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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 22/08/2012 @ 09:15:21, in Kumpanija, visitato 1637 volte)

Corriere Immigrazione diventa una testata giornalistica. Le ragioni di questo cambiamento. Chi siamo e cosa speriamo di fare. Con il vostro aiuto. [Continua]

Ci sono rivoluzioni che si fanno con le armi. Altre possono cominciare da un semplice cambio di prospettiva. L’evento-rassegna Hai mai provato in via Idro? nasce da questa considerazione. E rischia di essere rivoluzionario non tanto per il programma (che pure è di tutto rispetto) quanto per la location: il campo rom di via Idro, a Milano. Si è cominciato con la presentazione del libro di Gabiella Kuruvilla, Milano, fin qui tutto bene, in compagnia dell’autrice e di due attori che ne hanno interpretato alcuni brani. Si è proseguito con la proiezione del film, in anteprima nazionale, La canzone di Rebecca, con la presenza di protagonista e regista. Il programma futuro, tra poco disponibile on line, prevederà ancora presentazioni, dibattiti, proiezioni.

In questo campo - regolare ma costantemente sotto sfratto: da un paio d’anni ormai attende di essere sgomberato per fare spazio a un campo di transito - vivono un centinaio di rom harvati italiani, tutti imparentati tra loro. Via Idro è una stradina milanese di mezza campagna, che si innesta sulla molto più famosa via Padova quasi alla fine della città e scorre lungo il canale della Martesana. Se non fosse per i rom non la conoscerebbe nessuno. Il campo è stato spesso raccontato dalla stampa con toni noir e parossistici: a volte come una lercia baraccopoli infestata da cani aggressivi, a volte come un’enclave puntellata da ville con piscine e leoni di marmo, in un’atmosfera simile a quella delle faraoniche residenze dei casalesi di Gomorra. Basta farci un giro però per rendersi conto che la realtà è differente e molto più ordinaria. Gli abitanti, stanchi di essere raccontati da personaggi mai visti, hanno pensato allora di dare a molti, potenzialmente a tutti, la possibilità di farsi un giro e di trascorrere in questo fazzoletto di verde scampato al cemento una serata diversa. Hanno pensato di aprire il campo ai non rom, gagè in lingua romanì.

L’idea della rassegna nasce dallo sforzo congiunto di Fabrizio Casavola, curatore del blog Mahalla, un portale di news sul mondo rom che raccoglie notizie, informazioni provenienti dall’Italia e dall’estero, e di Marina, un’ abitante del campo. "La gente che viene qui ha la possibilità di vedere un campo rom, il nostro, nella sua realtà e non attraverso i filtri della tv e dei giornali. In questa realtà ci sono anche cose belle". Per esempio un’atmosfera bucolica assai sorprendente a Milano. Ma anche i legami e la solidarietà famigliare. E l’allegria dei bambini, lontana anni luce dallo stereotipo che li vorrebbe tutti schiavi della questua.

"E’ un modo per conoscersi, e non unidirezionale. Alcuni visitatori non avevano mai messo piede in un campo rom e non conoscevano nessun rom", continua Marina. "Mi facevano domande, erano curiosi, stupiti. Ma anch’io le facevo a loro, perché la curiosità che un gagé può nutrire nei nostri confronti è identica a quella che noi abbiamo nei suoi".
Non è la prima volta che questa comunità di rom Harvati getta un ponte verso l’esterno. "Già 20 anni fa questo campo aveva tentato di interagire con la zona- spiega Casavola - in particolare attraverso iniziative legate al mondo della scuola. Da tre o quattro anni, invece, un po’ per la mancanza di interventi da parte del Comune un po’ per il rischio di sgombero, tutto si è interrotto.". Adesso si riparte, per iniziativa dei rom. E tutta la cittadinanza è invitata in via Idro.

Fabrizio Casavola è autore di Vicini distanti: cronache di via Idro: una raccolta di frammenti, storie, aneddoti sulla travagliata esistenza di un campo regolare e dei suoi abitanti. Il libro offre un ampio resoconto sui piccoli e grandi passi che questa comunità ha intrapreso dal 1989. Ma è anche una testimonianza dall’interno, di un gagé che si è addentrato nell’universo rom e che non ha mai più lasciato.

