Rom e Sinti da tutto il mondo

Ma che ci fa quell'orologio?
L'ora si puo' vedere dovunque, persino sul desktop.
Semplice: non lo faccio per essere alla moda!

L'OROLOGERIA DI MILANO srl viale Monza 6 MILANO

siamo amici da quasi 50 anni, una vita! Per gli amici, questo e altro! Se passate di li', fategli un saluto da parte mia...

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Di Fabrizio (del 05/02/2013 @ 09:09:33, in musica e parole, visitato 1599 volte)

l'Arena.it SERGIO PRETTO

Sergio Pretto con la sposa a un matrimonio Rom

Un mondo che intravediamo appena, che non vogliamo vedere, che magari ci fa paura. Sergio Pretto, romano, 73 anni, giornalista prima della carta stampata poi alla Rai, racconta gli zingari attraverso un secolo di storia in Novecento Rom (Cartacanta, 400 pagine, 18 euro). Narra la storia di una famiglia, dagli anni Trenta al 2010, tessendo un arazzo di rapporti intrecciati. Se ne esce incantati da una scrittura a immagini, frammentata, a volte straniata, che si avvicina alla poesia.

Nella quarta di copertina si legge che lei è stato avviato alla scrittura da Pier Paolo Pasolini. Come?
Pasolini l'ho conosciuto da ragazzo su un campetto di calcio. Era un uomo che, a prima vista, intimoriva, dai tratti spigolosi, e che poi, invece, scoprii umanissimo. Diede una gran pallonata, che colpì il "palo" della nostra "porta", fatto da libri e quaderni di scuola legati con l'elastico, come si usava allora. Si scusò moltissimo, ma si soffermò sui quaderni. Soprattutto sul mio, quello dei temi e lì, subito, a darmi consigli, a dirmi di infrangere le regole, di esplorare le cose e insieme di aggredirle. E io cambiai il mio modo di scrivere. Lo cambiai più volte, dopo, anche sotto l'influsso del surrealismo di Calvino e del realismo magico di Màrquez, scrittori che riportano, anche se a prima vista non sembra, allo scavo nel torbido di PPP.

Perché si è interessato ai Rom?
È stato proprio Pasolini a insegnarmi a guardare agli ultimi. Il primo contatto l'ho avuto attraverso un'assistente sociale: cercavo informazioni per un altro libro, che stavo scrivendo. Abbiamo incontrato un giovane Rom, quello che nel romanzo io chiamo Decebal. Non è stato facile né da parte mia, né da parte sua. Ci dividevano mille pregiudizi. Ma mi sono reso conto che quello che noi vediamo - la sporcizia, il furto... - è la punta di un iceberg. Sotto c'è una cultura straordinaria, musicale, umanitaria, una solidarietà che non possiamo percepire. Siamo fermi agli stereotipi. E invece ci sono zingari docenti universitari, sportivi di fama (Andrea Pirlo, il calciatore), avvocati, pugili... C'è un'orchestra sinfonica di violinisti, tutti zingari, che sta girando l'Europa riscuotendo enorme successo. Una zingara di vent' anni, Laura Halinovic, ha vinto il Festival audiovisivo di Montecarlo con il documentario Io, la mia famiglia Rom e Woody Allen.

Come ha fatto a documentarsi?
Ho passato mesi tra i Rom. Decebal, una volta che siamo riusciti ad intenderci, mi ha detto che qui in Italia sono tutti giovani: per ascoltare la loro storia dovevo andare a Craiova, in Romania. Ho fatto partire il mio romanzo-verità da laggiù, quando Simplon, il padre di Decebal, decide di raccontare ai suoi figli la tragedia del Porrajmos, come gli zingari chiamano il genocidio pianificato dai nazisti: nei lager morirono 600mila Rom e Sinti. Simplon è depositario di testimonianze dirette, dal padre Ofiter e dalla madre Limpiana. Racconta come dei gitani si siano salvati nelle "marce della morte" verso i campi di sterminio. Quando seppellivano le vittime, alcuni si gettavano vivi nelle fosse: poi una coperta, quindi i morti, poi badilate di terra. L'ultimo della fila batteva sul tumulo cinque colpi: il segnale che la colonna si allontanava, così i sepolti vivi potevano uscire dalle fosse. Questo stratagemma l'avevano escogitato grazie alla loro antica tradizione di seppellire i morti durante il cammino. Non esistono cimiteri Rom o Sinti fino ai primi del Novecento: nomadi, gli zingari seppellivano i loro morti lungo la strada.

