Rom e Sinti da tutto il mondo

Ma che ci fa quell'orologio?
L'ora si puo' vedere dovunque, persino sul desktop.
Semplice: non lo faccio per essere alla moda!

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siamo amici da quasi 50 anni, una vita! Per gli amici, questo e altro! Se passate di li', fategli un saluto da parte mia...

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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 08/11/2013 @ 09:02:54, in media, visitato 1521 volte)

Un anno contro l'antiziganismo - Sfoglia il calendario --- Acquista il calendario

Martedì, 22 ottobre, 2013 - Talvolta basta un incontro, uno sguardo, una parola per abbattere le spesse barriere che ci separano fisicamente e idealmente dalle famiglie rom che abitano le periferie delle nostre città.

Il Calendario 2014 "Un anno contro l'antiziganismo" ci aiuta, con gli scatti di Davide Bozzalla e la poesia di Paul Polansky, a combattere, mese dopo mese, l'antiziganismo che abbiamo ereditato dalla storia, che scorre nelle vene della società e che ne condiziona i pensieri, alimentando stereotipi e pregiudizi diffusi.

  • Acquista il Calendario 2014 dell'Associazione 21 luglio e trascorri con noi dodici mesi all'insegna dei diritti umani!

Il ricavato della vendita servirà a finanziare la ristrutturazione e le attività del Theatre Roma (Teatro Rom) di Shuto Orizari, quartiere alla periferia di Skopje, in Macedonia, e unica municipalità rom al mondo.

Riconosciuto ufficialmente nel 2000, il teatro debutta con Dog Years di Günter Grass, spettacolo teatrale pluripremiato messo in scena nel 2001 a Stenkovec 2 e Dare Bombol, campi profughi per rifugiati rom ai confini con il Kosovo. Un teatro di impegno civile che attraverso la promozione della cultura e della lingua romanes intende "parlare dei rom parlando dell'uomo".

Pratica teatrale autofinanziata e forma di resistenza culturale in direzione ostinata e contraria, verso il sogno di un Teatro Nazionale Rom. Nel 2009 l'incontro fra la comunità di Shuto Orizari, il Theatre Roma e la compagnia italiana Teatrino Clandestino porterà in scena il progetto OpenOption, esperienza umana e teatrale raccolta in Confini Diamanti. Viaggio ai Margini d'Europa, ospiti dei rom, reportage narrativo di Andrea Mochi Sismondi.

Da oltre due anni, tutte le attività sono ferme per mancanza di fondi. Insieme potremo far sì che il Theatre Roma torni a vivere e continui a esercitare la sua necessaria funzione civile, culturale e sociale! GUARDA LE FOTO DEL TEATRO (COM'ERA PRIMA E COM'È OGGI)

  • DONAZIONI MINIME:

1 calendario: 7 euro, con consegna a mano
1 calendario 10 euro, con spedizione postale

5 calendari: 30 euro, con consegna a mano
5 calendari: 40 euro, con spedizione postale

10 calendari: 50 euro, con consegna a mano
10 calendari: 70 euro, con spedizione postale

Puoi scaricare una versione digitale in pdf del calendario a 3,5 euro su LULU.com

  • COME ACQUISTARE IL CALENDARIO:

Invia una email a segreteria@21luglio.org, specifica il numero di calendari richiesti e i dati per la consegna postale (nome, cognome, indirizzo). Oppure, se sei a Roma, ti consegneremo il calendario direttamente di persona!

Per effettuare il pagamento, puoi utilizzare le seguenti modalità:

Bollettino postale al conto n. 3589968 intestato ad Associazione 21 luglio;
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Di Fabrizio (del 09/11/2013 @ 09:07:37, in conflitti, visitato 2184 volte)

Domanda oziosa: perché non avevo scritto niente sul "regolamento di conti" avvenuto davanti all'ospedale san Raffaele mercoledì scorso? Eppure, conosco e frequento quella comunità dalla fine degli '80. Conoscevo bene tanto la vittima che chi ha mollato il colpo di spranga mortale.

A parte il dolore che mi ha toccato personalmente, son rimasto zitto per due ragioni:

  1. perché c'è tuttora il rischio per altre famiglie (donne, anziani e bambini, intendo);
  2. perché ancora, nonostante oltre vent'anni di conoscenza, ho il timore di non aver capito bene cosa sia successo e cosa possa succedere.

Per questo, quando venerdì ho letto su il Giornale: Rom ucciso all'ospedale Ecco come è nata la faida mi son stupito che qualcuno potesse spiegarmi tutto ciò. Tanto più perché l'autore, un certo Enrico Silvestri, in via Idro è un perfetto sconosciuto, e quindi immagino abbia delle fonti riservate e sorprendenti.

Purtroppo, la ricostruzione del giornale è una delle cose più orribili (e forse in malafede) che mi sia mai capitato di leggere. Partendo da un fatto di cronaca quel foglio aggiunge tutta una serie di particolari senza verità e senza uno straccio di prova. Vediamone solo alcuni:

