Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 07/12/2009 @ 09:09:00, in Regole, visitato 1759 volte)
Segnalazione di Cristina Seynabou Sebastiani
(stranieriinitalia.it)
Chiarimento definitivo da parte del Viminale. “Non c’è obbligo di referto per il
reato di clandestinità”
Roma - 2 dicembre 2009 - Né i medici né il resto del personale possono
denunciare gli immigrati senza permesso di soggiorno che entrano in un pronto
soccorso, in un ospedale o in una altra struttura del servizio sanitario
nazionale.
È il ministero dell’Interno a dire la parola definitiva su una querelle che
rischiava di tenere i clandestini lontani dagli ospedali, mettendo al
rischio la salute di tutti. L’introduzione del reato di clandestinità, ribadisce
con una circolare, non ha eliminato il divieto di segnalazione nelle strutture
sanitarie previsto dal testo unico sull’immigrazione.
Il Viminale chiarisce che l’obbligo di referto da parte dei medici riguarda solo
i delitti per i quali si deve procedere d’ufficio e non scatta se espone il
paziente a un procedimento penale. L’obbligo di referto non può quindi essere
applicato al reato di clandestinità, che non è un delitto, ma una semplice
contravvenzione e che tra l’altro fa finire l’immigrato sotto processo.
Soddisfatta Medici Senza frontiere, che si era battuta contro l’abolizione del
divieto di segnalazione proposta dalla Lega Nord durante l’iter del ddl
sicurezza. “Ora non potranno esserci più ambiguità nell’interpretazione della
legge, i migranti irregolari possono farsi curare senza paura. È nell’interesse
generale - dice l’addetto stampa Gianluigi Lopes - evitare la marginalizzazione
sanitaria e favorire l’accesso alle cure di tutta la popolazione, come prevede
anche la Costituzione”
Di Fabrizio (del 11/12/2009 @ 08:55:00, in Regole, visitato 2026 volte)
Il caso aveva avuto tutt'altra conclusione due anni fa. Per chi
non lo ricordasse,
QUI
Oggi è un gran giorno per tutti i gitani europei: Il Tribunale Europeo dei
Diritti Umani sentenzia che il matrimonio celebrato con il rito gitano ha piena
validità
09-12-2009 - Da un paio d'anni, Unión Romaní si è aggiunta all'iniziativa
della Fondazione Secretariado Gitano in difesa dei legittimi interessi di "La
Nena", dividendoci le carte. Entrambe le organizzazioni sono apparse davanti al
Tribunale Europeo dei Diritti Umani per coprire ampliamente i differenti lati
che la difesa di María Dolores necessitava. La Fondazione, tramite i suoi
avvocati, Magdalena Queipo de Llano López-Cózar e Sebastián Sánchez Lorente,
ha posto le ragioni giuridiche formali che avallavano la petizione di María Luisa Muñoz Díaz
di ottenere la pensione di vedova negatale dalla Sicurezza Sociale spagnola.
Senza alcun dubbio il successo ottenuto da questa azione permetterà a questa
brava gitana di ottenere, anche con gli arretrati, quello che il governo
spagnolo ha negato per tanto tempo.
Unión Romaní, rappresentata dal suo presidente e avvocato, Juan de Dios
Ramírez-Heredia, ha centrato fondamentalmente la sua difesa nel dimostrare che
l'unione realizzatasi tra María Luisa ed il suo defunto marito tramite il rito
gitano, quando entrambe erano giovani, costituì un vero matrimonio. Qui stava il
controverso punto nevralgico della questione. Il Governo ed i giudici spagnoli
non intendevano ammettere la validità delle nozze gitane e di conseguenza, non
esistendo matrimonio, non riconoscevano il diritto alla pensione di vedovanza.
Ai gitani spagnoli ha causato speciale tristezza la sentenza sfavorevole del
Tribunale Costituzionale spagnolo quando non seppe, o non volle, accettare i
ragionamenti che che gli furono presentati con assoluta precisione. L'eccezione
venne costituita dal magistrato Jorge Rodríguez-Zapata Pérez, che Dio
doni a lui e a tutta la sua famiglia salute e libertà, che da allora occupa un
posto di affetto e rispetto nel cuore di tutti i gitani spagnoli e nel mondo per
essere l'unicoche ci ha dato la ragione, ratificata dal Tribunale Europeo dei
Diritti Umani.