Luigi Riccio

 
Di Fabrizio (del 06/10/2012 @ 09:17:47, in Kumpanija, visitato 2642 volte)

Ancora si tratta di Tor de' Cenci, ma non vorrei annoiarvi con testimonianze strappalacrime, recriminazioni sui diritti negati... diciamocelo, almeno tra di noi tutto ciò è scontato. Fate conto che vi scriva un croupier, uno abituato a mescolare le carte, a cercare nuovi punti di vista.

Volevo riflettere sul rapporto virtuale (molto reale, come spiegherò in seguito) tra chi sopravvive con qualche sicurezza residua, interfacciandosi al mondo tramite rete, internet e magari convegni, e gli "insicuri", i "non-garantiti", che in questo piattume uniforme ritrovano forme di lotta dimenticate da chi le aveva inventate.

Veniamo al pratico; da mercoledì scorso è apparsa su Facebook questa notizia:

    Da stamattina alle 9.00 i rom sgomberati di Tor de Cenci protestano attraverso lo sciopero della fame contro la disumana collocazione che è stata loro riservata nel centro di accoglienza del comune di Roma sito presso un padiglione dell'ex fiera di Roma in via dell'Arcadia. In questo centro dormono tutti ammucchiati in due enormi stanzoni in condizioni igieniche pessime. La protesta continuerà ad oltranza fino a quando il comune di Roma non troverà loro una sistemazione dignitosa per qualsiasi essere umano.

La scrive Davide Zaccheo, da cui sono arrivate in passato molte segnalazioni su Tor de Cenci. E lui sta facendo di tutto per tenerci informati e soprattutto attenti. Ce la sta mettendo tutta ma, spiace dirlo, è solo lui.

Ora, chi frequenta l'ambiente di Facebook, sa quanto sia facile, addirittura compulsivo per qualcuno, usare la funzione "Condividi": è facile, per niente dispendiosa e di solito ci si fa belli coi pensieri o le immagini prese da altri. COME MAI COSI' POCHE CONDIVISIONI, STAVOLTA?

No, non mi preoccupano quei Rom prima sgomberati e poi ammassati come scatolette... sarò cinico, ma ci sono abituati a vivere in condizioni inumane.

Mi preoccupate voi, tipici utenti massa da Facebook: se si fosse trattato di denunciare uno sgombero, la malapolitica di una giunta, l'ennesimo morto, ci sarebbero state schiere di anime belle a diffondere la notizia, anche (soprattutto) senza avere capito di che cosa si trattasse. Perché una notizia simile avrebbe riportato allo stereotipo del povero rom, che se non è un delinquente, dev'essere per forza una vittima (e via di compatimento).

Ma se sono i Rom stessi a stancarsi delle "condizioni inumane" a cui sono da anni sottoposti, per noi utenti telematici parlarne, scriverne, condividere, significherebbe riconoscere che allora anche LORO sono davvero simili a noi.

Se LORO, gli estranei, gli esclusi... chiamateli come volete, sono arrivati ad un atto estremo come lo sciopero della fame, non è per qualche ricatto sentimentale in cui noi BUONISTI A PRESCINDERE dovremmo cadere; è invece per mostrare che sono disposti, una volta tanto dopo anni a chinare la testa, a mettersi in gioco.

Guardate, per favore, la home page di qualsiasi giornale. Guardate l'attenzione riservata a cento notizie inutili. Confrontatele con questa tragica e dolorosa presa di coscienza.

LORO stanno facendo di tutto, non solo per la casa o per le famiglie, ma per la loro dignità. NESSUNO vorrà riconoscerlo e saranno sconfitti, ancora una volta, non dalle ruspe ma da chi li osservava senza vederli (e senza vedersi). Consoliamoci: saremo sconfitti anche noi, perché questo tipo di proteste una volta le facevamo noi, ma ORA non siamo neanche più in grado di riconoscerle, quando è qualcun altro a farlo.

