Rom e Sinti da tutto il mondo

Ma che ci fa quell'orologio?
L'ora si puo' vedere dovunque, persino sul desktop.
Semplice: non lo faccio per essere alla moda!

L'OROLOGERIA DI MILANO srl viale Monza 6 MILANO

siamo amici da quasi 50 anni, una vita! Per gli amici, questo e altro! Se passate di li', fategli un saluto da parte mia...

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La redazione
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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Sucar Drom (del 25/12/2011 @ 09:11:05, in lavoro, visitato 1561 volte)



L'Associazione Sucar Drom e l'Istituto di Cultura Sinta augurano BUONE FESTE promuovendo l'immagine della nostra Cooperativa di lavoro (labatarpe, in lingua sinta).

Il Consiglio direttivo della Sucar Drom / I.C.S. e i Soci della Coop. Labatarpe

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Di Fabrizio (del 26/12/2011 @ 09:00:06, in lavoro, visitato 2286 volte)

L'anno scorso postai una favola natalizia per i più piccoli. Quest'anno è il turno di quelli un po' più grandicelli. Lo spunto viene da un commento su un altro blog.

Immagine da cavallomagazine.quotidiano.net

Discutevo il mese scorso con amici, che mi raccontavano di aver visto in Turchia, a Creta ed in Macedonia fiere di cavalli gestite da Rom e si vantavano di averle riscoperte andando tanto lontano.

Rispondevo che sino a 10 anni fa, esisteva qualcosa di molto simile in un posto niente affatto esotico, in centro a Monza, proprio accanto alle mura del carcere vecchio (non ci siamo mai fatti mancare niente!).

A vederlo non era niente di particolare, soprattutto da vuoto: un vasto piazzale cintato e coperto da tettoie. I miei figli quando erano piccoli marinavano la scuola (adesso sono cresciuti e posso dirlo) per andarci con me il giovedì mattina.

E lì incontravano con stupore un vecchio rom malmesso e semianalfabeta, che avevano conosciuto al campo sottocasa, che da una vita faceva l'allevatore di cavalli, che trattava alla pari con commercianti e nobili amanti dei cavalli. La trattativa terminava immancabilmente nell'osteria vicina, a vino e salamelle.

Fuori dal recinto, un piccolo mercato con oche, galline e conigli, coltelli a serramanico (la passione di qualsiasi ragazzino), borracce, ed il vecchio che ci spiegava la differenza tra una sella inglese e una americana.

Il mercato dei cavalli ha chiuso, ha chiuso anche l'osteria delle salamelle, anche il tabaccaio. Nessuno di loro era ricco, ma si campava e ci si conosceva (ci si rispettava) tutti: rom, nobili, gagé, bambini... anche se non escludo che lontani dalla fiera riemergessero vecchie discriminazioni.

Presto arriverà un centro commerciale, che strozzerà i negozi superstiti.

Il vecchio vive tuttora in un campo regolare, ai margini di quello che potrebbe diventare un vasto parco urbano. I suoi parenti sono diplomati operatori del verde, ma la loro cooperativa da anni non ha commesse, anche se il lavoro sarebbe sotto casa.

Cinque anni fa presentammo un progetto al comune, perché in questo parco, al posto di un'altra speculazione edilizia, si potesse installare una stalla a norma, con maneggio annesso, per organizzarvi visite scolastiche e gite a cavallo nel costituendo parco. Avevamo a disposizione le persone più esperte nel ramo in città, avremmo potuto persino dare lavoro a qualcuno che non fosse rom.

Nessuno si occupò di questo progetto, in compenso il comune vuole chiudere il campo. Il vecchio, con figli e nipoti, ha trovato una cascina nel pavese dove sistemarsi e credo che per loro sia la soluzione meno dolorosa.

A me spiace non solo per dover perdere dei vecchi amici che hanno insegnato ai miei figli ad amare tutti gli animali.

Spiace perché quando si parla di cultura e di possibilità di esprimersi, pensiamo alla musica, alla poesia, ma lo è anche una vita di lavoro passata ad allevare cavalli. Era uno scambio, come lo è la cultura, come lo è il lavoro, perché è lo SCAMBIO che permette alle tradizioni di rimanere vitali e rinnovarsi. E pure di accrescere tutti quanti operino questo scambio.

Dicono che la mia città sia inclusiva, che da sempre dia attenzione al lavoro e al soldo. Se davvero fosse così, come l'ho conosciuta da quando ci sono nato, non mi dispiacerebbe, neanche con la sua nebbia e le sue durezze.

Sarebbe un esempio europeo, come Monaco di Baviera, dove i Turchi che ho conosciuto spazzini 30 anni fa, oggi dirigono supermercati ed agenzie viaggi. Come Marsiglia, che ha lasciato una palude schifosa come la Camargue ai gitani, che l'hanno resa una meta turistica internazionale.

E mentre noi gagè sogniamo la Turchia o la Camargue, spendiamo i soldi per andarci ed essere parte (anche solo per un attimo) di questi paradisi perduti, facciamo in modo che chi potrebbe ricreare da noi quelle atmosfere sia obbligato ad andarsene.

