Di Fabrizio (del 08/12/2013 @ 09:03:34, in scuola, visitato 1854 volte)
E' arrivata la soluzione dopo le polemiche e le accuse di razzismo
05/12/2013 - L'ISTITUTO FU AL CENTRO DI UN CASO MEDIATICO A SETTEMBRE Il
sindaco del piccolo centro della Bassa Novarese: "Sono attesi venti scolari per
la primaria e venticinque per l'asilo-scuola dell'infanzia". Di ROBERTO
LODIGIANI su
LA STAMPA
La scuola primaria di Landiona, nella Bassa Novarese, non chiuderà. Avrà infatti
lo stesso numero di scolari di quest'anno, una bimba del paese e i piccoli sinti
del vicino campo.
Scongiurato, dunque, il pericolo di blocco delle lezioni che aveva indotto molte
famiglie a portare i figli le vicino paese di Vicolungo.
Lo annuncia il sindaco Marisa Albertini: "Alla riunione convocata dalla
Provincia per discutere del dimensionamento scolastico per il 2013-2014 abbiamo
presentato una determina che conferma i numeri degli attuali iscritti. Sono
attesi venti scolari per la primaria e venticinque per l'asilo-scuola
dell'infanzia".
In queste settimane prosegue il monitoraggio degli scolari che effettivamente
prendono posto tra i banchi: "Le presenze nella pluriclasse sono stabili e
questo E' un dato di fatto confortante - dice Marisa Albertini -. A decidere il
destino della scuola primaria sarà la direzione didattica ma lo farà sulla base
dei numeri che finora continuano ad essere confermati".
Nel settembre scorso la struttura di via XI febbraio era rimasta coinvolta in un
caso mediatico poi rivelatosi privo di consistenza: un'accusa di razzismo era
stata rivolta ai genitori di Landiona che avevano deciso di iscrivere i figli
alla scuola di Vicolungo per evitare la pluriclasse con i coetanei sinti.
Il caso si era sgonfiato quando emersero le vere ragioni che avevano indotto il
trasferimento: "Si temeva che gli studenti non fossero in numero sufficiente per
mantenere in paese le lezioni, il razzismo non ha nulla a che fare con
l'iscrizione alla scuola di Vicolungo" fu la versione riferita dalle mamme
landionesi.
Contro un "corvo" che da anni manda al Comune lettere-esposto che riguardano
anche la realtà scolastica del paese, il sindaco ha deciso di fare ricorso a un
avvocato: "Intendiamo cautelarci - spiega -. Le argomentazioni sollevate negli
esposti sono state tutte verificate dagli enti competenti ma le analisi non
siano giudicate sufficienti e le segnalazioni continuano. Sappiamo chi E' e
abbiamo dato mandato a un avvocato per cautelarci nei suoi confronti". Per il
piccolo Comune E' una spesa non da poco: costerà 2.215,20 euro.
Di Fabrizio (del 09/12/2013 @ 09:00:13, in Regole, visitato 2048 volte)
In base alle statistiche del 2010, i Rom che risiedono a Roma sono 7.177,
distribuiti in campi attrezzati, tollerati o informali. La condizione di
segregazione e perenne emergenza che si vive nei campi, soprattutto in quelli
tollerati o informali, impedisce loro di esercitare diritti elementari come
quelli sanitari, scolastici e di residenza, in quanto cittadini dell'Unione
Europea. Per renderli consapevoli dei loro diritti e delle pratiche che ne
consentono l'applicazione,
Popica Onlus, in partenariato con Amnesty International-Italia ha realizzato
con i giovani della comunità Rom residente nella "Città Meticcia del Metropoliz"
un programma di informazione (documentato dal filmato "We found the way") che ha
portato alla realizzazione di un opuscolo e di un dvd ambedue intitolati Conosci
i tuoi diritti. Sia il testo che il filmato sono in italiano e in rumeno.
L'iniziativa è stata finanziata tramite bando internazionale dall'OSCE.
Il corso è tenuto dal professor Ljatif Demir e dalla professoressa
Hedina Tahirovich Sijerchich
L'insegnamento del romanes alla facoltà di filosofia.Di
Adriana Pitesha su
Jutarnji list Il nostro corso è un vero successo. 40 studenti imparano la lingua rom
Il corso si tiene presso il dipartimento di indiologia ed è in programma la
creazione di un corso di laurea triennale.
