Rom e Sinti da tutto il mondo

Ma che ci fa quell'orologio?
L'ora si puo' vedere dovunque, persino sul desktop.
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Gli Zingari fanno ancora paura?

La redazione
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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 07/04/2014 @ 09:06:25, in Kumpanija, visitato 1587 volte)

Perdonami Gesù Perché anche a me fanno un po' ribrezzo gli zingari - RINO NEGROGNO, Sabato 5 Aprile 2014 ore 11.21

Perdonami Gesù perché anche a me fanno un po' ribrezzo gli zingari, ma non tutti, provo ripugnanza per il vino e la birra che i loro uomini bevono sin dall'alba, per gli zingari ubriachi, per la loro puzza di falsa libertà e, soprattutto, per il bivaccare degli uomini nelle piazze mentre attendono il malloppo delle loro donne coi loro sacchi di bambini. Perdonami Gesù perché non li posso proprio sopportare anche se, appena l'olezzo di disperde, penso che quegli ubriachi senza terra e senza voglia di lavorare, siano stati bambini pure loro e che loro non abbiano giocato e, al posto di giocare, abbiano vissuto l'odore del vino e del vomito, si siano cibati di finta anarchia e finto amore. Non hanno studiato, non hanno letto Sartre. Sai Gesù, molti restano scandalizzati per le donne coi bimbi ai crocevia che aspettano un milione di semafori rossi per chiedere l'elemosina, affermano attoniti di essere preoccupati per lo smog respirato dai bambini e che quindi bisogna cacciarli via perché non rispettano i loro figli. Mi commuovo di questa loro ansia e di questa loro circostanziata e straripante cristianità. Poi, però, non propongono soluzioni che salvaguardino quei bambini. Per loro, cacciarli via è una soluzione ottimale, come si dice, lontano dagli occhi lontano dal cuore. Ma tu Gesù, che sei in ogni luogo, se vanno via dai nostri semafori, li vedi ancora respirare smog altrove, mica si risolve così il problema vero?

Perdonami Gesù se sono così sfacciato e mi rivolgo a te così ma sono certo che a te non dispiaccia, al massimo dispiacerà ai tuoi seguaci che ti hanno forgiato a loro immagine e somiglianza, che vanno a messa la domenica e pensano possa bastare, sono sicuro che a te non dispiaccia, anzi, starai ridendo di me che scopro le mie carte senza bluffare, senza temere. Poi cerca di capirmi, mica posso parlare con Marx, anche perché Marx non perdona, non è così elastico, non fa come fai tu con i tuoi che gli permetti di confessarsi all'infinito, non dico senza pentimento, ma sicuramente senza aver capito. Marx, con quella fissa della uguaglianza sociale è irremovibile, vai a farglielo capire.

Comunque non voglio solo chiederti perdono, voglio anche ringraziarti Gesù. Grazie per avermi creato pieno di dubbi. Essere come mi hai fatto ha i suoi svantaggi certo, difficilmente riesco a trovate la soluzione ai problemi, quando ci sono quasi, quando mi sembra di intravederla, mi vengono mille dubbi, penso subito che la mia visione sia incompleta, personale, non tenga conto degli altri, della loro visione e allora torno indietro e ricomincio daccapo. Grazie anche per questo.

Per questa quaresima, oltre alle processioni, ai confratelli, alle cerimonie e ai politici fieri e ben vestiti dietro le processioni, ti prego di illuminarci e aiutarci a trovare una soluzione ai problemi più insormontabili.

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Di Sucar Drom (del 08/04/2014 @ 09:03:01, in Italia, visitato 2218 volte)

da RICONOSCIMENTO DI SINTI E ROM

8 aprile 2014 43° Giornata internazionale del popolo rom e sinto. Le associazioni dei Rom e dei Sinti lanciano la campagna nazionale per il riconoscimento giuridico della minoranza storico-linguistica rom e sinta in Italia

L'8 aprile cade la 43.ma ricorrenza del Romano Dives, la Giornata internazionale del popolo rom e sinto. In questa occasione la Federazione Rom e Sinti Insieme (formata da 29 associazioni che operano a livello locale, regionale e interregionale) e le associazioni Roma onlus, Romni onlus, FutuRom, Amalipé Romanò, Forum Campania Rom, Cittadinanza e minoranze, Antica sartoria rom, Theatre Rom, Museo del viaggio "Fabrizio De André" Isernia, Rom per il futuro, Gruppo di azione Rom Piemonte (Romano pala tetehara, Romano Ilo, Romano Buci, Rom e gagi insieme) Associazione Lumine lanciano la

campagna nazionale per la raccolta di firme su una legge di iniziativa popolare per il riconoscimento giuridico della minoranza linguistico-culturale rom e sinta italiana.
Rom e Sinti in Italia sono tra 150 e 170 mila, una cifra modesta rapportata alla popolazione italiana ma una minoranza significativa e soprattutto una minoranza con una propria identità linguistica e culturale. Insediati in Italia sin dal 1400 gli "zingari" sono la minoranza storica più svantaggiata e più stigmatizzata nonostante gli obblighi internazionali e comunitari dell'Italia e gli interventi di numerose organizzazioni internazionali come il Consiglio d'Europa, l'OSCE e l'Unione europea.

