Richiediamo chiarezza. Di Rom si parla poco e male, anche quando il tema delle notizie non è "apertamente" razzista o pietista, le notizie sono piene di errori sui nomi e sulle località
Due ragazzi sono balzati sotto un treno perché i genitori di lei non
volevano che uscisse con un ragazzo zingaro.
La ragazza ha scelto la morte prima di rompere con il quindicenne Tsetso.
[...] Questa storia di Romeo e Giulietta ha avuto luogo domenica mattina
sulla ferrovia tra i villaggi di Dubova Mahala e Brusartsi, vicino alla città di
Lom. La sedicenne Albena Mitova ed il suo innamorato Tsvetan Plamenov, di un
anno più giovane, hanno deciso insieme di suicidarsi, perché i genitori della
ragazza non volevano che si impegnasse con uno zingaro. I due si son presi per
le braccia e sono saltati sulla sede ferroviaria. Il treno merci era in
arrivo, prestava regolare servizio da Vidin e Sofia e li ha investiti. Albena è
stata uccisa dall'impatto e Tsvetan sta lottando per la vita nell'Ospedale di
Lom.
Sabato tutto sembrava normale nelle case dei due ragazzi. Benjy, come
la chiamava Tsetso, aveva cenato con la sua famiglia nella loro casa in
Kniazheva Mahala.
"Quel giorno eravamo andati a far compere. Mi aveva detto che aveva rotto col
ragazzo zingaro. Eravamo molto intime e mi diceva tutto," ha detto ieri Nadia,
la mamma di Albena, ai giornalisti di The Monitor. Secondo la madre, che
gestisce la locale locanda, non c'erano segni che sua figlia intendesse
suicidarsi. Dopo che i genitori erano andati a letto verso le 23.00, Albena
aveva chiamato Tsetso.
"Era balzato sulla sua bicicletta ed era scomparso. Sembrava completamente
impazzito. Non mi ha dato il tempo di chiedergli dove andasse o cosa stesse
succedendo," dice Plamen, il padre del ragazzo, con le lacrime agli occhi.
Con la sua famiglia vive nel vicino villaggio di Dinkovo, che è a 3 o 4 km.
da Kniazheva Mahala. Nessuno sa cosa è successo quella notte. Circa alle 5 di
mattina, il 35enne ingegnere Rossen N. ha visto due persone sulla massicciata
della ferrovia. Preso dalla paura ha azionato la sirena del treno, ma non si
sono mossi. Il dipendente della BDZ ha fatto quanto possibile per arrestare la
macchina di 223 tonnellate, ma la collisione è stata inevitabile. L'ingegnere ha
visto i corpi dei due ragazzi volare per aria come bambole di stracci. Rossen ha
fermato il treno e riportato l'incidente ai suoi superiori. I medici arrivati
sulla scena hanno determinato che la ragazza era morta ma che Tsetso respirava
ancora. I genitori dei ragazzi hanno offerto due versioni completamente
differenti di ciò che era successo.
"Non può aver preso questa decisione da sola. Era una ragazza quieta e
modesta. Era sempre in casa davanti al PC. Non c'era modo che potesse conoscere
a che ora passava il treno," dice Nadia fissando il nome sulla corona funeraria.
"Venite a vederla. Il suo corpo non è stato mutilato. Il medico mi ha
detto che aveva rotti i due legamenti. Ha battuto la testa cadendo e quella è
stata la causa della sua morte," dice il padre addolorato, Dimcho, che è anche
il sindaco del villaggio. Albena era la loro unica figlia. La adottarono appena
nata.
"Era la luce dei miei occhi. Le davamo tutto. Era stata accettata alla Scuola
Superiore di Economia di Vratsa. Per tutti noi fu una grande notizia. Dev'essere
successo qualcosa. Qualcuna deve averla convinta. Non mi fermerò finché non
troverò la verità," è il voto della madre che continua a singhiozzare.
Plamen è categorico quando dice che suo figlio era innamorato perso di Benji.
"I ragazzi non volevano essere separati. Spesso Dimcho veniva qui con la polizia
per portare via sua figlia ed il giorno dopo erano di nuovo insieme," dice il
padre del ragazzo ferito. Si lamenta che ai genitori di Albena non piaceva
Tsvetan non solo perché aveva la pelle scura, ma anche perché era povero.
Non aveva soldi neanche per una fetta di pane
Tsvetan ora ha bisogno di 260 Leva per un'operazione alle braccia, entrambe
fratturate. Ha un ematoma al cervello ed è in coma. Dall'incidente non ha
ripreso conoscenza e non può raccontare cos'è successo alla sua amata. Tranne a
sua madre, Valentina, a nessuno è permesso visitarlo. Lei dice che un lato della
testa del ragazzo è gonfio in maniera preoccupante.
"Sono così poveri che non so come potranno permettersi le cure per il
ragazzo, dice Yulia Georgieva, sindaco del paese di Dinkovo.
Infatti, suo padre è l'unico parente che ha Tsetso. I due vivono in una
povera casa ad un piano. Suo padre va di porta di porta dai vicini ad offrire i
suoi servizi, per avere un po' di denaro. La madre del ragazzo li ha lasciati
circa un anno fa per vivere a Sofia, e tornava ogni tanto a trovarli. I vicini
si sono sentiti offesi ieri a vederla tornare da Sofia su un taxi.
"L'altro giorno Tsetsko e suo padre non avevano soldi per comperare il pane.
Gli ho dato quattro fette ed un Lev. Mi hanno detto poi che quel giorno Plamen
aveva perso i sensi perché non aveva mangiato," ci ha detto un vicino. Quando
gli abbiamo parlato ieri, il padre del ragazzo era preoccupato che quando
scoprirà cos'è successo ad Albena, Tsetso tenterà nuovamente di uccidersi.
Katia Ilieva and Galia Petrova
.....Achili man jag kiti te na merav shilestar ...
...davla tuke andar vogiestar!
Romani Baht Fountation
8 Nov Jivot str.
1373 SOFIA
BULGARIA
Tel./fax +359 2 920 42 72
PRISTINA, Kosovo, 16 novembre (UNHCR) – Ukshin Toplica sentiva che sarebbe
tornato veramente a casa, una volta che avesse rinnovato la casa che era stato
costretto a lasciare un decennio fa nella capitale del Kosovo Pristina.
"Ora che la mia casa è finita, non mi sono mai sentito meglio," dice
orgogliosamente il 49enne Ukshin ai visitatori della sua nuova casa."Non c'è
nessun posto come casa propria." E' di buon umore perché ha iniziato una piccola
attività in proprio, con i fondi UNHCR, provvidenziale per la sua famiglia di 11
persone in duri tempi economici.