Crediamo che oggi sia un grande giorno non solo per i gitani spagnoli ma
anche per quelli europei. Così abbiamo manifestato davanti all'Alto Tribunale di
Strasburgo. Quel giorno memorabile sapevamo che quanto era in gioco non era
esclusivamente che "La Nena" ottenesse la sua pensione, ma che quei giudici
avevano deciso che María Luisa avesse diritto alla sua pensione di vedovanza
perché lei e suo marito, sposati col rito gitano, costituivano un vero
matrimonio. Il Tribunale di Strasburgo ha ascoltato la nostra voce gitana ed
emesso la sentenza. Una sentenza che riporta la dignità negata a tutto un popolo
e che renderà possibile, perché questo giudizio costituisce giurisprudenza, che
qualsiasi coppia gitana, unita col nostro vecchio rituale, in qualsiasi parte
del vecchio Continente, debba venir riconosciuta dai poteri pubblici come un
vero matrimonio.
Che Dio abbia uno sguardo per i membri del Tribunale Europeo dei Diritti
Umani di Strasburgo e per il magistrato Rodríguez-Zapata, che da oggi occupano
un posto imperituro nel nostro cuore.
UNION ROMANI
Dirección Postal/Postal Address:
Apartado de Correos 202
E-08080 BARCELONA (Spain)
Tel. +34 934127745
Fax. +34 934127040
E-mail: u-romani@pangea.org
URL:
http://www.unionromani.org
Di Fabrizio (del 17/12/2009 @ 20:41:29, in Regole, visitato 1436 volte)
AGI News
(AGI) Venezia 17 dic. - "Adesso qualcuno capira' quale disastro sarebbe un
presidente leghista nel Veneto". Cosi' il consigliere regionale veneto Igino
Michieletto (Partito Democratico) commenta il trasferimento del prefetto di
Venezia Michele Lepri Gallerano. "Grazie al ministro Maroni trasformatosi in
ministro di ferro - spiega Michieletto - il prefetto di Venezia viene cacciato
per non aver seguito il diktat di chi voleva impedire, contro ogni buon
senso e ogni regola di convivenza civile, il trasferimento dei Sinti negli
alloggi preparati dal Comune di Venezia. Chi, dopo l'arrivo della signora
Zaccariotto alla presidenza della Provincia di Venezia, non avesse ancora
compreso pienamente in cosa consiste l'uso leghista del potere, ora e' servito".
Secondo Michieletto "l'ingresso degli esponenti del Carroccio nei ruoli-guida
delle istituzioni finisce per trasformarle nel braccio armato dei settori piu'
xenofobi di un governo impegnato nella guerra senza quartiere a ogni pratica di
umanita'". "C'e' da augurarsi - prosegue il vicepresidente dei consiglieri Pd a
palazzo Ferro-Fini - che basti questo come esempio per capire cosa significhera'
per il Veneto avere un presidente leghista: nessuno sforzo deve quindi essere
trascurato nella costruzione di un vasto fronte che permetta, alle prossime
elezioni, di fermare la marcia delle truppe di Bossi in una regione
tradizionalmente libera e ricca di sensibilita' umanitaria come il nostro
Veneto. Qui non ci sono bandierine e piccoli interessi da difendere - conclude
Michieletto - ma valori di liberta', di diritto e di umanita', di sensibilita'
cristiana, da riaffermare con forza". (AGI) Cli/Ve/Pgi
Di Fabrizio (del 19/12/2009 @ 09:36:59, in Regole, visitato 1642 volte)
ImmigrazioneOggi
17 dicembre 2009 Una circolare del DAP motiva la scelta affermando che
“l'accesso per il colloquio con i familiari in carcere non si configura come la
fruizione di un servizio pubblico ma come esercizio di un diritto, tanto da
parte dei ristretti quanto da parte dei congiunti”. Il sindacato di polizia:
“siamo allibiti”.
Allo straniero che si presenta in carcere per far visita a un familiare detenuto
non dovrà esser richiesto alcun documento che dimostri la sua regolare
presenza in Italia. È quanto stabilito da una circolare del Dipartimento
Amministrazione Penitenziaria che per spiegare agli agenti come agire alla luce
delle nuove norme previste dal pacchetto sicurezza che hanno introdotto il reato
di immigrazione clandestina.
I detenuti stranieri nelle sovraffollate carceri italiane sono oltre 25mila
(circa il 27% del totale) e molti di essi sono clandestini. La probabilità che
siano irregolari anche alcuni dei familiari che fanno loro visita in carcere è
assai alta. Dal momento che gli agenti penitenziari sono pubblici ufficiali,
come dovranno comportarsi ora che l'immigrazione clandestina è un reato?
