Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 19/09/2009 @ 08:58:29, in Europa, visitato 1725 volte)
Dell'abbattimento dello storico quartiere di
Sulukule qui se n'è scritto parecchio. La motivazione addotta dalle autorità
turche è il "piano di rinnovamento urbano" di Istanbul. Ma le recenti piogge che
hanno inondato diversi quartieri della città, scoprono luci ed ombre su questo
contestato piano e sugli appetiti immobiliari che sta sollevando
La terra e il cielo
18.09.2009 scrive Fazıla Mat Istanbul si risveglia dall'incubo delle
inondazioni. Le autorità maledicono la pioggia, ma secondo gli esperti il
disastro è stato causato dagli interventi edilizi sui letti dei fiumi
all'interno della città. Sotto accusa il piano di trasformazione urbana voluto
da Erdoğan
Le province di Istanbul e di Tekirdağ faranno fatica a riprendersi dalle
inondazioni causate dalle piogge torrenziali dell’8 e 9 settembre scorsi. Le
precipitazioni, che normalmente si sarebbero distribuite in un periodo di
quattro mesi, hanno sommerso nel giro di due giorni numerose circoscrizioni
delle due città. Il bilancio resta molto pesante. Sono morte 32 persone, diverse
sono ancora disperse, e si stima una perdita in beni di circa 100 milioni di
dollari.
L’alluvione ha avuto i suo effetti più devastanti laddove erano presenti dei
torrenti sui cui letti e nei cui dintorni sorgono costruzioni e autostrade. A
İkitelli, nei pressi del torrente Ayamama, il viale Basın Ekspres, una delle
strade più trafficate e commercialmente attive di Istanbul, è stato
letteralmente inghiottito dalle acque. Mentre molte persone hanno trovato
rifugio sui tetti degli autobus, sette donne sono morte asfissiate dentro un
furgone merci privo di finestre che veniva utilizzato da una nota società
tessile come mezzo di trasporto per portarle al lavoro. Sei autisti di TIR, che
dormivano a bordo dei mezzi nella stazione per TIR Osmanlı, sono morti annegati
dopo essere stati travolti dalle acque. Tutte le fabbriche nei dintorni sono
state allagate. Si sono aperte inoltre le chiuse della diga sull lago
Büyükçekmece, causando l’allagamento della costa e dei centri di ricreazione
sulle sponde.
La Municipalità di Istanbul è stata la prima a esser criticata dalla stampa, per
l’incapacità di prevenire gli effetti dell’inondazione e di gestire la
successiva situazione d’emergenza. Il servizio meteorologico aveva infatti
lanciato, diversi giorni prima, l’allarme per l’alluvione, ma le autorità non
avrebbero ritenuto di dover chiudere al traffico il viale Basın Ekspres, dove si
era verificato un episodio analogo di inondazione anche nel 1995 a causa dello
straripamento dello Ayamama.
Intanto continuano a venire alla luce dei particolari su come la Municipalità
di Istanbul abbia gestito finora le aree circostanti i torrenti. La İSKİ
(Direzione idrica di Istanbul) avrebbe ammesso di aver realizzato l’ultima
bonifica del torrente Ayamama nel maggio scorso e di non aver più ripetuto
l’operazione nonostante le piogge autunnali in arrivo. Inoltre un credito di 322
milioni di dollari preso in prestito dalla Banca mondiale, finalizzato alla
realizzazione di infrastrutture per il risanamento di quindici torrenti, sarebbe
fermo da due anni nelle casse del comune di Istanbul (İBB). Il vicesegretario
generale del comune, Muzaffer Hacımustafaoğlu, ha affermato che l’attuazione dei
progetti di risanamento “procede lentamente perché i torrenti sono delle
proprietà private e i tempi previsti per renderli pubblici sono lunghi”.
Le autorità hanno cercato di spiegare l’inondazione nei termini di una “calamità
naturale”, “inspiegabile” e “incontrastabile”. Una parte di “colpa” è stata però
riservata anche ai “cittadini che costruiscono abitazioni fuori norma”. La prima
reazione del sindaco di Istanbul, Kadir Topbaş, è stata infatti quella di
attribuire la responsabilità dell’accaduto a “l'utilizzo selvaggio della natura
e dell’ambiente”. Il premier Erdoğan ha commentato l’accaduto facendo allusioni
alla forza della natura con un proverbio turco – “arriva il momento in cui il
torrente si vendica” – mentre il presidente della regione Muammer Güler è
arrivato a dare la responsabilità dell’accaduto “a tutta la società” e su una
scala più ampia “al mondo intero” per “i danni causati dalle persone alla
natura”.
Intanto Erdoğan, effettuando un giro d’ispezione aerea sulle località colpite
dall’alluvione, ha affermato che fino a quel momento le autorità avevano
incontrato “impedimenti legali ed alcune opposizioni” per risanare i torrenti,
che “queste opposizioni devono essere superate” e che “i problemi più gravi sono
sorti dal fatto che i letti dei torrenti sono stati modificati [dalle
costruzioni]”. Erdoğan ha concluso dicendo che “dopo aver condotto dei contatti
bilaterali si passerà a demolire le costruzioni qui presenti.”
Eyüp Muhçu, presidente dell’Ordine degli ingegneri e architetti (TMMOB) di
Istanbul, lancia un monito rispetto a quello che ritiene essere il vero senso
delle parole del premier. “La 'opposizione' di cui parla il Primo ministro è
quella dimostrata dai cittadini che si ribellano ai progetti di decentramento
della popolazione e di speculazione affaristica imposti sotto il nome di
‘trasformazione urbana’. Erdoğan vuole utilizzare gli effetti dell’alluvione
proprio per rendere leciti i suoi progetti di trasformazione urbana”.
Il problema delle costruzioni sui letti dei torrenti non riguarda infatti solo
le costruzioni abusive, ma anche quelle “legali”. “Una parte del torrente
Ayamama, importante corridoio ecologico di Istanbul, area verde e di
ricreazione, è stata aperta alla edificazione di palazzi ad alta concentrazione
nel 1997, quando proprio Erdoğan era sindaco della città”, spiega Muhçu.
All’epoca il TMMOB avrebbe presentato a Erdoğan una valutazione sull’impatto
ambientale di questo progetto. Nella sua valutazione, l’Ordine avrebbe
specificato che con il nuovo progetto il torrente Ayamama avrebbe cessato di
essere tale, e che si sarebbe rivolto un aperto invito alle catastrofi naturali.
L’appello rimase però inascoltato, e il TMMOB portò il progetto in tribunale. La
Corte emise una sentenza a favore dell’Ordine, sottolineando anche “che il
progetto non aveva alcuna utilità sociale”. L’amministrazione comunale però non
tenne conto del verdetto e accelerò le costruzioni, dando origine a tutta la
zona adiacente all’aeroporto Atatürk.
“Erdoğan ha fatto ricorso”, continua Muhçu, “ma il tribunale ha nuovamente
confermato la prima sentenza. Le costruzioni però non sono cessate nemmeno dopo
questa seconda decisione. Gli edifici così realizzati contro il verdetto del
tribunale hanno dato man forte alle costruzioni abusive nell’interno della
valle, a nord. E dal 1997 in poi sono stati costruiti numerosi blocchi di
edifici abusivi utilizzati quali officine. Questa zona, nel piano urbanistico
del 1982, risultava invece essere sede di un cimitero cittadino, di un’area
verde, di un’area di ricreazione e letto del torrente. Eppure hanno sempre
chiuso un occhio nei confronti delle costruzioni abusive”.