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Di Fabrizio (del 27/12/2011 @ 09:36:28, in casa, visitato 1696 volte)

Segnalazione di Stojanovic Vojislav

Lameziaterme.net Venerdì 23 Dicembre 2011 10:22

L'Aterp ha annunciato che le case popolari di Carrà per i Rom saranno presto completate.

IO NON CI CREDO, ed è difficile trovare opinioni diverse.

Gli ultimi 25 anni di politiche pubbliche sull'edilizia popolare promosse dall'Aterp, autentico carrozzone, si sono risolte in un plateale ed insopportabile fallimento per la ns Città.

Basta guardare le strutture a torre, esteticamente orribili, per oltre un centinaio di alloggi che stanno marcendo a Savutano; un cantiere aperto (solo la palizzata) circa dieci anni or sono in via dei Bizantini, immediatamente bloccato, mai più ripreso; l'opera incompleta sui terreni confiscati alla mafia in contrada Carrà; la manutenzione precaria ed inefficiente dei fabbricati e degli alloggi.

Sono la plastica rappresentazione di un ente improduttivo, antieconomico ed indifferente alle necessità sociali, che, se avesse svolto con diligenza appena infantile la propria missione, avrebbe contribuito a risolvere, gradualmente, l'emergenza abitativa non solo dei Rom, ma di altri cittadini bisognosi.

E' molto più utile, visti i precedenti, che i soldi destinati al completamento dei 20 alloggi Rom siano affidati direttamente all'Amministrazione Comunale che, proprio in questi giorni, si accinge a consegnare 12 alloggi popolari in via Cianflone, realizzati da essa in meno di tre anni. Non sono tempi del tutto brevi, ma rispetto a quelli dell'Aterp appaiono fulminei.

Per il completamento delle altre strutture, vista la cronica inerzia dell'Aterp che incide negativamente su servizi essenziali connessi a diritti fondamentali come quello alla casa, occorre pensare, una volta per tutte, ai liberi "interventi sostitutivi" del Comune previsti dall'art 14 legge regionale n.15/2006, del tutto ignorata dalla politica, ma che rappresenta uno dei rarissimi casi in cui il legislatore regionale ha assunto il ruolo di riformatore al servizio della collettività.

consigliere avv. Antonello Sdanganelli

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Di Fabrizio (del 28/12/2011 @ 09:35:15, in conflitti, visitato 1827 volte)

Il cuore d’Europa from Linkiesta.it on Vimeo.

Documentario di Roberto Festa e Claudio Maggiolini Produzione Serial Flowers

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Finalmente qualcosa di positivo per la federazione rom e sinti insieme

Dopo quasi più di due anni di frenetica attività per cambiare le regole per iscrivere nuove imprese all'albo degli autotrasportatori
OGGI LA FEDERAZIONE ROM E SINTI INSIEME
con un immensa gioia può finalmente far sapere ai suoi lettori che qualcosa di positivo e successo, l'Italia a finalmente preso in considerazione il regolamento Europeo.

Queste sono le nuove procedure per iscriversi all'Albo degli autotrasportatori.

La circolare n.4/2011 del Ministero Infrastrutture e Trasporti detta disposizioni e modalità operative.
Sono cambiate le regole da seguire per iscrivere nuove imprese all'Albo degli autotrasportatori e per mettere in circolazione nuovi veicoli.


Al più presto faremmo sapere come fare per iscriversi, per adesso per saperne di più basta cliccare e aprire QUESTO LINK.

Presidente Radames Gabrielli

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Di Marylise Veillon (del 30/12/2011 @ 09:23:58, in lavoro, visitato 1689 volte)

Da Roma_Francais

Le Parisien I mercati popolari della miseria si sviluppano di notte

Nei quartieri popolari di Parigi, le vendite direttamente al suolo si moltiplicano, in notturno, il week-end. Cianfrusaglie proposte per alcuni euro, dopo che gli straccivendoli sono andati via. CÉCILE BEAULIEU et ANNA LECERF

Porte Montmartre (XVIII), all'inizio di dicembre. Ogni venerdì sera da un mese, mercanti per la gran parte rom, cvendono vestiti e oggetti di qualsiasi tipo dopo la partenza degli straccivendoli. (LP/jean-baptiste quentin.)

Al calare della notte, decine di sagome curvate sotto il peso di enormi balle ricolme di oggetti eterocliti, convergono in direzione della Porte Montmartre (XVIII). Là sotto il ponte della periferica, allo stesso posto che occupano gli straccivendoli il week-end e il lunedì, mercanti della notte s'installano ogni venerdì sera da ormai un mese. Un mercato della miseria notturna, animato da mercanti di fortuna originari delle popolazioni rom, che offrono direttamente al suolo, scarpe sparigliate, piccoli casalinghi usati, scatolami, stoffe, abbigliamento, lenzuola o tovaglie per alcuni euro.

I poveri vendono a poveri più poveri ancora di loro, all'ombra dei professionisti dello straccio, loro stessi molto svantaggiati. Ma i venditori notturni hanno anche un'altra clientela: gli straccivendoli che vengono a comprare all'ingrosso lotti interi di merce. Acquistata per 50 euro, sarà rivenduta il doppio il giorno dopo, alla luce del sole...