Ma per molti anni Ukshin ha pensate che non avrebbe mai potuto ritornare in
Kosovo dall'esilio nella vicina Repubblica di Macedonia. "Ho sempre voluto
riportare indietro la mia famiglia. Ma ci era stato detto che gli Albanesi
avevano occupato tutte le case nel nostro vecchio quartiere, così non ci
sentivamo sicuri a tornare."
Non è sempre stato così. Per anni lui e la sua famiglia di Rom di lingua
albanese, conosciuti come Askali, avevano vissuto serenamente accanto all'etnia
albanese nel distretto di Vranjevic della capitale Pristina. Ukshin lavorava
come guardia di sicurezza. "Il salario bastava per la mia famiglia, e prima del
conflitto vivevamo bene," ricorda.
Ma la vita della famiglia Toplica fu gettata nel trambusto quando la NATO
intervenne militarmente alla fine del marzo 1999, dopo aver richiesto il ritiro
delle forze di sicurezza serbe dal Kosovo e la fine alla discriminazione contro
i kosovari albanesi.
"Tutti lasciarono le loro case una volta che iniziò il bombardamento in
Kosovo," ricorda Ukshin, aggiungendo che la sua famiglia seguì i propri vicini
albanesi e fuggì in Macedonia. "Non avevamo scelta," spiega. Invece, la maggior
parte dei kosovari non albanesi di lingua rom fuggirono oltremare al termine del
conflitto.
Circa 1 milione di persone hanno cercato rifugio in Macedonia ed in altri
paesi durante il conflitto, terminato nel giugno 1999 quando le forze serbe
furono respinte e le truppe NATO inviate sul territorio. Il ritorno degli
Albanesi innescò l'esodo di circa 200.000 Serbi, Rom, Askali, Egizi ed altre
minoranze.
"Tutti avevamo tanta paura," dice Ukshin della sua famiglia fuggita in
Macedonia. Nella confusione e nella fretta, furono separati ed arrivarono in
aree differenti della Macedonia settentrionale. "Dopo tre giorni, mi riunii con
la mia famiglia a Skopje. Eravamo terrorizzati e depressi perché non sapevamo
mai cosa sarebbe successo il giorno dopo."
Ukshin e sua moglie, Hatixhe, hanno lottato per vestire e nutrire i loro
sette figli a Skopje. Altri due sono nati nella capitale macedone. Grazie ad un
contributo di 210 €u. dell'UNHCR, hanno affittato una casa alla periferia di
Skopje. "Non c'erano possibilità di lavoro. A volte, pulivo le strade e mi
davano qualcosa. Dipendevamo dall'UNHCR," rivela.
Negli anni seguenti, circa 16.000 Serbi e Rom sono ritornati in Kosovo, ma la
famiglia Toplica era preoccupata per la situazione ed ha aspettato sino a
novembre dell'anno scorso prima di tornare. "Sono andato all'UNHCR ed ho
registrato la mia famiglia per ritornare, così ci hanno portato qui. Il giorno
che siamo rientrati in Kosovo è stato davvero emozionante, mia moglie ed i
bambini non ci credevano che eravamo a casa," dice Ukshin.
La famiglia si è trasferita nella casa rinnovata nel loro vecchio quartiere.
Lo staff UNHCR a Pristina visita regolarmente la famiglia per verificare il suo
reintegro. E' stato un anno di sfida. Nel mezzo della recessione globale, hanno
affrontato difficoltà economiche in un'area dove circa metà della popolazione
adulta è disoccupata. Ma hanno beneficiato di un pacco aiuto dell'UNHCR e dei
suoi partner, che includeva cibo per sei mesi ed assistenza extra-alimentare.
Ukshin si è unito anche ad un progetto UNHCR che aiuta chi ha fatto ritorno a
sviluppare nuove capacità e diventare autosufficienti. Ha acquistato un mini
trattore col rimorchio per raccogliere plastica e scarti da rivendere ad una
compagnia di riciclaggio. Inoltre usa il suo veicolo per fornire un servizio di
trasporto nel quartiere. "Ho la mia attività," dice Ukshin, aggiungendo:
"Possiamo vivere del nostro denaro e delle nostre fatiche."
I membri della famiglia Toplica si sentono pienamente integrati nella loro
comunità. Come per altri che han fatto ritorno in Kosovo, la sfida principale è
di migliorare le proprie condizioni di vita ed assicurarsi la sopravvivenza
economica. UNHCR continua ad offrire aiuto e consulenza.
Le elezioni regionali di domenica hanno visto la vittoria della coalizione
governativa di sinistra, guidata dal partito Směr-SD di Robert Fico. I
candidati romanì con più successo hanno partecipato nella regione di Prešov per
il Partito Coalizione Rom (Strana romské koalice - SRK). Riporta Roma Press Agency (Romská tisková agentura
RPA - www.rpa.sk) che soltanto Miroslav Daňo è stato eletto nel parlamento
regionale, con 2.491 voti nel distretto di Vranov
nad Topl'ou.
Ladislav Čonka (SRK) ha perso per pochi voti, con 2.273 in due
collegi dietro altri candidati eletti a Vranov. Štefan Kali (SRK) ha ricevuto
2.022 voti e Alfonz Kali (SRK) 1.988 voti. Il seggio di Daňo è quindi
l'unico ottenuto dall'SRK, anche se ha schierato un totale di 57 candidati nelle
regioni di Banskobystrický,
Košice e Prešov.
Iniziativa Rom di Slovacchia (Romská iniciativa Slovenska - RIS) aveva
candidati al parlamento regionale e tre candidati per le amministrative
regionali, tutti senza successo. A Košice, Jozef Červeňák concorreva
per il RIS come amministratore ed ha ricevuto 5.363 voti (4,1%). Il candidato
vincente, Zdenko Trebul'a, ha ricevuto il 60,25%. Soltanto il 22,93% dei votanti
registrati si sono presentati al voto.
A Prešov, si è presentato alle urne il 26,31% dei votanti registrati, dove il
candidato del RIS Radoslav Ščuka ha ottenuto 3.223 voti (2,13%). Il RIS
presentava un candidato anche nella regione di Banskobystrický, ottenendo 2.499
voti (1,84%). RPA riporta che l'affluenza al voto è stata del 27,06%.
13/11/2009 - La polizia in Romania ha ricercato a casa e trattenuto 12
persone, sospettate di trafficare sistematicamente mendicanti rom verso la
Finlandia.
Investigatori finlandesi e rumeni hanno lavorato assieme sin dall'estate
scorsa per confermare i sospetti che ci sia il crimine organizzato dietro il
flusso costante di componenti della minoranza rom verso le strade delle città
finlandesi (leggi anche
QUI ndr).
Alla fine di ottobre, le autorità di Helsinki hanno iniziato a smantellare le
baraccopoli e gli accampamenti illegali costruiti dai mendicanti rumeni.