Solo il mese scorso infatti, il sindaco Topbaş avrebbe presentato al consiglio
comunale un piano per legalizzare nuove costruzioni abusive e per permettere
l’edificazione di altri palazzi nelle ultime aree rimaste a disposizione nel
letto dell’Ayamama. Senza un’alluvione di questa portata, il piano edilizio
portato avanti dal comune di Istanbul probabilmente avrebbe proseguito
indisturbato. E forse non basterà nemmeno l’alluvione a disturbarlo.
Di Fabrizio (del 12/09/2009 @ 09:24:07, in Europa, visitato 1470 volte)
Da
Roma_Francais
par FLORENT PECCHIO
Polemiche sul metodo utilizzato da un'unità della gendarmeria nell'Essonne,
lo scorso 28 agosto, per controllare dei Rom in situazione irregolare.
Ecco dei colpi di timbro che fanno colare molto inchiostro. E' successo ad un
controllo d'identità, effettuato da un'unità della gendarmeria nell'Essonne, lo
scorso 28 agosto. Per facilitare il controllo del centinaio di Rom presenti quel
giorno in un accampamento di fortuna, nei comuni di Ormoy e di Villabé,
i gendarmi decidono di utilizzare un metodo sorprendente. Vale a dire, marcare
le persone controllate a colpi di timbro, per essere sicuri di non procedere due
volte al medesimo controllo. Se il metodo è di buon senso per la gendarmeria,
non può esserlo per la comunità rom, né per le associazioni vicine ai sans-papiers.
Neanche per Eric Besson, ministro dell'Immigrazione, che martedì ha giudicato
questo modo di operare "particolarmente inopportuno".
"Non siamo del bestiame"
Apprendendo la notizia questo 28 agosto, l'associazione "Solidarietà con le
famiglie rumene" non si tira indietro. "Immediatamente, il metodo ci ha
ricordato quelli dell'ultima guerra" racconta Yves Bouyer, militante. Sospira:
"Non è questo il modo di trattare degli esseri umani", "Non siamo del bestiame",
aveva protestato un uomo fra i controllati. L'operazione consisteva nel portare
a conoscenza del gruppo di Bulgari e di Rumeni, di un decreto prefettizio che li
obbligava a lasciare il territorio entro il mese.
"Non ho mai assistito a pratiche di questo genere", si stupisce, scoraggiato,
Yannick Danio, delegato nazionale dell'unione dei sindacati della polizia
Unité-SGP FO. Per lui, l'iniziativa del colpo di timbro viene
dall'interpretazione su scala locale di una direttiva nazionale. Non si tratta,
in alcun caso, di un metodo generalizzato.
"Come in un ritrovo notturno"
Per quanto riguarda la gendarmeria, la misura non colpisce oltre a misura. "È
come in ritrovo notturno", si difende uno di loro in seno all'istituzione. "E'
un buono modo di lavorare, il metodo più semplice e più rapido". Certamente non
"comparabile" con i numeri impressi agli ebrei durante la seconda guerra
mondiale. Effettivamente, non si tratta di una marcatura a vita, ma di un
tampone umido, lavabile con acqua.
In un contesto di
espulsioni di sans-papiers, attraverso le quali le associazioni che li
difendono comparano volentieri gli arresti [...], Eric Besson ha preferito
defilarsi, pubblicando un comunicato, lunedì. "Pur approvando l'obiettivo
dell'operazione, Eric Besson giudica il metodo del tampone umido particolarmente
inopportuno, riguardo le operazioni di controllo sugli stranieri in situazione
irregolare. Si è assicurato presso il Direttore generale della gendarmeria
nazionale che consegne adeguate siano passate affinché non vi sia più l'impiego
fatto in questo caso". Da cui l'atto. La capitana Poupot, incaricata della
comunicazione alla gendarmeria nazionale, garantisce che questa "obbedirà",
conformemente ai desideri del ministro. Il tampone resterà appannaggio dei
ritrovi notturni.
Di Fabrizio (del 09/09/2009 @ 09:45:00, in Europa, visitato 1609 volte)
Da
Czech_Roma
Kladno, 3.9.2009 12:40, (ROMEA)
Ieri la Televisione Ceca ha riportato che un autista di autobus a Kladno si
ritiene abbia rifiutato di trasportare tre donne rom ed i loro bambini. ČSAD MHD Kladno,
la locale compagnia di trasporti, ora sta investigando. Le donne rom che
accompagnavano i figli a casa da scuola, hanno detto che il guidatore ha
rifiutato di portarle a destinazione, la fermata Masokombinát. Quando gli hanno
chiesto cosa volesse significare con ciò e se non fosse un razzista, sembra
abbia risposto: "Sì, siete Zingare, non è così?" Le donne hanno chiamato il
numero 158 della polizia, ma né la polizia municipale né quella statale hanno
voluto intervenire.
Ludomír Landa, direttore di
ČSAD MHD, ha detto a ČTK che l'autobus era pieno e che l'autista ha
agito correttamente, ma che non è stato professionale nell'impegnarsi in una
discussioni coi cittadini rom, durante il quale sembra siano volati commenti
razzisti da ambo le parti. Se i fatti fossero confermati, l'autista
probabilmente avrà una riduzione in busta paga.
"Mio figlio andava a scuola per la prima volta, era contento, guardava
davanti a sé. Stamattina non ha voluto uscire dal letto. Abbiamo paura che anche
domani sarà così," ha detto alla Televisione Ceca Isabela Tokárová, madre di uno
dei bambini coinvolti. "Ha detto che non prendono sporchi zingari, che prendono
solo la gente bianca e non gli zingari," ha detto il piccolo David Tokár
L'incidente è successo sulla linea per Beroun, che parte dal centro di Kladno
alle 10:15. "Il bus di solito è occupato da 20-25 passeggeri, ma l'1 settembre
la corsa è coincisa con la fine del primo giorno di scuola. Alla fermata presso
il centro commerciale Tesco c'erano già 80 passeggeri a bordo, cioè il limite
della capacità di carico," ha detto Landa.
Landa ha descritto differentemente gli eventi. Sostiene che l'autista ha
aperto le porte e chiesto a quei passeggeri che andavano verso le destinazioni
più distanti di salire per primi, cosa che dice Landa essere logica e corretta.
Ha detto: "L'autista stava semplicemente organizzando gli ingressi sull'autobus,
così che l'uscita alle fermate successive fosse efficiente."
Landa sostiene che una delle passeggere rom ha iniziato ad attaccare
verbalmente l'autista con epiteti razziali. "Lui ha risposto a tono usando la
parola Zingari," ha detto Landa, aggiungendo che la risposta dell'autista non è
stata professionale. "Ora assieme all'autista stiamo compilando un rapporto
sull'incidente e stiamo cercando testimoni dell'incidente. Se verrà confermato
che la sua risposta è stata inappropriata, allora naturalmente ne pagherà le
conseguenze."
ROMEA, Czech Television, ČTK, translated by Gwendolyn Albert
Di Fabrizio (del 26/08/2009 @ 09:49:06, in Europa, visitato 1925 volte)
Segnalazione di Giancarlo Ranaldi
da
Finanzainchiaro.it
William Blacker (foto Romania Libera)
Innamorato di una zingara e di una campagna che gli ricorda i
romanzi del diciannovesimo secolo, lo scrittore e giornalista britannico
William Blacker passa metà dell'anno tra i contadini della Transilvania.
Ritratto di un uomo a cavallo tra due mondi.