“Il personale del Corpo di polizia penitenziaria non dovrà richiedere allo
straniero che accede alla struttura penitenziaria l'esibizione di alcuna
documentazione attestante la sussistenza dei requisiti legittimanti la presenza
sul territorio italiano, né lo straniero sarà tenuto a dimostrare in alcun modo
la regolarità della sua posizione”, scrive Sebastiano Ardita, magistrato a capo
della direzione generale detenuti del Dap. E questo vale a maggior ragione “nel
caso in cui a richiedere il colloquio siano i figli minori di persone prive di
permesso di soggiorno”. Ma la circolare, diramata a tutti i provveditori
regionali e diffusa dall’agenzia Ansa, precisa anche che il mancato obbligo di
verifica sulla regolarità dello straniero all'ingresso del carcere “non esclude
che il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio, in qualsiasi modo
venga a conoscenza della sussistenza del reato” di immigrazione clandestina “non
sia tenuto, in via generale, a denunciare tempestivamente il reato all'autorità
giudiziaria o ad altra che abbia a sua volta obbligo di riferire a quella”. La
decisione di non chiedere allo straniero in visita un documento che ne attesti
la regolare presenza è stata presa - scrive Ardita - sulla base della
considerazione che l'accesso per il colloquio con i familiari in carcere “non si
configura come la fruizione di un servizio pubblico ma come esercizio di un
diritto, tanto da parte dei ristretti quanto da parte dei congiunti”.
“Siamo allibiti” è stato il commento di Leo Beneduci, segretario generale
dell'Osapp il sindacato degli agenti penitenziari. Secondo Beneduci “come agenti
e ufficiali di polizia giudiziaria abbiamo l'obbligo di far rispettare le leggi
e reprimere i reati, non certo di chiudere un occhio. Su questa vicenda ci
rivolgeremo al ministro dell'Interno Maroni per avere giustizia”.
(Red.)
Di Fabrizio (del 11/02/2010 @ 09:28:32, in Regole, visitato 1805 volte)
A proposito degli ultimi sgomberi a Milano, leggo sul blog
di
Luciano Muhlbauer
ANCHE VIGILI URBANI DEL SINDACATO SDL DENUNCIANO USO ILLEGITTIMO POLIZIA
LOCALE PER SGOMBERI DA PARTE DI DE CORATO - LEGGI IL COMUNICATO SINDACALE
Non siamo soli a denunciare l’uso illecito e strumentale della Polizia Locale
da parte di De Corato. Rispetto all’impiego di operatori della polizia
municipale in maniera impropria, come se fossero forze dell’ordine, intervengono
ora anche i diretti interessati.
Infatti, oggi il sindacato SdL Intercategoriale della Polizia Locale di Milano
ha denunciato pubblicamente, con un comunicato stampa, l’utilizzo
illegittimo dei vigili urbani da parte del Vicesindaco.
Chiediamo dunque ancora una volta, dopo l’odierno voto in Consiglio regionale e
dopo questa presa di posizione più che significativa, poiché proviene da chi
opera sul campo, che i responsabili dell’ordine pubblico, a partire da Prefetto
e Questore, intervengano sul Comune di Milano, al fine di ristabilire la
legalità.
E questo significa sciogliere la celere di De Corato e tutte quelle squadre
speciali che si pongono al di fuori dal quadro costituzionale e dalle normative
vigenti.
QUI DI SEGUITO IL COMUNICATO DEL SINDACATO SDL:
([...] puoi scaricare il
comunicato di SdL in formato pdf)
COMUNICATO STAMPA:
SGOMBERI NOMADI: UTILIZZO ILLEGITTIMO DELLA POLIZIA LOCALE
IL SINDACATO SdL, HA ACCERTATO CHE, QUASI TUTTI GLI SGOMBERI, DEI CAMPI NOMADI,
EFFETTUATI A MILANO NEGLI ULTIMI MESI, SONO STATI E CONTINUANO A ESSERE ATTUATI,
QUASI TUTTI IN MODALITA’ ILLEGITTIMA.
IL VICESINDACO, RICCARDO DE CORATO, AVOCANDO A SE, LE FUNZIONI SANCITE DALLA
NORMATIVA VIGENTE (ART. 117 COSTITUZIONE), ART.5 Legge 65 del 07/03/1986, IN
MATERIA DI ORDINE PUBBLICO E SICUREZZA, CONTINUA IMPARTIRE ORDINI AI DIRIGENTI
DEL COMANDO DI POLIZIA LOCALE, DISTOGLIENDO GLI AGENTI DI P.L. DAI RISPETTIVI
COMPITI D’ISTITUTO.
