Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 02/07/2009 @ 21:06:01, in Regole, visitato 2155 volte)
Ricevo da Tommaso Vitale, che ricorda anche il comunicato stampa e la pagina da cui chiunque può mandare una lettera di protesta a Schifani e Napolitano (entrambe in inglese)
AMNESTY INTERNATIONAL INTERNATIONAL SECRETARIAT Peter Benenson House, 1 Easton Street London WC1X 0DW, United Kingdom T: +44 (0)20 7413 5500 - F: +44 (0)20 7956 1157 E: amnestyis@amnesty.org W: www.amnesty.org
24 June 2009 Egregio Senatore, Amnesty International desidera esprimere viva preoccupazione per le proposte incluse nel disegno di legge C.2180-A/09, il cosiddetto "pacchetto sicurezza", approvato dalla Camera il 14 Maggio 2009 e ora passato all'esame in Senato come disegno di legge S. 733-B/09. Amnesty International ritiene che alcune delle norme proposte violerebbero i diritti di immigrati e richiedenti asilo; inoltre il testo introdurrebbe norme che sembrano essere discriminatorie e avere potenziali effetti discriminatori in particolar modo nei confronti di Rom e Sinti. Amnesty International in particolare vuole esprimere preoccupazione circa le seguenti parti del disegno di legge: Norme che "criminalizzano" l'immigrazione irregolare Il disegno di legge, all' art. 21, stabilisce il reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato . La norma criminalizza l'entrata irregolare e il soggiorno in Italia, e li punisce con un'ammenda tra i 5000 e i 10000 Euro. Secondo il nuovo disegno di legge, i procedimenti penali contro i richiedenti asilo senza permesso di soggiorno verrebbero sospesi nel caso in cui la domanda di riconoscimento di protezione internazionale sia stata presentata, e archiviati se tale domanda sia stata accettata. Molti organismi per i diritti umani, incluso il Relatore Speciale delle Nazioni Unite per i Diritti Umani dei Migranti nel suo rapporto del 2007 ((UN Doc. A/HRC/7/12, paragrafo 50), e il Gruppo di Lavoro delle Nazioni Unite sulla Detenzione Arbitraria in un rapporto del 2008 (UN Doc. A/HRC/7/4, 10 gennaio 2008, paragrafo 53), hanno chiesto agli Stati di non punire come reato l'ingresso irregolare nel loro territorio, sottolineando che la posizione irregolare di un individuo non puo' essere usata dagli Stati come ragione per non assolvere all'obbligo di proteggere ciascun individuo da violazioni dei suoi diritti. Sebbene gli Stati abbiano il diritto e il potere di regolare l'immigrazione, cio' deve essere fatto senza violare i diritti umani. Come gia' piu' volte sottolineato da meccanismi speciali sui diritti dell'uomo delle Nazioni Unite, l'immigrazione irregolare dovrebbe essere considerata solo un illecito amministrativo, senza pregiudizio dei diritti fondamentali dei migranti. Amnesty International esprime preoccupazione per le norme proposte, e per le conseguenze della loro applicazione, ed in particolare per l'imposizione di sanzioni penali per l'entrata e/o soggiorno irregolari in Italia. Si tratta di misure di controllo sull'immigrazione eccessivamente severe, che violano gli obblighi del governo italiano posti dal diritto internazionale sui diritti umani. In particolare creano minacce per i diritti umani dei migranti, come il diritto alla salute e all'istruzione, e il diritto a registrare la nascita all'anagrafe, e di conseguenza il diritto al riconoscimento di ogni persona di fronte alla legge.
L' introduzione del reato d'ingresso e soggiorno illegale avrebbe ulteriori conseguenze a causa della applicazione congiunta di tale norme e di esistenti norme penali. In ottemperanza alle norme di cui agli artt. 361 e 362 c.p., tutti i pubblici ufficiali e gli incaricati di un pubblico servizio (funzionari e impiegati di enti pubblici, insegnanti, personale del Servizio Sanitario Nazionale, impiegati dei Comuni incaricati del rilascio di carte d'identita' e documenti ecc.) hanno l'obbligo di denunciare alla polizia o alle autorita' giudiziarie i reati di cui abbiano notizia nell'esercizio delle loro funzioni. Se il disegno di legge venisse approvato, l'obbligo ex artt. 361 e 362 c.p. si estenderebbe alla denuncia di tutte le persone in posizione irregolare dal punto di vista delle norme sull'immigrazione. L'omissione di tale denuncia si configurerebbe come reato punibile con una multa o, in alcuni casi, con la reclusione fino ad un anno. Temiamo che l'introduzione del reato d'ingresso e soggiorno illegale, in connessione con le norme che criminalizzano l'omessa denuncia di pubblici ufficiali e incaricati di pubblico servizio, costringa coloro che hanno una posizione irregolare dal punto di vista della normativa sull'immigrazione a non curarsi presso le strutture sanitarie pubbliche, anche nei casi piu' gravi e urgenti, per paura di essere denunciati alla polizia. Amnesty International nota che una precedente proposta di abrogare o modificare l'art. 35 comma 5, del Testo Unico sull'immigrazione (D. LGS286/98), che vieta agli impiegati del Servizio Sanitario di denunciare i pazienti senza permesso di soggiorno, e' stata esclusa dal disegno di legge. Tuttavia rimarrebbero salvi gli effetti negativi suesposti dell'applicazione degli artt. 361 e 362 c.p. in combinato disposto con la norma che istituisce il reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato. Tale situazione violerebbe gli standard internazionali relativi al diritto fondamentale alla salute, tra cui l'art. 12 della Convenzione Internazionale per i Diritti Economici, Sociali e Culturali (ICESCR); l'art. 35 della Carta dei Diritti fondamentali nell'Unione Europea; l'art. 32 della Costituzione Italiana. Come stabilito dalla Corte Costituzionale, tale ultima norma crea obblighi diretti gravanti sullo Stato e su ciascun soggetto a non violare il diritto alla salute altrui. Analogamente, sebbene la norma che avrebbe esplicitamente obbligato i dirigenti delle scuole statali a denunciare alla polizia gli stranieri in posizione irregolare, i cui figli sono iscritti alle scuole da loro dirette, sia stata esclusa dal disegno di legge, l'obbligo di segnalazione, posto dagli artt. 361 e 362 del codice penale, permarrebbe comunque per tutti coloro che lavorano presso una scuola pubblica, se il reato di immigrazione irregolare venisse introdotto. Inoltre l'effetto del combinato disposto della norma che introducesse il reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato e della norma proposta nel disegno di legge ora in approvazione (art. 45) che modifica l'art 6 comma 2, del Testo Unico in materia d'immigrazione (L.286/1998), potrebbe consistere nella violazione gli obblighi dello Stato italiano a rispettare e proteggere il diritto di registrare le nascite e il diritto di ciascun soggetto ad essere riconosciuto dalla legge. L' introduzione dell'art. 45 del disegno di legge, infatti, avrebbe l'effetto di imporre la presentazione di