Conoscere non significa limitarsi ad accennare ai Rom e ai Sinti quando c'è di mezzo una disgrazia, ma accompagnarvi passo-passo alla scoperta della nostra cultura secolare. Senza nessuna indulgenza.
MENDICANTI IN TRIBUNALE: "LA CACCIA AI ROM CONTINUA"
Intervista: due rumene compaiono lunedì davanti al Tribunale di Bobigny per
"abbandono" dopo essere state arrestate mentre mendicavano insieme ai loro
figli. Il loro avvocato denuncia un'infrazione aberrante e chiaramente contro i
rom.
TF1 NEWS:
"In quali circostanze sono state arrestate le Sue due clienti e cosa viene
esattamente contestato loro?" HENRI BRAUN, AVVOCATO:
"Maria e Genovita sono due giovani donne rom, originarie dalla Romania. Hanno
circa venti anni e sono arrivate in Francia alcuni mesi fa, con i loro mariti e
i loro figli. Come tutte le cittadine rumene e bulgare in Francia, non hanno
accesso al mercato del lavoro. Vivevano quindi in condizioni molto precarie, e
sono state costrette a mendicare per sopravvivere e nutrire i loro figli. Sono
state arrestate il 6 settembre al Bourget, mentre chiedevano l'elemosina per
strada, con i loro figli. Questi ultimi sono stati loro tolti per otto giorni,
poi finalmente restituiti. Da allora, sono citate per "abbandono" presso il
Tribunale di Bobigny.
Questo reato, che figura nel C.P. Art. 227-15 comma 2, è stato creato per mezzo
della legge di sicurezza interna del 2003. Stipula che costituisce un abbandono,
in particolare il fatto di mantenere un bambino di meno di sei anni sulla via
pubblica o in uno spazio riservato al trasporto collettivo di viaggiatori, con
lo scopo di sollecitare la generosità dei passanti. La sanzione prevista è di 7
anni di reclusione e di € 100'000 di multa. In seguito all'istituzione di questo
reato, c'è stata una prima ondata di controlli nel 2004 e nel 2005. Poi, il 12
ottobre 2005, la Corte di Cassazione ha emesso una sentenza che impone alla
procura di apportare la prova che la salute del bambino è stata intaccata,
perché il reato possa essere costituito. Siccome non è mai il caso, gli arresti
si sono fermati di netto.
Ma l'attacco è chiaramente ripartito, dall'estate scorsa. La caccia ai rom
continua. Questo si ricollega all'offensiva lanciata un po' più di un anno fa,
con lo smantellamento di tutti i campi nomadi, in particolare nella zona di
Seine-Saint-Denis."
TF1 News:
"Questo lunedì sarà esaminata una questione prioritaria di costituzionalità (QPC),
depositata da Lei a metà ottobre, durante una prima udienza: perché Lei si
augura che questo testo venga abrogato?" H.B:
"Ciò che sorprende, nei fascicoli delle mie due clienti, è che possiamo leggere
che i poliziotti hanno dichiarato abbiamo reperito e interpellato una donna di
tipologia rom. Il mio obiettivo è di fare sparire quest'articolo di legge, che
considero chiaramente contro i rom, in quanto fino ad oggi, ho visto soltanto
rom essere incriminati sulla base dell'art. 227 -15 comma 2. Quest'ultimo è
stato pensato in un senso discriminatorio ed è applicato in modo
discriminatorio. Semmai la mia QPC dovesse essere rifiutata oggi, mi rivolgerò
alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea, nel Lussemburgo, per violazione
della Carta europea dei diritti fondamentali. Ritengo infatti che la mendicità
non sia un reato. E quanto bene verrebbe stabilito che lo sia, la sanzione
proposta è totalmente spropositata. E' aberrante. Come è possibile che un furto
semplice sia punito con tre anni di reclusione, mentre il semplice fatto di
mendicare sia punito con sette anni?"
TF1 News:
"E' il fatto di mendicare con il proprio figlio, che è punito con sette anni di
reclusione." H.B.:
"Sono d'accordo, ma il problema è che queste donne non hanno accesso né ai nidi,
né ai baby-parking. Quindi, come devono fare? La giustizia penale è lì per
reprimere dei comportamenti nocivi nei confronti della società. Ma nella
fattispecie, si mira semplicemente a stigmatizzare una parte della popolazione.
Trovo questo insopportabile. E senza fare alcun amalgama o volere tentare di
paragonare l'incomparabile, è ancora più insopportabile per il fatto che gli
zigani sono stati spesso stigmatizzati nella storia."
TF1 News:
"Nello stesso tempo però, la nostra società non può tollerare di vedere bambini
mendicare fuori tutto il giorno, con i loro genitori." H.B.:
"La questione non è di sapere se si approva o meno moralmente questa situazione.
