Rom e Sinti da tutto il mondo

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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 14/04/2009 @ 17:44:47, in musica e parole, visitato 1550 volte)

domenica 19 aprile 2009 dalle 14.30 alle 23.30
al BLOOM via Curiel 39, Mezzago (MI)

Ore 14.30 come preparare il tradizionale gulasch ungherese. PRENOTAZIONE OBBLIGATORIA tel. 348/4168698 039/623853 ENTRO GIOV. 16 APRILE

Ore 17.30 I Rom e l'azione pubblica
Gruppi zigani sono molti e differenti. Abitano da secoli il tessuto urbano d'Europa. Sono parte integrante della storia italiana. Spesso, tuttavia, le politiche nei loro confronti assumono tratti marcatamente discriminanti.
E' possibile una politica che sappia trovare delle risposte alternative all'isolamento delle minoranze e sperimentare forme alternative di convivenza? Affronteremo tali questioni con gli autori del libro "I Rom e l'azione pubblica": Giorgio Bezzecchi, esperto di processi e politiche di mediazione culturale, Maurizio Pagani, Presidente dell'Opera Nomadi di Milano e Tommaso Vitale, ricercatore di Sociologia.

Ore 19.30 Gulasch Concerto (cena + concerto) 15.00 €
Janos, violinista ungherese che ha lavorato con Moni Ovadia, prepara il celebre piatto: “il gulasch” con contorno di tradizionali gnocchetti.
A conclusione della cena Janos delizia i suoi ospiti con il suo violino e dà inizio ad un concerto composto dai brani della tradizione ungherese rumena, bulgara e klezmer! Un’ insolita esibizione in cui Janos racconta la sua vita, aneddoti della sua carriera violinistica, barzellette spesso assurde e sempre esplosive.

Ore 21.30 film - commedia VUOTI A RENDERE di Jan Sverak, regista ceco.
il film sarà proiettato da martedì 14 a domenica 19 aprile.

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Di Fabrizio (del 14/04/2009 @ 09:21:42, in Italia, visitato 1641 volte)

Segnalazione di Eugenio Viceconte: La cooperativa ROM Artezan, di Japigia, Bari, partecipa alla colonna di soccorsi dalla Puglia.

dal nostro inviato GIANLUIGI DE VITO

CAMARDA (L’AQUILA) - Michele, 35 anni, è barese di Putignano. Prima del lunedì della grande scossa erano in servizio come ogni giorno nella stazione di Tivoli. Dopo la tragedia hanno preso la licenza e sono tra i guardiani tuttofare del campo di Paganica. Massimo è al cellulare e direziona lo sguardo verso di noi: "Ragazzi, quel furgone va scaricato da un’altra parte, c’è gente che non ha ancora le tende e la roba, ma bisogna andare nei paesi qui attorno". Certo, la disperazione è altrove. Paganica è la somma di tre tendopoli bene allestite ormai. Tre campi che hanno come cinta una lunga fila di container pieni. Ma non di tutto quel che serve. Alle 10 di sera nelle due tensostrutture finiscono di cenare i soccorritori. Sono cotti più delle patate e del tacchino servito nel piatto. Fuori c’è il cartello che la dice lunga sul bisogno urgente di ritorno alla normalità: "Partita di calcio Scapoli-Paganica".

La seconda squadra è corretta dal prefisso "ex". Già ex Paganica. I bambini continuano a prendere a calci a un pallone sotto i riflettori alimentati dal gruppo elettrogeno. Gli anziani sono ancora fuori anche se il freddo non ha allentato la morsa. Si tira fino a tardi fuori dalla tenda. Perché dentro c’è poco, c’è l’indispensabile; fuori c’è un un via-vai da ipermercato all’aperto, che almeno spegne la paura e fa sentire tutti meno soli. Una donna sull’ottantina s’avvicina e bisbiglia: "Avete qualche paio di mutande?". Certo che sì. Un altro anziano, più giovane d’età ma costretto al bastone per le ferite durante la fuga dopo una scossa ammicca di continuo le palpebre umide di lacrime e parla a voce alta: "Adesso state qui, ma tra un mese? Non potete lasciarci soli. Come staremo tra un mese?". Massimo sale su uno dei furgoni dei volontari baresi arrivati per la quinta volta da Bari. Direzione Camarda. Più su, si snodano serpentoni di curve che ti fanno perdere la conta dei chilometri. Ma non sono tanti. Sulla strada principale è parcheggiato un autobus di linea, vecchiotto. Ci dormono in una ventina: sono quelli che hanno la casa in piedi, ma la stessa paura di morte del lunedì nefasto. E nel campo, poco più sotto, non ci sono ancora tende per tutti. Lo psicologo milanese Salvatore Cascone parla con Massimo e gli svela che ha chiamato rinforzi da un comune lombardo: "Arrivano nelle prossime ore squadre di volontari che sono in grado di fare una disinfestazione, essenziale per allargare il campo lì ai bordi del fiume". Bordi ancora al buio perché non c’è luce per tutto. Anche Roberta Tondo giunta da Trevi (Lazio) dopo aver lasciato il figlio 15enne alla madre, si sfoga col carabiniere leccese: "Ho un anziano disabile che non può più dormire in auto, ho dovuto litigare per avere una tenda".

Una dozzina di chilometri più avanti, passando da una Onna ridotta a briciole ma che è illuminata a giorno almeno lì dove i carrozzoni dei media hanno stanziato i camper e le parabole, s’arriva a Filetto. Non sembra la frazione di Aquila.
Eliana Spagnola, delle Misericordie, dormiva nell’auto. È lei che ha le chiavi del magazzino. La richiesta è la stessa. "Intimo uomo donna e coperte". Non bastano mai. "Siamo 300 in tutto, 180 sono nelle tende, altri 180 sono fuori", motiva la richiesta Eliana. Il ritorno a Paganica serve per fare il punto con i soccorritori della Croce Rossa: medici e militari esperti nella logistica. Arrivano richieste da Picenze di Barisciano, Poggio Picenze, Fontecchio e Ocre. Servono, aceto, intimo, bacinelle, scarpe, stoviglie di plastica, pettini, spazzolini, saponette. Difficile capire.

