BELGRADO, 28 ottobre (IPS) - I Balcani hanno il primo museo sui Rom, per
raccontare la storia di uno dei gruppi etnici meno privilegiati nella regione
"Questo è praticamente il primo museo sulla cultura rom in questa parte
d'Europa, volto a cancellare il pregiudizio profondamente radicato che i Rom
siano illetterati o non lascino tracce della loro esistenza" ha detto Dragoljub
Ackovic, direttore del museo, all'inaugurazione del 21 ottobre.
"L'idea di raccogliere scritti sui Rom e la loro vita risale a 50 anni fa, ma
è stata costantemente negata anche se il gruppo arrivò nei Balcani secoli
fa."
Non ci sono statistiche precise su quanti Rom vivano nella regione, ed i dati
delle nazioni dell'ex Jugoslavia: Bosnia,Croazia o Serbia sono soprattutto
stime. Per la Serbia, il numero può variare dai 105.000 del censimento 2002 alle
stime di 600.000 delle OnG Rom.
Prima della guerra 1992-95, si riteneva ci fossero in Bosnia oltre 50.000
Rom, ma dato che non vi è stato più alcun censimento dal 1991, il loro numero
rimane sconosciuto. Si stima anche che tra i 30.000 e i 40.000 Rom vivano in
Croazia, anche se il censimento 2001 indicava soltanto 9.463 membri di questa
comunità.
"Quando c'è il censimento i Rom sono esitanti a dichiarare la loro etnia," ha
detto Ackovic a IPS. Preferiscono citare la loro provenienza locale, sperando
così di mischiarsi con più successo. A parte ciò, molti di loro sono comunque
analfabeti e non hanno documenti personali adatti ad essere conteggiati in un
censimento."
La Serbia ha iniziato un anno fa a fornire ai Rom documenti personali
adeguati e assistenza sociale di base [...]
Annunci sui media elettronici pubblicizzano la registrazione gratuita negli
uffici municipali, cosicché i Rom di tutte le età, possano ottenere certificati
di nascita e documenti personali, obbligatori per i maggiori di 16 anni. I
certificati ed i documenti personali sono la base per entrare nel sistema
socio-sanitario.
"Sta procedendo lentamente," ha detto Rajko Djuric a IPS. E' un importante
attivista rom ed è l'unico membro di quest'etnia ad esser diventato membro della
prestigiosa Accademia Serbia delle Scienze e delle Arti. "Tanti Rom sono
analfabeti. Aprendo questo museo vogliamo mostrare che le cose sono differenti e
possono cambiare, può essere d'aiuto a cancellare il pregiudizio."
Il piccolo museo di Belgrado si trova al piano terra in un salone di 75 mq
che si affaccia su una strada trafficata. Ha aperto con un'esibizione intitolata
"Álava e Romengo" (Mondo dei Rom), che presentava oltre 100 documenti, inclusa
una copia del più antico testo scritto in lingua rom, pubblicato nel 1537 in
Inghilterra, ed una copia del primo libro sui Rom pubblicato in Serbia nel 1803.
Il libro intitolato "Zingari" contiene fiabe e racconti tradizionali rom.
Altri 300 libri in lingua rom possono essere letti in forma elettronica, su
dieci computer in una delle sale del museo. La lingua rom, ufficialmente "romani
chib", consiste in diversi dialetti, come il vlax romanì parlato da si stima 1,5
milioni di persone, seguito dai dialetti balcanici, carpatici e sinti, ognuno
parlato da diverse centinaia di migliaia di persone.
Analisi della romani chib hanno mostrato che è strettamente imparentata con
le lingue parlate nell'India centrale e settentrionale. Le relazioni
linguistiche indicano le origini del popolo rom.
Tra questi c'è un libro di una scrittrice rom scarsamente conosciuta, Gina
Ranicic, vissuta a metà del XIX secolo, e copie del giornale "Romano Lil" (Voce
dei Rom), stampato a Belgrado dal 1935 sino all'occupazione tedesca nel 1941.
Ci sono anche diverse copie di un singolare dizionario tedesco-serbo-rom
compilato dai Rom imprigionati nei campi attorno a Belgrado durante la II guerra
mondiale, otto copie della Bibbia tradotta in romanì decenni fa, e diversi libri
sulla grammatica della lingua rom.
Un tabellone sul muro illustra le rotte storiche dei Rom arrivati nei
Balcani. Il primo fu un gruppo da circo che arrivò in Serbia nel 1322, dalla
Grecia. Molti Rom arrivarono con l'occupazione turca dei Balcani alla fine del
XIV e nel XV secolo. Vecchie registrazioni turche in Serbia mostrano che nel XVI
secolo la maggior parte delle grandi città avevano "mahalas" (quartieri) rom, i
cui abitanti erano "fabbri, cantanti e ballerini".
"La storia è una cosa, ma la vita attuale è un'altra," ha detto Dragan Djilas,
sindaco di Belgrado, all'apertura del museo. La città di Belgrado, la più grande
OnG Rom chiamata "8 aprile" (dal giorno internazionale dei Rom, ed
organizzazioni rom internazionali hanno finanziato il museo.
"Non c'è dubbio che il contributo dei Rom alla storia e alla cultura di
Belgrado è stato grande," ha detto Djilas (42) a IPS."Ma nei decenni passati le
cose sono cambiate, ed oggi si sente spesso qualcuno dire: nessun bambino rom
con mio figlio a scuola, cosa inimmaginabile quando sono cresciuto io."
Negli ultimi due decenni, da quando sono iniziate le guerre di
disintegrazione dell'ex Jugoslavia, i nazionalismi e gli odi interetnici hanno
cambiato anche il punto di vista della gente verso i Rom.
