Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 12/07/2013 @ 09:02:52, in casa, visitato 1496 volte)
Non risolverà tutti i problemi, ma è una "pezza" semplice
e pratica... quindi nessuno ne approfitterà! Ma se qualche Rom o qualche Sinto
volesse tentarci...
Problema di spopolamento? Alcuni Comuni lo risolvono così -
Scritto da Angela Iannone |
Yahoo! Finanza
- lun 8 lug 2013 17:50 CEST
L'unica cosa "buona" della crisi è il livello di inventiva e creatività che si
attiva nelle persone, pronte a fare di necessità virtù per risolvere ogni
problema.
L'inventiva viene soprattutto dai piccoli borghi italiani che, soffocati dalla
morsa del Patto di Stabilità, dalle ristrettezze economiche e dalle poche
risorse sul territorio, hanno dato libero sfogo alla fantasia.
Una delle ultime iniziative anti-crisi, non soltanto economica, viene da
Sadali,
piccolo paese dell'entroterra sardo: qui il sindaco del Comune, per contrastare
il fenomeno dello spopolamento - e quindi per risolvere un problema di
erario -
si è inventato un interessante progetto.
Alle giovani coppie che decideranno di andare a vivere in maniera stabile in
questo borgo di poco più di 900 anime in provincia di Cagliari,
l'amministrazione comunale darà un buono spesa mensile di 200 euro, per due
anni. Ad una condizione: il paese di provenienza deve avere più di 3mila
abitanti, altrimenti, come un cane che si morde la coda, si popola un centro ma
se ne svuota un altro.
Il progetto del sindaco Romina Mura è iniziato verso la fine del 2010 e ad oggi
la popolazione è aumentata da 928 a 958 abitanti, non una cosa da poco "per un
paese che si è spopolato ininterrottamente dagli anni ’60 in poi" spiega il
primo cittadino. Anzi, un successo: trenta persone in più "equivalgono più o
meno a un incremento del tre per cento".
Il bonus mensile è un toccasana sia per il problema abitativo di Sadali sia per
l'economia locale: la quota elargita infatti può essere spesa esclusivamente nel
territorio comunale, un meccanismo semplice per far girare l'economia. Non solo:
i nuovi abitanti, per lo più giovani coppie sposate, con esperienze
professionali che vanno dall’artigianato all’agricoltura, stanno rivitalizzando
il territorio anche dal punto di vista culturale e pratico, riappropriandosi di
orti abbandonati e dando il via a nuove forme di agricoltura e di consumo
responsabile e biologico.
Sadali non è l'unico Comune ad adottare un particolare stratagemma per
combattere lo spopolamento. A San Giovanni d’Asso, un borgo di 900 abitanti in
provincia di Siena, l’amministrazione comunale nel 2011 dava un contributo di
300 euro, da investire nell'affitto di un appartamento, a tutti quelli che
decidevano di prendere la residenza lì. Da allora, però, l'esperimento pilota
non è stato però rinnovato, sia per una questione economica "non l’abbiamo
rinnovato per mancanza di fondi", ammette il sindaco, sia perché le famiglie che
fanno domanda di trasferimento chiedono anche un lavoro, un'occupazione. Perché
la casa è tanto, sì, ma non è tutto.
"Dai un pesce a un uomo e lo nutrirai per un giorno. Insegnagli a pescare e lo
nutrirai per tutta la vita", recita un antico proverbio cinese. Così, se qualche
Comune garantisce un tetto, altri preferiscono dare un'occupazione che renda i
neo abitanti autonomi. Succede a Quiliano, in provincia di Savona, dove il
sindaco ha deciso di affidare in concessione gratuita alcuni terreni da
coltivare. La selezione avviene attraverso un bando pubblico e il vincitore ha
il compito di curare - a tempo indeterminato - la raccolta dei frutti e fare
manutenzione.
Di Fabrizio (del 11/07/2013 @ 09:06:32, in blog, visitato 2228 volte)
Non c'è molto da scrivere in questi giorni, ma farà piacere a chi di voi
vuole imparare qualcosa sul romanés di trovare un
blog apposta. A
prima vista. ha un aspetto simpatico, è adatto anche ai lettori più giovani,
e oltre alla linguistica e al dizionario, riporta diverse sezioni riguardo vita,
usi e costumi dei Rom. Il blog è opera di un autore macedone, ma è in inglese.
Con l'avvertenza di non prendere come "oro colato" quanto troverete: i Rom
parlano una lingua che ha caratteristiche comuni dovunque (insomma, ci si
intende dappertutto), ma divisa in migliaia di dialetti e con imprestiti
linguistici-culturali i più diversi. Il mio consiglio spassionato: una lingua,
la sua storia, la storia di chi la parla, non si imparano sui libri o in
internet, bisogna parlare e conoscere le persone; perché una cosa sono le
"categorizzazioni ufficiali", altro il mondo spurio e indefinito che cambia di
continuo.
L'anno scorso, più o meno di questo periodo, pubblicai un
breve
dizionario apparso su di un sito turco, parole e concetti molto simili a
quelli che adoperano anche i Rom in Italia.
Infine, per il lettore che non deve chiedere mai:
testato da Daniele, della redazione.
Viene sempre dalla Macedonia, e
mi scrisse
l'autore un po' di anni fa:
11 Novembre 2004 - Egregio sig. Casavola. Sono il Dott. Trajko Petrovski
(trajkopetrovski@Yahoo.com), sono esperto della lingua Rom, etnologia e storia.
Lavoro nell'Istituto di folklore a Skopje, R. Macedonia. Fino ad ora ho
pubblicato vari saggi e articoli del campo dell'etnologia e del folklore. Ho
anche partecipato con rapporti della sfera del folklore, linguistica e dell
etnologia.
Ho pubblicato molti libri sulla vita dei Rom e quest'anno ho pubblicato un
dizionario rom-italiano, italiano-rom con la grammatica della lingua Rom.
Il dizionario contiene 40.000 parole ed è molto pratico e usabile in tutta
Italia e l'Europa. Il dizionario ha 600 pagine. Costa 15 euro più 5 euro di
tassa postale.
Se comprate più di cinque (5) dizionari il prezzo è di 13 euro per uno.
Sono sempre e vostra disposizione per collaborazione.
[...]
Cordiali saluti
Dott.Trajko Petrovski
DIVERTITEVI!
Di Fabrizio (del 10/07/2013 @ 09:06:24, in lavoro, visitato 1330 volte)
Un articolo di
Ilaria Sesana, su
CORRIEREIMMIGRAZIONE. A parte la partecipazione emotiva dell'autrice,
non racconta molto di nuovo e non entra nel merito delle soluzioni possibili.
Utili i dati su una catastrofe ecologica, che comunque sentiamo lontana, come
se il Ghana fosse su un altro pianeta. Non è l'ecatombe di
Bhopal,
per fare il primo esempio che mi viene in mente, ma un avvelenamento, vittime e
carnefici assieme; lento e progressivo e soprattutto silenzioso.
Succede però qualcosa che fa impazzire il quadro informativo: situazioni
simili le viviamo anche in Italia, ad esempio in quella parte di Campania che
difatti è stata rinominata "Terra dei Fuochi", o in quei campi rom dove
nell'indifferenza o nell'inazione totale la vita si svolge proprio come nel
sobborgo di Accra. E un fenomeno che altrimenti passerebbe sotto silenzio, ci
indigna quando ce lo ritroviamo sotto casa.
Omertosi i Rom, per paura di perdere l'unica fonte di
reddito, complici molti non-rom che forniscono la maniera prima da smaltire,
agli altri non rimane che protestare - anche animatamente - ma senza una
soluzione a portata di mano.
Questo il video girato da Ilaria Sesana, se qualcuno volesse farlo
circolare, soprattutto tra i Rom (non credo cambierà niente, ma cos'altro si può
fare?).
capita a fagiolo:
Uomini come topi. Spazzatour, il campo di zingari in una discarica abusiva -
di Maria Ferdinanda Piva, su
Di Fabrizio (del 09/07/2013 @ 09:02:28, in casa, visitato 1655 volte)
Campi sì, campi no, e se no: come superarli?