I venditori si spostano a secondo dei "pericoli".

Di questi mercati notturni, Parigi ne conta sempre più, soprattutto nei quartieri popolari. La Porte Montmartre, i quartieri di Belleville e Ménilmontant, ma anche le Porte di Bagnolet e di Montreuil, accolgono così da un po' di tempo questi visitatori della sera, rom o asiatici. In un'atmosfera tranquilla, al limite dello studioso, gli oggetti passano da una mano all'altra nella quasi penombra. Furtivamente, in quanto che sia venditori che compratori sanno che i minuti sono contati: non sono al riparo di un intervento della polizia.

"Questi mercati notturni sono tenuti dai più poveri, coloro che non hanno un posto assegnato, i quali temono maggiormente di essere sloggiati" sottolinea Samuel Lecoeur, presidente dell'associazione di difesa degli straccivendoli. Molto fluttuanti, i venditori si spostano a secondo del "pericolo", annunciato dal passaparola. "Quando sappiamo che hanno confiscato la merce di un venditore a Belleville, evitiamo la zona e ci dirigiamo verso Ménilmontant."

Le stesse scene hanno luogo alle Porte di Bagnolet e di Montreuil. Se gli straccivendoli lì stabiliti diffidano dei venditori ambulanti, non ci sono invece "guerre di caste", ma la concorrenza non ne è meno agguerrita. Mohammed Zouari, straccivendolo alla Porte Montmartre, benché guardando con una certa indulgenza le famiglie rom che s'installano ogni venerdì sera sul piazzale degli straccivendoli caramente conquistato, non può fare a meno di deplorare la loro presenza notturna. "E' evidente, sospira, il cliente che viene a comprare di notte, non verrà a trovarci la mattina dopo! Ci perdiamo..."

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Di Fabrizio (del 31/12/2011 @ 09:15:54, in casa, visitato 2147 volte)

SARdies.org 29 dicembre 2011 22:30

Sassari - La differenza balza subito all'occhio: tanto è "anarchico" uno, quanto è ordinato l'altro, con alcuni moduli abitativi che a tratti ricordano le casette di Paperopoli. Sono in tutto 114 i nomadi ospitati nel campo di Piandanna. Anzi, i campi. Perché, di fatto, sono due, con ingressi separati. Due mondi insomma, che comunicano con difficoltà. Diverse le religioni, diverso anche il concetto di insediamento abitativo. Unico invece il paese d'origine, la vecchia Jugoslavia. Così, i musulmani (detti "Khorakhanè") sono in prevalenza originari della Bosnia; gli ortodossi ("Gagikane") vengono dalla Serbia e soprattutto dalla Croazia (dalle Krajine, le ex regioni ortodosse "ripulite" a suo tempo, con modi piuttosto "spicci", da Tudjman).

Campo nomadi di Piandanna, un progetto per i bambini (archivio SARdies 12 dicembre 2011)


La Commissione Cultura e Servizi Sociali, guidata da Sergio Scavio (Ora sì - Sel), presente anche l'assessore Vinicio Tedde (che oltre alla delega al Patrimonio ha preso, in via temporanea, anche quella alle Politiche Sociali, in attesa dell'imminente reintegro nelle sue funzioni dell'assessore Michele Poddighe, nelle ultime settimane assente per malattia) è tornata al Campo Nomadi dopo la visita dello scorso aprile. Da quel sopralluogo qualcosa è già cambiato. Per esempio la stradina di accesso, finalmente asfaltata. Adesso però si interverrà su altri aspetti. La prima proposta è del consigliere Antonio Piu (Pd), componente dell'apposita Commissione sui Rom istituita presso il Settore Servizi ed iniziative sociali dell'Amministrazione comunale. "Stiamo pensando di proporre l'installazione di una torre-faro, come quella delle rotatorie", spiega Piu. "I bambini così potranno muoversi anche di sera, quando cala la luce". Ma c'è anche il problema delle fognature: nella parte musulmana mancano del tutto. E qui si dice che siano già spariti (pare più di una volta) i rubinetti dai servizi igienici installati dal Comune.



Il campo di Piandanna rimane in ogni caso costantemente monitorato e controllato dall'Amministrazione comunale. I problemi sono altri. Quanti sono per esempio i rumeni, cittadini dell'Unione Europea, che dormono nell'area dell'ex gazometro di via XXV aprile? Sembra siano un centinaio, sicuramente alcune decine. Quando inizieranno i lavori per il Centro Intermodale dove finiranno?

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Di Fabrizio (del 01/01/2012 @ 09:54:34, in Kumpanija, visitato 2191 volte)

immagine da barriodecuba.altervista.com

L'isola è conosciuta di sicuro, per diversi motivi, talvolta antitetici. Alcuni anni fa raccolsi in italiano del materiale sulla presenza dei Rom a Cuba. M'è venuta voglia di riproporlo. Per rispetto, inizio con Jorge Bernal, studioso argentino che per anni ha documentato la presenza di Rom e Kalé nell'America centrale e meridionale.