In un villaggio della Transilvania, vicino a Sighisoara, la gente si
riunisce ogni sera nella sola osteria del posto, in attesa del ritorno del
bestiame al pascolo. Una maggioranza di romeni, qualche sassone e diversi
zingari si rilassano seduti su cassette vuote di birra. Qualche giovane
zingaro balla su una melodia lontana. Improvvisamente i bambini smettono di
giocare e corrono verso un uomo che si avvicina in bicicletta: "Signor Uigliammm, signor Uigliammm!" L'uomo, che porta un cappello bianco e
occhiali rotondi, sorride ai bimbi. Gli abitanti del posto dicono sottovoce:
"L'inglese è tornato per vedere la sua zingara". Il nome del nuovo arrivato
è William Blacker, nato 46 anni fa in qualche parte dell'Inghilterra
meridionale e trapiantato in Transilvania, dov'è arrivato per caso. Vive qui
da nove anni e ha un bambino di 3 anni è mezzo, frutto di una storia d'amore
con una giovane zingara del villaggio.
Da molto tempo quest'uomo è diventato parte integrante del posto. Un giorno
della sua vita in campagna non assomiglia affatto a quella dei suoi amici in
Inghilterra: lavora i campi tra gli zingari, taglia l'erba con la falce,
ripara i muri di calce delle vecchie case sassoni e la sera gioca a scacchi
con i vecchi del villaggio. A volte Blacker fa visita alla sua ex ragazza,
Marishka, la piccola zingara per la quale si è trasferito qui: "Al ritorno
da un viaggio in Inghilterra l'ho trovata incinta. All'inizio non pensavo di
essere io il padre, ma come vede ci assomigliamo come due gocce d'acqua",
dice William, e abbraccia Costantin, che ha ereditato il suo sorriso e i
suoi occhi blu. Il piccolo vive con la madre insieme alla sua famiglia di
zingari musicisti, a pochi minuti dalla casa di Blacker.
Da Berlino a Satu Mare
"Ho messo per la prima volta piede in Romania pochi giorno dopo la
rivoluzione del dicembre 1989. Avevo lasciato l'Inghilterra con l'intenzione
di visitare Berlino, il Muro era appena caduto", racconta l'inglese. Le
notizie in televisione sulla rivoluzione romena e la lettura di alcuni
articoli sulla bellezza dei monasteri locali lo hanno spinto più a est. Così
è passato per la Cecoslovacchia e l'Ungheria ed è entrato in Romania; ha
dormito a Satu Mare in un albergo senza elettricità. Il giorno dopo è
rimasto a bocca aperta: "Nella piazza centrale della città c'erano solo
cavalli e carretti. Ho pensato che il mondo dovrebbe assomigliare a qualcosa
del genere". Blacker aveva già visto l'India e diversi paesi dell'America
latina, ma la Romania lo ha affascinato più di qualunque altro posto. "Avevo
letto i romanzi di Thomas Hardy e Tolstoj e quando sono arrivato in Romania
mi sono detto: 'Incredibile, adesso posso vedere con i miei occhi le cose
che descrivevano'".
Nel 1996 Blacker, non volendo più solo limitarsi a vedere la vita di questi
contadini ma vivere come uno di loro, si è trasferito vicino a Satu Mare,
"prima dell'arrivo dell'Occidente". Nei quattro anni di vita in mezzo ai
contadini di Maramures, questo inglese ha partecipato ai matrimoni, ai
funerali, alle feste, all'uccisione del maiale: "Ho sofferto, ho pianto, ho
riso". Blacker è sempre stato attratto dalla vita degli zingari della
Transilvania. Nel suo libro, appena pubblicato in Inghilterra, Along the
Enchanted Way: A Romanian Story, descrive gli zingari come un popolo
posseduto dal principio del "dolce far niente". Gente che sa cantare e
ballare in modo meraviglioso e che ritiene la vita troppo breve per passarla
a sfacchinare.
Per un bel po' l'inglese ha fatto numerosi viaggi su è giù tra Maramures e
il villaggio della Transilvania dove vive oggi. La sua vita nel villaggio di
Halma (il nome fittizio utilizzato nel libro) ha degli aspetti romanzeschi.
Ha scritto un articolo sulla drammatica situazione delle case sassoni
abbandonate dalla popolazione di origine tedesca, emigrata negli anni
Novanta, e ha ottenuto dei contributi per il loro restauro. All'epoca
Blacker guidava la fondazione Mihai Eminescu, finanziata dal principe Carlo.
Solo più tardi ha conosciuto Marishka, e hanno deciso di trasferirsi in una
casa sassone. Non gl'importava che Marishka avesse solo la quinta elementare
e lui una laurea in una prestigiosa università inglese. Blacker la ha
persuasa a leggere. "Le ho dato una copia in romeno di Orgoglio e
pregiudizio di Jane Austen. Dopo qualche giorno Marishka faceva già dei
commenti: 'Ma questo Darcy è così arrogante!'. Tuttavia mentre leggeva mi
sono reso conto che il volume diventava sempre più sottile. Dopo un po' ho
scoperto che utilizzava le pagine lette per accendere il fuoco!» Anche se
non si sono mai sposati, Marishka e William si sono scontrati con la
cattiveria di alcuni abitanti del villaggio romeno, che hanno cercato di
allontanarlo dalla "feccia della società". Adesso quei giorni sembrano
dimenticati, gli animi si sono calmati e tutti parlano bene di lui. "È un
uomo meraviglioso. Non ha mai diffidato degli zingari", ha detto Marishka.
Vent'anni dopo aver scelto di vivere in un paese ex comunista, la sua
decisione non sembra più tanto eccentrica. A volte Blacker si chiede quale
sarà la vita di suo figlio fra gli zingari: "Mio figlio è per metà zingaro e
per metà inglese. Per ora sono felice che viva qui". E si ricorda della
reazione dei suoi genitori: "Non erano molto contenti. Avevo 30 anni e
volevano che avessi un lavoro rispettabile. In diverse occasioni ho dovuto
spiegare loro che qui stavo bene. Era il posto giusto per me. La mia
infanzia nel sud dell'Inghilterra, in campagna, potrebbe essere una
spiegazione. Volevo vivere di nuovo in un bel posto". ( Fonte: europresse.eu)
Autore: Andreea Pocotila Redazioneonline - Stampa Internazionale
Di Fabrizio (del 24/08/2009 @ 09:02:38, in Europa, visitato 1573 volte)
Da
Nordic_Roma
TheLocal.se
18/08/2009 - Dieci persone sono state arrestate in seguito ad un'operazione
all'alba della polizia, contro un centro giovanile rom a Lund, nella Svezia
meridionale.
Le persone arrestate erano tutte tra i 18 e i 25 anni di età, ed avevano
occupato il centro ricreativo doposcolastico RomanoTrajo, nell'area Norra Fäladen
della città.
I giovani dimostrati erano parte di una rete che si autodefinisce "Residenti
di Lund contro i tagli".
Gli arresti sono avvenuti senza incidenti ulteriori. Due degli occupanti
hanno tentato di fuggire ma sono stati rapidamente presi dalla polizia.
I dieci arrestati sono poi stati trasferiti nella stazione di polizia di Lund
e lì trattenuti per il sospetto di trasgressione aggravata e danno criminoso.
Romano Trajo aprì nel 1989 per dare supporto ai bambini rom che vivevano
nell'area.
Nel 2004 il centro ricevette il premio integrazione della Città di Lund. Ma
quest'anno è stato annunciato che il centro, nonostante le proteste, sarebbe
stato chiuso.
Il comitato infanzia ed istruzione di Lund ha considerato che i servizi
offerti da Romano Trajo potrebbero essere gestiti da altri centri ricreativi
nell'area.
TT/The Local (news@thelocal.se;
086566518)
Di Fabrizio (del 16/08/2009 @ 09:11:48, in Europa, visitato 2000 volte)
Da
Roma_Daily_News
Mercoledì 12 agosto 2009
L'Europa orientale ha una significativa e crescente popolazione rom. Tensioni
di lungo tempo tra i Rom e gli altri si sono intensificate sotto i colpi della
crisi.