documento idoneo a provare la presenza regolare in territorio italiano per gli atti. Tale obbligo si estenderebbe anche alla registrazione all'anagrafe della nascita di un figlio. Le conseguenze potrebbero essere gravissime, in particolare per le donne con statuto irregolare che partoriscono sul territorio italiano; esse potrebbero trovarsi nell'impossibilita' di registrare la nascita del figlio. Sebbene Amnesty International sia consapevole del fatto che le donne in stato di gravidanza non in possesso di valido titolo per soggiornare in Italia possono richiedere un permesso di soggiorno per un periodo non superiore ai sei mesi dopo il parto (in base al Testo Unico sull'immigrazione - L. 286/1998, art. 19 - in combinato disposto con gli artt. 9 e 28 DPR 394/1999), questa possibilita' e' concessa solo a condizione che venga presentato un passaporto o documento equipollente. Se la madre naturale non possiede un passaporto non potra' ne' ottenere un permesso di soggiorno ne' riconoscere il figlio nato in Italia. Ai padri di tali figli che siano immigrati irregolari sarebbe in ogni caso precluso il riconoscimento del figlio. Inoltre se la madre priva di documentazione che la autorizzi a permanere nel territorio italiano tentasse di registrare il figlio presso l' anagrafe, correrebbe il rischio di essere denunciata per il reato di immigrazione irregolare; l'incaricato del servizio pubblico dell'anagrafe potrebbe correre il rischio di denuncia penale se omettesse di denunciare la donna. Le conseguenze di queste disposizioni produrrebbero un contrasto con gli obblighi del governo italiano al rispetto e alla protezione del diritto del bambino a essere riconosciuto davanti alla legge e ad essere registrato, diritti garantiti dagli articoli 16 e 24 del Patto Internazionale per i Diritti Civili e Politici (ICCPR) e della Convenzione ONU sui Diritto dei Fanciulli. Inoltre le donne in gravidanza in posizione irregolare dal punto di vista delle norme sull'immigrazione potrebbero rinunciare a partorire presso un ospedale o decidere di non cercare assistenza medica, per paura di essere denunciate alla polizia. Il disegno di legge, all'art.6, impone l'obbligo al cittadino non membro dell'Unione Europea, che vuole unirsi in matrimonio in Italia, di presentare un permesso di soggiorno valido. Tale norma sembra essere in contraddizione con l'art. 23 comma 2 dell' ICCPR, relativo al diritto di costituire una famiglia legittima. La norma proposta violerebbe sia il diritto del cittadino di Stato non membro dell'Unione Europea che vuole unirsi in matrimonio, che il diritto del cittadino di Stato membro della UE che desideri unirsi in matrimonio con un soggetto privo di autorizzazione a restare in territorio italiano. Norme che potrebbero avere un impatto negativo sui diritti di persone vulnerabili sulla base della registrazione ai fini della residenza Il disegno di legge, all' art.50, prevede che tutti coloro che sono "senza fissa dimora' siano registrati presso il Ministero dell'Interno. I senzatetto e coloro che vivono in alloggi in condizioni igienico-sanitarie non idonee (in maggioranza migranti e richiedenti asilo) o in case mobili (in maggioranza Rom e Sinti) saranno cancellati dall'anagrafe del Comune dove risiedono e verranno schedati in apposito registro istituito presso il Ministero dell'Interno. Il disegno di legge prevede che tutti coloro, "senza fissa dimora', che desiderano spostare la residenza in altro Comune, potranno fare domanda di iscrizione al registro dei residenti, anche dopo essere stati cancellati dal registro anagrafico dei residenti del Comune dove risiedevano precedentemente. I Comuni avranno tuttavia il diritto di rifiutare la registrazione di un soggetto nei propri registri dei residenti qualora ritengano che le condizioni di alloggio del richiedente non siano conformi a standard igienico sanitari (art.42). I Comuni potranno negare la registrazione, con amplissimo margine di discrezionalita', dopo 30 giorni dalla proposizione della richiesta, in attesa della verifica dei requisiti di residenza posti dalla legge in discussione. La registrazione come residente presso un Comune e' un requisito per ottenere l'accesso alle cure sanitarie (con l'eccezione di quelle di emergenza) nella localita' ove un soggetto risiede, e per ottenere accesso all' assistenza sociale; per ottenere il rilascio di un documento d'identita'; per poter votare nel luogo di residenza, per chi gode dei diritti elettorali, nelle elezioni amministrative, europee e nazionali. Percio' le nuove norme, se approvate, potrebbero avere l'effetto di negare ad alcuni soggetti il diritto di godere dei suesposti diritti a parita' di condizioni con gli altri aventi diritto. Dal disegno di legge non traspare chiaramente in che modo i soggetti che saranno inclusi nel registro nazionale per i "senza fissa dimora', una volta cancellati dai registri anagrafici dei Comuni ove sono residenti, potranno accedere ai servizi sanitari, e assistenziali, come potranno ottenere il rilascio di carte d'identita' e altri documenti, e dove, se godono del diritto di voto, potranno votare. Ulteriore conseguenza di queste norme sembra essere che sulle carte d'identita' e su altri documenti questi soggetti sarebbero indicati come "senza fissa dimora". Cio' potrebbe sfociare in situazioni di stigmatizzazione e discriminazione da parte delle forze dell'ordine e del personale addetto alla sicurezza, o da parte di altri soggetti, pubblici o privati, per esempio nella ricerca di un posto di lavoro. Poiche' inoltre, secondo informazioni ricevute da Amnesty International, la maggior parte di coloro che vivono in case mobili sono Rom e Sinti, e molti fra coloro che vivono in abitazioni prive dei requisiti di idoneita' sono immigrati irregolari, l'organizzazione teme che le nuove norme abbiamo un effetto discriminatorio nei confronti di questi gruppi. Il livello di discrezionalita' concesso alle autorita' locali nel decidere quando i soggetti facenti richiesta di registrazione all'anagrafe dei residenti siano in possesso di tutti i requisiti richiesti e' preoccupante. L'esercizio di una discrezionalita' cosi' ampia potrebbe tradursi in comportamenti discriminatori e nell'arbitrario rifiuto di registrare in particolar modo coloro che vivono in case mobili, se gli incaricati del Comune alla verifica dei requisiti dichiarano che la loro presenza nel territorio del Comune non costituisce stabile dimora, e nei molti casi in cui, per esempio, Rom e Sinti che vivono in case mobili non hanno accesso all' acqua e ai servizi sanitari. Amnesty International esprime dunque viva preoccupazione poiche' l'applicazione della legge, se approvata, sebbene apparentemente neutrale, potrebbe avere effetti negativi in maniera sproporzionata su Rom e Sinti, oltre che su altri gruppi per il solo fatto della loro