"Questo è un giorno storico per la comunità rom, un giorno che ricorderemo per
sempre." ha detto ieri il deputato Veljko Kajtazi durante l'inaugurazione del
pannello bilingue, presso la Facoltà di Filosofia dell'Università di Zagabria,
per celebrare il primo anniversario dell'introduzione della lingua romanes e
della letteratura rom nell'istruzione superiore in Croazia.
La decisione di Kajtazi è stata presa dopo la celebrazione della Giornata
Internazionale del Popolo Rom e la prima conferenza si è tenuta nel novembre
dello scorso anno.
"Mi ricordo quando io e i miei colleghi, l'anno scorso, stavamo discutendo della
tecnica prima dell'inizio delle lezioni. A un certo punto ci siamo girati e ci
siamo accorti che vi era una quarantina di studenti dietro di noi. Siamo rimasti
davvero stupiti poiché non pensavamo che l'interesse potesse essere così alto."
dice il professor Ljatif Demir, di Skopje, che insieme a Hedina Tahirovich
Sijerchich, di Sarajevo, insegna al Corso di Introduzione alla Lingua Rom e
Introduzione alla Letteratura e alla Cultura Rom, corsi offerti come facoltativi
all'interno del Dipartimento di Indologia e Studi dell'Estremo Oriente, e che
rendono la Facoltà di Filosofia di Zagabria unica al mondo.
Studenti differenti
Quaranta studenti che sono rimasti fino alla fine del corso e che non hanno
risparmiato complimenti ai loro professori, l'unica nota di demerito è che
avrebbero voluto imparare di più.
Ciò sarà presto possibile poiché, è stato dichiarato ieri, il piano è quello di
lanciare presto degli studi universitari per far diventare Zagabria un centro
per lo studio della lingua romanes, della letteratura, della cultura rom.
I profili dei primi studenti erano diversi. La maggior parte erano studenti di
Indologia, ma non mancavano di studenti di sociologia, psicologia, pedagogia,
giurisprudenza e di scienze della formazione...
"All'inizio c'è stato un problema di coinvolgimento poiché non sono tutti
linguisti, ma siamo stati in grado di regolare il programma in modo da non
danneggiare il programma ne a diminuire il loro interesse" dichiara il professor
Demir.
Per far ciò hanno trovato della letteratura professionale. Inoltre, Ljatif Demir
e Hedina Sijerchich stanno sperimentando un manuale per la lingua e la
letteratura romanes che raccoglie manualistica e letteratura provenienti da
altre comunità locali ed europee.
Temevano una rapina
"Comprensibilmente, gli studenti sono più interessati alla cultura che è a loro
sconosciuta e rimangono sorpresi quando dici loro che Veijo Balzar vende titoli
in 25.000 copie in Finlandia o quando si richiama l'attenzione su certi film. Ma
la nostra non era una comunicazione unilaterale. Abbiamo imparato da loro che
tutti hanno bisogno di agire, secondo i principi della filosofia orientale, con
amore. Non c'erano barriere e siamo diventati amici. Questo è l'unico modo per
far si l'integrazione non rimanga solo sulla carta. La gente è
spaventata e piena di pregiudizi pregiudizi quando non conosce qualcosa. Alcuni
dei nostri studenti hanno ammesso che, al'inizio, avevano paura di essere
rapinati dai rom quindi abbiamo detto loro: 'Beh, non abbiate paura, io e la
professoressa, che siamo rom, non vi deruberemo.'" racconta ridendo il professor
Demir.
Tra gli studenti c'è una sola rom che studia alla facoltà di legge.
"Per noi erano tutti uguali. Sono molto contento all'idea che quattro o cinque
di loro continueranno con lo studio scientifico della lingua, della letteratura
e della cultura rom e che una di di loro, una studentessa che non è rom, sarà,
con ogni probabilità l'assistente di uno futuro corso.
Ieri sono stati in molti a sottolineare il problema dell'integrazione dei rom
nel sistema scolastico. Lo scorso anno 811 bambini rom hanno frequentato
regolarmente la scuola materna, 5173 le scuole elementari, 480 le scuole
superiori. Quest'ultimo dato è considerato un grande progresso poiché è il 2005
gli studenti rom frequentanti le superiori erano solo 14.
