Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 02/09/2010 @ 09:21:24, in Europa, visitato 2674 volte)
Ricevo da Paul Polansky
Comunicato stampa, 1 settembre 2010
Il principe Karel VII von Schwarzenberg, ministro degli esteri della
Repubblica Ceca, e il dr. Bernard Kouchner, ministro degli esteri francesi,
hanno recentemente denunciato la deportazione dei Rom dalla Francia.
Deportazione decisa dal presidente francese Nicolas Sarkozy alla fine di luglio.
Circa 8.300 Rom di nazionalità rumena e bulgara sono stati espulsi dalla Francia
dall'inizio dell'anno. Quasi 10.000 sono stati espulsi nel 2009.
Schwarzenberg si è opposto alla deportazione dei Rom dalla Francia dicendo
che la decisione è stata presa su basi razziali ed è contraria allo spirito e
alle norme dell'Unione Europea.
Kouchner ha detto di aver considerato le dimissioni, riguardo la politica del
presidente Sarkozy di deportare i Rom. Non si è dimesso.
Agli occhi dei Rom e dei Sinti cechi e dell'esperienza dei Rom del Kosovo,
entrambe i personaggi rappresentano l'ipocrisia ai massimi livelli.
Durante la II guerra mondiale il padre di Schwarzenberg, principe Karel VI,
usò zingari ed ebrei come schiavi per i lavori forzati nelle sue tenute in
Boemia meridionale, prima che i Tedeschi la passassero sotto loro
amministrazione.
Nel 1999 come capo dell'ONU in Kosovo, Kouchner piazzò circa 200 famiglie di
rifugiati rom in campi posti su terreni altamente contaminati promettendo loro,
alla baronessa Nicholson e a me stesso che sarebbero rimasti lì solo per 45
giorni. Disse che essendo lui dottore, conosceva il pericolo dell'avvelenamento
da metalli pesanti e che se questi Rom non avessero potuto tornare alle loro
case, li avrebbe portati all'estero. Undici anni più tardi, dopo 89 morti (molte
attribuite ad una combinazione di malnutrizione e avvelenamento da piombo), 140
famiglie sono ancora in questi campi.
Dopo la II guerra mondiale, dal 1945 al 1948, il principe Karel VI continuò
ad adoperare forza lavoro schiavizzata nelle tenute che gli erano state
restituite. Stavolta, gli schiavi erano cittadini tedeschi della Cecoslovacchia,
che si suppone vi fossero stati deportati nel 1945. Comunque, Schwarzenberg li
mantenne in stato di detenzione in una villa confiscata ad un Ebreo, adiacente
alla sua proprietà, prima che i comunisti lo obbligassero a fuggire nel 1948.
Nel 2000,la squadra medica ONU di Kouchner raccolse campioni sanguigni di
molti Kosovari nella città di Mitrovica, dopo che a diverse truppe NATO fu
rilevato avvelenamento da piombo. I livelli più alti di piombo (i più alti nella
letteratura medica) furono trovati tra i bambini rom nei campi ONU dove Kouchner
li aveva piazzati, accanto alle locali miniere di piombo. La squadra medica ONU
di Kouchner in un rapporto scritto inviatogli, raccomandava l'immediata
evacuazione dei campi e cure mediche. Kouchner rifiutò.
Negli anni '90 il principe Karel VII von Schwarzenberg, col presidente Havel,
ricevette in restituzione molte delle terre e dei castelli di suo padre, e le
proprietà praghesi che erano state confiscate nel 1948 dall'allora governo
comunista. Il ritorno di queste terre rese Schwarzenberg l'uomo più ricco della
Cecoslovacchia. Secondo la legge ceca le proprietà non avrebbero dovuto
ritornargli, perché durante e dopo la II guerra mondiale gli Schwarzenberg
usarono forza lavoro schiavizzata in queste proprietà.
Nel 1999 Medecins sans Frontieres (Dottori senza Frontiere), di cui Kouchner
era cofondatore, ricevette il Premio Nobel per la Pace. TIME magazine scrisse
che Kouchner era "Un uomo di fuoco, un guerriero di pace, che aveva inventato il
dovere di ingerenza internazionale." Kouchner più tardi approvò "nel nome dei
diritti umani" l'invasione e l'occupazione USA dell'Iraq.
Nella Repubblica Ceca un allevamento di maiali si trova ora sulle fondamenta
del campo di sterminio per Rom e Sinti di Lety. Karel VI Schwarzenberg usava i
Rom di questo campo per lavorare nelle sue foreste e cave di pietra. Oggi questo
sito di olocausto è dissacrato da 20.000 maiali che defecano vicino alle fosse
comuni dei bambini annegati dalle guardie ceche nel laghetto degli Schwarzenberg
accanto al campo.
Oggi negli ex campi ONU a Mitrovica ogni bambino concepito nasce con danni
irreversibili al cervello, a causa degli alti livelli di piombo nel sangue
materno. L'anno scorso venne chiesto al dr. Kouchner di intervenire per salvare
queste famiglie che lui aveva abbandonato nel 1999. Non lo fece.
Dal 1984 al 1991 Schwarzenberg presiedette la Federazione Internazionale di
Helsinki per i Diritti Umani. Mai si è scusato con i Rom e Sinti cechi (neanche
con gli Ebrei cechi) perché la casata degli Schwarzenberg li aveva usati come
schiavi durante la II guerra mondiale.
Anche se attualmente è ministro degli esteri in Francia, Kouchner non ha mai
inviato nessuno dall'ambasciata francese a Pristina per aiutare i bambini
sofferenti di malnutrizione ed avvelenamento dai piombo nei campi rom da lui
stabiliti nel 1999 e che promise di chiudere in 45 giorni.