La Protezione Civile e la Prefettura dell’Aquila continuano a invitare tutti a evitare il "turismo solidale", perché "è tutto sotto controllo". Ma dai contatti e dai faccia faccia si capisce che ci sono tendopoli di "serie A" e di "serie B". E, soprattutto si capisce che la macchina degli aiuti sarà pure perfetta, ma solo mediaticamente. Le fessure lasciate vuote, a sei giorni dal sisma, ci sono eccome. Epperò la babele dei soccorsi è altrettanto dannosa. E allora la colonna di aiuti partita da Bari stamani ha una destinazione diversa: Bazzano. Due furgoni e un pick-up della Polizia Provinciale. E un furgone è guidato dai rom della cooperativa di Japigia, "Artezian" che ha raccolto in giro per la provincia assieme all’associazione "Osservatorio Sud", il carico di aiuti organizzato da più enti e associazioni. Da Cassano la quota più consistente grazie ai volontari della "Fratres" che hanno messo in moto un vorticoso passaparola che ha fruttato più di mille euro utilizzati per l’acquisto dei materiali richiesti.

13 aprile 2009

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Di Fabrizio (del 14/04/2009 @ 09:16:51, in Europa, visitato 1643 volte)

Da Romano_Liloro

Mentre i Rom di tutto il mondo hanno celebrato l'8 aprile la loro Giornata Internazionale, in Kosovo, nei fatti, c'era ben poco da celebrare.

Questi bambini di Cesmin Lug e del Campo di Osterode nel Kosovo, chiedono di avere salvate le loro vite dall'avvelenamento nel sito più tossico dell'Europa orientale, dove sono stati piazzati dalle Nazioni Unite (vedi QUI ndr). Nella protesta, i loro striscioni proclamavano "Dio ci salvi dall'UNHCR" e "Benvenuti nell'inferno di Kouchner", mentre altri chiedevano di essere salvati dall'avvelenamento da piombo. Accusavano Bernard Kouchner, ex Rappresentante Speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite ed ora Ministro degli Esteri francese, di aver fallito di salvarli come aveva promesso. Attualmente ci sono 83 morti tra quanti vivono in questi campi.

Pictures courtesy of Kosovo Medical Emergency Group and Society for Threatened Peoples International:
http://www.toxicwastekills.com/page22.html

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Di Fabrizio (del 14/04/2009 @ 09:03:36, in Europa, visitato 2451 volte)

Da Roma_Francais (lungo ma molto interessante, leggetelo ANCHE a puntate)

Tratta dei minori rumeni nella migrazione: realtà e processo

Fonte: Courrier des Balkans messo in linea: giovedì 2 aprile 2009 - Par Olivier Peyroux [1]

Dalla caduta del comunismo, la questione dei minori rumeni nella migrazione alimenta voci ed esagerazioni. Il fatto è che la "transizione" ha esercitato dei fenomeni massivi di de-scolarizzazione e una perdita dei riferimenti sociali e famigliari. Il sociologo Olivier Peyroux cerca di fare il punto sulla questione, evitando le polemiche ed i luoghi comuni che non contribuiscono ad una buona comprensione del problema.

Questo articolo ha per oggetto l'analisi e la comprensione dei meccanismi che conducono allo sfruttamento dei minori rumeni migranti.

Per condurre a termine la nostra ricerca siamo ricorsi a:

  • osservazioni ed interviste con i giovani, le loro famiglie e le organizzazioni incaricate della loro protezione nei paesi d'origine e nei paesi di destinazione,
  • lavori scientifici,
  • articoli di stampa ed altri documenti informativi.

Il tema scelto potrebbe incitare al giudizio di valore, due scogli sono da evitare: la stigmatizzazione dell'insieme dei migranti ed una lettura culturalista dei Rumeni e dei Rrom giustificando o scusando la situazione senza cercare di analizzarla.

Per il primo punto, è facile da dimostrare come l'assistenza alla popolazione che ci interessa è ultra minoritario rispetto all'assieme della diaspora rumena spesso invisibile al grande pubblico perché estremamente ben integrata. Dopo il censimento della popolazione rumena del 2002, la diaspora verso l'Europa dell'Ovest è compresa tra i 4 e i 7 milioni di persone. I gruppi che presentano rischi di sfruttamento dei minori rappresentano una percentuale inferiore al 5% del totale. Occorre quindi guardarsi da tutte le generalizzazioni stigmatizzanti l'insieme dei profili dei migranti rumeni, tra l'altro, molto eterogenei (quadri superiori, studenti, rifugiati politici, imprenditori, operai...). Riguardo ai Rrom rumeni possiamo anche ricordare che il mito dell'esodo verso l'Europa dell'Ovest è inesatto, perché secondo le stime, la migrazione rappresenterebbe al massimo il 10% dei migranti di questa popolazione, stimata attorno ai due milioni di persone [2].

Trattando la distinzione tra Rumeni non rrom e Rrom, abbiamo deciso di descrivere le strategie messe in atto dai gruppi di migranti senza fare differenze. In effetti, l'eterogeneità culturale tra i differenti gruppi dei Rrom rumeni ed i Rumeni, rende tutti i tentativi vani e stigmatizzanti. D'altra parte, essendo limitata la scelta delle strategie legate all'emigrazione, numerosi gruppi, benché culturalmente diversi, optano per comportamenti simili.

Fatte queste premesse, è importante precisare bene i limiti di questo articolo. Per descrivere meglio i processi abbiamo optato per delle semplificazioni storiche, economiche e sociologiche. Le strategie descritte sono tra le più correnti, ma sono lontane dall'essere esaustive. Per ragioni di chiarezza, sono presentate in maniera distinta e cronologica tuttavia, nella pratica, esistono diverse combinazioni.