La partecipazione di Rom e Sinti alla vita collettiva con il proprio contributo umano e culturale è fondamentale per superare l'esclusione, la marginalizzazione di un popolo che ha attraversato secoli di discriminazione fino allo sterminio razziale e che non deve rimanere confinato nei ghetti fisici e spirituali, nei quali troppo spesso viene relegato all'assistenza e non alla propria responsabilità.
La campagna che le associazioni di Rom e Sinti avviano in rappresentanza delle comunità rom e sinte italiane vuole realizzare gli articoli 3 e 6 della Costituzione che prevedono: la pari dignità sociale e l'eguaglianza davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali; la tutela di tutte le minoranze linguistiche con apposite norme.

In questo modo si vuole superare il mancato riconoscimento istituzionale come minoranza che è causa della scarsa integrazione nella società e della marginalizzazione sociale ed economica.
Le associazioni rom e sinte rivolgono un appello alla cittadinanza, a associazioni, istituzioni perché aderiscano e sostengano questa campagna. Il riconoscimento della minoranza rom e sinta, della sua storia, della sua cultura, della sua identità accoglie Rom e Sinti nella comunità più generale insieme con tutte le altre identità che costituiscono il nostro patrimonio nazionale.

Grazie per l'attenzione


Per informazioni Tel. 3397608728 – E-mail: lexsintirom@gmail.com
Federazione Rom e Sinti Insieme: Nevo Drom, Upre Roma, Sinti Italiani Vicenza, Sucar Drom, Consulta Rom e Sinti di Milano, Museo del Viaggio "Fabrizio de André", Sinti Italiani Busto Arsizio, Thèm Romanò Reggio Emilia, Sinti Italiani Brescia, Sinti Italiani Milano Lambrate, Sucar Mero, Sinti Italiani Pavia, Sinti nel Mondo, Sinti Italiani Bologna, Sinti Italiani Prato, Romano Drom, Sinti Italiani Reggio Emilia, Romà, Sinti Italiani Verona, Nevo Drom Trento, Sinti Italiani Piacenza, Cooperativa Sociale Aquila, Sinti Italiani Piemonte, Cooperativa Sociale Aquila, Amici di Via Django, Cooperativa Labatarpe, Sinti Italiani Romano di Lombardia, Istituto di Cultura Sinta

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Di Fabrizio (del 09/04/2014 @ 09:01:02, in lavoro, visitato 2582 volte)

immagine da Didaweb-mediazione culturale

Vorrei fare ragionamenti magari antipatici, ma realistici, da continuare anche in seguito se ci fosse interesse sull'argomento.

Lo scorso gennaio veniva lanciato ANCHE in Italia il programma ROMED2-ROMACT. Qualche giorno prima, stavo parlando con una romnì, mediatrice scolastica, già sottopagata e che da qualche mese non riceveva nessuno stipendio. Forse ingenuamente, mi chiedeva come mai lei non fosse stata interpellata e chi potesse far valere i suoi diritti.

Partirò da queste due facce della stessa medaglia per alcune considerazioni:

  1. Cominciando con la mia amica: è mediatrice scolastica (non mediatrice culturale) da decenni. Per quanto abbia ormai una più che discreta professionalità, con le sue competenze non saprebbe ricollocarsi sul mercato del lavoro. Quindi è "condannata" ad un lavoro magari utile professionalmente, magari persino appagante per chi altrimenti sarebbe disoccupata.
  2. Ho conosciuto in passato mediatrici sanitarie (non mediatrici culturali), che da tempo, per esaurimento delle convenzioni, hanno smesso di esserlo. Nessuna è mai riuscita a "riciclarsi" nei campi sanitario - infermieristico - assistenziale. Incapacità loro, formazione professionale insufficiente, o il vecchi paradigma che se sei rom ti chiudono comunque la porta in faccia (al di là della tua preparazione o della tua motivazione)?
  3. La somma dei primi due punti da come risultato un quasi-lavoro, che rischia di mantenerti nel tuo ambito di sempre (che può essere il campo-sosta, o la consorticola politico-intellettuale del padrinato socio-assistenziale), e l'illusione di avere un ruolo sociale attivo nell'emancipazione del tuo gruppo (o quantomeno personale). Ma col passare del tempo, quella che potrebbe essere una palestra per affrontare la società esterna e passare ad un'occupazione che interagisca con la società maggioritaria, diventa una gabbia autoreferenziale e parimenti ghettizzante.

Il primo interrogativo è puramente STATISTICO: quanti Rom e Sinti che in passato hanno svolto ruoli (retribuiti) di mediatori, hanno mantenuto l'occupazione sino a oggi? Con quali risultati (personali e collettivi)? Se oggi non lo sono più, cosa fanno? L'attuale rilancio della figura dei mediatori (culturali o no), tiene conto dei risultati precedenti?

La seconda questione riguarda l'aspetto politico-economico: in queste politiche

  • il gagio (o il rom "gagizzato") è un CONSULENTE;
  • il rom o il sinto è un MEDIATORE.

Non è solo un gioco di parole: il CONSULENTE mercanteggia il proprio compenso (alto o basso che sia), il MEDIATORE no.

Ciò detto, qual è il compenso di un mediatore, quale il suo orario, quali i suoi compiti? Le ultime due domande, purtroppo, si prestano alle risposte più varie: i compiti ognuno li interpreta come crede, e anche l'orario finisce per essere una cosa discrezionale. Quanto al compenso, se torno alle figure conosciute in passato, per quanto in periodi meno caratterizzati dalla crisi odierna potessero far gola ad una popolazione il cui tasso di disoccupazione rimane il più alto in Europa, quanti di loro se la passavano meglio facevano comunque conto su altre fonti di ingresso. Dal punto di vista economico, la figura di mediatore non significava in alcun modo l'AUTONOMIA.