Nel fondo, sono ovviamente completamente d'accordo nel dire che il posto dei
bambini di meno di sei anni non è per strada a mendicare. La vera questione è di
capire se questo merita una repressione penale. All'ora attuale, non facciamo
nulla per questi bambini. Un inizio di soluzione sarebbe di dare a questa gente
l'accesso al lavoro. Hanno piene capacità per farlo. Allora, non avranno più
bisogno di mendicare."
TF1 News:
"La votazione di questo articolo di legge mirava ugualmente a mette un fermo
alle reti organizzate..." H.B.:
"Può darsi che ciò esista, ma io non ne ho mai visto. Ho semplicemente visto
mariti e donne che provavano ad avere una vita migliore per i loro figli. Ma se
fosse il caso, esiste un altro testo che condanna lo sfruttamento della
mendicità e che non ho ancora mai visto applicato. Allora iniziamo da questo."
TF1 News:
"Durante la prima udienza a metà ottobre, un'altra donna arrestata alla Courneuve
e alla quale si rimproverava gli stessi fatti, è stata finalmente rilasciata.
Lei si aspetta la stessa clemenza da parte del Tribunale, nei confronti delle
Sue clienti?" H.B.:
"Sono molto fiducioso in quanto all'ottenimento del rilascio, in quanto gli
esami clinici effettuati sui bambini hanno dimostrato che godono di perfetta
salute. I servizi di polizia stessi, hanno giusto constatato che il pannolino di
uno di loro era stato cambiato con un po' di ritardo, e che di conseguenza, il
piccolo aveva il sederino leggermente arrossato... Siamo quindi lontano dal
maltrattamento o dall'abbandono. Però il mio obiettivo si sposta più in là del
rilascio. Il mio obiettivo, come ve l'ho detto, è di ottenere l'abrogazione di
questo testo di legge."
Di Fabrizio (del 26/11/2011 @ 09:21:53, in lavoro, visitato 1724 volte)
2011/11/22
Il 2011 non è stato un buon anno "per il popolo Rom, grande protagonista del
riutilizzo in Italia. Nonostante il grande servizio dato all'ambiente e le
innovazioni normative, le amministrazioni non danno segnali per la regolarizzare
del fenomeno": si apre così la sezione dedicata agli operatori Rom del settore
dell'usato, contenuta nel "Rapporto sul Riutilizzo 2011" curato dal Centro di
Ricerca Economico e Sociale di "Occhio del Riciclone", in collaborazione con il
Ministero dell'Ambiente, presentato il 18 novembre scorso presso la Città dell'Altraeconomia
a Roma.
Dal documento emerge che, grazie alla vendita di merci recuperate, circa il 10%
di questa comunità riesce a vivere con un reddito onesto. Si tratta di frugatori,
in parte sostituiti dalle nuove generazioni di bulgari e rumeni, stanziati ai
margini dei mercati spontanei in ritrovi di fortuna e che, non sostenendo costi
di trasporto e igienizzazione dei prodotti raccolti, hanno determinato il crollo
dei prezzi in vendita. Insieme a quella dei ferraioli sono la categoria più
colpita. "Una volta gettato nel cassonetto, il rifiuto diventa proprietà dell'A.m.a.
e il suo approviggionamento viene considerato furto", spiega Silvia Paoluzzi,
della Rete di Sostegno ai Mercati Rom. "Si rischia addirittura il sequestro del
veicolo. Per questo ha preso piede il fenomeno dei ragazzi in bicicletta, che
con cassette di plastica, trasportano ferro e metalli in piccole quantità". Poi
ci sono i rigattieri e svuotacantine che, non trovando sbocchi nei mercati, sono
costretti al conto terzi.
Sempre più ridotto lo spazio concesso nei mercati autorizzati. "Sono sotto
attacco in tutta Italia", spiega Aleramo Virgili, portavoce della Rete O.n.u.
Lazio (Rete Operatori nazionali dell'usato). "Dalle periferie romane al famoso
mercato di Porta Portese; dal mercatino dello stadio San Nicola di Bari a quello
di Bonola (Milano); dall'area del Porto antico di Genova o di Piazza Garibaldi a
Napoli". Per oltre 10 anni, i "Romano Pijats", i mercati della Capitale, dietro
il pagamento della Ta.Ri (tariffa rifiuti) e del suolo pubblico, hanno garantito
un reddito ad oltre 500 capifamiglia Rom, consentendo di regolarizzare
documenti. Da circa 3 anni la battuta d'arresto. Chi vuole lavorare è costretto
ad aprire la partita Iva, che molti non possono permettersi, costringendo la
maggior parte a tornare nell'informalità.
