SABATO IL TRADIZIONALE RADUNO DEI ROM ALL’INCORONATA DI FOGGIA/ SGHAIER (ACSI): CONTRO LA DEGRADAZIONE DELLA CULTURA ZINGARA
ROMA\ aise\ - I Popoli Migranti, i cosiddetti Rom – Zingari, originari di Macedonia, Bulgaria, Romania, Slovenia, Serbia e Montenegro, Ungheria, Ucraina, Grecia, Turchia, e Armenia festeggeranno il Giurgevdan presso il Santuario dell’Incoronata di Foggia sabato prossimo, 6 maggio.
Come ogni anno, arriveranno Gitans dalla Francia, famiglie Rom, Sinti ed altri ancora da Malaga, Granata, Sevilla, Puertollano, Zaragoza. Si festeggerà la primavera, si scambiano doni, si prega la Madonna Nera, Patrona degli Zingari, si organizzano matrimoni, si offrono pecore in nome di Maria.
Il Giurgevdan, festa pagana, fu introdotta da Preti Ortodossi per contrastare il comunismo, la tirannia e proteggere i Popoli Zingari dallo sterminio etnico perpetrato per anni a danno di popoli pacifici, allegri e spensierati.
"Ancora oggi – scrive il Presidente della Associazione comunità straniere in Italia, Habib Sghaier - purtroppo, la situazione è molto grave. La questione zingara è sempre affrontata come questione etnica. La negazione dell’identità del Popolo Rom porta con sé la degradazione della cultura zingara a sottocultura marginale a cui è negata ogni dignità, la riduzione della lingua, il Romanès, a gergo, la lettura delle strutture sociali, educative, economiche come prodotti dell’emarginazione e del disagio".
È da quest’impostazione, si sottolinea ancora, che discendono politiche d’assimilazione tendenti all’omologazione, alla rimozione d’ogni specificità perché "se il Rom non è portatore di una cultura degna di questo nome, allora i suoi costumi sono solo un sintomo di sottosviluppo, ostacoli da rimuovere per dare luogo ad una compiuta integrazione".
"Non si può continuare ad accettare l’idea di vivere in una società di cittadini di serie a, b, c e d – scrive ancora Sghaier - basata su ghetti urbani (campi), sociali ed etnici, sulla discriminazione tra immigrati e italiani, tra immigrati regolari e irregolari (i cosiddetti clandestini), verso la popolazione Rom e Sinti e sull’improprio sillogismo irregolare=clandestinità=delinquenza. Il raduno dell’Incoronata – conclude - vuole attirare l’attenzione sui Popoli Migranti e per non dimenticare lo stermino di ieri e la ghettizzazione di oggi". (aise)
Di Fabrizio (del 11/05/2006 @ 11:56:28, in Kumpanija, visitato 1742 volte)
Nawar è il termine dispregiativo che gli Arabi usano per indicare i Dom mediorientali. Praticamente il corrispondente della parola Zingaro. Sulla loro vita e cultura, in Europa si sa pochissimo. Qui un photoset da Flickr. Per chi mastica poco l'inglese, la didascalia riporta:
Ci sono sempre diverse famiglie di Zingari o Nawar come sono chiamati in arabo, che vivono in tende accanto a me, a molti non piacciono ma non mi hanno mai dato fastidio.
Di Fabrizio (del 15/05/2006 @ 10:08:47, in Kumpanija, visitato 2339 volte)
Il network Celebrating Cultural Diversity da il proprio benvenuto alla comunità dei Nomadi e Viaggianti dell'East Sussex, come parte integrante ed attiva della propria organizzazione e appoggia la loro lotta per la casa.
Di Fabrizio (del 02/07/2006 @ 18:34:54, in Kumpanija, visitato 1955 volte)
Un cordiale saluto:
E' un momento storico: dopo anni di discussioni varie e tortuose in
seno all'ONU, lo scorso 29 dicembre a Ginevra (CH), "La Dichiarazione
Universale dei Diritti dei Popoli Indigeni" è stato approvato dal neonato
Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite.