Per quanto riguarda gli studenti universitari, nell'ultimo anno accademico solo
28 studenti si sono dichiarati rom. Probabilmente il numero è più alto poiché
alcuni non si presentano come rom a causa della forte discriminazione sociale.
Anche se gli studi della lingua rom non sono ovviamente rivolti esclusivamente
ai membri della comunità rom, la loro esistenza potrebbe influenzare la
percezione della loro cultura.
"Non possiamo chiudere gli occhi davanti al fatto che l'identità rom si stia
perdendo a causa della paura dei rom a dichiararsi tali. Vorremmo ricordare che
questa è una cultura che è significativamente più antica rispetto a quella
croata e che, quindi, dobbiamo insegnare e tutelare" ha dichiarato il preside di
facoltà Damir Boras.
Un buon investimento
Il costo dei due corsi ammonta a 120.000 kune, comprendente l'acquisto della
letteratura e le spese di viaggio dei professori, ed è stato diviso tra il
Consiglio delle Minoranze e la Facoltà di Filosofia.
"Non consideriamo un costo ma un investimento che ha molteplici benefici per
l'intera comunità" ha detto il preside Boras.
Alla cerimonia di ieri hanno partecipato i rappresentanti della comunità
accademica, rappresentanti politici, rappresentanti del Parlamento, il consiglio
comunale e quello per le minoranze.
L'attuale situazione politica non è stata dimenticata. Gvozdan Flego ha
sottolineato che l'atto è tanto più significativo in quanto avviene in un
momento in cui alcuni vorrebbero negare i diritti delle minoranze. Il pannello
è, inoltre, una delle prime tavole bilingui che ha come seconda lingua il
romanes, non solo in Croazia, ma nell'intera Europa.
Quest'uomo io lo conosco da sempre: da quando, quasi venti anni fa,
ho cominciato a frequentare il "campo nomadi" di Coltano, vicino a Pisa.
Piccoletto di statura, con una coppola in testa che gli conferisce un'aria quasi
da contadino siciliano, con il tono compassato di un vecchio saggio, Zajko è una
specie di "istituzione" del campo.
E' in Italia stabilmente dal 1988, ed è stato uno dei primi rom bosniaci ad
arrivare a Pisa. Davanti alla sua baracchina ha visto transitare i "nuovi"
immigrati rom, i profughi della guerra degli anni novanta. E ha cresciuto almeno
tre generazioni, tra figli, nipoti e bisnipoti. Un vero e proprio custode della
"memoria storica" di Coltano.
Sì, lo conosco da sempre, Zajko. E lo conoscono i tanti operatori, assistenti
sociali e volontari che nel corso degli anni hanno frequentato il campo. Ma non
tutti hanno avuto la pazienza di ascoltare quel simpatico ometto con la coppola.
Perché Zajko si esprime in un italiano tutto suo: che non è un italiano
"scorretto", ma una lingua ibrida, pronunciata con un forte accento slavo, piena
di costruzioni sintattiche romanes e bosniache, infarcita di parole che sembrano
strane, e a volte anche un po' buffe.
Non sempre lo capisci al primo colpo, e per entrarci in contatto hai bisogno di
tempo: devi passarci qualche pomeriggio, condividere un caffè, fare due
chiacchiere così senza scopo. E invece gli operatori, tutti presi dai loro
"progetti", non hanno il tempo per ascoltare. Vanno al campo per convincere,
spiegare, illustrare, parlare. Hanno sempre qualcosa di importante da dire, e
non si prendono mai la briga di sedersi un attimo.
La storia di Zajko
La storia di Zajko è venuta fuori per caso, in una fredda giornata di inverno di
tre anni fa. Con gli altri volontari dell'associazione Africa Insieme eravamo
andati al campo, a far visita ad alcuni amici: l'aria gelida della sera ci aveva
convinto a entrare nella baracca di Zajko, a prendere un buon caffè caldo.
C'era confusione e non si capiva molto: i bambini giocavano e urlavano, una
ragazza più grande ci chiedeva di spiegarle una cosa di matematica che non aveva
capito a scuola. E poi le due figlie di Zajko avevano avuto problemi in Questura
con il loro permesso di soggiorno, ci chiedevano di aiutarle ma non c'era verso
di farle parlare una alla volta. Un gran caos, insomma.