  • Motivo del contendere... si parte dal descrivere la situazione come generata da rivalità tra clan. Che esisteva, ma non aveva impedito che le due famiglie vivessero fianco a fianco da anni, e che addirittura la vittima fosse il padrino del ragazzo che l'ha colpito. Insomma, qualcosa si è guastato nel tempo e Enrico Silvestri ignora cosa sia successo. Posso dirlo io: la famiglia di Marco De Ragna (che forse hanno aggredito Luca e i suoi) aveva sì subito un altro attacco ad inizio anno, sempre da alcuni Braidic, ma di un altro gruppo. Scappato in fretta e furia, aveva perso i risparmi di una vita. Ha vissuto quasi un anno in una roulotte scassata, col comune che continuava a ripetere che l'avrebbe aiutato, senza fare assolutamente niente. Non lo giustifico, neanche se è un amico, ma capisco che vivere in quella situazione può portare ad un epilogo tragico come quello di mercoledì scorso.
  • La convivenza sempre più difficile, gli interventi non fatti in via Idro, risalgono e sono stati denunciati da una decina d'anni, passando tra diverse amministrazioni. L'ultimo intervento, lo ricordava proprio Il Giornale, fu nel 2005, a cui segui un lento abbandono bipartisan. Come quando si lascia degradare un condominio, l'abbandono si è tradotto in condizioni sempre più bestiali, in quello che sino alla fine degli anni '90 era un campo considerato modello di convivenza. Singolarmente, nel capitolo precedente (e viene ripetuto alla fine) sembra che l'articolista in questa storia veda un'irresponsabilità della Consulta Rom e Sinti. quando questa accusa le varie amministrazioni di abbandono. D'altronde, è più facile accusare i Rom di essere bestiali, piuttosto che di essere tenuti in bestiali condizioni di vita.
  • Continuo a chiedermi quale siano le fonti di questo Enrico Silvestri, perché volendo mostrare di conoscere la questione, inanella una serie di errori descrivendo particolari che non c'entrano con la cronaca. Via Idro ... nato oltre trent'anni fa è dell'estate 1989 (24 anni), è sempre stato abitato da Rom Harvati (e non da Sinti) e non hai mai visto 600 presenze, attestatesi negli anni tra le 100 e le 200, in maniera piuttosto stabile. Ma 600 presenze è un numero (inventato di sana pianta) che fa paura.
  • Perché, subito dopo, arrivano le affermazioni forti: I Braidic odiano i De Ragna a cui seguirà E adesso la vendetta: la morte di Luca deve essere pagata con la morte di Marco. Lo so, ve lo dico chiaramente, lo temo, ma so anche che ci sono quelli imparentati tanto con i Braidic che con i De Ragna. E proprio in questi giorni, vedo che al campo qualcuno si lascia andare a parole di vendetta, altri (che di cognome facciano Braidic o De Ragna) in silenzio e fatica stanno provando a calmare gli animi.

Per il Giornale e per quelli che sono i suoi giornalisti, non esiste niente di peggio che un Rom che provi a portare pace. Bisogna essere per forza stupidi e sanguinari. Meglio morti che rom, pensano. Non è che io ce l'ho per forza con quella testata, ma successe già a dicembre 2005, che via Idro venne accusata di colpe che non erano sue. Mandammo la smentita, e "naturalmente" non fu mai pubblicata.

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Di Fabrizio (del 10/11/2013 @ 09:01:55, in Italia, visitato 1747 volte)

Se ne scriveva ieri, ecco il testo da UPRE ROMA

Pubblicato Giovedì, 07 Novembre 2013 22:46

Signor sindaco,

ci rivolgiamo a lei per la seconda volta in quest'anno 2013. Questa volta lo facciamo per un fatto molto grave, accaduto il 6 novembre davanti al San Raffaele, che ha coinvolto la comunità regolare di via Idro. Due famiglie, si sono affrontate con esito tragico: un uomo è morto, un altro è ferito, molti sono finiti in carcere.

Ci rivolgiamo a lei con rammarico profondo perché al dolore si aggiunge la considerazione che si sarebbe potuto evitare questa tragedia. Non diciamo questo per giustificare i gravissimi atti di violenza, gli autori dei quali porteranno le conseguenze previste dalla legge. In casi come questo si parla di "zingari", quindi di qualcosa che fa parte del normale bagaglio dei pregiudizi. Noi invece parliamo di persone, di uomini, donne bambini che sono a tutti gli effetti cittadini di questa città e che sono preoccupati per lo stato di abbandono, per le condizioni di degrado in cui versano e che producono situazioni di allarme sociale che non possono essere trascurate.

Il campo di via Idro è un campo regolare dagli anni '80, ben inserito nella zona. Due fa la Consulta ha denunciato la situazione di grave pericolosità determinata dalla presenza violenta di un latitante, ha richiamato l'amministrazione sull'urgenza di realizzare gli interventi necessari, dal rispetto della legge all'"alleggerimento" con il trasferimento di una parte delle famiglie, a cui apparteneva la persona morta, nel Vogherese per un accordo siglato ben tre anni fa. Nulla di tutto questo è avvenuto, nel frattempo i conflitti sono esplosi: un anno fa è stata data alle fiamme l'abitazione della famiglia protagonista della tragedia di ieri e nonostante l'arresto, anche se tardivo, del latitante la sua famiglia non veniva espulsa e da allora nel campo vige un regime di enorme tensione anche per l'ingresso di comunità abusive che vengono tollerate da autorità ed ente gestore e che aggiungono tensione a tensione. Questa tragedia era annunciata, lo sapevamo noi, lo sapevano tutti, le associazioni di zona che pure sono intervenute più volte, gli enti gestori, gli amministratori. Adesso, dopo la tragedia, la comunità di via Idro non esiste più e anche le speranze di un intervento che ne salvi i resti sono molto deboli.