La Rete di Sostegno ai Mercatini Rom, nata lo scorso aprile durante gli "Stati
Generali del Riciclo", ha raccolto l'eredità di questa esperienza e quella dello
Sportello Popolare per i Migranti di via del Quarticciolo 18 a Roma, che dal
2008 ha svolto un servizio di ascolto e supporto legale gratuito fino a tre
settimane fa, quando è stato chiuso "a causa di pesanti problemi d'intolleranza
razziale da parte degli abitanti del quartiere, molti dei quali coinvolti nella
malavita locale" racconta la Paoluzzi. "Il VII Municipio, pur riconoscendo
l'importanza che il servizio gestito da volontari ha svolto per decine di
famiglie Rom, migranti di origine araba, nordafricana e sud americana, ha
preferito farlo chiudere, piuttosto che affrontare il problema. Segno di come la
questione Rom sia ancora percepita dalle istituzioni come un problema di
sicurezza". L'idea ora è quella di donare la sede ad altre cooperative e di
trovare un'altra area dalla quale ripartire.
Al momento la Rete è impegnata a Napoli nei lavori della Prima Assemblea
Nazionale degli Operatori dell'Usato, insieme alla Rete O.n.u. di cui fa parte:
"Chiederemo mercati multietnici per migranti e la revisione della legge 205, per
aprire spazi occupazionali e d'integrazione". E conclude: "In Campania sono
stati proprio i Rom a dare il buon esempio durante l'emergenza rifiuti. Dalla
ricerca dell'Isde (Associazione Medici per l'Ambiente) ‘Il valore della raccolta
differenziata a Napoli', condotta con i dati di Asia e Ispra, risulta che i Rom
abbiano contribuito per il 90% al corretto smaltimento di alluminio, rame e
materiale ferroso. Fra i pochi quindi, a comprendere che è proprio la
differenziazione dei rifiuti il vero ‘Oro di Napoli".
Young4young.comchi viene e chi vadi Ana Cvitan - Raccontare la situazione rom in Italia attraverso l'arte e lo spettacolo. Si
può, se hai come santi protettori Daniela e Silvio - giovedì 24 novembre
2011
Antun Blazevic in una foto di Marija Dzalto
Iniziare un'intervista con qualcuno che ti dice che puoi lasciare tranquilla la
tua borsa vicino a lui, perché oggi "non lavora", e finirla sentendo la sua
dichiarazione di essere invidioso di Berlusconi, perché appare solo lui alla TV
italiana e non i rom, non è molto comune. Invece, la conversazione con Antun
Blazevic, in Italia conosciuto come ToniZingaro, è andata proprio così. Lui è un
mediatore culturale, ha radici zingare, vive in Italia da più di 30 anni e
attraverso l'ironia racconta il suo popolo e le condizioni nelle quali si trova
dentro la società italiana.
Da un anno gestisce l'associazione "Theatre Rom" che ha il ruolo, come lui
stesso dice, «di promuovere la cultura e la tradizione del popolo rom e di far
vedere alla società che i rom non sono tutti sporchi, brutti e cattivi, ma che
sono pure persone che lavorano, persone che mettono passione nel proporre un
messaggio costruttivo, e non solo quello distruttivo, che invece alla società
italiana piace sentire e vedere». Nei media i Rom sono spesso presentati
attraverso i pregiudizi; nessuno li presenta come persone che «cantano, suonano,
recitano, dipingono quadri, lavorano il rame, fanno sculture».
L'associazione "Theatre Rom" non cerca di raggiungere l'obbiettivo attraverso
grandi azioni politiche, ma, come dice ToniZingaro, vuole «raccontare lo stato
dei Rom in Italia attraverso il palcoscenico e l'arte». Non vuole nemmeno
cambiare le convinzioni degli altri, «perché ognuno può pensare quello che
vuole. Ciò però non significa che egli non si debba confrontare con se stesso,
ripensare i propri modi di ragionare, mettersi nelle condizioni di riflettere se
tutti i suoi giudizi sono veri». Antun Blazevic, cosciente della presenza di
pregiudizi nella società italiana, li affronta in un modo ironico. Considera che
«una risata sana salva la vita» e proprio per questo usa l'ironia per far capire
alle persone quale è la vera situazione. «Con l'ironia metti le persone davanti
alla realtà, ma rendendola più leggera», dice.
Si intitola "la lettera" lo spettacolo d'ironia e di denuncia, andato in scena
la settimana scorsa. Il testo, scritto proprio da lui, racconta il mondo rom
attraverso l'umorismo: ad esempio, i figli del protagonista portano i nomi «dei
santi protettori del popolo rom: Giulio, Silvio, Daniela, Mario, Umberto, Pier
Silvio. È infatti merito loro, se i Rom in Italia si trovano "così bene"».