In tutta la ex Jugoslavia, i bambini rom sono mandati in scuole per bambini
con ritardi mentali, anche se sono perfettamente sani. La ragione riportata
dalle autorità dell'istruzione di solito è che i bambini non parlano abbastanza
bene la lingua locale, ed hanno bisogno di tempo per imparare ed adattarsi ai
programmi normali.
Uno sguardo della recente ricerca sui Rom al museo fornisce un'immagine cupa,
anche se questa decade è stata internazionalmente proclamata come quella dei Rom
e del miglioramento delle loro vite.
In Bosnia, uno studio dell'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione
Europea (OSCE) ha trovato che il 70% della popolazione rom di 50.000, è andato
disperso durante il conflitto 1992-95, il 60% dei Rom nella Bosnia attuale è
illetterato, il 90% non ha assicurazione sanitaria, il 70% non è capace di
vivere senza l'assegno sociale (20 dollari al mese) e l'80% non è scolarizzato.
In Serbia, uno studio simile di "8 aprile" ha trovato che la maggioranza dei
Rom vive in 600 "città di cartone" attorno alle grandi città. L'aspettativa di
vita per le donne è di 45 anni, 56 per gli uomini. Oltre il 70% sono analfabeti,
e soltanto lo 0,4% ha studiato all'università.
"C'è una sola cosa peggiore di essere una donna in Serbia, ed è essere una
donna rom," ha detto a IPS Jasna Ilic, del centro donne rom Bibija. "Quasi tutte
le donne rom, che si sposano molto presto, vivono per prendersi cura del
gran numero di bambini che hanno. I genitori non vogliono investire nella
loro educazione e così andranno maritate ad un'altra famiglia, e quello che le
attende è in molti casi, violenza familiare e cura senza fine degli altri."
Una ricerca dell'Istituto per gli Studi Antropologici in Croazia mostra che
un quinto degli uomini rom e il 40% delle donne rom non è mai andata a scuola, e
quanti l'hanno fatto, ci sono rimasti soltanto cinque anni invece di otto. Le
ragazze in media si sposano a 16-17 anni ed hanno quattro figli. Soltanto un
quarto degli uomini ha un impiego - soprattutto lavori temporanei. (END/2009)
Ottima la partecipazione alla conferenza e la presenza di Ferdi Berisha, il
giovane rom vincitore del realty Grande fratello del 2008, è stata una bella
sorpresa.
A tutti in partecipanti alla conferenza è stata consegnata una copia, con stampa
in digitale, del libro "Nessuno libera nessuno, nessuno si libera da
solo, gli uomini si liberano insieme" prodotto dagli aderenti alla
federazione e nelle prossime settimane sarà stampato in offset per un’ampia
distribuzione.
Il presidente della Federazione romanì ha aperto i lavori della conferenza
presentando la strategia della Federazione romani: una partecipazione
qualificata dei rom, riconoscere e valorizzare la professionalità rom e sinte;
ricercare nuove politiche e strategie finalizzate alla rappresentatività del
popolo rom, la rinuncia ad ogni forma di assistenzialismo ed alle fallimentari
politiche differenziate del passato che malgrado il loro accertato e
riconosciuto disastro continuano ad essere riproposte e realizzate.
I delegati della Federazione, Dimir Mustyafà di Firenze – Sergio
Suffer di Brescia – Loris Levak di Venezia – Bruno Morelli di
Tivoli – Santino Spinelli di Lanciano - Dimitris Argiropoulos di
Bologna – Roberto Ermanni di Firenze – Nihad Smajovic di Napoli –
Monica Rossi, Najo Adzovic, Graziano Halilovic e Toni
Blazevic di Roma – Elio Salvatore di Isernia - Stojanovic Vojslav
di Torino – sono intervenuti presentando denunce e proposte per migliorare la
qualità e l’equità della vita di rom e sinti, proposte che dalle prossime
settimane saranno oggetto di un confronto interno ed esterno alla federazione
per arrivare a definire il proprio programma politico/socio-culturale.
Gli interventi presentati alla conferenza dai delegati della federazione sono
riportati nel libro "Nessuno libera nessuno, nessuno si libera da solo, gli
uomini si liberano insieme", libro che può essere richiesto da tutti agli
indirizzi della Federazione romanì
Ai lavori della conferenza è intervenuto Ferdi Berisha (vincitore di grande
fratello 8) per portare il saluto ai partecipanti. E’ stato proiettato un video
realizzato lo scorso anno al campo nomadi di Ciampino la sera della vittoria di
Ferdi.
Il presidente della Federazione Romanì ha consegnato la tessera di aderente alla
Federazione a Ferdi Berisha che ha accettato con piacere.
Le conclusioni della conferenza sono state fatte da Nazzareno Guarnieri,
presidente della Federazione romanì.
Le conclusioni del presidente Nazzareno Guarnieri Ringrazio il CESV Lazio e l’ass. Romà Onlus per la collaborazione
all’organizzazione di questa conferenza. Oggi ho la certezza che il "progetto
federazione" finalmente cresce di giorno in giorno e la buona partecipazione di
rom e di amici del popolo rom alla conferenza ne è l’ennesima dimostrazione.
La Federazione Romanì ha deciso di tenere un profilo basso nei mesi scorsi e di
non rispondere alle strumentali provocazioni.
Le critiche emerse anche in questa conferenza sono da addebitare al fallimento
delle politiche del passato, ma si trattano di critiche senza pregiudizi o
personalismi per gli interventi sbagliati del passato che continuano ad essere
riproposte e realizzate.
Una critica è anche uno stimolo al cambiamento, ma non si può utilizzare
questa critica quale pretesto per ostacolare la crescita di una
rappresentatività rom.