Questo non è un atto d'accusa, anche noi ci sentiamo responsabili per non essere stati più convincenti nei confronti dell'amministrazione, ma è una richiesta di intervento urgente perché le situazioni precarie sono tante e, mentre auguriamo che in questo caso dietro l'abbandono non ci siano interessi per diverse destinazioni per quell'area, come pure si sente dire, ripetiamo l'appello per le altre situazioni nei campi regolari che da troppo tempo non vengono risolte: parliamo per esempio dei campi di via Martirano e di via Novara, per i quali gli interventi tuttora incompiuti risalgono alla precedente amministrazione. Anche in questi campi la tensione è alta per le soluzioni continuamente procrastinate e per condizioni di vita che precipitano sempre più in basso.

Signor sindaco, ci rivolgiamo a lei, perché questa tragedia non rimanga catalogata tra i normali fatti di cronaca della nostra città, ma perché aiuti tutti noi ad affrontare i problemi delle nostre comunità con lo stesso impegno, lo stesso spirito solidale e con la stessa disponibilità alla partecipazione che meritano tutti i cittadini, qualunque sia la loro etnia. Con questo spirito le chiediamo un incontro per affrontare il quadro di una situazione che va affrontata con urgenza per stabilire situazioni di serenità in ogni comunità, condizione per un vero inserimento sociale.

La consulta Rom e Sinti di Milano ha avviato, in collaborazione con ERRC (Eropean Roma Rights Center), un'azione legale per la cancellazione dei dati personali - un vero archivio parallelo su base etnica - e per ottenere un risarcimento per danni morali da parte delle comunità di Milano che hanno subito il censimento etnico nell'ambito della cosiddetta "emergenza nomadi" decretata dal governo Berlusconi nel maggio del 2008. Questa "emergenza" - e tutti i suoi effetti: censimento, regolamento prefettizio - è stata definitivamente dichiarata illegittima, motivando le richieste di cancellazione dei dati e il risarcimento danni.

Il 4 ottobre il prefetto di Milano ha trasmesso all'avvocato della Consulta, Gilberto Pagani, il verbale di cancellazione dei dati, sia cartacei, sia digitali, raccolti con il censimento. Un primo importante risultato dell'azione della Consulta che ora proseguirà con la causa per il risarcimento danni di chi ha subito un censimento razziale nell'estate del 2008.

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Di Fabrizio (del 11/11/2013 @ 09:05:08, in casa, visitato 1632 volte)

La Gazzetta di Modena
di Serena Arbizzi - Duecento persone protestano in consiglio comunale e pure i sinti rifiutano: "Un ghetto". Rese note le cifre dell'assistenza nomadi

"Cortile non è il posto dove nascondere i problemi di Carpi" e, ancora, "Prima il confronto poi la delibera", "Sì al superamento del campo, no a nuovi ghetti".

Al suono di questi slogan, scritti sugli striscioni e ripetuti da oltre duecento cittadini che ieri sera hanno "invaso" palazzo Scacchetti in occasione del consiglio comunale, il più affollato dell'intera legislatura, in cui sono stati dibattuti quattro ordini del giorno, due interrogazioni e altrettante mozioni sull'infuocato argomento del trasloco del campo nomadi a Cortile. In particolare, l'ordine del giorno Pdl "ritiene illegittima quella parte dell'Ordinanza del Sindaco che dispone l'utilizzo di un terreno privato con opere di urbanizzazione pubbliche" e ha sottolineato che già Emergency il 28 agosto 2012 aveva evidenziato condizioni disastrose in via Nuova Ponente. Paradossalmente, ieri sera, le ragioni dei nomadi, presenti anch'essi con una delegazione di dieci sinti, combaciavano con quelle dei comitati: "Noi non vogliamo andare a Cortile, vogliamo le microaree - ha detto il gruppo che verrà trasferito all'ex scuola - così veniamo ghettizzati. Noi lavoriamo, commerciamo nel ferro, facciamo le pulizie... anche se la gente non si fida di noi".

In principio di seduta sono poi volate parole grosse tra il presidente del consiglio Giovanni Taurasi e Antonio Russo perché la diretta prevista nella sala vicina alla discussione era stata annullata.

L'assessore Alberto Bellelli ha invitato le opposizioni a proporre alternative, dopo avere passato in rassegna gli interventi dell'Ausl nella storia del campo, ma non "le microaree: non le reputo una soluzione, laddove sono state costruite hanno moltiplicato problemi esistenti. Il centro di prima accoglienza di Cortile era quello che poteva essere recuperato nei tempi più ragionevoli. Ho chiesto agli uffici delle politiche sociali cosa significherebbe una chiusura del campo in termini di spesa per l'accesso diretto ai servizi: 11 madri con 11 figli, costerebbero fino a 99mila euro al mese, 16 minori da 7 a 16 anni, le rette arrivano a oltre a 130 euro, fino a 69.400 euro al mese. Gli anziani non autosufficienti costerebbero 780 euro al mese".

Applaudito l'intervento del consigliere Cristian Rostovi, che ha parlato di "balle" dette dal Comune: "Per fortuna che si tratta della decisione dei tempi più brevi: ci avete messo 25 anni... Quanto ai costi a carico delle politiche sociali: sembra che li abbiate tenuti in quelle condizioni perché vi costavano meno...".

I cittadini - che hanno già raccolto con la petizione 2.000 firme contrarie - si sono scaldati anche sulle cifre spese dal Comune per i nomadi, 870mila euro, enunciate da Russo.