Rimangono impresse le figura femminili del libro. Ce ne vuol parlare?
Grifina era una giovane zingara dalla bellezza fiera e singolare. L'ufficiale medico del lager la notò e se la prese come infermiera e amante. Lei sopravvisse alle sevizie, accudendo una bambina che aveva trovato nel campo, sperduta, e con la certezza che un giorno si sarebbe vendicata. Alla fine, lo fece: uccise con il bisturi l'ufficiale medico. La giovane Jonela è invece l'esempio del contrasto tra gli anziani e i giovani. I ragazzi vedono i lati positivi della nostra società, quella di noi gagé, come ci chiamano i Rom. Jonela, cresciuta il Romania sotto il regime di Ceausescu, preferiva i jeans alle gonne a fiori e non voleva più camminare sempre un passo dietro al suo uomo...

I Rom sono così maschilisti?
Questo è un argomento, forse il primo, su cui ci siamo trovati a discutere. Ho parlato ai Rom di grandi donne di cui non conoscevano l'esistenza: le americane che nel 1908 scioperarono per protestare contro le terribili condizioni in cui erano costrette a lavorare e morirono nell'incendio scoppiato l'8 marzo. Madame Curie, Rita Levi Montalcini... Le donne, che prima si ritraevano, hanno cominciato a sorridermi, ad invitarmi a mangiare. Gli uomini a considerare le loro compagne in una nuova dimensione. Non ci siamo messi d'accordo, invece, sulla scuola. "L'istruzione", mi hanno detto, "dovrebbe portare alla felicità. Perché noi dovremmo accettare, senza discutere, la vostra?"

Apertesi le frontiere dell'Europa orientale, la famiglia di Decebal ha lasciato la Romania per Francoforte, quindi Roma: nel campo al Casalino, che poi è stato spazzato via, e infine al Tiburtino. La storia è chiusa?
Spero in un finale aperto. Finché noi li ghettizziamo, saranno sempre pronti a ripagarci con il peggio perché a questo porta la disperazione. Ci chiedono di lavorare, anche lavori umilissimi - li ho visti io stesso farli, insieme agli immigrati - e ci chiedono di non dover rinunciare all'essenza della loro cultura. Sono il popolo meno sanguinario del mondo, che non ha mai combattuto una guerra, anche perché non ha confini da difendere.

Alessandra Milanese

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Di Fabrizio (del 05/02/2013 @ 09:06:22, in Regole, visitato 1750 volte)

Comunicato Stampa:

In relazione alle notizie circolate a seguito dei recenti fatti avvenuti nel campo rom di Via Idro, vogliamo sottolineare innanzitutto che queste si sono spesso rivelate parziali o inesatte. Gli abitanti del campo non sono tutti uguali: non si tratta di una faida tra famiglie in cui ciascuno ha il medesimo carico di responsabilità, ma di un grave episodio di intimidazione. All'interno del campo vivono persone che hanno diritto ad una maggiore sicurezza.

Quanto alle accuse rivolte da alcune forze politiche all'attuale amministrazione, il Consiglio di Zona 2 ha deliberato in data 5 giugno 2012 avanzando delle proposte sulla riqualificazione del Campo (che è comunale e sorge su terreno demaniale) e prevedendo interventi che riguardano sia la sicurezza e la manutenzione delle strutture che la coesione sociale.

Respingiamo al mittente le accuse avanzate a mezzo stampa dal capogruppo della Lega Nord in Zona 2.

Non è vero che negli anni in cui la Lega è stata al governo della città (ben 17) la problematica realtà del campo rom fosse stata risanata, anzi: l'attuale stato di abbandono è stato volutamente aggravato. E non è vero, per fortuna di tutti noi, che il campo rom sia stato pattugliato dall'esercito trasformandolo in una piccola Auschwitz. Non risponde al vero l'asserito abbandono del tema sicurezza da parte del centrosinistra, come dimostrano gli interventi delle forze dell'ordine nel campo (vedi cronache 3/7/2012 e 8/8/2012). Non risponde al vero che i reati siano aumentati esponenzialmente negli ultimi due anni, come testimoniano anche dal Commissariato, ed, infine, è falso che l'Assessore Granelli non sia mai arrivato in zona 2.

Nel corso del mandato, l'Assessore Granelli ha partecipato a due commissioni zonali sul tema della sicurezza e, in seguito, ha voluto un incontro ufficiale con i Comitati e le Associazioni alla presenza del Questore e dei responsabili della sicurezza in zona, senza qui contare le numerose visite informali compiute.

