tutte le madri del campo si sono lamentate con KAAD sulle cattive condizioni
igieniche e per la dieta che sta esacerbando la situazione sanitaria dei più
vulnerabili, i bambini sotto i sei anni d'età e le donne incinte. La dottoressa
Jovanovic ha detto che la concentrazione di malattie nei campi rende la
situazione medica senza paragoni con nient'altro che abbia mai visto nei suoi 35
anni come dottoressa.
Anche se KAAD ed il governo del Kosovo non sono responsabili per la
costruzione di questi campi su terreni contaminati, furono gli Albanesi che
allontanarono gli zingari dalle loro case dopo che le truppe NATO francesi
avevano occupato la città. Punire ora i bambini nati lì dopo la guerra appare
una rivincita senza senso. Ma è quello che sta succedendo adesso. Altrimenti
perché KAAD dovrebbe interrompere la dieta speciale del novenne Ergin?
Sicuramente KAAD che mantiene uno staff di 42 persone ed è finanziata dal
governo del Kosovo può permettersi 7 euro al giorno per salvare Ergin ed i suoi
fratelli. Nessuno in Kosovo, KAAD specialmente, sembra comprendere che la
negligenza dolosa verso i bambini è un crimine.
Fine tredicesima puntata
Di Fabrizio (del 09/09/2010 @ 09:42:11, in Europa, visitato 1513 volte)
Da
Roma_Daily_News
The Local
04/09/2010 - Il popolo rom è il più discriminato in Europa e la Svezia non fa
eccezioni, ha sostenuto sabato il commissario per i diritti umani del Consiglio
d'Europa.
Il commissario Thomas Hammarberg, e l'arcivescovo Ander Wejryd sostengono in
un dibattito in seno al giornale Dagens Nyheter di sabato che la deportazione da
parte della Svezia di 50 Rom cittadini UE rende evidente che il paese è
complice della discriminazione in corso verso quel gruppo etnico.
Le deportazioni sono state difese dal ministro per le migrazioni Tobias
Billström che ha sostenuto che le regole UE sulla libertà di movimento del
lavoro non sono intese ad incoraggiare l'accattonaggio.
Hammarberg e Wejryd rispondono che le deportazioni sono avvenute nonostante
un quadro legale non certo.
"Sono identificati come un pericolo alla società dai politici che cercano di
guadagnare punti politici sulle richieste di una linea dura contro questo già
vulnerabile gruppo. Sono soggetti ad arresto e deportazioni collettive."
Hammarberg e Wejryd hanno scritto che il crescente "anti-romanismo" dev'essere
combattuto in tutto il continente europeo. Sostengono che i diritti legali dei
Rom devono essere presi sul serio e che i loro diritti di cittadini della UE
devono avere la stessa importanza degli altri cittadini UE.
Di Fabrizio (del 08/09/2010 @ 09:26:57, in Europa, visitato 1553 volte)
Da
Slovak_Roma
Famiglia rom sterminata a Bratislava da un vicino, scioccati gli
altri residenti nel palazzo
Bratislava, 1.9.2010 10:17, (ROMEA)
Quanti si sono trovati nei pressi della sparatoria di lunedì nel quartiere Devínska
Nová Ves di Bratislava sono ancora scossi, ma vogliono parlare della loro
esperienza. Sei dei morti facevano parte della famiglia Putík. Come si è saputo
che la famiglia era rom, sono iniziate a circolare notizie di come fossero
"problematici". Però, i vicini degli uccisi hanno iniziato ad esprimersi contro
queste voci.
Una donna che vive sullo stesso piano sia dell'assassino che della famiglia
uccisa ha detto oggi all'Agenzia Stampa Ceca di aver aperto la porta del suo
appartamento per la curiosità, vedendo l'uccisore in piedi in una nuvola di
fumo nel corridoio. "Si è voltato verso di me e ha detto -Chiudi la porta o ti
sparo in testa,- così ho richiuso;" dice l'anziana signora.
La vicina non sapeva molto sull'uccisore, che non era molto amichevole."Era
terribilmente strano, non parlava con nessuno, un lupo solitario, un tipo
strano," spiega, aggiungendo che non sa cosa l'ha portato a sterminare l'intera
famiglia. "Non so se gli davano sui nervi perché andavano sempre avanti e
indietro," dice. Secondo lei i Rom non facevano rumore e si prendevano cura di
loro figlio, 12 anni, anche lui vittima anche lui vittima della follia
dell'assassino disoccupato.
"Erano nostri vicini - la nonna, sua figlia e il nipote che viveva con loro.