TUTTO CIO’ CON IL SILENZIO DEL PREFETTO E DEL QUESTORE, CHE ORMAI NON FORNISCONO
PIU’ PATTUGLIE DI POLIZIA DI STATO, PER ESEGUIRE VERE E PROPRIE OPERAZIONI DI
ORDINE PUBBLICO QUALI, GLI SGOMBERI E L’ALLONTANAMENTO DI CITTADINI SENZA FISSA
DIMORA.
QUINDI LE OPERAZIONI VENGONO ESEGUITE IN ASSENZA DEGLI UFFICIALI DI PUBBLICA
SICUREZZA, QUALIFICA NON PRESENTE, PER LEGGE, ALL’INTERNO DELLO STAFF DELLA
POLIZIA LOCALE. INFATTI, NEMMENO IL COMANDANTE DEL CORPO, PUO’ RIVESTIRE QUESTA
CARICA, PROPRIO PERCHE’, L’ORDINE PUBBLICO E LA SICUREZZA SONO PREROGATIVE DELLO
STATO, QUINDI DEVE ESSERE ATTUATA DALLE FORZE DI POLIZIA NAZIONALE.
RAMMENTIAMO CHE, NON RIENTRA NELLE FUNZIONI DEI VIGILI URBANI, GARANTIRE LA
SICUREZZA, SE NON CON RIDOTTE ATTIVITÀ AUSILIARIE.
IL SERVIZIO IN QUESTIONE RISULTA PARTICOLARMENTE PERICOLOSO, VISTA LA MANCANZA
DI PREPARAZIONE DEGLI AGENTI, QUINDI PRESENTI ANCHE VIOLAZIONI DELLA NORMATIVA
SULLA TUTELA DELLA SICUREZZA DEI LAVORATORI.
IL SINDACATO DEI LAVORATORI, PREANNUNCIANDO UN ESPOSTO ALLA PROCURA, HA
DIFFIDATO IL VICESINDACO E I RESPONSABILI DEL COMANDO DI P.L. INOLTRE HA
INVITATO IL PREFETTO E IL QUESTORE, A RIPRENDERE IN MANO LA SITUAZIONE,
RIPRISTINANDO LA SITUAZIONE DI LEGALITA’ IN MATERIA DI ORDINE PUBBLICO E
SICUREZZA.
Milano, 10 febbraio 2010
S.d.L. Pubblico Impiego Milano
Di Fabrizio (del 18/02/2010 @ 09:24:31, in Regole, visitato 1687 volte)
Segnalazione di
Stefania Cammarata
CRONACA
Fa ricorso per infortunio e ottiene un risarcimento di 400.000 euro. Ma
l'uomo, cittadino italiano, non può ricevere i soldi
Il Garante dei diritti dei detenuti: "Gli istituti di credito hanno fatto
intendere che si trattava di un cliente indesiderato"
ROMA - "Una vicenda kafkiana". E' con queste parole che Angiolo Marroni, Garante
dei diritti dei detenuti del Lazio, descrive questa storia. Il protagonista è un
giovane cittadino italiano di origine rom che, prima di essere arrestato per
reati contro il patrimonio, aveva vinto una causa per infortunio contro l'Ater,
le Aziende Territoriali per l'Edilizia Residenziale Pubblica. Circa otto anni
fa, infatti, l'uomo, affittuario di un appartamento di proprietà dell'Ater, era
caduto all'interno dell'abitazione. Poco dopo aveva fatto causa per i danni
fisici subiti. Al termine del procedimento, la sentenza del giudice: l'uomo ha
diritto a un risarcimento di oltre 400.000 euro da pagare con un bonifico
bancario.
Una cifra niente male, che l'interessato non è però riuscito a incassare.
Nonostante le ripetute richieste indirizzate dal suo legale a svariate filiali
di diverse banche, "nessun istituto di credito - spiega in una nota Marroni - ha
permesso che l'uomo aprisse un conto corrente dove far accreditare tali fondi".
Quello che è emerso chiaramente dalle risposte, messe anche per iscritto, è che
il cliente è stato giudicato "indesiderato". "Il sistema creditizio - continua
il garante - ha deciso che quest'uomo è un cittadino diverso dagli altri. Per
questi motivi ho chiesto ai miei uffici di acquisire la documentazione degli
istituti di credito che hanno rifiutato l'apertura del conto corrente per
segnalarle sia all'Abi che alla Banca d'Italia".
Il protagonista della vicenda è attualmente detenuto nel carcere di Viterbo dove
è stato da poco trasferito. La pena giungerà a termine entro la fine di
quest'anno.