Molti Rom non si registrano nei censimenti perché tentano di nascondere la
loro etnia, ed in alcuni paesi è illegale identificare i Rom nei documenti
legali.
Hanno detto gli esperti locali che la mancanza di dati certi è un
problema, rendendo difficile affrontare i problemi dalla disoccupazione
all'istruzione ed i servizi sociali come pure il monitoraggio.
BULGARIA
- I Rom formano il 4,7% della popolazione, o circa 370.000 persone,
secondo il censimento 2001.
- Sui stima che la proporzione sarà nel 2020 del 6,5-7,0 %, o
520.000-550.000 persone, ha detto Alexey Pamporov, sociologo dell'Accademia
Bulgara delle Scienze.
- Il tasso di disoccupazione tra i Rom nel 2004 era del 56,2%, cadendo al
48,3% nel 2007 (riflettendo tanto quelli che smettono di cercare lavoro che
quelli che l'hanno trovato)
- Di recente non vengono riportate violenze. L'ultimo caso è del 2007,
quando circa 200 Rom devastarono un caffè ed attaccarono quattro persone
perché sembravano skinhead, dopo che un Rom era stato picchiato da skinhead.
- Il partito nazionalista Ataka ha raggiunto un 9% costante nelle ultime
due elezioni, nel 2005 e nel 2009.
REPUBBLICA CECA
- Il governo stima la popolazione rom attorno al 2% della popolazione, ma
secondo alcune organizzazioni sarebbero oltre 450.000.
- Una studio governativa stima una crescita della popolazione rom del 50%,
300.000 persone nel 2050.
- Non esistono dati ufficiali sulla disoccupazione dei Rom (è illegale
raccogliere questi dati).
- Il governo ha speso 117 milioni di corone ($21.18 milioni) per creare
lavoro per i Rom.
- La popolazione Rom è forte nelle aree settentrionali del paese, dove ci
sono stati violenti assalti almeno una volta anche con molotov.
- Il Partito dei Lavoratori di estrema destra non ha ottenuto
rappresentanza parlamentare ed i sondaggi mostrano che abbia scarse speranze
di successo nelle prossime elezioni di ottobre.
UNGHERIA
- Le ricerche mostrano che la popolazione rom è di circa 660.000 persone,
il 6,6% della società.. Non sono disponibili dati ufficiali sul censimento,
e molti Rom nascondono la loro identità.
- Secondo l'Ufficio Centrale Statistiche KSH, la proporzione dei Rom
potrebbe raggiungere l'8% nel 2020 e superare il 10% a metà secolo.
- Gli studi mostrano che la disoccupazione rom è dal 1993 costantemente
inferiore al 20%. Alcune aree, specialmente nel nord del paese, hanno quasi
il 100% di popolazione rom, quasi totalmente disoccupata.
- Negli ultimi18 mesi ci sono stati violenti scontri, inclusi attacchi con
molotov, bombe a mano e fucili. Sono state uccise oltre a una mezza dozzina
di persone.
- Il partito Jobbik di estrema destra ha ottenuto sostanziali successi
usando una dura retorica anti-Rom. Ha ottenuto il 15% dei voti alle elezioni
di giugno del Parlamento Europeo e potrebbe ottenere 50 dei 386 seggi
parlamentari nelle elezioni nazionali dell'anno prossimo.
ROMANIA
- La popolazione rom sarebbe di 535.000 persone, secondo le stime
governative ufficiali, ma i gruppi dei diritti civili ne contano 2,5
milioni, rendendola al più grande comunità rom in Europa.
- Più delle altre nazionalità i Rom sono migrati altrove in Europa,
cercando opportunità in Irlanda e in Italia, dove ci sono 500.000 cittadini
rumeni.
- Studi dell'UNPD (United Nations Program for Development ndr) del
2005, contano al 24% il tasso di disoccupazione dei Rom (definito tra chi
cerca lavoro). La disoccupazione auto-percepita (inclusa la mancanza cronica
di lavoro) è di circa l'80%, sempre secondo l'UNPD.
- Sporadici e localizzati gli scontri violenti. A luglio, ci sono stati
scontri in Transilvania tra abitanti di etnia ungherese e Rom locali, che
hanno sparso paura che episodi simili a quelli ungheresi potessero ripetersi
in Romania.
SLOVACCHIA
- Secondo le stime del governo, la popolazione rom conta 380.000 persona,
circa il 7% della società.
- Dice il governo che circa il 44% dei Rom hanno meno di 14 anni, segno di
un prossimo boom della popolazione. La maggior parte delle famiglie rom
conta 10 o più membri.
- Secondo il governo, meno del 10% dei Rom lavora regolarmente.
- Non ci sono più stati violenti disordini della rivolta rom nella metà
degli anni '90, e recentemente i partiti politici non hanno insistito sulle
questioni rom.
- Alcuni progetti per l'alloggio e programmi per il lavoro hanno
facilitato le condizioni in alcune parti del paese.
(Reporting by Reuters bureaux, writing by Marton Dunai)
Di Fabrizio (del 15/08/2009 @ 09:40:19, in Europa, visitato 1306 volte)
Da
Roma_Francais
Territorio Gens du voyage: una grande riunione annunciata a Fontaine
par Céline Mazeau
[...] Secondo Christian Proust, presidente del sindacato
dell'Aeroparco di Fontaine (Territorio di Belfort) "le voci crescono da
parecchi giorni" e ci sarebbero elementi precisi per confermarle: secondo le
sue informazioni, tra le 500 e le 1.000 carovane potrebbero riunirsi questo fine
settimana nei settori di Fontaine, Foussemagne e Reppe per una convention
religiosa. "Se dovesse succedere, si tratterebbe di un assembramento
totalmente inatteso, non preparato ed organizzato in condizioni illegali".
Al momento, è previsto l'arrivo di un gruppo tra le 200 e le 250 carovane:
una missione evangelica condotta da tre pastori rom ha riservato, nelle regole,
l'area di Fontaine dal 17 al 30 agosto. A questo punto, ufficialmente, non ci
sarebbero problemi: l'area è dimensionata per ricevere le 250 carovane attese.
"Abbiamo ricevuto i pastori in prefettura stamattina, spiega Rémi
Darroux, direttore dell'ufficio del prefetto. Gli abbiamo chiesto di
controllare l'afflusso per quanto possibile per non eccedere la capacità di
accoglienza. Siamo stati chiari. Ci hanno risposto che l'area era molto grande e
che tutti avrebbero potuto installarvisi".
Restano gli echi intesi qua e là, ed in particolare da parte di Bessoncourt
dove la gens du voyage si è installata da giovedì scorso su terreni
privati (...). Loro dicono, secondo Guy Mouilleseaux, sindaco
del comune, che la riunione di Fontaine questo fine settimana potrebbe
riguardare almeno 700 carovane. Thierry Baille amministratore tecnico del
sindacato dell'Aeroparco, parla di molti gruppi già presenti nella regione che
avrebbero previsto di convergere verso Fontaine: evoca un centinaio di gens
du voyage arrivato a Montbéliard (...), 150 carovane
a Strasburgo, un centinaio nel Nord e di altri che "secondo due fonti",
arriverebbe dal Belgio, dalla Germania, dalla Spagna, dalla Svizzera e
dall'Italia.
Se ciò dovesse succedere, la superficie di grande passaggio di Fontaine non
potrebbe accogliere altrettante persone e la gens du voyage, allora, si
installerebbe nei dintorni, ed in particolare sul sito dell'Aeroparco. È ciò che
preoccupa Christian Proust.