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Di Fabrizio (del 12/11/2013 @ 09:01:34, in lavoro, visitato 1560 volte)

Monta la protesta tra gli zingari che vogliono manifestare a Venezia - di Cristina Giacomuzzo

VICENZA. La burocrazia rende la vita difficile non solo agli artigiani e imprenditori, ma anche agli zingari. Sono tempi duri per chi, nomade, si arrabbatta rivendendo il ferro vecchio. Sì perché da almeno due settimane i gestori degli impianti di recupero hanno bloccato tutto: non accettano più nulla, in attesa di una interpretazione della norma che rientra nel sistema della rintracciabilità dei rifiuti (Sistri). E intanto anche alla Caritas di Vicenza c'è preoccupazione perché il termometro sale. E c'è chi denuncia tutta la sua disperazione. E' Cristian Argentini, 39 anni, zingaro che abita nell'hinterland: "Questa era l'unica certezza economica che avevo per assicurare qualcosa da mangiare ai miei quattro figli in modo legale. Cosa devo fare? E' così che ci costringono a rubare".

IL QUADRO. Argentini è uno dei circa seicento nomadi che abita ormai stabilmente nel Vicentino. "Il 98 per cento di questi - assicurano dalla Caritas - vive di questo tipo di lavoro". Un tipo di attività che aveva già ricevuto un primo giro di vite quando si era imposto l'iscrizione alla Camera di commercio, proprio come un qualsiasi ambulante. Adesso però si complica perché pare che gli ambulanti del ferro debbano provvedere alla compilazione di specifici formulari e un'altra lunga serie di incombenze burocratiche. Conferma Argentini: "Vendere il ferro vecchio rappresenta per me, come per tanti altri zingari, l'unica entrata economica. Io non chiedo la carità - dice - ma almeno mi sia dia la possibilità di lavorare. Ora per continuare a fare questo mestiere, mi si chiedono 9 mila euro di deposito per il mezzo che deve avere determinate caratteristiche per il trasporto del materiale. Ma come faccio?".

IL TAVOLO. Il nodo sta venendo al pettine in tutta la sua complessità. In Caritas a Vicenza da settimane si raccolgono le testimonianze di sinti vicentini che si ritrovano chiuse le porte del gestore dell'impianto che non accetta più il loro ferro. Per questo i volontari avevano tentato di affrontare il problema direttamente con il gestore, ma hanno capito che è questione di legge.

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di Ombretta Rossi (x)

Le rappresentazioni degli Zingari nella tradizione locale sono state espresse attraverso storie che hanno le caratteristiche della leggenda o dei proverbi, attraverso i quali le popolazioni contadine hanno elaborato l'immagine dell' "altro", che non necessariamente doveva essere lo straniero, ma anche l'abitante del villaggio vicino.

Emblematica è una leggenda esistente sulla nascita di Frontale:

"Riguardo all'origine dell'abitato di Frontale la tradizione orale parla di un gruppo di nomadi che, in epoca imprecisata, stava risalendo la Valtellina per recarsi verso il nord. Non potendo proseguire oltre la chiusa di Serravalle a causa dell'ostilità della popolazione del bormiese, essi decisero di transitare per la Val di Rezzalo per aggirare l'ostacolo, attraverso il Passo dell'Alpe e il Gavia. Sopraggiunse l'inverno e la neve caduta in abbondanza impedì loro di proseguire il viaggio. Si stanziarono così sul pianoro che domina la valle in posizione soleggiata, attendendo l'arrivo della bella stagione.

Quando la primavera coprì i prati di fiori e le giornate si fecero più lunghe e calde, i nomadi pensarono che non avrebbero potuto trovare altrove un luogo così bello e decisero dunque di stabilire lì, per sempre, la loro residenza.

Il soprannome scherzoso che i sondalini usano per i indicare gli abitanti di Frontale è sc'troelech che, tradotto, significa "nomade"." 1

Un tempo, al bambino curioso di Frontale desideroso di sapere com'era venuto al mondo, gli adulti rispondevano di averlo trovato perché era stato abbandonato dagli Zingari!

Come mi è stato suggerito da Gabriele Antonioli, Zìnghen è anche il soprannome degli abitanti di Le Prese, tuttavia non se ne conosce il motivo.

A Sondalo era diffuso un proverbio riguardante gli abitanti di Grosotto, ritenuti poco ospitali, in cui si diceva : a Grosót al se férma gnènca i zìnghen.

Il termine "Zingaro" viene attribuito all'"altro" e utilizzato come un aggettivo dispregiativo, ad indicare le caratteristiche negative di chi non fa parte della comunità; richiama la sfera della diversità, è "l'altro" per eccellenza ed è considerato un personaggio socialmente pericoloso, per la sua vita caratterizzata dal vagabondare, soprattutto in una realtà contadina come quella valtellinese.

Nelle inchieste napoleoniche condotte in tutto il regno italico nel 1811, nel paragrafo riguardante i pregiudizi e le credenze diffusi nei territori del "Dipartimento dell'Adda", Giovanni Tassoni riporta una certa attitudine degli abitanti della Valtellina alla superstizione e a credere nella fattucchieria.

Si legge: "Diversi sono i pregiudizi, e varie le superstizioni [che] tormentano ed avviliscono lo spirito di queste popolazioni. Dipendono in gran parte dalla natura del paese che abitano. Lo spettacolo della natura fra i monti, particolarmente nella notte ha sempre qualche cosa di grande e di terribile, capace a scuotere non solo le menti de' deboli e degli ignoranti, ma pur anche talora quelle degli uomini colti ed illuminati. (…) Di qui nasce che generalmente si crede ai fattucchieri, alla malignità ed invidia, de' quali vengono attribuiti i fascini, le malattie e le disgrazie d'ogni genere. Anche i saltimbanchi, i ballerini da corda e qualunque giocolare vengono annoverati nella classe degli stregoni, e se il loro arrivo venisse accompagnato da qualche meteora, si vedrebbero esposti in qualche luogo a gravi dispiaceri." 2

Nel testo, come vediamo, non vengono citati esplicitamente gli Zingari, ma le figure a cui si fa riferimento evocano gli stessi: è infatti probabile che i saltimbanchi di cui parla il Tassoni fossero proprio loro. Si legge che essi erano considerati alla pari di stregoni ed era credenza che, se il loro passaggio fosse avvenuto in concomitanza di eventi atmosferici rari avrebbe portato disagi e sarebbe stato segnale di un brutto presagio.