Che tutti dicano di volerli superare, manco fossero novelli Vettel o Alonso,
non ci piove (riponete le gomme da bagnato), ma se ne sente parlare da
oltre 10 anni, e gli unici risultati in tal senso vengono da quei Rom e Sinti
che la casa l'han trovata per conto proprio, infischiandosene delle politiche
pubbliche. E si sarebbe potuto ottenere molto di più, se in Italia si fosse
legiferato a favore delle micro-aree, o per permettere (dietro adeguati
controlli, ma parlare di controlli in questo paese è un sogno) il potersi
installare in soluzione familiare su terreno di proprietà.
Italia: non poteva succedere altrimenti in questi paese, che una soluzione
provvisoria diventasse di fatto definitiva. Così col tempo, i campi sosta non
sono diventati soltanto ghetti fisici e mentali, ma anche argomento su cui
costruire
clientele economiche e dibattiti politici surreali, ma
indispensabili.
Prendo ad esempio le cronache recenti che arrivano da Roma (e
Milano non è meglio):
- dopo che il precedente sindaco aveva promesso di smantellare
i campi nomadi, è stata adottata la "soluzione" di rifarli
(ancora più grandi) ma fuori dal Grande Raccordo Anulare,
scaricando la patata bollente dalla periferia alla periferia
estrema. Immagino la gioia di chi debba abitare in questi LAGER
in mezzo al nulla.
- Cambio di giunta e anche il nuovo sindaco promette di
intervenire: "Campi
attrezzati dove vivere in dignità", le sue parole.
- Poco dopo la sua elezione, nei campi approntati dalla giunta
precedente scoppiano incendi, probabilmente c'è dietro un racket
ma nessuno porta le prove, e i Rom iniziano a scappare verso i
vecchi insediamenti.
- Pronta
la reazione dei trombati della giunta precedente: "Non
vorremmo che chi crea disordini si sentisse tutelato dalle
politiche attese dalla nuova amministrazione" dice
Sveva Belviso. Risponde a stretto giro di posta la
controparte politica: "Quanto si sta verificando in queste
ore non è che l'effetto della politica di concentramento
adottata dalla giunta in questi anni che ha prodotto la
convivenza forzata delle diverse comunità all'interno dei campi
nomadi", Gianluca Peciola, capogruppo SEL
in Campidoglio.
Intanto, dopo Veltroni, Rutelli, Alemanno (e Marino, poer
nanu, appena arrivato), i campi ci sono sempre, e sono sempre meno abitabili.
Sembra quasi che tutti parlino solo a favore delle proprie orecchie.
Ma, contemporaneamente, leggo che riemerge una querelle nata con
l'amministrazione Alemanno: I carabinieri al Comune
"Troppi finti poveri nel campo nomadi" Rom nei moduli abitativi per
indigenti che possiedono invece auto come Ferrari, Porsche, Mercedes,
dove la giusta indignazione contro questi sfruttatori non cambia di una virgola
quanto si scriveva l'anno scorso, tranne per il collegare quel fatto agli
incendi di giugno e luglio. Se così fosse, la polizia a questo punto dovrebbe
avere i colpevoli quasi in pugno, e non si capisce perché Sveva Belviso insista
a scaricare le responsabilità su una giunta appena insediata.
Mi sia permessa un'altra considerazione: lo "scandalo" emerse l'anno scorso.
Come mai non è cambiato niente? Inoltre: quanti sono, dove sono, questi Rom in
Ferrari? O sono una leggenda metropolitana? Altra domanda che spontanea
sorge: Rom poveri, ne esistono? (AZZARDO UNA RISPOSTA DIPLOMATICA:
non sarà che ne esistono sia di poveri che di ricchi, sia di onesti che di
mariuoli, come è NORMALE CHE SIA?) Il bravo lettore democratico avrebbe
bisogno di più dati e meno slogan, altrimenti potrebbe persino pensare che
una minoranza di truffatori tra l'1 per mille della popolazione,
rappresentino un tale problema di ORDINE PUBBLICO, da far passare in secondo
piano il problema POLITICO: in Italia le case ci sono sì o no? In parole povere,
l'altra faccia della medaglia della mia domanda iniziale.
A questo dovrebbe rispondere la politica, ma non solo ai Rom e ai Sinti, ma a
tutti i cittadini. Invece, le soluzioni e le analisi tocca andare a cercarle da
un'altra parte:
Intervista su ZaLab a Paolo Berdini (grazie a Ignazio Marino per la
segnalazione)
Per l'urbanista Berdini dobbiamo guardare oltreoceano, dove
l'amministrazione Obama sta recuperando vecchi edifici in disuso. Basta
investimenti a pioggia e colate di cemento, piuttosto recupero mirato della
prima e seconda periferia storica. #italianslum
Di Fabrizio (del 08/07/2013 @ 09:02:25, in media, visitato 1340 volte)
Ancora settimane ricche di spunti dalla Repubblica Ceca:
continuano pestaggi e violenze nel nord, mentre nel sud, a
Budejovice (Boemia) estremisti attaccano un quartiere rom con
pietre e bastoni; attaccata anche la polizia, che poi reagisce. Il senatore
Okamura (il cognome tradisce origini giapponesi) propone di riportare i Rom
cechi (e quelli arrivati da Slovacchia, Ungheria, Ucraina)
in India; non è nuovo a provocazioni simili, ho paura che
sentiremo ancora parlare di lui. Infine riporto un articolo che nasce dagli
attacchi a Budejovice. Tutte le segnalazioni arrivano da
Czech_Roma
Frantishek Kostlan Photo: Archiv Romea.cz - Commento: Perché la
frase "aggressore bianco" da fastidio ai lettori?
Prague, 2.7.2013 15:58, (ROMEA)
Frantishek Kostlan, translated by Gwendolyn Albert
Recentemente, in molti articoli pubblicati sui media cechi di ogni tipo,
notiamo la seguente espressione usata sempre più spesso: "aggressore romanì" o
al plurale "aggressori romanì", "aggressori razzisti romanì", "brutale banda
romanì", "romanì violento", "un gruppo di aggressori (romanì, naturalmente)",
"sei aggressori (romanì)". I neonazisti Dufeke Svoboda, che non molto tempo fa
organizzarono a Duchcov una manifestazione contro i Romanì (tutti), usarono lo
slogan "Contro gli aggressori romanì".
Questo è quanto, oltre alla frase "aggressori romanì" che è già di uso comune
eanche quando l'etnia presunta dell'aggressore non ha alcuna attinenza col caso
particolare. L'espressione "aggressori romanì" viene purtroppo adoperata anche
da alcuni scrittori romanì, come in un recente articolo di Patrik Banga (vedi
QUI, ndr).
Non sto difendendo quei crimini che sono stati commessi da gente romanì. Se
qualcuno picchia qualcun altro, deve essere data una punizione adeguata - non ho
dubbio alcuno - non importa chi sia.
La mia preoccupazione è la formulazione della cronaca di questi incidenti.
Quando un autore di nazionalità ceca picchia qualcun altro, non succede mai che
il reporter usa una descrizione più violenta di "autore" o "violento/violenti",
"gruppi che hanno agito", ecc. Tuttavia, quando si presume che l'autore di un
medesimo crimine sia romanì, improvvisamente si adopera il termine "aggressore"
e se le persone coinvolte sono più di una, diventano immediatamente una "banda
di aggressori romanì razzisti".
I commenti online postati sotto gli articoli in cui vengono usati questi
termini, riecheggiano l'odio fatto lievitare da questo tipo di linguaggio.
Possiamo leggere appelli al genocidio dei Rom, al loro omicidio, alla loro
deportazione dalla Repubblica Ceca, per la rinascita dei campi di concentramento
e di sterminio.
E' del tutto comune leggere esclamazioni razziste, come "zingari nelle camere
a gas", "porci neri", "musi neri", ecc. Naturalmente, nessuno è disturbato
da ciò o, per essere più precisi, disturba solo pochi "buonisti" come me - e
soltanto quando qualcuno di noi prende una posizione pubblica contro.
Recentemente, ho usato il termine "aggressore bianco" in un articolo di
risposta alla crescente ondata di "aggressori romanì" riportati da ogni media, e
questo ha disturbato i lettori - soprattutto di nazionalità ceca, ma anche molti
di nazionalità romanì. A volte fa bene reggere uno specchio, cosicché gli altri
possano vedere che le loro azioni, incluso l'accordo o il silenzio, non sono
corrette.
Capisco quei Romanì che si hanno obiettato sul termine "aggressore bianco".