Troviamo assurdo e strumentale che oggi la Lega Nord chieda a gran voce una Commissione per discutere di Via Idro, quando i consiglieri della Lega sono risultati assenti nella apposita Commissione Zonale, convocata a settembre esattamente in Via Idro, per discutere del Piano Rom e dei problemi del campo.

Sfugge alla Lega Nord che proprio nella mattinata di lunedì 28 gennaio si sia svolto un incontro con gli Assessori Majorino e Granelli per decidere come intervenire nel campo Rom di Via Idro e sfugge alla Lega Nord che un altro incontro sia programmato agli inizi di febbraio. Il centro sinistra di Milano e della Zona 2 ha ben presenti i gravi problemi in cui versa il campo, sia dal punto di vista della sicurezza sia da quello del degrado delle strutture, peraltro ereditati dalle amministrazioni di centro-destra, che hanno saputo solo aggravare i problemi di sicurezza delle persone, rom compresi, per poterli strumentalmente utilizzare a fini elettorali.

Il centro sinistra in Zona 2 e a Milano combatte una dura battaglia, con pochi mezzi economici a disposizione e un inadeguato quadro legislativo a supporto, anche qui eredità pesante dei governi BOSSI/Berlusconi, per consentire l'accrescimento personale ed umano di tutti, anche nell'ambito della comunità ROM e sviluppare un cammino di speranza, di legalità e di integrazione per tutti gli uomini e le donne che liberamente lo scelgano. Il centrosinistra a Milano contrasta chi sceglie di perseguire la strada dell'illegalità e della delinquenza, sapendo ben distinguere, come meritano le Persone, gli uni dagli altri.

Riteniamo che bene abbiano fatto le forze di polizia ad intervenire per riportare l'ordine e la sicurezza nel campo - in modo deciso ma appunto attento alle persone. Questi interventi, eseguiti anche a seguito di segnalazioni da parte del Consiglio di Zona 2 e delle Associazioni di volontariato che lavorano nel campo, permettono di separare i cittadini regolarmente residenti da chi invece delinque e si oppone con ogni mezzo sia alle forze dell'ordine sia, in fondo, al miglioramento della vita quotidiana nel campo.

Ora è importante che la politica compia la sua parte attraverso un lavoro forte e deciso di mediazione sociale e di riqualificazione del campo, mettendo in pratica le proposte avanzate dal Consiglio di Zona 2 e i contenuti del Progetto rom sinti e caminanti del Comune di Milano.

La Lega Nord, se lo vuole, rimanga pure nel passato.

Gruppi consiliari zona 2:

  • Partito Democratico
  • Sinistra Ecologia e Libertà
  • Sinistra per Pisapia
  • Italia dei Valori
  • Gruppo Radicale - Federalista Europeo
  • Verdi Ecologisti per Milano
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Di Fabrizio (del 04/02/2013 @ 17:32:08, in Kumpanija, visitato 1448 volte)

Iniziativa per La Giornata della Memoria
7 Febbraio 2013 - inizio ore 9.00
Aula Magna Liceo Manzoni - via G. Deledda 11 - Milano (MM1-2 Loreto)

Jovica Jovic non sa se sta ancora fuggendo dai nazisti, o se è rimasto senza casa, o sia semplicemente in tourneé.
Jovica Jovic oggi è un fisarmonicista di talento, conosciuto in Europa, che insegna ai bambini a suonare ad orecchio.
La sua storia parte dalla Jugoslavia degli anni '40, e la MEMORIA di allora si lega alle guerre degli anni '90, sino all'arrivo e alle incertezze in Italia.
La sua storia personale è quella del suo popolo, i Rom, testimoni mai ascoltati di eccidi lontani.
Suonerà e discorrerà col pubblico, ridendo, ragionando, sperando assieme a voi.

Progetto Memoria Storica: Il Popolo Rom e L'Olocausto - Commissione Cultura - Consiglio di Zona 2

Motivo: Mentre si parla molto delle vittime Ebree della persecuzione Nazi-Fascista nell'Olocausto, molto meno si parla di altre loro vittime: gli oppositori politici, gli omosessuali e i Rom. Questa lezione/spettacolo/concerto vuole cercare di spiegare cos'è successo e continua a succedere a quest'ultimo gruppo etnico, storicamente vessato e perseguitato.
Abbiamo voluto così fare conoscere un'altra tessera dell'enorme e terribile mosaico dell'Olocausto.