situazione economica precaria. Cio' potrebbe condurre a situazioni di grave discriminazione indiretta. Le norme sopra esposte sono a rischio di violare gli obblighi internazionali sanciti dal Patto Internazionale per i Diritti Civili e Politici, dalla Convenzione Europea dei Diritti Umani e Liberta' Fondamentali, dalla Direttiva Europea 43/2000 (recepita nel D.Lgs 215/2003) e dalla Costituzione Italiana (in particolare l'art. 3, che proibisce la discriminazione e l'art. 16 che garantisce ad ogni cittadino di poter circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale). Affinche' la legge sia resa conforme con i principi costituzionali e di diritto internazionale, il legislatore dovra' assicurare: 1) che tutti coloro che saranno inclusi nel registro nazionale possano esercitare i diritti a loro riconsociuti dai trattati internazionali e dalla Costituzione in maniera eguale o comunque non discriminata rispetto a coloro che sono registrati come residenti nei registri anagrafici dei Comuni; 2) che il diritto di ognuno ad avere un'alloggio adeguato sia protetto e rispettato, anche attraverso l'assistenza da parte delle autorita' competenti nell'assicurare il godimento di un alloggio adeguato Articolo 52, che legittima l'utilizzo di associazioni di cittadini per il controllo del territorio Amnesty International esprime inoltre preoccupazione circa l'articolo 52 del "pacchetto sicurezza' in esame al Senato. Se sara' approvato, gli enti locali, previo parere del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, saranno legittimati ad avvalersi della collaborazione di associazioni tra cittadini non armati al fine di segnalare agli organi di polizia locale, ovvero alle forze di polizia dello Stato, eventi che possano arrecare danno alla sicurezza urbana ovvero situazioni di disagio sociale. Amnesty International e' preoccupata circa la mancanza di chiarezza della norma. Nella sua forma attuale non appaiono definiti l'ampiezza e i limiti dei poteri o dell'autorita' conferita a tali associazioni, in particolare il potere di fermare e arrestare soggetti (con particolare riferimento all'applicazione dell'art. 383 c.p.p. che conferisce la facolta' di arresto a privati in determinate condizioni); le qualifiche e la formazione richieste a ciascun soggetto che fara' parte di queste associazioni; sotto quale autorita' opereranno e dove ricadra' la responsabilita' per la supervisione e il coordinamento di coloro che ne faranno parte; quali misure e procedure saranno adottate per assicurare che, qualora ci fossero violazioni di norme nazionali o di standard internazionali sui diritti umani non vi sia impunita' per gli aderenti a tali associazioni; chi sara' responsabile per il risarcimento dei danni patiti da soggetti i cui diritti fossero violati da aderenti a tali associazioni. L'articolo 52 del disegno di legge dichiara che le associazioni di cittadini non armati potranno essere utilizzate al fine di segnalare eventi che possano arrecare "danno alla sicurezza urbana" ovvero "situazioni di disagio sociale". L'esatto significato di questi concetti non e' chiaro, e dunque non e' chiaro in quali situazioni o a quale scopo le autorita' locali si potranno avvalere della collaborazione di tali associazioni. Amnesty International teme che l'applicazione di tale norma possa condurre a situazioni discriminatorie e di violenza, invece che ad una maggiore sicurezza pubblica e ad un maggior rispetto dello stato di diritto. Non e' chiaro se saranno predisposti meccanismi per assicurare che questi gruppi siano chiamati a rispondere delle proprie azioni, anche qualora queste conducano a comportamenti discriminatori o contrari ai diritti di appartenenti a minoranze e a gruppi vulnerabili. Negli ultimi anni Amnesty International e altre organizzazioni hanno documentato attacchi e violenze da parte di gruppi di cittadini nei confronti di Rom e immigrati in varie parti d'Italia; si teme che, invece di condurre ad una riduzione di tali minacce, la potenziale "legittimazione" delle associazioni di cittadini possa sfociare in un livello di abusi e molestie, anche rilevanti penalmente, al contempo piu' alto e meno palese. Infatti, se la proposta d'introduzione del reato di immigrazione clandestina venisse approvata, i richiedenti asilo e gli immigrati irregolari rischierebbero di essere presi di mira in maniera piu' che proporzionale da tali gruppi, e risulterebbero piu' vulnerabili alle violazioni dei loro diritti: e' molto probabile che i richiedenti asilo e gli immigrati irregolari finirebbero per non denunciare alle autorita' competenti abusi che dovessero eventualmente subire da parte di appartenenti a tali gruppi, per timore di essere denunciati per il reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato. In base al diritto internazionale sui diritti umani, le autorita' Italiane sono tenute a prendere le misure necessarie per la prevenzione di abusi di diritti umani, tra cui la discriminazione, e comportamenti nocivi da parte di privati, per assicurare la tutela di tutti i diritti fondamentali e per l'investigazione e la punizione effettive di tali abusi, ove occorrano. In linea con il diritto internazionale, inclusa la Convenzione Internazionale per l'Eliminazione di ogni forma di Discriminazione Razziale (che l'Italia ha ratificato), le autorita' italiane devono astenersi da ogni azione o dichiarazione che possa istigare alla discriminazione o all'ostilita' nei confronti delle minoranze, inclusi Rom, Sinti e migranti. Le autorita' italiane non devono adottare alcuna norma, come l'art. 52, che possa sfociare in discriminazione a meno che possano dimostrare che tale legge non violi gli obblighi dell'Italia a tutelare i diritti umani, compreso il diritto a non essere discriminati. Per le ragioni sopra esposte, Amnesty International chiede al Governo e al Parlamento italiani di assicurarsi che ogni norma adottata nel contesto del "pacchetto sicurezza' sia in linea con gli obblighi internazionali di cui l'Italia e' firmataria. Amnesty International ha scritto a questo proposito al Ministro dell'Interno, Onorevole Roberto Maroni. Copia di tale lettera e' stata inviata all'Onorevole Franco Frattini, Ministro degli affari esteri.
Distinti saluti, Nicola Duckworth Direttore Programma Europa e Asia Centrale
Di Fabrizio (del 01/07/2009 @ 23:20:46, in Italia, visitato 1927 volte)
In questi giorni ho qualche problema al computer e molte
cose da fare "fuori dal web". Scusatemi se non riuscirò a seguire tutte le
segnalazioni che mi arrivano. Questa, comunque, è di
Flora Afroitaliani
e di Eugenio Viceconte:
di Lucia Alessi [30 Giugno 2009]
Si è svolta stamattina a Roma la presentazione della collezione primavera-estate
dell'Antica sartoria rom (vedi
QUI ndr), mentre a La Rustica le ruspe concedevano altri dieci giorni di
proroga per lo sgombero.