Seguono due pezzi, uno dell'agenzia ufficiale Granma e l'altro dell'Havana Journal, un'agenzia web anticastrista. La cosa divertente di questa storica contrapposizione politica è che i due pezzi sono quasi identici, anche se si guardano bene dal citare le informazioni della "concorrenza".


Estratto da "I Rom nelle Americhe" - La storia dei Rom a Cuba

Si sa poco del passaggio di alcune famiglie Rom che arrivarono a L'Havana all'inizio del 1900 e negli anni '20.
…erano un gruppo coeso e imparentato tra loro, uniti da linguaggio, tradizioni e professioni comuni. Mantennero questa unità a Cuba e negli altri paesi americani in cui arrivarono. Questo garantì ovunque la loro sopravvivenza, come emerge in questa storia molto conosciuta.

Come Dio creò gli esseri umani
Sapete come Dio creò gli esseri umani? Ve lo racconterò: prima fece la terra e tutte le cose che esistono: gli alberi, l'erba, gli animali…
Ma si sentiva solo, e così creò anche gli esseri umani. Modellò del fango e lo mise a cuocere, ma se ne dimenticò e quando lo estrasse dal forno, era tutto bruciato. Quello fu l'antenato del popolo nero. Non contento di questa sua creazione, fece un altro modello. Questa volta lo tolse subito dal forno e la statuetta era molto chiara. Divenne l'antenata del popolo bianco, i Gadjé. Fece poi un altro tentativo e stavolta calcolò con precisione i tempi di cottura. L'ultima statuetta era cotta a puntino e divenne l'antenato di tutti i Rom.


La leggenda riflette il sentimento dell'orgoglio che i Rom provano per la loro origine etnica, e che tutte le comunità hanno sempre difeso. I Rom si riconoscono in ogni paese perché hanno mantenuto precisi valori culturali, etici, estetici propri. In ogni posto dove sono arrivati, hanno mantenuto la loro autenticità e personalità, cercando di adattarsi ai diversi codici sociali.

Numeri e attitudine
I Rom a Cuba saranno 200, forse di meno. Sono comuni i matrimoni misti, perché le famiglie estese saranno due o tre. Un gruppo era composto da soli uomini e sposò donne cubane. Secondo la tradizione i discendenti seguono la linea paterna e le famiglie hanno mantenuto le tradizioni e la lingua Romanes. Molti hanno lasciato Cuba per ricongiungersi ai parenti in Venezuela e in altre parti del continente e mantenere le proprie tradizioni. Durante la permanenza a Cuba, avevano creato una cooperativa famigliare per il lavoro dei metalli, che in seguito fu assorbita dallo stato.
La maggior parte delle famiglie miste è rimasta a Cuba (una sola andò in Argentina) e hanno mantenuto una cultura mista. La lingua comune è lo spagnolo, ma riconoscono parecchi termini nella lingua romanes. Si considerano cubani di sangue Rom.

Durante le prime decadi del XX secolo, molte famiglie Rom arrivarono a Cuba, provenienti dall'Europa centrale e orientale, mantenendo il proprio sistema sociale di famiglia allargata. Il matrimonio è endogamo e deciso dalle famiglie, ai neonati è d'uso dare il nome degli antenati, per rispetto a chi diede origine al gruppo o clan (vitsa), gli anziani fanno anche parte dell'assemblea chiamata "kris", che per i Rom è la più alta struttura di legge e giudizio. Questa organizzazione è stata gelosamente salvaguardata e trasmessa di generazione in generazione, come in altri paesi americani ed europei, sino alle seconde/terze generazioni di Rom nati a Cuba.
Le famiglie che arrivarono a L'Havana si accamparono in una zona periferica che oggi si chiama Lawton. Era abitata allora da operai e piccoli artigiani. I Rom si mantennero però distanti dal nucleo originario, costruendosi per conto loro povere baracche di legno.
Nel nucleo originario si ricorda una famiglia estesa di nome Cuik, proveniente dalla Russia. Arrivarono a più riprese tra il 1912 e il 1924. Sino alla fine degli anni '40 vissero nelle loro tende.
Questo gruppo di esotici immigranti trovò a Lawton un clima di accettazione e riconoscimento sociale. Secondo i discendenti nessuno li disturbò mai e loro stessi vissero senza creare disturbi.
Crediamo anche che l'accettazione fu dovuta allo sviluppo che questi Rom diedero alla piccola metallurgia, attività che era particolarmente apprezzata nella Cuba di quei tempi. Una delle discendenti, che attualmente vive in Venezuela, racconta che anche dopo la rivoluzione non si sentì discriminata in alcun modo, anzi fu pienamente integrata nella forza lavoro dal nuovo regime e molti degli abitanti stanziali continuarono a frequentarla in cerca dei suoi pareri e consigli.
Nell'accampamento, continuarono con le occupazioni tradizionali: gli uomini nella piccola metallurgia e le donne come indovine.