Le baraccopoli nei quartieri Kyläsaari e Kalasatama di Helsinki sono state
abbattute, mentre almeno un container usato come riparo è stato trasportato via.
Molti degli allontanati dal campo di Kalasatama hanno lasciato il paese
all'inizio di novembre. Solo in quattro hanno detto di voler restare in città.
Per vostra conoscenza ed informazione, trascriviamo di seguito la lettera che
un gruppo di giovani gitani spagnola ha inviato al Consiglio d'Europa,
lamentandosi per la marginalizzazione degli artisti gitani in un contesto
culturale dedicato precisamente ai gitani spagnoli ed all'arte Flamenco.
SILVIA RODRIGUEZ Responsable de Comunicación de la Unión Romaní
Robert Palmer
Consejo de Europa
Dirección de Cultura y Patrimonio Cultural y Natural
PO Box 431 R6
Avenue de l'Europe
STRASBURGO Cedex
F-67075 Francia Robert.PALMER@coe.int
Spagna, 5 novembre 2009
Stimato Signor Palmer,
Siamo un gruppo di cittadini romanì spagnoli (gitani) ed utilizzatori del
Foro de la Cultura Kali (cultura gitana/romaní spagnola) di Internet e vogliamo
manifestare quanto segue:
Le nostre congratulazioni ed il nostro appoggio per la recente messa in
marcia della Ruta Europea de la Cultura y el Patrimonio Cultural de los Roma/Gitanos.
Siamo sicuri che questa iniziativa renderà possibile il miglioramento
dell'immagine sociale del Popolo Gitano d'Europa e contribuirà al
miglioramento delle relazioni interetniche nelle nostre società.
Assieme a questo, dobbiamo manifestare la nostra sorpresa ed
indignazione per la scelta di due artisti di origine etnica non-gitana/romanò
per rappresentare la cultura gitana/romanì di Spagna. E' questa, ci permetta
di esprimere il nostro sincero parere, una frode al pubblico ed
un'ingiustizia per la nostra cultura ed i nostri artisti.
In Spagna c'è un'enorme moltitudine di artisti etnicamente gitani/romaní,
che ogni giorno contribuiscono al sostentamento ed all'incremento del nostro
patrimonio culturale e che sono realmente quanti lo hanno generato. E'
ingiusto che li si releghi e che non si riconosca il loro enorme apporto non
solo al contesto culturale romaní, ma anche all'insieme della cultura
spagnola ed europea.
La cultura gitana spagnola ed i suoi musicisti hanno apportato al mondo
il flamenco, la rumba catalana ed un'enorme varietà di musiche attuali. Si
può affermare che la musica spagnola si sostiene grazie all'apporto romaní.
Il razzismo antigitano opera ancora nella nostra società in maniera tale
che malgrado la rilevanza artistica dei nostri musicisti, la critica non
riconosce loro il rispetto che meritano. Incluso quei supposti critici
musicali che negano l'apporto romaní/gitano alla creazione della musica
spagnola per antonomasia: il flamenco. Questo, anche se risulta
sorprendente, è abituale ed ha come conseguenza la maggior promozione di
artisti di flamenco di origine etnica payo (non-gitana), anche quando la
loro categoria artistica sia inferiore ad altri artisti, questi sì, gitani,
che rimangono relegati oppure esclusi dai circuiti commerciali della musica.
Ci aspettiamo da lei che prenda le decisioni opportune per evitare che in
seguito si ripetano episodi come quelli riportati, che discreditano davanti la
cittadinanza romaní europea l'istituzione che lei dirige e che danno fiato alla
sopravvivenza del più disprezzabile tra i mali sociali, il razzismo. Siamo
convinti che la Ruta Europea de la Cultura y el Patrimonio
Cultural de los Roma/Gitanos sarà un referente nell'attuazione della promozione
della nostra cultura, però si deve evitare che si converta in uno scandalo della
ragione e che serva solo perché gli artisti gachós (non-romaní) vivano a lato
della vera cultura romaní come, disgraziatamente, è successo tanto volte nel
passato e continua a succedere.
Per terminare, vogliamo manifestarle la nostra piena disposizione a
collaborare con la Direzione della Cultura del Consiglio d'Europa per risolvere
questo tipo di inconvenienti.
Te del o Del but baxt aj sastipen! ˇSalud y libertad!
Nicolás Jiménez Sociólogo 50.953.756 Q
José María Martínez Picón Psicólogo y Técnico de Intervención Social 23.031.596 V
Miguel Fernández Rodríguez Delineante 72.521.118 W
Antonio R. Fernández Rodríguez Pastor Evangélico 74.187.266 F
Vicente Rodríguez Fernández Realizador cinematográfico 53.722.745 N
Carmen Cabanillas Vázquez Vendedora 23793421 J
Ricardo Moreno Aguilera 28684349 Z Conductor gruista
Carlos Muńoz Nieto 50961322 Autónomo
Ramón Vázquez Salazar 28604888 H Realizador audiovisual
UNION ROMANI Dirección Postal/Postal Address: Apartado de Correos 202 E-08080 BARCELONA (Spain)
Di Fabrizio (del 09/11/2009 @ 09:32:38, in Europa, visitato 1829 volte)
segnalazione di Nadia Marino
di Carla OSELLA in "Pabay, nel mondo degli zingari" (ed. INTERFACE-AIZO)
Un giorno Pabaj mi telefonò dal bar emozionata: "Attilia, devi venire subito,
perché è arrivata mascia (nonna) Draga dalla Germania, la devi conoscere anche
tu, è una delle poche zingare che sono uscite dai lager, te ne avevo parlato
tempo fa, ricordi? Vieni in fretta, ti aspetto". Che bella sorpresa poterla
vedere, parlarle, ascoltare dalla viva voce un pezzo di storia, anche se tragica
di un periodo che non avevo mai vissuto. Sarei corsa immediatamente al campo
volando le scale, ma il giorno dopo avevo il compito in classe di matematica e
quindi non potevo andare impreparata; ci pensai un attimo, poi decisi che avrei
potuto rubare un po’ di tempo al sonno il giorno dopo, anche se al mattino ero
sempre stanca e facevo fatica ad alzarmi.
Mascia Draga valeva bene un po’ di sonno! Quando arrivai, c’erano molti Rom
accanto a lei, uomini, donne, ma, nonostante facessi degli sforzi per vederla,
non ci riuscivo perché era coperta da una piccola folla. In un angolo trovai una
sedia vuota e vi salii sopra per vederla. Era una donna minuta, molto anziana,
con un diclò (fazzoletto) verde intenso che le copriva i capelli, aveva una
maglia rossa da cui spuntava una camicetta con la gonna lunghissima, come
portavano le donne del campo.