(16 febbraio 2010)
Di Fabrizio (del 01/03/2010 @ 09:54:18, in Regole, visitato 1890 volte)
Da
Roma_Francais
Romandie.news Gli Zigani vogliono investire il Consiglio costituzionale contro le
discriminazioni
Parigi, 25/02/2010 - L'Unione Francese delle Associazioni Zigane (UFAT),
tramite l'avvocato Henri Braun, intende essere una delle prime associazioni ad
utilizzare il nuovo diritto di giudizio di consultare il Consiglio
costituzionale per chiedere che cessino le "discriminazioni legali" contro gli
Zigani.
A partire da il 1° marzo, instaurando la riforma la "questione
prioritaria di costituzionalità" permetterà ai giudicabili di contestare una
disposizione legislativa già applicata, se pregiudica i diritti e libertà
garantiti dalla costituzione.
"Intendiamo attaccare dinanzi al Consiglio costituzionale l'assieme delle
leggi discriminatorie riguardanti gli Zigani, come quella del 1969, che ha
instaurato i carnet di circolazione per cui la gens du voyage è
obbligata a collegarsi ad un comune ed il fatto che per potere iscriversi negli
elenchi elettorali, una persona deve essere collegata ad un comune per tre
anni", ha spiegato dott. Braun all'AFP.
L'UFAT, dopo l'espulsione recente di Rom da un terreno privato che
occupavano, contesta in particolare il ricorso alla legge per imporre alla gens du voyage
di installarsi su un terreno previsto a La Courneuve.
"Lunedì 1 marzo alle 00:01, invierò via fax la mia richiesta alla Corte
amministrativa d'appello di Versailles, prima tappa obbligatoria per investire
il Consiglio costituzionale, per fare annullare gli articoli 9 e 9-1 previsti
dalla legge del 5 marzo 2007, detta di prevenzione della delinquenza, che sono
stati applicati dal sotto-prefetto di Saint-Denis ed il sindaco di La Courneuve
per espellere i Rom rumeni che non sono affatto gens du voyage", ha
confidato l'avvocato.
La legge impone ai grandi comuni la creazione di superfici collettive
d'accoglienza per gli itineranti: i due articoli permettono l'espulsione della
gens du voyage che verrebbe ad occupare un terreno privato quando è stata
realizzata una superficie d'accoglienza.
Il dott. Braun fa valere che “i Rom sono arrivati nei Balcani bel XIII
secolo, dove sono stati schiavi sino al 1848: si sono sedentarizzati da tempo, è
dunque su un criterio razziale implicito, il fatto che sia gli zigani che i Roum
occupanti di La Courneuve sono stati espulsi".
L'UFAT chiama ad una manifestazione per l'uguaglianza dei diritti dinanzi al
Castello di Versailles il 1° marzo con caravan e musicisti durante la quale "le
galline volate nei secoli saranno restituite", ha annunciato un portavoce,
Christophe Daumas.
(©AFP/25 febbraio 2010 16:44)
Di Fabrizio (del 08/03/2010 @ 17:08:59, in Regole, visitato 1476 volte)
Segnalazione di
Sinti Italiani in viaggio per il diritto e la cultura
IlGiornale.it by Omnimilano
"I vigili sarebbero anche pronti a sequestrare le roulotte dei nomadi per
reiterata occupazione abusiva. Un provvedimento che sarebbe già stato attuato se
la via fosse percorribile. Salvini & company dovrebbero allora convincere i
giudici. Che hanno sempre considerato questi mezzi un domicilio, la dimora
abituale. Ovvero un bene di necessità primaria. I recidivi, si badi bene,
sono sinti italiani. Dunque un'ordinanza sarebbe facilmente impugnabile. Con
il risultato di invalidarla. Sentiti gli uffici legali della Polizia Locale non
risulterebbero poi altri Comuni che abbiano applicato strumenti del genere. Va
poi ricordato che il campeggio abusivo non è un reato penale e il sequestro non
è previsto dalla legge". Lo dichiara il vice Sindaco e assessore alla Sicurezza
Riccardo De Corato. "Altra cosa è la rimozione dei mezzi - sottolinea De Corato
- che viene effettuata quando i nomadi non si allontanano e allorché le
condizioni lo permettono ovvero il camper o la roulotte non risultino occupate.
Uno strumento già applicato e previsto fin dall'ordinanza dell'88. Che consente
la rimozione dei veicoli e il trasporto nelle depositerie comunali. Per
riprendersi il mezzo i nomadi devono allora pagare, oltre la sanzione, le spese
di rimozione e trasporto (circa 250 euro), più i diritti di custodia (circa 25
euro al giorno)" .