Le due prime parti di questo articolo portano ai processi di adattamento di alcuni gruppi ai cambiamenti socio-economici della Romania che conducono alla tratta dei minori. Una volta presentato il macro-quadro, affronteremo più nel dettaglio le strategie famigliari ed individuali per entrare ed uscire dai sistemi di sfruttamento.

Redistribuzione delle carte sociali ed apparizione di strategie migratorie a rischio di sfruttamento dei minori

La caduta del regime comunista ed il passaggio verso l'economia di mercato hanno avuto per conseguenza una profonda riorganizzazione sociale. Le categorie della popolazione attiva rumena più colpite da questi cambiamenti sono state gli operai, i contadini e gli artigiani. In questi tre gruppi troviamo dei Rrom e dei Rumeni non rom. Per queste persone, la perdita del loro impiego seguita alle ristrutturazioni delle imprese statali ed allo smantellamento dell'industria agricola,associata all'assenza di protezione sociale, li ha forzati ad un ritorno alla terra o a lavori manuali particolarmente estenuanti [3]. Tra queste categorie, spesso la migrazione è diventata l'unica strategia sognata di promozione sociale ed il mezzo di fuga alle attività subite, poco rimunerative e spesso penose.

Sino al nuovo millennio, cioè prima della soppressione dei visti per soggiorni brevi [4], accedere allo spazio Schengen per i Rumeni usciti dalle campagne e senza qualificazione necessitava di una vera logistica ed una rete solida di conoscenze. Alcuni villaggi si sono allora organizzati attorno alla migrazione. Tra i primi Certeze (dip. Satu Mare), nel nord ovest del paese e senza dubbio il più conosciuto, ma si trovano ugualmente Separaus (dip. Arad), all'ovest, da dove vengono i Rom di Montreuil, Borsa e Marginea (dip. Suceava), all'est, di cui una parte è andata a Milano, lo stesso per quelli del villaggio di Corod (dip. Galati), a sud est, verso Padova, quelli di Sambata de Sus (Tara Fagarasului) al nord, a Roma e nella regione del Lazio, quelli di Dobrotesti (dip. Teleorman), a sud, verso Coslada, vicino a Madrid, quelli di Dragasani (dip. Valcea), a sud, verso Gerusalemme [5].

Questi villaggi hanno sovente per caratteristiche comuni:

  • un'abitudine alla mobilità anteriore al periodo comunista, per esportare la loro forza lavoro,
  • un sentimento identitario forte che li porta a considerarsi come appartenenti ad una minoranza. Questa posizione è spesso confortata dall'adozione di una religione differente da quella ortodossa,
  • un conformismo degli individui alle strategie adottate dal gruppo.

Da questi dati comuni che li possono qualificare come pionieri, l'aspetto normativo del gruppo crea un processo di auto-esclusione dal sistema di protezione rumeno, rendendo la migrazione come il solo avvenire possibile. Il meccanismo è il seguente: gli adulti partono, i bambini restano con la madre o con i nonni. I primi segni di riuscita materiale appaiono nel villaggio con la costruzione di case, confortando quindi il gruppo nella sua strategia migratoria. I bambini sono sempre meno motivati dalla scuola, perché sanno che per "riuscire" bisogna partire. La scolarità diviene opzionale, i giovani non ottengono le qualifiche professionali necessarie a trovare impiego in Romania. Migrando spesso escono dal sistema di protezione sociale, perché non possiedono il "libretto di lavoro" [6] rendendo ancora più complesso l'inserimento nel loro paese d'origine. Si crea allora una forma di dipendenza dalla migrazione, perché non ci sono davvero alternative, propizia spesso a tutte le derive per soddisfare necessità materiali sempre più importanti ed irrazionali. Il saccheggio dei parchimetri parigini nel 2002 da parte dei minatori venuti dal paese di Oas (di cui una gran parte da Certeze) è un'illustrazione spettacolare. In effetti, dall'inizio degli anni '90, adulti di questa regione partone verso l'Occidente per tentare la fortuna, alcuni lavorano nell'edilizia, altri vendono giornali all'uscita dei negozi [7]. I soldi guadagnati permettono di costruire nuove case piano su piano. Le case dei migranti impressionano gli abitanti rimasti nel villaggio, a tal punto che alcune famiglie decidono di inviare alcuni dei loro membri, preferibilmente giovani non sposati in età da lavoro (attorno ai 16 anni). Qualcuno vede in questa nuova mano d'opera a corvè e facilmente manipolabile un'occasione per grandi guadagni. Si mettono in atto differenti tipi di sfruttamento: lavoro in nero di adolescenti, piccola delinquenza sino al furto dei parchimetri e la prostituzione maschile. Nel villaggio, fioriscono sempre più nuove case brillanti, creando una forma di competizione tra le famiglie per sapere chi avrà la più cara. Gli abitanti esitanti ad inviare i loro figli si lasciano convincere e chiudono gli occhi sull'origine dei soldi, abbagliati dalla riuscita materiale che esercita lo status sociale.

Questo tipo di migrazione di gruppo ha rappresentato e rappresenta una strategia che poteva condurre allo sfruttamento dei minori rumeni. Lo scivolare dalla migrazione di gruppo allo sfruttamento appare quando degli intermediari, spesso partiti dal medesimo villaggio, utilizzano una categoria vulnerabile permettendo di oltrepassare la legislazione del paese di destinazione per arricchirsi. Con un relativo sviluppo economico ed una migliore informazione delle famiglie, questa fase tende ad arrestarsi, le famiglie non vogliono più sottomettersi a qualche individuo. Quindi ciascuna riprende la propria parte di autonomia all'interno del gruppo e mette in atto strategie proprie. Si passa da una fase che chiameremo "di sfruttamento collettivo" ad una  "di emancipazione famigliare" verso una fase "di emancipazione individuale". Gli adulti hanno trovato dei "padroni", i figli dentro un'istituzione hanno terminato la loro formazione; i membri della famiglia decidono di continuare assieme o ciascuno per la sua strada. Alla fine il gruppo degli abitanti va normalizzandosi e ciascuna famiglia s'inserisce bene tanto nel paese di origine che in quello di destinazione. Tuttavia, questa fase di adattamento è spesso gravida di conseguenze per chi la vive. Numerosi adulti conoscono seri problemi medici mentre molti giovani che non sono riusciti ad inserirsi nei paesi di destinazione si installano durevolmente nella precarietà e nelle attività di sopravvivenza, lasciandovi la loro salute fisica e persino mentale.

