| Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
      16 aprile, Michela Angelini su 
DISEGNO DI LEGGE 405: Io sono una donna 
transessuale ed oggi ho scritto questo. Le analogie tra le nostre comunità sono 
tante, sia storiche che contemporanee. Qui racconto quella sulla sterilizzazione 
forzata. 
 Dai commenti alla petizione: 
 la legge sul cambio di sesso deve dare un'alternativa di vita migliore, offrendo 
anche la possibilità di una conversione chirurgica se è essenziale per il 
benessere vitale del singolo individuo come sua libera scelta, non obbligando di 
fatto ad una automutilazione di Stato per ottenere un cambio a livello 
anagrafico. Una pratica burocratica non può essere associata d'obbligo ad una 
pratica chirurgica nelle modalità similari a quelle applicate dal partito 
Nazista in Germania all'epoca della Seconda Guerra Mondiale (Barbara)
 
 Le persone che oggi chiamiamo transessuali (termine coniato nel 1949) per il 
regime nazista erano omosessuali incurabili, vite indegne di essere vissute, 
persone utili solo ad esperimenti atroci. Il regime nazista, ma non fu l'unico, 
tentò di guarire l'omosessualità con massicce dosi di testosterone, con 
l'elettroshock, con la lobotomia, provocando la morte di quasi tutti i pazienti. 
Quando andava bene i "pazienti" venivano solo sterilizzati, per evitare 
potessero propagare i loro geni di sicura origine non ariana*.
 Dobbiamo aspettare il 1966, quando Harry Benjamin dichiara che l'unico modo per 
guarire quel disagio che oggi chiamiamo disforia di genere è adattare il corpo 
alla psiche. Il Italia abbiamo dovuto aspettare fino all'82 per veder 
legalizzata la possibilità di cambio del sesso anagrafico e qualche anno in più 
per avere l'adeguata assistenza sanitaria. Resta una cosa comune ai tre periodi 
storici citati: c'è sempre stato qualcuno che ha dovuto dare un nome alla nostra 
condizione e l'ha normata come credeva. Oggi chiediamo il rispetto del diritto 
di autodeterminazione sui nostri corpi, oggi chiediamo di decidere della nostra 
identità e che la nostra identità venga riconosciuta quando lo chiediamo, e non 
dopo aver reso il nostro corpo sterile e gradevole per qualche autorità.
 
 Firma la petizione
http://goo.gl/BFjLxD
 
 *c'è solo un'altra comunità che condivide con noi una storia altrettanto triste: 
la comunità rom. Il regime nazista sosteneva che l'eccessivo meticciamento di 
questa popolazione (che era comunque ariana!) provocasse comportamenti 
antisociali e, in virtù di questo, doveva essere eliminata. La sterilizzazione 
forzata delle persone di etnia romanì è stata portata avanti (e viene ancor oggi 
perpetuata e riproposta) da più stati, al pari di quanto è successo e succede 
per la comunità transessuale.
   
		
		
			Di Fabrizio  (del 18/04/2014 @ 09:05:45, in casa , visitato 1882 volte)
		 
      di Agotino Rota Martir - 10 Aprile 2014 - campo Rom di Coltano 
- Pisa Il sindaco Marino folgorato sulla strada di Damasco? Oppure su una di quelle 
strade-sentieri che conducono a qualche accampamento di nomadi? (pardon ora per 
ordinanza bisogna dire rom)..avrei preferito proprio su una di queste, perche' 
la differenza non e' da poco.Ad ogni modo e' apprezzabile da parte di un sindaco, la volonta' di capire 
meglio e di lasciarsi "convincere" da chi la realta' dei rom la conosce anche 
dal di dentro perche' la frequenta.
 M'auguro che l'esempio del sindaco di Roma trovi emulatori tra i suoi colleghi.
 Ma permettimi anche di difendere e contestualizzare il mio sintetico intervento, 
e che ribadisco: l'ordinanza di questo genere serve a ben poco e non mi piace 
tanto, come non mi sono piaciute le ordinanze anti accattoni, anti borsone, anti 
"vu cumprà".. A quando anche un'ordinanza che obblighi il pellegrino a fermarsi 
a Roma?
 I rom sono nomadi? Quanti studi, pubblicazioni e conferenze..Loro, i rom cosa 
dicono, cosa pensano? Due attivita' da distinguere e da analizzare con 
attenzione e comprensione. Buon per il sindaco che attraverso una rapida 
ordinanza risolve una questione che e' oggetto di discussioni, ricerche, 
dibattiti di carattere antropologico e sociale da almeno 3 decenni, in Italia e 
in Europa. Ad esempio in Francia la questione manco si pone, perche' e' prevista 
la possibilita' di viaggiare e spostarsi e le amministrazioni locali devono 
garantire e offrire alle "persone viaggianti" (siano cittadini francesi, rom, 
sinti, tedeschi..) strutture e condizioni eque e rispettose per tutti, sia per 
chi sceglie di muoversi e per chi e' stabile. Sono tanti i Rom in Francia che 
nomadizzano in questo modo, tanti altri hanno scelto di stare in case, 
appartamenti o su terreni privati: e' una loro scelta! Oppure in campi Rom 
(nomadi) del tutto identici ai nostri!!
 Smettiamola di far credere che i campi Rom (nomadi) esistano solo in Italia. 
Anche in Inghilterra, Irlanda ed America ce ne sono, e tra l'altro sono anche 
oggetto di trasmissioni televisive molto seguite, ambientate in veri e propri 
campi ..nomadi! ("Il mio grosso grasso matrimonio Gipys" trasmesso su Real Time 
ogni settimana)
 