Invitiamo tutte le organizzazioni del mondo Rom, a dispiegare le
proprie capacità di leadership perché si arrivi ad una discussione per
una "Dichiarazione Universale dei Diritti del Popolo Rom"
Le organizzazioni presenti nel
"Conclave Continentale del Popolo Rom delle Americhe: Il Popolo Rom Altro
Figlio della Pachamama",
celebrato a Quito (Ecuador) nel marzo 2001, indicarono l'importanza che nel
sistema delle Nazioni Unite si confìgurasse al più più alto livelli
possibile, un Forum Permanente, che promulgasse, assieme alle organizzazioni
rom di cinque continenti, una dichiarazione sullo sile di quella per i
popoli indigeni.
Senza dubbio alcuno, con le debite
differenze, il sentiero percorso dagli anni '80 del secolo passato dai
popoli indigeni e dai suoi referenti del mondo, è molto importante per noi.
Di Fabrizio (del 03/07/2006 @ 11:06:26, in Kumpanija, visitato 1717 volte)
Dopo l'azione della polizia che si è conclusa con la morte di Vilhem Covaci, in condizioni tutte da chiarire, si sono svolti i funerali, che sono diventati una manifestazione pubblica.
Di Fabrizio (del 11/07/2006 @ 10:18:55, in Kumpanija, visitato 1642 volte)
Christine Colomo suggerisce il sito Cultures Tsiganes: E' ricco di notizie, immagini e colori, una bella miniera per avvicinarsi a Gitani, Rom, Manouches di Francia. da vedersi con la dovuta calma...
Di Fabrizio (del 13/07/2006 @ 09:49:08, in Kumpanija, visitato 2071 volte)
Se mai interessasse a qualcuno, sarò presso il
Centro
Documentazione dell'Opera Nomadi di Milano (via De Pretis 13 - zona
Barona), tutte le mattine di lunedì, martedì, mercoledì e venerdì, dalle
9.00 alle 12.00.
Per chi volesse passare di lì (per motivi di studio - ricerca o anche solo
per conoscersi) , consiglio di avvisare in
anticipo, per evitare giri a vuoto.
Di Fabrizio (del 17/07/2006 @ 10:07:48, in Kumpanija, visitato 3154 volte)
Un ricordo da Pirori, introduzione ad un altro post di domani:
Immaginate che al campo è morto un anziano. Dentro una baracca, grande ma abusiva, siamo seduti accanto alla stufa con ospiti venuti da lontano. All'angolo apposto, un grande televisore, che è spento. Ci sono norme molto complicate e rigide dopo i funerali e la televisione dovrà rimanere spenta per un pezzo. Anche i bambini sono tristi, ma nello stesso tempo i più piccoli sono curiosi di sentire quei vecchi che non hanno mai visto, arrivati per il funerale. La madre tenta di calmarli, dicendo loro che i "nonni" sono stanchi e si fermeranno per la notte. Ci sarà tempo per fare domande. Ma questi sono bambini cresciuti con la TV accesa tutte le sere, e anche i vecchi han voglia di ricordare quando il tempo libero trascorreva ascoltando i racconti. Parlano del lavoro di una volta:
Mate ...Quando veniva la primavera, verso la metà di marzo si prendevano le tende e si andava in montagna e sopra le balle di fieno ci facevamo come un letto. Si caricava la roba sopra i cavalli o gli asini. Per terra si mettevano le pelli di pecora e si portava tanto rame per lavorare un bel po' di tempo. Facevamo caldaie grandi di rame, alluminio o ferro. Chi teneva due cavalli o due asini era ricco.
Nasif ...Noi prima con i cavalli andavamo nei paesi, arrivavamo, mettevamo le tende, poi venivano i gagé, i turchi "ecco, il maestro è venuto". Noi tutti con i violini suonavamo, joj, che vita era quella. Ma ora vedi, in questo fango, batto su queste pentole, con il martello picchio questi vasi,per mangiare un panino. Che devo fare, fratello, devo vivere. Non posso tornare in Jugoslavia.
Bekrija ...Io quando sono venuto in Italia sono andato a Roma e lì sono rimasto un po' ditempo, ho preso il permesso di soggiorno, i documenti e tutto. Sono rimasto qualche anno, vendevo le pentole nelle campagne. I gagé compravano i paioli per fare la polenta. Sono stato a Torino 7 anni, ero lì al campo,ho lavorato due anni e mezzo al carcere minorile come maestro, ho i documenti che ho lavorato lì. E poi mi pagavano poco allora ho smesso di lavorare.