Apertura delle frontiere: apparizione di popolazioni più vulnerabile e sviluppo dei sistemi di sfruttamento

A partire dal 2002 [8], la Romania è rientrata in una fase di privatizzazione massiccia e di economia di mercato poco regolata. Le conseguenze sono state un aumento del prezzo dell'energia e dei beni di consumo. D'altra parte, a partire dal 2007, con l'entrata del paese nella UE, il modello di agricoltura famigliare nel quale si è rifugiata la parte della popolazione meno qualificata non è più adatta alle nuove norme da rispettare e trascina di conseguenza l'impossibilità di vendere alle filiere agricole ed agro-alimentari. Le campagne devono nuovamente trovare delle strategie di sussistenza con uno Stato che offre una protezione insufficiente alle popolazioni più deprivate. Senza reali sovvenzionamenti e copertura sanitaria, con qualificazioni rese obsolete, guadagnarsi da vivere è sempre più difficile. La migrazione diviene allora una delle soluzioni, più accessibile di prima, grazie alla libera circolazione. Questa nuova possibilità va a rappresentare un'occasione per i migranti malintenzionati e già stabiliti, che vanno imponendosi, a fronte di una remunerazione, come intermediari in tutte le tappe del progetto migratorio. In questi gruppi di popolazione che decidono di partire come famiglia o di inviare i loro figli a guadagnare all'estero, l'assenza di una rete di conoscenze affidabile sul posto spesso comporterà il processo di sfruttamento dei minori. Queste famiglie arrivano all'estero in situazioni difficili, un contesto molto concorrenziale ed un ambiente ostile:

  • bambini descolarizzati in Romania spesso delle classi primarie e genitori con un debole livello d'istruzione,
  • saturazione nei paesi di destinazione del mercato del lavoro in nero ed accesso al mercato dell'impiego legale estremamente complesso [9],
  • strutturazione della migrazione da parte di compatrioti che rendono qualsiasi servizio monetizzabili per le persone non che dispongono di reti familiari,
  • apparizione di sistemi di sfruttamento molto elaborati che rendono alcune famiglie prigioniere di alcuni gruppi,
  • infine diminuzione della protezione sociale nei paesi di destinazione.

Il contributo dei minori diventa allora, poco a poco, necessario ai redditi familiari. Essendo le loro capacità di riportare soldi spesso più importanti di quelle degli adulti, particolarmente nei periodi di disoccupazione massiccia, differenti gruppi cercano di recuperare questi giovani ai fini dello sfruttamento.

Le differenti forme di sfruttamento famigliare

In funzione delle costrizioni che conosce la famiglia il ricorso al lavoro dei minori è molto variabile. Se occorre ricordare che la maggioranza delle famiglie dei migranti tentano di fare di tutto per permettere ai loro figli di seguire una scolarità normale, alcuni gruppi deprivati si trovano di fronte ad imperativi economici che non sanno risolvere senza utilizzare l'assieme dei membri della famiglia, compresi i più giovani.

Nella gran maggioranza dei casi le famiglie contraggono debiti presso i vicini ed hanno bisogno di altre rimesse per assicurarsi il quotidiano. Le somme sono variabili e i bambini dopo la scuola e nei fine settimana aiutano i genitori chiedendo la carità o vendendo fiori. Queste pratiche riguarda una gran parte delle famiglie rrom, dove la madre ed i figli assicurano quotidianamente i bisogni finanziari per le spese correnti della famiglia.

Tra i gruppi arrivati recentemente, che non beneficiano di una rete d'aiuto, alcuni devono pagare ogni mese un prezzo di soggiorno elevato, cosa che crea una pressione su tutti i membri della famiglia. I minori sono chiamati a contribuire e spesso, il tempo necessario per riunire questa somma ha per conseguenza un'assenza dalla scuola o l'indirizzamento verso attività pericolose (lavori penosi, mendicità fino ad ore tarde, furti, prostituzione). Per scappare da queste differenti forme di racket, le famiglie che non possiedono risorse che possano aiutarle, decidono di uscire dal gruppo, spesso andando ad abitare in alloggi estremamente precari ma gratuiti, quindi si rivolgono verso i servizi sociali al fine di ottenere un minimo di protezione sociale. A Parigi, diverse famiglie con bambini piccoli si sono installati sul piazzale delle gare du Nord all'inizio dell'inverno 2008 per non pagare più gli intermediari. Altri decidono di tentare la fortuna in altri paesi o ripartono per la Romania in attesa di nuove opportunità.

I sistemi legati alla Kamata [10] (sistema di debito) fanno pesare le loro minacce sulle famiglie e conducono a forme di sfruttamento molto violente per i bambini. Contrariamente ai prestiti classici i kamata più duri hanno per funzione di rendere totalmente dipendente una famiglia dal suo prestatore o altrimenti di confiscare la casa. Questo sistema si basa su tassi d'interesse esponenziali e la scelta di famiglie incapaci di rimborsare. La pratica della Kamata si ritrova soprattutto nelle regioni del sud e del sud-ovest della Romania. Si rivolge particolarmente verso popolazioni male informate che vogliono migrare. In alcuni villaggi a sud di Craiova, i kamatari (prestatori) propongono ai candidati alla partenza di prendersi in carico tutti i servizi legati alla migrazione: il trasporto, i documenti d'identità, l'alloggio nei paesi di destinazione. La famiglia che non pensava di pagare che qualche centinaia di euro per il suo viaggio si ritrova, dal suo arrivo in Francia, a dover rimborsare somme che possono raggiungere molte migliaia di euro. La durata di un prestito è di un mese, oltre, la somma raddoppia. Così, i kamatari mettono la famiglia sotto pressione creando una situazione di stress legata alla data del rimborso e alle minacce fisiche. I bambini sono spesso le prime vittime, obbligati a raccogliere i soldi con ogni mezzo, compreso il furto e la prostituzione nella più giovane età. Alla fine questo sistema prende la forma di una rete di sfruttamento senza che i kamatari corrano grossi rischi perché le famiglie sono partite volontariamente e le minacce rimangono quasi impossibili da provare [11].