 Un nomade ha forse meno diritti e doveri di un rom o di qualsiasi essere umano?
 Come trovo un po' strano che in una societa,' che spesso sollecita la mobilita' 
(flessibilita') in nome del mercato del lavoro o per la globalizzazione (cosa 
non facciamo per essa), quante realta', popoli e merci in continuo movimento, 
eppure vogliamo ad ogni costo i rom sedentari, costi quel che costi: per 
qualcuno la mobilita' e' quasi un dogma, quella dei rom e' invece demonizzata, 
condannata e sospettata. E' forse così altrove? Perché in Italia l'integrazione 
deve passare per forza solo ed esclusivamente dalla sedentarizzazione? Possibile 
che tutte le Associazioni vanno in questo senso? Cosa ne ricavano?
 Pochi anni fa (non il secolo scorso) delle famiglie rom di Coltano avevano 
espresso la loro volonta' di continuare a vivere in roulotte, non gli andava di 
vivere in appartamento, ma non c'e' stata ragione e in nome della cosi detta 
integrazione, indotte ad abitare in appartamento.
 So che ci sono amministrazioni che si rifiutano di finanziare l'acquisto di 
roulotte, preferendo di gran lunga spendere per le case e appartamenti, sempre 
in nome dell'integrazione, ma che di fatto sono delle imposizioni di modelli e 
stili di vita che non sempre coincidono con quelli dei rom. Per una famiglia rom 
vivere in una casa, di fatto e' diverso da come vive una famiglia italiana.
 So di correre il rischio di essere definito "ideologico" (oggi chi non si 
allinea e' cosi che e' tacciato): mi chiedo se oggi i rom sono nelle condizioni 
di scegliere liberamente e serenamente il loro futuro.
 So che ci sono rom che la loro vita si e' complicata anche perche' hanno smesso 
di nomadizzare, altri invece che vivono tranquilli in case e che poi lasciano 
quando ritengono utile riprendere a girare. Tanti hanno avuto il privilegio o la 
fortuna di averne una, a differenza di altri che la sognano, altri invece sanno 
accontentarsi di una baracchina o di una roulotte.
 Sono differenti i motivi che spingono gruppi di rom ad essere o diventare per 
dei periodi dei "nomadi": per lavoro, per opportunità, per regolarizzare i 
documenti, per motivi di famiglia, per paura dei servizi sociali che prendano i 
loro figli, semplicemente per cambiare aria per un certo periodo, per le 
continue minacce di espulsione e di sgomberi, per delle liti tra famiglie.. 
Spesso cio' che accomuna la maggioranza dei rom, nonostante le loro differenze 
e' proprio quello di dichiararsi sempre come "non nomadi", un po' per 
convenienza ma nello stesso tempo si sentono liberi dai nostri schemi, 
consapevoli e fieri anche della propria diversita'.
 
 Certo e' che il nomadismo dei rom, tipico di 40/50 anni fa' non e' piu' quello 
di oggi; cosa ridicola riproporlo o solo pensarlo in modo nostalgico, anche se 
in genere l'immaginario collettivo piace pescare proprio nel mondo fantasioso 
del rom nomade.
 Il nomadismo non e' l'altra faccia della sedentarieta' che ci sta un pochino 
stretta?
 Forse ci vorrebbe un altra circolare per scoraggiare questo immaginario mondo 
gitano presente in ognuno noi: e i rom mi piacciono anche perche' il loro 
"nomadismo" sfida e provoca le nostre immobilita'..pensiero nomade!
 Una societa' senza nomadi (rom, pellegrini, profughi..) forse e' piu' povera, 
senz'altro piu' rannicchiata su se stessa.
 
 Rif:
Parole un tanto al chilo   
      
 di Pasquale Petrella su
IL TIRRENO [x fortuna MAHALLA c'è: L'INTERVISTA] Presentata la lista di Sinistra Ecologia e Libertà per le elezioni 
amministrative di Prato, diciassette uomini e quindici donne con capolista la 
segretaria provinciale Nicoletta De Angelis
 PRATO. Sinistra ecologia e libertà (Sel) dà voce e rappresentanza alla comunità 
sinti, candidando Angela Bosco, 19 anni disoccupata e residente nel campo nomadi 
di Iolo, e ripropone Marco Wong in rappresentanza della comunità cinese presente 
in città. Sono questi i due nomi di rottura nella lista presentata dalla 
segretaria Nicoletta De Angelis che sarà la capolista. "Abbiamo fatto una lista 
non solo di iscritti a Sel ma anche composta dalla società civile. Un lista 
aperta che vuole rappresentare tutta la società pratese - dice De Angelis - 
Abbiamo candidato diciassette uomini e quindici donne, siamo così riusciti anche 
ad ottenere una parità di genere coinvolgendo tante donne che sono numerose 
nella società ma sempre troppo poche in politica".
 
 
  
 Entrano in lista anche due assessori uscenti, Ilaria Maffei della giunta Lorenzini di Montemurlo e 
Federica Pacini della giunta Marchi di Vaiano.
 
 E sugli obiettivi programmatici la segretaria Nicoletta De Angelis è molto 
precisa, "Prato non è e non può essere solo tessile, dobbiamo pensare anche ad 
altre forme di lavoro. I nostri candidati provengono da culture e realtà 
diverse, ci sono operai, disoccupati, professionisti, giovani ed over, saranno 
loro a portare le idee e i temi per la campagna elettorale - sottolinea De 
Angelis - Siamo molto fermi nel dire no all'ampliamento dell'aeroporto di 
Peretola, argomento sul quale anche il candidato sindaco Biffoni ci dà ampie 
garanzie. Ma abbiamo le nostre idee anche sulla sanità e sul sociale, sul sito 
www.immaginaprato.it ci sono le nostre idee e dove raccogliamo quelle dei 
cittadini. Tutti possono contribuire".
 
 Angela Bosco, nipote di Ernesto Grandini, presidente dell'associazione sinti 
italiani di Prato, ha studiato al Datini e poi fatto uno stage da parrucchiera e 
vuole mettersi in gioco "perché voglio che i sinti vengano visti come cittadini 
italiani e non come adesso che vengono ritenuti degli stranieri - dice - Siamo 
una minoranza che ha bisogno di essere ascoltata". E Marco Wong, imprenditore e 
presidente onorario dell'associazione no profit Associna ci riprova, era già 
stato candidato per Sel anche nel 2009. "La politica fatta in questi ultimi anni 
non ha potuto produrre risultati perché impostata solo sulla repressione - dice 
riferendosi alle possibili iniziative per l'integrazione della comunità cinese - 
L'integrazione è possibile ma servono nuove idee e un nuovo approccio al 
fenomeno. Ecco perché mi ricandido, per portare le mie idee su questa materia" E 
a chi gli fa notare che non ci sono altri cinesi che ci mettono la faccia, "In 
questo clima che si respira a Prato è da incosciente per un cinese decidere di 
candidarsi per un partito. E io forse sono un po' incosciente".
 