"Esemplare"
Il presidente del sindacato dell'Aeroparco dice di non volere "fare
processi a priori", ma si ricorda dell'estate 2004, dell'arrivo di centinaia
di carovane e dei problemi che ne erano seguiti.
Mette l'accento sulle sfide economiche: l'Aeroparco dice, conta 800 posti di
lavoro, imprese che investono e "due dossier in corso": la costruzione di un
edificio di 2000 m2 ed la ristrutturazione di un'impresa in un edificio di 4.000
m2.
Ai suoi occhi, la palla è ora chiaramente nel campo dei poteri pubblici: allo
Stato, chiede, "di prendersi le sue responsabilità". La soluzione?
Secondo lui consisterebbe nel indurre la gens du voyage a restare là
dov'è attualmente.
"La questione deve essere gestita a livello interregionale. Dopo tutto,
per i manifestazioni e le visite del presidente della repubblica, i pubblici
poteri sono capaci di agire e prevenire. Se si attende che la gens du voyage
converga verso Fontaine, non ci saranno che cattive soluzioni".
Difficile, tuttavia, andare contro la libertà di movimento, come sottolinea
Rémi Darroux. Il direttore dell'ufficio del prefetto sottolinea d'altra parte
che delle disposizioni sono state adottate: un'altra superficie di grande
passaggio è stata contattata qualora fosse necessario ed è stata chiesta la
sorveglianza alle forze di polizia.
Il dipartimento del Territorio di Belfort è "esemplare", sottolinea:
oltre alla superficie d'accoglienza di Fontaine, molte piccole superfici sono
state realizzate in questi ultimi anni.
Giustamente, risponde Christian Proust, consigliere il generale (MRC): "Il
dipartimento ha fatto in modo di realizzare aree, conformemente alla legge, e
non è in questione ritornare su questa politica. Ma se la gens du voyage
sceglie oggi Fontaine, è forse perché c'è l'area di grande passaggio. E se lo
Stato lascia fare, ciò vuole dire che qualsiasi dipartimento che realizza un
dispositivo si mette una rivoltella sulla tempia".
Di Fabrizio (del 11/08/2009 @ 09:09:21, in Europa, visitato 1471 volte)
Da
Roma_Daily_news
Cari amici,
Ecco uno spettacolo unico tenutosi lo scorso maggio. L'iniziativa Roma
Fashion presenta la bellezza e la dignità della cultura rom attraverso una
performance unica ed emozionalmente espressiva. La performance è l'esibizione di
autentici vestiti femminili rom da tutto il mondo, come pure la loro
interpretazione contemporanea, accompagnata dalle voci della musica e della
poesia rom internazionale.
L'idea è un'espressione di un nuovo modo di comunicazione nel contesto della
società contemporanea ed una ricerca per significati di presentazione
costruttivi e creativi sul tema della diversità culturale in Bulgaria.
Più informazioni (in lingua bulgara ed inglese) a:
www.romafashion.net
Video dello Spettacolo:
-
Prima parte
-
Seconda parte (questo secondo me è il più interessante: mostra la
moda femminile rom vista attraverso i tanti paesi della diaspora. Ma ci sono
anche i video sulla preparazione della sfilata finale e il "dietro le scene"
ndr)
- Terza
parte
I migliori saluti,
Roma Fashion Team
info@romafashion.net
Di Fabrizio (del 09/08/2009 @ 00:45:24, in Europa, visitato 2072 volte)
Da
Slovak_Roma Continua la raccolta di testimonianze femminili dal vivo, da
parte di Kristína Magdolenová. E' la ripresa di una
vecchia intervista che non avevo fatto in tempo a tradurre.
Puntata precedente
Ingrid Lukáčová Source: Courtesy of Mecem
The Slovak Spectator 3 agosto 2009 Il razzismo è un problema degli adulti
By Kristína Magdolenová & Jarmila Vaňová - Politics & Society
Ingrid Lukáčová viene da Prešov ed attualmente vive a Košice dove lavora come
direttrice di una scuola secondaria d'arte.
I tuoi cosa ti hanno incoraggiato a fare?
Soprattutto ad avere un'istruzione. Mi hanno sempre incoraggiato in questa
direzione. Mi ricordo che ci sedevamo assieme in famiglia e mia madre e mio
padre parlavano su cosa avremmo fatto. Mia sorella sarebbe stato dottore o
avvocato, perché era la più brava. Sapeva leggere all'età di 5 anni e anche
riconoscere l'alfabeto cirillico. Dato che ero più grande e studiavo il russo,
lei imparava con me. Sin da subito ci si aspettava che diventassi insegnante.
Mio padre voleva che mio fratello diventasse un musicista.
Perché pensi che vostra madre permetteva a te e tua sorella di studiare?
Dico sempre che mia madre ha un'intelligenza naturale, anche se non ha
studiato. Ha vissuto tutta la sua vita come la gente moderna, ma non ha mai
dimenticato di essere una donna rom e di vivere la vita rom tradizionale; ha
mantenuto le tradizioni. Ha lavorato per tutta la vita e lavora tuttora, l'ha
fatto tra i non-Rom. Si è assicurata che andassimo a prescuola e a scuola. L'ha
imparato a casa sua, perché suo fratello è andato all'università, così ha
imparato che l'istruzione è l'unico modo per cambiare la propria vita.
Nei tuoi studi, sia alla scuola primaria, che a quella secondaria o
all'università, c'è stata qualcosa che t'ha fatto sentire che eri differente,
che eri una Rom?
Si può dire che forse sono stata fortunata. Non ho mai avuto problemi simili.
Mi sono capitate, ma non con le mie compagne di scuola. Anche alla scuola
secondaria non ho avuto problemi perché ero tra le migliori studentesse. Anche
lì, ero la sola alunna rom dell'intera scuola, e alla fine ero capoclasse. La
mia insegnante era sorpresa il primo anno che 36 studenti votassero me come
capoclasse.
Quindi secondo te è importante che una madre rom sia quella che guida la
famiglia e garantisca l'istruzione dei bambini?
Penso che la madre sia la persona più importante. Questi mi è confermato dal
fatto che anche se ho avuto un padre che aveva studiato molto, e a cui cono
molto grata, se mia madre fosse stata differente da ciò che era, non sarei mai
arrivata dove sono. Ed è per questo che dico che le madri rom dovrebbero essere
al fondamento. Sappiamo come va tra i Rom: un uomo, se aveva lavoro, usciva di
casa la mattina per andare a lavoro, tornava a casa per mangiare e questo è
tutto. Portava a casa i soldi. E, sfortunatamente, le comunità rom funzionano
così che il padre non si prende cura di niente.
Di dov'è tuo marito?
Mio marito è di Michalovce. E' un Rom, anche se non ne parla la lingua e non
assomiglia a un Rom. E' stato un grande amore, perché ci siamo incontrati quando
avevamo 18 anni. Ma mia madre subito gli disse che io studiavo e semplicemente
che se mi voleva, doveva aspettare. Così aspettò, anche se nel frattempo non ci
vedevamo. Ero all'università e dopo, a giugno feci gli esami di stato e ad
agosto ci sposammo. Più tardi divorziammo.
Perché?