Per il momento, non entro nelle questioni dei compiti, della corresponsabilizzazione e della formazione professionale.

Il mio parere (ma discutendone sono disposto a cambiarlo) è che OGGI la mediazione culturale è un business per chi la propone, per chi organizza e gestisce la fase di START UP, piuttosto che un'opportunità lavorativa che porti all'emancipazione.

Noto anche che l'Italia, arrivando buon'ultima anche in questo caso rispetto ad altre esperienze europee, può scegliere tra scimmiottare quanto sta già accadendo altrove o viceversa provare a ribaltare questa deriva propria dell'Unione Europea.

Soluzioni? Non ne ho, ecco il senso del discutere. A pelle, proprio guardando quanto sta GIA' ACCADENDO in Europa, ho l'impressione che quei fondi potrebbero essere spesi meglio se dedicati ad una pragmatica politica di scolarizzazione e di formazione lavoro. Ma, anche qua, discutiamone.

Se qualche lettore si fosse, a torto o ragione, impermalosito, non avevo l'intenzione di provocarlo, anche perché quando ho avuto l'occasione pure io ho partecipato a programmi di mediazione.

Approfondimenti:

#mediazioneculturale #europa

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Di Fabrizio (del 10/04/2014 @ 09:09:56, in Italia, visitato 1678 volte)

di ZELJKO JOVANOVIC*, 08 aprile 2014 su Repubblica

Quando a New Orleans nel 1891 una turba inferocita, fomentata dall'indignazione dell'opinione pubblica, fece irruzione nel carcere e avendovi trovato undici appartenenti alla stessa etnia dei presunti rei, li sottopose a linciaggio. Erano tutti italiani. Nel vostro Paese di oggi i Rom sono bersagli di pregiudizi non dissimili da quelli che subirono, oltre un secolo fa, gli immigrati italiani negli Stati Uniti

ROMA - All'epoca fu una notizia da prima pagina. Un funzionario di polizia era stato ucciso e nove immigrati arrestati. I giornali accusarono i sospettati di essere "accattoni sfaticati" e "criminali violenti". Una turba inferocita, fomentata dall'indignazione dell'opinione pubblica, fece irruzione nel carcere, e avendovi trovato undici appartenenti alla stessa etnia dei presunti rei, li sottopose a linciaggio.

Tutte le vittime erano italiane. I fatti accaddero a New Orleans nel 1891, quando gli Stati Uniti erano in preda a un clima di crudele razzismo rivolto contro la recente ondata d'immigrazione proveniente dall'Italia. Quanto fosse profonda quell'ostilità lo si comprende da un editoriale del "New York Times", che elogiò il linciaggio considerandolo come un monito rivolto agli altri potenziali "delinquenti" italiani. Lo stesso Theodore Roosevelt, poi divenuto Presidente degli Stati Uniti, lo definì "una buona cosa". E adesso domandiamoci: contro chi si scaglia oggi più comunemente l'accusa di essere "accattoni sfaticati" e delinquenti? Contro chi si rivolgono certe aggressioni razziste mirate, in cui le vittime sono percosse e a volte persino uccise? Contro il mio popolo. Contro i Rom.

Razzismo e pregiudizi. Nell'Italia odierna, i Rom sono bersagli di un razzismo e di un pregiudizio non dissimile da quello che subirono, oltre un secolo fa, gli immigrati italiani negli Stati Uniti. Vediamo che trattamento riservano i media italiani ai Rom: è dominato da reportage sui pogrom anti-rom, come quello recente di Poggioreale, su reti criminali dedite al traffico di oggetti rubati e persino di armi. Naturalmente, sarebbe sbagliato negare che vi siano delinquenti fra i Rom. Ve ne sono, così come in ogni altro gruppo etnico; eppure oggi in Italia sono in molti a sostenere e a votare esponenti politici portatori di un messaggio di disumanizzazione e demonizzazione dei Rom.

La trappola dei campi col filo spinato. Ma vediamo anche quali politiche adottano le autorità italiane nei confronti dei Rom. Chi rientra nella categoria "nomadi" - è questo, infatti, il termine usato per definire i Rom e i Sinti - rischia di ritrovarsi intrappolato, insieme a migliaia di altri, in campi circondati da filo spinato, sorvegliati dalla polizia o da vigilantes privati; questi campi, finanziati col denaro dei contribuenti italiani - 86 milioni di euro solo per Roma tra il 2005 e il 2011, ricordano i tempi bui dell'apartheid. Impossibile trovare, nell'Europa odierna, un esempio peggiore di segregazione insita nelle politiche ufficiali dello Stato.

Lo stesso odio subito dagli italiani negli Usa. L'odio nei confronti dei Rom - lo stesso odio razzista di cui gli italiani immigrati in America furono vittime nel 1891 - si estende al di là dei confini dell'Italia. Secondo un rapporto pubblicato di recente, negli ultimi 12 mesi, circa un Rom su tre presenti in Europa è stato vittima di atti criminosi motivati dall'odio. Ciò costituisce una minaccia per tutti, indipendentemente dall'appartenenza etnica o dall'identità culturale di ognuno. Quel che conta è come si è percepiti, immaginati o definiti dagli altri; e su questo, nessuno ha il controllo assoluto.