In un altro documento, citato da Remo Bracchi ne: Nomi e volti della paura nelle valli dell'Adda e della Mera, come Anonimo foglio manoscritto bormino3, è presente una descrizione degli Zingari che richiama la sfera del mito più che quella della realtà.

Tale documento è stato fatto risalire ai primi anni del XIX secolo o alla fine del precedente e di provenienza dalla zona di Valfurva.

Il contenuto non fa pensare ad un documento istituzionale, bensì ad uno scritto personale, ad una sorta di diario delle "memorie", in cui l'autore scrive con l'intento di tramandare ai posteri alcuni insegnamenti.

Sugli Zingari si legge così: "Gli zingari non ponno stare più di tre giorni per ogni paese, per maledizione della Vergine da essi mal accettata in Egitto. Loro si permetta di applicare il fuoco alle paglie che non si accendono. Lontani però da loro i soldi, che qual calamita li attraggono. Del resto acontentali e fuge a facie eorum quasi di stregoni."4

Anche qui ritroviamo l'accostamento fra Zingari e il mondo della stregoneria "e fuge a facie eorum quasi di stregoni": "e fuggì da loro come se si trattasse di stregoni".

Attorno alla valle chiamata li Valmani d'Aprica vi sono delle credenze in cui la figura della zingara coincide con quella della strega: "I più anziani hanno sentito parlare, nella loro lontana giovinezza della dòna dal gioech, una strega che scorrazzava nella valle, apparendo e scomparendo improvvisamente. Inoltre i vicini abitanti di Corteno, per indicare la stessa valle oltre il loro crinale, la definivano al Canàl de la zìnghena, ossia "il canale della zingara", in pratica un sinonimo di strega."5 È da notare come in quest'ultimo caso il termine zingara richiami la sfera dell'alterità: infatti gli abitanti di Corteno collegano, alla figura della zingara, la zona della valle al dì là del loro crinale.

"L'equazione fra ‘zingara' e ‘strega', attraverso l'accezione di ‘vagabonda' si coglie ancora nella voce ogolina sc'trigòza ‘ragazza leggera, da poco, (Rini,64), tart. Strigòz (z) a ‘ragazza, donna leggera, sventata, scriteriata, che suscita pettegolezzi sulla sua condotta' (DVT, 1209)."

"A Livigno ‘il vento che soffia dal Passo del Foscagno (da sud) verso Trepalle, e porta pioggia' viene stigmatizzato come la zìngana, ossia ‘la zingara'. (Emanuele Mambretti). Nel suo capriccioso manifestarsi gli alpigiani sospettavano sempre qualcosa di cupamente disordinato."6

Ne La nascita e l'infanzia, il primo volume de Il ciclo della vita di Marcello Canclini7, dove viene riportata una raccolta di tradizioni popolari dell'Alta Valle, troviamo radicato il noto stereotipo che rappresenta gli Zingari e gli ambulanti in generale come rapitori di bambini: " Radicato nei fanciulli era anche il timore nei confronti degli zingari, i sc'plèngher, o degli ambulanti in genere, che già a partire dalla più tenera infanzia erano descritti dai genitori come rapitori di bambini. Il nome deriva quasi certamente dal termine professionale tedesco Spengler, lattoniere ambulante. A Piatta, in modo parallelo, era al magnàn, lo stagnino, l'uomo nero che rapiva i piccoli capricciosi. Quando il 19 giugno, festa di San Gervasio e Protasio, patroni di Bormio, ci si recava alla fiera, si insegnava ai ragazzi a stare ben aggrappati ai calzoni del papà o alla gonna della mamma, perché c'erano i sc'tròlich che i portàen ìa i bagón e i bagonìn, gli zingari che rapivano piccolini e grandicelli senza troppe distinzioni. Ne La leggenda della zingara del Sass de Scegn, trascritta dal professore Alfredo Martinelli, si narra che la zingara più vecchia del gruppo venne buttata, dagli altri componenti, in un dirupo formato dal Sass de Scegn ad Isolaccia e prima di morire lanciò loro una maledizione. Appena la zingara cadde, dove scorre il torrente Viola, si aprì una fenditura che inghiottì gli altri Zingari e li buttò nel fondo.

Secondo l'autore, da quel momento, il luogo divenne impenetrabile per gli abitanti, perché ancora frequentato dagli spiriti degli Zingari che, nelle notti di luna piena, si aggirano minacciosi e con intenti malvagi.