Ancora una volta voglio sollecitare le organizzazioni che si occupano di Rom su
tutto il territorio nazionale di prendere atto del fallimento di gran parte
delle politiche del passato ed attivare un dialogo costruttivo, e ove necessario
forme di collaborazione concreta a tutti i livelli, con la Federazione romanì
con la partecipazione qualificata di rom, per passare dalla mediazione alla
partecipazione attiva e per promuovere una politica per la cultura romanì.
Chi è amico del popolo rom sa bene quando è indispensabile una rappresentatività
rom e invito tutte le organizzazioni pro rom "a prendere per mano" la
Federazione romani ed accompagnarla verso l’autodeterminazione, verso la
rappresentatività rom, percorso che possiamo fare anche insieme con pari dignità
e con benefici per tutti, in primis per rom e sinti.
Questo permetterà anche di rendere visibili gli amici ed i nemici del popolo
rom.
Sollecito la promozione ed attivazione NUOVE politiche, politiche
radicalmente diverse dal passato, politiche che abbiamo un successo concreto e
visibile nel migliorare le condizioni di vita di rom e sinti.
Per essere compreso cosa intendo per nuove politiche, faccio un esempio, uno dei
tanti possibili esempi di radicale cambiamento di metodo, sull’istruzione dei
bambini rom e sinti.
Alcuni decenni fa mi sono permesso di criticare la politica dei campi nomadi
e sono stato considerato, sotto l’aspetto umano e professionale, un
incompetente, un razzista che discriminava i rom immigrati che arrivavano in
Italia.
Oggi tutti vedono e riconoscono il disastro di quella politica abitativa e
riconoscono che era giusta la mia critica, accadrà ugualmente oggi?
Una grande maggioranza di bambini rom e sinti frequentano la scuola elementare
(e spesso beneficiano anche di un progetto di scolarizzazione), ma non riescono
ad acquisire la strumentalità di base utile per poter continuare gli studi.
Questo è una dato di fatto incontestabile, e non è questa la sede giusta per
un’analisi dettagliata perché questo accade, ma certamente a questi bambini è
negato un diritto fondamentale, cioè il diritto all’istruzione.
Non è questa una discriminazione?
Il diritto all’istruzione è garantito con la opportunità di frequentare UN
MODELLO di una scuola pubblica o privata oppure altra soluzione coerente alla
realtà ed ai bisogni del bambino come definito nelle Convenzione sui diritti del
fanciullo.
La finalità del percorso scolastico è quella di dare anche al bambino rom un
processo di insegnamento/apprendimento senza discriminarlo, ma è disonesto
chi non riconosce oggi la discriminazione per un generalizzato insuccesso
scolastico del bambino rom. Una doppia beffa, oltre ad essere discriminato il
bambino rom non ha le corrette opportunità per impossessarsi dell’istruzione,
strumento essenziale per non essere escluso nel futuro.
Cosa facciamo proseguiamo con questo modello di frequenza scolastica
discriminante che non permette al bambino rom di acquisire l’istruzione? Oppure
prendere atto dei fallimenti del passato per maturare, nella istituzione
scolastica ed nelle organizzazioni, l’attivazione di percorsi
individualizzati e diversificati, capaci di fornire risposte adeguate ai
bisogni ed alla realtà per garantire il successo del processo di
insegnamento/apprendimento dcel bambino rom e non interromperlo.
Percorsi che devono essere della scuola con la collaborazione di
specifiche professionalità rom e non, e delle organizzazioni presenti nel
territorio.
Percorsi progettati per fare acquisire "la strumentalità di base" al
bambino rom e finalizzati al ritorno in classe per una frequenza attiva e
regolare.
Percorsi individualizzati e diversificati: dalla "scuola paterna"
all’istruzione a distanza, dall’istruzione in alternanza ai laboratori, dove non
sarà il mezzo che farà istruzione, ma sarà il metodo.
Come è accaduto qualche decennio fa con la politica dei campi nomadi anche
ora diranno che questa mia proposta discrimina il bambino rom?
Oggi devono dimostrare che la proposta è una discriminazione diversa da
quella che già il bambino rom subisce e devono proporre ed attivare altra
soluzione che non sia discriminatoria e che contemporaneamente permetta
concretamente al bambino rom di acquisire, fin dai primi anni della scuola
elementare, la strumentalità di base che gli permetta di continuare gli studi,
altrimenti sono solo degli opportunisti, come è accaduto ieri con i campi
nomadi.
Ho fatto l’esempio dell’istruzione, potrei fare altri esempi in altre aree
sociali, culturali e politici.
Tutti riconoscono il fallimento della politica dei campi nomadi e sostengono il
superamento di questa disastrosa politica. La Federazione romanì è convinta che
il superamento dei campi nomadi può realizzarsi solo con il rifiuto della
gestione dei campi e l’avvio dell’autogestione da parte dei rom.
Concludo dichiarando che nelle prossime settimane avvierò un tentativo di
confronto costruttivo con le associazioni pro rom e un confronto sulle relazioni
presentate oggi per definire un programma politico della federazione con una
condivisione più ampia possibile oltre la Federazione romanì
Per quanto emerso in questa conferenza e per quando deliberato dagli organi
sociali posso affermare con certezza che nell’anno 2010 la Federazione romanì
attiverà le seguenti iniziative:
1. un calendario nazionale di manifestazione culturali
2. un meeting nazionale delle comunità Rom e Sinte
3. la costituzione di un ente formativo
4. la costituzione di una editoria romanì
5. una ricerca territoriale, storico/culturale anche quale stimolo per il
riconoscimento di minoranza linguistica
6. una progettualità sperimentale e di monitoraggio della discriminazione
7. la costituzione di un comitato scientifico della Federazione romanì con la
partecipazione di ricercatori del mondo accademico e di professionalità Rom
Italiani ed Europei
8. la costituzione di comitati tecnico scientifico per singole aree quale metodo
di progettazione e di valutazione
Invito rom e sinti ed amici del nostro popolo a formulare la richiesta di
adesione alla Federazione romanì, ringrazio tutti i partecipanti a questa
conferenza ed un arrivederci alla prossima iniziativa pubblica della Federazione
romanì.