Avevo 23 anni quando mi sposai. Quell'anno nacque mia figlia. Vivevamo in
casa di mia suocera. Avevo opinioni differenti sulla vita dai miei suoceri e
semplicemente non andavamo d'accordo. Là successe qualcosa e mio marito perse il
lavoro a Michalovce e decidemmo che si doveva tornare a Prešov o andare a Košice
dove c'erano migliori opportunità. Così insegnavo a scuola anche se ero in
maternità e cercavamo lavoro qui a Košice. Per mio marito questo cambio era
inconcepibile. Così lasciai. Non ho mai voluto tornare indietro. Sarei potuta
tornare nella casa di mia suocera. Lì avrei avuto una casa, avrei cucinato,
pulito e forse avrei insegnato a bambini non-Rom in qualche villaggio. Ed allora
tutto quanto d'altro sarebbe andato per quella strada. Era una decisione
difficile: carriera o famiglia. Dico che trionfò la "romanipé" in me.
Di sicuro per te non è stato un periodo facile, ma la vita cambiò per te e
sei di nuovo con tuo marito. Oggi come va?
Non mi spiace di essere rimasta sola per quei sette anni. Mi hanno insegnato
ad essere forte, a seguire le mie mete. E realmente a passare attraverso quei
momenti difficili e mostrare a me stessa che posso farcela senza un uomo
attorno. Ma d'altra parte, devo dire che siamo ancora assieme. Viviamo
assieme in una famiglia anche se non siamo più sposati legalmente. Ma è una
piccola differenza, siamo una famiglia completa. Questo è molto importante
soprattutto tra i Rom perché quello che dirò ora, forse farà ridere, ma mi è
stato confermato: Se non hai un marito, non hai la verità. Molte volte, e non
solo tra i Rom, ma anche tra i non-Rom. Significa essere una donna cattiva, una
donna facile o sciatta.
Questo significa che quando una donna è senza marito, perde di valore?
Certamente. Tanto tra i Rom che i non-Rom. Occorre una donna molto forte per
smentirlo. Parlo per esperienza.
La maggioranza delle donne rom che raggiungono il successo o la laurea e
si costruiscono una loro carriera, scelgono un partner non-Rom. Tu hai scelto un
Rom. Pensavi a tutto questo sul suo essere o no un Rom?
No, non ci ho mai pensato. Ci incontravamo con non-Rom ed eravamo amici; i
nostri vicini ci venivano a trovare a casa. Ma tra di noi c'era qualcosa di
differente; oggi questo è difatti una situazione più estrema, e ciò non è bene.
Ho avuto molte opportunità, soprattutto all'università. Non mi importava se
fossero Rom o no. Ma in me c'era sempre una barriera che mi diceva no. Non può
essere. Potevamo essere amici, capirci l'un l'altra come fratello e sorella, ma
niente di più intimo.
Ed ancora, d'altra parte capisco le donne che sposano un non-Rom, perché ho
studiato in un'università dove c'erano studenti rom. Ma non è che le ragazze non
volessero un Rom; vedevo i ragazzi rom, i miei colleghi di studio, nessuno di
loro voleva una ragazza rom. Può essere triste il fatto che loro avessero
un'istruzione significa che pensavano che se sposavano una non-Rom, loro stessi
non sarebbero più stati Rom. Lo penso ancora. Molto pochi di quei ragazzi che
hanno completato l'università hanno sposato ragazze rom, e quando l'hanno fatto,
hanno sposato ragazze rom che avevano un'istruzione, perché ci sono coppie
simili che non hanno niente in comune con i Rom.
Gli uomini rom hanno paura delle donne sagge e non vogliono donne
intelligenti. Vogliono donne che faranno quello che dicono loro di fare. O poi
ci sono quelli che vogliono donne non-Rom per stare tra i non-Rom. Quanto alla
nostra famiglia, ci sono anche dei matrimoni misti.
Cosa incoraggi tua figlia a fare? Come cerchi di crescerla?
Ad avere un'istruzione. A casa parliamo il romanés, così lei sa di essere Rom
[...]. Soprattutto da me ha questo sentirsi Rom. E penso di avercela fatta.
Perché lei ha vissuto in un ambiente non-Rom e non ha vissuto con i Rom. A parte
la sua famiglia, non conosce davvero la loro mentalità. Sto cercando di
instillarle tante cose, ma in modo naturale. D'abitudine viene con me agli
spettacoli, matrimoni, battesimi, sa ballare come una Romnì. Messa
semplicemente, ha questa gioia con lei.
Pensi che la romanipé, così com'è, arricchisca le persone?
Sì, per me certamente. Noi non neghiamo la nostra identità come quelli che
vogliono ed hanno mariti e mogli non-Rom. Ho anche amici da matrimoni misti,
anche se vivono differentemente. Non posso immaginare di vergognarmi di ciò che
siamo. Così non neghiamo questa identità, cerco di crescere mia figlia e provare
anche a cambiare mio marito, anche quando a volte sembra impossibile. Mio
marito, anche se è cresciuto in quella famiglia, ora dice che gli dispiace di
non sapere il romanés. Mette musica rom più di quanto ora faccia io. Dico che
questo è perché la sua famiglia ed i genitori hanno negato la loro identità. E'
interessante, mi pare, che quando ci sono matrimoni o battesimi, cantano in
romanés e ballano la musica rom. E per ciò che dico che questo è rinunciare e
negare se stessi. Perché è lampante che siano Rom. Penso che sia importante, e
che è un peccato se i Rom istruiti rinunciano alla loro identità. Ma succede ad
ogni tipo di gente.
Abbiamo accennato alle tradizioni rom. Quali sono le più importanti
impresse nella tua memoria? Ci sono ancora tradizioni rom?
Certamente ci sono. Le insegno a mia figlia e a mio marito, perché lui non le
conosce. Natale, per esempio. Di solito, abbiamo cibo rom per cena. Dev'esserci
un pezzo di gója (un tipo di salsiccia), un pezzo di pašváre (nervi di porco
affumicati). Non tanto, ma abbastanza perché con questo cibo manteniamo le
nostre tradizioni rom. Ci piace di più così; ne vogliamo più di una certa
cotoletta, dell'insalata, dei pesci e di queste cose. Dopo, per esempio, la
nascita di un bambino - una pittura sacra, un nastro, una croce, viene messo
sugli occhi. E' qualcosa che faccio regolarmente. Poi gli impegni in casa di mia
mamma, il mangavipen (la cerimonia)... I miei cugini, quando hanno una cerimonia
rom, si legano tra loro le mani con un foulard. L'ho sempre ritenuto adeguato...
Mi è sempre piaciuto.
Come si manifestava l'amore nella vostra famiglia?
Questo è un problema con i Rom. Nella nostra famiglia, non era un problema
quando eravamo ancora insieme. Ma dopo che i miei genitori divorziarono, mamma
aveva sempre da fare. Anche se posso dire che ha saputo sempre elogiarci. Ma non
era sempre così. Forse perché eravamo cresciuti... non ci ha più coccolati come
da piccoli. Posso dire che dei suoi fratelli e sorelle - erano in nove - lei era
la più capace di esprimere affetto.
Si dice dei Rom che siano genitori davvero affettuosi e che siano basati
sulla famiglia, ma è vero che noi, come Rom, apriamo questa comunità attorno a
noi in modo che questo amore in queste famiglie non sia ben espresso?
Dico che è nascosto. Perché so per certo che questi genitori amano i loro
figli. Ma non sono capaci di esprimerlo. L'hanno in qualche modo codificato. Io,
per esempio, non sono di questo tipo.
Forse perché sono condizionati dal ritenere che i figli dovranno iniziare
presto a prendersi cura di sé - e così i genitori inconsapevolmente li preparano
per una vita difficile?
Forse sì. Se guardo indietro, la maggioranza dei Rom vizia i bambini
piccoli. Da un anno di età ai tre. E poi basta. Non li accarezzano più, non
esprimono più amore.
Stiamo parlando di linguaggio ed educazione. I bambini rom a scuola hanno
bisogno di qualcosa a differenza dei non-Rom? Penso alla scuola primaria.