In Valtellina, soprattutto nella zona dell'Alta Valle, vediamo come, nonostante la bassa frequenza di passaggi di Zingari documentata, siano presenti delle cristallizzazioni, degli stereotipi fissi che connotano tali figure. Lo zingaro richiama la sfera del magico: "Sospeso tra terrore e poesia (…) è un' immagine piuttosto che un uomo concreto". 8

(x) (Estratto dalla tesi di laurea "Da Egiziani a banditi. Il transito degli Zingari in Valtellina nell'Età moderna" premiata al concorso in ricordo di Lisa Garbellini con la seguente motivazione: "La tesi della dott.ssa Rossi è un lavoro originale, che affronta una tematica insolita ma stimolante: la presenza di popolazioni zingare in Valtellina tra 16esimo e 18esimo secolo, attraverso una capillare rassegna bibliografica e un notevole lavoro di archivio. Il lettore viene accompagnato in un immaginario viaggio tra i secoli attraverso le differenti modalità di comportamento delle istituzioni nei confronti delle comunità zingare di passaggio sul nostro territorio".

[...]

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Di Martina Zuliani (del 14/11/2013 @ 09:04:48, in lavoro, visitato 1650 volte)

RTV Slovenia: Bastoni fra le ruote, non nelle pentole - Testo: Bogdan Miklich. Foto: Matek Kristovich
Al lavoro

A Maribor si doveva aprire un ristorante rom, al quale avevano dato nome Romani kafenava, ma nel quartiere di Magdalena non sono d'accordo sul fatto che il ristorante sia al numero 34 di via Gornega, dove prima si trovava la pizzeria Chu-Chu. Per questo il sindaco Andrej Fishtravec non ha firmato il contratto d'affitto.

Per il ristorante, nel quale cuoche rom avrebbero preparato piatti tipici della tradizione rom e nel quale avrebbero lavorato camerieri rom, sono stati spesi 300.000 euro. Il progetto è finanziato all'85% dall'Unione Europea e per il restante 15% dal Ministero per il Lavoro, la Famiglia e gli Affari Sociali.

Il capo del progetto Shtefan Simonchich ha chiarito che è stato confiscato un'ora e mezza prima della firma del contratto, seppure il locale fosse vuoto da più di un anno. Una delle ragioni per aprirlo nella zona è la vicinanza con centro intergenerazionale. "Abbiamo buoni rapporti con tutte le organizzazioni che lavorano nei dintorni" dichiara Simonchich. "Il ristorante rom collaborerebbe con un centro intergenerazionale e con gli altri attori. In quella zona vi sono più di 1000 metri quadri di superficie e quindi c'è posto per tutti. Sarebbe utile a tutti che vi siano più attività cosicché vi siano più clienti anche per gli altri." ragiona Simonchich che non si sa spiegare come il quartiere di Magdalena abbia bloccato l'apertura del ristorante rom.

Nel piatto

Potrebbe derivare dal fatto che, in quel quartiere, gli abitanti di un condominio abbiano dato la colpa ai rom per problemi condominiali. "Spero che il sindaco ci ripensi, dato che ha un dottorato in sociologia e perciò sono certo che capisca quando sia difficile includere le minoranze in alcuni quartieri e che quindi permetta l'apertura del ristorante rom in quel locale." dice Simonchich che aggiunge come esso sia uno dei passaggi che potrà facilitare l'inclusione dei rom. Il ristorante rom porterà loro speranze di assunzione dato che a Maribor si è già alla seconda generazione di rom disoccupati. "In città nemmeno gli sloveni trovano lavoro, figuriamoci i rom."

Il desiderio del ristorante, secondo le parole di Simonchich, è di aprire il prima possibile in modo tale che i rom ottengano al più presto un lavoro. L'ultima scadenza è a febbraio 2014 perciò dovrebbero già cominciare a risistemare il posto e la rete elettrica. "Se non ci daranno quel locale ne dovemmo trovare un altro sempre a Maribor poiché dobbiamo portare a termine il progetto. Se il ristorante non sarà aperto entro il 1 febbraio dovremmo ridare indietro il denaro. Se questo progetto, unico in territorio sloveno, non verrà portato a termine sarà evidente il loro odio nei confronti dei rom." dichiara Simonchich.

Il sindaco Fishtravec propone la ricerca di una locazione alternativa, cosa che non piace ai coordinatori del progetto. "Da quando sono iniziati i problemi per trovare un posto per il ristorante rom a Maribor sono aumentati i discorsi contro i rom. Rimangono difficoltà tra gli abitanti rom e non-rom e arrendersi porterebbe a aumentare i discorsi negativi. Le forbici e il nastro li ha in mano il sindaco e perciò ancora una volta gli chiediamo di riconfermare il primo locale scelto", afferma Simonchich.

Poiché il progetto ha titolo di cooperativa sociale hanno dovuto fare un progetto ben sviluppato e evidenziare il numero di nuovi impieghi creati. Il cibo sarà rom dei Balcani, del mediterraneo e turco. Vi saranno molte spezie. "Sarà la cucina sana e saporita delle nostre mamme e delle nostre nonne" dice Simonchich

"L'esperienza culinaria sarà arricchita da musica rom dal vivo e aumenteremo le conoscenze della gente sulla cultura rom. Ci sarà anche la possibilità di avere un bar. Il nostro obiettivo è di aumentare la vicinanza tra la popolazione rom e non-rom grazie alla conoscenza del mondo rom e delle sue tradizioni. Pensiamo che ciò possa arricchire la nostra città e richiamare turisti, ci dispiace che alcuni non lo capiscano" dice Simonchich che, proprio per questo, spera che le difficoltà vengano al più presto superate poiché il progetto non porterebbe beneficio solo ai rom ma anche alla popolazione maggioritaria.