La definizione di noi stessi. Il comportamento di certi italiani, e di certi loro governanti, nei confronti dei Rom non ha nulla a che vedere con la cultura dei Rom né con il loro comportamento. Insomma, il problema non sono i Rom, bensì quegli italiani, e quelle istituzioni dell'Italia, che vedono i Rom soltanto attraverso la lente dei propri pregiudizi e delle proprie idee errate sulla cultura Rom. Non parlo soltanto di rispetto della diversità o di protezione delle minoranze, ma di qualcosa che va molto più in profondità, qualcosa che ci riguarda tutti. Riguarda chi siamo noi come europei, cittadini della "civilissima" Europa, come ci definiamo con orgoglio. Riguarda la definizione che diamo di noi stessi, come esseri umani che sono stati vittime dell'odio in passato o potrebbero esserlo in futuro. Riguarda ciò che la nostra umanità significa davvero. I governanti europei che denunciano e sanzionano i crimini dettati dall'odio commessi fuori dai confini dell'Unione potranno farlo da una posizione moralmente inattaccabile solo se avranno fatto il proprio dovere in patria, così come meritano le loro nazioni "civili".

Le occasioni per l'Italia. Chi ha subito ingiustizie in passato è oggi nella posizione ideale per denunciarle. Il ricordo dei pregiudizi subiti dovrebbe mettere gli italiani in condizione di capire i Rom e tutti coloro che subiscono atti dettati dall'odio: africani, musulmani, ebrei, gay, immigrati dall'Europa centrale o dell'est. Così come ci sono voluti tanti leader americani per trasformare la società americana, sta ai governanti italiani trasformare l'Italia, e ai governanti europei trasformare l'Europa. Oggi hanno un'opportunità di farlo per l'Europa. La prossima presidenza italiana dell'Unione europea, le elezioni del nuovo Parlamento europeo a maggio, la designazione della nuova Commissione europea e l'approvazione della nuova finanziaria sono tutti momenti importanti per l'Italia. Il paese dovrebbe mettere a frutto quest'occasione di porsi alla guida degli europei per far sì che voltino le spalle all'odio.

Le Pen non può essere un alibi. Tutti i Le Pen, i Wilder, i Vona d'Europa non possono essere un alibi per fare di meno, anzi devono motivarci a fare di più. L'Italia dovrebbe cominciare con l'abbandonare la sua politica di rinchiudere Rom e Sinti in campi speciali: questa politica richiama l'apartheid e si è dimostrata ripugnante sul piano morale e insensata su quello economico. Se il presidente del Consiglio dei ministri italiano, Matteo Renzi, deciderà di cogliere quest'opportunità, contribuirà nel modo più profondo a rafforzare sia l'Italia che l'Europa. E' tempo che l'Italia, forte della consapevolezza del suo passato, si ponga alla testa di uno sforzo per costruire un'Europa in cui nessuno abbia a subire umiliazioni o persecuzioni a causa della sua identità.

* Zeljko Jovanovic è il Direttore del programma Roma Initiatives Office della Open Society Foundations

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Pubblicato: 08/04/2014 17:47, di Costanza Hermanin Analista politico, Open Society Foundations. Scritto con Miriam Anati, responsabile dei progetti sostenuti in Italia da Open Society Initiative for Europe, l'ala operativa di Open Society Foundations in Europa.

Qualche tempo fa, l'assessore agli affari sociali di una grande città italiana ci spiegò con malcelato orgoglio come avesse deciso di migliorare sensibilmente le condizioni di vita dei Rom nella sua città. Era riuscito a convincere il suo sindaco a includere nel piano di utilizzo dei fondi destinati dal Fondo Sociale Europeo alla città una considerevole somma per il miglioramento delle condizioni socio-sanitarie del campo nomadi. Vi era persino la possibilità che l'attuale campo fosse distrutto invece che bonificato, e che poco distante se ne costruisse uno nuovo composto da deliziose casette prefabbricate, in legno, con tutte le comodità, persino i bagni. Così finalmente i nomadi della sua città avrebbero vissuto in maniera dignitosa.

Più ci raccontava le sue intenzioni, più eravamo allibite. Questi, uomo di sinistra e portatore d'idee progressiste si era sì dimostrato disponibile ad un incontro, suggerito dalle associazioni locali, con noi in quanto rappresentanti della fondazione che più si è investita nella causa Rom in Europa negli ultimi vent'anni. Ma la presentazione dell'assessore, in totale buona fede, ci dimostrò chiaramente perché in Italia esiste un grave problema Rom, e perché, in assenza di un cambiamento di mentalità, nel quale tutti dovremo impegnarci, il problema è destinato a perpetuarsi.

La causa principale del problema Rom in Italia sono infatti i cosiddetti campi nomadi attrezzati, creati e gestiti con denaro del contribuente dalle pubbliche amministrazione. In molti paesi europei esistono quartieri ghetto, ma in nessun stato membro dell'UE vi sono villaggi creati dalle istituzioni appositamente per concentrarvi persone appartenenti a una singola etnia. Questa si chiama segregazione razziale, e persino la Commissione europea ha recentemente riconosciuto l'equazione "nomadi-Rom" celata dal linguaggio dell'amministrazione pubblica italiana. La segregazione è un comportamento vietato da tutte le norme internazionali del dopo-guerra. Ma in Italia è una pratica corrente.