 Ma ecco la lista dei candidati: Nicoletta De Angelis, Balestri Paolo, Betti 
Aurora, Bernardi Duccio, Bosco Angela, Blasi Diego, Cannatella Chiara, Brizzi 
Niccolò, Gentilini Milena, Caccamo Roberto, Giuliani Giuliana, Cambi Carlo 
Andrea, Maffei Ilaria, Cerchiari Riccardo, Matteucci Veronica, Ciulli Giampiero, 
Muratori Paola, Dell'Olio Andrea, Pacini Federica, Franceschini Mauro, Panozzo 
Alessandra, Giorgetti Giuseppe, Pesca Sabina, Ristori Paolo, Portolani Franca, 
Tronci Claudio, Ruggiero Maria Grazia, Vesigna Marco, Elisabetta Borgioli, Wong 
Marco, Zappacosta Stefano, Zenaghi Leandro
 
 Lunedì 28 aprile, dalle ore 21.00, 
saremo in collegamento via chat (vedi la colonna a destra) con 
Angela Bosco. Una chiacchierata a cui anche voi potrete 
partecipare, con le vostre domande (che spero numerose). E' stato invitato a 
prendervi parte anche Marco Wong, pure lui 
candidato nella medesima lista. Il testo integrale dell'intervista verrà poi 
pubblicato su Mahalla   
		
		
			Di Fabrizio  (del 16/04/2014 @ 09:06:37, in lavoro , visitato 2133 volte)
		 
      
 Chiedevo pareri settimana scorsa. Ho raccolto qualche MI PIACE su 
Facebook e basta, come va di moda in questi periodi di afasia, in cui tutti ci 
sono, ma ancora non hanno capito perché. Più articolato un tweet da U VELTO: @info_mahalla @Ass_21_luglio noi siamo convinti della bontà del 
progetto, ma le questioni poste dovrebbero portarci ad una seria discussione che comunque non fornisce molti elementi. Così il sospetto è che queste prime (chiamiamole) risposte, siano il 
corrispettivo di un PAT PAT sul testolone: Bravo ragazzo, ma perché non parliamo 
delle solite cose trite e ritrite? Facciamo finta di niente, e tra un po' 
nessuno si ricorderà niente. PILLOLA ROSSA o PILLOLA BLU? Allora ci riprovo, che al solito mi tocca da fare tutto da solo. Al mio 
autismo aggiungo un po' di peperoncino, quello tipico di Mahalla, vedendo se 
qualcuno si sveglia. Io credo che la questione della mediazione abbia assunto un aspetto MERAMENTE 
CULTURALE, e vada riportata coi piedi per terra per evitare fallimenti o 
fraintendimenti futuri. Il primo dato di fatto, era il SOSTANZIALE ESAURIMENTO delle politiche di 
mediazione del passato. Tra gli aspetti di questa crisi: 
				l'abbandono a se stessi dei mediatori passati;lo svilimento del ruolo, che non avendo mai avuto competenze 
				e orari ben definiti, non si è mai tramutato in una professione, 
				né tantomeno ha generato introiti interessanti per i mediatori, 
				che quindi hanno finito per vederlo come una soluzione 
				(personale) di ripiego. Il fatto che non sia facile avere un quadro del destino, della storia di 
questi mediatori, e nel contempo un bilancio dei risultati ottenuti, mette 
un'ipoteca su come continuare. L'altro aspetto critico è che questi mediatori, chiusi in un ruolo ibrido che 
nel mondo del lavoro è difficilmente classificabile, in passato erano 
soprattutto persone mature di riferimento per la comunità, oggi vanno 
caratterizzandosi come giovani rom e sinti, che potrebbero entrare nel mondo 
degli studi (da quelli primari a quelli universitari) e del lavoro.  IMPORTANTE: non è solo un parametro economico. In che ambiti opera un 
mediatore? Lui per prima vive la ghettizzazione, nel campo e con i suoi 
abitanti, e rapportandosi col mondo esterno solo attraverso figure di 
riferimento altrettanto mediate. Un muratore, un facchino, ma anche uno 
studente, non solo hanno più possibilità di carriera, ma sono obiettivamente 
meno isolati dalla società maggioritaria (e reale). Però, anche se si ripete che occorrerebbe investire in istruzione e 
formazione lavoro, da tempo s'è formata una strana alleanza tra burocrati 
europei e autonominatisi rappresentanti di rom e sinti (che questi 
rappresentanti siano gagé, come nel passato, o rom e sinti come sta succedendo 
ultimamente, non cambia la logica). Un effetto collaterale di questastrana 
alleanza, è che la mediazione da luogo a congressi, convegni, tavole rotonde...  La mediazione diventa un po' 
come l'università nella società nostra: non più un trampolino verso un 
miglioramento personale e sociale, ma parcheggio per giovani che il mercato del 
lavoro non può e non vuole assorbire (o non sa come farlo). Tutti questi aspetti mi portano a concludere che l'opportunità non 
sta nella carriera di mediatore culturale, ma nell'organizzazione dei corsi e di 
tutta la campagna per formare queste figure perché, se ormai abbiamo 
imparato che i campi-sosta sono ghetto e business, dovremmo coerentemente dare 
un occhio ad altri aspetti similari dello zingarificio italiano ed europeo. Ciliegina finale: candidata alle elezioni europee troviamo proprio la 
responsabile italiana di ROMED2-ROMACT, e allora questa candidatura potrebbe 
essere meno folkloristica che nelle tante volte passate, anche se da 
scommettitore non sarei sicuro che Tsipras possa essere il cavallo più adatto 
alla corsa verso Bruxelles. Ne riparliamo settimana prossima, se il peperoncino di Mahalla non è 
bastato si può sempre aumentare la dose. COME SEMPRE, SENZA OFFESA.   
      