Infine dal 2007, le associazioni e le autorità rumene constatano un sensibile aumento del reclutamento di minori direttamente in Romania ai fini dello sfruttamento sessuale o per lavoro. L'obiettivo privilegiato dei reclutatori sono le famiglie povere, che vivono in campagna, che non hanno le capacità di partire per l'estero e pochissimo informate sui rischi legati alla migrazione. Questi reclutatori utilizzano in maggioranza l'inganno [12] per convincere le famiglie ad accettare di affidare loro i bambini perché abbiano un futuro migliore nell'Europa dell'Ovest.

Strategie di autonomizzazione dei minori sfruttati

E' interessante osservare le differenti strategie messe in atto dai giovani per uscire dalle situazioni di sfruttamento [13]. Cominceremo questa presentazione con le strategie più pericolose per finire su percorsi d' inserimento molto meno problematici.

L'autonomizzazione tramite il gruppo dei pari. Questa strategia è comune ai minori che per diversi anni hanno praticato attività di furto o di prostituzione, sia prima della loro partenza per l'estero che al loro arrivo nel paese di destinazione. Secondo il loro percorso migratorio questi giovani tagliano i legami con la loro famiglia, le istituzioni (scuola, protezione dell'infanzia) e si alleano con dei compatrioti, incontrati per la maggior parte nel paese di destinazione e che praticano le medesime attività. Questi giovani ricostruiscono allora un sistema che gli è proprio per l'alloggio, l'alimentazione e le attività remuneratrici, ma precarie perché poco stabili. In funzione delle opportunità e degli incontri, sono portati a muoversi da un paese all'altro. Dopo diversi anni di queste attività, molti incontrano gravi problemi di sanità fisica e mentale. Alcuni continuano i loro percorsi nell'erranza, alternando delinquenza e soggiorni in prigione. Altri tentano di uscirne, sovente avvicinandosi alle istituzioni per regolare i problemi di sanità o riannodando i legami comunitari attraverso il matrimonio e/o dei figli.

L'autonomizzazione tramite il gruppo dei compatrioti. Qui si tratta di giovani migranti che sono riusciti a costruirsi una rete locale di conoscenze, non per forza molto importante, ma sufficiente per potersi piazzare come intermediario ed approfittare di questa posizione per ottenere una remunerazione. Questo può andare dalla "locazione" di uno stabile occupato ad altri compatrioti, alla messa in relazione con dei datori di lavoro, o la consegna di indirizzi per i servizi sociali. Con gli anni, queste attività possono svilupparsi più o meno nella legalità in un lavoro stagionale [14] presso padroni locali, l'acquisto di un minibus per trasportare persone, la creazione di un'impresa edile. O alternare le attività di sfruttamento dei compatrioti "affittando" terreni a diverse decine di famiglie, reclutando mano d'opera facile da sfruttare, prestando denaro a tassi d'usura.

L'autonomizzazione tramite l'inserimento nei paesi di destinazione. Si tratta di minori a rischio di sfruttamento, che hanno acceduto rapidamente ad una formazione nel paese di destinazione ed hanno ottenuto un diploma [15]. Questi ultimi si comportano allora come la grande maggioranza dei migranti, decidendo di lavorare nei paesi di destinazione o di mettersi in proprio inviando i soldi ai loro prossimi.

Il ritorno in Romania. Per una parte dei giovani, la disillusione quanto alle prospettive all'estero, la malattia o il decesso di un parente li decidono a rientrare in Romania. In funzione delle prospettive di reintegrazione nel sistema rumeno (scolarità, accesso all'impiego) e della situazione famigliare, il giovane rinvierà o meno il suo progetto migratorio. Molti scelgono alla fine un ritmo stagionale alternando i periodi all'estero ed in Romania.

Quanto alle ragazze vittime di sfruttamento sessuale, possono optare per la strategia di autonomizzazione tramite il gruppo dei compatrioti, ma in modo limitato prendendo una posizione più dominante nella rete (inquadramento di altre ragazze). La reale uscita dalla rete passa spesso per una protezione, tramite un'istituzione, che permetta un inserimento nel paese di destinazione o di origine.

A guisa di conclusione prenderemo una situazione incontrata che illustra i processi che conducono allo sfruttamento dei minori.

Il caso del villaggio rumeno "T" o l'illustrazione dei rischi legati al disimpegno dei pubblici poteri a livello europeo