Questi Maestri dell'Ipocrisia parlano soltanto per ottenere i loro nomi nelle
notizie di testa. Non sono i leader mondiali che pretendono di essere. Stanno
ignorando principi morali e legali e danneggiando la credibilità delle leggi
internazionali.
Schwarzenberg e Kouchner usano i Rom in maniera paternalistica per
evidenziare la loro reputazione nei diritti umani. Speriamo che il pubblico, i
Rom specialmente, comprendano quanto siano falsi questi "leader morali e
politici".
Paul Polansky
Head of Mission
Kosovo Roma Refugee Foundation
"SAVE LEAD-POISONED CHILDREN OF KOSOVO"
Please Sign This Petition
http://www.thepetitionsite.com/5/Save-Children-Dying-From-Lead-Poisoning
Di Fabrizio (del 01/09/2010 @ 09:47:23, in Regole, visitato 2083 volte)
Da
Roma_Daily_News
Roma Buzz
Aggregator
Cari colleghi,
Vorrei attirare la vostra attenzione sulla violazione dei diritti umani della
comunità rom nella regione di Smolensk, Federazione Russa.
Ieri, 26 agosto 2010, ho ricevuto una denuncia dai Rom per un recente raid
poliziesco effettuato a Smolensk. Come riportato dalle vittime, la polizia è
entrata nelle loro case nella giornata di ieri e voleva fotografare e prendere
le impronte a tutti i membri della famiglia. Questa famiglia non ha precedenti
penali, lo stesso uno dei poliziotti ha dichiarato: "Noi facciamo quello che ci
è stato assegnato. Questa è la decisione del Generale. Ha detto che dovevamo
prendere le impronte e le foto di TUTTI i Rom nella regione di Smolensk."
Oggi, 27 agosto 2010,la polizia si è presentata ai mercati di Smolensk e lì
ha svolto i propri raid illegali. Hanno preso foto e impronte digitali sul
posto. E' ovvia la violazione dei diritti umani.
Ho paura che questi raid polizieschi ed azioni illegali possano avvenire
nuovamente nel quadro dell'operazione di polizia chiamata "Tabor". DOBBIAMO
FERMARE QUESTE PRATICHE!
C'è bisogno urgente di prendere misure per far terminare le operazioni
abusive della polizia contro i Rom.
Con la presente lettera chiedo a tutte le più importanti organizzazioni dei
diritti umani, OnG, esperti, avvocati ed attivisti rom di farsi carico di questo
caso e portarlo all'attenzione della Comunità Internazionale e di aiutare a
risolvere la questione il prima possibile.
Grazie
Tatiana Timchenkova
Roma Activist
Russian Federation
romani_chai@yahoo.com
Di Fabrizio (del 01/09/2010 @ 09:21:31, in Italia, visitato 1565 volte)
Non si sa se ridere o piangere a leggere
questo articolo del Corriere...
A parte una sensazione di straniamento per le telecamere di ultima
generazione, sistemi "urla e sparo" (la prossima novità sarà Terminator?),
continuo a pensare che 20 telecamere al costo totale di quasi 500.000 euro,
da sistemare nei campi sosta che chiuderanno a settembre (e chi ci sta
dentro dove va? lo chiediamo in tanti da un anno), sono una COLOSSALE PRESA IN
GIRO di tutti i cittadini
Di Fabrizio (del 31/08/2010 @ 09:57:20, in blog, visitato 2478 volte)
Premessa: Filippo Facci mi piace per come scrive,
meno come persona (anche se devo ammettere di non conoscerlo personalmente);
forte con i deboli e debole con i forti, sempre pronto a cambiare idea a secondo
del vento che tira, è l'esempio classico del tipo di "intellettuali" (di destra
e sinistra) che ci siamo sempre trovati in Italia. Comunque, conosce bene i suoi
lettori, e quanto segue ne è un esempio
il Post (in una risposta ai commenti, Facci chiarisce che l'intervento è
stato pubblicato su Libero)
28 AGOSTO 2010
Il punto di partenza è questo: che cosa uscirebbe da un sondaggio sui
pregiudizi degli italiani sugli zingari? Ma non solo degli italiani. Azzardo una
risposta. Uscirebbe che una percentuale quasi totale, da destra a sinistra,
dall'alto in basso, pensa che si tratti di un popolo di ladri, di rapitori e se
va bene di accattoni. Credo che si debba prenderne atto: nei loro confronti
sopravvive l'unica forma di razzismo puro presente oggi in Italia, mentre tutto
il resto è xenofobia. Esistono rom onestissimi, accampamenti stanziali che non
hanno mai creato problemi: ma non gliene frega niente a nessuno, probabilmente
neanche a me. Non c'è futuro per i rom, intesi come nomadi, come zingari, come
volete: non c'è da nessuna parte. Dati alla mano, i rom corrispondono a un
problema sociale e purtroppo criminale: è difficile fingere che buona parte di
loro non tenda a compiere reati con regolarità, a non integrarsi nella comunità
che li circonda, a non scegliere uno stile di vita alternativo per sé e
soprattutto per i figli. L'allargamento della Ue e le nuove ondate migratorie
non sono una causa, ma una conferma. Per via della loro astrazione e separatezza
– espressione che ad alcuni ricorderà qualcosa – i rom sono perlopiù disinseriti
da qualsiasi circuito culturale che non sia quello compassionevole o amante
delle sottoculture: basti che l'Olocausto nazista dei rom resta l'unico, con
quello ebraico, che i nazisti delegarono a motivazioni esclusivamente razziali.