 Il gagio pensa che un rom è abituato e forse ce l'ha nel sangue. ...scaldarsi con la legna d'inverno, non avere acqua per bere e lavarsi 
quando fa caldo. Si comincia così da bambini, noi e loro: differenti. E di rimando, se si vive così (ma si può vivere così?), il rom impara che non 
ha bisogno di un lavoro, della scuola, della casa, delle amicizie con chi non è 
rom come lui. Ci fanno il callo e sembrano così forti. così alteri. Da trattare 
come cose, non come persone che hanno le stesse esigenze nostre, cioè tue, mie, 
dei nostri figli e dei nostri cari. Arrivano i 40 anni e tutta quella forza dov'è finita? Quello che era il 
ragazzo più resistente del mondo è conciato da sbatter via. L'unica sua 
medicina, la bottiglia. Ma forse, non è neppure quello ciò che ti ammazza. Ne ho visti di malandati 
che coi denti si aggrappano alla vita. E' che dopo una vita del genere comincia 
a mancare il rispetto per se stessi. Chiamala cultura, norme morali, 
autoconsiderazione... Quella perdita ammazza più della malattia e della fame.   
		
		
			Di Fabrizio  (del 14/04/2014 @ 09:03:31, in Europa , visitato 1992 volte)
		 
      
 (flickr/ 
Massimiliano) 
-
Daniela Mogavero
8 aprile 2014 su
Osservatorio balcani e caucaso 
 Il quadro delle politiche sociali romene in un'intervista al commissario per i 
diritti umani del Consiglio d'Europa Nils Muižnieks: tutela dei minori, 
integrazione delle minoranze e il profilo dell'estrema destra sull'orizzonte 
delle prossime elezioni europee
 La situazione dei minori, dei rom e dei disabili in Romania ha dei lati molto 
oscuri. Passi avanti sono stati fatti, ma "c'è ancora molto lavoro da fare". 
Parola di Nils Muižnieks, commissario per i Diritti umani del Consiglio 
d'Europa, che la settimana scorsa, durante cinque giorni di visita in Romania, 
ha esaminato i dossier con le autorità romene e ha visitato di persona alcune 
delle strutture dedicate a orfani e disabili. A preoccupare il commissario sono 
soprattutto l'esclusione sociale, le condizioni socio-sanitarie in cui versano 
decine di migliaia di minori e i reati d'odio razziale. Ma ci sono anche segnali 
positivi, soprattutto nel settore dell'inclusione sociale della comunità rom. Secondo l'ultimo studio pubblicato dall'Unicef sulla situazione dei minori in 
Romania, il paese detiene la terribile maglia nera per il primato di bambini 
abbandonati: la principale causa è la povertà che porta con sé disoccupazione, 
mancanza di cure adeguate e di un alloggio decente. Nils Muižnieks  
  Quello che mi preoccupa di più è come sarà ridisegnato il Parlamento europeo con 
l'ingresso massiccio di queste forze estremiste. Ad essere danneggiata potrebbe 
essere la stessa Unione europea e il suo lavoro sulle politiche di immigrazione
 "In Romania non c'è una sola categoria di minori in pericolo, esistono diversi 
sottogruppi. Da un lato gli orfani, i minori disabili, i bambini di strada, 
1.000 solo a Bucarest e altri 5.000 nel resto del paese, e poi ci sono i figli 
di coloro che hanno dovuto lasciare la Romania per andare a lavorare all'estero 
e anche circa 500 che si trovano nelle strutture di detenzione - ha spiegato in 
un'intervista a Osservatorio Balcani Caucaso il commissario Muižnieks - tutti 
questi sottogruppi sono altrettanto vulnerabili e meritevoli di attenzioni. Un 
primo passo molto positivo che è avvenuto appena dieci giorni fa, poco prima 
della mia visita, è stata la riapertura dell'Autorità nazionale per la 
protezione del bambino, che era stata chiusa nel 2010 per mancanza di fondi. E' 
il primo passo, ma c'è ancora molto lavoro da fare". Nel corso della sua visita il commissario ha visitato anche un orfanotrofio a 
Tancabesti, nei pressi di Bucarest. La struttura ospita 50 minori, tra bambini, 
adolescenti e in alcuni casi disabili. "Isolare minori con disabilità negli 
istituti porta al peggioramento delle condizioni sanitarie e alla loro 
esclusione sociale - ha sottolineato Muižnieks - con la reclusione in queste 
strutture si continua a stigmatizzarli e emarginarli, in violazione della 
Convezione ONU dei diritti dei disabili, a cui la Romania si deve attenere. 
Bisogna promuovere l'uscita dalle strutture sanitarie e nel contempo l'autonomia 
di queste persone per superare pratiche incresciose". Gli orfani dell'UEE poi ci sono "gli orfani dell'UE", così il commissario definisce quei minori 
lasciati nel Paese d'origine dai genitori che sono andati a lavorare all'estero, 
una categoria non meno vulnerabile e che esce fuori dagli schemi dell'assistenza 
dei minori: "Non è un fenomeno solo romeno, anche se nel paese sono 80mila i 
minori che vivono senza genitori perché emigrati per lavoro. Hanno problemi 
psicologici, un alto tasso di abbandono scolastico e non esistono misure 
studiate per proteggerli. Per questo voglio sollecitare le autorità affinché 
rafforzino il sostegno a questi bambini che sono fortemente colpiti dall'assenza 
dei genitori".
 Di questi 80mila, circa 20mila hanno entrambi i genitori all'estero, secondo le 
ultime stime del governo romeno e quindi vengono lasciati alle cure dei parenti 
o in alcuni casi anche affidati a altre famiglie o a istituti. Alcuni scappano e 
entrano a far parte di un altro dei sottogruppi individuati da Muižnieks, quello 
dei bambini di strada "che vivono in condizioni di degrado a Bucarest e in altre 
città. Per questo ritengo positivo il piano del ministero della Sanità per la 
creazione di centri di assistenza medica. Ma per evitare che questi bambini 
diventino preda della delinquenza o del traffico di esseri umani è necessario 
che Bucarest migliori e velocizzi le pratiche per le adozioni". I minori che si 
trovano negli orfanotrofi romeni sono in media 60mila. La minoranza rom Un altro dei fronti di interesse e impegno nell'ambito dei diritti umani è 
quello legato alla comunità rom, che in Romania è una delle minoranze più 
grandi, con circa due milioni di persone, ma anche una delle più discriminate e 
emarginate socialmente. "Una parte della comunità rom è ben integrata, ma c'è 
una grossa fetta che resta ai margini. Da parte delle autorità romene - ha 
assicurato il commissario - c'è un grosso impegno a lavorare per l'integrazione. 
Il progresso più marcato è stato realizzato nel settore dell'istruzione: molti 
rom finiscono le scuole dell'obbligo e frequentano l'università. E anche se il 
tasso di abbandono scolastico è ancora troppo alto, il 36%, e più del doppio 
rispetto a quello dei minori non rom, è comunque significativamente diminuito". Romano Dives  Oggi, 8 aprile, si celebra in tutto il mondo la Giornata internazionale "Romano 
Dives" (Giornata di rom e sinti) riconosciuta nel 1979 dall'ONU grazie alle 
attività e alle pressioni dell'Unione mondiale di rom e sinti fondata a Londra 
nel 1971 (poi divenuto IRU - 
International Roman Union). La 
Commissione europea 
ha avviato fin dal 2010 precise politiche dedicate all'integrazione dei rom e 
sinti nei paesi membri, che hanno portato all'approvazione della Risoluzione 
denominata 'Strategia europea sull'integrazione dei rom' poi adottata dal 
Consiglio. In essa si stabilisce che a tutti i rom devono essere garantiti 
standard minimi in materia di accesso a occupazione, educazione, alloggio e 
assistenza sanitaria. Nell'Ue vivono circa 12 milioni di rom dei quali la 
maggioranza in Romania e Bulgaria.
 Inoltre nel 2013 le autorità romene hanno censito 5.000 bambini rom e 30.000 
adulti: "Bisogna continuare sulla strada per garantire i diritti di accesso ai 
servizi sanitari e d'istruzione, puntando sullo sviluppo dei mediatori 
socio-culturali. Un fiore all'occhiello della Romania, ma con la crisi, le 
misure di austerità e la decentralizzazione la metà dei mediatori non fa più 
questo mestiere, con il rischio di perdere una grande risorsa per il paese". Muižnieks non vuole tralasciare, però, un punto fondamentale del suo mandato: la 
lotta contro i reati d'odio. "Pur apprezzando il lavoro del Consiglio nazionale 
per la lotta alla discriminazione, sono molto preoccupato dal fatto che le 
autorità romene sembrano sottostimare l'incidenza dei crimini legati all'odio 
razziale nel paese e che hanno come vittime principali i rom - ha dichiarato il 
commissario - nonostante i media e le organizzazioni non governative denuncino 
questi episodi, nel 2013 nessun caso è finito in tribunale, questo non 
rispecchia la realtà. Bisogna porre molta attenzione agli incitamenti al 
razzismo e ai crimini d'odio e dare la necessaria formazione alle forze 
dell'ordine affinché sappiano riconoscere e sanzionate questi reati legati al 
razzismo". Le elezioni europeeUn tema, quello del razzismo e della xenofobia che si lega in modo indissolubile 
con le prossime elezioni europee, soprattutto dopo i risultati delle elezioni 
amministrative francesi che hanno visto la crescita della destra estremista, 
come dimostrano anche i sondaggi condotti in altri paesi UE.
 "Più che dai sondaggi sono preoccupato da quello che potrebbe accadere alla 
democrazia dopo le elezioni europee - ha sottolineato Muižnieks - con 
l'approssimarsi del voto in molti paesi membri la destra estremista sta portando 
avanti campagne contro l'immigrazione o i rom: ci sarà un dibattito pieno di 
veleni su questo tema. Ma quello che mi preoccupa di più è come sarà ridisegnato 
il Parlamento europeo con l'ingresso massiccio di queste forze estremiste e di 
come verranno condotti i dibattiti. Ad essere danneggiata potrebbe essere la 
stessa Unione europea e il suo lavoro sulle politiche di immigrazione".   
		