Il villaggio T è relativamente povero ed isolato dagli assi principali. La maggioranza dei suoi abitanti avevano per mestiere la confezione di mattoni di terra. I cambiamenti economici hanno reso obsoleta questa specialità, gli abitanti, a corto di soldi, non hanno altra scelta che divenire giornalieri nelle vicine fattorie. Di fronte all'aumento del costo della vita ed al degradarsi del sistema scolare rumeno [16], i genitori decidono di non mandare più i figli a scuola, preferendo farli lavorare per rispondere al bisogno di soldi. I responsabili dell'impianto scolare lasciano fare, iscrivendo artificialmente i bambini per non avere problemi con i genitori e la loro gerarchia ministeriale. Queste famiglie sono in seguito "reclutate" da altri abitanti tornati dall'estero, che propongono loro di fare lavori agricoli in Italia meglio pagati. Numerose famiglie accettano ma alcune, senza soldi, contraggono prestiti presso i kamatari. Per rimborsare i debiti familiari, i bambini ed alcuni genitori si ritrovano a lavorare dalle 10 alle 12 ore al giorno in aziende agricole del sud Italia. Malgrado la giovane età di alcuni di questi bambini, nessuno segnala questa situazione alle autorità italiane di protezione dell'infanzia. Diversi minori sono poi inviati a Berlino e costretti a rubare o a prostituirsi per aumentare i guadagni o uscire dai debiti che raddoppiano ogni mese. Le autorità impiegano quasi 6 mesi per reagire con un'azione congiunta dei servizi sociali e della polizia e le attività per questi minori sono sempre più difficili. Il gruppo allora si sposta a Parigi, privilegiando la prostituzione dei minori (tra gli 11 e i 16 anni). Le autorità restano passive per molti mesi malgrado le segnalazioni delle associazioni...

Alla fine, si osserva che nell'insieme dei paesi europei attraversati da questo gruppo, malgrado la situazione inaccettabile, le autorità non hanno reagito per diverse ragioni:

  • accettazione della situazione per disimpegno massiccio dello Stato nel settore della protezione dell'infanzia (nell'esempio, il caso dell'Italia e della Romania),
  • rigidità dei sistemi di protezione che rendono tutto il dispositivo sperimentale molto lento da mettere in atto (nell'esempio, il caso della Francia),
  • azione della polizia maggiormente motivata per la preservazione dell'ordine pubblico che per la protezione dei minori (Francia e Germania),
  • difficoltà di cooperazione interistituzionale (Francia),
  • assenza di cooperazione europea di diverse istituzioni.

Anche se il fenomeno della tratta possiede cause strutturali difficili da risolvere, è sorprendente constatare che il grado di sfruttamento è amplificato dai vuoti istituzionali, tanto in Romania che nei paesi di destinazione. Questa osservazione può essere facilmente generalizzata a forme di sfruttamento similari che implichino altre nazioni.

Le disfunzioni elencate dal nostro esempio sono sfortunatamente molto rilevatrici delle intenzioni reali degli Stati europei per portare avanti effettivamente la lotta contro la tratta e sembrano ricordarci che la protezione delle vittime non debba limitarsi ai soliti discorsi, ma supponga scelte politiche o numerose risposte resteranno sempre da costruire.

[1] Sociologo, direttore aggiunto dell'associazione Hors la Rue (protezione dei minori dell'Europa dell'Est).

[2] Il numero dei Rrom in Romania oscilla tra i 400.000 dell'ultimo censimento ed i 3 milioni secondo le stime più alte. La cifra di 2milioni è quella spesso accreditata da organizzazioni come il PNUD (Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite ndr), la Banca Mondiale.

[3] Numerose imprese manifatturiere straniere si sono impiantate in Romania nei bacini d' occupazione i più toccati dalla disoccupazione, in particolare le imprese tessili LONE (assemblaggio di pezzi pre-tagliati all'estero) potendo far lavorare gli operai 12 ore al giorno, 6 giorni su 7.

[4] 1 gennaio 2001

[5] Mihail Dumitru, Dana Diminescu, Valentin Lazea, Dezvoltarea rurală şi reforma agriculturii româneşti, Aprile2004, http://www.cerope.ro/pub/study54ro.htm .

[6] Documento nominativo dove è annotata la durata del lavoro e la funzione. E' necessario per ottenere le indennità di disoccupazione, la pensione e serve a calcolo della retribuzione.

[7] Dana Diminescu: http://www.namediffusion.net/txtdana/mobilite02.html .

[8] Durante quasi 10 anni la Romania ha cercato una terza via tra economia pianificata ed economia di mercato, in particolare le ristrutturazioni in settori come l'energia, a differenza di paesi come la Polonia o la Repubblica Ceca, non hanno preso avvio che all'inizio del nuovo millennio.

[9] In Francia, l'accesso all'impiego per i Rumeni e i Bulgari è oggetto di restrizioni durante il periodo transitorio nel quale si trovano questi due paesi. In pratica, malgrado una lista di mestieri detti "in tensione" la procedura per un'assunzione resta lunga, complicata e variabile da un dipartimento all'altro.

[10] Dalla fine degli anni ottanta, alcuni Rrom del sud della Romania, particolarmente quelli provenienti dalla regione di Craiova, hanno convertito i metalli preziosi che possedevano in valuta straniera e si sono trasformati in prestatori. Il sistema bancario non era ancora realmente operativo e l'accesso alla valuta estera era estremamente limitato, così questi ultimi sono diventati inevitabili in particolare per gli imprenditori rumeni (in maggior parte non rom). Hanno preso il nome di Kamatari (i "tassi d'interesse" in serbo) o Dobandari (lo stesso significato ma in rumeno). Rapidamente hanno ammassato somme di denaro molto importanti e soprattutto hanno stabilito reti di conoscenza a tutti i  livelli di potere (economici, politici e giudiziari) mettendosi al riparo da qualsiasi prosecuzione. Il sistema con gli anni s'è perfezionato diventando praticamente senza rischi per i prestatori e sempre più remunerativo.

[11] BOT Malin, Mafia camatarilor, Humanitas, Bucuresti, 2004

[12] Si distinguono quattro metodi differenti di "reclutamento". Il più frequente è la promessa di un lavoro ben pagato all'estero. Talvolta, il reclutatore fa pagare la prestazione proposta (viaggio, alloggio e lavoro assicurato) all'arrivo, per essere più credibile o per fare del debito così contratto un mezzo di pressione successivo. Gli altri tre metodi sono la seduzione, un uomo si mette in concubinaggio con una ragazza per poterla portare all'estero e prostituirla, il rapimento o ancora il reclutamento di prostitute "sperimentate" in cerca di protezione di un ruffiano e di benefici supplementari. Fonte: compilazione di articoli della stampa locale rumena sintetizzata da J-P Légaut.