Nazzareno Guarnieri
Eugenio Viceconte mi ha scritto di avere del materiale filmato
sull'iniziativa, vi terrò informati quando saranno pubblicati
DENISA Gáborová, assistente comunitaria per l'educazione medica, ha 35
anni e quattro bambini. Si è sposata a 17 [...]; ma dopo la nascita
dell'ultimo figlio è tornata a scuola, dove ha studiato e si è poi impiegata
come assistente medico.
Come ti sei sposata? Quando hai incontrato tuo marito?
Tra i Rom accade così: una famiglia arriva; chiedono se loro figlio può
uscire con me. I miei genitori erano d'accordo e io pure. Per un po' siamo
usciti assieme e poi ci siamo sposati.
L'avevi mai visto prima o era la prima volta che vi incontravate?
No, non l'avevo mai visto prima in vita mia. Ma con lui sono felice. Mi
ascolta e con lui ho tutto ciò che ho bisogno. E' istruito, lavora ed i nostri
bambini sono cresciuti bene.
E dov'era l'amore?
Al principio non c'era, mi piaceva soltanto. Più tardi ho iniziato ad amarlo.
Siete usciti assieme per molto tempo?
Sei mesi. Ero incinta di un mese e lui mi faceva ancora frequentare la
scuola. Così sono riuscita a terminarla, perché anche lui era istruito. Non mi
ha proibito di terminare gli studi. Lo ammiro per questo. Perché, sai, nella
nostra comunità se una Romnì lavora, tra gli altri Rom ci sono dei dubbi. E non
solo mio marito non mi ha fermato, ma mi ha supportato. E lo fa tuttora.
Ti sei sposata finendo in una famiglia che aveva valori differenti di
quelli di casa vostra. Per te, qual è stata la cosa più difficile?
Per me la parte più difficile era familiarizzare con i Rom dell'insediamento.
Non intendo la famiglia di mio marito, perché sono allo stesso livello; hanno
completato gli studi. Comunque, erano cresciuti tra i Rom, mentre io sin da
piccola sono cresciuta tra i non-Rom. Ho frequentato una scuola non-Rom, e mi ci
sono voluti dieci anni per prendere confidenza con la vita nell'insediamento.
Questo significa che tu venivi da un mondo differente e che tu, come donna
rom, dovevi prendere confidenza con i Rom?
Sì, nessun non-Rom aveva mai vissuto lì. Chiesi a mia madre: dove sono i
non-Rom? Dov'è il negozio? Dov'è la scuola? E lei rispose: non importa, ti
abituerai. Camminavi per un kilometro e trovavi il negozio e quando hai bambini,
andranno a scuola. Qui c'è una scuola rom, così i miei bambini vanno lì. Così
vivo la mia vita e sto crescendo i miei figli come i miei genitori mi hanno
cresciuta.
I Rom locali ti hanno ricevuto come una Romnì di tipo differente?
Mi ridevano dietro perché quando nacquero i miei figli gli insegnavo a
parlare come i non-Rom, e mi chiedevano cosa credevo di fare agendo come una
non-Rom. Ma col tempo si sono abituati a me. Il peggio è stato quando al termine
della maternità sono tornata a lavoro. Se la son presa con i miei bambini, li
hanno rimproverati che non mi prendevo cura di loro. E mio figlio mi ha detto:
"Mamma, sai cosa mi hanno detto? Che non ti prendi cura di me, che vai da
qualche altra parte." E' durato per circa due anni, finche i bambini non ci
hanno fatto il callo.
Nella comunità rom, la gente pensa che una moglie debba restare a casa,
cucinare, badare ai figli e al marito. Ed in una famiglia non-Rom, è l'opposto.
Se una donna non-Rom non lavora, è inferiore. Tra i Rom, la donna non può
lavorare, solo il marito.
Cosa dicevano di tutto ciò i tuoi suoceri?
Mio suocero era contento che lavorassi, ma mia suocera aveva dei dubbi.
Pensava dovessi stare a casa. Non ne era molta felice. Ma ora lo è.
Oggi vivete in una casa vostra e avete quattro bambini. Dove lavori?
Lavoro nell'ufficio regionale per la sanità pubblica, come assistente medica
comunitaria.
Come hai trovato questo lavoro?
Nel 2005 c'erano le assunzioni a Kecerovce. Sono andata lì e mi hanno
selezionato. Per un anno ho lavorato ad Europlus. Poi per quattro anni non
lavorai. Alla fine all'ufficio regionale hanno saputo di noi, che lavoravamo lì.
Ci siamo andati e ci hanno preso.
Hai preso parte a qualche tipo di corso, o anche se non avevi la
formazione adatta eri in grado di ottenere questo lavoro?
Avevo lavorato ad Europlus. Ho tre attestati da lì ed un corso di formazione
di tre mesi in servizi sanitari.
Come ti sei trovata durante il corso? Quando tu - Rom dell'insediamento -
eri tra tanta gente non-Rom ed istruita?
Quando ho sentito delle assunzioni, ho pensato:come dovrò vestirmi? Come
dovrò parlare? Ed ho detto: mi vestirò semplicemente. Quando mi chiederanno
qualcosa, risponderò loro. Questo mi diede forza: il fatto di essere passata e
che c'erano cinque di noi da un villaggio. Ed hanno scelto me.
Tu lavori come assistente sanitaria e vai negli insediamenti rom. Quello
che affronti è difficile da trattare?
E' abbastanza difficile. Recentemente siamo stati a Jasov a vaccinare i
bambini. Un sacco di bambini non erano vaccinati contro la tubercolosi.
Quando arrivi in un insediamento, parli con i Rom nella loro lingua?