Sono preoccupati perché qualcuno della società maggioritaria potrebbe perdere
l'affetto che avrebbero per il news server Romea.cz o per i Romanì in generale,
vedendo adoperata qui una simile espressione.
Alcuni non amano tutto quanto sia formulato in modo estremo. Altri sono
soltanto prudenti, e dato quanto sta succedendo in questa società, non ne
sono sorpreso.
Naturalmente, come persona coinvolta in questi problemi da oltre 20 anni, so
che ci sarà chi ribatterà che obietterà ai Romanì (in toto) sarà così
indipendentemente da quanto scriviamo io o Romea.cz. Quanti riflettono sulla
questione capirà cosa intendevo usando la frase "aggressore bianco".
Capisco che altri la pensino diversamente. Sarei loro grato se rispettassero
il mio punto di vista, per quanto differente dal loro.
Nell'area
dedicata alla discussione dell'articolo dove avevo usato "aggressore
bianco", sono state postate le seguenti opinioni (alcune da allora sono state
cancellate):
- "Aggressore bianco"- se lo scrive uno zingaro non è
razzismo, ma se un ceco scrive "aggressore nero" è razzismo al
terzo grado...
- Signor Kostlan, cosa accadrebbe se scrivvessi
"aggressore n...o"? Perché stavolta lei usa quelle parole? In
uno dei suoi articoli lei condannava Nova, Blesk, ecc. ma sta
usando la medesima tattica?Non aggiunga benzina al fuoco...
- perché scrive "aggressore bianco", quando condanna
quanti usano "aggressore romanì"?
- ...quando scrive aggressore bianco, la cosa puzza
davvero.
- ...Lo girerò alla polizia, che decidano se tutto è stato
ispirato dal diavolo, da un brutto aggressore bianco o da
Marcela...
- Ad essere corretti, si dovrebbe scrivere "Aggressore
bianco attacca due passanti neri", giusto?
- Potrebbe essere accaduto differentemente. Forse quel
piccolo gruppo ha sopravvalutato la propria forza e la vittima
si è rilevata troppo dotata fisicamente, o non era abbastanza
ubriaca. Scenario molto più probabile dato l'usuale modello di
comportamento dei Rom.
- Ma il violento era un aggressore bianco o un drogato???
- I cosiddetti politically-correct, i giornalisti sei, non
menzionano l'origine etnica dei colpevoli, ma gli attivisti del
news server Romea basano la loro esistenza sul presunto
razzismo, la "lotta" contro di questo, e soprattutto sul
contributo finanziario statale che ricevono per la loro
attività. Quindi, se un bruto che è ubriaco ed attacca con
violenza due donne, l'informazione che questi sia bianco è
particolarmente importante. Significa che il flusso di denaro
statale verso Romea non si esaurirà ancora.
Per tutti quanti hanno postato questi commenti, vorrei solo citare Nikolai
Vasilievich Gogol: "Non rimproverare lo specchio, se il tuo muso è storto".
Di Fabrizio (del 07/07/2013 @ 09:09:42, in media, visitato 1235 volte)
Nella foto, Paula Baudet Vivanco. Alla sua destra la "nostra" Igiaba
Scego.
30 giugno 2013 | Stefano Galieni
CORRIEREIMMIGRAZIONE
"Fatto" da redattori nati in altri Paesi o comunque di origine straniera. Un
fenomeno poco visibile ma in crescita. Conversazione con Paula Baudet Vivanco.
"Gestire la comunicazione e i suoi strumenti è a mio parere una questione di
importanza strategica per modificare la percezione di noi cittadini di origine
straniera in Italia". Paula Baudet Vivanco è una giornalista nata in Cile. Si è
trasferita in Italia negli anni Ottanta, con i genitori. "Il nostro ruolo in
questo Paese non potrà mai cambiare fino a quando saremo visti solo come i
"muratori" o le "collaboratrici familiari". Dobbiamo puntare anche ad occupare
ruoli diversi nella società per esserne percepiti come una parte integrante e
non relegata", dice. "Per questo abbiamo fatto tante battaglie . I risultati
adesso si cominciano a vedere, e a maggior ragione non ci dobbiamo fermare".
Dopo aver contribuito a far crescere l'esperienza G2 per i cittadini di
"seconda generazione" - termine che in sé meriterebbe una trattazione - Vivanco
si è gettata a capofitto in una professione ardua per tutti ma in cui gli
ostacoli si moltiplicano per chi non è cittadino Ue. Nel 2010 ha contribuito a
creare l'Ansi (associazione nazionale stampa interculturale) di cui è segretaria
nazionale e in cui sono iscritti numerosi professionisti di origine straniera o,
appunto, di seconda generazione. "A questa associazione, nata all'interno della
Fnsi (il sindacato unitario dei giornalisti italiani) e riconosciuta dall'Ordine
dei Giornalisti, siamo arrivati attraverso un percorso complesso. La mia
esperienza nasce nelle "radio comunitarie", altri di noi hanno lavorato in
diverse testate, pochi in quelle a larga diffusione. Ma il punto di partenza era
comune: l'aspirazione ad essere soggetti e non oggetti di informazione. Un
ragionamento che facevamo in un percorso coadiuvato dal Cospe a Firenze e che ci
portò nel 2005 a realizzare una piattaforma tematica, basata
sull'interculturalità. Volevamo visibilità all'interno della categoria: per
questo siamo nati dentro l'Fnsi. Il nostro obiettivo era fornire informazioni
per l'accesso all'ordine, ai cittadini di origine straniera ma anche chiarire la
nostra posizione. Noi non siamo "corrispondenti", ma vogliamo entrare nelle vie
normali di accesso senza discriminazioni, sulla base del lavoro svolto e dei
titoli necessari per poter diventare pubblicisti o giornalisti professionisti.
Ci siamo in parte riusciti attraverso una circolare interna che l'Ordine ha
inviato alle varie sedi regionali, basata a sua volta su una circolare del
ministero della Giustizia del maggio 2005".
Il testo della circolare è chiaro ed è la risposta ad un quesito specifico
presentato in materia: "...Come correttamente ricordato da codesto Consiglio
Nazionale, ai sensi dell'art. 47 del d.p.R. n.394 del 31 agosto 1999 -
Regolamento di Attuazione del Testo Unico sull'Immigrazione di cui al D.Lgs.
n.286/1998 - , specifici visti d'ingresso e permessi di soggiorno... possono
essere rilasciati agli stranieri che hanno conseguito il diploma di laurea
presso una Università italiana, per l'espletamento degli esami di abilitazione
all'esercizio professionale. Il superamento degli esami unitamente
all'adempimento delle altre condizioni richieste dalla legge consente
l'iscrizione negli albi professionali, indipendentemente dal possesso della
cittadinanza italiana". Pertanto, alla luce di tale normativa, non appare
possibile opporre rifiuto basato sulla cittadinanza all'iscrizione all'albo
professionale, in presenza del possesso dei necessari requisiti, e a prescindere
dalle condizioni di reciprocità" (fra Stati).
È stato ed è ancora faticoso far recepire questa circolare agli ordini
regionali. "Ma c'è anche una questione irrisolta che, a nostro avviso, è ancora
più rilevante. La legge sulla stampa 47/48 stabilisce, all'articolo 3, che se
non si è cittadini italiani non si può né divenire direttori responsabili di una
testata né tantomeno registrarne una. Siamo, insomma, giornalisti di serie B. Ce
ne siamo resi conto quando una nostra associata, Domenica Canchano, che aveva
passaporto peruviano e scriveva per il Secolo XIX a Genova, ha provato a
lanciare una testata e le è stato impedito in virtù di tali disposizioni. Ci
siamo allora rivolte all'Unar, perché vorremmo una risposta in merito ad una
discriminazione che va sanata e abbiamo chiesto aiuto all'allora segretario
nazionale dell'Fnsi, Roberto Natale".