Secondo il sindaco Fishtravec, se il quartiere di Magdalena vuole acquistare la ex pizzeria Chu-chu e il relativo locale, il comune non darà loro le chiavi. "Abbiamo chiarito con il comitato di quartiere che si possono vendere solo i locali in cui il comitato svolge le sue attività. Il precedente sindaco ha dato permessi non conformi alla legge anche se tali non si sono mai realizzati per mancanza di un contratto d'affitto regolare" chiarisce Fishtravec e si augura che le cose si sistemino. "Qui non si parla solo di xenofobia e di coabitazione impossibile con altri gruppi etnici ma anche della realizzazione di un progetto con fini politici positivi che spero di portare a termine a Maribor" afferma Fishtravec. Il motivo per una realizzazione impossibile per il comitato di quartiere di Magdalena risiede nel fatto che esso è formato dai quadri dell'ex sindaco.

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Di Fabrizio (del 15/11/2013 @ 09:09:11, in scuola, visitato 1132 volte)

Ha preso il via il Corso di formazione per attivisti rom e sinti organizzato da Associazione 21 luglio e dal Centro Europeo per i Diritti dei Rom (ERRC). I giovani partecipanti spiegano perché hanno scelto di aderire all'iniziativa e di impegnarsi per i diritti umani delle proprie comunità.

Per maggiori informazioni sul Corso

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Di Fabrizio (del 16/11/2013 @ 09:03:20, in sport, visitato 1854 volte)

di LUIGI PANELLA su Repubblica (15 novembre 2013)

Domenico Spada, tra gli uomini di punta della boxe italiana a livello mondiale, si racconta. Di etnia rom, mille mestieri, l'ombra della discriminazione sempre presente, ma anche un grande riscatto sul ring e nella vita, con l'apertura di una palestra tutta sua e un possibile futuro da attore. "L'Inno di Mameli che suona per gli altri è anche il mio, darò il titolo del mondo all'Italia" LE FOTO - VIDEO
APPROFONDIMENTI

Lo sguardo determinato non lascia spazio a movimenti delle palpebre, tipico di chi guarda avanti, concentrato sull'obiettivo, sempre deciso a saltare gli ostacoli. E Domenico Spada, uno dei pochi pugili in grado di dare lustro al panorama professionistico italiano, di ostacoli ne ha dovuti scavalcare parecchi prima di affermarsi come pugile e come uomo. A febbraio dovrebbe vedersela con il messicano dal pugno di pietra Marco Antonio Rubio (50 ko su 58 incontri vinti) per il Mondiale ad interim dei medi: "Rigorosamente all'estero, in Italia è difficile organizzare un match di quel livello, è difficile reperire soldi". In alternativa, il suo manager Franco Cherchi potrebbe offrigli una chance europea contro l'ucraino Maksim Bursak. L'asta per il match è fissata per metà dicembre.

All'estero. Perché Spada come pugile ha già dato tanto all'Italia, ricevendone in cambio poco. Si è battuto due volte per il titolo del mondo dei pesi medi, non accadeva dai tempi di Vito Antuofermo, il Paisà che fu capace di resistere quindici round all'assalto del 'meraviglioso' Hagler nonostante il volto devastato (ci vollero 33 punti di sutura). Ha perso entrambe le volte ai punti, non senza recriminazioni, contro il tedesco Zbik, ma è dovuto andare nella tana tedesca dove se non si vince per ko è tosta strappare il verdetto. Stesso discorso quando è andato in Inghilterra per l'Europeo: Barker è un bel pugile, ma l'arbitro gli ha dato la possibilità di fare ostruzionismo, poi i tre giudici hanno fatto il resto.

In attesa di cogliere l'attimo fuggente in chiave iridata, Domenico si è anche dedicato a prendere a calci le discriminazioni, lui che è di etnia rom. E non sono stati isolati gli episodi su qualche brutta frase riferita alle sue origini.

"Non mi piace la gente ignorante, irrispettosa delle culture degli altri. Quando sento pronunciata con rabbia, abbinata alla volgarità, la parola 'zingaro', quel tono dispregiativo, non ci vedo più dalla rabbia. Sono parole che fanno più male dei pugni".

Anche perché essere rom non significa essere delinquente...
"Io in vita mia non ho rubato nemmeno un centesimo. Ho preso la licenza media, poi prima di fare la boxe a livello professionistico ho fatto di tutto. Dal pasticciere al muratore, al parrucchiere".

Il parrucchiere?
"Si, ha capito bene, ma non tagliavo i capelli, ero shampista... Ho sempre cercato di aiutare in tutti i modi la mia famiglia. Io, i miei genitori, papà faceva il muratore, e cinque sorelle. Tutti in un appartamento di 40 metri quadrati. Va anche detto che nella nostra cultura, ma questo aspetto sta cambiando, le donne non lavorano. Quindi il peso economico della casa era tutto su me e mio padre. In casa e non in roulotte? Altro luogo comune, nella roulotte non ci ho vissuto un giorno in vita mia".

Si batte contro lo stereotipo del pugile violento, senza cultura, che fuori dal ring non riesce ad affermarsi
"Certo, basta. E' come la questione del rom sul ring. Viene strumentalizzata, l'inno di Mameli che suona per i calciatori è lo stesso che viene eseguito prima di un incontro titolato. La mia famiglia ha dato tanto alla bandiera. Tra i miei cugini Michele Di Rocco è attualmente campione d'Europa, Pasquale Di Silvio è stato campione italiano, Romolo Casamonica ci ha rappresentato alle Olimpiadi".