Ho studiato educazione dal primo al quarto grado. Ho insegnato per sette
anni in una classe ponte, dove c'erano bambini rom e dico che è differente.
Dipende dal tipo di comunità da cui arriva il bambino, ma io dico sempre che i
bambini rom sono differenti nella testa dai non-Rom, in quanto vengono in un
ambiente completamente estraneo di cui hanno paura. Non capiscono la lingua
della maggioranza, non ne hanno le capacità comunicative ed hanno un vocabolario
molto povero. Comprendono bene il romanés, che è la loro lingua madre, ma
neanche tutti. In questo sono differenti. Alle scuole primarie hanno soprattutto
di qualcuno che capisca il romanés e sia Rom e di cui fidarsi.
E' quindi una questione di barriera linguistica?
Sì, ma è anche culturale. I bambini non vanno a prescuola, così non ne
conoscono l'ambiente. Arrivano in un ambiente completamente da quello familiare.
Non lo capiscono e non capiscono cosa è loro richiesto.
Sfortunatamente, non tutti sono insegnanti nel vero senso del termine e
molti dei miei colleghi non permettono ai bambini di svilupparsi. Li fanno
sedere agli ultimi banchi e sono esclusi da tutto. Quindi questo è un problema,
un grosso problema nella scuola primaria. Quando, per esempio, sostituivo una
collega, la mia classe ponte veniva divisa ed io andavo a sostituire un'altra
insegnante. Soltanto che io volevo avere i miei scolari nella classe, perché
altrimenti non sarebbero venuti a scuola. Così succedeva che i bambini non-Rom
non volevano sedersi con un bambino rom vicino e piangevano. Ho fatto la
sostituzione per un mese intero. Insegnavo loro a lavorare assieme, a giocare
assieme, a parlare assieme. I bambini non-rom vedevano che ero una donna rom e
che parlavo il romanés. La relazione era totalmente differente. Tutti i bambini
sono uguali; non hanno problemi nel stare assieme. Il razzismo è un problema
degli adulti. Quei bambini in un mese erano capaci di lavorare assieme. I
colleghi osservavano: 40 bambini in classe e non c'erano problemi!
Come dovrebbe essere un sistema di istruzione ideale dal grado 1 al 4 per
i bambini rom?
Almeno sino alle quattro del pomeriggio, con un buon insegnante che abbia
intesa e conoscenza sui Rom, ovviamente un assistente all'insegnamento andrebbe
benissimo, se l'insegnante non è Rom. Il processo dovrebbe durare tutta la
giornata, perché i bambini devono essere molto coinvolti in questa scuola.
Ovviamente dovrebbe esserci una buona mensa, tutte le attrezzature di cui c'è
bisogno a scuola. Così possono preparare e fare i loro compiti.
Cosa dici di quei genitori che vogliono i loro bambini nelle scuole
speciali, solo perché è più vantaggioso per loro?
Prima di tutto, non permetterlo. Perché i genitori fanno così, si può dire,
per una specie di calcolo o per rendere più facili le cose. Se c'è una scuola
speciale proprio qui nell'insediamento o nel villaggio, perché dovrei prendere
il bus la mattina per portarlo alla scuola regolare? Siamo andati tutti là e là
andranno i miei figli. Com'è possibile prevenire ciò? Penso che dovrebbe esserci
un esame psicologico per le scuole speciali, perché sono certa che metà dei
bambini sono lì e non dovrebbero esserlo.
Si potrebbe dire che una simile indifferenza dello stato verso
l'educazione speciale ed il numero di Rom in queste scuole in realtà demanda il
problema nel futuro alle cosiddette comunità rom?
Sì, certamente. E' un tema di cui si è parlato a lungo e niente è stato
fatto. E come dico, molto denaro va ancora alle scuole speciali. Non dico che
ora bisognerebbe abolirle, perché ci sono alcuni bambini, sia Rom che no, che ne
hanno bisogno. Ma sinora non è stato fatto niente per impedire che bambini sani
vi vadano.
Sarebbe d'aiuto se i Rom avessero una propria rappresentanza politica?
Certamente. E spero che accada e che avremo un buon partito politico, perché
senza di questo non succederà niente. Ne sentiamo un gran bisogno. La cosiddetta
intelligentsia rom può avere 100 laureati, ma senza volontà politica non
cambierà niente.
Forse il problema è anche nel fatto che molta di questa gente che
formalmente agisce per i Rom e li rappresenta, non è realmente cresciuta in un
ambiente rom, non ne parla la lingua, non ne conosce la storia, non conosce la
cultura rom e realmente non ha sensibilità per i Rom. Ma il fatto che siano un
po' più scuri di pelle, significa che questo li qualifica a sufficienza per
essere percepiti come rappresentanti della comunità rom...
E' così. Quanti Rom vivono a Bratislava? O che tipo di Rom? [...] Musicisti
che non vogliono avere niente a che fare con i Rom. E poi c'è un gruppo, i
cosiddetti pesci grossi che non parlano romanés, come hai detto. Non sanno chi
sono, ma vedono dietro questo qualcosa di differente. Soldi. Dovrebbe essere
detto apertamente. O non è adatto per loro a causa della gran distanza per cui
dovrebbero lasciarsi dietro la loro famiglia e tutti gli altri. Forse l'inganno
risiede nel fatto che la più grande concentrazione di Rom è nella Slovacchia
orientale. E allora perché tutto si trova a Bratislava?
Quindi gli uffici ed il governo plenipotenziario dovrebbero essere qui?
Beh, naturalmente. L'ufficio del plenipotenziario, i dipendenti, le
cosiddette commissioni che dovrebbero essere in ogni ministero? Perché non
potrebbero essere qui? Lasciatele qui nell'est, dove vivono i Rom. Lasciatele
andare sul campo. Non solo noi, quelli che operano giorno a giorno, ma anche i
cosiddetti pesci grossi di Bratislava che risolvono tutto a tavolino. Non sono
mai stati in un insediamento rom. La penso così.
Tu sei membro del consiglio governativo per le minoranze nazionali. In
passato la Slovacchia è stata spesso criticata proprio per non risolvere il
problema rom. La situazione è cambiata negli anni recenti?
Ho la sensazione che si sia fatto qualche passo avanti. Anche se mi
aspettavo di più. Ma con l'ultimo governo personalmente non ho avuto una buona
impressione. Ed è giusto dire che ora siamo fermi. Un certo gruppo ne ha
approfittato. Ma riguardo all'istruzione e altre cose, tutto si è fermato.
Il problema che si presenta spesso con queste strategie, concezioni,
progetti, è il fatto che non sappiamo quanti Rom ci siano qui in Slovacchia...
Non lo sappiamo perché il censimento funziona in maniera che i Rom non
dichiarano il loro status di minoranza nazionale. Questo ha certamente un
retroterra storico, il perché lo sappiamo, ed ovviamente molti Rom si dichiarano
Ungheresi. In questo caso la maggioranza può ostruire, dicendo che non siamo in
molti quando in realtà sanno quanti siamo.
Il fatto che non esistano statistiche significa che il numero dei Rom può
variare, così quando riguarda i soldi del Ministro della Cultura ci sono meno
Rom e quando riguarda i soldi dell'Unione Europea ce ne sono di più.
E' così che funziona. E si continuerà ad operare così perché non cambi
niente. Ognuno utilizza quel che sa. Ed, ovviamente dico io, i Rom sono un buon
oggetto per ottenere soldi ed è perciò che qualcuno può arricchirsi.
Se tu potessi dire ai membri del Parlamento Europeo qualcosa sui Rom in
Slovacchia, cosa sarebbe?