Lei parlava piano e c’era attorno silenzio, davvero strano in un ambiente sempre
chiassoso e pieno di bambini, ma loro non c’erano. Infatti, quando succede
qualcosa d’importante, i bambini vengono allontanati. Vidi solo Sanella
seminascosta dietro la gonna di sua nonna.
A poco a poco molti Rom se ne andarono e nella baracca rimasero solo poche
donne, allora Pabaj mi disse: "Vieni, che ti faccio conoscere la Mascia!".
Mi avvicinai a quella zingara un po’ intimorita, aveva qualcosa di misterioso,
che non sapevo definire. Appena si accorse della mia presenza mi disse: "Vieni
piccola gagì, fammi vedere il viso" e, mentre mi diceva questo, cominciò a
fissarmi negli occhi. "Hai il viso buono - mi disse - perciò puoi essere amica
dei Rom".
Sentii che arrossivo fino alle orecchie per quel complimento e mi sembrò di
essere ancora più piccola. Nonna Draga mi fece un vero e proprio interrogatorio
chiedendomi qual era il motivo per cui venivo al campo e se mi piacevano gli
zingari.
Le spiegai il mio desiderio di conoscere meglio chi viveva nelle roulottes. "Tu
sei la figlia dei signori delle case di pietra, cosa ci fai in mezzo a questa
brutta gentaglia zingara?".
Mi colpì l’ironia con cui diceva quella frase; allora intervenne Pabaj a
spiegarle che ero sua amica da molto tempo.
Avrei voluto chiederle tante cose del suo passato, della sua deportazione nel
più grande campo di concentramento nazista, ma non osavo. Pabaj però leggeva le
mie domande negli occhi e fece lei la domanda che mi interessava. "Le abbiamo
parlato molto di te, voleva sapere qualcosa della tua giovinezza".
Un’ombra di tristezza passò sul suo viso, si strinse le mani con forza, quasi a
voler scacciare il passato, e mi rispose: "Non mi piace parlare del passato,
perché è stato una cosa troppo angosciante, ma forse è importante che la gente
sappia che anche il popolo zingaro, come il popolo ebreo, ha pagato con oltre
cinquecentomila morti la follia del nazismo. Anche per noi c’è stato
l’olocausto".
Mi sedetti accanto a lei in silenzio per ascoltare una storia sconosciuta ai
più. Raccontò che abitava in una piccola città della Francia, quando una notte
arrivò la GESTAPO (la polizia nazista) nel campo.
"Era un piccolo campo come questo con le baracche, faceva freddo, era tardi ed
eravamo tutti a letto. Sono entrati con i mitra spianati e ci hanno fatto
scendere, dicendoci che ci portavano in un posto dove raccoglievano tutti gli
zingari; il mio papà cercò di spiegare all’ufficiale che eravamo nomadi capitati
lì per caso, che non eravamo neppure francesi, ma loro non vollero sentire
nulla".
Sua madre coprì bene il fratellino più piccolo e lo mise in braccio al padre,
mentre aiutava gli altri a vestirsi in fretta per evitare qualsiasi questione
con i poliziotti. Poi li portarono ad una stazione, di cui lei non ricordava
neppure il nome, e vennero caricati su un carro merci.
"Avevamo molta paura e anche tanta fame. Il viaggio fu molto lungo, durò
parecchi giorni, finché arrivammo ad una piccola stazione polacca, in uno strano
posto davanti ad un cancello di ferro dove c’era scritto in tedesco "Arbeit
Macht Frei", cioè "Il lavoro rende liberi".
Guardandoci attorno, vedevamo che dagli altri vagoni scendevano dei gagé, donne
con i bambini cariche di borse e valigie. Ad un certo punto si separarono: un
gruppo da una parte "per le docce"- dicevano - e noi dall’altra.
Ma quando la colonna incominciò la sua lenta marcia, vidi che era composta di
ammalati e di bambini. Mi sentii gelare il cuore con il presentimento che
qualcosa dovesse succedere; quel giorno fu l’ultima volta che vidi la mamma".
Il racconto diventava sempre più interessante, la baracca si era di nuovo
riempita di persone; chi era seduto ai piedi della mascia Draga, chi stava
diritto, tutti pendevano dalle sue labbra. "Solo quando i russi giunsero al
lager, seppi che mia madre era stata messa nei forni crematori, dopo essere
passata dalle docce".
Mentre parlava, si asciugò con il dorso della mano le lacrime che le scendevano
dal volto. "A noi hanno fatto un segno che ho ancora sul braccio". Si tirò su la
manica e potei leggere bene inciso "Z24161". La nonna disse: "Vi racconto tutto
ciò che ho visto e vissuto, ma non è da raccontare ai bambini; invece è
importante capire che l’odio porta al razzismo e il razzismo uccide in molti
modi, con la morte fisica e con quella morale". Mi spiegò come si poteva
uccidere il cuore degli uomini con l’emarginazione:
"Tu sei un gagì, cosa vuoi sapere di queste cose? Tu vivi bene nella tua casa,
nessuno viene a controllarti. Per noi invece non è così, quando vai a fare la
spesa, ti servono prima degli altri, perché hanno timore che rubi qualcosa, o se
sali sul tram, nessuno si siede vicino a te, perché sei zingaro. Si rifiutano
non solo di parlarti, ma di starti accanto, quasi avessimo la peste".
Sentivo che era dura, ma la capivo, perché anch’io a scuola avevo dovuto lottare
con i miei compagni per difendere gli zingari; ricordavo ancora l’episodio in
cui un bambino mi aveva detto con disprezzo: "Sei solo una zingara" e io l’avevo
ringraziato, perché, se avessi potuto scegliere, avrei proprio voluto essere
zingara.
"Ma - riprese mascia Draga, dopo un po’ di silenzio - bisogna imparare sin da
piccoli a capire che tutti hanno il diritto di vivere. Il sole sorge per tutti e
la pioggia cade per tutti, tutti abbiamo fame e tutti abbiamo sete, ci sono
tante cose simili per i gagé e simili per gli zingari ed anche per i neri
dell’Africa, bisogna scoprirle".
Dopo un momento aggiunse: "Hai una nonna? Vai da lei e chiedile cosa vuol dire
ciò che ti ho detto. Chi ha vissuto molto, ha acquistato saggezza e bisogna
imparare ad ascoltare il passato per non commettere gli stessi sbagli per
l’avvenire". Nonna Draga abbassò la voce quasi volesse parlare a se stessa e
disse: "Non potevo ritornare in quel posto, ma ci sono andata alcuni anni fa e
ho pianto di rabbia, vedendo Auschwitz diventata un museo e constatando che in
mezzo alle baracche, dove sono morte migliaia di persone, i ragazzini spesso
mangiano patatine fritte e bevono Coca-Cola".