Sì, in romanés. Non mi vergogno della mia lingua nativa.
I Rom ti danno fiducia?
Credono in me, ed è un bene che lì ci sia anche una non-Rom.
Perché?
Quando una donna non-Rom viene con me, il livello di rispetto è più alto. Ed
una non-Rom direbbe lo stesso: che è meglio quando una donna rom è con lei.
Tu studi nella stessa scuola di tua figlia...
Frequentiamo l'Accademia Privata Pedagogica e Sociale di Košice. Mia figlia
vuole fare la maestra d'asilo. Io sono al secondo anno e lei è al primo. Prima
studiava design, ma non le piaceva. E' coordinatrice nel progetto Stop.
Frequenta anche dei corsi di formazione e sono contenta che le piacciano.
Le altre ragazze rom cosa dicono di lei?
Dicono che non diventerà una brava ragazza, perché diventerà vecchia e non si
sposerà mai. Che non la prenderà nessuno, che va dietro agli uomini... In questo
insediamento ha sofferto abbastanza, ma io le dico sempre che basta ignorarle.
Una volta che inizierai a lavorare, allora vedranno. Così la appoggio.
A te come sta andando la scuola?
Sto cercando di fare quel che posso. Devo far convivere la casa, la scuola e
il lavoro.
Come ti va la vita? Ti sei sposata presto e hai avuto figli. Hai dovuto
arrangiare nuovi obblighi e vicini. Così, oggi a che punto sei? Sinora hai
ottenuto quel che volevi?
Sono successe alcune cose ed altre no. E' vero che mi sono sposata presto e
che sono andata a vivere con mia suocera. Erano cinque ragazzi in casa e lei era
l'unica donna. Nell'insediamento c'è un problema con l'acqua. E l'acqua è
importante. Noi eravamo quel tipo di Rom capaci di andare a prendere l'acqua,
così da potere pulire e lavarci. Mia suocera è severa, ma l'ammiro. Io per età
ero la seconda donna. Ci ha insegnato parecchio. Soprattutto: che dovevamo
prenderci cura dei nostri mariti.
Pensi che una donna non-Rom abbia una vita più facile di una donna rom?
No, è più dura. Perché deve studiare, lavorare e prendersi cura di tutto.
Ogni donna intervistata sinora ha detto che la vita di una donna rom è più
difficile di quella di una non-Rom. Perché tu pensi l'opposto?
Ho detto questo perché quando una donna non-Rom non lavora, è deficiente. Con
le donne rom, è all'opposto. Particolarmente negli insediamenti.
Qual è la situazione più bella in cui ti sei trovata che ricordi?
La prima volta che andai a Bidovce non avevo idea di come la gente vivesse
là. Parlammo col sindaco perché lì non avevano un pozzo. La prima visita, la
gente viveva tra mucchi di rifiuti, ma quando ritornammo la terza volta, ci fu
un grande cambiamento. Le case erano pulite, non c'erano più rifiuti.
Poi non ritornammo lì, per forse un sei mesi, ed ancora c'era una discarica a
cielo aperto. La gente ha bisogno di qualcuno che la controlli e la educhi.
Lo fanno soltanto se provano vergogna di fronte ad altri Rom?
Sì, anche questo. Solo che devono sentirsela dentro. Non per noi, ma per
loro. Continuando finché non capiscono.
Si è mai trovata in una situazione dove i tuoi parenti hanno tenuto in
molta considerazione quello che facevi? Erano orgogliosi di te?
Sì. Mio suocero ebbe un incidente. Cadde da alcuni gradini e si ruppe i
nervi. Andammo assieme al pronto soccorso. C'era una mia conoscente che lavorava
anche all'ufficio di sanità pubblica regionale. Mi disse ciao e mio marito e mio
suocero erano orgogliosi che quella gente mi conoscesse, mi salutasse e mi
stimasse.
Se tu ora potessi, cosa vorresti cambiare nella tua vita? Cosa avresti
fatto in modo differente?
Completare la scuola e andare all'università. Il mio sogno. Sto pensando di
scrivere un libro sulla mia vita. Vorrei aiutare i Rom se potessi. Se ne avessi
l'opportunità. Così non vorrei ci fossero scuole per soli-Rom. Perché questo
crea differenze tra i bambini sin da piccoli.
Ma qui ci sono molte donne come te, che sanno cosa vogliono dalla vita?
Sì. Tre su una comunità di 700 membri.
Pensi che se le donne rom fossero più attive, cambierebbe qualcosa
nella comunità rom?
Sì. E questo è qualcosa che vorrei cambiare.
Se qualcuno ti chiedesse di entrare in politica... cosa diresti?
Lo farei.
A livello regionale o più grande?
Nella grande politica. Non vorrei essere un sindaco, [...] Qui c'è moltissima
invidia.
Se le donne rom si avvicinassero alla politica, cosa avrebbero da dire ai
nostri rappresentanti politici o membri del Parlamento Europeo?
Negli insediamenti bisogna fare qualcosa riguardo la disoccupazione.
Pensi che dipenda da loro o dai Rom? Cosa di dovrebbe fare?
Beh, come si faceva sotto il totalitarismo. Allora le cose erano migliori per
i Rom. Un Rom che non lavorava era punito. Ed ora quando un Rom va a cercare
lavoro, non lo prendono. Conosco anche dei Rom che vogliono lavorare e che hanno
studiato, e quando la gente li vede, non vogliono impiegarli. Questo dovrebbe
cambiare.
Come va, ad esempio, con la modernità della comunità? A casa vivete una vita
moderna?
Sì.
Come ti vesti a casa?
Mi piacevano un paio di pantaloni, per esempio, e mia mamma mi comprò il
materiale per cucirli. I vestiti li faccio da me. O mia mamma va ad Ostrava a
comperarli.