Vorrei solo mostrare che ci sono Rom in Slovacchia che mantengono la loro
cultura, tradizioni, identità e che usano la loro lingua, sono in tanti, ed è
importante dire ai membri del parlamento di venire e vedere le condizioni in cui
vivono i Rom, e che dovrebbero incontrare le elite rom e non le organizzazioni
di non-Rom, coi non-Rom, ma con i Rom che lavorano per i Rom e che vogliono
cambiare le cose in questa nazionalità, in questa nazione, così che abbiano
l'opportunità di sentire i Rom stessi.
Se ci reincontrassimo tra cinque anni, proprio qui a questo tavolo, cosa
vorresti che fosse differente?
Bene, spero che la posizione dei Rom sia differente: di non avere problemi
con l'istruzione, che ci siano più Rom acculturati e di poter dire che il numero
di persone istruite che già abbiamo eguagli quello di chi frequenterà la scuola
secondaria e l'università, potendo dire con certezza che il governo ci ha
aiutato. E di avere un partito politico.
Oltre ad insegnare per tre scuole in lingua romanés, sei soprattutto
attiva nel terzo settore. Perché ha questo bisogno di fare qualcosa, quando già
insegnare in tre scuole richiede certamente abbastanza?
Ho iniziato essendo coinvolta nelle comunità rom. Ed ora è difficile dire a
queste donne, con l'occupata che sono, che non voglio più lavorare con loro,
quando queste stesse donne mi chiamano per chiedermi: quando si fa qualcosa e
quando ci incontriamo?
Realmente cosa fai?
Questo è davvero il network delle donne rom, Fórum pale romňa. Queste sono
attività per le donne rom della comunità. Cerchiamo di aiutarle a diventare
leader. A casa, nella comunità. E così si coinvolgono nelle elezioni locali.
Stiamo provando a cambiare la posizione delle donne rom, almeno nella società.
In questi anni hai visto un cambiamento in queste donne?
Sicuramente. Queste donne viaggiano sino a Detva, nella Slovacchia centrale,
è qualcosa di nuovo per loro. Quello ed il fatto che loro marito le lasci andare
fuori di casa e famiglia e figli per due giorni. Tutto questo diverte ed ora è
normale.
La società dovrebbe sapere di più sulla vita di queste donne?
Sì, naturalmente. Abbiamo fatto una piccola campagna per aiutare la gente a
conoscere queste donne. Ma non era sufficiente. C'è bisogno di soldi. Anche per
queste donne e soprattutto perché possano fare nella società quello che fanno
così bene a casa.
Interviews with Roma women are part of a project by the Roma Press Agency and
will be published in a forthcoming book.
Di Fabrizio (del 08/08/2009 @ 09:42:44, in Europa, visitato 1434 volte)
Da
Nordic_Roma, per quanto possa sembrare strano leggendo le prime righe, non
si parla dell'Italia
"La disoccupazione è alta, le infrastrutture carenti, la disponibilità di
energia antiquata ed insufficiente, deficiente la sanità ed inefficienti i
tribunali."
Il 15-20% dell'economia consiste di "crimine organizzato". Strutture interne
all'establishment politico "usano la loro posizione per ottenere vantaggi
pubblici". Il paese è "una base per il contrabbando internazionale (Narcotici,
armi, tabacco, traffici)".
Per i gruppi rom la situazione è "tuttora problematica". Sono esposti a
"discriminazione sistematica" e "disordini etnici" possono verificarsi ancora. E
allora "ci sarà bisogno di assistenza internazionale (KFOR)".
Questi fatti allarmanti possono essere trovati in un nuovo rapporto nazionale
del Tavolo Migrazione Svedese, rilasciato poco prima dell'estate.
Nel febbraio 2008 il Kosovo ha dichiarato l'indipendenza dalla Serbia. Molti
dei paesi UE hanno riconosciuto l'indipendenza, ma non tutti, e sicuramente non
la Serbia. L'indipendenza porterà qualche miglioramento alla minoranza rom in
Kosovo? Loro temono di no. Nonostante le loro richieste, non sono mai stati
coinvolti nelle negoziazioni di Ahtisaari che hanno portato a quella decisione.
200.000 persone dal Kosovo, la maggioranza di loro Rom, vivono ancora in
esilio, nei confinanti paesi dei Balcani e in Occidente. Hanno terrore di
ritornare in Kosovo, da cui furono cacciati dieci anni fa in un crudele esempio
di pulizia etnica. La maggioranza albanese accusa i Rom di collaborazionismo con
i Serbi durante la guerra.
Quali conclusioni trae il Tavolo Migrazione dal suo stesso rapporto? La
Svezia vanta alti standard di diritti umani, un eccellente sistema democratico,
ed una generosa politica di asilo. Così i Rom del Kosovo troveranno finalmente
protezione in Svezia?
La risposta è no. Al contrario il Tavolo ha iniziato segretamente una serie
di deportazioni di massa dei Rom in Kosovo, nonostante gli ammonimenti dell'UNHCR,
di Thomas Hammarberg - commissario per i Diritti Umani del Consiglio d'Europa, e
le raccomandazioni di numerose OnG.
Fino al 2009, 29 kosovari sono stati rispediti a forza dalla Svezia al
Kosovo, secondo il Tavolo Migrazione Svedese. Ma dato che agli incaricati del
Tavolo non è permesso registrane l'etnia, non sanno dire se fossero Rom.
Ma io lo so. Attraverso i miei contatti, so che i 29 deportati corrispondono
esattamente alla lista di nomi rom in mio possesso. Ad agosto, altri 14 Rom
saranno deportati mentre in 20 stanno ancora attendendo dopo aver fatto appello
contro l'ordine di deportazione. So i loro nomi. I miei informatori mi hanno
detto che molti altri nella stessa situazione non vogliono sia rivelato il loro
nome.
Tra quanti saranno deportati c'è una famiglia che ha vissuto in Svezia per
due anni. L'uomo era presidente di un'organizzazione rom ed era perennemente
minacciato in Kosovo. In un'occasione, gli assalitori albanesi ferirono suo
figlio di tre anni, che perse la vista da un occhio. La famiglia ha anche una
figlia, nata durante l'esilio in Svezia.
Il Tavolo Migrazione Svedese si aspetta che la famiglia firmi un documento in
cui afferma di voler tornare in Kosovo di propria volontà. Ora la famiglia si
appella al popolo svedese per un aiuto.
In un intervista al giornale tedesco Frankfurter Rundschau, Thomas Hammarberg,
commissario per i Diritti Umani, ha detto che è totalmente sbagliato deportare i
Rom in Kosovo. Hammarberg ritiene che i governi europei stiano tenendo un
approccio puramente tecnico, firmando un accordo col Kosovo. Il Kosovo ora è
indipendente, ma questo non significa automaticamente che abbia la capacità di
riammettere i Rom di ritorno.
La Germania, il paese che dai tempi del nazismo ha il debito più grande con i
Rom, ora, proprio come la Svezia, li sta rimandando nei loro tormenti in Kosovo.
L'Europa tiene gli occhi chiusi sul suo debito plurisecolare versoi Rom.
In Germania, almeno, c'è una forte e vivida opinione contro le deportazioni
forzate.
Ma nessuno sembra ascoltare il commissario svedese del Consiglio d'Europa. E
la presidenza svedese dell'Unione Europea mantiene il silenzio. La persecuzione
dei Rom nella UE - Italia, Ungheria, Repubblica Ceca - non è nell'agenda del
Primo Ministro Fredrik Reinfeldt.
Mi vergogno del mio paese!
Irka Cederberg
Journalist
Davidshallsgatan 25 A S-21145 Malmö Sweden
Tel. +46-40-232402
GSM: +4670-6368817
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