Tutto quello che fa l'associazione lo realizza con propri mezzi, perché «se con
i nostri progetti denunciamo il fatto che il popolo rom per colpa
dell'amministrazione è povero e a disagio, mi sembra poi contraddittorio
chiedere all'amministrazione di sostenere economicamente questi stessi
progetti».
L'associazione promuove anche laboratori per bambini, non solo rom. Si sceglie
un'altra metodologia, «si mettono insieme i bambini rom con i gagè (tutti gli
altri bambini), perché siamo convinti che la vera integrazione si realizza nel
loro incontro. Il mondo occidentale vorrebbe che noi lasciassimo la nostra
cultura e ci assimilassimo a loro, per entrare a pieno titolo nella loro
società. Ma l'assimilazione è una cosa pericolosa – essa significa perdere
l'identità, i valori, il modo di essere, di vivere, il modo di capire e
percepire il prossimo».
Non solo attraverso lo spettacolo, ma anche in altri momenti Antun Blazevic è
«portavoce dei rom» per richiamare l'attenzione del pubblico su alcuni diritti
fondamentali di questo popolo che lo Stato dovrebbe riconoscere: «la minoranza
linguistica - perché un uomo senza lingua è come un uomo senza l'identità; il
diritto al lavoro; il diritto all'educazione, in modo tale che le scuole non
siano più soltanto un "parcheggio" per i bambini rom, ma luoghi dove questi
bambini sono trattati come tutti gli altri bambini. Alla fine si dovrebbe
rispettare e conoscere la cultura dei Rom, perché soltanto così si arricchisce
la propria».
Secondo ToniZingaro è la musica la cosa più significativa del mondo rom. Davvero
può arricchire la cultura occidentale: «La musica è una forza molto più potente
della bomba atomica. La musica nel mondo rom è capace di aprire tutte le porte,
le finestre, i cuori, le anime, le persone. Con la musica trasmetti gioia,
dolore, amore, tristezza, felicità, pensieri. Tutto!». C'è poi un'altra cosa che
a noi occidentali può insegnare molto: questo popolo ha una grande forza di
sopravvivenza. «I rom non si arrendono mai. Anche dopo che qualcuno gli ha
bruciato la baracca, essi riprendono subito a vivere, perché sono liberi, non
hanno la necessità di essere proprietari di qualcosa, non hanno questo senso
della proprietà al quale invece gli occidentali tengono così tanto».
Alla fine gli chiediamo di spiegare la parola "Rom". Ci risponde che preferisce
essere chiamato ToniZingaro. La parola "rom", tradotta letteralmente dalla
lingua romaní, significa "uomo": non vuole che qualcuno lo chiami con questo
sostantivo, mentre poi non lo considera un essere umano.
Di Fabrizio (del 28/11/2011 @ 09:23:07, in media, visitato 3891 volte)
Questa storia potrebbe iniziare in Svezia, un paese a tratti molto più civile
del nostro, talmente triste e nordico che possono dare dei TERÜNI anche a quei
polentoni di Cassano Magnago. In Svezia nacque 30 anni fa Zlatan, calciatore dal
vago profilo cavallino, capace di sfracelli nei campionati nazionali e sostanzialmente una pippa nelle competizioni europee (un po' come le
nostre squadre di calcio negli anni '70-'80). Zlatan ha il problema di molti
calciatori viziati: un carattere schifoso (e quando sei ai vertici, devi
anche essere educato come Pelè, i sanguigni come Maradona non sono tollerati,
neanche se Zlatan ha un approccio alla chimica diverso dall'argentino).
Inoltre, cambia squadre di calcio manco fossero mutande. Così, i tifosi
avversari (anche quelli che lo adoravano pochi anni prima) cominciano ad
urlargli ZINGARO, ZINGARO... perché a questo punto Zlatan non è più uno svedese,
ed anche a gridargli
BOSNIACO-CROATO non sarebbe la stessa cosa. Zlatan ha origini khorakhané,
nonostante le sue mille casacche, quello rimane il peccato originale.
Suo coetaneo è Alan Caligiuri, che alla radio realizza una di quelle
trasmissioni pietose con le risate e gli applausi registrati. Il suo siparietto
si chiama "Zlatan lo zingaro" (manco a farlo apposta: il peccato originale).
Biografia truzza come quella dello Zlatan più famoso.
Il suo Zlatan vive "nella casa a rotelle", ruba, spaccia,
sfrutta minori e prostitute... e, devo dire per averne parlato con loro, non
dispiace neanche a Rom e Sinti (italiani o stranieri), sempre ansiosi di
conformarsi con quel che pensano i gagè. Diciamo che ci hanno fatto l'abitudine
a chi di loro parla male, e poi non sono mai stati un popolo da scatenare
crociate. Così, stanno allo scherzo, indecisi se si tratta del solito razzismo
da poveracci (che per forza se la prende con i più poveracci ancora) o un
sistema perché al solito qualcuno faccia soldi usando gli zingari (cioè
amici e nemici uniti nell'abbraccio del dio denaro).