		
			Di Sucar Drom  (del 13/04/2014 @ 09:02:07, in blog , visitato 1809 volte)
		 
      
Espelli il razzismo dal calcioQuesta mattina alle 12.30, l'Unar - Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni 
Razziali, con il supporto di Lega Calcio e Associazione Italiana Calciatori, 
ospiterà l'asta di 27 oggetti da collezionismo donati dalle società di calcio di 
Serie A e della Nazionale Italiana di calcio, nel corso della campagna "Espelli 
il razzismo dal Calcio"...
 
 21 marzo, spot televisivo "Made in Italy"
 "Made in Italy" è il titolo della campagna di comunicazione istituzionale 
promossa dall'UNAR, dall'Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali del 
Dipartimento per le Pari Oppor...
 
Piano nazionale contro il razzismo e discriminazione territoriale: il Parlamento 
e il Governo riaprano l'iter di approvazioneAnnunciato il 30 luglio 2013 dalla Ministra dell'Integrazione Cécile Kyenge e 
dalla Vice Ministra con delega alle Pari Opportunità M. Cecilia Guerra (facenti 
parte del precedente Governo Letta), il Piano nazionale contro il razzismo e la 
xenofobia avrebbe dovuto esse...
 
Renzi e il Piano nazionale contro il razzismo
  
27 gennaio, una riflessione sul riconoscimento del PorrajmosTrascorso il 27 gennaio, è possibile proporre qualche considerazione sui 
programmi che le varie cittadine italiane hanno dedicato alla memoria delle 
vittime della persecuzione e dello sterminio nazi-fasc...
 
8 aprile 2014, le associazioni dei Rom e dei Sinti lanciano la campagna 
nazionale per il riconoscimento giuridico8 aprile 2014 43° Giornata internazionale del popolo rom e sinto. Le 
associazioni dei Rom e dei Sinti lanciano la campagna nazionale per il 
riconoscimento giuridico della minoranza storico-linguistica rom e sinta in 
Italia...
 
 Elezioni Ue, appello delle donne rom a sostegno della candidatura di Dijana 
Pavlovic
 Siamo donne di un popolo che costituisce la più grande minoranza europea: 12 
milioni di donne, uomini, bambini. Non abbiamo mai fatto guerre, non abbiamo 
m...
 