Spiegò: "Ho voluto andare a vedere le baracche del settore zingaro, ma le
intemperie le hanno distrutte. C’è solo uno spiazzo vuoto, però ho sempre in
tasca un pezzo di pietra che ho raccolto".
Poi si alzò con maestà dalla sedia, come se fosse una regina e con voce più
forte soggiunse: "Quando sarai grande, ricordati di ciò che ti disse una vecchia
zingara: la pace tra i popoli nasce cercando i valori che uniscono e non le
divisioni. Facciamo attenzione che il nazismo non torni in Europa, già troppi
innocenti hanno pagato".
Ero rimasta senza fiato; quella piccola donna minuta, dalla voce giovane, aveva
raccontato cose mai sentite. Avrei voluto abbracciarla, ma non osavo davanti a
tutti i Rom, tuttavia quando l’avvicinai, lei mi strinse forte e mi fece una
carezza.
"Vai, piccola gagì, oggi ho parlato troppo per la mia età".
La tregua invernale delle espulsioni locative comincia oggi (2 novembre ndr)
e finirà il 15 marzo. Ma le popolazioni che vivono nelle roulottes non sono
interessate a questa misura. I Rom per esempio sono contrari a cambiare
accampamento, cosa che peggiora la loro situazione sanitaria.
Senza libretti sanitari, ancora meno medici curanti ed per finire poco di
cure. La situazione dei Rom, espulsi regolarmente dei loro accampamenti,
preoccupa Médecins du monde. I volontari dell'OnG si recano nei campi e
constatano in particolare che bambini non sono vaccinati contro malattie come il
tetano, cosa che pone un problema di sanità pubblica.
[...]
Tra i 200 e i 400 Rom sono per esempio stati espulsi martedì dalla CRS
(Compagnies Républicaines de Sécurité ndr) dai loro accampamenti di Villetaneuse
a Seine-Saint- Denis che occupavano da luglio. Il 14settembre la giustizia ha
dato ragione ad un società proprietaria del terreno di cui aveva chiesto
l'evacuazione. 88 Rom avevano accettato una proposta di sistemazione volontaria
ad agosto. Carine Juste, sindaca comunista di Villetaneuse, aveva sottolineato
la partecipazione dei comuni al finanziamento dei campi d'inserimento di Seine-Saint-
Denis. Ma aveva giudicato l'impegno dello Stato "non all'altezza" in un
settore che impegna "la responsabilità nazionale ed europea".
L'arrivo della tregua invernale, che sospende le espulsioni tra il 1 novembre
e il 16 marzo, non riguarda i Rom. Associazioni di sostegno ai gitani, gens du
voyage e Rom hanno chiesto quest'ultime settimane che la tregua invernale si
applichi all'habitat mobile. Vedono nella situazione attuale una
discriminazione supplementare per queste popolazioni.
In Francia, 400.000 persone sono ufficialmente registrate come "gens du
voyage e Rom". Un terzo è ancora nomade ed il 95% di loro sono Francesi. Il
termine di Rom designa in Francia soprattutto Zigani d'origine rumena, bulgara o
iugoslava. I Rom sono la più grande minoranza dell'Europa con quasi 10 milioni
di persone. Sono all'origine un popolo nomade i cui antenati hanno lasciato il
Nord-ovest dell'India all'inizio dell'XI secolo. Sono stati allora catturati e
messi in schiavitù prima di disperdersi attraverso l'Europa.
Di Fabrizio (del 06/11/2009 @ 09:29:08, in Europa, visitato 2027 volte)
Ho seguito la storia della piccola
Natálka e della sua famiglia da questa primavera. Ora che hanno di nuovo una
casa, ci sono altre buone notizie. Da
Czech_Roma
E' terminata l'operazione conclusiva di Natálka, ora si siede e gioca
Lo scorso aprile nella città di Vítkov, alcuni razzisti causarono bruciature
sull'80% del corpo della piccola Natálka, durante un attacco incendiario. Ieri
ha finalmente passato l'ultima operazione di inserimento della pelle. Michal Kadlčík,
a nome dell'equipe dell'ospedale, ha detto alla Televisione Ceca che
l'operazione rimpiazzava il finale 7% della pelle della bambina. Durante gli
scorsi sei mesi, i chirurghi hanno sostituito la pelle ustionata di Natálka,
prima con pelle artificiale e poi gradualmente con innesti di pelle vera presi
dalle parti del corpo che erano state risparmiate dalle ferite.
Per il momento, Natálka rimarrà nell'unità di cura intensiva. Sua madre,
Anna Siváková, gioisce per il miglioramento del suo stato di salute. "Sta già
seduta e gioca. Sta anche iniziando a mangiare normalmente, ha appena pranzato,"
ha detto Siváková a Romea.cz. Natálka probabilmente subirà in futuro altre
operazioni a membra e giunture.
Dopo lo shock iniziale e la paura seguiti all'attacco, Anna Siváková ha
iniziato a credere che
Natálka sarebbe sopravvissuta. "Ho creduto che avrebbe recuperato - l'ho
cresciuta e so com'è, è veramente forte," ha detto Siváková a Romea.cz in una
recente intervista.
Siváková spera anche che grazie al successo delle operazioni, la famiglia
gradualmente possa cambiare il modo in cui sono stati obbligati a vivere da
quell'attacco con le molotov. "Ora per me tutto è completamente sottosopra. Non
ho tempo per me e per le altre bambine. Mi sveglio la mattina, preparo la
colazione, mi vesto, prendo il treno, visito Natálka,e torno a sera tardi.
Questo è ciò che faccio, giorno dopo giorno, quasi ogni giorno," dice Siváková.
"So che con Natálka questa situazione sarà differente, perché lei era
eccezionale prima dell'attacco... E' sempre stata avanti agli altri bambini
della sua età...ad un anno già camminava. Prima dell'attacco, parlava
splendidamente, pulito, senza imperfezioni, sapeva nominare tutto correttamente
e pronunciare tutto, andava sul vasino da sola, mangiava da sola, beveva il te
ed il succo - era molto indipendente."
Ieri, le altre tre figlie di Siváková guardavano una trasmissione della TV
Ceca sulla loro sorella. "Era la prima volta che la vedevano da quell'attacco,
sullo schermo, e le ha coinvolte profondamente. Ora va un po' meglio," dice
Siváková.
I genitori di Natálka stanno cercando di portarla nella nuova casa che
attualmente stanno sistemando. Siváková ha detto a Romea.cz che i lavori
stanno facendo rapidi progressi. Resta da terminare l'intonaco esterno, il
bagno, i vani portaoggetti e le scaffalature, prima dell'imbiancatura. "Abbiamo
dovuto re-intonacare tutti i muri interni e cambiare i sistemi elettrico e di
scarico. Cavi e tubature ora sono a posto, Pavel oggi passerà il cemento," dice Siváková.