E a casa di tua suocera?
Non potevo indossare niente di corto o di elasticizzato.
E' ancora così?
Sì.
Significa che qui una donna non può esporsi?
No, non può. Nemmeno un costume da bagno è considerato appropriato qui.
E invece le ragazze? Almeno d'estate si scoprono?
Mia figlia lo fa. E' giovane. Esce vestita leggera. Le donne anziane buttano
sempre un occhio a come sono vestite le giovani, ma loro non ci badano.
Quindi si mantiene il vestirsi come fatto culturale?
Sì.
Quali tradizioni culturali o tradizioni rom si mantengono nella tua famiglia?
Che una ragazza deve essere onorata se non è sposata.
E la lingua rom?
Parliamo sia lo slovacco che il romanés.
Avete qualche tradizione per Natale?
Io resto a casa, ma altri membri della famiglia vengono in visita. Dico a mio
marito: andrà come voglio io. Tutti saranno a casa per la cena della vigilia e
nessuno uscirà da casa. Questa è la mia tradizione.
Tuo marito ha mai fatto storie?
All'inizio l'ha fatto. Andava dai suoi genitori e mi lasciava sola a casa. Non
mi arrabbiavo mai con lui. Poi ha capito che non era giusto.
Così le donne hanno ottenuto dei diritti nella vostra famiglia?
Siamo donne terribilmente orgogliose. E siamo grandi martiri; possiamo sostenere
qualsiasi cosa. Tutti hanno sofferto di qualcosa nella vita. Ma noi siamo anche
capaci di dimenticare.
Questo significa che le donne nella tua famiglia soffrono perché corrono
dietro agli obiettivi della loro vita?
Sì. Sanno cosa vogliono dalla vita.
Le interviste con le donne rom sono parte di un progetto della Roma Press Agency
e saranno pubblicate in un prossimo libro.
Di Fabrizio (del 31/10/2009 @ 09:54:17, in media, visitato 2552 volte)
Firenze: una madre denuncia un tentativo di rapimento del figlio di tre anni.
I carabinieri arrestano due rom nel parcheggio di un supermercato. Nelle pagine
locali dei quotidiani non compare l’arte del dubbio né la minima menzione della
leggenda dei "rom che rapiscono i bambini".
Siamo costretti, ogni volta, a ricominciare da zero. Due successivi lanci
d’agenzia Ansa del 28 ottobre riportano quanto segue:
ROM AFFERRA BIMBO PERCHÉ MADRE NEGA SOLDI, TEMUTO SEQUESTRO (ANSA) – FIRENZE, 28 OTT – Ha negato più volte l’elemosina a due rom nel
posteggio di un supermercato, finché uno di loro ha afferrato per un braccio il
suo bambino di tre anni seduto nel carrello della spesa: sono queste le
circostanze in cui una donna ha temuto il sequestro del figlioletto oggi, all’Ipercoop
di Lastra a Signa (Firenze), denunciando il fatto ai carabinieri.
Terrorizzata, la madre ha allontanato con decisione il rom per liberare il
bambino e, presa con sé anche l’altra bimba di un anno che al momento era dentro
l’auto, è scappata dentro il centro commerciale. Qui ha chiesto aiuto a una
guardia giurata, dicendo che le volevano rapire il figlio. L’episodio, molto
concitato, è avvenuto verso mezzogiorno.
I due rom hanno 16 e 33 anni e sono stati arrestati dai carabinieri per
tentativo di sequestro di persona. Sembra che da tempo avvicinassero i clienti
del supermercato per chiedere elemosina e anche oggi hanno fatto lo stesso. I
due hanno agito mentre la donna si affaccendava tra l’auto e il carrello per
sistemare i bambini. L’hanno circondata, le hanno chiesto insistentemente denaro
e la donna glielo ha negato più volte. Poi, ad un certo punto, il rom più
giovane avrebbe preso per un braccio il bimbo, forse per tirarlo giù dal
seggiolino. Per la madre glielo voleva portare via. (ANSA).
ROM AFFERRA BIMBO PERCHÉ MADRE NEGA SOLDI, TEMUTO SEQUESTRO (2) (ANSA) – FIRENZE, 28 OTT – Secondo quanto appreso successivamente, la madre,
molto spaventata, è rimasta a lungo dentro il supermercato accanto alla guardia
giurata, dicendo che non sarebbe uscita se qualcuno degli addetti non avesse
scortato lei e i bambini fino all’auto. La donna temeva tantissimo di incontrare
ancora i due Rom.
Intanto, una pattuglia dei carabinieri ha rintracciato i due nel piazzale dell’Ipercoop
e li ha fermati per l’identificazione. Successivamente alla denuncia della madre
sono scattati gli arresti. La posizione del sedicenne è al vaglio della procura
presso il tribunale dei minorenni. Inoltre risulta che il rom di 33 anni era già
stato denunciato dai carabinieri per aver disturbato altre volte i clienti del
supermercato nel posteggio. (ANSA).