Obiettivo: Informare e sensibilizzare i giovani. Saranno invitati i ragazzi di alcune scuole della Zona 2 dalle medie ai licei, inclusi gli studenti dei Licei Manzoni e Carducci, per una lezione/spettacolo coinvolgente sull'argomento.

L'invito è soprattutto per le scuole ma l'entrata è libera per tutti.

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Di Fabrizio (del 04/02/2013 @ 09:10:26, in casa, visitato 1398 volte)

Vedi anche una segnalazione del 2008

 Yahoo notizie

La mini House è una casa che ti arriva per posta e che si monta in 48 ore. Sembra impossibile eppure è tutto vero. Il design di queste abitazioni pret-a-porter viene dalla Svezia ed è opera dell'architetto Jonas Wagell.

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Di Fabrizio (del 03/02/2013 @ 09:06:34, in Kumpanija, visitato 2460 volte)

Se ne può discutere anche quando il Giorno della Memoria è passato. Discutere: non ho certezze o verità, ma alcune domande, che nascono da una mole di dati e di citazioni che si sono sommati nella ricorrenza di un giorno. Lo scopo di questa discussione è (al solito) prefigurare quale sarà il nostro cammino.

    Cos'è oggi la memoria

Ascolto le pubblicità alla radio. Grazie all'olio Esso vado tranquillo per la strada dei sogni e mi dimentico del resto. Dimentico Hiroshima, dimentico Auschwitz. Dimentico Budapest, il Vietnam, il problema degli alloggi. Dimentico la fame in India, dimentico tutto, tranne che sono ridotto a zero. E da lì devo ricominciare. Jean-Luc_Godard

"La memoria ha la funzione di mantenere ricordi, a mente, per iscritto, o in altre forme" recita Wikipedia. La funzione è efficace, se è replicabile, altrimenti è memoria anche festeggiare il natale o ferragosto: cioè una chiamata a raccolta per qualcosa che non si ricorda più che significato abbia.

Anche il natale, suppongo, avesse un suo significato lontano, che per chi crede dovrebbe avere un valore sempre. Averlo incasellato in un giorno preciso (non è la data che ha importanza, ma i tempi della sua celebrazione), ne fanno un momento

  1. di unità,
  2. di fratellanza.

E dato che delle due cose ce ne sarebbe, oggi, un grande bisogno, per forza si aggiunga il punto

  1. di ipocrisia.

Mi sentivo a disagio, su quella bacheca globale che è Facebook, leggendo in tempo reale rimandi a una sfilza di articoli, guardando video, scorrendo considerazioni banali o interessanti. Forse avrei avuto bisogno di silenzio, sarebbe stato l'unico modo per capire che questa GIORNATA DELLA MEMORIA è un momento diverso dagli altri: quel coro continuo di notizie da gossip ed indignazioni le più diverse (tutte legittime, beninteso), dalla partita di calcio all'ultima candidatura ad un concorso od un'elezione. Quel coro che è ripreso invariato da lunedì scorso per i prossimi 364 giorni.

I miei genitori, ad esempio, non hanno mai avuto bisogno di un giorno per ricordare, e non è un discrimine politico. Loro:

  1. internet non sapevano neanche bene cosa fosse,
  2. quegli anni ce li avevano dentro, forse non Auschwitz, ma il ricordo delle impunità fasciste, della fame per tutti, dello scappare, dei panni grezzi, dei pidocchi.

Questa era la loro coniugazione di guerra, e anche se non erano stati in campo di concentramento (lui partigiano, lei sfollata), avevano nell'istinto e nella memoria profonda quella empatia che poteva restituirgli l'odore del fumo dai lunghi camini. E tanti come loro, non importa il colore politico, nei primi 30-40 anni del dopoguerra avrebbero fatto a pezzi chi avesse negato l'orrore dei campi di sterminio, perché sarebbe stato negare se stessi, quello che avevano patito, la possibilità che avevano avuto di ricominciare e di trasmetterci un mondo diverso.

Ma erano loro, la loro storia. Oggi, dopo 70 anni, viviamo nel mondo che, bene o male, abbiamo ereditato da loro. C'è chi per questa eredità può persino dire che quell'orrore non è mai accaduto e, per la stessa eredità che dicevo, c'è chi può addirittura essere votato per fare affermazioni simili, senza pagare lo scotto, non dico di una guerra civile, ma neanche di una censura.