František Kostlán, translated by Gwendolyn Albert
Sempre da
Czech_Roma, un'intervista ai genitori
di qualche giorno prima. E' lunghetta, leggetela a puntate o nel fine settimana
Anna Siváková: Sperare non basta, devi credere
Questa è un'intervista con Anna Siváková e Pavel Kudrik, i genitori di
Natálka, la piccola quasi bruciata viva in un attacco incendiario all'inizio di
quest'anno. Abbiamo discusso con loro su cosa hanno provato dopo l'attacco, come
tutta la storia li ha cambiati ed ha cambiato la vita della loro famiglia, e su
tutte le conseguenze che si sono sviluppate dal caso. L'intervista è stata
dolorosa, non solo per loro, ma anche per noi. Però, abbiamo concordato che fa
bene condividere queste esperienze col resto del mondo, così da rivelare la
piena estensione dell'orrore e della mancanza di senso della violenza commessa
dai fanatici razzisti. Abbiamo discusso di sentimenti e relazioni con la signora Siváková
e di questioni pratiche col signor Kudrik.
Intervista con Anna Siváková
Come ti ha coinvolto questo tentativo di uccidere la tua famiglia? Che
tipo di cambiamenti ha causato nella vita ordinaria di ogni giorno?
Ci resterà addosso per il resto della vita. E' passato ora metà anno, e da
quel giorno continuiamo a riviverlo. Prima dell'attacco vivevamo una vita
tranquilla, tutta la famiglia assieme. Non sospettavamo neanche che cose simili
fossero possibili in questo mondo. Questo starà con noi sempre, sempre. Ogni
volta che vediamo Natálka, avremo questo attacco di fronte a noi.
Ora per me tutto è completamente sottosopra. Non ho tempo per me e per le
altre bambine. Mi sveglio la mattina, preparo la colazione, mi vesto, prendo il
treno, visito Natálka,e torno a sera tardi. Questo è ciò che faccio, giorno dopo
giorno, quasi ogni giorno.
Quali furono i tuoi primi pensieri dopo l'attacco, quando eravate feriti
nell'ospedale e Natálka non era con voi?
Erano sensazioni terribili, non potevo dormire, non potevo mangiare, pensavo
a lei tutto il tempo, a cosa le stava succedendo, dov'era, alla sua figura...
Chiedevo alle infermiere e a dottori, ma nessuno mi diceva cosa le succedeva e
com'era la sua situazione. Aggiravano sempre l'argomento, perché io pure ero in
cattive condizioni per le mie ustioni. Così chiesi il numero di telefono
dell'ospedale dove era curata Natálka, per parlare con i dottori che la
assistevano. Il suo dottore mi disse che la inducevano al sonno artificiale, a
causa delle sue terribili bruciature, e mi prepararono al peggio. Mi dissero che
sarebbe stato difficile per una bambina che non aveva ancora due anni di
sopravvivere a bruciature così estese.
In quel momento, avevo orribilmente paura. Paura di perdere Natálka – a ciò
non sarei sopravvissuta.
Dopo le paure iniziali, quando hai iniziato a sperare che si sarebbe
salvata?
Non speravo: io credevo. Sperare non è abbastanza, io ho creduto che avrebbe
recuperato - l'ho cresciuta e so com'è, è veramente forte. Quello che voleva
"doveva essere".
Com'era Natálka prima dell'assalto?
So che con Natálka questa situazione sarà differente, perché lei era
eccezionale prima dell'attacco. Ho quattro figlie, e Natálka per la sua età è la
più sveglia. E' completamente speciale. E' sempre stata avanti agli altri
bambini della sua età. Mi prendevano in giro e mi chiedevano dove l'avessi
trovata, perché era completamente differente dagli altri bambini. Natálka ad un
anno già camminava. Prima dell'attacco, parlava splendidamente, pulito, senza
imperfezioni, sapeva nominare tutto correttamente e pronunciare tutto, andava
sul vasino da sola, mangiava da sola, beveva il te ed il succo - era molto
indipendente.
Pensi che questa eccezionalità l'abbia aiutata a sopravvivere?
Sì.
In qualche maniera a ricominciato ad essere se stessa?
Ancora non parla, perché ha un tubo nella gola, ma è già intelligente.
Persino testarda. E' ancora "il generale", sa cosa vuole e l'ottiene, le
infermiere ed io dobbiamo darle ciò che vuole.
Come fa a farvi capire cosa vuole?
Con gli occhi, o indicando. Se non capisco, glielo chiedo e le mostro tutto
finché lei non annuisce.
Le altre tue figlie hanno sei, nove e dieci anni. Come stanno reagendo?
Male. Vogliono andare a trovare la sorellina, perché non l'hanno vista per
metà di un anno, dall'assalto, ma il capo dei medici dice che al momento non è
possibile.
Hanno avuto esperienze negative a scuola o nell'ambiente attorno, a causa
di ciò che è accaduto?
Non gli piace quando qualcuno da fuori le chiama, o quando lo fa un estraneo.
Sono sempre arrabbiate, sempre. Chiunque sia, imprecano contro di me, dicendo
che non possono parlare di lei e che ladevono lasciare sola, restarsene fuori -
ma le compagne di scuola delle mie figlie le trattano bene.
Tutto ciò come ha influenzato la loro psiche?
Hanno degli incubi e non dormono bene. Il fatto che non sopportino che
degli estranei dicano il loro nome, mostra quanto sono state profondamente
colpite. La più grande, che già capisce cosa sta succedendo, è quella che
patisce di più. Non solo non dorme più, ma incolpa se se stessa, dice che
avrebbe dovuto succedere a lei e non a Natálka. Abbiamo provato a discutere con
lei, a dirle che non può pensare così, che non è per niente colpa sua. Ha
iniziato ad andare dallo psicoterapeuta.
Le vostre figlie sanno chi ha fatto questo e perché?
Beh... col tempo ne hanno sentito alla televisione o letto sui giornali, così
sanno chi è stato e perché l'hanno fatto. All'inizio hanno cercato di ottenere
più informazioni possibili da noi, non capivano. Chiedevano: Perché l'hanno
fatto a noi, che non abbiamo fatto male a nessuno?
Cosa le dicevate?
Non sapevo cosa dire. Pavel neanche. Ho detto loro che avrei voluto sapere
anch'io la risposta.
Come vi ha cambiati tutto ciò?
Sono più sensibile agli altri di quanto lo fossi prima, come quelli che hanno
bambini seriamente malati, o che vivono le conseguenze di un alluvione. Mi
commuove terribilmente ascoltare storie simili - mi interrompo e piango, mi
chiedo perché debbano accadere queste cose. Per me è stato un grande
cambiamento. Una persona che è stata ferita ha compassione per tutti e si
coinvolge nell'altrui sfortuna.