Gonnelloni colorati, balze che scendono come cascate, corpetti aderenti, corti:
gli ombelichi spesso lasciati in bella mostra.
Così la «Antica sartoria rom» ha presentato stamattina la collezione
primavera-estate 2009, nella sala Pintor, presso la redazione di Carta.
Musiche ritmate hanno accompagnato la giovanissime modelle, qualcuna ancora con
pannolino, quasi tutte rom, che una alla volta hanno calcato la passerella.
«Aspettiamo questo giorno da tantissimo tempo», dice Elisabetta, 10 anni.
Come lei, molte altre bambine hanno frequentato il laboratorio sartoriale presso
l’Antica sartoria rom, uno dei progetti del programma di scolarizzazione del
comune di Roma.
«Quest’anno siamo finalmente riusciti a fare dei contratti a tempo
determinato, con durata di un anno, a tutte le nostre lavoratrici», spiega Marco
Brazzoduro, presidente della Cooperativa sociale antica sartoria rom, nata nel
2006 a Roma, grazie a un finanziamento della Commissione delle elette del comune
di Roma. Nel 2007 la cooperativa partecipa a vari progetti, tra cui
‘Ri-tagliamoci il futuro’, tecniche di riuso e riciclo di materiali tessile di
scarto, applicato alla moda.
Nel 2009 l’Ente bilaterale nazionale per il lavoro temporaneo [Ebitemp],
finanzia la realizzazione del progetto «Romnià, sucar drom», per l’acquisto di
macchinari e stoffe. «Con un fondo di 50 mila euro – dice Riccardo Martegiani,
direttore di Ebitemp – abbiamo finanziato anche un corso di formazione in taglio
e cucito, per le lavoratrici della sartoria».
«L’idea della sartoria è nata nel 1997, in uno dei tanti campi nomadi romani,
quando alcune donne decidono di trovarsi un lavoro, partendo dall’attività che
meglio conoscevano: la confezione dei vestiti in stile rom, meglio noto come
‘Gipsy Style’ – racconta Carmen Rocco, ideatrice dei laboratori e coordinatrice
dei progetti della cooperativa -. Questa volta però, erano decise a vendere i
propri abiti». Di ispirazione tipicamente orientale, secondo la moda del tardo
ottocento, la produzione dell’Antica sartoria rom incontra presto i gusti del
mercato dell’abbigliamento etnico capitolino, dando così il via a una nuova
moda, tutta rom.
«Il popolo Rom vive ancora oggi in condizioni di tale disagio, da poter
essere paragonato a chi, due secoli fa, doveva andare a prendere l’acqua alla
sorgente, viveva a lume di candela, saltava da una pozzanghera all’altra per
giungere alla strada principale, usciva in piena notte per recarsi alla
toilette», racconta Nadia, una delle lavoratrici dell’Antica sartoria. Né più né
meno di quanto sono costretti a fare ancora oggi gli abitanti dei cosiddetti
campi nomadi non attrezzati: «ecco perché non vogliamo fare abiti moderni, non
finché la ‘modernità’ non arriverà anche per noi».
«Continuiamo a utilizzare esclusivamente fibre naturali – dice ancora Carmen
– sia per rispettare la tradizione tardo ottocentesca, sia perché spesso questi
abiti vengono indossati durante feste, con balli intorno ai falò: vicino a un
fuoco, le fibre tessili sono molto meno pericolose dei tessuti sintetici!».
E tra una passerella e un ballo, c’è spazio anche per qualche minuto di
serietà: «Alcune di queste ragazze sono qui oggi nonostante alle 7.15 di
stamattina siano state svegliate da ruspe e forze dell’ordine, che intimavano lo
sgombero del campo. Un applauso alla loro grande professionalità», dice Carmen,
riferendosi al campo de La Rustica.
«Ci hanno detto solo: ‘prendete le vostre cose e andatevene dove vi pare’ –
racconta Natascia, una delle inquiline del campo – ma dove vuoi che andiamo con
i bambini? Loro vanno tutti a scuola qui a La Rustica, che faranno, smetteranno
di studiare?».
Dopo le proteste degli abitanti del campo, le forze dell’ordine hanno
concesso altri dieci giorni di proroga dello sgombero, che però non è stato in
alcun modo sospeso, nonostante riguardi uno dei campi più antichi della
capitale, dove le baracche sono state da tempo sostituite con vere e proprie
casette in muratura. PS: le foto di
Stefano Montesi
Di Fabrizio (del 30/06/2009 @ 09:24:43, in media, visitato 1929 volte)
Da
Roma_Daily_News
ISTANBUL - Un progetto intitolato "Giovani Cineasti Internazionali",
promosso l'anno scorso dal Consolato Generale USA ad Istanbul e che fornisce
istruzione sulla cinematografia a studenti di sei città turche. sta dando i
primi risultati. Gli studenti di Edirne, che partecipano al progetto, hanno
girato un film che presenta la vita dei cittadini rom nella loro città.
26/06/2009 - I giovani registi del futuro hanno preso parte al progetto
[...] iniziato a luglio dell'anno scorso.
Lo scopo di questo programma era di promuovere una maggiore comprensione e
consapevolezza tra i giovani di Turchia sulle questioni relative alla
democrazia, diritti umani, tolleranza e diversità, questione femminile e
crescita economica attraverso film e video creati da giovani. Quindi agli
studenti è stato chiesto di fare dei film su questi argomenti. Gli studenti
della città nord occidentale di Edirne, che in futuro vorrebbero diventare
registi, hanno scelto i Rom che vivono nella città come tema dei loro film.
I giovani, che hanno ignorato tutti gli ammonimenti di tenersi lontano dai
quartieri rom perché pericolosi, hanno girato due film che presentano la
posizione dei cittadini rom nella vita sociale ed i problemi che affrontano
nella vita giornaliera in città.
Parlando con l'agenzia di notizie Anatolia, Nefin Dinç membro del
dipartimento comunicazioni della New York University e responsabile per il
progetto, ha detto che è comune alla Turchia e agli Stati Uniti ed è stato
supportato dal Dipartimento di Stato USA. Ha detto che la città nord
occidentale di Edirne, Artvin sul Mar Nero, le città nel centro dell'Anatolia di
Sivas e Konya, e quelle sud orientali di Mardin e Hatay sono state scelte tra
altre città turche per lo sviluppo del progetto. "72 studenti di queste sei
città anno frequentato le classi del progetto. Attualmente i film sono in fase
terminale. Abbiamo iniziato l'anno scorso a luglio e fatto un totale di 21
giorni di lezione in ogni città. Gli studi riguardavano argomenti come la
sceneggiatura, la fotografia, il suono, le luci e l'editing", ha detto Dinç.
Sezen Çobanoğlu, membro della squadra che ha girato i film sul quartiere
di Edirne più popolato dai Rom, Menzilahir, ha detto che come parte del
progetto, hanno voluto fare un film che porti un messaggio sociale e per questo
hanno scelto la gente che vive nel quartiere rom.