Ma pochi amano ricordarlo. I rom furono sterminati in quanto razza inferiore
destinata non alla sudditanza, come altre, ma alla morte e basta. Furono
imprigionati, seviziati, sterilizzati, utilizzati per esperimenti medici e
infine gasati. Ad Auschwitz sopravvissero solo quattro zingari maschi, e il
celebre dottor Mengele amava iniettare la malaria ai piccoli rom. L'Olocausto
ebraico prende il nome di Shoah, quello degli zingari si chiama Porrajmos, che
significa Distruzione. Ma questa è considerata, appunto, sottocultura, roba da
preti, roba che adesso non c'entra niente. Può essere. Io, del resto, non sto
facendo del pietismo: sto solo cercando di elencare dei fatti con sovrumana
freddezza. Ed è un fatto, pure, che la maggior parte dei rom dipende dalla
beneficenza statale e che i loro livelli di scolarità sono inesistenti, spesso
vivono in caseggiati senza né acqua né elettricità, i loro mestieri tradizionali
sono scomparsi, campano spesso di furti ed elemosina e in parte di economia
marginale, tipo raccolta di ferro vecchio e cartoni, vendita per strada di
fazzoletti e di fiori. Qualcuno fa ancora il giostraio, trascina piccoli circhi,
le famiglie Togni e Orfei sono di origine sinti. La gente comunque non li
sopporta, e anche i più tolleranti – a parole – girano al largo, se li
incrociano, stringono i figli contro di sé e con essi i cordoni della borsa. E
io non sono migliore di altri. Resta il fatto che non esiste un altro popolo per
il quale siano state organizzate delle ronde mirate, per il quale sia stato
appiccato il fuoco alle tendopoli. Non importa la differenza tra un romeno, un
rumeno, un rom, un rom romeno, un rom non romeno, un rom polacco, uno zingaro,
un sinti, un gitano, un semplice nomade. E' un razzismo che non fa
discriminazioni.
Potete contestualizzarlo, spiegarlo, ma si chiama razzismo: credo l'unico –
vero – che ci è rimasto. Da noi si tende a gridare al razzismo per ogni
sciocchezza, a confondere con questo termine ogni intolleranza, distinguo,
pregiudizio o anche solo giudizio. Ed è insopportabile. Ma ciò non toglie che
questo sia razzismo e basta. E non è che i giornali, tutti i giornali, non ne
tengano conto nell'inseguire gli umori popolari. Nel maggio 2008 tutti i
maggiori quotidiani scrissero che al quartiere Ponticelli di Napoli avevano
tentato di rapire una bambina: non era vero, ma per ritorsione – di un fatto
falso – una ventina di giustizieri aggredirono un romeno che non c'entrava
nulla, e pestarono e accoltellarono un operaio che aveva un lavoro regolare e
che non viveva neppure in un campo nomadi. Poi, a Catania, due rom si fecero
quattro mesi di galera per un altro rapimento farlocco: assolti, ma sui giornali
neppure una riga. Ricordo che rilevai la cosa sulla prima pagina del Giornale e
debbo dire che raramente, in lettere o mail di commento, mi era capitato di
rilevare tanta freddezza o aggressività da parte dei lettori. Ricordo pure che
menzionai che La Fondazione Migrantes (centro studi della Cei) aveva
commissionato una ricerca all'università di Verona circa i tentati rapimenti
addebitati ai rom dal 1986 al 2007, e che l'esito spiegava questo: «Non esiste
alcun caso in cui viene commesso un rapimento, nessun esito corrisponde a una
sottrazione dell'infante effettivamente avvenuta». La freddezza che ne ricavai
fu anche maggiore.
Ora non mi aspetto niente di meglio, eppure io, ripeto, non sto difendendo i
rom: a meno che il semplice parlarne in termini crudi, e cercar di chiamare le
cose col loro nome, non sia reputata una difesa d'ufficio. Quindi non mi si
dicano, ora, cose tipo «prenditeli a casa tua», o più spesso «se li prendano in
Vaticano» – come ho letto in molti commenti sul web. Io non li voglio a casa
mia, il Vaticano non so. Ma almeno si dica la verità, dopodiché ricominciamo a
discuterne. Si può scegliere se abbinarvi un aggettivo (per esempio:
giustificato, indotto, cercato, inevitabile, giusto) ma razzismo rimane. Anche
il mio.
Prima di salutarvi, una citazione da un paragrafo di un
articolo che
parlava di sport:
[..] La tessera "ad personam" introdotta dal Viminale non piace ai fronti più
irriducibili delle tifoserie italiane. "Ci vogliono schedare come gli
zingari? – afferma un tifoso dell’Atalanta dopo gli incidenti dell’altro
giorno a Bergamo in occasione della festa di Sant’Alessandro, "e noi facciamo
casino".
con due rapide osservazioni: perché il primo paragone che
viene in mente al tifoso è quello degli zingari? E' più impattante il casino che
fanno i suoi amici, o quello degli zingari? Ci sarebbero molte altre cose da
estrapolare da quella semplice frase. Le lascio a voi.
Di Fabrizio (del 31/08/2010 @ 09:27:37, in Europa, visitato 3419 volte)
by Paul Polansky
[continua]
Saša Rašić
(foto da
medijacentar.info)
IL PREMIO OFFUSCAMENTO: mette in discussione le intenzioni, l'apertura e
la trasparenza di un ministro del governo kosovaro riguardo al salvare gli
zingari dei campi di Mitrovica sotto la sua giurisdizione.
Saša Rašić, Ministro per le Comunità ed i Ritorni nel Governo del
Kosovo, è nato il 18-07-1973, nel povero villaggio serbo di campagna di Dobrotin,
comune di Lipljan. Prima di diventare ministro del governo kosovaro, questo
Serbo è stato vice ministro agli Affari Interni. Prima ancora ha lavorato come
avvocato, interprete della KFOR britannica a Lipljan, ed assistente e
coordinatore della polizia UNMIK a Lipljan e Priština.