Campi segregati solo per Rom esistono nella maggior parte delle città italiane. Li gestiscono cooperative scelte dalle amministrazioni locali, sulla base di contratti secondo i quali queste si occupano di tutto, dal sostegno alla scolarizzazione, alla raccolta dei rifiuti, alle telecamere di sorveglianza e alle guardie private che verificano i documenti di chi entra e chi esce. I campi sono perlopiù lontani dai centri abitati, senza alcun mezzo pubblico che permetta ai residenti di raggiungere facilmente una scuola o un posto di lavoro. Il conto per le amministrazione pubbliche è salato. Una ricerca di Lunaria ha calcolato che, nella sola città di Roma, la gestione dei campi nomadi sia costata al contribuente 86 milioni di euro tra il 2005 e il 2011.

Perché abbiamo campi etnicamente segregati in Italia? Tre le risposte più comuni.

In primo luogo, secondo le amministrazioni pubbliche, perché Rom e Sinti sarebbero nomadi, e avrebbero quindi bisogno di aree di sosta dove parcheggiare i caravan e restare temporaneamente, in attesa di partire per altri lidi. Secondo autorevoli studi scientifici, tuttavia, il nomadismo è oramai un fenomeno limitato al 3% dei Rom. A parte qualche giostraio - che pur non viaggia 365 giorni l'anno e ha una casa dove torna regolarmente per lunghi periodi - non c'è quasi nessun Rom o Sinto volontariamente nomade ai giorni nostri in Italia. I "campi attrezzati" italiani, inoltre, sono luoghi di abitazione permanente. Le case nei campi sono baracche o container, che nulla hanno a che vedere con abitazioni amovibili.

Una seconda spiegazione data per l'esistenza dei campi è la 'pericolosità degli zingari' - convinzione diffusa a tal punto dal determinare, solo pochi anni fa, l'adozione di un' 'emergenza nomadi'. Utile dunque concentrarli per sorvegliarli. Ma se viviamo in un paese di diritto, e se la legge è uguale per tutti, perché non lo è anche per loro? Se un Rom commette un reato deve essere trattato di conseguenza. Ma dalla fine della shoah e dell'apartheid, è internazionalmente vietato attribuire a un gruppo il comportamento di singoli.

Una terza e ultima spiegazione è che i Rom avrebbero una cultura diversa: desidererebbero stare tra loro e non mischiarsi agli altri. Si tratta in questo caso di pregiudizi belli e buoni, frutto di ignoranza o razzismo, come dimostrano le storie di tutti quei Rom fedeli alle proprie tradizioni culturali, che lavorano, pagano regolarmente il mutuo, vivono in appartamenti, e i cui figli si laureano. Ma che rimangono per la maggior parte invisibili, preferendo nascondere la propria identità per timore d'insulti e discriminazioni.

Tornando al nostro assessore, il nostro stupore proveniva dall'insistenza a voler segregare in un 'campo nomadi' persone che nomadi non sono. E anche dalla convinzione che un campo malsano è vergognoso, ma un campo per soli Rom lucido e stirato a nuovo va bene. I fondi Europei per il risanamento o la ricostruzione dei campi Rom della città non sono mai stati stanziati. Un criterio di base per la spesa dei fondi strutturali dell'UE è infatti la non-discriminazione su base etnica.

L'Italia ha una delle popolazioni Rom più circoscritte d'Europa, circa 170 000 individui, ossia lo 0,3% della popolazione italiana (in Romania sono 2 milioni e mezzo e 800 000 in Spagna). Si tratta per la maggior parte di cittadini italiani, presenti sul territorio a iniziare dal quindicesimo secolo. Oppure di immigrati in regola, arrivati di recente, in ondate successive, da ex-Jugoslavia, Romania e Bulgaria. Immigrati irregolari non potrebbero d'altronde stare in campi attrezzati e ricevere i servizi delle cooperative che li gestiscono.

Nonostante il numero ridotto, le politiche d'inclusione sociale della popolazione Rom in Italia sono state fallimentari. Con il risultato che la stragrande maggioranza dei Rom presenti nel territorio vive in condizioni di estrema emarginazione sociale ed economica, perdendo di conseguenza ogni interesse a essere parte attiva e costruttiva della società circostante.

E' tempo di proibire la pratica dei campi segregati in Italia. I soldi pubblici che servono a mantenerli possono essere usati per integrare i residenti dei campi tramite supporti all'impiego, all'abitazione e alla scolarizzazione, in vista di un avviamento verso l'autonomia. Vi sono persone che compiono questo cammino in maniera autonoma. Ma sia tra i Rom che tra i non Rom, non tutti ne hanno la forza. I fondi pubblici dovrebbero essere usati per questi, non per discriminare e segregare.

L'otto aprile è la giornata internazionale dei Rom e dei Sinti. Usiamo quest'occasione per fare un esame di coscienza e aprire un nuovo capitolo nelle nostre relazioni con i Rom, che faccia onore a tutti. Solo così si renderà dignità e rispetto ai Rom, e alla società italiana che li ospita al proprio interno.

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Di Fabrizio (del 12/04/2014 @ 09:04:51, in media, visitato 1880 volte)

Come l'anno scorso mi verrebbe da dire: ma almeno un giorno (che poi sarebbe proprio la giornata internazionale ecc. ecc.) non si può stare in pace e godersi la festa?

Ci sono volute 24 ore per pensarci bene, e la decisione del sindaco di Roma di eliminare dai documenti la parola "nomade" per il più politicamente corretto "Rom, Sinti e Caminanti", ha scatenato il solito mercato dove ognuno raglia la sua.

Almeno si leggessero cose intelligenti... Capito su un MAGAZINE ONLINE DI POLITICA E CULTURA (o mammamia!) che da la colpa al sindaco (poraccio) di un lungo elenco, oltre metà dell'articolo, di malfunzionamenti della città, per dirgli alla fine che dovrebbe pensare a quelle cose lì, non a giocare con le parole... altrimenti si iscriveranno all'anagrafe di un'altra città (BUM!)