DATO CHE L'ORIGINALITA' E' ZERO, la storia potrebbe finire qua. Ma visto che
i Rom e i Sinti sostanzialmente se ne fregano, ecco scendere in campo i
soliti professionisti dell'antirazzismo, speranzosi nell'ennesima tribuna
mediatica. O peggio ancora, di assurgere a portavoce di un popolo che vorrebbe
essere ascoltato (qualche volta) in prima persona e senza protettori.
E così la storia riparte, perché al coro antirazzista si uniscono i Rumeni,
in Italia e in patria, cioè una delle popolazioni più antizigane che ci siano;
maltollerati in Italia, ma che col nostro popolo condividono sicuramente il
vittimismo.
Cosa c'entrano i Rumeni? Zlatan al limite è un nome slavo...
Se Caligiuri avesse continuato a ripetere le stesse cose, prima o
poi sarebbe diventato una macchietta (come capita a chi non sa variare il
repertorio). Ma, ad un certo punto, ha deciso che Zlatan, nonostante il nome,
dovesse venire dalla Romania (visto che ultimamente quasi tutti i Rom arrivano
in Italia da lì) e
ha chiamato la Romania come Zingaria. Apriti cielo! Se sei rumeno, puoi
anche essere definito ladro, pappone, prostituta, ma essere solo avvicinato ad uno
zingaro significa montare un incidente internazionale.
Poco altro da raccontare: la trasmissione è stata sospesa, Caligiuri si
dipinge come una vittima della censura, i professionisti dell'antirazzismo sono
contenti perché si è parlato di loro in Romania. Storie da gagé.
Io mi accontenterei che Caligiuri provasse sulla sua pelle cosa significa
campare di elemosine e piccoli furti, o raccogliere rottami per 10 euro al
giorno. Alan, se non ti faranno più andare in radio(ma non credo, quelli come te cadono sempre in piedi), ti raccomanderò a
qualche amico mio, poi mi dirai...
Di Fabrizio (del 28/11/2011 @ 09:30:06, in lavoro, visitato 1722 volte)
VENERDI 2 DICEMBRE 2011 ORE 19.00 LA CITTA' DEL SOLE – VICO MAFFEI A SAN GREGORIO ARMENO, 18 – NAPOLI
per LA KUMPANIA
un anno di Percorsi Gastronomici Interculturali
Donne rom e italiane si incontrano in cucina e sperimentano percorsi di
emancipazione personale e professionale, per valorizzare e diffondere i
rispettivi patrimoni culturali e gastronomici.
Il progetto ha visto la partecipazione di 12 donne rom e italiane di Scampia in
un percorso di ricerca azione al femminile costruito intorno al tema della
cucina come strumento in grado di favorire le relazioni, l'incontro tra culture
e sperimentare una forma di lavoro auto imprenditoriale.
Proiezioni di foto e video
Presentazione di un quaderno di racconti e ricette
CENA
con le delizie gastronomiche rom e italiane a cura della Kumpania
a seguire O' ROM IN CONCERTO
Megaevento domenica passata a Milano. Tanti gli ingredienti: storie di
riscatto di piccoli musicisti che suonavano nelle metropolitane, un palco di
tutto rispetto come quello del Conservatorio, un fronte inedito per la nuova
santa alleanza, una riuscita campagna mediatica, commozione del pubblico...
(clicca sull'immagine per leggere l'articolo)
Mancavamo solo noi, e credo che non se ne sia accorto nessuno (per fortuna).
Però due righe di cronaca siamo riusciti a scriverle lo stesso:
C'era una volta, tanti e tanti anni fa, un paese chiamato Milano, dove
regnava don Colmegna I, detto il buono.
La fama di don Colmegna era giunta anche all'orecchio di un suonatore zingaro di
fisarmonica, Jovica Jovic (proprio quello di cui si parla spesso in Mahalla), che
allora teneva corsi di fisarmonica dalle parti di
via Morigi.
I corsi andavano esaurendosi, e forte della sua passione, professionalità ed
esperienza, Jovica propose di tenere dei corsi presso Casa della Carità, aperti
a tutti, Rom e no, perché secondo lui è stando insieme che si sconfigge il
razzismo.
Don Colmegna mai rispose a Jovica, ma poco dopo iniziò il suo progetto di corsi
di violino per giovani rom, gestito da un suo amico.
Probabilmente pensò che se proprio un Rom deve lavorare, non è conveniente che
assuma un ruolo di responsabilità, o peggio direttivo.