Status sociale di uomini e donne
Nella tradizione Rom le donne acquistano rispetto sociale dopo il matrimonio, con la possibilità di creare una nuova famiglia. E' una dinamica sociale che si è mantenuta anche nel caso di famiglie miste; come anche quella di investire la donna del mantenimento delle finanze famigliari (il capitale costituito dalla cassa, dai gioielli e dall'oro, a cui i Rom attribuiscono anche proprietà mediche). Nella lingua tradizionale è il "galau" e alle donne (le romnià) spetta il compito di preservarlo e accrescerlo.
Diventando anziane, a Cuba e altrove, cresce il loro prestigio e vengono consultate dalla kris (vedi sopra).
A Cuba le romnì possono studiare e divorziare senza subire rivalse dal resto del loro gruppo.
Le famiglie miste hanno mantenuto anche la celebrazione tradizionale dei morti, "la pomana". E' un pasto offerto in onore del morto – nove giorni dopo la morte, sei settimane, sei mesi e poi nella ricorrenza annuale. Per l'occasione viene vuotata una coppa di vino o di acqua a favore del morto, che per quanto invisibile, rimane presente. Quando sono presenti immagini del morto, c'è l'uso di mettere un bicchiere pieno di fronte alla foto o al quadro, per far piacere alla sua anima. Oppure, nelle riunioni famigliari [i morti] sono invitati a condividere quanto bevono gli altri invitati.


I Gitani all'Avana RAFAEL LAM – speciale per Granma Internacional

I gitani sbarcarono a Cuba, in Brasile e in tutta l'America Latina sicuramente assieme ai primi colonizzatori spagnoli e portoghesi, dalle caravelle dei conquistadores… scrive il professore brasiliano Atico Vilas – Boas. E per questo anche la vita cubana è permeata da questa cultura leggendaria

Con la loro pelle scura e strane abitudini, i gitani hanno sempre suscitato curiosità: vengono chiamati anche Gipsy, Tzigani, Yeniche, Zingari e sono vittime di malintesi e di persecuzioni. Hanno sempre resistito tenacemente per la conservazione della loro personalità e autenticità esotica.

Sono vincolati al nomadismo, alle carovane, ai cavalli, le tende, le grotte, le caverne, carri e carretti, vagoni, accampamenti, strade e campagna aperta…

Sono cestai, toreri, lavorano lo stagno, fanno gioielli, predicono la sorte, sono musicisti e suonano in quartetti di chitarre; le loro espressioni vocali propongono lamenti lontani e raccontano le pene e le arroganze di un'emarginazione che è divenuta un'opera d'arte attraverso la prodigiosa e millenaria tradizione dell'Andalusia, una delle più interessanti del mondo, racconta lo scrittore spagnolo Felix Grande.

Buona parte della musica popolare cubana e latino – americana è nata in questo mondo periferico, umile e disprezzato dalle classi aristocratiche. Ricordiamo il tango, il samba, il merengue, i mariachis, il calipso, la bomba, il porro, il joropo, il son, il bolero, la rumba, la guaracha, la conga…

L'origine dei gitani è stata misteriosa per secoli, ma gli specialisti di oggi non hanno dubbi che sono originari dell'India nell'anno mille circa e questo è stato provato grazie alla loro antropologia, la medicina, l'etnologia e la loro lingua.

Cuba ha ricevuto i gitani per più di cinque secoli. Lo specialista d'arte, Antonio Alejo Alejo, racconta che era abituale vedere gli indù lavorare nella zona del porto dell'Avana.

La maggior ondata di gitani giunse a Cuba a partire dal 1936, in fuga dal franchismo, con la guerra civile spagnola. Poi vennero i fuggitivi dai terribili campi di concentramento nazisti.

La scrittrice Renée Méndez Capote dedica uno spazio ai gitani nel suo libro "Una cubanita che nació con el siglo" e in un numero della rivista Carteles del 1940 si legge un reportage che informa che i gitani si erano rifugiati nella zona delle colline di Lawton.

Molti usarono l'isola come una base per poi raggiungere altri paesi, ma diversi si integrarono alla vita di Cuba, che è sempre stata una nazione molto ospitale.

Joventud Rebelde l'anno scorso ha pubblicato un articolo sulla presenza dei gitani, su come vivono questi discendenti eredi delle famiglie giunte negli anni '20, che qui incontrarono il solo paese che permise loro di trascorrere una vita tranquilla.

Qui ci sono abitudini e modi di vestire, parole, attrazioni nei circhi, nelle fiere, le feste e carnevali, nel gergo musicale attuale della musica ballabile o salsa; nel filin degli anni '40 – 50 troviamo parole come jama (cibo), curda (ubriaco), puro (padre). Tra i dolci c'è il braccio gitano!

La moda dei giovani d'oggi è permeata dalle abitudini gitane: bracciali, catenelle ai piedi, collane, fazzoletti alla cintura e in testa, vestiti colorati, grandi anelli.

"Ma dov'è la verità gitana? Da quando ricordo io vado per l mondo con la mia tenda e cerco amore e affetto!" Ras e Sedjic.