 
Di Fabrizio (del 22/10/2012 @ 22:10:59, in Kumpanija, visitato 1680 volte)

Da Czech_Roma

I Rom lentamente abbandonano le abitudini alimentari ereditate dall'India By Mária Hušová - on October 8, 2012

Sino a poco tempo fa, un Rom non avrebbe mangiato gli avanzi del giorno precedente. In altre parole, mai avrebbe toccato il cibo avanzato da un pasto precedente, e la donna che avesse avuto l'audacia di servirglielo sarebbe stata rimproverata. Ma non soltanto l'uomo si sarebbe comportato così, anche una donna o un bambino avrebbero fatto a stessa cosa. E' uno degli ultimi costumi che i Rom mantenevano dai tempi antichi dell'India. I Rom cucinano cibo fresco ogni giorno ed alcuni cibi preparati per pranzo non vanno bene per cena. Questo discende da una credenza per cui il cibo andrebbe già decomponendosi e non sarebbe più buono da mangiare. Alcuni Rom si aggrappano con ostinazione a questa abitudine, nonostante il fatto che la donna debba cucinare diverse volte in un giorno, oltre a pulire la casa e curare i bambini, se vuol stare al passo coi compiti quotidiani.

Tuttavia, ho notato che alcuni giovani Rom, trasferitisi ad esempio in Repubblica Ceca per lavoro, hanno abbandonato completamente questa abitudine. Sono stati obbligati  a farlo per ragioni economiche e per mancanza di tempo libero. Alcune giovani coppie hanno formato famiglia a Mladá Boleslav. Ma se un marito o il partner lavorano su tre turni giornalieri, la donna ha abbastanza tempo per occuparsi delle faccende domestiche e della cura dei bambini, senza aiuto da parte dei parenti. Cucinando così per i due giorni seguenti e conservando il cibo in frigorifero.

Mi sono dovuta adattare a questo regime, anche se sono rimasta scioccata quando il mio partner si è offerto di aiutarmi. Anche lui è rom e per anni aveva vissuto senza pasti cotti al momento. Non aveva molto tempo libero e non voleva sprecarlo cucinando.

Io vengo da una famiglia dove non veniva mai servita la zuppa del giorno prima, altrimenti con ogni probabilità mio padre avrebbe rovesciato il piatto. Oviamente ho portato questa abitudine con me nella Repubblica Ceca. Qui avvenne un grande cambiamento, come quando scioccai il mio ragazzo perché volevo gettare gli avanzi del giorno prima. Mia madre cucina due, a volte anche tre pasti al giorno. Naturalmente ciò ha un costo sul portafoglio, ma si dice che "non si deve mangiare il cibo stantio" ed alcuni Rom semplicemente si aggrappano a questa tradizione.

Fui costretta a cambiare perché non avrei potuto agire diversamente. Così ammetto che per me è più conveniente cucinare per il giorno seguente e quindi risparmiare tempo per me stessa. E sono qui, sopravvissuta, nonostante ciò. I non-Rom ridono di noi quando diciamo "puah" di fronte al cibo del giorno prima. I Rom dicono che bisogna essere taccagni per poter mangiare la zuppa di tre giorni.

Il mese scorso sono andata in visita dalla mia famiglia in Slovacchia, e mi è dispiaciuto vedere la quantità di cibo che ogni giorno si butta via. Mia cognata aveva preparato tortini di patate. Il giorno dopo ci fu un barbecue, così nessuno toccò i dolci avanzati. Il mio ragazzo ed io abbiamo detto che li avremmo mangiati lo stesso. Tutti ci guardarono in modo strano, sorridendo quando dissi che nulla poteva succedere a delle torte di patate che erano state conservate in frigo, e questo ci fece sentire come se fossimo arrivati da un altro mondo.

E conosco un'altra strana abitudine che data dal periodo che i Rom hanno passato in India. Quando una donna da alla luce un bambino, nelle sei settimane seguenti non le è permesso cucinare, per motivi collegati all'igiene. Altre donne della comunità cucineranno per la famiglia. Ma è una tradizione che non esiste più, e nessuna Romnì al giorno d'oggi cucinerebbe per un'altra famiglia. Forse qualcuna porterebbe da mangiare alla neo-mamma, e se la donna ha un marito "emancipato", lui potrebbe aiutarla. Altrimenti, deve continuare a cucinare.