Così adesso Jovica ha iniziato lo stesso
i suoi corsi da un'altra parte,
senza troppa pubblicità e senza gli spot di RadioPop
Per secoli Sulukule è stato il quartiere dei rom di Istanbul, poi le loro
case son state distrutte per lasciar spazio a nuove costruzioni. Oggi la vivace
tradizione musicale rom torna a vivere a Sulukule in un laboratorio artistico
dedicato a tutti i ragazzi
"Amano il rosso, si lodano a vicenda. Sono fatti così i rom, non potrebbero
vivere, morirebbero senza uno strumento musicale". Inizia così una famosa
canzone rom suonata nelle cerimonie nuziali di strada. Fino a poco tempo fa la
si sentiva riecheggiare nelle case delle viuzze di Sulukule, a ridosso delle
mura di Teodosio, quando le orchestre del quartiere di insediamento rom più
antico del mondo facevano musica nelle "case di divertimento" e la gente ballava
e suonava insieme. Altre volte, al calar della sera, quando venivano poste le
sedie davanti ai portoni delle case un via vai di violini, kanun, clarinetti, ud,
cümbüş attaccavano con la musica, mentre le donne e le ragazze, vestite dei
colori più sgargianti, li accompagnavano con le loro danze.
Nel 2009 la musica a Sulukule è stata bruscamente interrotta.
Il quartiere è
stato completamente raso al suolo per consentire al piano di riqualificazione
urbana della municipalità metropolitana di Istanbul di costruire su 46mila metri
quadrati un complesso di case moderne, destinate a nuovi inquilini. Le famiglie
rom che abitavano nella zona sono state costrette a vendere le loro proprietà
(dichiarate fatiscenti) a prezzi stracciati. In cambio hanno ricevuto nuove
abitazioni a Taşoluk, a quaranta chilometri da Istanbul, con tanto di mutuo
agevolato per pagarne il debito.
Ma delle 337 famiglie che erano partite, quasi tutte sono tornate indietro.
Hanno trovato sistemazione, ciascuno secondo le proprie possibilità, nelle zone
limitrofe del loro vecchio quartiere, perché vivere in appartamenti isolati,
privi del sostegno comunitario essenziale per la loro quotidianità non è stato
possibile.
Un innovativo atelier artistico per ragazzi
Lezione a Sulukule (foto di Tansel Atasagun)
La scomparsa di Sulukule e la disgregazione sociale che ne è seguita hanno
portato con loro anche un altro rischio, quello di perdere la tradizione
musicale tramandata tra i rom di generazione in generazione. Per questo motivo
gli attivisti della Piattaforma di Sulukule, che fin dall'inizio del processo di
demolizione nel 2006 hanno lottato per salvare il quartiere, hanno pensato di
dare vita ad un laboratorio artistico rivolto ai bambini e alle bambine di
Sulukule, presentando il loro progetto all'Agenzia per Istanbul Capitale Europea
della Cultura 2010.
"Solo un terzo del budget che avevamo richiesto è stato accolto. Ma abbiamo
deciso di accettare comunque per non vedere il nostro proposito sfumare del
tutto", spiega a Osservatorio Balcani e Caucaso Funda Oral, direttrice del
progetto e attivista della Piattaforma Sulukule.
Una piccola casa rosa a tre piani, al confine nord dell'area del quartiere
abbattuto, è diventata nell'agosto del 2010 la sede di questo innovativo atelier
artistico frequentato da 60 ragazzi e ragazze dai 6 ai 17 anni. "Non ci sono
solamente bambini rom, ci vanno anche altri ragazzi della zona", aggiunge Şükrü
Pündük, presidente dell'Associazione culturale rom di Sulukule ed altro
promotore del progetto.
Tutti a studiare ritmica, danza, elementi di nota, chitarra, violino, kanun, ud,
clarinetto, ma anche lettura e scrittura, inglese e da quest'anno sono previsti
anche elementi di drammaturgia e cinema. "Avendo avuto modo di osservare negli
ultimi cinque anni la vita culturale a Sulukule, ci siamo resi conto di quanto i
rom siano naturalmente portati all'arte. I ragazzi hanno un grande interesse per
la musica e molti l'hanno già imparata in famiglia, dove spesso ci sono dei
musicisti, ma suonano a memoria, senza conoscere le note" aggiunge Oral.
Infatti, se gli allievi del primo livello devono ancora imparare gli elementi di
base degli strumenti che hanno scelto, ascoltare quelli del secondo, durante una
lezione, è estremamente piacevole, visto che ci si trova di fronte a degli abili
esecutori che vengono seguiti anche da maestri della musica rom del calibro di
Yaşar Akpençe.