Ma torniamo al fatto della strumentalizzazione
"Sì, le cito qualche nome. Il grande Charlie Chaplin, la bella Rita Hayworth, il carismatico Yul Brinner, Andrea Pirlo, Joquim Cortez. Sono tutti di etnia rom, ma nessuno lo sottolinea. Poi magari sali sul ring, e tutti a ricamarci... La mia gente è partita dall'India tanti secoli fa, ma ormai sono 600 anni che siamo in Italia. Mio nonno Alizio ha fatto la Seconda Guerra Mondiale, è stato prigioniero per anni, insomma...".

Ma la grande risposta è l'apertura di una palestra tutta sua
"La Vulcano Gym, a Santa Maria delle Mole. L'ho aperta anche grazie all'aiuto dei miei genitori. Ci vengono pugili amici, ma anche e soprattutto tantissimi amatori. Avvocati, dottori, studenti, tanta gente che vuole mantenersi in forma e ama quel grandissimo sport che è la boxe".

Vulcano è il suo nome di battaglia, chi glielo ha dato?
"Me lo ha dato il padre del romeno Simon. Da dilettante avevo sconfitto il figlio ma lui era rimasto colpito dal mio modo di combattere".

Da dilettante come mai non è andato alle Olimpiadi?
"Avevo vinto il titolo italiano nel 1999, poi feci quattro tornei vincendone tre, battei il campione del mondo juniores, ma al momento delle selezioni per le Olimpiadi di Sydney, il ct di allora, Patrizio Oliva, scelse Di Corcia".

E come andò a finire?
"Di Corcia fu battuto da Simon, proprio lui...".

A proposito di dilettanti, che pensa di Russo e Cammarelle, agli onori della cronaca spesso più di lei?
"Non voglio fare polemica, ma restando dilettanti saranno sempre pugili incompleti. Stanno facendo come facevano i pugili sovietici o come fanno i cubani: prendono lo stipendio dallo stato (azzurri quasi tutti nelle forze armate, ndr) e non passano prof. Certo, vanno alle Olimpiadi e quindi la federazione pugilistica li tutela, ma non va dimenticato che anche noi professionisti quando combattiamo per un titolo le tasse alla Fpi le paghiamo eccome...".

Nuova provocazione. Altri pugili, a nostro avviso non al suo livello, hanno avuto chance più importanti sul ring della Capitale
"Provocazione che raccolgo volentieri. Nella precedente amministrazione comunale, nel mio sogno di combattere per il titolo a Roma, ho avuto quattro anni di promesse puntualmente disattese, chissà perché... (ghigno). Ora spero che con il sindaco Marino cambi qualcosa".

Qualcuno dice che lei ha la faccia d'attore?
"Sicuramente la pensa così Aureliano Amadei, il regista di '20 sigarette'. Con lui ho girato un documentario che si intitola 'L'incontro della vita', stiamo attendendo che possa venire distribuito, questione di fondi"

Dunque le piacerebbe lavorare nel cinema?
"Perché no. In fondo la passione per il cinema è un po' una tradizione di famiglia. Da bambino ho partecipato al film di Sergio Rubini 'Il viaggio delle sposa'. Parecchi miei parenti hanno avuto parti con Sergio Leone, Pier Paolo Pasolini. Sono stati accanto ad attori come Marcello Mastroianni e Alberto Sordi".

Visto che ha sempre denotato una certa precocità, il piccolo Spada è subito salito sul ring?
"No, ma ci ho messo poco per capire la strada maestra, visto che già dai novizi primeggiavo. In precedenza ho provato a giocare a pallone con una società oratoriale, la Juvenilia 88, ma non era cosa per me".

Altra curiosità, Spada nella vita privata?
"Sto da anni con Claudia che presto sposerò, abbiamo tre figli maschi".

E se uno dei tre volesse diventare pugile?
"Non mi opporrei, anche se mi piacerebbe una società più meritocratica, ma qui non parlo solo di boxe. Vorrei andasse avanti chi lo merita, con le proprie forze. E' una società ideale, lo so. Ma io ci credo".

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Di Fabrizio (del 17/11/2013 @ 09:03:54, in media, visitato 1345 volte)

A cura di AMISnet - 15 novembre 2013

"Noi apparteniamo al mondo, questo è secondo me un lato molto bello della nostra cultura. Noi non diciamo questo è mio, quest"altro pure. Noi non abbiamo niente la nostra cultura è libertà." Marinela Constantin, attivista Rom

Due anni fa veniva approvata la strategia nazionale d"inclusione di rom sinti e camminati che avrebbe dovuto favorire un cambio di rotta nelle politiche d"inserimento sociale di queste minoranze. Il tempo passato è tanto ma dell"applicazione di tale piano, imposto dall"Europa e recepito in ritardo dall"Italia, non se n"è fatto niente.
A livello locale i danni sono ancora più gravi. A Roma dove il destrorso Gianni Alemanno è stato sostituito dal sindaco democratico Ignazio Marino, gli sgomberi dei campi sono continuati con le stesse procedure superficiali della gestione precedente e le associazioni nazionali e internazionali non smettono di farlo presente.
In un panorama altrimenti buio è nato e si è sviluppato il progetto fuochi attivi rivolto ai giovani rom di tutta italia.
L"obiettivo è trasformare questi ragazzi in comunicatori professionisti che possano un giorno portare avanti le rivendicazioni e le aspirazioni di una minoranza da troppo tempo emarginata e messa sotto silenzio.

Ospiti della puntata:

Passpartù:

  • In redazione questa settimana: Andrea Cocco, Marzia Coronati
  • Passpartù, la radio a porte aperte è un programma a cura di Marco Stefanelli
  • Per notizie, suggerimenti e commenti scriveteci a: passpartuitalia@gmail.com
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