A parte il fatto che (opinione personale, ma non ditelo a nessuno) preferirei che il sindaco continuasse a usare la parola "nomadi", ma smettesse con gli sgomberi che non rispettano i trattati sottoscritti, e magari si desse da fare per eliminare quei lager a cielo aperto che sono i mega-campi voluti da Alemanno, ma finanziati anche dalla nuova giunta... per quel che capisco di Roma quei malfunzionamenti ci sono da decenni, imperturbabili ai cambi di maggioranza. Devo tornare a metà anni '70, con Argan e Petroselli, per ricordare un primo cittadino, come si dice "sul pezzo" (ma forse i miei sono abbagli di gioventù).

E, termina il pezzo del MAGAZINE di sopra, che a questo punto loro useranno il termine, noto e stranoto, di ZINGARI. Vorrei chiedere il parere ai miei amici attivisti nonché antirazzisti, capire se sia ignoranza o proprio voglia di prendervi in giro, visto che sono quasi 40 anni che quel termine viene rifiutato dalle elite rom e sinti europee, e almeno una quindicina (si sa, quasi sempre ultimi ma arriviamo anche noi) da quelle italiane.

Poteva mancare il parere di Fabrizio Santori? Il ragazzo, per come ho imparato a conoscerlo, è una specie di "Matteo Salvini de Roma", saprebbe anche fare dei ragionamenti, ma non vuole correre il rischio di intellettualismi strani, meglio scimmiottare l'encefalogramma piatto della gggente. Suo comunicato su Facebook, ripreso poi da Agenzia Parlamentare: sembra che oggi siano queste le modalità comunicative. Però, mi fa specie che la stessa Agenzia Parlamentare riporti "ennesima inutile iniziativa" fuori dalle virgolette, come se facesse proprio il giudizio del consigliere.

Chi manca, come al solito? I diretti interessati, e vai a capire se è perché della cosa gliene importa poco, o perché nessuno sente l'elementare bisogno di parlare con loro. E anche qua, vorrei chiedere cosa ne pensano ai soliti amici di sopra, ma chissà se risponderanno.

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Di Sucar Drom (del 13/04/2014 @ 09:02:07, in blog, visitato 1683 volte)

Espelli il razzismo dal calcio
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Di Fabrizio (del 14/04/2014 @ 09:03:31, in Europa, visitato 1866 volte)

(flickr/ Massimiliano) - Daniela Mogavero 8 aprile 2014 su Osservatorio balcani e caucaso

Il quadro delle politiche sociali romene in un'intervista al commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa Nils Muižnieks: tutela dei minori, integrazione delle minoranze e il profilo dell'estrema destra sull'orizzonte delle prossime elezioni europee

La situazione dei minori, dei rom e dei disabili in Romania ha dei lati molto oscuri. Passi avanti sono stati fatti, ma "c'è ancora molto lavoro da fare". Parola di Nils Muižnieks, commissario per i Diritti umani del Consiglio d'Europa, che la settimana scorsa, durante cinque giorni di visita in Romania, ha esaminato i dossier con le autorità romene e ha visitato di persona alcune delle strutture dedicate a orfani e disabili. A preoccupare il commissario sono soprattutto l'esclusione sociale, le condizioni socio-sanitarie in cui versano decine di migliaia di minori e i reati d'odio razziale. Ma ci sono anche segnali positivi, soprattutto nel settore dell'inclusione sociale della comunità rom.

Secondo l'ultimo studio pubblicato dall'Unicef sulla situazione dei minori in Romania, il paese detiene la terribile maglia nera per il primato di bambini abbandonati: la principale causa è la povertà che porta con sé disoccupazione, mancanza di cure adeguate e di un alloggio decente.

    Nils Muižnieks

    Quello che mi preoccupa di più è come sarà ridisegnato il Parlamento europeo con l'ingresso massiccio di queste forze estremiste. Ad essere danneggiata potrebbe essere la stessa Unione europea e il suo lavoro sulle politiche di immigrazione

"In Romania non c'è una sola categoria di minori in pericolo, esistono diversi sottogruppi. Da un lato gli orfani, i minori disabili, i bambini di strada, 1.000 solo a Bucarest e altri 5.000 nel resto del paese, e poi ci sono i figli di coloro che hanno dovuto lasciare la Romania per andare a lavorare all'estero e anche circa 500 che si trovano nelle strutture di detenzione - ha spiegato in un'intervista a Osservatorio Balcani Caucaso il commissario Muižnieks - tutti questi sottogruppi sono altrettanto vulnerabili e meritevoli di attenzioni. Un primo passo molto positivo che è avvenuto appena dieci giorni fa, poco prima della mia visita, è stata la riapertura dell'Autorità nazionale per la protezione del bambino, che era stata chiusa nel 2010 per mancanza di fondi. E' il primo passo, ma c'è ancora molto lavoro da fare".

Nel corso della sua visita il commissario ha visitato anche un orfanotrofio a Tancabesti, nei pressi di Bucarest. La struttura ospita 50 minori, tra bambini, adolescenti e in alcuni casi disabili. "Isolare minori con disabilità negli istituti porta al peggioramento delle condizioni sanitarie e alla loro esclusione sociale - ha sottolineato Muižnieks - con la reclusione in queste strutture si continua a stigmatizzarli e emarginarli, in violazione della Convezione ONU dei diritti dei disabili, a cui la Romania si deve attenere. Bisogna promuovere l'uscita dalle strutture sanitarie e nel contempo l'autonomia di queste persone per superare pratiche incresciose".