Ecco, mi torna uno sprazzo di memoria, chi è che pressappoco diceva: "E' successo, e allora può succedere ancora"? E lo vediamo: non ci sono più le camicie brune, ma gli eredi che hanno imparato da quei sistemi sono attivi e ben pasciuti. E se c'è chi prova a negare quella memoria, quella memoria esiste, è replicabile, non importa che si raggiunga o meno l'orrore dei campi di sterminio, ma soprattutto è una memoria che può essere applicata dagli stessi che la vorrebbero negare.

di Mauro Biani

Intanto il mondo ereditato dai nostri vecchi, nel quotidiano ripete alcuni (pochi, per fortuna) meccanismi sociali del tempo di guerra: sono sempre pochi quelli che fanno qualcosa (ma quei pochi si sa che non molleranno), la maggioranza guarda e gira la testa altrove, e poi ci sono quelli che, nel loro piccolo, qualcosa di buono e generoso (anche pericoloso, a volte) lo fanno sempre, ma in silenzio e lontano dai riflettori.

Come in tempo di guerra. Non è tanto importante quel ripetersi, ma perché si stia ripetendo ancora, e chi possa impedirlo. "Chi non conosce la storia è destinata a riviverla". Qualcuno l'ha detto di sicuro, non ricordo chi e non ha nessuna importanza.

    Questa è solo la metà dei ragionamenti, prendete fiato perché non finisce qui.
    Le ceneri del camino e l'idea di nazione

Sempre settimana scorsa, mi sono imbattuto in questa tabella:

    Ebrei: da 5.000.000 a 6.000.000
    Omosessuali: da 10.000 a 600.000
    Zingari: da 500.000 a 1.500.000
    Testimoni di Geova: 25.000
    Disabili: da 200.000 a 250.000
    Massoni: da 80.000 a 200.000
    Prigionieri Sovietici: da 2.000.000 a 3.000.000
    Dissidenti politici: da 1.000.000 a 1.500.000
    Slavi: da 1.000.000 a 2.500.000

L'approssimazione delle cifre sembrerebbe dare ragione ai negazionisti. Ma la loro mole indica che la sintesi fu qualcosa di enorme, da ricordare, perché sarebbe stato REPLICABILE (come in effetti è successo). Quali le cause che hanno reso possibile (anzi: necessario) il replicarsi?

Il motivo razziale potrebbe essere una delle cause: ci sono stati prima, e poi sono seguiti, pogrom, campi di concentramento, famiglie smembrate dall'odio razziale. Concentriamoci sui soggetti, non sulle cifre, e sul periodo pre-guerra; sono categorie diverse, apparentemente inconciliabili:

  • Ebrei: cosa distingueva un ebreo da un ariano? I capelli, il naso adunco? Fandonie! La professione? Cosa aveva di minaccioso un ebreo che faceva il sarto, il dottore, il commerciante ambulante? Niente, se non appartenere ad un gruppo etnico che già allora era messo in connessione (nella vulgata popolare) con finanzieri e banchieri, bersaglio "popolare ed immediato" per il popolo tedesco, in crisi ed alla fame nel I dopoguerra (ricorda niente?);
  • Zingari: cittadini tedeschi come gli altri, al pari degli ebrei alcuni avevano combattuto nella I guerra mondiale. I loro lavori (già, gli "zingari" hanno sempre lavorato, allora come oggi): stallieri, agricoltori, artisti, impagliatori, piccoli commercianti, una specie di "piccolo mondo antico" incastonato nel XX secolo;
  • Disabili: come zingari ed ebrei, non furono rinchiusi nella sola Germania. Altre nazioni seguirono quelle politiche, alcune la anticiparono persino. Pochi, rispetto alla popolazione maggioritaria, e di certo non costituivano nessun pericolo. Anzi, erano molti più vicini fisicamente ed affettivamente alle normali famiglie.

Non solo, come diceva Levi, "tutti siamo Ebrei di qualcun altro" ma potremmo parafrasare "ognuno è la minoranza di qualcun altro". E nella Germania di allora, non c'era solo una maggioranza di socialdemocratici e comunisti, con un popolo in crisi economica e di identità, ma una minoranza nazista. Tralasciando per un momento la questione razziale, questa minoranza pianificò la propria ascesa al potere, come se si trattasse di un business plan (eccolo il XX secolo che fa il suo ingresso).