Davvero non creavano problemi," dice un altro vicino che viveva proprio la porta
accanto alla famiglia rom. Questi vicini smentiscono anche le voci che la
famiglia vendesse droga. Quando i giornalisti gliel'hanno chiesto, entrambi
hanno dato la stessa riposta: "Fuori di qui! Pennivendoli! Quale droga? E'
immondizia."
Secondo informazioni pubblicate dal giornale MF DNES, nessuno dei residenti
nell'appartamento che sono stati intervistati potrebbe confermare che
l'assassino fosse in qualsiasi maniera in conflitto con la famiglia dei suoi
vicini. Anche altri vicini rifiutano le speculazioni per cui la famiglia avrebbe
dovuto dei soldi all'assassino. "E' del tutto grossolano suggerire che la
famiglia avrebbe preso in prestito del denaro da lui. Ne avevano paura - non
avevano il coraggio di suonare il suo campanello. Non hanno mai causato problemi
- non ho mai sentito nessun tipo di confusione dal loro appartamento. Per quel
che ne sappiamo erano persone decenti. Povere, ma decenti," ha detto a MF DNES
una vicina di nome Silvie, aggiungendo che la famiglia chiedeva solo a lei
denaro in prestito. "Se lo facevano prestare solo da me - ogni 15 del mese la
nonna mi suonava al campanello perché non avevano soldi. Glieli prestavo sempre
o davo loro del pane vecchio, e loro mi restituivano sempre immediatamente il
19" ha detto a MF DNES. Anche altri residenti dell'edificio dicono che gli
occupanti stabili dell'appartamento dei Putík, la nonna e i suoi parenti, erano
persone perbene, ma gli altri parenti che a volte visitavano la famiglia,
talvolta bevevano o facevano rumore all'ingresso dello stabile.
Marta, una pensionata che vive accanto agli assassinati, ha detto a MF DNES,
"Durante l'estate la figlia della nonna iniziò a venire qui più spesso. Due o
tre anni dopo, quando già viveva qui, a volte urlava o imprecava contro
qualcuno. Poi seppi che andò a farsi curare da qualche parte e che viveva in un
ostello. In questi giorni visitava solo per un caffè." Altri residenti
dell'edificio citati da MF DNES concordano nel dire che la famiglia Putík non
era particolarmente problematica. Altri vicini mettono in dubbio che tutte le
vittime fossero Rom, come riportato da molti media. " Talvolta qualcuno si
sedeva qui e beveva di fronte all'edificio, ma erano soprattutto una famiglia
bianca, non erano i Rom. E' una sciocchezza dire che è stato un attacco
razzista. Solo la figlia che viveva nell'edificio aveva sangue rom. Le vittime
avevano a che fare con loro, ma non erano Rom," ha detto un residente a MF DNES.
I capi della polizia ed il ministro degli Interni stanno parlando molto
dell'"eroico" intervento della polizia contro il pazzo assassino. Anche se molti
residenti del quartiere lamentano che la polizia non sia intervenuta abbastanza
in forze e rapidamente.
Alla fine l'aggressore si è sparato alla testa , a pochi metri da un salone
cosmetico. Come ha detto una dipendente all'Agenzia di Notizie Ceca, "Quell'uomo
stava appoggiato contro la porta del salone, e se non avesse avuto le cuffie, mi
avrebbe sentito chiudere la porta e avrebbe girato la sua arma verso di me. Ho
chiamato la polizia per dire che ero intrappolato appena a pochi metri da lui,
ma mi hanno risposto che sapevano già di lui."
La giovane donna ha aggiunto che l'uomo è stato libero di muoversi, senza
alcuna minaccia per circa 20 minuti, prima di iniziare a sparare a qualsiasi
cosa si movesse. Dice che la polizia non si è avvicinata alla scena se non dopo
diversi minuti dopo che l'uomo si era sparato.
La polizia dice che la prima pattuglia è arrivata due minuti dopo che era
stato avvertito il primo sparo, cioè appena dopo le 9:45 del mattino, riuscendo
a disarmarlo dopo circa mezz'ora. Il ministro degli Interni Daniel Lipšic ha
annunciato che l'aggressore non ha commesso suicidio se non dopo essere stato
ferito fatalmente da un proiettile della polizia.
Durante il massacro sono morte otto persone, l'aggressore e le sue sette
vittime. Altre 15 persone sono state ferite, tre delle quali, incluso un
cittadino ceco, sono anche in gravi condizioni.
ryz, Czech Press Agency, MF Dnes, translated by Gwendolyn Albert
Di Fabrizio (del 08/09/2010 @ 09:10:30, in Europa, visitato 1719 volte)
LINKontro di André Glucksmann
Il Presidente della Repubblica (Nicolas Sarkozy, NdT) ha sollevato una montagna
che è ripiombata su di lui. Lanciando l’offensiva contro i Rom il governo
francese credeva di risolvere a suo vantaggio elettorale un problema di semplice
ordine pubblico e di organizzazione sociale. Un errore enorme. Il problema dei
Rom non riguarda la sicurezza dal punto di vista militare o sociale, ma è un
problema innanzitutto di sicurezza mentale. Non è soltanto francese, ma europeo.