Nel nuovo Parlamento sono entrate anche figure come Girgis Sorial e Khalid
Chaouki, giovani ed estremamente motivati a portare avanti questa battaglia
significativa di civiltà, sono interlocutori validi che hanno già permesso
all'Ansi un incontro con il sottosegretario all'editoria. "L'attuale normativa
rappresenta un problema per tutti i cittadini che non appartengono all'Ue e che
aspirano a diventare editori di testate italiane. Si tratta di norme che
inibiscono nuovi sbocchi di mercato. Oggi, ad esempio, è difficile trovare
giornalisti in grado di dirigere testate in cinese, o che si vogliano lanciare
in avventure editoriali multiculturali. Eppure questo tipo di informazione
avrebbe un senso e un seguito. Noi non ci arrendiamo, la nostra Domenica
Canchano è una delle due protagoniste del nuovo cortometraggio di ZaLab Italeñas
e racconta la discriminazione incontrata nel suo percorso per essere
riconosciuta direttrice responsabile di una testata italiana. Adesso sta
provando a realizzare una rivista in Toscana che si chiamerà Prospettive:
vogliamo capire se a Firenze verranno posti ostacoli come sono stati posti a
Genova. E vorrei essere chiara: la nostra idea non è quella di divenire
concorrenziali a prodotti come Corriere Immigrazione, ma di mettere in moto
processi partecipativi e reti di relazioni di cui tutti potremmo far tesoro. Il
caporedattore sarà Karim Metref, un altro giornalista che si sta affermando, per
ora siamo un portale on line dei media multiculturali rivolti alle comunità
straniere, e siamo sostenuti da Open Society".
Paula Baudet Vivanco, dopo le esperienze radiofoniche si è "specializzata"
nelle questioni connesse all'immigrazione, soprattutto per quanto riguarda i
figli di cittadini di origine straniera. Ha collaborato con Migra News e poi con
Metropoli, il coraggioso dorso multietnico di Repubblica. Scrive per Terre di
Mezzo e con altri ha lanciato la campagna Le parole lasciano impronte, per
proporre un linguaggio diverso e più corretto quando si parla o si scrive di
immigrazione.
L'esperienza dell'Ansi è rivolta molto anche ai giornalisti italiani,
soprattutto a quelli che lavorano sulle testate più rilevanti. Giornalisti a cui
offrire formazione per impedire che diventino, anche inconsapevolmente, veicolo
di discriminazione razzista. "Parlando di questi temi è assolutamente necessario
non accontentarsi delle fonti istituzionali. E se si cerca la realtà, si
incontra anche un Paese all'altezza di una società che è cambiata. Se si
investisse per promuovere questo cambiamento si potrebbe andare molto lontano".
"È cresciuta in Italia la parte "reale" dell'immigrazione, quella che più
deve essere rappresentata e, per poterlo fare, occorre che nelle redazioni si
lavori con gli "autoctoni" da colleghi, spalla a spalla".
APPELLO PER IL RIPRISTINO DEL SERVIZIO DI SCUOLABUS AL CAMPO DELLA BIGATTIERA
unaCITTAinCOMUNE
al Sindaco di Pisa Marco Filippeschi
all'assessore comunale alle Politiche Sociali Sandra Capuzzi
al Presidente del Consiglio Comunale Ranieri Del Torto
e, p.c. Al Presidente della Regione Toscana Enrico Rossi
all'Assessore Regionale alle Politiche Sociali Salvatore Allocca
Apprendiamo dalla stampa locale che 40 genitori nella zona di Marina di Pisa
sono stati accusati del reato di "inosservanza degli obblighi dell'istruzione
scolastica minorile".
I bambini e le bambine in questione sono quelli che vivono nel campo della
Bigattiera, per i quali da due anni non è più attivo il servizio di scuolabus.
Alla sospensione del servizio comunale due anni fa in un primo momento ha dato
risposta,
seppure parziale, la Pubblica Assistenza del Litorale Pisano. Con l'anno
scolastico 2012/2013 è
stato soppresso anche questo servizio tampone e si è assistito alla completa
dispersione scolastica di tutti i minori residenti in via della Bigattiera n.13.
Il fenomeno della dispersione scolastica non è connesso a forme di sfruttamento
e di
accattonaggio, come insinuano gli investigatori: i bambini della Bigattiera
finché hanno potuto
usufruire dello scuolabus, in maniera forse discontinua, hanno però mantenuto
rapporti con le
istituzioni scolastiche e con le forze del volontariato.
A partire da questo dato, ci chiediamo: quanta è la responsabilità sociale della
dispersione
scolastica che ha colpito l'infanzia del campo della Bigattiera?
I bambini e le bambine sono portatori diritti: l'Italia ha attuato la
Convenzione sui Diritti
dell'Infanzia con la legge 176 del 27 maggio 1991. L'articolo 28 della
Convenzione recita:
"Gli Stati parti riconoscono il diritto del fanciullo all'educazione, e in
particolare, al fine di
garantire l'esercizio di tale diritto in misura sempre maggiore e in base
all'uguaglianza delle
possibilità:…e) adottano misure per promuovere la regolarità della frequenza
scolastica e la
diminuzione del tasso di abbandono della scuola."
Dunque vi è nel fenomeno della dispersione scolastica una responsabilità
genitoriale ma insieme anche una responsabilità sociale.
Per questo chiediamo fermamente a tutte le istituzioni, a partire dal Comune e
dalla Società della salute, di ripristinare quanto prima il servizio di
scuolabus per i bambini e le bambine del campo della Bigattiera. Chiediamo
inoltre di garantire il pieno accesso all'istruzione, attraverso politiche
attive e servizi rivolti alle famiglie e ai bambini, che prevedano delle
condizioni igienico sanitarie accettabili, il sostegno scolastico e
l'accompagnamento previsti negli altri campi.
Il problema del superamento dei campi richiede politiche concertate con la
regione e i comuni
dell'area vasta, e gli stessi abitanti dei campi; richiede tempi lunghi per
favorire forme non
traumatiche di superamento di una situazione umanamente inaccettabile.
Respingiamo quindi
fermamente l'idea che lo smantellamento di un campo inizi dalla cancellazione
del trasporto
scolastico. Occorre quindi che le istituzioni si impegnino affinché i bambini
della Bigattiera non si trovino per il terzo anno consecutivo senza un servizio
essenziale per il diritto allo studio e la
socialità.
Cerchiamo una soluzione al problema dei campi insieme ai loro abitanti, intanto
garantiamo ai
bambini e alle bambine il diritto alla scuola, alla salute, al rapporto con il
resto del mondo.