 Milano, rom e sinti di fronte alle elezioni europee
 
    
		
		
			Di Fabrizio  (del 12/04/2014 @ 09:04:51, in media , visitato 2044 volte)
		 
      
Come l'anno scorso mi verrebbe da dire: ma almeno un giorno (che poi sarebbe 
proprio la giornata internazionale ecc. ecc.) non si può stare in pace e godersi 
la festa? Ci sono volute 24 ore per pensarci bene, e la decisione 
del sindaco di Roma  di eliminare dai documenti la parola "nomade" per il più 
politicamente corretto "Rom, Sinti e Caminanti", ha scatenato il solito mercato 
dove ognuno raglia la sua. Almeno si leggessero cose intelligenti... Capito su un
MAGAZINE ONLINE DI POLITICA E CULTURA  (o mammamia!) che da la colpa al 
sindaco (poraccio) di un lungo elenco, oltre metà dell'articolo, di 
malfunzionamenti della città, per dirgli alla fine che dovrebbe pensare a quelle 
cose lì, non a giocare con le parole... altrimenti si iscriveranno all'anagrafe 
di un'altra città (BUM!) A parte il fatto che (opinione personale, ma non ditelo a nessuno) preferirei che il sindaco continuasse a usare la parola "nomadi", 
ma smettesse con gli sgomberi che non rispettano i trattati sottoscritti, e 
magari si desse da fare per eliminare quei lager a cielo aperto che sono i 
mega-campi voluti da Alemanno, ma finanziati anche dalla nuova giunta... per 
quel che capisco di Roma quei malfunzionamenti ci sono da decenni, 
imperturbabili ai cambi di maggioranza. Devo tornare a metà anni '70, con Argan 
e Petroselli, per ricordare un primo cittadino, come si dice "sul pezzo" (ma 
forse i miei sono abbagli di gioventù). E, termina il pezzo del MAGAZINE di sopra, che a questo punto loro useranno 
il termine, noto e stranoto, di ZINGARI. Vorrei chiedere il parere ai miei amici 
attivisti nonché antirazzisti, capire se sia ignoranza o proprio voglia di 
prendervi in giro, visto che sono quasi 40 anni che quel termine viene rifiutato 
dalle elite rom e sinti europee, e almeno una quindicina (si sa, quasi sempre ultimi 
ma arriviamo anche noi) da quelle italiane. Poteva mancare il parere di
Fabrizio Santori? Il ragazzo, per come ho imparato a conoscerlo, è una 
specie di "Matteo Salvini de Roma", saprebbe anche fare dei ragionamenti, ma non vuole 
correre il rischio di intellettualismi strani, meglio scimmiottare 
l'encefalogramma piatto 
della gggente. Suo comunicato su Facebook, ripreso poi da
Agenzia Parlamentare: sembra che oggi siano queste le modalità comunicative. 
Però, mi fa specie che la stessa Agenzia Parlamentare riporti "ennesima 
inutile iniziativa"  fuori dalle virgolette, come se facesse proprio il 
giudizio del consigliere. Chi manca, come al solito? I diretti interessati, e vai a capire se è perché 
della cosa gliene importa poco, o perché nessuno sente l'elementare bisogno di 
parlare con loro. E anche qua, vorrei chiedere cosa ne pensano ai soliti amici 
di sopra, ma
chissà se risponderanno.   
		
		
			Di Fabrizio  (del 11/04/2014 @ 09:08:51, in Italia , visitato 1783 volte)
		 
      
 Pubblicato: 08/04/2014 17:47, 
di  Costanza Hermanin Analista 
politico, Open Society Foundations. Scritto con  Miriam Anati, 
responsabile dei progetti sostenuti in Italia da Open Society Initiative for 
Europe, l'ala operativa di Open Society Foundations in Europa. 
 Qualche tempo fa, l'assessore agli affari sociali di una grande città italiana 
ci spiegò con malcelato orgoglio come avesse deciso di migliorare sensibilmente 
le condizioni di vita dei Rom nella sua città. Era riuscito a convincere il suo 
sindaco a includere nel piano di utilizzo dei fondi destinati dal
Fondo Sociale 
Europeo alla città una considerevole somma per il miglioramento delle condizioni 
socio-sanitarie del campo nomadi. Vi era persino la possibilità che l'attuale 
campo fosse distrutto invece che bonificato, e che poco distante se ne 
costruisse uno nuovo composto da deliziose casette prefabbricate, in legno, con 
tutte le comodità, persino i bagni. Così finalmente i nomadi della sua città 
avrebbero vissuto in maniera dignitosa.
 
 Più ci raccontava le sue intenzioni, più eravamo allibite. Questi, uomo di 
sinistra e portatore d'idee progressiste si era sì dimostrato disponibile ad un 
incontro, suggerito dalle associazioni locali, con noi in quanto rappresentanti 
della fondazione che più si è investita nella causa Rom in Europa negli ultimi 
vent'anni. Ma la presentazione dell'assessore, in totale buona fede, ci dimostrò 
chiaramente perché in Italia esiste un grave problema Rom, e perché, in assenza 
di un cambiamento di mentalità, nel quale tutti dovremo impegnarci, il problema 
è destinato a perpetuarsi.
 
 La causa principale del problema Rom in Italia sono infatti i cosiddetti campi 
nomadi attrezzati, creati e gestiti con denaro del contribuente dalle pubbliche 
amministrazione. In molti paesi europei esistono quartieri ghetto, ma in nessun 
stato membro dell'UE vi sono villaggi creati dalle istituzioni appositamente per 
concentrarvi persone appartenenti a una singola etnia. Questa si chiama 
segregazione razziale, e persino la Commissione europea ha recentemente 
riconosciuto l'equazione "nomadi-Rom" celata dal linguaggio dell'amministrazione 
pubblica italiana. La segregazione è un comportamento vietato da tutte le norme 
internazionali del dopo-guerra. Ma in Italia è una pratica corrente.
 
 Campi segregati solo per Rom esistono nella maggior parte delle città italiane. 
Li gestiscono cooperative scelte dalle amministrazioni locali, sulla base di 
contratti secondo i quali queste si occupano di tutto, dal sostegno alla 
scolarizzazione, alla raccolta dei rifiuti, alle telecamere di sorveglianza e 
alle guardie private che verificano i documenti di chi entra e chi esce. I campi 
sono perlopiù lontani dai centri abitati, senza alcun mezzo pubblico che 
permetta ai residenti di raggiungere facilmente una scuola o un posto di lavoro. 
Il conto per le amministrazione pubbliche è salato. Una ricerca di
Lunaria ha calcolato che, nella sola città di Roma, la gestione dei campi nomadi 
sia costata al contribuente 86 milioni di euro tra il 2005 e il 2011.
 