Certo, lavoravano "anche" zingari ed ebrei, erano nelle loro case i disabili, ma: rinchiudere l'ebreo significò distruggere la concorrenza (die Kristallnacht) e contemporaneamente confiscare soldi, fondi, proprietà, accumulate in anni di lavoro. Non finirono nelle tasche dei gerarchi di partito (come succederebbe oggi), ma finanziarono industria e politiche sociali localizzate. Gli zingari non avevano potere economico o politico, ci fu poco da confiscare, ma, a parte la questione razziale - dicevo, avevano una caratteristica che li accomunava agli Ebrei: lavoravano ma non erano produttivi, ed una che li accomunava ai disabili: non sarebbero mai stati un prototipo positivo per una "futura" razza ariana superiore - L'UOMO NUOVO.

Oggi sappiamo che un'impresa non si regge soltanto sul capitale e su come viene prodotto, ma anche su quel termine intraducibile che passa sotto il nome di "Mission" (che il più delle volte è solo l'artificio retorico che spinge a produrre).

La Mission era IL NUOVO ARIANO, che per forza si doveva distinguere fisicamente dai non-ariani per eccellenza (gli Ebrei), ma anche dai proto-ariani per eccellenza (gli zingari), e non essere contaminato da ariani-deviazionisti (i disabili, ma a questo punto: anche gli oppositori politici e gli omosessuali). Ma Ebrei, zingari e disabili, per l'uomo della strada e per i decisori politici avevano una caratteristica in comune, che li differenziava dalle altre minoranze tedesche meglio ASSIMILABILI: il loro lavoro non era dedito alla produzione e alla creazione di uno stato nuovo e nazionalsocialista, che potesse essere un faro di civiltà e grandezza. Poco importa se alcuni di loro lavoravano nelle fabbriche (e qualcuno fosse persino orgoglioso di questa INTEGRAZIONE), il loro esempio andava spazzato via.

Ragionerei QUI e ORA, in tempi di crisi attuale, a cosa porta un'ideologia del produrre ad ogni costo per la grandezza di una nazione. Allora fu la guerra, e la Germania che si tramutò in una MACCHINA BELLICA (il termine "macchina" è perfettamente appropriato), così la tabella iniziale può arricchirsi delle cifre delle vittime dal fronte orientale.

I campi non erano solo sterminio, ogni prigioniero di guerra diventava un operaio a costo zero da riciclare nell'industria bellica, magari trattato un po' meglio di chi non era più in grado di lavorare.

Ma il campo era contemporaneamente la sintesi del destino di chi si opponeva o era estraneo al destino dello STATO NUOVO: sfruttamento fisico sino alla morte, ma anche annullamento come persona (certo: botte e violenze, ma anche le divise carcerarie, la sporcizia, non poter parlare la propria lingua, essere chiamati per numero e non per nome). Lì si smetteva di essere considerate persone, l'unica definizione che un recluso poteva avere di sé era solo di essere una rotellina (sempre sostituibile) della GRANDE MACCHINA di questo stato che sfidava il mondo. Una macchina oliata dove ognuno, dal semplice kapò, al soldato, agli alti gradi, agiva come normalissimo esecutore di ordini.

Dove si legavano tanto "la banalità del male" di Hanna Arendt, che l'angoscia di Primo Levi: "testimoniare senza essere creduto". E nel contempo, la sfida di un popolo superiore raggiungeva l'apice: PER DEFINIRE SE STESSI, OGNI FORMA DI ALTRO ANDAVA ANNULLATA. Guardate, se la stessa politica la depuriamo dallo sterminio (e non è poco!), l'annullamento continua, ma questo sarebbe un altro lunghissimo discorso.

E' stato, allora, il culmine di un processo storico nato in Europa, con i pogrom anti-ebraici, ma anche le politiche persecutorie anti-gitane e anti-more, nel 1500 con la Spagna appena diventata stato unitario. Processo storico che abbiamo esportato in Africa, Asia, Americhe, salvo proporci oggi come improbabili TUTORI DEI DIRITTI UMANI E DEMOCRATICI.

Democratici, perché questo è il quadro in cui ci definiamo. Ma dentro il quadro, tornando a quanto scrivevo prima, ci siamo ancora noi, razzisti, antirazzisti e gente che volta la testa. Torneremo agli stessi slogan di inizio del secolo scorso: "A cosa servono gli zingari?", ma da allora è cambiata la risposta: "Li metterei ai forni!". Siamo diventati così civili ed evoluti, che non è più necessario essere noi i razzisti, l'importante è che lo diventino gli altri.