Non è di oggi, ma esiste da sempre.
Nel 1990, uno dei primi sondaggi liberi effettuati dal quotidiano americano
Los Angeles Times rivelava che per l’80% della popolazione da poco
affrancatasi dal comunismo – cechi, ungheresi, rumeni, bulgari e polacchi –
l’immagine diabolica dello straniero si incarnava in quella del bohemienne. A
partire dal 1980, i militanti di Solidarnosch hanno assistito sbalorditi ai
pogrom anti-zingari creati solo a qualche chilometro da Varsavia.
Negli anni ’90, Vaclav Havel, presidente della repubblica ceca, fece smantellare
con grande difficoltà un ghetto dove i suoi concittadini volevano rinchiudere i
nomadi. Se l’odio per gli zingari raggiunge l’apice nei paesi dell’est europeo,
non è tuttavia sconosciuto in occidente. La letteratura e l’opera del 19° secolo
, Victor Hugo e Verdi, testimoniano le angosce di coloro che vivono sempre nello
stesso luogo di fronte a una collettività deterritorializzata. Accattonaggio,
sporcizia, scippi, fantasmi di ladri di bambini – da un secolo tormentati da
dinieghi e pettegolezzi come " questa gente non vive come noi". Portando
l’isteria al suo estremo, i nazisti sono arrivati a considerarli "sub-umani"
nelle camere a gas di Auschwitz.
Abbiamo creato – infine - la libera circolazione per tutti, l’Unione europea
suscita per contraccolpo il rinascere di paure ancestrali, un ritorno del
represso. Di fronte ad una malattia endemica, le reazioni francesi si dimostrano
inadeguate e malsane, precisano a ragione la Chiesa e le ONG. Sono coinvolti
meno i Rom rispetto a coloro che non li sostengono. L’Europa post-moderna si
pregia di far cadere i tabù che ostacolavano la sua libertà ma si rivolta
davanti all’emigrato (oltre allo spaventapasseri musulmano, ricordatevi
l’idraulico polacco) e inorridisce di fronte allo straniero nomade, l’errante
assoluto per tradizione e volontà. Comprendiamo che si tratta di un rifiuto di
se stessi più che di un rifiuto dell’altro.
L’abbattimento delle frontiere, l’europeizzazione delle nazioni, la
mondializzazione dei continenti proiettano ciascuno in un universo senza punti
di riferimento stabili e senza norme infallibili. Ricordiamoci la diagnosi fatta
nel 1965 da De Gaulle: "Nel progresso generale, una nuvola è sospesa sugli
individui. All’antica serenità di un popolo di contadini, certi nel disegnare
sulla terra una esistenza mediocre ma assicurata, è seguita nei nostri figli la
sorda ansia dello sradicamento".
Il volto ridente dello sradicamento sono i 300 000 giovani francesi che si sono
trasferiti per arricchirsi nella City quando la borsa si è infiammata. Il volto
tragico è rappresentato dagli erranti che sono inseguiti da un accampamento
selvaggio all’altro, privati di fatto del diritto di viaggiare e di mendicare
che solo il comunismo pretendeva di abolire con la forza. Il rom spaventa. E’ da
nascondere questo possibile fratello di sradicamento, questa parte
indispensabile e angosciante del nostro destino! La paura dei Rom non è che la
paura inconfessata di se stessi.
Fin quando non si riconosce ai nomadi il diritto di vivere in maniera errante,
fin quando non si offre loro la possibilità di sistemarsi in condizioni decenti,
perdureranno sempre le ossessioni razziste e xenofobe. Una decenza minima
implica che si stabilisca, come la legge francese prescrive (senza essere
applicata) delle aree di alloggio e di accoglienza destinate a rimpiazzare gli
accampamenti di fortuna e le bidonville ignobili che sono la vergogna
dell’Europa.
Inutile cercare grande fragore mediatico per i rimpatri collettivi più o meno
volontari di centinaia di sfortunati , quando solo in Romania due milioni di
cittadini europei si apprestano alla partenza e si calcola esattamente che la
vita di un mendicante in Francia è meno catastrofica rispetto a quella di un
mendicante ostracizzato in Europa centrale.