I ritmi del nostro tempo ci costringono ad adattarsi a nuove circostanze, e lasciarci dietro vecchie abitudine e tradizioni. Non possiamo evitare che, come ogni nazioni, si perdano abitudini che diventano lentamente pezzi da museo. Chiediamo ai più anziani come sono riusciti a mantenere vive le tradizioni e cosa rappresentava quella specifica tradizione. Purtroppo, alcune di queste rimangono solo in forma scritta, perché le generazioni seguenti possano apprendere di più sulla loro storia e radici, sulle nostre radici.

 
Di Fabrizio (del 27/10/2012 @ 09:09:40, in Kumpanija, visitato 1724 volte)

Diceee: Qua ci sono troppi ladri e mendicanti
Risponde un'anziana indovina: Tratta bene anche il ladro. Avrai fortuna.

Quanto segue è una storia vera

L'estate scorsa stavo attraversando la strada e incrocio un tipo mai visto prima: scuro, piccolo e con la sigaretta spenta all'angolo della bocca. Brutto come la fame.

Non mi ero accorto che lo sgorbietto aveva iniziato a pedinarmi, tentando di aprirmi lo zaino senza farsi notare. Sfortuna (per lui) volle che dall'altro lato della strada incrociava un tipo, mio amico da anni ma soprattutto molto più in alto dello sgorbietto nella gerarchia dei ladri da strada.

Urlaccio del mio amico, e neanche faccio in tempo a voltarmi che lo sfortunato borseggiatore era già a 15 metri di distanza. Si è fermato lì: messi insieme io e il mio amico superiamo i 200 chili, e tutti e due fumiamo come ciminiere. Ad inseguire lo sgorbio non ci pensavamo proprio.

Ci siamo scambiati le parolacce di rito in tre lingue diverse e alla fine, in maniera altrettanto cerimoniosa, ci siamo congedati.

 
Di Fabrizio (del 30/10/2012 @ 09:14:59, in Kumpanija, visitato 1955 volte)

Fabrizio Santori, è presidente della Commissione Sicurezza di Roma Capitale. Ci eravamo già occupati di lui questa primavera.

Questa foto di Pino Cruciatti lo ritrae durante il recente sgombero a Tor de Cenci, mentre col suo IPAD controlla che qualche pericoloso criminale non sia nascosto per sfuggire alla retata (segnalazione di Eugenio Viceconte).

Ma neanche Santori è una macchina, e così capita, appena può, che sul suo profilo Twitter riprenda un'immagine che gira su Facebook da qualche mese:

Immagine tratta da Osservatorio21luglio.org

Io rimango del mio parere: non è questa la stagione consigliata per giocare al piccolo campeggiatore (in effetti sinora non avevo capito che lo scopo di Santori fosse di mandare i Rom in vacanza).

Se però questo presidente della commissione ecc. ecc. volesse realizzare il suo sogno, assieme a quello di tutti quanti sognano di toglierselo dalle palle, gli consiglio la lettura  di un articolo (che altrimenti avrei giudicato inutile e un po' idiota) apparso settimana scorsa su MILANOFINANZA, dove troverà consigli utili per giocare a fare lo "zingaro".

CON UNA RACCOMANDAZIONE: i due americani dell'articolo si stanno godendo la vita con i LORO soldi, non vorrei che Santori (visti i tempi che corrono) lo facesse con i NOSTRI.

 
Di Sucar Drom (del 16/11/2012 @ 09:08:39, in Kumpanija, visitato 1107 volte)
 
Di Fabrizio (del 01/12/2012 @ 09:01:32, in Kumpanija, visitato 1170 volte)

29 novembre 2012


Si sono svolti nel pomeriggio, in città, i funerali del maestro Giorgio Ferri, cofondatore dell'Opera Nomadi di Reggio e tra i primi insegnanti elementari in Italia che si occuparono dell'educazione dei bambini 'zingari'. Il maestro Ferri, che abitava in via Vasco de Gama, nel rione Cln, aveva compiuto 80 anni un mese fa. Nei giorni scorsi era stato ricoverato al Santa Maria Nuova per alcuni problemi di salute. Ieri, improvviso, il decesso.
Giorgio Ferri ha dedicato una lunga parte della sua vita all'impegno per l'integrazione dei nomadi: nel 1965, il ministero dell'istruzione istituì in nove province italiane una scuola elementare destinata ai bambini di famiglie sinte. Una venne aperta proprio a Reggio, nel quartiere di Baragalla, e toccò al maestro Ferri insegnare i rudimenti della lingua e dell'organizzazione della nostra società ai bimbi nomadi.
Una rappresentanza della comunità sinta di Reggio ha partecipato oggi alla cerimonia funebre, che si è svolta nella chiesa dell'Immacolata concezione, in via Bismatova. Quindi la tumulazione nel cimitero di Gavassa. Giorgio Ferri lascia quattro figli.