Abbiamo scoperto un mondo differente
Ha detto che hanno tentato di rimuovere i pregiudizi della società contro
quella gente. "I cittadini rom sono esclusi dalla società, e noi abbiamo voluto
mostrare questo fatto nei film. Ci siamo focalizzati sul concetto degli ALTRI
nei nostri film, per mostrare l'effetto degli ALTRI nella società. Abbiamo
programmato di rimuovere i pregiudizi sociali. Anche se la gente lì intorno ci
ha ammonito dicendo che il quartiere era pericoloso, e che non potevamo entrarci
senza avere lì amici tra i 15 e i 20 anni, siamo andati là e abbiamo fatto
amicizie. All'inizio avevamo paura, ma là abbiamo scoperto un mondo differente,"
ha detto Çobanoğlu.
Un altro studente della squadra, Batuhan Kurt, ha espresso la propria
felicità per essere parte del progetto. "Ero appassionato sul dirigere un film e
questo progetto mi ha incoraggiato. Abbiamo imparato le scale della ripresa e la
sceneggiatura durante il corso, e le abbiamo applicate. Ci siamo fatti degli
amici nel quartiere dei Rom. Ci hanno aiutato, ci siamo davvero divertiti," ha
detto Kurt.
Alcuni di quei 72 studenti [...] andranno negli Stati Uniti per apprendere
ancora. Inoltre, gli studenti delle sei città si riuniranno il prossimo gennaio
e valuteranno le loro produzioni.
I film girati saranno esposti nei festival filmici di Istanbul e Diyarbakir.
Di Fabrizio (del 29/06/2009 @ 09:48:51, in Europa, visitato 2276 volte)
Da
Czech_Roma (Se ne era parlato
QUI)
The Prague Post Le vittime dell'incendio doloso ancora senza casa - La
burocrazia impedisce alle famiglie rom di accedere ai fondi pubblici
Posted: June 24, 2009 By Wency Leung, Staff Writer
Kudrik, sua madre Božena Bandurová, la figlia Pavlína ed altri
quattro dividono un piccolo riparo temporaneo. (foto di Vladimir Weiss)
Anna Siváková è scoppiata in lacrime quando ha visto le due stanze che la
città di Vítkov ha assegnato alla sua famiglia.
La famiglia rom aveva perso la sua casa in un incendio apparentemente a
sfondo razziale il 19 aprile. Siváková e suo marito, Pavel Kudrik, hanno avuto
diverse ustioni che li hanno tenuti in ospedale nella vicina Ostrava per quasi
due settimane, mentre la figlia più piccola, Natálka di 2 anni, rimane in cura
intensiva, lottando per sopravvivere.
Per Siváková, è stato come un altro incendio ritornare a Vítkov dopo il
rilascio ospedaliero del 2 maggio, soltanto per raggiungere suo marito, gli
altri tre bambini ed i genitori nell'affollato e misero riparo, situato dietro
una clinica veterinaria accanto allo scolo dei rifiuti canini. Con i suoi letti
metallici a castello e nessuno spazio per muoversi - tantomeno per far giocare i
bambini o per fare i loro compiti - il posto sembra, come dice un membro della
famiglia, "come una prigione".
Dopo più di un mese, la famiglia rimane nel riparo temporaneo, incapace di
trovare una nuova casa, nonostante i versamenti di donazioni per aiutarla a
ricostruirsi una vita. A causa della burocrazia, la famiglia deve ancora
ricevere i fondi donati, e se non ci fossero determinate condizioni, questo
potrebbe anche non avvenire mai.
I funzionari del municipio di Vítkov, che gestisce le donazioni, dicono che
le esigenze giuridiche impediscono alla famiglia di accedere ai soldi tranne che
per l'assistenza medica di Natálka e la nuova sistemazione. Inoltre, se la
famiglia non dovesse trovare una sistemazione adatta entro la fine dell'anno, il
consiglio comunale sarebbe tenuto, secondo la legge, a cedere i fondi al
distretto della Moravia Settentrionale.
Anche se i funzionari sottolineano che ciò è improbabile, è una prospettiva
che alcuni attivisti trovano oltraggiosa.
"Il conto è [inteso] solo per questa famiglia," ha detto Zdeněk Ryšavý,
direttore esecutivo dell'OnG Romea, che ha trasferito le donazioni da tutto il
mondo alla raccolta pubblica gestita dal comune di Vítkov. Trattenere quei fondi
"non è civile", dice.
Gwendolyn Albert, attivista per i diritti umani, ha aggiunto che di essere
rimasta inascoltata per una raccolta raccolta da spendere in qualcosa che non
fosse lo scopo preposto: "La sola ipotesi è insultante per la famiglia e per
tutti quanti abbiano donato in buona fede fondi per assistere questa gente," ha
detto.
Non solo la sua famiglia non ha visto un soldo delle donazioni, Siváková ha
detto che non è chiaro chi realmente li gestisca.
"Non so chi li controlli. Di certo non noi," ha detto, aggiungendo di non
sapere neanche quanti soldi sono stati raccolti. "[I funzionari cittadini] non
vogliono dirci l'importo esatto".
Da quanto risulta, la raccolta è ora di 757.000 Kč, ha detto Hana
Klapetková, a capo del dipartimento cittadino per gli affari sociali. Secondo la
legge sulle raccolte pubbliche, le autorità della città sono incaricate della
gestione dei fondi.
Nota che il fallimento della famiglia nel trovare una nuova casa non dipenda
dalla mancanza di sforzi dei funzionari.
"Abbiamo trovato diverse soluzioni accettabili che loro hanno rifiutato
perché ritenevano la casa o troppo piccola o troppo grande. Altre volte, prima
che prendessero una decisione, un altro compratore riservava la casa," dice Klapetková.
"La città li sta aiutando, per quanto può".
Šarka Petrtýlová, segretaria del sindaco, ha aggiunto di essere certa che un
alloggio adeguato per la famiglia può essere trovato, a Vítkov o altrove, prima
della fine dell'anno. Altrimenti, ha detto, il consiglio comunale estenderà di
un anno la scadenza, che riconosce essere stata stabilita arbitrariamente
durante un'affrettata riunione all'inizio del mese.
"In realtà non abbiamo ponderato sul termine, che doveva essere a tre mesi da
adesso, così l'abbiamo lasciato sino alla fine dell'anno," ha detto Petrtýlová.
Tuttavia ha notato che, secondo la legge, il consiglio comunale ha dovuto
stabilire un termine, dopo il quale ogni somma non impiegata finirà negli uffici
distrettuali.
Kumar Vishwanathan dell'OnG Vita Insieme, che è stato in stretto contatto con
al famiglia, ha detto di credere che le donazioni non saranno mai trasferite
negli uffici distrettuali.