Pisa 20 giugno 2013
Primi firmatari
1. Clelia Bargagli Stoffi, medico veterinario e socia Famiglia Aperta
2. Cristina Fontanelli, insegnante scuola primaria Viviani
3. Michela Falchi, insegnante scuola primaria Viviani
4. Stefania Ramagli, insegnante scuola primaria Viviani
5. Michela La Marca, insegnante scuola primaria Viviani
6. Stefania Pandolfi, insegnante in pensione scuola primaria Viviani
7. Pierpaolo Corradini, pubblicitario e giornalista
8. Sara Cozzani, Opera Nomadi Pisa
9. Sergio Bontempelli, Africa Insieme
10. Milorad Petrovski, associazione Asifar
11. Dr. Aldo Cavalli, Presidente Pubblica Assistenza Litorale Pisano
12. Carla Martinelli, volontaria Banco Alimentare Pubblica Assistenza Litorale
Pisano
13. Adriana Baldari, volontaria Banco Alimentare Pubblica Assistenza Litorale
Pisano
14. Dino Pagliari, allenatore Pisa Calcio
15. Emiliano Cariello, Emergency Pisa
16. Annamaria Columbu, presidente Associazione Famiglia Aperta
17. Luca Randazzo, maestro e scrittore per ragazzi
18. don Sergio Prodi
19. Giovanna Zitiello, insegnante scuola media
20. Virginia Balatresi, volontaria Banco Alimentare Pubblica Assistenza Litorale
Pisano
21. Raul Di Gioacchino, libraio e editore
22. Martina Pignatti Morano, presidente di Un ponte per…
23. Franca Corradini, docente Storia arte contemporanea Accademia Belle Arti
(Firenze)
24. Francesco Niccolai, assegnista di ricerca Scuola S. Anna
25. Maria Valeria Della Mea, operatore teatrale
26. Alessandro Scarpellini, scrittore
27. Giuliano Marrucci, giornalista
28. Andrea Callaioli, avvocato
29. Eugenio Serravalle, medico pediatra
30. Giovanni Guerrieri, I Sacchi di Sabbia
31. Giulia Gallo, I Sacchi di Sabbia
32. Marco Barbato, per Fratelli dell'Uomo – Sezione Toscana
33. don Agostino Rota Martir
34. Piero Nissim, artista
35. Maria Rosaria Lacatena, assistente sociale
36. Laura Santoni, insegnante
37. Emilia Venturato, insegnante
38. Roberta Mariotti, insegnante
39. Mirella Sbrana, insegnante scuola superiori
40. Maria Teresa Onesti, insegnante scuola primaria
41. Giovanni Graifenberg, operatore sociale
42. Benedetta Dal Monte, insegnante di scuola primaria
43. Paolo Acquistapace, professore universitario
44. Simona Marzilli, imprenditrice
45. Francesco Moretti, artista di arti visive
46. Alessandra Baldi, insegnante di scuola primaria
47. Stefano Maria Pallottino, ingegnere
48. Rossana Bonuccelli, insegnante di scuola primaria
49. Ilaria Ferrara, insegnante di scuola primaria
50. Chiara Antoni, insegnante di scuola primaria
51. Massimo Ciampolini, medico pediatra
52. Federico Ruberti, imprenditore
53. Marcello Fiaccavento, impiegato
54. Martina Barontini, libraia e istruttrice sportiva
55. Debora Ceccanti, imprenditrice artigiana
56. Sara Barsotti, ricercatrice
57. Luca Odetti, direttore centro di ricerca e sviluppo
58. Francesca Prinari, ricercatrice universitaria
59. Fabiano Corsini, cittadino del litorale e della repubblica
60. Emanuela Amendola, dottoressa in economia
61. Mina Canarini, insegnante scuola dell'infanzia
62. Manuela Ferri, impiegata
63. Agnese Macchia, disoccupata
64. Veronica Lorenzetti, architetto
65. Rosita Serpa, biblioprecaria
66. Francesco Giorgelli, membro CDA dell'Università di Pisa
67. Maria Francesca Zini, assegnista di ricerca e attivista per la pace
68. Roberto Barbieri, insegnante scuola primaria
69. Rita di Ianni, educatrice Arciragazzi
70. Cesare Ascoli, ricercatore CNR
71. Donatella Petracchi, pensionata
72. Laura Baldini, libraia
73. Lidia Tamponi, impiegata
74. Lotte Paone, impiegata
75. Francesco Stea, medico
76. Elisa Renieri, insegnante scuola primaria
77. Alfonso De Pietro, cantautore
78. Isabella Moretti, insegnante scuola primaria
79. Giorgio Gallo, professore universitario
80. Antonella Serani, operatore sociale Pubblica Assistenza Litorale Pisano
81. Sandra Faita, bibliotecaria
82. Francesca Lodolini Salvini, insegnante scuola media
83. Riccardo Lorenzi, architetto e impiegato statale
84. Roberto Mori, insegnante in pensione
85. Anna Regoli, impiegata
86. Laurence Landais, traduttrice e doula
87. Valeria Giuliani, impiegata
88. Carmine Santoro, impiegato in floricoltura, presidente Ass. Il Chicco di
Senape
89. Miranda Mancini, pensionata
90. Franca Nicodemi, Italiaonline srl
91. Sonia Paone, ricercatrice del dipartimento di scienze politiche
92. Alessandro Breccia, ricercatore precario
93. Chiara Gasperini, insegnante scuola primaria
94. Daniela Rispoli, medico veterinario
95. Rita Paperini, impiegata
96. Dino Pedreschi, professore universitario
97. Rachele Tagliamonte, casalinga
98. Nicolò Chessa, falegname
99. Leila D'Angelo, insegnante scuola superiore
100. Rudy Pessina, fotografo
101. Serena Leoni, cooperante
102. Ilaria Barachini, insegnante scuola dell'infanzia
103. Paola De Michelis, educatrice di asilo nido
104. Solange Costa, commessa
105. Guia Giannessi, insegnante scuola media N. Pisano
106. Davide Cornolti, tecnico CNR Pisa
107. Silvia Fogli, insegnante scuola media
108. Laura Leoni, impiegata
109. Patrizia Tortorici, insegnante scuola primaria
110. Susanna Mammini, impiegata
111. Carlo Iozzi, impiegato e RSU Fiom
112. Paolo Cianflone, insegnante scuole superiori
113. Elisabetta Orlacchio, assistente sociale
114. Viviana Bartolucci, psicologa e educatrice
115. Lorenza Poltronieri, consigliera Pubblica Assistenza Litorale Pisano
116. Fabio Callaioli, volontario Pubblica Assistenza Litorale Pisano
117. Angiolo Cioncolini, circolo ARCI Pisanello
118. Paride Antonelli, circolo ARCI Pisanello
119. Irene Campioni, medico chirurgo
120. Giuliano Campioni, professore universitario
121. Isa Ciani, insegnante in pensione
122. Marcello Palagi, direttore mensile "trentadue" (Massa Carrara)
123. Stefania Cappellini, Insegnante
124. Irene Lancioni Biblioprecaria
125. Tania Iannizzi, Bibliotecaria
126. Simona Frasciello, Segretaria Studio Medico
127. Francesca Serpa, architetto
128. Umberto Grassi, assegnista SNS
129. Luisella Mori, docente inglese ITCG Fermi Pontedera
130. Tiziana Noce, ricercatrice universitaria
131. Federico Giusti, confederazione Cobas Pisa
132. Daniele Guerrieri, insegnante di arte IC Curtatone e Montanara di Pontedera
133. Giusi Lauro, insegnante in pensione
134. Luigi Puccini, docente scuola superiore e residente a Pisa
135. Lucia Montagnoli, insegnante scuola media
136. Maria Marchitiello, medico omeopata
137. Sabine Schweizer, infermiere
138. Marta Galluzzo, educatrice
139. Mauro Pezzini, redattore web
140. Luigi Piccioni, docente universitario
141. Daniela Bernardini, docente scuola superiore
142. Cristina Zaccagnini, insegnante di scuola primaria presso l'I.C.Gandhi di
Pontedera
143. Monica Rizza, Presidente Consiglio d'Istituto I.C. Pacinotti Pontedera
144. Luisa Filipponi, ricercatrice
145. Fausto Gozzi, professore universitario
146. Michela Trapanese, insegnante scuola primaria
147. Pietro Gattai, geologo
148. Maria Elisa Bedani, insegnante in pensione scuola media Marina di Pisa
149. Sergio Gattai, bibliotecario in pensione
150. Francesca Mulana, ricercatrice universitaria
151. Manuela Furrer, educatrice
152. Giovanni Mandorino, cittadino
153. Rosalba Fedele, educatrice
154. Dela Pawlitzki, insegnante scuola primaria
155. Roberto Cini, operaio
156. Francesca Gabrriellini, studentessa
157. Fabio Meini, informatico
158. Andrea Orsini, libero professionista
159. Antonella Pochini, operaia
160. Rino Razzi, inforrmatico
161. Martina Lombardi, Dottoranda
162. Dario Ferraro, operatore sociale
163. Aurelia Manai, guida turistica
164. Claudia Molfetta, studentessa
165. Alessandro Toma Studentessa
166. Gaia Colombo, Fratelli dell'uomo
167. Patrizia Guidi, biologa
168. Maria Grazia Braccini Masetti, insegnante in pensione
169. Angela Mazza, insegnante scuola primaria
170. Enrica Pea, medico
171. Sabrina Zupicic, giardiniera
172. Fabio Tarini, docente universitario
Di Sucar Drom (del 05/07/2013 @ 09:09:25, in blog, visitato 1214 volte)
Di Fabrizio (del 04/07/2013 @ 09:06:07, in scuola, visitato 1346 volte)
By
ARCI SOLIDARIETA' ONLUS - on June 28, 2013
"C'è posto all'ultimo banco" è la storia di vent'anni circa sull'istruzione
ai bambini rom. Siamo a Roma, all'inizio degli anni '90. Un gruppo di volontari
si avvicinò alle locali comunità rom ed iniziò a camminare assieme a loro sul
percorso dell'integrazione sociale, che inizia con l'affermazione del diritto
all'istruzione.
Abbiamo lavorato a stretto contatto con la comunità rom, aprendo un
dialogo con le istituzioni pubbliche, con gli insegnanti, con gli altri
genitori, nel tentativo di affermare il diritto di ogni bambino a frequentare la
scuola.