Ganzavuri Per il lavoro, si deve tagliare il rame da una lasta. Poi lo si scalda su un fuoco a legna, per modellarlo. Poi, a seconda di cosa si vuole ottenere, lo si appoggia per lavorarlo o sul palanchino, sulla piastra in ferro o sull'incudine. Lo batti col martello, il punteruolo e lo scalpellino. Alla fine, lo si lucida con sale e aceto. Se è un oggetto che servirà per mangiare, bisogna stagnarlo. Lo si scalda nuovamente e con uno straccio cosparso di stagno si passa la parte interna, due volte, ogni volta lasciando che si raffreddi. Alla fine, si pulisce con detersivo ed erba (per non raschiare la stagnatura) e lo si asciuga con la segatura.
Di Fabrizio (del 18/07/2006 @ 10:48:47, in Kumpanija, visitato 5633 volte)
Dopo il racconto di domenica(spero non siate superstiziosi, altrimenti voltate pagina), qualcosa ancora sul funerale tra i Rom. La testimonianza (di 10 anni fa) è di Stefano (Stevi) Braidic, quando era redattore del bollettino "Il Vento e il Cuore". Volendo, si può rileggere anche il racconto di Marco Nieli del novembre scorso.
Il funerale è una cerimonia molto sentita, vissuta da tutta la comunità. Non esiste un rito comune a tutti i Rom, ogni gruppo ha le sue usanze. In alcuni casi, come l'anno scorso (1995 ndr) quando bruciarono dei bambini Khorakhané in via Corelli, il funerale coinvolge tutti i gruppi, al di là delle loro differenze.
Quando muore qualcuno tra i Rom Bulgari, il giorno o la sera stessi si raggruppano gli amici e i conoscenti. C'è l'usanza di "DARE NELLA MANO AI BAMBINI": ai bambini presenti alla veglia vengono offerte frutta e te, questo serve per far contenta l'anima del morto. Per la stessa ragione, si offrono alcolici agli adulti. La nottata passa in piedi per gli adulti, le donne preparano il caffé. La veglia del corpo, lasciato all'aperto tra le tende, dura tre giorni. Alcuni Rom Bulgari sono di religione cattolica, altri ortodossa e altri ancora evangelici. Dopo i tre giorni di veglia si svolge il rito religioso secondo la credenza del defunto.
Tra alcuni Rom Harvati sopravvive la tradizione di bruciare la roulotte e i vestiti del morto. I suoi oggetti invece erano messi accanto a lui. Durante il corteo funebre, la strada viene cosparsa di fiori. In testa vengono portate le corone di fiori, segue la bara ed infine il corteo. Gli amici del morto contribuiscono alle spese del funerale ed il morto viene accompagnato anche dalla banda funebre. Quando poi si va a visitare la tomba, gli si porta qualcosa che gli piaceva in vita da lasciargli. Si va a trovare il morto solo la mattina: il pomeriggio non va bene.
Tra i Rom Khorakhané è molto importante il rito della vestizione del morto, che dev'essere posto nella bara pulito, profumato e con un vestito nuovo. Il rito religioso è musulmano. Il corpo del defunto di solito veniva rimpatriato per la sepoltura (i Khorakhané sono di origine bosniaca), ultimamente questo è diventato quasi impossibile (nel 1996 si era nel pieno della crisi bosniaca ndr). Tra loro sopravvive l'usanza della "POMANA": la veglia funebre, che è convocata subito dopo la sepoltura e a cui partecipano amici, parenti, conoscenti. Si mangia, si beve, si consolano i vivi. La POMANA viene ripetuta dopo tre giorni e poi dopo altri quaranta giorni. Questa veglia avviene ancora dopo sei mesi e dopo un anno, seguendo gli spostamenti del gruppo. Per tre anni viene sacrificata una volta all'anno una pecora.
Per tutti i Rom ci sono poi norme che indicano come e per quanto va tenuto il lutto per il defunto: durante questo periodo non ci si deve fare la barba, o lavarsi col sapone, non si ascolta musica...
Questa è solo una ricostruzione parziale dei molti riti che sopravvivono tra i Rom. Invitiamo i lettori a segnalarcene ancora.
nella foto tratta da Flickr, la tomba di una "regina dei Rom" morta in Alabama nel 1915 e tuttora venerata
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