 Perché abbiamo campi etnicamente segregati in Italia? Tre le risposte più 
comuni.
 
 In primo luogo, secondo le amministrazioni pubbliche, perché Rom e Sinti 
sarebbero nomadi, e avrebbero quindi bisogno di aree di sosta dove parcheggiare 
i caravan e restare temporaneamente, in attesa di partire per altri lidi. 
Secondo autorevoli studi scientifici, tuttavia, il nomadismo è oramai un 
fenomeno limitato al 3% dei Rom. A parte qualche giostraio - che pur non viaggia 
365 giorni l'anno e ha una casa dove torna regolarmente per lunghi periodi - non 
c'è quasi nessun Rom o Sinto volontariamente nomade ai giorni nostri in Italia. 
I "campi attrezzati" italiani, inoltre, sono luoghi di abitazione permanente. Le 
case nei campi sono baracche o container, che nulla hanno a che vedere con 
abitazioni amovibili.
 
 Una seconda spiegazione data per l'esistenza dei campi è la 'pericolosità degli 
zingari' - convinzione diffusa a tal punto dal determinare, solo pochi anni fa, 
l'adozione di un' 'emergenza nomadi'. Utile dunque concentrarli per 
sorvegliarli. Ma se viviamo in un paese di diritto, e se la legge è uguale per 
tutti, perché non lo è anche per loro? Se un Rom commette un reato deve essere 
trattato di conseguenza. Ma dalla fine della shoah e dell'apartheid, è 
internazionalmente vietato attribuire a un gruppo il comportamento di singoli.
 
 Una terza e ultima spiegazione è che i Rom avrebbero una cultura diversa: 
desidererebbero stare tra loro e non mischiarsi agli altri. Si tratta in questo 
caso di pregiudizi belli e buoni, frutto di ignoranza o razzismo, come 
dimostrano le storie di tutti quei Rom fedeli alle proprie tradizioni culturali, 
che lavorano, pagano regolarmente il mutuo, vivono in appartamenti, e i cui 
figli si laureano. Ma che rimangono per la maggior parte invisibili, preferendo 
nascondere la propria identità per timore d'insulti e discriminazioni.
 
 Tornando al nostro assessore, il nostro stupore proveniva dall'insistenza a 
voler segregare in un 'campo nomadi' persone che nomadi non sono. E anche dalla 
convinzione che un campo malsano è vergognoso, ma un campo per soli Rom lucido e 
stirato a nuovo va bene. I fondi Europei per il risanamento o la ricostruzione 
dei campi Rom della città non sono mai stati stanziati. Un criterio di base per 
la spesa dei fondi strutturali dell'UE è infatti la non-discriminazione su base 
etnica.
 
 L'Italia ha una delle popolazioni Rom più circoscritte d'Europa, circa 170 000 
individui, ossia lo 0,3% della popolazione italiana (in Romania sono 2 milioni e 
mezzo e 800 000 in Spagna). Si tratta per la maggior parte di cittadini 
italiani, presenti sul territorio a iniziare dal quindicesimo secolo. Oppure di 
immigrati in regola, arrivati di recente, in ondate successive, da ex-Jugoslavia, 
Romania e Bulgaria. Immigrati irregolari non potrebbero d'altronde stare in 
campi attrezzati e ricevere i servizi delle cooperative che li gestiscono.
 
 Nonostante il numero ridotto, le politiche d'inclusione sociale della 
popolazione Rom in Italia sono state fallimentari. Con il risultato che la 
stragrande maggioranza dei Rom presenti nel territorio vive in condizioni di 
estrema emarginazione sociale ed economica, perdendo di conseguenza ogni 
interesse a essere parte attiva e costruttiva della società circostante.
 
 E' tempo di proibire la pratica dei campi segregati in Italia. I soldi pubblici 
che servono a mantenerli possono essere usati per integrare i residenti dei 
campi tramite supporti all'impiego, all'abitazione e alla scolarizzazione, in 
vista di un avviamento verso l'autonomia. Vi sono persone che compiono questo 
cammino in maniera autonoma. Ma sia tra i Rom che tra i non Rom, non tutti ne 
hanno la forza. I fondi pubblici dovrebbero essere usati per questi, non per 
discriminare e segregare.
 
 L'otto aprile è la giornata internazionale dei Rom e dei Sinti. Usiamo 
quest'occasione per fare un esame di coscienza e aprire un nuovo capitolo nelle 
nostre relazioni con i Rom, che faccia onore a tutti. Solo così si renderà 
dignità e rispetto ai Rom, e alla società italiana che li ospita al proprio 
interno.
   
		
		
			Di Fabrizio  (del 10/04/2014 @ 09:09:56, in Italia , visitato 1815 volte)
		 
      
 di ZELJKO JOVANOVIC*, 08 aprile 2014 su
Repubblica Quando a New Orleans nel 1891 una turba inferocita, fomentata 
dall'indignazione dell'opinione pubblica, fece irruzione nel carcere e avendovi 
trovato undici appartenenti alla stessa etnia dei presunti rei, li sottopose a 
linciaggio. Erano tutti italiani. Nel vostro Paese di oggi i Rom sono bersagli 
di pregiudizi non dissimili da quelli che subirono, oltre un secolo fa, gli 
immigrati italiani negli Stati Uniti
 ROMA - All'epoca fu una notizia da prima pagina. Un funzionario di polizia era 
stato ucciso e nove immigrati arrestati. I giornali accusarono i sospettati di 
essere "accattoni sfaticati" e "criminali violenti". Una turba inferocita, 
fomentata dall'indignazione dell'opinione pubblica, fece irruzione nel carcere, 
e avendovi trovato undici appartenenti alla stessa etnia dei presunti rei, li 
sottopose a linciaggio.
 