Inizialmente, il progetto scolastico e le politiche d'integrazione si
svilupparono in parallelo. Oggi tuttavia si sono separati. Mentre i bambini rom
frequentano la scuola in tutti i gradi, spesso con risultati eccellenti,
l'Italia non ha perseguito un processo che permettesse alle famiglie rom di
abbandonare progressivamente i campi e provare altri tipi di sistemazione.
Questa mancanza di sinergie tra l'impegno a sostenere le esigenze dei bambini
con la loro piena emancipazione da una vita nei campi, e le politiche
governative, che in realtà promuovono i campi come una soluzione per i bisogni
alloggiativi delle famiglie rom, rischia di compromettere i risultati ottenuti
nel campo dell'istruzione.
Comunemente si ritiene che il progetto di scolarizzazione abbia giocato un
ruolo importante nel fornire i medesimi strumenti per costruire il futuro che
avevano i loro compagni. L'istruzione prepara alla vita professionale, e rende
più indipendenti e responsabili.
Le storie raccolte da
Arci Solidarietà Onlus
in questo libro sono basate sulle esperienze dei suoi attivisti ed educatori,
funzionari delle istituzioni con cui abbiamo collaborato e bambini che sono
stati i diretti beneficiari del progetto.
Con l'aiuto di esperi antropologi, sociologi e mediatori culturali, il libro
analizza l'impatto del progetto di scolarizzazione sulle aree dove vivono le
comunità rom e sul paese in generale. Il libro è il risultato di un impegno
costante, svolto in condizioni difficili e vissuto con i Rom, di una rete
territoriale costruita pezzo a pezzo.
"C'è posto all'ultimo banco" è il risultato collettivo che, attraverso una
narrazione corale, porta in vita molti anni di lavoro. E' una storia vera, di
ragazze e ragazzi che di solito sono piazzati nell'ultima fila delle nostre
classi, gli invisibili che non devono essere visti. E' un lungo racconto fatto
di successi e fallimenti, tragedia e commedia e lotta costante. Una storia che
necessita di un lieto fine.
Di Fabrizio (del 03/07/2013 @ 09:00:20, in casa, visitato 3132 volte)
Articolo di
Giornalettismo lungo e documentato ma, a mio giudizio, incompleto. Per chi
resiste, a fine lettura ho aggiunto alcune note personali.
di Maghdi Abo Abia - 25/06/2013 - Il Carroccio attacca
il sindaco Pisapia fin dalla sua elezione sostenendo come spenda le risorse
destinate ai milanesi per dare case ai nomadi dimenticando come nel 2008 nacque
un progetto Rom con soldi stanziati dal piano nomadi Berlusconi/Maroni e che
vengono usati ancora oggi
Milano nel 2015 ospiterà l'Expo. Eppure la città non appare preparata al
nuovo appuntamento, ed anzi dopo l'ipotesi ventilata da Giuliano Pisapia di non
ricandidarsi alla guida della città nelle elezioni del 2016 la città appare
sempre più abbandonata al suo destino, vittima di problemi di varia natura.
L'EMERGENZA ROM - La popolazione, ubriacata di rivoluzione gentile e scottata
dalla gestione Moratti, nei primi due di mandato si è scoperta disillusa e
scottata da una serie di provvedimenti, dall'aumento del biglietto Atm
all'introduzione di Area C che hanno minato nel profondo l'autorità della
Giunta. A complicare le cose, per i vincitori di centro-sinistra, le bordate
dell'opposizione intenzionata a sottolineare i problemi della città
possibilmente attribuendo responsabilità specifiche al sindaco ed alla sua
squadra. Parliamo ad esempio dell'"emergenza", per usare un termine caro alla
Lega Nord, Rom.
LA CONDANNA PER ZINGAROPOLI - Torniamo indietro nel tempo e più precisamente
alla primavera del 2011, ovvero quando la campagna elettorale era al suo picco
massimo e gli sfidanti, Letizia Moratti per il Pdl ed appunto l'avvocato
Giuliano Pisapia, si combattevano senza esclusione di colpi. Ad un certo punto
in città apparvero dei manifesti targati Popolo della Libertà e Lega Nord nel
quale si diceva che con la vittoria dell'avvocato, Milano si sarebbe trasformata
in una "zingaropoli". Come ci spiega l'Asgi per questa definizione Pdl e Lega
Nord nel 2012 sono state condannate perché, secondo il giudice del Tribunale di
Milano Orietta Miccichè la definizione era connotata da una "valenza gravemente
offensiva e umiliante di tale espressione che ha l'effetto non solo di violare
la dignità dei gruppi etnici sinti e rom, ma altresì di favorire un clima
intimidatorio e ostile nei loro confronti".
L'ALLARME DI ENRICO SALERANI - Quindi secondo il giudice questa definizione
rappresenta una molestia a sfondo razziale, vietata dall'articolo 3 del decreto
legislativo 215 / 2003 per via della sua intenzione di scatenare un clima
intimidatorio nei confronti di particolari etnie. Peraltro durante quella
campagna elettorale era presente a Milano il commissario per i diritti umani del
Consiglio d'Europa Thomas Hammarberg il quale si definì scioccato dai manifesti
affermando come questi incidessero sui diritti delle popolazioni rom e sinti e
sulla possibilità d'integrazione. Eppure, nonostante la condanna e l'obbligo di
pubblicazione della sentenza sul Corriere della Sera, la Lega Nord ha proseguito
nella sua battaglia anti-rom il cui ultimo capitolo è stato raccolto da
Il
Giornale che ha ripreso la voce di Enrico Salerani, capogruppo della Lega Nord
in zona 8, zona strategica visto che al suo interno c'è Fiera Milano, City Life,
il quartiere sperimentale QT8 e lo stadio di San Siro.
L'OCCUPAZIONE DEI CAPANNONI DI VIA MONTEFELTRO - Salerani scrisse anche sul
portale Partecipami lo scorso 29 aprile, spiegando che in via Montefeltro 8 200
zingari hanno occupato una fabbrica abbandonata trasformandola in un campo
nomadi abusivo "con quintali di immondizia, baracche fatiscenti, possibile
presenza di amianto, macchine e camper di dubbia provenienza, alcune con
svariati fori di proiettili, il tutto con molti bambini e minori costretti a
vivere in questa situazione di degrado". Secondo Salerani
E' intollerabile che a Milano nel 2013 vi siano zone franche ove per altro,
molti bambini sono costretti a crescere in una situazione non favorevole a
garantire loro un futuro dignitoso e sereno.
La richiesta è una sola, ovvero provvedere allo sgombero dell'area interpellando
anche l'assessore alla sicurezza. Il sito poi nei giorni scorsi è stato visitato
da Matteo Salvini e dall'assessore provinciale alla Sicurezza Stefano Bolognini,
autodefinitosi "l'assessore in scooter" per via della sua scelta di rinunciare
all'auto blu.
Questi, dalle colonne del suo sito, ha spiegato che nonostante
manchino due anni ad Expo, è impensabile che esistano realtà come il campo "dove
scorrazzano i topi e il puzzo e' incredibile". A quel punto tocca a Matteo Salvini che si rivolge al sindaco, la cui foto compare a fondo del comunicato:
"Non sto a cercare colpe ma dico al sindaco: sei il sindaco di tutta Milano, non
e' possibile che a Milano ci siano realta' di questo genere".
LA VOCE DI MATTEO SALVINI - Lo ha detto il segretario nazionale della Lega
Lombarda Matteo Salvini, che insieme ai consiglieri di zona e all'assessore
provinciale alla Sicurezza Stefano Bolognini ha visitato il campo rom di via
Montefeltro 8 a Milano. Continua Salvini: "Non ci sono razze buone o cattive. La
rabbia non e' mai giustificata, ma ai semafori, in metropolitana, negli
appartamenti non trovo bresciani, o valtellinesi, canadesi o australiani a
rompere le palle ai cittadini. Se questa gente si mette ai margini, Milano non
ha bisogno di questa gente". Perché, secondo l'accusa, la scelta di dieci
famiglie di entrare nell'ex stabilimento abbandonato di Galileo Avionica,
società del gruppo Finmeccanica, li ha spinti automaticamente ai margini. Sulle
colonne del
Giornale invece la situazione assume altri contorni. Gli
insediamenti sarebbero diventati due con un totale di 400 persone.