Lezione di violino (foto di Tansel Atasagun)
La formula che unisce un ambiente piccolo ed accogliente ad un metodo didattico
elastico, si è rivelata fondamentale per i docenti di musica turca del
conservatorio dell'Università Tecnica di Istanbul (İTÜ) che insegnano al
laboratorio. Aykut Büyükçınar, docente di violino, proviene lui stesso da una
famiglia rom. Per esserci passato personalmente, conosce bene le tendenze e i
problemi dei suoi studenti.
"È un dato di fatto", dice Büyükçınar, "noi abbiamo difficoltà a stare negli
schemi". Come fare allora a non reprimere la vena naturale dei bambini
insegnando loro anche le regole? "Lasciarli liberi di suonare quello che
vogliono e insegnare loro le note sulla base dei pezzi che preferiscono.
Applicare un nuovo sistema basato su una comunicazione diretta e informale che
permetta di coniugare l'insegnamento accademico con quello tramandato dalla
famiglia", ci spiega.
Non solo musica
Il laboratorio però non funge solo da scuola di musica. Secondo Funda Oral, che
l'anno scorso ha dedicato tutto il suo tempo per tenere in piedi il progetto,
"la musica serve ai ragazzi per tenere testa ai problemi della vita. Ma per
poter essere forti nella società devono avere anche un'istruzione". Scopo della
scuola è anche quello di aiutarli ad accedere alle scuole d'arte e ai
conservatori, un proposito che richiede un grande impegno da parte dei docenti
del laboratorio, vista la scarsa scolarizzazione dei bambini. E per questo che
Oral e Şükrü Pündük stanno cercando di organizzare anche dei corsi da privatisti
per loro.
"Qui ci si sposa, si diventa adulti già a 15 anni", spiega Oral. "A scuola i
ragazzi spesso vengono bocciati durante l'anno per le numerose assenze. La metà
circa abbandona la scuola dopo la terza elementare. L'altra metà continua a
stento fino alla conclusione della terza media. Solo due giovani nel quartiere
frequentano l'università". Ma, aggiunge: "L'esperienza che abbiamo avuto ci ha
dimostrato che attraverso l'arte è possibile avvicinare i ragazzi
all'istruzione. In realtà la Convenzione sui diritti dell'infanzia delle Nazioni
Unite prevede che i bambini ricevano un'istruzione in considerazione dei loro
talenti, ma è un punto che viene spesso dimenticato. In più abbiamo un altro
problema: non sappiamo dove indirizzare i ragazzi, dato che in tutta Istanbul
c'è un solo liceo artistico".
I costi di mantenimento del laboratorio artistico sono molto bassi – volendo, se
ne potrebbe aprire uno ogni tre vie – propone l'attivista. Si parla di 600 lire
turche d'affitto al mese (circa 240 euro) e un piccolo stipendio per gli
insegnanti. Ma c'è da integrare il numero degli strumenti musicali. Per alcuni
bambini la carta, i pennarelli, i quaderni e i libri sono un lusso incontrato
per la prima volta al laboratorio. Fortunatamente, all'inizio dello scorso
agosto, proprio quando i soldi a disposizione del progetto erano esauriti, una
fondazione ha deciso di finanziarlo per altri 6 mesi.
Un sostegno che i ragazzi del laboratorio si sono guadagnati suonando da soli
per quindici minuti all'interno del concerto dell'orchestra giovanile
venezuelana Simón Bolivar tenuto lo scorso agosto in Piazza Galata a Istanbul.
Prima dell'evento, alcuni membri dell'orchestra, figlia del programma el Sistema
Nacional de las Orquestas Juveniles e Infantiles de Venezuela ideato da José
Antonio Abreu che in quasi quarant'anni ha trasformato mezzo milione di giovani
venezuelani socialmente a rischio in musicisti, sono venuti ad ascoltare un
saggio dei ragazzi di Sulukule per decidere sulla loro partecipazione al
concerto e l'impressione è stata ottima.
Dopo il concerto Abreu ha fatto i complimenti ai giovani esecutori rom e delle
promesse su una futura cooperazione musicale tra la Turchia e il Venezuela. Ma
di fronte ad un'improbabile eventualità che lo Stato venezuelano finanzi anche
il laboratorio artistico di Sulukule, sta alle amministrazioni turche capire
l'importanza di iniziative come questa, investire meno nei centri commerciali e
sostenere la crescita della cultura dei suoi giovani.
Si sono presentati in 9 per cacciare una famiglia di Rom ospite di un privato,
senza alcun mandato, rifiutando di farsi identificare e di rilasciare un
qualsiasi verbale dell'intervento.
Dovevano o volevano cacciare due anziani, due giovani donne, due ragazzi, una
bambina di 12 mesi e una neonata di appena 5 giorni.
Motivo, la realizzazione di una baracca per proteggersi dall'atteso freddo
invernale.