Gli orfani dell'UE
E poi ci sono "gli orfani dell'UE", così il commissario definisce quei minori lasciati nel Paese d'origine dai genitori che sono andati a lavorare all'estero, una categoria non meno vulnerabile e che esce fuori dagli schemi dell'assistenza dei minori: "Non è un fenomeno solo romeno, anche se nel paese sono 80mila i minori che vivono senza genitori perché emigrati per lavoro. Hanno problemi psicologici, un alto tasso di abbandono scolastico e non esistono misure studiate per proteggerli. Per questo voglio sollecitare le autorità affinché rafforzino il sostegno a questi bambini che sono fortemente colpiti dall'assenza dei genitori".

Di questi 80mila, circa 20mila hanno entrambi i genitori all'estero, secondo le ultime stime del governo romeno e quindi vengono lasciati alle cure dei parenti o in alcuni casi anche affidati a altre famiglie o a istituti. Alcuni scappano e entrano a far parte di un altro dei sottogruppi individuati da Muižnieks, quello dei bambini di strada "che vivono in condizioni di degrado a Bucarest e in altre città. Per questo ritengo positivo il piano del ministero della Sanità per la creazione di centri di assistenza medica. Ma per evitare che questi bambini diventino preda della delinquenza o del traffico di esseri umani è necessario che Bucarest migliori e velocizzi le pratiche per le adozioni". I minori che si trovano negli orfanotrofi romeni sono in media 60mila.

La minoranza rom

Un altro dei fronti di interesse e impegno nell'ambito dei diritti umani è quello legato alla comunità rom, che in Romania è una delle minoranze più grandi, con circa due milioni di persone, ma anche una delle più discriminate e emarginate socialmente. "Una parte della comunità rom è ben integrata, ma c'è una grossa fetta che resta ai margini. Da parte delle autorità romene - ha assicurato il commissario - c'è un grosso impegno a lavorare per l'integrazione. Il progresso più marcato è stato realizzato nel settore dell'istruzione: molti rom finiscono le scuole dell'obbligo e frequentano l'università. E anche se il tasso di abbandono scolastico è ancora troppo alto, il 36%, e più del doppio rispetto a quello dei minori non rom, è comunque significativamente diminuito".

    Romano Dives
    Oggi, 8 aprile, si celebra in tutto il mondo la Giornata internazionale "Romano Dives" (Giornata di rom e sinti) riconosciuta nel 1979 dall'ONU grazie alle attività e alle pressioni dell'Unione mondiale di rom e sinti fondata a Londra nel 1971 (poi divenuto IRU - International Roman Union). La Commissione europea ha avviato fin dal 2010 precise politiche dedicate all'integrazione dei rom e sinti nei paesi membri, che hanno portato all'approvazione della Risoluzione denominata 'Strategia europea sull'integrazione dei rom' poi adottata dal Consiglio. In essa si stabilisce che a tutti i rom devono essere garantiti standard minimi in materia di accesso a occupazione, educazione, alloggio e assistenza sanitaria. Nell'Ue vivono circa 12 milioni di rom dei quali la maggioranza in Romania e Bulgaria.

Inoltre nel 2013 le autorità romene hanno censito 5.000 bambini rom e 30.000 adulti: "Bisogna continuare sulla strada per garantire i diritti di accesso ai servizi sanitari e d'istruzione, puntando sullo sviluppo dei mediatori socio-culturali. Un fiore all'occhiello della Romania, ma con la crisi, le misure di austerità e la decentralizzazione la metà dei mediatori non fa più questo mestiere, con il rischio di perdere una grande risorsa per il paese".

Muižnieks non vuole tralasciare, però, un punto fondamentale del suo mandato: la lotta contro i reati d'odio. "Pur apprezzando il lavoro del Consiglio nazionale per la lotta alla discriminazione, sono molto preoccupato dal fatto che le autorità romene sembrano sottostimare l'incidenza dei crimini legati all'odio razziale nel paese e che hanno come vittime principali i rom - ha dichiarato il commissario - nonostante i media e le organizzazioni non governative denuncino questi episodi, nel 2013 nessun caso è finito in tribunale, questo non rispecchia la realtà. Bisogna porre molta attenzione agli incitamenti al razzismo e ai crimini d'odio e dare la necessaria formazione alle forze dell'ordine affinché sappiano riconoscere e sanzionate questi reati legati al razzismo".

Le elezioni europee
Un tema, quello del razzismo e della xenofobia che si lega in modo indissolubile con le prossime elezioni europee, soprattutto dopo i risultati delle elezioni amministrative francesi che hanno visto la crescita della destra estremista, come dimostrano anche i sondaggi condotti in altri paesi UE.

"Più che dai sondaggi sono preoccupato da quello che potrebbe accadere alla democrazia dopo le elezioni europee - ha sottolineato Muižnieks - con l'approssimarsi del voto in molti paesi membri la destra estremista sta portando avanti campagne contro l'immigrazione o i rom: ci sarà un dibattito pieno di veleni su questo tema. Ma quello che mi preoccupa di più è come sarà ridisegnato il Parlamento europeo con l'ingresso massiccio di queste forze estremiste e di come verranno condotti i dibattiti. Ad essere danneggiata potrebbe essere la stessa Unione europea e il suo lavoro sulle politiche di immigrazione".