Svelando la presenza dimenticata degli zingari a Cuba Mon January 31, 2005 | Posted By: Dana Garrett

Negli ultimi tempi le storie sugli Zingari sono di moda nelle soap operas di prima fascia televisiva alla televisione cubana.
Questo ha risvegliato domande da parte di molte persone sull'isola che – anche se consapevoli dell'influenza esercita dalle culture straniere nella formazione della nazionalità cubana – non erano sinora consci che nelle loro vene potesse scorrere anche sangue zingaro.
Viceversa, le nostre radici africane sono talmente manifeste, che esiste un noto detto per cui se un cubano non ha sangue congolese, sicuramente ne ha di Calabar (ndr: esiste Calabar sia in Nigeria che in Giamaica, penso si riferisca a ciò), questo significa che a Cuba non c'è modo di evitare di essere razzialmente mescolati.
La comparsa di una cultura cubana non è dovuta solo al contributo di africani e spagnoli, anche altre gruppi etnici hanno avuto il loro ruolo.
La storia mostra che nelle prime decadi del secolo scorso, masse di zingari immigrarono nell'isola, mentre per altri studiosi la loro venuta risale ai primi giorni della colonizzazione spagnola.
Ancora, per quanto qui gli zingari siano stati meno discriminati che altrove, lo stesso nel 1930 fu varata una legge per impedire la loro entrata nel paese. Legge che comunque fu largamente aggirata.
Nei ricordi degli anziani la loro presenza si lega a storie di indovini, donne che indossano colorati orecchini, braccialetti e collane; uomini di bell'aspetto che montano e smontano le loro tende.
Pedro Verdecie, avvocato in pensione e storico – che risiede nella provincia orientale di Las Tunas, si ricorda di gruppi di uomini e donne accampati in quell'area.
Dice Verdecie che questi nomadi praticavano la vendita al minuto di vari beni e che talvolta furono coinvolti in attività illegali, riuscendo comunque a instaurare un rapporto con la popolazione stanziale e scambiandosi costumi e tradizioni.
Nonostante la mancanza di documenti ufficiali che provino il passaggio degli zingari sull'isola, la verità è che in questi giorni i cubani sembrano aver iniziato ad apprezzare l'impronta degli zingari all'identità nazionale, col loro fascino vagante di bohemiennes.

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Di Fabrizio (del 02/01/2012 @ 09:06:46, in Kumpanija, visitato 1620 volte)

Sul valico. Foto da geoportale.caibergamo.it

1 gennaio 2012: mi sveglio nel mio letto, da solo. Ricordi confusi della serata precedente.

Bisogno di un caffè come si deve, al bar. Per strada, una distesa di serrande abbassate. Voglio una conferma di dove mi trovo e so dove cercarla. Vado alla torre del binario 21, in Stazione Centrale, dove si abbracciano 100 anni di storia, simboli e lotte di questa città. Milano, un'altra volta riparto da qua.

31 dicembre 2011: tutto è iniziato verso le 16.30, con panettone, peperoni ripieni e 3 montenegro (più mixité di così!)... ci voleva poco a capire come sarebbe continuata la serata. Giro tra le piazzole, un abbraccio e un bicchiere. I falò accesi rivelano se in questo momento la famiglia sia povera o ricca. Si ride, si chiacchiera (quando la musica lo permette), la regola è che devi sentirti come a casa tua, anzi meglio. Ma il mezzo non sono il vino, il cibo, le canzoni, piuttosto un mezzo sorriso che traduci come un abbraccio vero.
Fuori lontano dai fuochi fa freddo, nelle baracche le stufe vanno a tutto volume: una continua sauna finlandese, solo i bambini corrono qua e là incuranti dello sbalzo termico.
Amici, parenti e conoscenti si susseguono da una piazzola all'altra, in un corteo incessante, che stabilisce chi è parte della tua gente, quelli su cui forse potrai contare.

Entro in un grande container familiare, la tavola apparecchiata, 3 o 4 famiglie sono sedute. Il via vai continua. Musica a palla anche qui, ballano i maschietti in giacca e cravatta e le femminucce vestite da principesse. Il rito di far parte per una sera del mondo degli adulti. Anche i grandi che col tempo hanno imparato a fingersi persone serie come i gagé, si lasciano andare, cantano, fischiano, accennano un movimento del bacino o un passo di tango. Stasera non devono fingere: è il momento di ribadire, anche davanti a chi continua ad arrivare in visita, la propria identità e le proprie radici, in un casino inenarrabile e liberatorio.
Io, da sempre negato per ballare, batto il ritmo sul tavolo e con i piedi. Ridiamo: ma ti immagini fare una cosa del genere in un appartamento?
In quella baraonda, ho la netta sensazione di essere una comparsa in un film di Kusturica, e di conoscere tutti gli attori. E' la realtà, invece, che si ripete nei secoli in ogni dove sia arrivata questa gente.

29 dicembre 2011: parlando, anche dei problemi seri, emerge qualcosa di nuovo in questo festeggiare: due giorni prima c'era stata una riunione pubblica sul destino dell'insediamento. Abbiamo lavorato bene per un anno, anche fuori dal campo, e siamo riusciti a riempire la sala della riunione di tanti cittadini che, sorpresa sorpresa, erano lì a difendere i loro rom ed il loro futuro. Rispettosi ma determinati. Con l'assessore che sinceramente non se l'aspettava, ma anche i Rom presenti che si guardavano intorno stupiti.