Uno dei suoi compiti dopo essere diventato Ministro per le Comunità ed i
Ritorni era di supervisionare ed evacuare i campi zingari che si trovano su
terreni contaminati, la cui gestione è stata passata nel 2008 dall'UNHCR al
governo del Kosovo. Nonostante i ripetuti rapporti dei media mondiali (BBC,
International Herald Tribune, Washington Times, Aljazeera, Bild Zeitung, ZDF,
ARTE TV, The Sun, ecc.) che richiamavano l'attenzione su questi "campi di
morte", né Rašić né nessun membro del suo ufficio hanno mai visitato i campi. A
tutt'oggi, il Ministro Rašić non ha ancora rivelato un piano per evacuare
medicalmente i campi, come richiesto dall'OMS (Organizzazione Mondiale della
Sanità) e da innumerevoli altre OnG.
Da quando è diventato membro del gabinetto del Primo Ministro Thachi, Rašić
ha rifiutato di incontrare i giornalisti stranieri che volevano discutere il
tema dei campi contaminati dal piombo, o la costruzione dei 60 appartamenti per
IDP (Persone Disperse Internamente), nel villaggio di Laplje Selo dove gli
zingari dei campi fuori dalla città di Mitrovica (che non hanno mai vissuto nel
quartiere Fabricka a Mitrovica sud) potrebbero essere trasferiti. Nonostante
fosse programmato come uno sviluppo multietnico dal ministero di Rašić, i 60
appartamenti sono stati assegnati soltanto a Serbi, che non hanno sofferto una
situazione di minaccia alla vita come gli zingari sui terreni contaminati.
Sebbene in loco ci siano forti sospetti che chi ha costruito i 60
appartamenti ha costruito nel contempo sull'altro lato della strada un palazzo
per il Ministro Rašić, anche se la stupenda casa in effetti esiste (l'ho
fotografata), non credo ci sia una prova scritta che provi questo gossip. Sono
sicuro che il governo del Kosovo ha già investigato su questi rumori locali
senza sostanza e li abbia trovati infondati. Nondimeno, sarebbe conveniente che
il Ministro Rašić ed il governo kosovaro fossero più trasparenti con i
giornalisti e con il pubblico e, naturalmente, per salvare i Rom/Askali assieme
ai vicini serbi del Ministro Rašić.
sasa.rasic@ks-gov.net
Ambasciata Svizzera a Pristina
Agenzia Svizzera per lo Sviluppo e la Cooperazione (SDC)
Società per i Popoli Minacciati (GFBV - sezione Svizzera)
(immagine da
img.webmd.com)
PREMIO "NON FATE NESSUN RUMORE": disonora i summenzionati partner che
rifiutarono di "fare rumore" a favore dei bambini zingari che soffrivano di
livelli di piombo mortali negli ex campi ONU ora gestiti dal governo del Kosovo.
Poco dopo la morte di Jenita Mehmeti, quattro anni, per avvelenamento da piombo
nel campo ONU di Zitkovavc, mi precipitai nell'ufficio SDC di Pristina e li
supplicai di aiutarmi. Per due anni SDC aveva generosamente finanziato le mie
classi per insegnare l'inglese ai Rom nelle enclavi serbe vicino a Pristina, ed
anche nei quartieri Gabeli/Egizi a Peja e Gjakova. SDC aveva anche finanziato i
miei piccoli progetti lavorativi per gli zingari di tutto il Kosovo.
La morte di Jenita non era stata causata soltanto dal terreno contaminato dove
l'ONU aveva piazzato la sua famiglia, ma anche dal fatto che suo padre riciclava
batterie d'auto nella loro baracca ONU. L'attività era stata approvata dai
gestori del campo. I Serbi che gli portavano le batterie avevano una licenza
rilasciata dall'ufficio ONU di Zitkovac. ACT (Agenzia Svizzera di
Soccorso) e NCA (Norwegian Church Agency) che assieme amministravano il campo
ONU ammettevano che le batterie per auto, consegnate di solito a mezzogiorno in
un camioncino aperto, venissero scaricate dai bambini zingari che non avevano
altro da fare. L'atteggiamento di NCA era che gli zingari trovassero un lavoro
(di qualsiasi tipo) invece di essere parassiti, dipendenti dagli aiuti
umanitari.
La mia richiesta all'SDC era di farmi finanziare piccoli progetti lavorativi per
i campi Rom/Askali, così che non dovessero smaltire le batterie delle macchine.
Sfortunatamente, l'SDC aveva appena cambiato il proprio capo missione. Ero
sicuro che il capo precedente avrebbe istantaneamente approvato il mio progetto
che salvava delle vite, ma il nuovo, una donna svizzera di nome Barbara Burri,
rifiutò.
Non ne fui sorpreso. Per diversi anni come vice capo missione, aveva rifiutato
di assumere personale delle minoranze, solo Albanesi. Il capo precedente dell'SDC
a Pristina era imbarazzato per questo atteggiamento, ma fece con me un accordo.
Fintanto che non mi lamentavo del rifiuto dell'SDC di assumere minoranze,
avrebbe finanziato i miei progetti zingari. Ma il nuovo capo missione non la
pensava così. Ero andato troppo oltre nel tentare di coinvolgere la Svizzera. L'SDC
intendeva ancora aiutare gli zingari onesti che vivevano nelle enclavi. Ma non
gli zingari che morivano nei campi ONU. Sarebbe stato troppo politico per la
loro "mentalità svizzera neutrale". Dopo tutto, dove aveva l'UNHCR (gli
amministratori dei campi della morte) il proprio quartier generale? A Ginevra,
Svizzera.