Di Fabrizio (del 11/03/2010 @ 17:31:37, in Regole, visitato 1711 volte)
Segnalazione di Cristina Seynabou Sebastiani e Stefania Ragusa
Corriere della Sera Cronache
il nuovo orientamento smentisce una recente sentenza
L'esigenza di garantire la tutela delle frontiere prevale sulle esigenze di
tutela del diritto allo studio dei bambini
MILANO - Marcia indietro della Cassazione sugli immigrati: i clandestini
con figli minori che studiano in Italia non possono chiedere di restare nel
nostro Paese sostenendo che la loro espulsione provocherebbe un trauma
«sentimentale» e un calo nel rendimento scolastico dei figli. Secondo il nuovo
orientamento della Suprema corte, che smentisce una propria recente sentenza,
l'esigenza di garantire la tutela alla legalità delle frontiere prevale sulle
esigenze di tutela del diritto allo studio dei minori.
LE MOTIVAZIONI - Con la sentenza n. 5856 la Cassazione ha respinto il
ricorso di un albanese, con moglie in attesa della cittadinanza italiana e due
figli minori, residente a Busto Arsizio (Varese): chiedeva di poter restare in
Italia in nome del diritto del «sano sviluppo psicofisico» dei suoi bambini che
sarebbe stato alterato dall'allontanamento del papà. I supremi giudici hanno
risposto che è consentito ai clandestini la permanenza in Italia per un periodo
di tempo determinato solo in nome di «gravi motivi connessi con lo sviluppo
psicofisico del minore se determinati da una situazione d'emergenza». Queste
situazioni d'emergenza, però, non sono quelle che hanno una «tendenziale
stabilità» come la frequenza della scuola da parte dei minori e il normale
processo educativo formativo che sono situazioni di «essenziale normalità». Se
così non fosse, dice la Cassazione, le norme che consentono la permanenza per
motivi d'emergenza anche a chi è clandestino finirebbero con il «legittimare
l'inserimento di famiglie di stranieri strumentalizzando l'infanzia». Con questa
pronuncia i supremi giudici superano la precedente decisione della stessa
Cassazione che aveva dato il via libera alla permanenza di un papà clandestino,
definendola «riduttiva in quanto orientata alla sola salvaguardia delle esigenze
del minore, omettendone l'inquadramento sistematico nel complessivo impianto
normativo» della legge sull'immigrazione.
PD: ERRORE GRAVE - Il verdetto ha sollevato diverse critiche nelle file
dell'opposizione. I deputati del Pd Jean-Leonard Touadi e Guido Melis scrivono:
«La scuola è un grande fattore di integrazione, che molto bene può operare nel
riassorbire i problemi legati all'irregolarità, avviando un percorso di nuova
cittadinanza. È un errore gravissimo far prevalere invece le ragioni del
respingimento condannando anche i figli insieme con i padri». Antonio Borghesi (Idv):
«Questa sentenza è frutto delle leggi razziste e inutilmente crudeli del governo
Berlusconi». Per Paolo Ferrero, portavoce nazionale della Federazione della
Sinistra, «la marcia indietro della Cassazione corrisponde a una sentenza
inumana, aberrante e indegna di un Paese civile». Il Pdci con Maurizio Musolino
parla di «sentenza che lascia sbigottiti, un ulteriore passo verso la barbarie»;
i Verdi con Cristina Morelli di «sentenza che lascia senza parole, somiglia
molto a quella in cui i giudici della Cassazione stabilirono che non poteva
esserci stupro se la vittima indossava i jeans». Savino Pezzotta, candidato
dell'Udc alle regionali in Lombardia, parla di «un'esagerazione»: «Così non si
fa altro che creare tensione».
UNICEF: CAOS - Dal mondo delle associazioni, la Caritas ritiene che la
sentenza non rappresenti «un pericolo»: «La Cassazione verifica caso per caso -
afferma il responsabile immigrazione Olivero Forti -. Penso quindi che in questo
specifico caso, abbia verificato che non veniva pregiudicato lo sviluppo
psicofisico del minore. Non ho elementi per dire che con questa sentenza viene
meno il principio del sano sviluppo del minore rispetto alla posizione
irregolare del genitore». Per l'Unicef aumenta lo stato di caos che esiste in
materia: «Il legislatore dovrebbe mettere un po' di ordine. Questa sentenza crea
un ulteriore problema» dice Roberto Salvan, direttore di Unicef Italia. Per
Raffaele Salinari, presidente di Terre des Hommes, «con questa sentenza si fa un
vistoso passo indietro nel senso civile della nostra nazione e nella coerenza
fra politica interna e rispetto delle convenzioni internazionali sulla tutela
dei minori, di cui l'Italia è firmataria».