Riletture possibili

  • L'Italia e l'innocenza perduta: MEMORS
  • L'Italia oggi e la mancanza di memoria: COCCI
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Di Fabrizio (del 02/02/2013 @ 09:04:49, in Italia, visitato 1478 volte)

di Giulio Cavalli | 31 gennaio 2013

Una lettera, chiara ed efficace, dal campo Rom di Baranzate:

"Mancano due settimane alla data che tormenta le nostre notti e i nostri giorni. Il 15 febbraio, secondo quanto Infrastrutture Lombarde Spa ha detto ad alcuni di noi, verranno a sgomberare il nostro campo, a due passi da Rho, proprio a ridosso dell'autostrada dei Laghi, nel territorio di Baranzate. Un campo che sorge su terreni che abbiamo regolarmente comprato, circa 25 anni fa, e in cui viviamo da allora.

Devono fare l'Expo, ci dicono. Devono costruire una strada di collegamento tra Molino Dorino e l'autostrada. Siamo proprio nel mezzo, dobbiamo andare via.

Sono venuti da noi quelli di Infrastrutture Lombarde Spa, a metà settembre del 2012, hanno scattato delle foto. Alle nostre case e alla nostra terra. Ci hanno fatto firmare delle carte. Anzi le hanno fatte firmare a chi non sa leggere né scrivere in italiano. Ci hanno detto che erano per la privacy. In realtà erano documenti che stabilivano la presa in possesso dei terreni ad un prezzo bassissimo, sette euro a metro quadro.

Sette euro, tanto valgono per loro la nostra vita, la nostra storia, due decenni di vita in un terreno comprato da noi. Un terreno edificabile, adesso. Quando ci hanno fatto pagare le multe per le casette che abusivamente abbiamo costruito sui nostri campi, non siamo riusciti ad ottenere la variazione di destinazione d'uso da agricolo ad edificabile. Non era possibile. Non potevano mettere in regola i tetti che abbiamo tirato su per i nostri figli.

Poi, però, con l'avvento dell'Expo, il cambio di destinazione è stato magicamente possibile ed è stato inserito nel nuovo Pgt. Che strano. D'altra parte, noi Rom, per loro, valiamo molto meno di un'esposizione internazionale. Ma lo sappiamo già. Non ci stupisce. Noi non pretendiamo di essere lasciati nelle nostre terre. Possiamo anche abbandonare il campo, pacificamente. Vogliamo che il prezzo di vendita sia quello di mercato, ma di questo e delle procedure ingannevoli utilizzate nei nostri confronti si stanno occupando i nostri legali.

Quello che più ci preme, ora, è che la nostra dignità venga rispettata. Chiediamo solo di non essere mandati in mezzo ad una strada. Lo chiediamo per i nostri figli. Che studiano qui in zona per migliorare, per costruirsi un avvenire in questo Paese in cui sono nati.

Vogliamo che i nostri bambini, che ci emozionano quando leggono e scrivono in italiano, non vengano allontanati dalle loro scuole e dalla rete di amicizie che hanno costruito con fatica. Vogliamo che non perdano la quotidianità conquistata, nonostante le tante difficoltà, dai propri genitori.

Chiediamo al Comune di Milano, che continua a prendere tempo senza darci una garanzia chiara e una risposta precisa, quantomeno di attrezzare un'area, non lontana dal campo, dove poter continuare a vivere in attesa di una soluzione. E all'assessore Granelli chiediamo di farlo prima che arrivi lo sgombero. E che ci dia una scadenza certa, non oltre mercoledì 6 febbraio, per presentarci la sua soluzione e dirci chiaramente cosa accadrà. Non siamo terremotati, è vero, ma siamo 350 persone, alcuni anziani e qualche malato, che in una notte potrebbero perdere tutto. Ci sono dei neonati, 60 bambini vanno a scuola, 2 ragazzi frequentano con orgoglio le superiori, non siamo "involuti" come fa comodo credere e far credere.

Se Milano è una città che ama i diritti, una città di inclusione, ci dimostri davvero di esserlo. Anche se noi non siamo elettori, non siamo portatori di voti, abbiamo comunque dei diritti. Il diritto di non vedere i nostri figli finire sotto un ponte, senza un tetto, fuori dalla scuola ed estromessi dal loro futuro. Dal loro diritto al futuro. Che in un Paese civile dovrebbe essere universale.