Inutile riprodurre in scala la politica di stabilizzazione forzata dei popoli
nomadi dell’Unione Europea. Era l’ossessione di Nicolae Ceausescu e dei suoi
colleghi dei regimi totalitari. Laddove è fallito il terrore poliziesco, le
sovvenzioni di Bruxelles, in parte dilapidate dalla corruzione, non risultano
molto vantaggiose. Inutile inviare dei missi dominici a Bucarest che esigano più
integrazione e assimilazione, questo è ciò che i dirigenti romeni non possono,
né i Sinti vogliono.
Sta alle nostre nazioni ricche operare una rivoluzione intellettuale,
riconoscendo la legittimità di un nomadismo multisecolare e transeuropeo. A
questo fenomeno è necessario assicurare delle condizioni di sopravvivenza che
evitino una totale marginalizzazione. Il diritto ad essere errante è
imprescindibile in una buona democrazia. Né evangelismi ne despotismo,
l’attenzione incondizionata della legge suppone che si rispettino non meno
incondizionatamente la dignità e la libertà di coloro che vi si sottopongono.
Gara dell’ipocrisia. Coloro che criticano le azioni forti di Parigi non
dovrebbero dimenticare le loro critiche. Gli edili di Bruxelles non hanno
assicurato le condizioni pratiche della libera circolazione degli europei più
bisognosi e l’accoglienza dei nomadi. I bravi oratori ecologisti, così pronti a
criticare gli OGM con il forte sostegno della stampa, non si sono mai mobilitati
contro l’emarginazione dei "nomadi" negli scambi pubblici. Salvare il pianeta
si, ma salvare i nomadi no? (Rispondo all’amico Daniel Cohn-Bendit che mi cita
in una intervista apparsa su Le monde del 17 agosto). Le iniziative del
Parlamento europeo brillano per la loro assenza e inefficacia.
Soltanto qualche sbuffo di intolleranza suscita nei "democratici" dei sermoni
ben-pensanti, presto detto, presto dimenticato. Le libertà europee non si
limitano alle libertà degli uomini d’affari, dei potenti e degli intellettuali.
La libera circolazione dei beni e delle idee è acquisita, resta da assicurare la
libertà dei più umili tra di noi, quella delle roulotte che cercano di passare
alle frontiere, quella dei viaggiatori senza legami che hanno affascinato tanti
musicisti e poeti del tempo passato. Fintanto che i Rom avranno l’etichetta di
"persona non grata" da parte del loro paese di provenienza , l’emancipazione
dell’individuo europeo resta zoppa e fragile.
Tregua dalla demagogia. Perché tuonare oltraggiosamente contro la Francia
(Gestapo dice il Times, il suo "sistema di deportazione" dice il Daily Mail, a
Pechino il Quotidiano del Popolo incalza sfacciatamente)? Perché il paragone con
Vichy e le sue "retate" diventano un luogo comune? Si possono contraddire le
scelte di Sarkozy senza identificarle con Petain o Laval, senza cadere
nell’offesa e nella caricatura. Il delirio va avanti. I Rom sono i capri
espiatori dei bambini perduti dalla mondializzazione, il presidente diviene
l’alibi di una opposizione in difficoltà per il programma, alla Francia è stato
mostrato il dito per la sua perdita di sensi e di orientamento dalle istituzioni
europee e internazionali. A ciascuno il suo capro espiatorio.
Basta al fanatismo. E’ accaduto oggi l’impensabile, un prete conosciuto e devoto
ai fedeli invoca a voce alta e in modo intellegibile la supplica rivolta al suo
Dio: "Vi chiedo scusa, fate che Sarkozy abbia una crisi cardiaca". Stupore
generale. Le radio danno la notizia esclusiva. Qualche ora più tardi il curato
ritorna imbarazzato sulla sua supplica. Non siamo tornati ai tempi di Ravaillac
dove la preghiera sostituisce il pugnale.
Poco mi importa di essere elevato al rango di umanista a sinistra o di
aggrottare le sopracciglia "a favore della sicurezza" a destra, la mia
preoccupazione sono i Rom e le loro sofferenze tanto scandalose quanto vane.
Nulla, nel festival delle misure pacchiane e nel contro festival delle
invettive, lascia presagire un miglioramento delle sorti della popolazione
nomade. Certamente, uno o due municipi apriranno i loro licei ad un nugolo di
espulsi. Per otto giorni? Per un mese? E poi? Certamente, le elezioni
presidenziali si terranno fra due anni. A condizione che non si prolunghino
scherzi e dibattiti che a destra e sinistra si intrecciano e che incoronano
Parigi derisa, capitale della derisione.
*Articolo pubblicato su
Le Monde il 31/08/2010. Traduzione di Michela Onofri (6 settembre 2010)
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