Redazione online - 11 marzo 2010
Di Fabrizio (del 13/03/2010 @ 09:04:25, in Regole, visitato 2201 volte)
Segnalazione di Tommaso Vitale
Sgomberi di Rom e Sinti
Egregio Ministro
Il Centro Europeo per i Diritti dei Rom (European Roma Rights Centre, ERRC),
un'organizzazione internazionale di interesse pubblico impegnata in attività
volte a combattere il razzismo anti-Rom e gli abusi dei diritti umani dei Rom,
scrive per esprimere seria preoccupazione per il proliferare degli sgomberi che
hanno coinvolto Rom e Sinti effettuati in Italia negli ultimi mesi. L'ERRC è
informato su quanto sta accadendo ed è preoccupato per gli sgomberi svolti in
diversi Comuni italiani. Gli sgomberi effettuati a Milano sono particolarmente
preoccupanti a causa del loro significativo numero, dell'apparente
sistematicità, della mancanza di pianificazione e di soluzioni per le persone
interessate. A Milano nei primi due mesi di quest'anno sono stati realizzati più
di venti sgomberi. Queste operazioni hanno coinvolto oltre 900 individui e
alcune persone sono state colpite da questi provvedimenti più di una volta in un
periodo molto breve. La maggior parte delle persone coinvolte negli sgomberi e
stata allontanata numerose volte nel corso degli ultimi due anni.
L'ERRC ha svolto una dettagliata attività di ricerca e monitoraggio degli
sgomberi attuati a Milano negli ultimi mesi. Notiamo, tuttavia, che molte delle
seguenti preoccupanti caratteristiche che riguardano gli sgomberi avvenuti a
Milano sono comuni ad altre operazioni svolte altrove in Italia (per esempio a
Roma, Pisa e Sesto Fiorentino).
• Ai residenti non è stato dato alcun preavviso dello sgombero imminente.
• Nessun tipo di documento inerente allo sgombero è stato prodotto dagli agenti
delle forze di polizia che hanno effettuato l'operazione.
• Gli agenti della forze di polizia che svolgono le operazioni di sgombero sono
spesso presenti con un numero sproporzionato rispetto alla persone che intendono
allontanare, anche se tra queste c'è una significativa percentuale di bambini e
di persone disabili.
• In alcuni casi ci sono stati abusi (verbali e fisici) da parte di agenti delle
forze di polizia.
• Gli sgomberi spesso hanno luogo molto presto la mattina.
• Gli sgomberi sono stati svolti con allarmante frequenza durante i mesi
invernali, quando le condizioni meteorologiche rappresentano una minaccia per la
salute e la sopravvivenza.
• Le abitazioni e altri beni vengono arbitrariamente distrutti.
• Alla maggior parte delle persone oggetto di sgombero non viene offerta una
sistemazione alternativa. Nelle rare occasioni in cui una sistemazione
alternativa viene offerta, è generalmente inadeguata, anche perché prevede la
divisione dei nuclei familiari.
• Alcuni bambini sono stati costretti a interrompere la frequenza scolastica (in
particolare a seguito dello sgombero dell'insediamento di via Rubattino, il 19
novembre 2009).
Gli sgomberi che hanno coinvolto Rom e Sinti e che hanno avuto luogo negli
ultimi mesi sono illegali e tutti violano molti o tutti gli obblighi dell'Italia
ai sensi del diritto internazionale, in particolare quelli che riguardano il
diritto all'abitazione, alla proprietà, all'integrità personale, all'istruzione
e il divieto di discriminazione:
1. Diritto all'abitazione e alla proprietà
a. Con l'articolo 11, comma 1, del Patto Internazionale sui Diritti Economici,
Sociali e Culturali (ICESCR), l'Italia si impegna a "riconoscere il diritto di
ogni individuo a un livello di vita adeguato per sé e per la propria famiglia,
che includa un’alimentazione, un vestiario, e un alloggio adeguati, nonché al
miglioramento continuo delle proprie condizioni di vita" e a "prendere misure
idonee ad assicurare l'attuazione di questo diritto".