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Di Fabrizio (del 15/04/2014 @ 09:05:49, in Kumpanija, visitato 1807 volte)

Il gagio pensa che un rom è abituato e forse ce l'ha nel sangue.

...scaldarsi con la legna d'inverno, non avere acqua per bere e lavarsi quando fa caldo. Si comincia così da bambini, noi e loro: differenti.

E di rimando, se si vive così (ma si può vivere così?), il rom impara che non ha bisogno di un lavoro, della scuola, della casa, delle amicizie con chi non è rom come lui. Ci fanno il callo e sembrano così forti. così alteri. Da trattare come cose, non come persone che hanno le stesse esigenze nostre, cioè tue, mie, dei nostri figli e dei nostri cari.

Arrivano i 40 anni e tutta quella forza dov'è finita? Quello che era il ragazzo più resistente del mondo è conciato da sbatter via. L'unica sua medicina, la bottiglia.

Ma forse, non è neppure quello ciò che ti ammazza. Ne ho visti di malandati che coi denti si aggrappano alla vita. E' che dopo una vita del genere comincia a mancare il rispetto per se stessi. Chiamala cultura, norme morali, autoconsiderazione... Quella perdita ammazza più della malattia e della fame.

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Di Fabrizio (del 16/04/2014 @ 09:06:37, in lavoro, visitato 1968 volte)

Chiedevo pareri settimana scorsa. Ho raccolto qualche MI PIACE su Facebook e basta, come va di moda in questi periodi di afasia, in cui tutti ci sono, ma ancora non hanno capito perché. Più articolato un tweet da U VELTO:

    @info_mahalla @Ass_21_luglio noi siamo convinti della bontà del progetto, ma le questioni poste dovrebbero portarci ad una seria discussione

che comunque non fornisce molti elementi.

Così il sospetto è che queste prime (chiamiamole) risposte, siano il corrispettivo di un PAT PAT sul testolone: Bravo ragazzo, ma perché non parliamo delle solite cose trite e ritrite? Facciamo finta di niente, e tra un po' nessuno si ricorderà niente. PILLOLA ROSSA o PILLOLA BLU?

Allora ci riprovo, che al solito mi tocca da fare tutto da solo. Al mio autismo aggiungo un po' di peperoncino, quello tipico di Mahalla, vedendo se qualcuno si sveglia.

Io credo che la questione della mediazione abbia assunto un aspetto MERAMENTE CULTURALE, e vada riportata coi piedi per terra per evitare fallimenti o fraintendimenti futuri.

Il primo dato di fatto, era il SOSTANZIALE ESAURIMENTO delle politiche di mediazione del passato. Tra gli aspetti di questa crisi:

  • l'abbandono a se stessi dei mediatori passati;
  • lo svilimento del ruolo, che non avendo mai avuto competenze e orari ben definiti, non si è mai tramutato in una professione, né tantomeno ha generato introiti interessanti per i mediatori, che quindi hanno finito per vederlo come una soluzione (personale) di ripiego.

Il fatto che non sia facile avere un quadro del destino, della storia di questi mediatori, e nel contempo un bilancio dei risultati ottenuti, mette un'ipoteca su come continuare.

L'altro aspetto critico è che questi mediatori, chiusi in un ruolo ibrido che nel mondo del lavoro è difficilmente classificabile, in passato erano soprattutto persone mature di riferimento per la comunità, oggi vanno caratterizzandosi come giovani rom e sinti, che potrebbero entrare nel mondo degli studi (da quelli primari a quelli universitari) e del lavoro.

IMPORTANTE: non è solo un parametro economico. In che ambiti opera un mediatore? Lui per prima vive la ghettizzazione, nel campo e con i suoi abitanti, e rapportandosi col mondo esterno solo attraverso figure di riferimento altrettanto mediate. Un muratore, un facchino, ma anche uno studente, non solo hanno più possibilità di carriera, ma sono obiettivamente meno isolati dalla società maggioritaria (e reale).

Però, anche se si ripete che occorrerebbe investire in istruzione e formazione lavoro, da tempo s'è formata una strana alleanza tra burocrati europei e autonominatisi rappresentanti di rom e sinti (che questi rappresentanti siano gagé, come nel passato, o rom e sinti come sta succedendo ultimamente, non cambia la logica). Un effetto collaterale di questastrana alleanza, è che la mediazione da luogo a congressi, convegni, tavole rotonde...  La mediazione diventa un po' come l'università nella società nostra: non più un trampolino verso un miglioramento personale e sociale, ma parcheggio per giovani che il mercato del lavoro non può e non vuole assorbire (o non sa come farlo).

Tutti questi aspetti mi portano a concludere che l'opportunità non sta nella carriera di mediatore culturale, ma nell'organizzazione dei corsi e di tutta la campagna per formare queste figure perché, se ormai abbiamo imparato che i campi-sosta sono ghetto e business, dovremmo coerentemente dare un occhio ad altri aspetti similari dello zingarificio italiano ed europeo.

Ciliegina finale: candidata alle elezioni europee troviamo proprio la responsabile italiana di ROMED2-ROMACT, e allora questa candidatura potrebbe essere meno folkloristica che nelle tante volte passate, anche se da scommettitore non sarei sicuro che Tsipras possa essere il cavallo più adatto alla corsa verso Bruxelles.

Ne riparliamo settimana prossima, se il peperoncino di Mahalla non è bastato si può sempre aumentare la dose. COME SEMPRE, SENZA OFFESA.

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