Nonostante le proteste del proprietario, i vigili si sono trattenuti nell'area
recintata per 3 ore e mezza.
Con prepotenza e spregio della legalità come nell'uso delle peggiori squadracce
del passato, con atteggiamento ed espressioni minacciose e intimidatorie da
parte del comandante.
Per queste ragioni l'ASCE ha sporto querela e segnalato l'avvenimento ad Amnesty
International.
I reati ipotizzati sono quelli di violazione di domicilio, minacce e violenza
privata.
L'Asce precisa che si è consumato così l'ultimo atto di una lunga serie di
pressioni da parte del Comune di Selargius contro il proprietario del terreno
perché fosse allontanata la famiglia Rom.
L'Asce ricorda che da anni le sue proposte di collaborazione, coinvolgente gli
stessi Rom, di costituzione di un tavolo permanente per trattare la questione e
l'avvio di progetti di inserimento, sono rimasti inascoltati e peggio derisi.
Una segnalazione è stata inviata anche al prefetto di Cagliari, alla Provincia e
alla Regione.
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8 dicembre e tutti i sabato e domenica potrai assaggiare specialità della cucina
bosniaca e vedere le nostre creazioni
troverai: borse, sciarpe, vestitini da bambino, cappellini di lana, tovaglie,
set da tavola, asciugamani, portamonete, portagioielli, collane, gonne della
tradizione zingara e tanti altri manufatti originali per la casa e
l'abbigliamento
A dicembre siamo aperti tutti i giorni dalle 9.30 alle 20.00
"Ogni volta che mi sgomberavano dai campi ero molto dispiaciuto... perché
non pensavo che era un campo, pensavo che era la mia casa. Era il mio posto che
adoravo, dove arrivavo la sera e mi mettevo al caldo... nella casa, nella
baracca".
Marius ha 16 anni. È arrivato in Italia oltre un anno fa ed è stato sgomberato
già otto volte. Il suo sogno era di "andare avanti", di lavorare, di "essere un
ragazzo molto, molto bravo". Ma per lui non è facile.
Nemmeno per Giuseppe, italiano di etnia rom che ha vissuto per oltre 20 anni in
un campo autorizzato a via Idro, è semplice. È venuto sapere che le autorità di
Milano vogliono ridurre il numero di abitanti del campo e trasformarlo in un
"campo di transito". Né lui né la sua famiglia sono stati consultati su questo
piano e temono di dover andar via senza un'alternativa adeguata.
Da un po' di tempo si sente sempre più indesiderato nella sua città natale,
Milano.
In questa città, le autorità da decenni attuano politiche che sembrano
considerare i campi l'unica soluzione abitativa per le persone rom,
disinteressandosi inoltre del fatto che queste persone vivano in container
sovraffollati, con sistemi fognari vecchi e infestati dai topi. Ma negli ultimi
anni, la loro situazione è addirittura peggiorata.
L'"emergenza nomadi", dichiarata dal governo italiano nel 2008, ha permesso alle
autorità di Milano di sgomberare forzatamente dai campi non autorizzati
tantissime famiglie. Le conseguenze sono state devastanti, soprattutto per
centinaia di bambine e bambini rom, la cui frequenza scolastica è stata
interrotta.
Anche i campi autorizzati sono stati presi di mira. Una nuova normativa
fortemente discriminatoria ha permesso di programmare la chiusura di quasi tutti
i campi autorizzati in cui risiedono i rom, anche per consentire l'esecuzione di
progetti connessi all'Expo, che si terrà a Milano nel 2015. I progetti
infrastrutturali per questo evento internazionale hanno già portato alla
chiusura di due campi autorizzati.
Per Amnesty International, dichiarare uno stato di emergenza su basi infondate
nei confronti di una minoranza etnica e mantenerlo per tre anni e mezzo è stato
uno scandalo!
L'"emergenza nomadi", illegale e discriminatoria in base al diritto
internazionale, non avrebbe dovuto mai essere dichiarata. E adesso che anche il
Consiglio di stato, il più alto organo amministrativo del nostro paese, ha
dichiarato la sua illegittimità, occorre un'inversione di rotta!
Il governo Monti deve porre i diritti umani in cima alla sua agenda, fornendo
rimedi alle persone colpite da sgomberi forzati e da altre violazioni dei
diritti umani.
Le nuove autorità di Milano devono immediatamente fermare tutti gli sgomberi
forzati, mettere a disposizione di tutte le persone sgomberate che non sono in
grado di provvedere a se stesse ripari di emergenza, sospendere e rivedere i
piani per la chiusura dei campi autorizzati e assicurare che rispettino in pieno
gli standard internazionali sui diritti umani.
È il momento di un cambiamento reale per le donne, i bambini e gli uomini rom di
Milano!
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