 Tutte le vittime erano italiane. I fatti accaddero a New Orleans nel 1891, 
quando gli Stati Uniti erano in preda a un clima di crudele razzismo rivolto 
contro la recente ondata d'immigrazione proveniente dall'Italia. Quanto fosse 
profonda quell'ostilità lo si comprende da un editoriale del "New York Times", 
che elogiò il linciaggio considerandolo come un monito rivolto agli altri 
potenziali "delinquenti" italiani. Lo stesso Theodore Roosevelt, poi divenuto 
Presidente degli Stati Uniti, lo definì "una buona cosa". E adesso domandiamoci: 
contro chi si scaglia oggi più comunemente l'accusa di essere "accattoni 
sfaticati" e delinquenti? Contro chi si rivolgono certe aggressioni razziste 
mirate, in cui le vittime sono percosse e a volte persino uccise? Contro il mio 
popolo. Contro i Rom.
 
 Razzismo e pregiudizi. Nell'Italia odierna, i Rom sono bersagli di un razzismo e 
di un pregiudizio non dissimile da quello che subirono, oltre un secolo fa, gli 
immigrati italiani negli Stati Uniti. Vediamo che trattamento riservano i media 
italiani ai Rom: è dominato da reportage sui pogrom anti-rom, come quello 
recente di Poggioreale, su reti criminali dedite al traffico di oggetti rubati e 
persino di armi. Naturalmente, sarebbe sbagliato negare che vi siano delinquenti 
fra i Rom. Ve ne sono, così come in ogni altro gruppo etnico; eppure oggi in 
Italia sono in molti a sostenere e a votare esponenti politici portatori di un 
messaggio di disumanizzazione e demonizzazione dei Rom.
 
 La trappola dei campi col filo spinato. Ma vediamo anche quali politiche 
adottano le autorità italiane nei confronti dei Rom. Chi rientra nella categoria 
"nomadi" - è questo, infatti, il termine usato per definire i Rom e i Sinti - 
rischia di ritrovarsi intrappolato, insieme a migliaia di altri, in campi 
circondati da filo spinato, sorvegliati dalla polizia o da vigilantes privati; 
questi campi, finanziati col denaro dei contribuenti italiani - 86 milioni di 
euro solo per Roma tra il 2005 e il 2011, ricordano i tempi bui dell'apartheid. 
Impossibile trovare, nell'Europa odierna, un esempio peggiore di segregazione 
insita nelle politiche ufficiali dello Stato.
 
 Lo stesso odio subito dagli italiani negli Usa. L'odio nei confronti dei Rom - 
lo stesso odio razzista di cui gli italiani immigrati in America furono vittime 
nel 1891 - si estende al di là dei confini dell'Italia. Secondo un rapporto 
pubblicato di recente, negli ultimi 12 mesi, circa un Rom su tre presenti in 
Europa è stato vittima di atti criminosi motivati dall'odio. Ciò costituisce una 
minaccia per tutti, indipendentemente dall'appartenenza etnica o dall'identità 
culturale di ognuno. Quel che conta è come si è percepiti, immaginati o definiti 
dagli altri; e su questo, nessuno ha il controllo assoluto.
 
 La definizione di noi stessi. Il comportamento di certi italiani, e di certi 
loro governanti, nei confronti dei Rom non ha nulla a che vedere con la cultura 
dei Rom né con il loro comportamento. Insomma, il problema non sono i Rom, bensì 
quegli italiani, e quelle istituzioni dell'Italia, che vedono i Rom soltanto 
attraverso la lente dei propri pregiudizi e delle proprie idee errate sulla 
cultura Rom. Non parlo soltanto di rispetto della diversità o di protezione 
delle minoranze, ma di qualcosa che va molto più in profondità, qualcosa che ci 
riguarda tutti. Riguarda chi siamo noi come europei, cittadini della 
"civilissima" Europa, come ci definiamo con orgoglio. Riguarda la definizione 
che diamo di noi stessi, come esseri umani che sono stati vittime dell'odio in 
passato o potrebbero esserlo in futuro. Riguarda ciò che la nostra umanità 
significa davvero. I governanti europei che denunciano e sanzionano i crimini 
dettati dall'odio commessi fuori dai confini dell'Unione potranno farlo da una posizione moralmente inattaccabile solo se avranno fatto il proprio dovere in 
patria, così come meritano le loro nazioni "civili".
 
 Le occasioni per l'Italia. Chi ha subito ingiustizie in passato è oggi nella 
posizione ideale per denunciarle. Il ricordo dei pregiudizi subiti dovrebbe 
mettere gli italiani in condizione di capire i Rom e tutti coloro che subiscono 
atti dettati dall'odio: africani, musulmani, ebrei, gay, immigrati dall'Europa 
centrale o dell'est. Così come ci sono voluti tanti leader americani per 
trasformare la società americana, sta ai governanti italiani trasformare 
l'Italia, e ai governanti europei trasformare l'Europa. Oggi hanno 
un'opportunità di farlo per l'Europa. La prossima presidenza italiana 
dell'Unione europea, le elezioni del nuovo Parlamento europeo a maggio, la 
designazione della nuova Commissione europea e l'approvazione della nuova 
finanziaria sono tutti momenti importanti per l'Italia. Il paese dovrebbe 
mettere a frutto quest'occasione di porsi alla guida degli europei per far sì 
che voltino le spalle all'odio.
 
 Le Pen non può essere un alibi. Tutti i Le Pen, i Wilder, i Vona d'Europa non 
possono essere un alibi per fare di meno, anzi devono motivarci a fare di più. 
L'Italia dovrebbe cominciare con l'abbandonare la sua politica di rinchiudere 
Rom e Sinti in campi speciali: questa politica richiama l'apartheid e si è 
dimostrata ripugnante sul piano morale e insensata su quello economico. Se il 
presidente del Consiglio dei ministri italiano, Matteo Renzi, deciderà di 
cogliere quest'opportunità, contribuirà nel modo più profondo a rafforzare sia 
l'Italia che l'Europa. E' tempo che l'Italia, forte della consapevolezza del suo 
passato, si ponga alla testa di uno sforzo per costruire un'Europa in cui 
nessuno abbia a subire umiliazioni o persecuzioni a causa della sua identità.
 
 * Zeljko Jovanovic è il Direttore del programma Roma 
Initiatives Office della Open Society Foundations
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