[13] Queste osservazioni sono state effettuate fuori dal mio lavoro da diversi anni presso l'associazione Hors la Rue che ogni anno incontra circa 250 nuovi giovani provenienti in maggioranza dalla Romania.

[14] Molti dei giovani avendo appreso la lingua e trovato un lavoro presso "padroni" durante il loro soggiorno optano, dopo aver messo famiglia, per un ritmo stagionale. Questo sistema offre numerosi vantaggi perché i bambini possono seguire una scolarità normale al paese ed i guadagni al'estero restano superiori alle possibilità in Romania.

[15] "Cosa sono diventati?", studio del Credoc coordinato da R. Bigot, riguardante 100 giovani passati dall'associazione Hors la Rue e l'ASE di Parigi. I risultati per i giovani che hanno accettato la sistemazione sono molto incoraggianti perché la grande maggioranza rinuncia alle attività pericolose o delinquenziali che praticavano prima, ed ottenendo qualifiche professionali in più del 90% dei casi.

[16] La ragione principale è legata alla debolezza della remunerazione dei professori il cui stipendio non basta sempre a coprire i bisogni di base. Così sono spesso obbligati a praticare altre attività parallele o preferiscono dimettersi per degli impieghi meglio remunerati.

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Di Fabrizio (del 14/04/2009 @ 08:51:58, in Europa, visitato 1684 volte)

Da Bulgarian_Roma

3 aprile 2009

Dieci famiglie rom della città meridionale di Plovdiv hanno dichiarato il loro desiderio di adottare recentemente bambini orfani dalla Palestina.

L'idea è venuta per primo ad Abdulsamen Veli del quartiere Stolipinovo di Plovdiv - abitato da circa 50.000 persone, per la maggior parte della minoranza.

Veli aveva visto in TV che circa 3.000 bambini palestinesi erano rimasti orfani dopo la campagna militare di Israele nella striscia di Gaza nel gennaio 2009.

Diverse altre famiglie rom di Stolipinovo hanno deciso di unirsi a Veli e sua moglie, ed hanno contattato l'Ambasciatore dell'Autorità Palestinese a Sofia. Le dieci famiglie hanno detto di essere pronte ad adottare gli orfani palestinesi, nonostante il fatto che la maggior parte di loro ha quattro o cinque bambini, ed il fatto che nel loro quartiere gli standard di vita sono più bassi della media.

Alla fine, l'Ambasciatore palestinese a Sofia ha ringraziato le famiglie rom per la loro buona volontà di aiutare gli orfani di Gaza, ma ha gentilmente rifiutato l'offerta dicendo che quei bambini sono il futuro della Palestina.

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Di Fabrizio (del 14/04/2009 @ 00:10:14, in media, visitato 1974 volte)

Da venerdì 17 aprile a sabato 23 maggio 2009
presso XYZ -spazio espositivo multidisciplinare per le arti applicate - Via Inferiore, 31 - 31100 TREVISO
info: info@c151.com 0422 1780383

Con la collaborazione di Mauro Raspanti e la Scuola di Pace (Bologna).
Fotografie di: Giorgio De Acutis (Roma), Fabio Del Piano (Roma), Valter Molinaro (Milano), Marco Donatiello (Torino), Eugenio Viceconte (Roma).

"Zingari d'Italia" una mostra dedicata alla libera condivisione delle immagini fotografiche.
Nel 2007, dopo l'omicidio di Giovanna Reggiani per mano di un abitante del campo nomadi di Tor di Quinto, si scatenata in Italia una massiccia campagna politica e mediatica contro la popolazione Rom e Sinta.
L'antico conflitto a bassa intensità contro gli zingari, da sempre percepiti come rappresentazione vivente del "corpo estraneo" -irriducibilmente asociale,"ostinatamente" diverso, insopportabilmente misero- esplode di colpo portando con sé un seguito di ordinanze di sgombero e interventi della pubblica autorità, accompagnati prima da un'attiva partecipazione dei mezzi di informazione con fotoreportages e articoli di sapore razzista-, poi da disgustosi atti di violenza della popolazione "civile" (incendi dei campi e aggressioni).

Durante questa campagna, ancora in corso, Giorgio_72, crea su Flickr un gruppo di condivisione fotografica chiamato "Zingari d'Italia".
Oggi, a due anni dalla sua nascita il pool del gruppo conta più di ottanta membri, fotografi professionisti, amatori e occasionali che regolarmente postano le loro immagini scattate nei campi nomadi.

Abbiamo deciso di metterle in mostra per riflettere su quanto il consumo di queste immagini, meno selezionate e meno funzionali alle esigenze di propaganda dell'editoria tradizionale, stiano cominciando a mutare radicalmente il nostro rapporto con la fotografia. "Zingari d'Italia" rappresenta un esempio di come la fotografia digitale e i suoi mezzi di diffusione virtualmente"illimitati e gratuiti" stiano mettendo non solo in crisi il reportage professionale, ma soprattutto stiano erodendo il nostro rapporto con l'immagine ottica.

Le immagini di "Zingari d'Italia", esposte assieme a una collezione di copertine illustrate sui settimanali italiani dal primo novecento al tardo dopoguerra, sembrano liberarci almeno un po' da quell'iconografia fantasiosa dello "Zingaro" romantico-nomade-criminale-asociale-subumano.

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Di Fabrizio (del 13/04/2009 @ 09:55:36, in casa, visitato 1718 volte)

Ricevo da Tom Welschen

Gipsy Roma quarter Sulukule: a part of human history (2009)
 in inglese e in turco, durata 27'22"

Niente... 1000 anni di storia zingara spazzati via in 1-2 ore. "Chi se ne importa... sono solo zingari che non fanno profitto per i business men e le autorità. Quindi,perché dovremmo rispettare questi Rom?" Questo il senso del trattamento di gente non così obbediente da parte delle autorità turche. Qualcosa rimarrà... non tutto è andato perso [vedere anche http://sulukulegunlugu.blogspot.com/ (in turco ndr)]. Ma il modo in cui le autorità trattano la gente di Sulukule è sintomatico di ciò che aspetta a tutti quanti non siano profittevoli ed obbedienti... E' tempo di attaccare insieme e far sapere alle autorità che non obbediremo più... faranno meglio a nascondersi...