I segnali c'erano... prima e dopo natale tanta gente del quartiere, molti sconosciuti, è arrivata in quest'angolo dimenticato di Milano, anche solo a stringere una mano, farsi un caffè o un bicchiere di vino, e dire silenziosamente che non si era soli.
E ripenso alla strada percorsa in quest'anno, agli sforzi comuni per abbattere, prima dei ghetti fisici, quelli mentali. Ai tanti Carlo, Paolo, Laura, Cesare, Stefania, Antonio, Marco, Marina... che nonostante i dubbi ed i problemi, ci hanno creduto ed hanno tenuto la rotta.
Se altrove il vento nuovo su Milano fatica a farsi sentire, la nostra piccola primavera di via Padova (tutta, da Loreto sino alla Gobba) sta resistendo all'inverno. Si continua a credere che E' POSSIBILE migliorare SOLO assieme, e per farlo abbiamo dovuto imparare a parlarci da pari a pari. Non è stato così con tutti, dice chi non ci crede... ed ha ragione. Ma c'è chi continuerà.
Parlandoci, vedendoci, siamo cambiati. La mia gente forse ha meno paura del diverso. Qualche rom ha imparato che non si deve sempre fuggire o abbassare la testa; cambiare non significa per forza spostarsi se non lo si vuole, cambiare significa magari trovare il coraggio di lottare anche per restare.

Anche se non sarà (mai) facile. Continuavo a ripeterlo il 31: stavolta abbiamo portato a casa il punto, ma non è finita. Dopo questo valico, nel nostro viaggio da fermi, ce ne aspettano altri.

31 dicembre 2011: mi dice un amico: "A mezzanotte arriva il cotechino con le lenticchie. Se vuoi, poi ti fermi a dormire da noi".
"Grazie fratello, ma ho bisogno di fare due passi. Ci vediamo dopo." Ed invece passo dopo passo mi sono trovato davanti al portone di casa.

E adesso che ho riordinato i ricordi, un buon anno a tutti BAXTALO NEVO BERSH SAVORRENGE.

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Di Fabrizio (del 03/01/2012 @ 09:49:16, in scuola, visitato 1762 volte)

Ogni tanto tocca ripeterlo: in Mahalla amiamo le belle storie. Segnalazione di Fiorella

Giornalettismo.com di CLEMENTINA COPPINI
1 gennaio 2012 Un ragazzino Rom con tre nomi e il suo sogno di andare a scuola

C'è un bambino, si chiama Carlos, è un rom nato nel 1999. In famiglia lo chiamano Daniel ma lui a se stesso ha dato il nome di Lorenzo. Si è battezzato così. Ha fatto fino alla terza elementare nel suo paese, poi ha passato tre anni per strada nel nostro. Non va a scuola da anni, ma lui a scuola ci vuole andare. Così la sua mamma, che è una povera donna che chiede l'elemosina davanti al panificio Crippa, chiede aiuto al Nonno Francesco, il nonno civico della scuola elementare del quartiere, e alla Signora Maria Carmen, madre di una bambina alle elementari e di un bambino alle medie. La mamma di Daniel, di cui nessuno sa il nome e forse non lo sa più nemmeno lei, va alla scuola media del centro della bella cittadina del nord, ma è una stracciona e quindi non la fanno entrare dalla preside. La chiameremo Ferma, perché è una che per la nostra bella società è meglio che non si muova, perché nessuno desidera che si muova. Il suo posto è lì, come arredamento del marciapiede davanti al panificio. Osa andare alla scuola a chiedere l'elemosina di un posto per il suo Lorenzo. Le sgherre della preside hanno l'ordine di non far passare gli scocciatori, che sono i genitori poveri o stranieri o vestiti male o che hanno la fatica e la disillusione stampata addosso. Possono passare solo quelli con la faccia da studiati e con i vestiti stirati, perché quello è il genere di visitatore che non dà fastidio. Ferma ha altre tre figlie in Romania, ha 32 anni ed è già nonna. Vive in un catorcio di camper freddo d'inverno e caldo d'estate e la sua professione è chiedere la carità. Resta lì, Ferma, fuori dalla presidenza, con una specie di penoso sacchetto all'interno del quale stanno accartocciati i documenti suoi e di suo figlio. Passa un anno veloce o lento, ma il tempo scorre per vie e modi paralleli al normale per uno che è abituato a vivere davanti a una vetrina. Il pane ogni giorno è uguale, per chi non ce l'ha.