In termini simili riprendono la notizia i giornali locali. Ad esempio, Il
Corriere fiorentino la ripete quasi alla lettera, intitolando Rom afferra il
braccio del bambino La madre teme il sequestro: arrestato. La Nazione sceglie
"Due zingari nel parcheggio volevano rapire mio figlio" e mette la notizia sia
nella prima pagina nazionale sia nelle locandine all’esterno delle edicole. Il
Nuovo Corriere titola: Rifiuta l’elemosina a due rom nel parcheggio Coop –
Afferrano il bimbo di tre anni sul carrello, arrestati. L’Unità mette solo una
breve con questo titolo: Rom afferra bimbo – La madre denuncia – "Voleva
rapirlo" – Finisce in manette
Era dal maggio 2008, ai tempi del rogo di Ponticelli, che non leggevamo un
titolo così irresponsabile. In quel mese ci furono tre presunti casi di
rapimento: oltre a quello campano, uno a Catania e uno a Serradifalco. Tutti
tipologicamente affini ai casi smontati nella preziosa ricerca di Sabrina Tosi
Cambini "La zingara rapitrice. Racconti, denunce, sentenze (1986-2007), CISU
editore, 2008. Da allora, su "La Repubblica" si è parlato del presunto rapimento
di bambini da parte di rom, soprattutto negli editoriali del grande storico
Adriano Prosperi, volti a denunciare prima il caso di pogrom avvenuto a
Ponticelli, e poi il clima crescente di intolleranza, favorito da comportamenti
e titoli di questo genere. Eppure non mancavano, secondo gli esperti, i segnali
per evitare di cadere in questi comportamenti. Su un sito molto frequentato da
giornalisti, uno di loro scriveva in quei giorni:
"Se doveste sequestrare un bimbo per i vostri turpi scopi, andreste a prelevarlo
tra la folla di un centro commerciale cercando di sfilarlo alla mamma che fa la
spesa? Certo che no.
A maggior ragione se foste veri professionisti del rapimento di bambini come la
maligna tradizione popolare considera gli zingari.
Eppure, senza un battito di ciglia, senza il minimo dubbio, nei circuiti
dell’informazione è in pieno fermento la notizia di due Rom arrestati a Catania
per aver tentato di rapire una bambina dal carrello della spesa.
(…). Un normale esempio di come l’informazione possa reagire a determinati
stimoli con riflessi di trionfante emotività e ignoranza. Una sorta di schiavitù
(e non certo di rispetto) nei confronti del lettore.
Cosa infatti preferireste sentirvi dire? Che gli zingari rapiscono i bambini o
che questa è una volgare credenza popolare senza fondamento? La versione della
credenza popolare dura a morire è più faticosa da digerire, esige una qualche
riflessione, impone domande critiche e dubbi, è, insomma terribilmente più
fastidiosa. Meglio crederci" (Luigi Irdi, Con un buon aspirapolvere conquisterai
il Paese, in
http://www.ilbarbieredellasera.com , maggio 2008).
E pochi mesi più tardi un giornalista spagnolo così descriveva il clima in cui
era maturata la frottola del ratto di Ponticelli: "Angelica V. (…) ha avuto la
sfortuna di trovarsi a Napoli quando il governo Berlusconi ha inaugurato al sua
politica del pugno di ferro. Il presidente del consiglio aveva appena nominato
come Ministro dell’Interno Roberto Maroni, della Lega Nord, il cui obiettivo
dichiarato era restituire le strade agli italiani e ristabilire un senso di
sicurezza. Maroni aveva le idee chiare e un solo nemico in mente. Non la
camorra, la ‘ndrangheta o Cosa nostra. Ma i rom" (Miguel Mora, Reportaje:
xenofobia en Italia. Condenada a ser condenada, in «El País», 1 febbraio 2009).
Non è la prima volta che "Repubblica" parla un doppio linguaggio, quello in
prima pagina di e per persone intelligenti, e quello, nelle pagine di cronaca
soprattutto locale (ma non solo: ci sono gli spazi di Corrado Augias e qualche
incursione dello spiritoso Michele Serra), in cui le più improbabili leggende
metropolitane vengono riusate come titoli per un lettore, evidentemente ritenuto
disponibile a ogni infamia. E anche in altre occasioni la mancanza di
professionalità ha avuto la meglio su qualsiasi deontologia. Ricordiamo bene
come, nelle prime ore successive al delitto di Novi Ligure, mentre alcuni
cronisti meno stupidi esprimevabo cautela, l’inviato de "LA REPUBBLICA" si
inventava che " …. altri testimoni avrebbero confermato che si tratta di banditi
di origine slava" (M.Preve, La Repubblica , giovedì 22 febbraio 2001).
La cosa divertente è che probabilmente fra qualche mese, confidando nella scarsa
memoria dei lettori, il redattore di "Repubblica" ci spiegherà che loro, non ci
hanno mai creduto nella storia della zingara rapitrice. L’ha fatto, a proposito
della presunta rapitrice di Ponticelli, un giornalista del "Corriere", Marco
Imarisio, sostenendo tre cose verosimili e attendibili ma in contrasto con il
comportamento dei suoi colleghi della "grande stampa": (a) "da subito gli
abitanti del quartiere che conoscono la famiglia della bambina" sostengono che
quella del tentato rapimento è "una bugia"; (b) i giornalisti accorsi sul posto
si rendono conto che "il ratto non è mai stato tale"; (c) passi per i
giornalisti, che "si sa", "esercitano il dubbio", "ma del fatto che nulla torni
in questa storia è convinta anche la polizia". Imarisio tace del tutto sul fatto
che tante testimonianze e convinzioni sono state accuratamente rimosse nella
quasi totalità dei quotidiani di quel 12 maggio 2008 e dei giorni successivi.
Quanto all’esercizio del dubbio, pare che in quell’occasione sia stato azzerato.
Cfr. M. Imarisio, I giorni della vergogna, L’Ancora del Mediterraneo, Napoli
2008, p.114. Del resto, Imarisio è lo stesso cronista che, sul delitto di Erba,
aveva scritto :"Castagna sa tutto, sa che l’unica spiegazione possibile per
quest’oscenità passa dalle compagnie e dai traffici di Azouz e dei suoi
fratelli" ( L’ ultimo regalo del padre: difendere l’ uomo di Raffaella, in
Corriere della Sera, 13 dicembre 2006.)
Di Fabrizio (del 31/10/2009 @ 09:46:59, in Italia, visitato 2553 volte)
Invitiamo tutti a partecipare a questi interessanti incontri con il poeta
Paul Polansky, in particolare domenica 1 novembre alle ore 16.00 alla Scola
Jungla in Via Cupa Perillo, campo rom, sede della nostra associazione.