Un ricordo del maestro Ferri di Paolo Bonacini, direttore di Telereggio - Il 30 dicembre del 1996, con il termometro stabile sotto zero, Telereggio raccontò la storia di due marocchini che vivevano sotto il ponte del Crostolo, in città, lanciando un appello per trovare loro una sistemazione più dignitosa. I primi a rispondere, il giorno dopo, furono alcuni esponenti dell'Opera Nomadi di Reggio, che regalarono ai due immigrati una roulotte, memori delle analoghe sofferenze da loro patite 40anni prima. Dell'Opera Nomadi Giorgio Ferri è stato per decenni il cuore e l'ispiratore. Un reggiano doc, cattolico e altruista, che mentre tanti racoglievano firme contro gli zingari, fomentando odio, andava controcorrente lavorando per l'integrazione dei sinti, cercando cocciutamente di portare a scuola i loro ragazzi e di insegnare loro le basi per avere una prospettiva di vita e di lavoro normale, come condizione indispensabile alla convivenza. Quel giorno, quando alcuni nomadi regalarono la roulotte ai marocchini, venne anche lui davanti alle telecamere per dire senza tanti giri di parole cosa ancora mancava dopo la scolarizzazione. Giorgi Ferri era anche un bravo pescatore; all'apertura della della stagione della trota saliva con gli amici sull'appennino e ne scendeva sempre con il maggior numero di pesci o con il trofeo più pesante. Forse perchè era nelle grazie del Signore, o forse, più semplicemente, perchè era più bravo degli altri.
Ciao Giorgio, ci mancherai.

 
Di Fabrizio (del 11/12/2012 @ 09:08:16, in Kumpanija, visitato 1289 volte)

Avevo promesso delle sorprese, ricordate?

Ecco la prima (ma non finisce qui...)

MAHALLA international è un servizio, come si dice adesso, SOCIAL, a cui potete contribuire anche voi. Sostanzialmente è una rassegna stampa, ancora in fase sperimentale, di articoli e contributi su Rom, Sinti, Kalé e Romanichals da tutto il mondo, in lingua originale. Per me un ritorno alle origini quando, più di una decina di anni fa, mi affacciai sul web traducendo in italiano le notizie che arrivavano dall'estero.

Ricordo che ancora tutto è BETA TEST, scrivetemi se avete suggerimenti.

NB: A me piace tanto, ma non ci sto capendo niente...

In ogni modo, MAHALLA international è anche su Facebook (nella foto, i nostri potenti mezzi informatici)

 
Di Fabrizio (del 17/12/2012 @ 09:11:00, in Kumpanija, visitato 1629 volte)

Arriva il 2013, con un regalo da MAHALLA

E' un libro che nessuno ha voluto, e non avevo voglia di inseguire altri possibili editori. A vostro rischio quindi, potete leggerlo come, quando, dove e perché vorrete. Non ho fretta.

Cocci, un po' perché ultimamente mi sento sempre più a pezzi (ma non sono l'unico, vedo), un po' perché è fatto da pezzetti di articoli disseminati lungo tutto il 2012 che volge al termine, e volevo vedere se riuniti assieme questi cocci potevano avere una logica. Non è detto: magari sono soltanto degli spunti, o neanche quello.

Sono circa 40 pagine, l'introduzione è di Alberto Maria Melis. Dite cosa ne pensate, suggerite, criticate (sono accette anche le critiche più feroci, non sono accetti i TROLL), QUA (magari leggetelo prima, però)

Buona lettura a chi ci darà un occhio, a tutti gli altri (e anche a chi lo leggerà) BUON ANNO e BUONE FESTE.

scarica il file .pdf

 
Di Sucar Drom (del 25/12/2012 @ 09:02:34, in Kumpanija, visitato 1417 volte)
 
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