Con l'Ambasciata Svizzera non andò meglio. Anche loro si rifiutavano di assumere
dalle minoranze, solo Albanesi. Quando feci appello all'ambasciatore in carica
per aiutare questi bambini che morivano di avvelenamento da piombo, mi disse di
cercare dei fondi altrove. Farsi coinvolgere in un progetto che avrebbe potuto
imbarazzare l'ONU o gli Albanesi, non era nelle corde della Svizzera.
Il mio terzo tentativo di cercare aiuto dalla Svizzera avvenne cinque anni più
tardi, quando contattai la Società per i Popoli Minacciati, a Berna. Sin
dall'estate 1999 l'organizzazione madre in Germania era stata attiva nel
denunciare l'avvelenamento da piombo nei campi e a chiederne l'evacuazione
assieme all'OMS ed altre OnG. Infatti, la GFBV tedesca aiutò mandando una TV
della Germania (ZDF) e la Bild Zeitung nei campi per dare più risonanza
possibile sulla sofferenza di quei bambini. All'inizio GFBV (Svizzera) mostrò
appoggio per un'azione diretta, proponendo persino di tenere assieme a noi una
manifestazione presso il quartier generale UNHCR a Ginevra. Ma dopo una visita
in Kosovo e dopo discussioni con l'Ambasciata Svizzera a Pristina (che disse
loro di non creare rumori attorno ai campi), GFBV (Svizzera) non solo rifiutò di
appoggiare la nostra campagna ma convinse anche GFBV in Germania ad unirsi a
loro nel non dare più risalto alla questione dei campi.
Adottando la medesima mentalità della II guerra mondiale, la neutralità rimane
il modus operandi della Svizzera. E proprio come agli Ebrei venne impedito di
entrare in Svizzera durante la guerra, così pure ai nostri bambini Rom/Askali
veniva proibito adesso di entrare nei cuori e nelle menti dell'Ambasciata
Svizzera e dell'ufficio SDC a Pristina.
Ancora, non ne fui sorpreso. Assumendo solo Albanesi per lavorare nei loro
uffici; essendo uno dei primi paesi a riconoscere il Kosovo come uno stato
indipendente; perché ora gli Svizzeri avrebbero voluto "salvare gli zingari" e
mettere in imbarazzo il governo del Kosovo? Probabilmente gli Svizzeri avevano
paura che salvare dei "gypos" nei "campi della morte" ora gestiti dagli Albanesi
poteva causare uno sciopero del loro staff albanese.
(immagine da pcr.ps/partners)
Fine undicesima puntata
Di Fabrizio (del 30/08/2010 @ 18:56:14, in Italia, visitato 2079 volte)
Sì, con moderazione... Dopo
quello che avevo scritto sulla convocazione di una manifestazione a Roma il
4 settembre, qualcuno ha partorito un testo più articolato (non ci voleva
tanto). Lo trovate qui sotto e al
link ufficiale c'è anche l'elenco di tutte le adesioni. Da parte mia
sotterro l'ascia di guerra e ci troviamo comunque (chi vuole e chi può) a
Parigi.
Il COORDINAMENTO NAZIONALE ANTIDISCRIMINAZIONE
Mobilita Rom e Sinti e tutti gli amici Sabato 4 settembre 2010 per una
manifestazione civile in Piazza Farnese a Roma, di fronte all'Ambasciata
Francese a partire dalle 14,30 per dire:
- STOP A RAZZISMO E DISCRIMINAZIONE CONTRO I ROM E SINTI!
- STOP AI CAMPI NOMADI!
- BASTA USARE ROM E SINTI COME CAPRI ESPIATORI E CARNE DA MACELLO PER FINI
POLITICI
- STOP ALLE NUOVE FORME DI DEPORTAZIONE!!
Il Ministro Maroni con un intervento al Corriere della Sera ha ufficialmente
aperto la campagna elettorale che verterà ancora una volta sul problema della
sicurezza e i predestinati ad essere usati come carne da macello e agnelli
sacrificali saranno i Rom e Sinti.
Il Corriere della Sera ha intervistato il Ministro senza dare alcuna possibilità
ai Rom e Sinti di replicare.
I soliti articoli a senso unico!!
La comunicazione in Italia è pura propaganda e non informazione. Quando si
tratta di Rom e Sinti non c'è mai contraddittorio!!
Ciò che sta accadendo in Francia ai Rom ci indigna come uomini prima che come
cittadini italiani, europei e cittadini del mondo. Basta deportazioni!!
I Rom e Sinti hanno pagato un prezzo altissimo durante la Seconda guerra
Mondiale: i 500 mila Rom e Sinti massacrati dai nazifascisti senza che questo
evento si sia impresso nella memoria collettiva!!
I media asserviti al potere mettono in evidenza solo gli effetti devastanti
della discriminazione senza rilevare le cause che li determinano di cui sono
responsabili le stesse decisioni del governo.
Sarkozy e Maroni mostrano i muscoli contro bambini, donne e vecchi che non
possono difendersi in nessun modo!!
Ai Rom e Sinti solo la cronaca, mentre gli eventi culturali sono oscurati!
La società civile deve essere informata e deve reagire!
L'integrazione passa attraverso i Fondi Europei e non dalle tasche degli
italiani come invece si fa credere!
Ecco alcune miei suggerimenti in 10 punti per migliorare la situazione dei Rom in Italia
1) La sicurezza e la legalità vanno garantite a tutti. Rom e Sinti compresi.
Lanciare molotov è reato e nessuno è stato perseguito per averlo fatto. Nessuna
voce autorevole ha condannato realmente l'episodio. Solo all'estero si sono resi
conto della gravità della situazione dei Rom e Sinti in Italia
2) Ristabilire la legalità riguardo la palese violazione dei più elementari
diritti umani nei confronti delle diverse comunità romanès in Italia, costrette
a vivere in condizioni disumane e fortemente discriminate in netto contrasto con
la Costituzione Italiana, con la Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo
e con le normative europee ed internazionali.