Zajko sembrava farfugliare qualcosa, ma i familiari ci dicevano di non dargli
retta, "è vecchio e non si capisce mai quello che dice". Però il "vecchio" aveva
pronunciato una parola che non avevamo mai sentito al campo, e che ci aveva
incuriosito: "ustascia". Sì, Zajko parlava degli Ustascia, i fascisti croati
amici di Hitler, che avevano fondato uno Stato Indipendente Croato alleato della
Germania.
"Io visto cartelli", insisteva il nostro amico aggiustandosi la coppola, "cartelli sui muri, dicevano
evrei srbi e zingari tutti ammazzare". Zajko aveva
assistito all'arrivo delle leggi razziali nel territorio croato (che all'epoca
includeva anche la Bosnia): le vittime designate erano - per l'appunto - ebrei,
serbi e rom.
Gli ustascia, le leggi razziali, lo sterminio
Secondo alcune stime, gli Ustascia uccisero il 75% degli ebrei presenti nel
Paese prima della guerra. Quanto ai serbi, interi villaggi furono dati alle
fiamme, sacerdoti e altri esponenti religiosi ortodossi furono massacrati nelle
loro chiese, circa 200 mila persone dovettero subire la conversione forzata al
cattolicesimo.
Fra gli "zingari" - ci informa
Mirella Karpati
- "le vittime accertate fino al
1998 furono 2.406, di cui 840 bambini. Il campo più terribile era quello di Jasenovac, dove si uccidevano le persone con metodi barbari. Né mancarono campi
destinati ai bambini, come quello di "rieducazione" a Jastrebarsko, dove fra
l'aprile 1941 e il giugno 1942 morirono 3.336 bambini di varie etnie. Nel campo
per le donne di Stara Gradiska morirono oltre trecento bambini zingari".
Da partigiano ad immigrato
Zajko aveva visto le prime avvisaglie di quella tragedia: i cartelli, affissi
per le strade, che annunciavano la volontà di "ripulire" la Croazia dalle "razze
maledette": ebrei, serbi e rom ("evrei srbi e zingari tutti ammazzare"). E aveva
deciso di scappare, rifugiandosi in montagna. Qui aveva incontrato i partigiani
di Tito, e si era unito a loro. Un pezzo di storia del Novecento riemergeva
dalle parole un po' farfugliate di quell'ometto in apparenza così modesto.
Zajko era stato ferito ed era finito all'Ospedale: poi, uscito, aveva continuato
a combattere. Finita la guerra, era andato a Zagabria, dove con la sua
formazione partigiana aveva conosciuto Tito. Quindi era tornato finalmente a
casa, si era sposato e aveva costruito la sua famiglia. Aveva avuto una prima
esperienza migratoria in Italia negli anni Cinquanta: era stato a Napoli, poi a
Piacenza a fare il barista. Ma la vera e propria migrazione - quella definitiva
- era avvenuta nel 1988: da allora non è più tornato in Bosnia.
Quando abbiamo ascoltato il suo racconto, abbiamo deciso che questa piccola
storia - legata alla Storia più grande, quella con la lettera maiuscola, che si
legge nei libri e si studia all'Università - doveva essere raccontata. è nato
così un video, prodotto da un gruppo di volontarie della nostra associazione,
che trovate qui sotto liberamente visionabile e scaricabile.
Una bandiera alla finestra
Ho continuato a frequentarlo, Zajko. Lo incontriamo tutte le volte che andiamo
al campo. Oggi ha problemi di salute dovuti all'età - più di ottanta anni - e fa
sempre più fatica a lavorare. Era un calderaio, un artigiano del rame: vendeva i
suoi prodotti ai mercati, e con quelli si manteneva. Negli ultimi anni i dolori
e gli acciacchi gli hanno reso quasi impossibile continuare. Il Comune gli ha
assegnato una "casetta", perché nel frattempo il campo di Coltano è stato
trasformato in un "villaggio" di alloggi in muratura: ma lui, senza reddito,
fatica a pagare l'affitto, e rischia lo sfratto.
L'esperienza della guerra lo ha segnato in profondità, forse più di quanto non
sia disposto ad ammettere lui stesso. Perché di guerre, Zajko, ne ha conosciute
due: la prima l'ha vissuta da partigiano, da protagonista e in qualche modo da
vincitore. La seconda - quella degli anni Novanta - l'ha sorpreso mentre era in
Italia, e di fatto l'ha "intrappolato" a Pisa, impedendogli il ritorno a casa.