Anche se concorda sul fatto che i funzionari stiano facendo del loro meglio
per trovare alloggio alla famiglia, ha detto che non è stato facile a causa
dell'opposizione dei futuri vicini e proprietari.
"Penso che ci siano molti pregiudizi sul vivere accanto ai Rom. La gente non
vuole vivere vicino ad una famiglia rom," ha detto Vishwanathan.
Ha aggiunto che, mentre non ha obiezioni sulla gestione cittadina delle
donazioni, la famiglia rimane in difficoltà finanziarie, dato che i genitori
hanno bisogno di denaro per andare e tornare dall'ospedale di Ostrava per
visitare Natálka. Secondo i funzionari cittadini, la famiglia vive di previdenza
sociale.
"Sinora hanno sostenuto un sacco di spese," ha detto Vishwanathan. "Per loro
è un drenaggio di risorse."
Nel contempo Kudrik, il padre di Natálka, ha detto che la sua preoccupazione
più grande è di curare la figlia, che avrà bisogno di trattamenti medici per il
resto della vita. L'assicurazione di stato sta coprendo la maggior parte delle
spese mediche per Natálka.
Gli attentatori non sono ancora stati identificati. Ciononostante, Kudrik
dice di volere che la famiglia resti a Vítkov, dove i suoi bambini vanno a
scuola. D'altra parte è a conoscenza che se non verrà trovato nessun alloggio in
città, la famiglia dovrà cercare una sistemazione da qualche altra parte.
"Non c'è niente di chiaro su questo punto," dice.
- Martina Čermáková contributed to this report.
Di Fabrizio (del 29/06/2009 @ 09:46:17, in Regole, visitato 1834 volte)
Da Roma_ex_Yugoslavia
Strasburgo, 26 giugno 2009: Ieri, la Corte Europea dei Diritti Umani ha emesso il suo giudizio sul caso Beganović contro la Croazia, riguardo il violento pestaggio di Darko Beganović, un Rom, da parte di un gruppo di sette persone e del fatto che le autorità croate non abbiano condotto indagini efficaci e perseguito gli esecutori.
La Corte ha sostenuto che i tribunali e le autorità inquirenti croate non hanno risposto all'esigenza di efficacia dei meccanismi di legge previsti dall'art. 3 della Convenzione Europea sui Diritti Umani e le Libertà Fondamentali (ECHR) che proibisce la tortura ed i trattamenti inumani e degradanti. L'inefficacia da parte degli inquirenti ha fatto cadere la denuncia contro gli esecutori per il tempo trascorso.
La parte lesa fu brutalmente picchiato in compagnia di cinque amici da parte di un gruppo di sette giovani il 24 aprile 2000. I sette lo colpirono fin quando non cadde a terra e poi continuarono a farlo. Quando il pestaggio terminò e Beganović si rialzò, venne colpito alla testa con una tavola di legno, cosa che gli causò la perdita della coscienza. Come risultato del violento pestaggio di gruppo, Beganović sostenne ferite su tutto il corpo, inclusa una commozione.
La denuncia interna del crimine venne compilata il 12 giugno 2000 dalla parte lesa contro i sette individui. Tuttavia, a causa dell'inattività e dell'errata gestione da parte delle autorità inquirenti, la denuncia andò in proscrizione il 23 aprile 2004.
Come risultato, ERRC ed il suo partner, l'avvocato croato Lovorka Kušan, denunciarono il caso alla Corte Europea dei Diritti Umani il 9 novembre 2006, citando, tra l'altro, la violazione dell'articolo 3 della ECHR, basata sulla mancanza da parte delle autorità croate di prendere le appropriate e necessarie misure nel procedimento contro i sette esecutori.
Il signor Beganović è stato risarcito con 1.000 euro per danni non pecuniari; inoltre la corte ha stabilito un rimborso di 6.250 euro per costi e spese.
[...] For further information, contact: Lydia Gall , ERRC Legal Advisor, lydia.gall@errc.org , + 36.1.413.2200
Di Sucar Drom (del 28/06/2009 @ 09:07:54, in blog, visitato 2205 volte)
Milano, continuano gli sgomberi elettorali: oggi è toccato ai Rom di viale
Forlanini, per strada anche un neonato
A Milano continuano gli sgomberi elettorali e così, dopo due notti di pressing
sui rifugiati di piazza Oberdan, stamattina è toccato gruppetto di Rom accampati
nell’area dell’ex-caserma di viale Forlanini. R...
Schio (VI), perché si va a colpire i più deboli?
A proposito dell'articolo apparso il 17 giugno su "Il Giornale di Vicenza" a
pag. 21 dal titolo "Il deposito dei nomadi con tanto di ferro e bici.
L’elicottero dei Carabinieri scova u...
Roma, siamo Rom, non siamo nomadi: ci prendiamo la casa
Ieri circa 100 Cittadini rumeni, appartenenti alla minoranza rom, della comunità
di via di Centocelle, insieme alle associazioni “no embedded” che lavorano
nel campo e ai Blocchi precari metrop...
Irlanda del Nord, sempre più violenti gli attacchi dei neonazisti contro i Rom
A Belfast, le autorità hanno disposto il trasferimento, in via provvisoria, dei
115 rumeni, appartenenti a 20 famiglie rom, evacuati nella notte di martedì
scorso dopo l’ultimo attacco neonazista, il più violento degli ultimi mesi...
Nel deserto dei valori non c'è pietà - parte 1
Caro amico di destra, ieri ho capito che governerete per i prossimi trent’anni.
Mi è bastato ascoltare, per cinque minuti, i commenti della gente davanti alla
nave dei profughi in arrivo sulle coste italiane...
Roma, non è una questione di ordine pubblico
Questa mattina [ndr sabato scorso] rom che due giorni fa avevano occupato l’ex
deposito Heineken in via dei Gordiani 40, per reagire alla minaccia di sgombero,
hanno deciso di tornare al campo di via di Centocelle...
Rom(a), nomadi o monadi? prospettive antropologiche
Martedì 23 giugno, alle ore 11.00, presso la sala Odeion, facoltà di Lettere e
Filosofia, dell’Università La Sapienza di Roma, sarà presentato il libro
“Rom(a), nomadi o monadi? prospettive antropologiche”, curato da Matteo...
Roma, la guerra del cemento tra condoni e l'espansione della Capitale
Un no deciso ai vincoli che il ministero dei Beni culturali vuole mettere
sull’area compresa tra Laurentina e Ardeatina. Un sì, altrettanto netto, al
miglioramento del Piano regolatore e, soprattutto, alla riqualificazione delle
periferie di Roma...
Lazio, una legge regionale a favore dello spettacolo viaggiante
"Finalmente una legge che riconosce e valorizza lo spettacolo viaggiante e le
attività degli artisti di strada che operano nella nostra Regione". Lo affermano
in una nota Peppe Mariani (Lista Civica per il Lazio) presidente della...