3) Smantellare i campi nomadi che sono pattumiere sociali degradanti e
frustranti, centri di segregazione razziale permanente ed emblema della
discriminazione. I Rom e Sinti non sono nomadi per cultura. La mobilità è sempre
coatta e mai una scelta. Chi vive oggi nei campi nomadi ieri aveva le case in
Romania o nella ex-Jugoslavia. Il 70% della popolazione romanì in Italia ha
cittadinanza italiana e vive nelle case (l'arrivo risale al XV secolo)
4) Facilitare l'accesso alle case popolari con pari opportunità o sviluppare
insediamenti urbanistici non ghettizzanti facilitando anche l'utilizzo dei
servizi pubblici. Favorire il più possibile l'accesso alla scolarizzazione, al
lavoro e all'assistenza sanitaria alle famiglie di Rom e Sinti più disagiate.
5) Promuovere l'integrazione anche attraverso i Fondi Europei con programmi
specifici riguardanti la popolazione Romanì per evitare la facile
strumentalizzazione di far credere che l'integrazione dei Rom e Sinti in Italia
passa attraverso le tasche degli italiani.
6) Arrestare il processo di demonizzazione e di criminalizzazione di un intero
popolo. Sono i singoli che hanno un nome e cognome a sbagliare e che devono
essere puniti e non l'etnia di appartenenza.
7) Promuovere la conoscenza della storia, della cultura, dell'arte e della
lingua dei Rom e Sinti per combattere gli stereotipi negativi e favorire
l'integrazione. Attualmente si dà in 99% di spazio mediatico alla cronaca e l'1%
di spazio agli eventi culturali che pur si organizzano sull'intero territorio
nazionale (Festivals, concerti, mostre, esposizioni, convegni, rassegne
cinematografiche, concorsi letterari, etc). E'chiaro che questa disparità non
può avere effetti positivi.
8) Prendere atto del palese fallimento dell'assistenzialismo delle associazioni
di volontariato che si sono arrogate il diritto di rappresentare il popolo Rom.
Si sperperano annualmente centinaia di migliaia di Euro per progetti di scarso o
nessun valore per i Rom e Sinti.
9) Creare una consulta in Italia di intellettuali Rom e Sinti che abbiano una
esperienza internazionale sulle problematiche concernenti la realtà delle
comunità romanès che possa favorire la mediazione nella risoluzione dei problemi
sociali e politici.
10) Favorire il più possibile il processo di integrazione a coloro i quali
dimostrano una chiara volontà di partecipazione sociale evitando di porre sullo
stesso piano chi merita e chi delinque. I modelli positivi devono essere
esaltati per essere una valida attrattiva per combattere l'esclusione sociale e
l'emarginazione culturale.
INVITATE EMAIL - ADERITE E FATE ADERIRE!!
Per contattarci:
tel. 0872 660099
cell. 340 6278489
spithrom@webzone.it
Di Fabrizio (del 30/08/2010 @ 09:15:59, in Italia, visitato 2398 volte)
(clicca sull'immagine per andare alla pagina dell'intervista)
Wednesday 25 August 2010 - A Napoli le istituzioni hanno annunciato un piano
da 24 milioni di euro per l'accoglienza di duemila rom presenti sul territorio.
L'obiettivo è quello di costruire campi in grado di accogliere la
popolazione in modo adeguato e di abbattere le baraccopoli che occupano
attualmente. Ma le associazioni sono scettiche. Per la costruzione dei nuovi
insediamenti ancora non si è mosso niente, affermano, le costruzioni dovevano
essere pronte in primavera, ma dei soldi stanziati ancora non c'è traccia.
Analizziamo la questione con Barbara Pierro, responsabile
dell'associazione "chi rom e...chi
no" , intervistata dalla nostra Monica Mastroianni.
Da
Roma_Benelux
Le Point.fr La vita di Bukurije e Lumturije, due giovani sorelle rom, è diventata un
incubo da quando sono state costrette a lasciare la Germania, dove hanno passato
tutta la loro vita, per installarsi in Kosovo, paese dei loro genitori, che non
avevano mai visitato.
Pristina, 18/08/2010 - De Ismet HAJDARI (AFP)
"Mi sento come se fossi in prigione. Non esco dal cortile di casa", racconta
Bukurije Berisha, 13 anni, in perfetto tedesco, mostrando le alte mura che
circondano la sua casa in rovine.
"Ho sempre la speranza di svegliarmi e rendermi conto che non era altro che un
brutto sogno" aggiunge.
Nel suo rapporto pubblicato a luglio, l’UNICEF indica che quasi la metà dei Rom
che saranno espulsi dalla Germania al Kosovo, in virtù di un accordo firmato tra
i due paesi, sono bambini la maggioranza dei quali nati e cresciuti in Germania.
"I bambini sono i più colpiti da questi rientri forzati. (…) In Kosovo devono
fare fronte a una realtà totalmente nuova. Si sentono persi ed esclusi", ha
affermato il commissario per i diritti dell’uomo del Consiglio Europeo, Thomas
Hammarberg, nella prefazione di questo rapporto.
Il Signor Hammarberg ha invitato martedì i paesi dell’Europa occidentale, a
cessare di rimandare con la forza, i Rom in Kosovo.
Le sorelle Berisha sono arrivate a dicembre in Kosovo, con i loro genitori e
altri cinque fratelli e sorelle. La famiglia si è rifugiata nella stradina
stretta di un bidonville rom, nella periferia di Pec (ovest). Una casa lasciata
da diciassette anni ha bruciato durante il conflitto in Kosovo (1998-1999) e il
nuovo focolare, sprovvisto di acqua corrente, è stato prestato loro da un
cugino.