Quando parla di guerra abbassa gli occhi, Zajko. E il suo sorriso si spegne. La
sua "seconda" guerra, il tragico conflitto balcanico degli anni Novanta, non lo
racconta volentieri. Ma ogni volta che in televisione sente parlare di
bombardamenti, di profughi in fuga, di scontri militari, si preoccupa e ci
chiede spiegazioni: vuol sapere che sta succedendo, se il teatro del conflitto è
vicino o lontano, se sono coinvolti i civili, se la diplomazia sta facendo il
suo lavoro e se le armi si fermeranno.
Nel comodino accanto al letto Zajko tiene una bandiera arcobaleno della pace. E,
quando alla televisione parlano di guerra, la appende alla finestra, così che le
macchine che sfrecciano sull'autostrada possano vederla.
Zajko. Un video di Africa Insieme from Africa Insieme on Vimeo.Video di Sara Palli, Alice Ravasio, Francesca Sacco, Marta Lucchini, Irene
Chiarolanza, Diana Ibba. Prodotto dall'associazione Africa Insieme di Pisa
nell'ambito del progetto "volontari come in un film", con la collaborazione di Cesvot, Aiart, Progetto Rebeldia. Musiche originali di Pasqualino Ubaldini
Di Fabrizio (del 12/12/2013 @ 09:01:34, in Italia, visitato 1963 volte)
AL DIRETTORE de "IL GIORNO"
Gentile Signor Giancarlo Mazzuca,
nei giorni scorsi il giornale da Lei diretto ha pubblicato un articolo che ci
ha molto spiacevolmente colpiti, a partire dal titolo: "Illuminavano il campo
rubando la luce pubblica" e quindi, deduce il titolista nell'occhiello, "Nei
guai i Sinti del Terradeo" (vedi
QUI ndr.).
Passato, si fa per dire, il primo sconcerto, ci siamo chiesti come fosse
possibile che un importante quotidiano pubblichi una simile... 'notizia'
senza alcuna verifica, additando un'intera comunità di persone all'opinione
pubblica di una città, dove hanno finora vissuto con una certa tranquillità, in
un periodo di difficoltà economiche generalizzate che facilmente riscaldano gli
animi. Oltretutto, la signora Santolini conosce il Terradeo, ci è stata, conosce
noi e l'associazione: sarebbe bastata una telefonata, una mail, per avere tutte
le spiegazioni del caso.
Dunque, i Sinti del Terradeo nei guai ci stanno per tante ragioni, anche
senza bisogno di... raccomandazioni, a partire dal lavoro che non si trova, ma
certo non per i motivi di fantasia che 'il Giorno' attribuisce loro.
Ma ci può essere di peggio? C'è: in tutte le edicole di Buccinasco è apparsa
una locandina che a lettere cubitali denuncia: "campo nomadi illuminato rubando
la corrente". A parte il grottesco 'nomadi' per persone registrate in anagrafe
da trent'anni, le cose stanno ben diversamente.
Non stiamo a ricordare la legge sulla stampa, né cosa possa comportare questo
modo di trattare una minoranza già emarginata e, altrove finora, malvista. Ci
aspettiamo, però, un articolo che racconti le cose con pari evidenza e in modo
più realistico, e le accludiamo una lettera sull'argomento. Essa si conclude con
un invito, che rivolgiamo anche a lei e alla Signora Santolini, per sabato 14,
alle 10.30, al Quartiere Terradeo, dove spiegheremo, documenteremo e, ancor più,
mostreremo come stanno realmente le cose.
Gradisca i saluti di Ernesto Rossi e
Augusto Luisi, dell'associazione
"ApertaMente di Buccinasco".