"DOBBIAMO TROVARGLI UNA CASA?" - A lanciare l'allarme, come detto, è ancora Salerani. I nomadi sarebbero provenienti dal campo smantellato di via Triboniano,
gli stessi -continua il pezzo- che avevano preso i soldi dalla giunta Moratti
per tornare in Romania. Ed ora "dopo aver gironzolato" sono tornati e sono
entrati in via Montefeltro 8 ed ora qui vivono in 200. Altri 200 sarebbero
finiti nel capannone già casa della Italmondo. La colpa? Della sinistra. A
spiegarlo è ancora Salerani:
"Siamo stati poi costretti a votare contro la mozione di allontanamento perché
la sinistra vi aveva incluso l'obbligo di trovare per questi individui una
situazione abitativa stabile. Ma come? Hanno preso i soldi per andarsene e
adesso non solo sono tornati ma gli dobbiamo trovare una casa? Una funzionaria
della polizia locale ci ha assicurato che lo sgombero delle due aree È una
priorità ma non ci ha potuto assicurare sui tempi"
PATTI DISATTESI - A questo punto facciamo un viaggio indietro nel tempo e
vediamo lo sgombero del campo nomadi di Via Triboniano. Ininsubria ci porta la
voce dell'ex rappresentante della Lega Nord in Regione Lombardia
Davide Boni che
aveva spiegato come i Rom, dopo aver ricevuto 15 mila euro a nucleo familiare
per tornare in Romania, sono partiti e rientrati. Il Comune nel 2011 -giunta
Moratti- ha quindi speso 800 mila euro per mandarli via. Eppure sono qua. A
questo punto ecco l'accusa alla giunta di centrosinistra: "L'amministrazione di
sinistra che governa il capoluogo ha praticamente rinunciato agli sgomberi e
cerca di legalizzare e stabilizzare la presenza dei nomadi a Milano". Cosa non
vera visto lo sgombero del campo di via Dione Cassio. Ma c'è di più:
Ogni patto compiuto nel passato è stato puntualmente disatteso
LE CASE FORNITE DALLA GIUNTA MORATTI -
Il Corriere della Sera ci ricorda che il
primo maggio 2011 vi fu uno sgombero immediato del campo di Via Triboniano, zona
Certosa, in direzione di Rho Fiera. Qualcuno, e segnatamente le opposizioni,
definì il progetto uno "sgombero elettorale". Le 102 famiglie che avevano
aderito al "patto di legalità" con Palazzo Marino ricevettero aiuti diversi. 55
di loro vennero aiutate attraverso l'Avsi, una Ong alla quale si appoggiò il
Comune e ricevettero soldi per tornare in Romania. Vi fu poi l'assegnazione di
20 case Aler, sei case popolari assegnate a famiglie con bambini disabili e due
case acquistate con mutuo, mentre vennero registrati altri 20 "affitti
assistiti".
LE STRUTTURE CON ARIA CONDIZIONATA - A questo punto sorge una domanda: il
centrosinistra è accusato di fornire case ai rom. Eppure questo venne fatto nel
2011 dalla giunta a cui apparteneva anche la Lega Nord. Allora cosa succede? Ma
andiamo avanti. Paolo Signorelli ha scritto su
Il Giornale d'Italia, testata
diretta da Francesco Storace, che la Milano di Pisapia è a misura di zingaro.
Perché? Per via dell'aria condizionata prevista nella nuova struttura Rom che
aprirà i battenti in periferia. Continua Signorelli:
Alla faccia della città sicura descritta da Pisapia. Forse gli unici ad essere
sicuri, adesso, sono i rom che potranno godere anche di una vigilanza h 24
pronta a proteggerli da qualsiasi attacco nemico. "Nessuno tocchi i gitani",
potrebbe essere il cartello affisso fuori il nuovo campo rom. Ma non è affatto
finita. Udite udite, per tutta l'estate ci sarà il "cocomero night" dove i
nomadi potranno dedicarsi a grasse mangiate di anguria e girare a torso nudo nel
quartiere. A spese di chi? Di Palazzo Marino, che domande. E ancora, l' "aperirom",
dove gli zingari (prima si chiamavano così) brinderanno alla generosità del
sindaco. E garantita sarà la presenza di Vendola.
IL CENTRO DI ACCOGLIENZA - Le "case con aria condizionata"
non sono altro che un
centro di accoglienza, come spiega Milanotoday, che sorgerà in via Lombroso, sui
terreni dove sorgeva il campo della squadra di calcio Ausonia, di proprietà
della So.Ge.Mi, la società che gestisce l'Ortomercato. Qui vivranno 150 rom
provenienti dai campi di via Dione Cassio, recentemente sgomberato. Il terreno
sarà dato in usufrutto gratuito fino all'ottobre 2014 ed il costo per il Comune
sarà di 60 mila euro al mese, soldi provenienti dal "Piano Rom" del Governo,
istituito con decreto ministeriale il 21 maggio 2008 e cancellato dalla
Cassazione il 2 maggio 2013 in quanto l'emergenza paventata nel testo di fatto
non esisteva, respingendo così il ricorso del governo, presentato il 15 febbraio
2012 (Governo Monti).
IL PIANO ROM FIRMATO ROBERTO MARONI - Il "piano Rom",
come spiega 02 blog
riprendendo un post su Facebook del Comune di Milano, venne varato nel 2008 dal
governo Berlusconi, in cui Roberto Maroni, ricopriva la carica di ministro
dell'Interno. Nel piano si decise che Milano doveva ricevere 13,6 milioni di
euro prevedendo che i prefetti diventassero "commissari" per la realizzazione
degli interventi. Di questi soldi, 8 milioni vennero spesi per la chiusura del
campo di via Triboniano mentre la riqualificazione dei campi di Martirano e di
via Chiesa Rossa non si conclusero. E da qui vennero presi i 15 mila euro
destinati alle famiglie Rom. Da notare come il piano venne bocciato il 16
novembre 2011 dal Consiglio di Stato con questa motivazione:
La presenza di Rom non è definibile come emergenza in quanto si tratta di una
presenza ordinaria
La nuova Giunta ha sbloccato i fondi restituiti dalla Prefettura al Governo.
Parliamo di 5 milioni di euro statali vincolati ad azioni per la gestione della
presenza dei Rom. E torniamo ora al centro di Via Lombroso. Qui gli ospiti
potranno stare massimo 40 giorni, rinnovabili quattro volte, per un totale di
160 giorni. Le stanze saranno container mentre sono previsti moduli wc e docce
in un rapporto 1-10. Il centro sarà sorvegliato dalla Polizia locale 24 ore su
24 mentre le associazioni di settore e la protezione civile si occuperanno di
gestire il centro.
AREA ABBANDONATA - La Lega invece voleva qualcosa di diverso. Ancora Matteo Salvini, ripreso da Forlanini Today, per il quale i soldi del piano rom potevano
essere spesi : "per esempio con gli sgomberi, mentre Pisapia preferisce regalare
spazi, dotati di tutti i comfort, ai nomadi piuttosto che pensare alla sicurezza
dei milanesi". Detto che la giunta Moratti ha fornito case Aler, quindi case
destinate ai milanesi, e che gli otto milioni spesi per lo sgombero di
Triboniano si sono tradotti in una nuova occupazione, forse, e l'ha confermato
anche Davide Boni, il meccanismo della cacciata non funziona più. Tanto tornano.
Parliamo poi di un'area abbandonata, protetta da un lato dal canile municipale e
dall'altro dalla massicciata della ferrovia. Una zona che quindi non disturberà
nessuno, come dichiarato da Alberto Albuzza, presidente dell'associazione
grossisti ortofrutticoli che, ripreso dall'agenzia
Omnimilano, ha detto:
E' un'area finora abbandonata, lontana dai mercati il cui utilizzo non
interferirà certo con le nostre attività
"IL COMUNE INVESTE SOLO PER I NOMADI" -
Il Giornale invece parla dell'allarme
dei grossisti. Franco Cereda, presidente dell'associazione grossisti piante e
fiori ha detto: "Noi aspettiamo da anni interventi di manutenzione ordinaria e
non è ancora stata completata la bonifica dell'amianto. E il Comune invece
investe soldi per i nomadi". Probabilmente non sa che questi soldi vengono da
Roma e che sono stati forniti dal Governo Berlusconi nel 2008. Parlando poi
dell'efficacia degli sgomberi, cerchiamo con l'aiuto del
Corriere della Sera di
ripercorrere la saga del campo di via Rubattino. Questo è stato sgomberato nel
2007, nel 2009, nel 2011 e nel 2012. L'area? Sempre la stessa, quella compresa
nell'area ex Cesi di via Caduti di Marcinelle.