Le due ragazzine sono nate in Germania dove i loro genitori hanno chiesto asilo
nel 1993, fuggendo dalla repressione delle forze serbe di Slobodan Milosevic nel
Kosovo. Non parlano albanese, lingua principale del Kosovo, e conoscono a
malapena la lingua rom.
"Mi sento tedesca", assicura Lumuturije Berisha, 14 anni, gli occhi pieni di
lacrime.
La famiglia Berisha fa parte di un gruppo di circa diecimila Rom che sono dovuti
ritornare dalla Germania al Kosovo, ex provincia serba la quale ha proclamato la
sua indipendenza nel 2008 malgrado una feroce opposizione di Belgrado.
Benché Pristina si sia messa d’accordo con Berlino per accogliere questi
rifugiati rom, il ministro kosovaro degli affari sociali, Nenad Ristia, ha
ammesso di recente che questo paese non possedeva risorse per accettarli tutti e
per gestire la loro integrazione.
Quasi la metà dei due milioni di abitanti del Kosovo, paese più povero d’Europa,
sono disoccupati o sono poveri, secondo i numeri ufficiali.
Esperti mettono in guardia contro l’incapacità delle autorità locali, di
garantire i diritti dell’uomo fondamentali ai suoi cittadini, tali che l’accesso
a un alloggio adeguato, alle cure mediche e all’educazione.
Florim Mulolli, padre di una ragazza gravemente ammalata, la famiglia del quale
è stata ugualmente obbligata di ritornare in Kosovo, deplorano l’attitudine
delle autorità tedesche, accusandoli di non fare eccezioni.
Sua figlia Selina soffre di una malattia congenita provocando apnee nel sonno.
La sua respirazione deve essere controllata tramite un’attrezzatura molto
costosa, la quale avverte i genitori, quando lei smette di respirare.
"Quest’apparecchio funziona con l’aiuto di diodi da sostituire, i quali sono
molto costosi per noi e impossibili da pagare, i quali inoltre, non si trovano
qui" si lamenta il Sig. Mulolli.
"La Germania ha condannato Selina a morte, ma non la lasceremo morire. Quando i
diodi saranno consumati, io e mia moglie guarderemo Selina a turno" dice questo
padre con amarezza, stringendo la figlia tra le sue braccia.
Di Fabrizio (del 29/08/2010 @ 09:11:38, in Italia, visitato 2315 volte)
Gad Lerner, il blog del bastardo giovedì, 26 agosto 2010 Rassegna Stampa
Questo articolo è uscito sul Diario di "Repubblica".
Il vicesindaco Riccardo De Corato, eterno secondo della politica milanese,
contabilizza gli sgomberi di campi rom effettuati negli ultimi quattro anni con
la meticolosità del cow-boy che incide una tacca dopo l'altra sulla pistola: 301
prestazioni da buttafuori, a suo dire.
Col risultato che ormai in città è divenuto vorticoso il viavai di questo
materiale umano considerato scadente, così poco riciclabile da meritarsi un
curriculum da veterani: gli ex del campo di San Dionigi provenienti dallo
sgombero di via capo Rizzuto espulsi dal cavalcavia Bacula e parcheggiati in via
Idro fino alla tacca prossima ventura di De Corato. Una massa di "ex", sempre
gli stessi, non fosse per la natalità elevata che rifornisce continuamente la
tragedia di altri bambini sballottati qui e là, dunque sottratti per via
poliziesca alla frequenza scolastica.
I rom a Milano svolgono una funzione importante. Peccato che ce ne siano
troppo pochi. Quando sperava ancora che l'imitazione del gergo leghista gli
avrebbe conservato la presidenza della Provincia, Filippo Penati (Pd) si esibì
in un gioco di parole davvero raffinato: "Altro che ripartire i rom fra i
diversi comuni dell'hinterland, come chiede il governo Prodi. I rom se ne devono
ripartire tutti quanti!". Cosa c'è di meglio, per un politico in difficoltà, che
mettersi dalla parte del popolo, irridendo gli scrupoli dei soliti privilegiati?
E' così che ai rom milanesi è toccata la sorte poco evangelica di venir
moltiplicati, proprio come i pani e i pesci sul lago di Tiberiade. Il succitato
Penati giunse a contare 20 mila nomadi –ventimila!- disseminati pericolosamente
tra le vie della metropoli. Una cifra insopportabile per la povera Milano. Non
si ricordano ulteriori precisazioni del leader democratico allorché il
censimento dei campi rom, promosso nel 2008 dal nuovo ministro cattivista
Maroni, rivelò che bisognava togliere un zero: i rom che minacciano la pacifica
Milano risultavano essere poco più di duemila. Troppo pochi, appunto, e infatti
la politica bisognosa non ha smesso di moltiplicarli neppure dopo il censimento.
E' dei giorni scorsi un'intervista di Letizia Moratti, bisognosissima di
ricandidatura a sindaco, nella quale si legge questa mirabolante affermazione: i
rom a Milano sarebbero stati ancora diecimila (bum!) nel 2008, dopo di che
–forse per merito delle 301 tacche di De Corato?- il loro numero si sarebbe
drasticamente ridotto. Un esodo di sette-ottomila "scarti umani", più tenaci da
debellare che non gli stessi topi, come graziosamente dichiara il leghista
Matteo Salvini, aspirante vicesindaco, realizzato dunque in un biennio, alla
chetichella? Chi ha visto le carovane dei partenti, con i materassi sulle spalle
e i bambini per mano? Dove sono andati, con quali mezzi di trasporto s'è
conclusa la "derattizzazione"? E come mai, dall'alto dei suoi 301 sgomberi, il
cow-boy De Corato può citare solo 32 casi di rom stranieri rimpatriati per
motivi di sicurezza dal 2007, più altri 143 segnalati (pro forma) alla
prefettura per cessazione dei diritti di soggiorno?