Gli abitanti del campo Rom di Baranzate"

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Di Fabrizio (del 01/02/2013 @ 09:05:50, in Italia, visitato 1253 volte)

Questo è il punto cui è arrivata l'esperienza una volta esemplare del Quartiere Terradeo di Buccinasco. Oltre un anno di gestione commissariale, resistenze e incapacità amministrative... più la crisi, che notoriamente picchia in basso.
Ci auguriamo -e cerchiamo di fare il possibile- perché sia un punto e a capo
.
Ernesto Rossi - APERTAMENTE di Buccinasco

LETTERA APERTA DELLA COMUNITA' SINTA DI BUCCINASCO

Come è difficile la vita di un "NOMADE STANZIALE". Così ci ha paradossalmente definiti in un suo recente articolo una giornalista del quotidiano "Il Giorno ". I nostri avi SINTI sono giunti in Italia attorno al 1400. Mentre la nostra comunità, di fatto una famiglia allargata, risiede a Buccinasco da oltre trent'anni. Quindi noi e le nostre famiglie siamo cittadini di Buccinasco, e i nostri bambini da alcune generazioni frequentano le locali scuole dell'obbligo.

Sino a che la "crisi" non ha colpito tutti, almeno un membro di ognuna delle nostre famiglie aveva un regolare lavoro, che ci permetteva di vivere decorosamente nel nostro Quartiere Terradeo, con il valido aiuto delle Amministrazioni che si sono succedute nel nostro Comune e di alcune Associazioni.

Sei più una delle nostre famiglie (le più numerose) hanno nel tempo investito tutti i loro risparmi per costruirsi, in alternativa alle precedenti roulotte, sette casette in legno appoggiate su di una piastra in cemento per vivere una vita più confortevole.

Lo scorso inverno il Commissario, che in quel periodo governava Buccinasco, ha ordinato la demolizione, attraverso una raffica di ordinanze (oltre venti) sotto il controllo costante delle Forze dell'Ordine, di tutte e sette le costruzioni, e già che c'era ha fatto abbattere anche sei casotti in legno 2X2, utilizzati come ripostigli. Questa operazione è andata avanti per diversi mesi. Motivo dell'intervento: l'edificazione delle casette, con molti incoraggiamenti, ma senza alcun permesso formale delle preposte Autorità.

Va precisato che per avere il permesso di costruzione era necessario che il Parco Agricolo Sud Milano autorizzasse, prima, l'esistenza del Quartiere, dove da anni vivono le nostre famiglie, allestito sopra un terreno di proprietà del Comune ma collocato entro il Parco Sud.

L'attuale Amministrazione comunale ci sta riprovando, così come ci hanno provato quelle precedenti, e siamo in attesa che l'annoso problema venga positivamente risolto.

Nel frattempo, come per buona parte delle famiglie italiane, le condizioni di vita delle nostre famiglie, che già da prima erano difficili, in questi ultimi tre anni sono notevolmente peggiorate e la maggior parte dei nostri capi famiglia ha perso il lavoro. Si sopravvive effettuando lavori precari, cercando di far fronte ogni mese alle spese fisse, mangiare, luce, gas, trasporti, affitto, ecc.

In questo contesto e con diversi problemi ancora irrisolti, sono avvenuti i fatti in un pomeriggio della scorsa settimana.

Una buona parte delle famiglie del Terradeo ed alcuni parenti invitati, stavano festeggiando il battesimo di un nostro bambino in un ristorante della zona. Dopo pranzo, alcune coppie stavano ballando al suono della musica del locale, che qualcuno ha ritenuto di volume eccessivo, tanto da richiedere l'intervento di una pattuglia di Vigili Urbani.

Quello che è avvenuto all'arrivo dei Vigili è estremamente sgradevole: un paio di noi, evidentemente "alticci", si sono comportati in modo poco urbano e con poco rispetto nei confronti dei tutori dell'ordine, nonostante l'intervento moderatore di altri commensali.

Il giorno successivo due delle persone interessate al fatto, si sono recate presso il locale comando di Polizia Urbana per porgere le loro scuse per l'accaduto.
A queste scuse aggiungiamo quelle delle nostre famiglie, poiché riconosciamo ai nostri Vigili la serietà e la correttezza nello svolgere il loro non facile compito quotidiano in situazioni difficili come quelle sopra ricordate, in cui ci siamo trovati anche noi coinvolti.

Vorremmo comunque far presente che in casi come questi, che ci auguriamo non abbiano più a ripetersi, gli autori delle eventuali azioni perseguibili dalle leggi del nostro Stato, rispondono personalmente di fronte alla giustizia e quindi riteniamo giusto sottolineare e chiedere che anche chi riporta i fatti debba evitare generalizzazioni o ancor peggio la criminalizzazione di una intera Comunità, come spesso è accaduto nel passato sui mass media.

Le Famiglie del Quartiere Terradeo di Buccinasco
L'Associazione APERTAMENTE di Buccinasco

Buccinasco, 23.01.2013

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