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Di Fabrizio (del 13/04/2009 @ 09:44:02, in Italia, visitato 1362 volte)

Da Nebrodi e Dintorni

Messina, 9 aprile 2009 - Nei giorni di venerdì 17 e sabato 18 aprile, a Messina si terranno tre incontri dal titolo "ZINGARI E CITTÀ: diritti, solidarietà, accoglienza", organizzati dalla Caritas e dall’Ufficio Migrantes, organismi pastorali dell’Arcidiocesi di Messina Lipari Santa Lucia del Mela, in collaborazione con la Comunità delle Suore Francescane dei Poveri di Messina:

• Venerdì 17 aprile, dalle ore 10.00 alle ore 13.00, presso l’Aula Magna della Presidenza della Facoltà di Scienze Politiche (Piazza XX Settembre): incontro con l’Università di Messina;
• Venerdì 17 aprile, dalle ore 17.00 alle ore 20.00, presso il Salone delle Bandiere di Palazzo Zanca: incontro con la città;
• Sabato 18 aprile, dalle ore 9.00 alle ore 13.00, presso il salone delle Bandiere di Palazzo Zanca: incontro con le scuole.

Interverranno mons. Piero GABELLA, Presidente del C.C.I.T. - Comitè Catholique Internazional Tzigane, la dott.ssa Carlotta SALETTI SALZA, dell’Università di Torino e la dott.ssa Sabrina TOSI CAMBINI, dell’Università di Firenze, autrici della ricerca su Rom e Sinti, commissionata dalla Fondazione Migrantes.

Mons. GABELLA, che da anni vive in un campo nomadi, approfondirà il tema degli incontri "ZINGARI E CITTÀ: diritti, solidarietà, accoglienza", offrendo l’opportunità ai partecipanti di ascoltare la voce di una Chiesa che vive "dentro" il popolo degli zingari, un punto di vista, dunque, privilegiato, perché derivante da un’esperienza vissuta.

A seguire, la dott.ssa SALETTI SALZA e la dott.ssa TOSI CAMBINI illustreranno i risultati della ricerca, commissionata al Dipartimento di Psicologia e Antropologia culturale dell’Università di Verona ed articolata in due diversi studi: il primo, volto a verificare quanti bambini figli di rom o sinti siano stati dati in affidamento e/o adozione a famiglie gagé (così i romanì chiamano i non romanì); il secondo, già edito con il titolo "La zingara rapitrice. Racconti, denunce, sentenze (1986-2007)", incentrato sui presunti casi di tentata sottrazione di minori gagé da parte di rom.

I risultati illustrati sorprenderanno molti e dimostreranno come purtroppo spesso una società crea dei miti che rappresentano il contrario di quanto avviene nella realtà.

Per informazioni:
sr. Gabriella D’AGOSTINO cell. 347.1217590; fax 090.6684224; e-mail: sfpmessina@tin.it
diac. Santino TORNESI cell. 338.2017995; fax 090.6684318; e-mail: migrantes.me@tiscali.it

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Di Fabrizio (del 13/04/2009 @ 09:01:07, in media, visitato 1593 volte)

Da Roma_Daily_News

CivisMedia.eu

Lashi Vita è stato nominato per il Premio Televisivo Europeo CIVIS (Premio Media per l'Integrazione del Parlamento Europeo). Ci sono solo altri 3 nominati nella nostra categoria, selezionati tra centinaia di programmi televisivi di tutta Europa. La cerimonia di premiazione si terrà nel Parlamento Tedesco il 7 maggio. Il premio sarà consegnato dal Dr. Hans-Gert Pöttering.

Lisha Vita significa "bella vita" in un misto di lingua rom e di italiano, usato dagli immigrati rom in Italia. Questo documentario è stato girato ad agosto e settembre 2008 in Italia, dove l'uccisione nel novembre 2007 di una donna italiana da arte di un immigrato rom ha causato un'ondata senza precedenti di discorsi anti-Rom, politiche xenofobe e violenze razziali contro i Rom, reminescenza dei giorni più bui della storia europea.

La giornalista rom Katalin Barsony riporta l'esplosiva atmosfera di Napoli nel Meridione risalendo a Nord verso Roma. Una situazione esplosiva in cui la legislazione UE sui diritti umani sembra essere diventata irrilevante. In cui la libertà d'informazione è in pericolo come quando la troupe televisiva viene fermata dalla polizia a Roma (vedi QUI ndr). In cui la mutua paura sembra avere indirizzato un'intera nazione. Questo reportage girato in una delle più antiche e grandi democrazie in Europa, solleva serie domande sul significato di democrazia e sul ruolo della legge e le fragili basi in cui giacciono la civiltà europea e l'Unione Europea.

Grazie per tutto il vostro appoggio!

Katalin Barsony
Mundi Romani
www.mundiromani.com

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Di Fabrizio (del 12/04/2009 @ 09:28:52, in musica e parole, visitato 1866 volte)

Da Romanian_Roma

Un po' di musica per le vostre feste, Baxtali tumari Patradi!

- Si la kale bal (format MP3)
- Gelem, gelem (format MP3)
- Duj, duj, duj (format MP3)
- Amari si amari (format MP3)
- Nane coxa (format MP3)
- And-o vurdon (format MP3)
- Hej, rromalen (format MP3)
- Lenorrie, lenorri (format MP3)
- Mar, kadja (format MP3)
- Geli i chaj (format MP3)
- Sa o rroma (format MP3)
- Kothe tele (format MP3)
- Aven, rromalen (Hava Naghila) - Biboldikani gili (format MP3)

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