E' buffo a dirsi, ma a Milano sono certamente più numerosi i nomadi romeni
allontanati dai campi e rimpatriati senza clamore da parte del volontariato
sociale –magari con qualche centinaio di euro d'incoraggiamento in tasca- per
tutelare i faticosi processi d'integrazione di chi vi risiede. Ora però c'è
un'altra faccenda che i cacciatori cittadini dei rom vivono con imbarazzo. A
furia di promettere la chiusura degli insediamenti abusivi, tra uno sgombero e
l'altro toccherebbe loro impiegare nei campi autorizzati e/o in fornitura di
alloggi popolari una parte almeno dei milioni di euro già da tempo messi a
disposizione della Prefettura. Col risultato di mandare in bestia i leghisti più
accesi, che si sentono traditi non solo da Maroni ma perfino da Salvini. Nel
quartiere di via Padova, per protesta contro il campo autorizzato di via Idro,
hanno da poco stracciato la tessera del Carroccio una decina di militanti.
Contro i rom, trovi sempre qualcuno disposto a essere più cattivo di te. Peccato
siano così pochi.
Di Fabrizio (del 29/08/2010 @ 09:07:24, in Italia, visitato 2988 volte)
Segnalazione di Valter Halilovic
La Stampa 26/08/2010 EMANUELA MINUCCI - TORINO
L'area del campo rom in Lungo Stura Lazio
"I nomadi aiuteranno nella raccolta rifiuti in Lungo Stura Lazio"
Chiamparino non sarà Sarkozy, ma intanto ieri in Comune si è decisa una radicale
operazione-pulizia di lungo Stura Lazio. Un modo - attraverso il coinvolgimento
della stessa popolazione Rom - per riportare la zona a standard più che
decorosi, ma soprattutto per capire dove stanno i fragili e dove i soggetti più
pericolosi. Un modo per separare il grano dal loglio e, in capo ad un mese,
mettere a segno un'operazione mirata di polizia, tesa a colpire esclusivamente
chi delinque. Tutta l'operazione, che si concluderà entro la fine di ottobre
costerà al Comune fra i 50 e i 60 mila euro.
Al vertice in municipio hanno partecipato oltre all'assessore alla Polizia
municipale Domenico Mangone e quello all'Ambiente Roberto Tricarico i vertici di
Amiat e i presidenti delle circoscrizioni 5 e 6 Paola Bragantini e Vittorio
Agliano. Una riunione durata oltre due ore al termine della quale Tricarico ha
chiarito, fase per fase, come si realizzerà l'articolato intervento di bonifica
ambientale. "Sono già in corso le operazioni di derattizzazione e sanificazione
dell'area - ha detto -, la prima fase dei lavori terminerà il 15 settembre per
poi dar corso successivamente alla pulizia sollecitata da più parti in queste
settimane".
E ha aggiunto: "Per realizzare questa pulizia interverranno più squadre di
giovani per un totale di venti persone, tutte appartenenti all'associazione
“Terra del fuoco” individuata dalla Prefettura come soggetto attuatore di questo
complesso intervento, ma soprattutto gli stessi Rom, che verranno coinvolti
nelle operazioni di selezione dei rifiuti". "Le persone Rom che parteciperanno
alla pulizia - spiega Michele Curto presidente dell'associazione “Terra del
Fuoco” - dimostrando di volersi integrare riceveranno una tessera di
riconoscimento che costituisce il primo passaggio per separare chi è
intenzionato a far parte di una comunità e chi invece tende a vivere di
espedienti a danno della collettività".
Tornando ai rifiuti, è interessante scoprire che verranno suddivisi in modo tale
che quando passerà a ritirarli l'Amiat avranno già la loro precisa destinazione.
Non dimentichiamo, infatti, che sul posto giacciono carcasse di automobili,
televisori abbandonati e altri grandi rifiuti di ogni genere.
"Il 26 settembre - ha poi concluso Tricarico - entrerà in scena Legambiente che
ha scelto questa zona per lanciare la tappa del 2010 di “Puliamo il mondo” che
affiancherà “Terra del fuoco” e Rom". Sempre in quella data arriveranno sul
posto, muniti di guanti, pale e carriole anche i giovani di "Libera",
l'associazione di don Luigi Ciotti.
"Non facciamo la guerra ai Rom anche a Torino". A chiederlo è la capogruppo di
Sel Monica Cerutti. "L'Unione Europea - spiega - ha richiamato la Francia e
l'Italia perché attuino correttamente le regole europee sull'immigrazione. Prima
si era già pronunciata con preoccupazione la Cei e lo stesso Papa, invitando a
saper accogliere le legittime diversità umane. Ora il Comune si sta attrezzando
sull'annosa situazione di Lungo Stura con un piano articolato su tre fronti:
assistenza, igiene e legalità. Una comunità civile non può più tollerare che
persone possano vivere in condizioni così precarie dal punto di vista igienico e
contemporaneamente bisogna tenere conto dell'insofferenza dei residenti.
Tuttavia, siamo preoccupati che il piano del Comune possa essere percepito come
in linea con le dichiarazioni di Maroni e che si faccia prevalere il problema
sicurezza rispetto a quello umanitario".
E conclude: "Da Chiamparino, come presidente dell'Anci, ci aspetteremmo una
presa di posizione che ponga al Governo il problema delle risorse per
l'accoglienza, da coniugare con il rispetto delle regole, invece di rincorrere
la questione sul fronte della mera sicurezza".
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