Pensi che almeno qualcuno di quelli che vi sono attorno sia cambiato in
modo simile?
Lo penso, qui in questo posto dove abbiamo la nostra nuova residenza. ma non
a Vítkov. Oggi quello è il posto peggiore per miglia e miglia, in termini di
relazioni con i Rom.
Com'era Vítkov prima di quell'attacco?
Prima dell'assalto in generale i locali non parlavano bene dei Rom, ma non
l'hanno mai fatto verso di noi direttamente.
Hai passato un'esperienza molto seria. Quando ne parli apertamente, pensi
che potrebbe aiutare perché cose simili non succedano più, o che violenze di
questo tipo possano almeno diventare meno accettate dalla società rispetto ad
adesso?
Non lo so, ognuno è differente, giusto? Difficile da dire. Prima noi non
avevamo il minimo sospetto che potesse succedere una cosa simile. Non sapevamo
del razzismo, del neo-nazismo, o di questo tipo di attacchi. La responsabilità
non dovrebbe essere dei soli governo e polizia, la gente in generale dovrebbe
fare ogni cosa possibile per essere sicura che cose simili non accadano più,
perché è orribile. Devono capire, una volta per tutte, che anche noi siamo
persone, di carne e ossa, proprio come loro. E' lo stesso se siamo bianchi o
neri, il punto non è il colore. Questi razzisti vivono tra noi, mi chiedo se non
si può fare nulla, ma la gente non dovrebbe giudicare sulla base del colore
della pelle.
Cosa pensi degli assalitori?
Penso che non possono essere normali. Una persona normale non farebbe mai una
cosa simile. Non è stata spontanea, hanno dovuto prepararla, e sapevano in
anticipo che stavano per nuocere a qualcuno. Non so come chiamarli.
Cosa vi sarebbe successo se così tante persone non avessero contribuito
alla raccolta dei fondi? Ci pensi talvolta, o è per te un argomento difficile?
E' molto difficile chiedere aiuto agli altri. E' un segno della loro buona
volontà che potessero aiutarci. E' un grande avvenimento il loro aiuto. Non mi
aspettavo che fosse raccolto così tanto denaro, che avremmo trovato un posto
dove stabilirci in una nuova casa.
Sapere che ci fosse così tanta gente solidale con voi ti ha cambiato?
Sì, certamente. Mi ha cambiato. Senza il loro aiuto non avremmo potuto
vivere. La nostra vita si sarebbe fermata. Non saremmo stati capaci di
ricominciare nell'ambiente dove viviamo ora... Mi fa sentire meglio che ci sia
gente simile tutto attorno a noi, che ci sia così tanta brava gente.
Stai gestendo ogni cosa in maniera ammirevole. Dove trovi la forza? Da
dove la ricavi?
Natálka mi da la forza. Non so cosa avrei fatto se non fosse per lei.
All'inizio, non potevo alzarmi, non potevo stare in piedi. Mi ha aiutato vedere
come Natálka cambiava nel tempo, come migliorava giorno per giorno. D'improvviso
mi dissi che non potevo buttare via la mia vita, che dovevo fare qualcosa e
prendermi cura di lei. Se non io, chi l'avrebbe fatto? Mi sono rialzata, proprio
letteralmente. So che nessuno può prendersi cura delle mie figlie meglio di me.
Mi ha rimesso in piedi.
Gente crudele
Intervista con Pavel Kudrik
Il sindaco di Vítkov nella rivista Respekt ha detto che la vostra vecchia
casa andò in fiamme così rapidamente perché colpevolmente lì era immagazzinata
della benzina.
Questo davvero mi ha fatto arrabbiare. Non avevamo nessuna benzina nella
casa. Mio suocero non me l'avrebbe permesso, perché lì stipava la legna perla
stufa. Non mi era neanche permesso di parcheggiare la macchina di fronte
all'ingresso o nel granaio - dovevo parcheggiare distante. La polizia di Vítkov
lo sa molto bene, perché una volta mi diedero una multa perché avevo
parcheggiato in una zona dove era vietato, visto che non c'era un altro posto
dove lasciare la macchina.
Stai lavorando per restaurare la nuova casa. Hai potuto conoscere meglio
i tuoi nuovi vicini?
Sì, sono molto gentili e servizievoli.
Stai avendo problemi con le riparazioni?
Non posso dedicarmi ad un lavoro regolare fino a ce non ho finito le
riparazioni, perché mi prendono tanto tempo e vogliamo finire il prima
possibile, così Natálka potrà tornare a casa. Dal primo novembre dovremo anche
iniziare a pagare l'ostello dove temporaneamente stiamo vivendo, perché da quel
giorno saremo registrati all'ufficio catastale come proprietari della casa che
stiamo sistemando.
Come pensi che l'attacco abbia cambiato i vostri bambini?
Penso che il cambiamento più grande è che hanno smesso di aver fiducia nella
gente. Non sono sicuri se chi si avvicina abbia buone intenzioni o meno.
Qual è il tuo sentimento più forte in tutta questa vicenda?
Preoccupazione e paura per la mia famiglia. Probabilmente non mi libererò
mai di questa paura. E' nella mia testa tutto il tempo, in maniera inconscia,
anche se vorrei dimenticare non posso.
Cosa dici del fatto che la polizia ha arrestato i quattro uomini, li ha
accusati di tentato omicidio e li tiene in custodia?
Una liberazione. Anche la mozione per bandire il Partito dei Lavoratori mi
da buone sensazioni. Sembra che recentemente la polizia e l'attuale governo
stiano facendo del loro meglio per agire su tutto ciò.
Cosa ne pensi di chi vi ha assalito?
Sono completamente senza cuore.
Markus Pape, František Kostlán, translated by Gwendolyn Albert
BELGRADO, 28 ottobre (IPS) - I Balcani hanno il primo museo sui Rom, per
raccontare la storia di uno dei gruppi etnici meno privilegiati nella regione
"Questo è praticamente il primo museo sulla cultura rom in questa parte
d'Europa, volto a cancellare il pregiudizio profondamente radicato che i Rom
siano illetterati o non lascino tracce della loro esistenza" ha detto Dragoljub
Ackovic, direttore del museo, all'inaugurazione del 21 ottobre.
"L'idea di raccogliere scritti sui Rom e la loro vita risale a 50 anni fa, ma
è stata costantemente negata anche se il gruppo arrivò nei Balcani secoli
fa."
Non ci sono statistiche precise su quanti Rom vivano nella regione, ed i dati
delle nazioni dell'ex Jugoslavia: Bosnia,Croazia o Serbia sono soprattutto
stime. Per la Serbia, il numero può variare dai 105.000 del censimento 2002 alle
stime di 600.000 delle OnG Rom.