Vi aspettiamo
Programma:
Domenica 1 novembre
ore 12.00
Il poeta Polansky incontra la comunità rom di Scampia
Pranzo conviviale al "bar " di Nino in Via Cupa Perillo - Scampia, Napoli
ore 16.00
Incontro pubblico alla Scola Jungla, sede dell'associazione chi rom e...chi no
in Via Cupa Perillo
Scampia, Napoli.
Reading di poesie
a seguire proiezioni video che raccontano l'esperienza dell'ass. sul quartiere:
A metà - Dal cemento - Quarto Piano
Degustazione di torte e pasticcini
L'incontro è organizzato dal Comitato con i rom
Lunedì 2 novembre
ore 16,30
Biblioteca Nazionale di Napoli
Sala di lettura sezione Venezuelana
Incontro con Paul Polansky
con l'autore
Mauro Giancaspro
(Direttore Biblioteca Nazionale di Napoli)
Sergio Iagulli
(Direttore Casa della poesia)
Gordon Poole
(Docente di Letteratura americana all'Università L'Orientale di Napoli)
Collaborano:
Lucia Marinelli e Maria Massimo
ore 21,30
Canto Libre
Via S. Giovanni Maggiore Pignatelli, 35
Napoli
Reading di Paul Polansky
con i musicisti.
Massimo Mollo, Ferdinando Gandolfi, Gianluca Mercurio, Andrea Sensale
Il Centro Arte Rom riunisce artisti per promuovere la cultura e l'arte rom.
Tutti gli interessati possono spedire il loro CV, segnalare le loro pagine web o
mandare cataloghi con le loro opere.
E' un invito a tutti i pittori rom di tutto il mondo e specialmente ai Rom di
Europa. Unitevi al nostro progetto e mostrate il lato positivo dei Rom.
Grazie,
Roma Art Center
Mr. Kasum Cana 10000 Zagreb, Avenija.Marina Drzica 4.
Republic of Croatia
Tel/Fax: 00385 1 6008 612
Mob: 00385 91 253 71 54
E-mail: romacana@yahoo.com
Di Fabrizio (del 30/10/2009 @ 09:09:09, in Italia, visitato 2044 volte)
mercoledì 4 novembre 2009 dalle 17.00 - Aula Magna Facoltà di
Scienze Politiche, Viale S. Ignazio 78
CAGLIARI
Organizzatore: Sucania Bottega del Commercio Equo e Solidale
Gianfranco Bottazzi, docente di Sociologia Economica e Silvia Niccolai, docente
di Diritto Pubblico presentano il volume curato da Gianni Loy, docente di
Diritto del Lavoro e Roberto Cherchi, Ricercatore di Diritto Costituzionale.
La pubblicazione è stata realizzata con la collaborazione di Sucania Onlus e
Fondazione Anna Ruggiu.
Nell'ultimo anno è esplosa, in Italia, una vera e propria "questione Rom". Nel
passato ha riguardato prevalentemente aspetti socio-culturali, a volte causa di
conflitto con le popolazioni indigene che non gradiscono la vicinanza degli
insediamenti di Rom e Sinti.
A partire dal 2008, il fenomeno ha assunto particolari caratteri, per
l'approvazione di una vera e propria legislazione speciale per questa categoria
di persone, spesso cittadini italiani, ai quali, in luogo del diritto comune, si
applicano norme del tutto peculiari in materia di residenza e di controlli, con
la possibilità di sottoporre anche i minori a forme di identificazione mediante
il rilascio di impronte digitali. Diverse amministrazioni, infine, negano ai Rom
l'accesso ai servizi e ai benefici previsti per tutti i cittadini.
Il volume traccia un quadro d'insieme del fenomeno, a partire dai presupposti
culturali, e approfondisce, sul piano dei diritti, la posizione di Rom e Sinti
in riferimento alla Costituizone italiana e alla copiosa normativa comunitaria
volta a proteggere questa etnia.
Gli autori sono in prevalenza ricercatori che collaborano con università
italiane, alcuni di etnia rom, a dimostrazione che anche in Italia questo popolo
incomincia a riflettere sulla propria storia e sulle proprie condizioni di vita.
Macska, la Principessa, era apprezzata anche da grandi artisti.
Nella foto, viene abbracciata dal M° George Moldoveanu, violinista di grande qualità, già dirigente d’uno dei più importanti complessi di musica popolare in Romania, l’Ansamblu Maria Tănase.
L’apprezzamento, in occasione del Natale 2004, era stato reciproco.
Anzi, generosamente, la Principessa, vincendo la naturale ritrosia e superando istintivamente d’un balzo ogni cerimoniale (Moldoveanu è nobile solo in quanto violinista), aveva preso l’iniziativa di saltare in braccio al Maestro.
Tra Principi, talvolta, ci s’intende. E, in quel caso, questo avvenne.
Quanto allo strumento, lei sapeva eseguire degli accordi, davanti ai quali lo stesso Moldoveanu, come si vede, era rimasto senza parole.
E senza strumento.
George Moldoveanu, che in patria dirigeva una famosa orchestra, con tournées eccetera, in Italia, dove ora è tornato, suona sul tram, spero raccogliendo più di Bell.
Gli amici si tengono nel cuore al caldo, e così ho pensato che forse sarebbe possibile attraverso Mahalla pubblicare un suo breve curriculum (scaricabile QUI), invitando quanti ne hanno l’occasione o la possibilità a promuoverlo.
n° di tel. 02 48 40 91 14, con segreteria, su cui lasciare un messaggio
Disclaimer - agg. 17/8/04 Potete
riprodurre liberamente tutto quanto pubblicato, in forma integrale e aggiungendo
il link: www.sivola.net/dblog.
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