Reggio Calabria, una famiglia rom rifiuta la casa perchè ha paura
In una nota, Demetrio Costantino - Presidente Comitato Interprovinciale per il
Diritto alla Sicurezza – fa il punto sulla questione degli alloggi destinati
alle famiglie Rom:...
Roma, a breve una legge sul reddito minimo garantito nel Lazio
“Tra pochi giorni sarà finalmente operativa la legge sul reddito minimo
garantito nella nostra Regione”. È quanto fa sapere in una nota Peppe Mariani
(in foto), presidente della commissione Lavoro, politiche giovan...
Como, abbandonata nella neve: il j'accuse contro i vigili
Confusione su chi abbia fatto cosa, non sulla sostanza. Davanti al giudice delle
indagini preliminari Luciano Storaci, la 64enne Stela Anton (in foto), Cittadina
rumena appartenente alla minoranza rom, ha ribadito per filo e per segno quanto
già raccontato al pm nel corso dell’in...
Bolzano, il Gipsy festival
Saranno i Gipsy Kings l'attrattiva principale del Gipsy festival, manifestazione
di cultura rom, che si terrà a Bolzano il 26 e 27 giugno. Saranno numerosi i
cantanti e ballerini che si alterneranno sul palco, provenienti da tutta Europa.
Tra questi, anche Negrita, artista fran...
Radames Gabrielli è il nuovo presidente della federazione
Radames Gabrielli, neo Presidente della federazione “Rom e Sinti Insieme”, si è
detto molto onorato di essere stato eletto alla guida dell’associazione che da
due anni ha iniziat...
Mantova, una serata di cultura sinta
La Missione Evangelica Zigana, in collaborazione con l’Istituto di Cultura Sinta,
invita tutti all’evento culturale che si terrà a Mantova, lunedì 29 giugno 2009,
dalle ore 20.30, in viale Learco Guerra (località Migliaretto)...
Nel deserto dei valori non c'è pietà - parte 2
A nulla è servito ricordare che cinquant’anni fa i marocchini eravamo noi. Che i
nostri uomini nelle stazioni svizzere avevano sale d’aspetto separate. Che i
tedeschi o i francesi dicevano degli italiani esattamente le stesse cose che
oggi noi diciamo dei curdi. Che d...
Di Fabrizio (del 28/06/2009 @ 09:05:48, in Italia, visitato 2014 volte)
Dopo la vittoria di Ferdi Berisa al Grande Fratello, uno
sguardo al mondo dei reality show. Tra gli aspiranti partecipanti, un sinto
L'Espresso LOCAL di Ilaria Urbani
Il candidato tipo Marco Marfè? Me lo dicono tutti che gli assomiglio, ma
credo di essere più colto di lui
Il più anziano Ho una sfilza di notti al pianobar. Canterò Stand by me e
Light my fire dei Doors
«Mammà, forse ad ottobre mi chiamano per la trasmissione. Mi hanno fatto pure
girare il video». Trema Alessandro, 29 anni, al telefono col madre, racconta
i dettagli del provino con un autore di X Factor ieri alla Villa Comunale.
Capello da cowboy, pantaloni borchiati e andatura alla Marco Marfè, l´aspirante
popstar di piazza Cavour che nella vita fa il rappresentate di panifici, sente
di avercela fatta con il suo repertorio tradizionale: "Perdere l´amore" di
Ranieri e "Chesta Sera" di Monica Sarnelli.
Alessandro è uno dei 2500 ragazzi accorsi da tutta Italia dall´alba all´X
Factor Village (oggi se ne attendono altrettanti), tra loro anche tanti over 40,
per tentare la fortuna e passare le selezioni del talent-show di Raidue che
quest´anno vedrà Claudia Mori sostituire Simona Ventura. «Marco Marfè? Me lo
dicono tutti che gli assomiglio - dice euforico Alessandro - ma io, con rispetto
parlando, credo di essere un po´ più colto di lui. E´ vero mi piacciono Gigi
D´Alessio e Nino D´Angelo, ma questo non significa niente». Alessandro si dimena
tra le transenne seguito dalla troupe di X Factor che non si fa sfuggire il
peperino. Una voce dall´altoparlante intanto continua a ripetere "numero, carta
d´identità".
E spunta un 60enne, il siciliano Roberto di Marsala, alle spalle una sfilza
di notti al pianobar tra rock e blues, anche lui a giocarsi l´ultima carta per
il successo. «Canterò Stand by me e Light my fire dei Doors, sono i miei pezzi
forti». Lo segue a ruota Daniela Pinto, 39 anni e capelli rosso acceso di San
Giorgio a Cremano, una formazione da cantante lirica. «E´ la seconda volta che
tento - spiega - l´anno scorso ero in trio con le mie sorelle. Non canterò
repertorio di classica, ma un pezzo di Kate Bush».
L´età media dei partecipanti alle selezioni sembra più alta degli anni
scorsi, molti cantanti esordienti saranno stati alle prese con l´esame di
maturità. Lo confermano quattro mamme-candidate sui 40, tutte casalinghe tranne
una che fa la segretaria. E Adriano, impiegato di 47 accompagnato dalla figlia
adolescente. «Non è mai troppo tardi per sognare», dice e la figlia sorride. Tra
gli under 30, Luana di Pianura, a 24 anni mamma di un bimbo che non vuole far
crescere in periferia, sperando di percorrere l´autostrada per il paradiso che
la porti dritta ad un contratto con una casa discografica. Seyefa, nigeriana di
23 anni, viene da Civitavecchia. «Il mio idolo? E´ Beyoncé». Angelo invece quasi
30enne di Casoria è caporalmaggiore nell´esercito, dopo le missioni in
Afghanistan e Iraq, vuole sfondare nel mondo dello spettacolo. Domenico, 25
anni, viene da Lucca, nell´attesa di essere chiamato per il casting, si ferma a
cantare con un gruppo di musicisti rom. La sua famiglia è di etnia sinti.
Saughelli e Zorama, invece, sono già conosciuti nel panorama locale nostrano, ma
da indipendenti non ci si guadagna da vivere. Anche Margot di Cava de´ Tirreni
ha già una band, ma vuole diventare come Aretha Franklyn e ha ritentato la
fortuna dopo un provino andato male anche ad "Amici".
Da lontano, sul palco dove ieri si è esibito Jury, star della seconda
edizione del talent-show e stasera Tony Maiello e Le Officine Pan, si ode:
"Siete tutti su X Factor". E´ Francesco Facchinetti, presentatore del format,
che gasa la folla degli aspiranti popstar e per un attimo sembra tutto vero.
Oggi si replica.