A questo proposito, l'ERRC ricorda al governo italiano che il Comitato sui
Diritti Economici, Sociali e Culturali delle Nazioni Unite ('CESCR') ha chiarito
molto bene che gli sgomberi forzati sono una violazione prima facie del diritto
a un alloggio adeguato. In tutti i casi di sgomberi forzati noti all'ERRC ogni
singola procedura di garanzia individuata dal CESCR è stata ignorata. Tali
garanzie di base comprendono:
a) L'opportunità di una reale consultazione con gli interessati;
b) Un adeguato e ragionevole preavviso per tutte le persone interessate prima
della data prevista per lo sgombero;
c) Informazioni sugli sgomberi previsti e, ove possibile, sull'utilizzo
successivo del terreno o delle abitazioni, dovrebbero essere rese disponibili in
tempi ragionevoli a tutti coloro interessati dai provvedimenti;
d) In particolare, quando sono coinvolti gruppi di persone, funzionari
governativi o loro rappresentanti dovrebbero essere presenti durante lo
sgombero;
e) Tutte le persone che effettuano lo sgombero dovrebbero essere correttamente
identificate;
f) Gli sgomberi non dovrebbero aver luogo in condizioni climatiche
particolarmente avverse o di notte a meno che le persone coinvolte non ne diano
il consenso;
g) Dovrebbero essere forniti strumenti di ricorso legale e
h) Dove possibile, assistenza legale alle persone che lo richiedono qualora
volessero ricorrere alla giustizia1.
b. L'articolo 27 della Convenzione sui Diritti del Fanciullo, richiede che
l'Italia prenda misure appropriate per assistere i genitori nell'attuazione del
diritto a un adeguato livello di vita e di fornire, in caso di necessità,
l'assistenza materiale e programmi di supporto, con particolare riguardo
all'alimentazione, al vestiario e all'abitare.
c. L'articolo 1 del Protocollo 1 della Convenzione Europea dei Diritti
dell'Uomo, tutela i diritti di proprietà.
d. L'articolo 31 della Carta Sociale Europea (riveduta), prevede il diritto
all'abitazione e l'Italia si è impegnata ad adottare misure volte a:
- favorire l'accesso a una abitazione di livello sufficiente;
- prevenire e ridurre il fenomeno dei "senzatetto", in vista di una graduale
eliminazione della problematica;
- determinare un prezzo delle abitazioni accessibile a color i quali non hanno
risorse adeguate.
1 Commento Generale n. 7, par. 15, E/1998/22, Annesso IV, 16a Sessione.
2. Diritto all'integrità personale e familiare
a. L'articolo 16 della Convenzione sui Diritti del Fanciullo prevede che nessun
bambino debba essere sottoposto a interferenze arbitrarie o illegali con la sua
vita privata o familiare.
b. L'articolo 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo vieta i
trattamenti inumani e degradanti a cui le persone sono state sottoposte durante
le procedure di sgombero e a causa delle terribili condizioni di vita in cui si
sono trovati a seguito di tali operazioni.
c. L'articolo 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo sancisce il
diritto alla vita familiare e alla vita privata.
3. Istruzione
a. L’articolo 28 della Convenzione sui Diritti del Fanciullo
b. L’articolo 2 del protocollo n. 1 della Convenzione Europea dei Diritti
dell'Uomo
4. Discriminazione
a. Con l'articolo 5 (e) (iii) della Convenzione Internazionale sull'Eliminazione
di Ogni Forma di Discriminazione Razziale, l'Italia si impegna a 'proibire ed
eliminare la discriminazione razziale in tutte le sue forme ed a garantire il
diritto di tutti [...] all'uguaglianza davanti alla legge, in particolare nel
godimento del [...] diritto alla casa '.
b. La giurisprudenza basata sull'articolo 14 della Convenzione Europea dei
Diritti dell'Uomo orienta verso una particolare tutela delle minoranze Rom in
Europa.
c. L'articolo E della Carta Sociale Europea (riveduta) vieta la discriminazione
nell'esercizio dei diritti sanciti dalla medesima Carta.
d. Diversi articoli della Convenzione-quadro per la Protezione delle Minoranze
Nazionali.
L'ERRC ritiene che non solo gli sgomberi siano manifestamente illegali, ma anche
che essi siano stati effettuati in modi che sembrano appositamente pianificati
per provocare la massima sofferenza alle persone interessate.
L'ERRC chiede di porre fine alla pratica degli sgomberi illegali e che adeguate
sistemazioni alternative, accesso all'istruzione e altre forme di sostegno
essenziale siano previste per le persone che sono state coinvolte, molte delle
quali sono senza fissa dimora o vivono in condizioni estremamente precarie.
Cordiali Saluti,
Robert Kushen
Managing Director
cc: Gian Valerio Lombardi
Prefettura - Ufficio Territoriale del Governo di Milano
Corso Monforte, 31
20122 Milan
Italy
|