QUATTRO SGOMBERI IN CINQUE ANNI - Stefano Pasta della Comunità di Sant'Egidio,
dichiarò: "Noi siamo presenti a Rubattino dal 2007: le aree occupate sono sempre
le stesse, in particolare sono ben noti gli sgomberi del 2009 e del 2010.
Rispetto a quei fatti, ci sono grandi analogie, ma anche grandi differenze".
Ovvero nel 2012, rispetto alle altre volte, lo sgombero era stato annunciato
mentre in precedenza veniva denunciata "quella violenza verbale che aveva
contraddistinto gli interventi precedenti, quando per esempio le baracchine
venivano buttate giù anche davanti ai bambini". Veniva inoltre garantita
l'integrità familiare: "la giunta riconosce l'unità familiare, che è stata
offerta a a tutte le persone del campo, mentre prima i membri di una stessa
famiglia venivano divisi in strutture diverse".
UN RIASSUNTO - Ricapitoliamo. La Lega Nord denuncia la presenza di 200 o 400
persone in aree dismesse nella zona Certosa, caratterizzata dalla presenza di
capannoni industriali abbandonati. La soluzione sarebbe quella degli sgomberi.
Sgomberi che come abbiamo visto nel caso di via Rubattino, non hanno portato a
nulla. Anzi, nel 2009 il campo venne "liberato" cinque volte nello stesso
giorno. La giunta Pisapia venne incolpata di voler dare una casa ai Rom,
ignorando -o tacendo- che i soldi vengono da un piano governativo firmato da
Roberto Maroni, oggi segretario della Lega, e che questi denari sono vincolati
alla questione Rom. Di fatto non vanno a bilancio del Comune, perché sono di
Roma.
FONDI GIA' STANZIATI - Il primo maggio 2011 con una mossa definita dalle
opposizioni "elettorale", venne sgomberato il campo di Via Triboniano e la
Giunta Moratti assegno' ai Rom case dell'Aler, due mutui, altre sei case
popolari e 20 affitti. Chi voleva andare via invece riceveva 15 mila euro, soldi
sempre provenienti da Roma. Con la rimanenza bloccata dalla Prefettura e
richiesta dalla nuova Giunta, viene creato un campo d'accoglienza temporaneo in
una zona abbandonata e la Lega sostiene che il comune pensa ai Rom ignorando i
milanesi, dimenticando di dire che si tratta di fondi già stanziati e sopratutto
vincolati. E torniamo al punto di partenza. Secondo Salvini servirebbero più
sgomberi ma la domanda è una sola: la gente cacciata dal campo, dove va?
24 BARACCOPOLI ABUSIVE A MILANO - Il problema dei campi nomadi in città è
evidente. Non ci si puo' avvicinare pena il rischio di ricevere sassate e non si
tratta di un'esagerazione ma quanto successo anni fa ad un treno sulla linea
Milano Villapizzone - Milano Certosa, fermo in linea e bersagliato di sassi dai
residenti. Queste storie riguardano anche aggressioni a volontari, a forze
dell'ordine ed a persone che si trovano a passare da quelle parti. Ma la
politica dello sgombero fine a sé stessa non porta a nulla.
Repubblica ci
comunica che l'assessore Granelli non ha voluto rendere pubblica la mappa la
mappa delle zone di criticità 2012′ compilata dai vigili. Si sa che i campi
autorizzati al momento sono sette e che dal prossimo luglio nei campi ci saranno
solo rom italiani e non rumeni, residenti nelle 24 baraccopoli abusive in città.
Nel 2003 i campi erano 24 comprensivi di regolari ed abusivi.
PIU' GROM MENO…? - Nel leggere poi il modo in cui è stata definita la questione
del centro di Via Lombroso, si capisce che i Rom per qualcuno rappresentano il
"cavallo di troia" per attaccare la Giunta attuale. Come dimenticare lo slogan
"più Grom meno Rom", sviluppato dalle opposizioni nei giorni della protesta sul
divieto di vendita d'asporto di gelati, bevande ed alimenti oltre la mezzanotte
e ritirato dopo la rabbia manifestata dalla catena di gelati Grom che non voleva
essere associata ad alcuna propaganda politica rifiutando lo slogan? Il sospetto
è che una forza politica voglia continuare a picconare la città e la giunta
accusandola di delitti che non ha commesso omettendo come i fondi a disposizione
vennero stanziati dal governo di centrodestra e che vennero spesi in larga parte
per uno sgombero che ha portato ad una nuova occupazione. Del resto via
Montefeltro è isolata, protetta da campi abbandonati e dall'autostrada e specie
di notte è terra di nessuno, sgombero o non sgombero. Nei dintorni è presente
Via Capuana, dove nel 2010 venne arrestata tra le proteste degli abitanti una
donna italiana accusata di spaccio di cocaina. A dimostrazione che la città ha
bisogno di azioni concrete e non di propaganda. Zingaropoli non si puo' più dire
ma certo per qualcuno il termine è ancora tremendamente di moda. (Photocredit
Lapresse / Milanotoday/ Google Maps)
Nota: A Milano
esistono da anni due specie di giochi a rimpiattino: quello buono e quello
cattivo . L'ultimo. lo conoscono in molti: quel meccanismo di infiniti sgomberi
che riguardano sempre il solito centinaio di Rom: arrivano i vigili e loro si
spostano, i vigili arrivano anche nel nuovo posto e così via finché dopo un po'
non si torna alla casella di partenza. Risultato: perdita continua di proprietà
private, abbandono scolare e lavorativo, spese a carico dell'intera comunità,
senza che ne esca una soluzione duratura.
Ma esiste anche il rimpiattino dei buoni: quelli che hanno trovato casa
col piano Maroni. Non sono molti in effetti, con qualcuno di loro ogni tanto
scambio due chiacchiere. Perché rimpiattino? Diciamo che si trovano in questa
situazione da un anno e mezzo/2 anni: in questo periodo sono stati rimbalzati da
una casa, ad una comunità alloggio, a qualche centro di accoglienza privato,
senza mai avere una casa che potesse dirsi propria. Insomma, con un
tetto sulla testa, ma sempre nomadi.
Perché? Perché il piano Maroni (e gli accordi che ne sono seguiti con
comune e prefettura di Milano) prevedevano che comunque la responsabilità di
questa politica della casa (ricordiamoci che il piano rischiò di saltare a
settembre 2010, quando si trattò di consegnare BEN 25 APPARTAMENTI, come era
stabilito) ricadano sul cosiddetto "Terzo settore", che detiene chiavi e
contratti delle strutture dove questa gente è ospitata. Che poi sia
responsabilità sua o della mancanza di fondi, come sempre la fase B
(l'accompagnamento all'autonomia lavorale) non è mai partita. Chi ancora se la
cava, campa tuttora di lavori in nero.
Ma da sempre, non solo quando si tratta di Rom, Milano è una città che
investe sul cemento, ecco allora perché chi da anni si sporca le mani su questi
temi lamenta quanti soldi vadano al Centro d'Emergenza di via Lombroso
(Emergenza? a De Corato fischieranno le orecchie!) e quanta miseria sia
destinata a scuola e lavoro, le due uniche chiavi per uscire da questa
lunghissima impasse.
Aggiungo un altro punto, altrettanto annoso: Tavoli, consulte,
associazioni ecc. si arrabattano e si arrabbiano (o semplicemente battono
cassa), senza che sia chiaro chi decida cosa E SOPRATTUTTO QUANDO. Ma se, come
sempre, la voce di questi sfigatissimi Rom e Sinti non arriva nelle discussioni
(al massimo si ode una lontanissima eco), non sarebbero proprio i media a doversi
sentire in obbligo di cercare questa gente e raccoglierne la testimonianza?
Che la colpa sia dei Rom, che sia del Comune, che sia delle
associazioni... poco mi importa. Ripeto, non è buonismo, è riconoscere che senza
di loro non si può elaborare un ragionamento pratico e critico. BRUTTI, SPORCHI
E CATTIVI ma... INDISPENSABILI.
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