Di Fabrizio (del 28/06/2009 @ 00:14:24, in blog, visitato 1872 volte)
A proposito di un
annuncio pubblicato settimana scorsa, in cui si cercava con urgenza un
interprete di sinto, ricevo questo:
Mi ha chiamato una società di traduzioni pochi giorni fa, chiedendomi se
potevo presentar loro una persona con perfetta conoscenza del sinto e
dell'italiano. Mi sono insospettito perché non vedo la necessità, nel mondo
professionale, di traduzioni sinto-italiano o viceversa (o almeno: di
prestazioni continuative), così mi sono fatto passare la direzione. Mi è stato
spiegato che la polizia di Milano, sezione anticrimine, aveva bisogno di
traduzioni per azioni nei confronti di delinquenza di etnia sinta. Puoi
immaginare che cosa ho risposto loro. Sospetto che sia la stessa società, anche
se non ricordo il nome di quella che mi ha telefonato.
Di Fabrizio (del 27/06/2009 @ 09:34:42, in Europa, visitato 2177 volte)
Da
Romanian_Roma (Non mi importa se le loro richieste possano apparire
strampalate, finalmente dei Rom che non si nascondono!)
di Mihaela Dumitrascu –
Divers.ro
22/06/09 - Uomini con cappelli e baffi e donne con gonne colorate. Non più
giovani, ma determinati. Chiedono i loro diritti e non mendicano una grazia.
Questo è come questa settimana si è manifestata davanti al Governo la protesta
dei Rom tradizionali.
Martedì 16 giugno, circa 200 Rom tradizionali sono scesi in strada,
protestando contro le politiche sulle minoranze del governo rumeno. In un
promemoria indirizzato al Primo Ministro Emil Boc, i Rom hanno chiesto il
rispetto dei diritti del gruppo etnico, e nel contempo hanno chiesto la
restituzione dei beni confiscati alle famiglie deportate in Transnistria (vedi
QUI ndr).
"A partire dal 2001, i Rom sono stati oggetto di diverse politiche pubbliche:
le strategie del Governo, il Programma Nazionale contro l'Impoverimento e per
l'Inclusione Sociali ed il Promemoria Comune per l'Inclusione Sociale," dice il
documento rilasciato dal Comitato Europeo dei Rom Krisinitor (giudici ndr),
iniziatori della protesta.
Le mete di queste politiche sono il miglioramento della situazione dei Rom,
la riduzione dell'impoverimento e dell'esclusione sociale, la promozione
continua della società coesiva ed inclusiva, tutte collegate al Piano Nazionale
di Sviluppo 2007 - 2013.
Ma "dopo 17 anni di strategie, politiche di inclusione per i Rom, programmi
di azione e progetti per migliorare la loro situazione, la minoranza rom
continua ad affondare nel circolo vizioso dell'esclusione sociale," hanno
dichiarato i sottoscrittori del Promemoria.
Così è successo che il 16 giugno, quando vengono ricordati i 67 anni
dell'Olocausto Rom in Romania, circa 200 rappresentanti delle comunità
tradizionali di questa minoranza etnica, si sono riuniti per protestare di
fronte al Museo Grigore Antipa di Bucarest.
Le richieste dei Rom: strade, elettricità, lavoro...
Spiega Istrate Bratianu, un anziano Rom di Matasari: "Ha detto che andranno
dal sindaco, installeranno l'elettricità, ci daranno assistenza per la
disoccupazione, ci ritorneranno l'oro che non è stato pagato."
"Il nostro oro che è rimasto là, perché non ce lo ridanno? Era dei
nostri antenati che hanno sofferto..." geme una donna vicino lui.
I Rom dicono di non avere bisogno di lavoro, ma vogliono che le loro
richieste vengano prese in considerazione. "Non abbiamo bisogno di lavoro,
abbiamo da lavorare. Lavoriamo il rame, facciamo pentole, ma abbiamo bisogno di
aiuti per la disoccupazione. Per cinque anni non l'abbiamo ricevuta. E
poi nel nostro villaggio non c'è una strada," spiega Istrate Bratianu.
Il promemoria ha proposto al governo rumeno una lista di azioni
urgenti per indirizzare i problemi delle comunità tradizionali e semi-nomadi,
specificando che i problemi di queste comunità non sono affrontati da nessun
programma di inclusione sociale. Le richieste sono:
- La creazione di una Commissione Nazionale per i Rom, che dovrebbe
adottare un Rapporto annuale di Monitoraggio sull'Inclusione delle Comunità
Tradizionali e Semi-Nomadi nelle azioni delle politiche pubbliche per i
prossimi anni.
- Trovare soluzioni per la migrazione dei Rom in Europa, installando
alcuni Centri di Documentazione nei paesi dove sono emigrati dalla Romania
un significativo numero di Rom, e pure alcuni Osservatori Regionali di
Controllo sulla Migrazione.
- Promulgare lo status ed il ruolo dell'istituzione del Krisinator
(giudice nella "Legge Zingara"/Rromanipen), adottando l'Ordinanza di Legge
n. 192/16.05.2006 sulla mediazione e la professione del mediatore.
- Favorire il viaggiare stagionale dei Rom nomadi per le attività di
artigianato, così pure il funzionamento flessibile delle fiere e la
creazione di un circuito di "commercio equo" ad hoc.
- Adattare il sistema d'istruzione rumeno ai metodi specifici per le
comunità bilingue, secondo gli standard internazionali.
- Iniziare un programma nazionale che consideri la situazione dei Rom
senza casa, che comprenda la registrazione catastale delle case nei campi
rom e la creazione di una rete di camping temporanei
- Organizzare presidi medici mobili nelle comunità tradizionali e
semi-nomadi.
Di Fabrizio (del 27/06/2009 @ 09:34:13, in Regole, visitato 1806 volte)
Da
Roma_Francais
Créé le 22.06.09 Una Rom porta ricorre contro "la milizia"
Senza sorprese. Il tribunale d'istanza di Tolosa ha ordinato venerdì
l'espulsione "immediata e senza indugi" della sessantina di Rom installati dalla
fine di aprile dietro la mediateca José-Cabanis, ai piedi degli immobili
appartenenti alla Comunità urbana. Fin da oggi, una trentina di loro,
beneficiari dell'aiuto al ritorno volontario, sarà trasportata in autobus
all'aeroporto Tolosa-Blagnac, dove due aerei della polizia aerea alle frontiere
li attendono per reinviarli in Romania.
Tra loro, Eugenia Maria, che ha portato reclamo il 25 maggio, per "violenza
armata di gruppo". Il 20 maggio, tre residenti che si presentano come "la
milizia" del quartiere, hanno polverizzato del Grésyl, (un potente
disinfettante utilizzato per pulire i bidoni vuoti) sull'accampamento dei Rom.
Eugenia Maria è stata investita in pieno. "Anche se accetta di ripartire, non
vuole che quest'atto resta impunito", spiega Julien Brel, il suo avvocato. W
E.D.
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