Prima della guerra 1992-95, si riteneva ci fossero in Bosnia oltre 50.000
Rom, ma dato che non vi è stato più alcun censimento dal 1991, il loro numero
rimane sconosciuto. Si stima anche che tra i 30.000 e i 40.000 Rom vivano in
Croazia, anche se il censimento 2001 indicava soltanto 9.463 membri di questa
comunità.
"Quando c'è il censimento i Rom sono esitanti a dichiarare la loro etnia," ha
detto Ackovic a IPS. Preferiscono citare la loro provenienza locale, sperando
così di mischiarsi con più successo. A parte ciò, molti di loro sono comunque
analfabeti e non hanno documenti personali adatti ad essere conteggiati in un
censimento."
La Serbia ha iniziato un anno fa a fornire ai Rom documenti personali
adeguati e assistenza sociale di base [...]
Annunci sui media elettronici pubblicizzano la registrazione gratuita negli
uffici municipali, cosicché i Rom di tutte le età, possano ottenere certificati
di nascita e documenti personali, obbligatori per i maggiori di 16 anni. I
certificati ed i documenti personali sono la base per entrare nel sistema
socio-sanitario.
"Sta procedendo lentamente," ha detto Rajko Djuric a IPS. E' un importante
attivista rom ed è l'unico membro di quest'etnia ad esser diventato membro della
prestigiosa Accademia Serbia delle Scienze e delle Arti. "Tanti Rom sono
analfabeti. Aprendo questo museo vogliamo mostrare che le cose sono differenti e
possono cambiare, può essere d'aiuto a cancellare il pregiudizio."
Il piccolo museo di Belgrado si trova al piano terra in un salone di 75 mq
che si affaccia su una strada trafficata. Ha aperto con un'esibizione intitolata
"Álava e Romengo" (Mondo dei Rom), che presentava oltre 100 documenti, inclusa
una copia del più antico testo scritto in lingua rom, pubblicato nel 1537 in
Inghilterra, ed una copia del primo libro sui Rom pubblicato in Serbia nel 1803.
Il libro intitolato "Zingari" contiene fiabe e racconti tradizionali rom.
Altri 300 libri in lingua rom possono essere letti in forma elettronica, su
dieci computer in una delle sale del museo. La lingua rom, ufficialmente "romani
chib", consiste in diversi dialetti, come il vlax romanì parlato da si stima 1,5
milioni di persone, seguito dai dialetti balcanici, carpatici e sinti, ognuno
parlato da diverse centinaia di migliaia di persone.
Analisi della romani chib hanno mostrato che è strettamente imparentata con
le lingue parlate nell'India centrale e settentrionale. Le relazioni
linguistiche indicano le origini del popolo rom.
Tra questi c'è un libro di una scrittrice rom scarsamente conosciuta, Gina
Ranicic, vissuta a metà del XIX secolo, e copie del giornale "Romano Lil" (Voce
dei Rom), stampato a Belgrado dal 1935 sino all'occupazione tedesca nel 1941.
Ci sono anche diverse copie di un singolare dizionario tedesco-serbo-rom
compilato dai Rom imprigionati nei campi attorno a Belgrado durante la II guerra
mondiale, otto copie della Bibbia tradotta in romanì decenni fa, e diversi libri
sulla grammatica della lingua rom.
Un tabellone sul muro illustra le rotte storiche dei Rom arrivati nei
Balcani. Il primo fu un gruppo da circo che arrivò in Serbia nel 1322, dalla
Grecia. Molti Rom arrivarono con l'occupazione turca dei Balcani alla fine del
XIV e nel XV secolo. Vecchie registrazioni turche in Serbia mostrano che nel XVI
secolo la maggior parte delle grandi città avevano "mahalas" (quartieri) rom, i
cui abitanti erano "fabbri, cantanti e ballerini".
"La storia è una cosa, ma la vita attuale è un'altra," ha detto Dragan Djilas,
sindaco di Belgrado, all'apertura del museo. La città di Belgrado, la più grande
OnG Rom chiamata "8 aprile" (dal giorno internazionale dei Rom, ed
organizzazioni rom internazionali hanno finanziato il museo.
"Non c'è dubbio che il contributo dei Rom alla storia e alla cultura di
Belgrado è stato grande," ha detto Djilas (42) a IPS."Ma nei decenni passati le
cose sono cambiate, ed oggi si sente spesso qualcuno dire: nessun bambino rom
con mio figlio a scuola, cosa inimmaginabile quando sono cresciuto io."
Negli ultimi due decenni, da quando sono iniziate le guerre di
disintegrazione dell'ex Jugoslavia, i nazionalismi e gli odi interetnici hanno
cambiato anche il punto di vista della gente verso i Rom.
In tutta la ex Jugoslavia, i bambini rom sono mandati in scuole per bambini
con ritardi mentali, anche se sono perfettamente sani. La ragione riportata
dalle autorità dell'istruzione di solito è che i bambini non parlano abbastanza
bene la lingua locale, ed hanno bisogno di tempo per imparare ed adattarsi ai
programmi normali.
Uno sguardo della recente ricerca sui Rom al museo fornisce un'immagine cupa,
anche se questa decade è stata internazionalmente proclamata come quella dei Rom
e del miglioramento delle loro vite.
In Bosnia, uno studio dell'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione
Europea (OSCE) ha trovato che il 70% della popolazione rom di 50.000, è andato
disperso durante il conflitto 1992-95, il 60% dei Rom nella Bosnia attuale è
illetterato, il 90% non ha assicurazione sanitaria, il 70% non è capace di
vivere senza l'assegno sociale (20 dollari al mese) e l'80% non è scolarizzato.
In Serbia, uno studio simile di "8 aprile" ha trovato che la maggioranza dei
Rom vive in 600 "città di cartone" attorno alle grandi città. L'aspettativa di
vita per le donne è di 45 anni, 56 per gli uomini. Oltre il 70% sono analfabeti,
e soltanto lo 0,4% ha studiato all'università.
"C'è una sola cosa peggiore di essere una donna in Serbia, ed è essere una
donna rom," ha detto a IPS Jasna Ilic, del centro donne rom Bibija. "Quasi tutte
le donne rom, che si sposano molto presto, vivono per prendersi cura del
gran numero di bambini che hanno. I genitori non vogliono investire nella
loro educazione e così andranno maritate ad un'altra famiglia, e quello che le
attende è in molti casi, violenza familiare e cura senza fine degli altri."
Una ricerca dell'Istituto per gli Studi Antropologici in Croazia mostra che
un quinto degli uomini rom e il 40% delle donne rom non è mai andata a scuola, e
quanti l'hanno fatto, ci sono rimasti soltanto cinque anni invece di otto. Le
ragazze in media si sposano a 16-17 anni ed hanno quattro figli. Soltanto un
quarto degli uomini ha un impiego - soprattutto lavori temporanei. (END/2009)
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