SCUOLA DI PERIFERIA - Un giorno Nonno Francesco e Maria Carmen vedono il bambino, chiedono alla madre perché non sia a scuola e decidono di andare a parlare con la preside della scuola media del centro. Qualcuno dirà "Come mai non se ne sono accorti prima?" oppure "Era il minimo che potessero fare". Però il fatto è che sono stati gli unici a vedere quel bambino e a pensare di chiedere spiegazioni a Ferma. Gli altri sono passati e basta, si sono accorti ma non è loro interessato e il minimo che potevano fare non lo hanno fatto. Nonno Francesco e Maria Carmen si presentano per parlamentare e vengono fatti passare, perché hanno le caratteristiche che rendono una persona atta a varcare la soglia dell'ufficio della responsabile dell'istituto. Con loro c'è Lorenzo, tutto pulito e ordinato, con ai piedi le scarpe da ginnastica più bianche che si siano mai viste ai piedi di un ragazzo di quell'età. Vuole fare bella impressione perché così magari lo prendono. Per lui sarebbe un privilegio, non sa che da noi è un obbligo. La preside ascolta Maria Carmen e dice che non ha posto per il bambino nella scuola del centro, ma è persona disponibile. Allora chiama la scuola media di periferia, che è più adatta a un bambino rom che lei è sicura che fino al giorno prima chiedeva l'elemosina. Invece no: Ferma non ha mai voluto che suo figlio chiedesse la carità, perché è una cosa troppo umiliante. All'altra scuola risponde la vicepreside (il preside non c'è, perché si vede che in certe zone basta il vice) che lo accetta tra i suoi alunni, non dimenticando di sottolineare come la media del centro abbia scaricato altrove il piccolo rom. Questa è solo una cattiveria gratuita. Se domani alla scuola del centro si presentano a iscrivere il pargolo due bei genitori eleganti e laureati anche nel loro caso la preside chiama la scuola decentrata. Chi potrebbe dubitarne?

NIENTE ISCRIZIONI PER GLI STRACCIONI - Ferma il pomeriggio stesso va in segreteria con il suo scartoccio di documenti, ma è una stracciona anche per la scuola del quartiere popolare e non le danno retta. Non può ritirare il modulo d'iscrizione perché non sa fare la sua firma, così torna alla roulotte pensando che non si può fare niente. Maria Carmen lo viene a sapere la mattina dopo, chiama la vicepreside, che non c'è. Richiama più volte, lascia il suo numero. Niente, non viene richiamata. Presidi e vicepresidi sono molto occupati, non hanno tempo da perdere al telefono. Maria Carmen aspetta, Daniel aspetta. I giorni passano e la scuola non chiama per dire quando il ragazzo potrà iniziare. Alcune anime pie intanto gli procurano del materiale. Quando vede quella che sarà la sua cartella – uno zaino usato che non sembra nemmeno usato, ma l'ex proprietario è un bambino che ne ha uno nuovo ogni anno, perché noi siamo una civiltà che insegna ai propri figli a buttare, e da noi la misurazione dell'usatezza è quantomai soggettiva – non riesce a credere che sia per lui, perché gli sembra troppo bella. Ora che ha il suo zaino della Seven, Lorenzo inizia a credere di potersi sedere a un proprio banco, bisogna insistere. E allora via di nuovo con le telefonate in segreteria e, per incentivare la risposta, con lo scrivere qualche mail alle persone giuste. Tempo poche ore la vicepreside si libera dei gravosi impegni, trovando il tempo per avvisare Maria Carmen che la settimana entrante Lorenzo comincia la scuola. Ferma viene convocata in segreteria con il suo scartoccio di documenti, e stavolta qualcuno aiuta questa zingara analfabeta. Così l'iscrizione viene perfezionata e tutto si smuove. Alla scuola ora pensano anche a come procurargli i libri e a come aiutarlo a recuperare il tempo perduto.

I ROM CHE HANNO PAURA DI NOI - Daniel è sveglio, ma deve imparare tante cose. Gli danno un insegnante di supporto. È un lunedì mattina di ottobre quando Daniel entra in classe. Ce la farà? Le difficoltà dell'affrontare la scuola media per uno che non ha nemmeno finito le elementari lo spingeranno all'abbandono? D'altronde la legge dice che le elementari non le poteva più fare. Nel paese delle eccezioni ci sono regole molto severe, imprescindibili, ferree, sebbene per alcuni soltanto. Purtroppo il ragazzo non potrà andare in mensa, non c'è posto. Con tutto quello che si butta, davvero non si può mettere qualche maccherone in un piatto per lui? No, non si può. Mangerà un panino fuori dalla classe, ma lui è abituato a stare fuori da qualcosa, a non appartenere. Almeno sarà fuori dalla sua classe, e non da una classe qualsiasi o dalla classe di un altro. Ferma lo aspetta ogni giorno fuori da scuola, non lo lascia mai andare in giro da solo. Ha paura per suo figlio, che gira bello e pulito e più ingenuo dei suoi coetanei italiani. Molto più ingenuo. Incredibile a dirsi, ma i rom hanno paura di noi. O forse non è così incredibile. Maria Carmen e una maestra elementare in pensione gli danno ripetizioni due volte alla settimana, ma la strada è lunga e l'inverno sta diventando sempre più freddo, nel camper. Daniel è a scuola, le sue scarpe bianche splendono sotto il banco. Questa storia finisce dove avrebbe dovuto cominciare, con Lorenzo che ascolta la lezione nella sua classe e ha davanti una strada lunghissima, ma ha già iniziato a mostrare di avere un'intelligenza molto brillante. Questa storia è vera, verissima e Lorenzo esiste, eccome se esiste. Studia, Lorenzo, perché, per chi deve salvare se stesso da una situazione schifosa (chi scrive lo sa per esperienza personale), ogni giorno passato a imparare è un nuovo inizio, è la speranza. È Capodanno.

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