Tel.3338628466 - 3355324525
10 dicembre 2013
#Buccinasco - Fornitura dell'Enel al quartiere Terradeo:
'precisazioni'
Il sindaco Giambattista Maiorano interviene sulle polemiche dei giorni scorsi
respingendo le accuse diffamatorie di chi gli ha attribuito dichiarazioni e
volontà mai espresse. Intanto la fornitura dell'energia è stata riattivata con
regolare contratto a forfait
Buccinasco (10 dicembre 2013) - La vicenda è ormai nota, dopo la pubblicazione
sulla stampa e su un blog locale: la scorsa settimana è stata sospesa
l'erogazione di energia elettrica al blocco servizi (bagni e docce comuni) del
quartiere Terradeo in via dei Lavoratori, lasciando gli utenti privi dell'acqua
calda. Meno noto, e anzi raccontato sul web in modo non corrispondente al vero,
è quanto accaduto nei giorni scorsi. Tanto da spingere il sindaco Giambattista Maiorano a presentare una formale
denuncia di diffamazione.
La sospensione del servizio fornito da Enel risale allo scorso 2 dicembre: in
quella data ne viene informato il primo cittadino che il giorno successivo aveva
già in programma un incontro con i rappresentanti dell'associazione Apertamente
(di cui fanno parte alcuni abitanti del quartiere), il maresciallo della locale
Stazione dei Carabinieri e il comandante della Polizia locale: i sinti non sono
stati convocati dunque per offrire loro una via d'uscita né tanto meno l'offerta
di un obolo pagato di tasca propria dal sindaco o addirittura dai cittadini di Buccinasco. In qualità di primo cittadino, in quella circostanza e con una nota
scritta, Maiorano ha chiesto però ad Enel di riattivare il servizio considerata
la presenza di numerosi minori nel quartiere e garantendo l'immediata firma di
un contratto (non da parte del Comune ma a nome degli abitanti del campo).
E' vero che Enel ha rilevato una serie di anomalie e per questo è stato sospeso
il servizio: solitamente il blocco servizi è alimentato dai pannelli solari del
quartiere e solo nei periodi di cattivo tempo negli anni è sempre stato
sottoscritto dalle famiglie del Terradeo una forma contrattuale forfettaria (con
pagamento in anticipo). Quest'anno evidentemente non è stato fatto ma il
problema è già stato risolto: in seguito ad un nuovo incontro con i
rappresentanti dell'associazione, il giorno 6 dicembre è stato formalizzato un
regolare contratto presso gli uffici Enel di Corsico. Per quanto concerne le
utenze private abbinate ai singoli nuclei familiari, lo stesso sindaco ha
comunicato ai rappresentanti del quartiere che qualora ci fossero degli
insoluti, la società adotterbbe quanto previsto per tutti i cittadini.
"Ritengo pertanto assolutamente diffamatoria e calunniosa - dichiara il sindaco Maiorano - ogni altra versione dei fatti, come quella fornita dal sito internet
'La Città Ideale', proprio per questo ho presentato una denuncia per
diffamazione ai carabinieri. Il rischio di tutte queste notizie infondate è la
creazione di un clima che potrebbe sfociare in atti di intolleranza verso una
comunità che faticosamente tenta di integrarsi a Buccinasco".
Milano, la Consulta Rom e Sinti incontra il Prefetto
Il 28 novembre una delegazione della Consulta Rom e Sinti di Milano ha
incontrato il nuovo prefetto di Milano, Francesco Paolo Tronca. L'incontro ha
riguardato il tema fondamentale della partecipazione delle comunità rom e sinte
alla vita civile d...
Antidiscriminazione, riparte la newsletter di Articolo 3
Riprende l'invio della newsletter di Articolo 3. Dall'ultima, la n.3, rilasciata
nel gennaio 2013, molto è stato fatto per mantenere l'agibilità operativa
dell'Osservatorio sulle discriminazioni e per dare continuità a questa
straordinaria e, per certi aspetti, davvero unica esperienza. Abb...
L'Europa ha bisogno di una classe operaia rom
In tutta Europa, milioni di persone soffrono la disoccupazione e la prospettiva
di un lungo periodo di stagnazione economica. Ma nessun gruppo è stato più
colpito dei Rom. Ce ne sono più di 10 milioni che vivono in Europa,
principalmente concentrati nei Balcani e nei nuovi Stati membri dell'Unione
Europea, in particolare...
Ue, gli Stati devono investire di più nelle Strategie nazionali
L'Unione Europea vuole una maggiore inclusione sociale dei rom e dei sinti.
L'impegno per nuove misure di integrazione è stato sottoscritto all'unanimità
dai 28 Stati membri. Si chiede di migliorare l'accesso a istruzione,
occupazione, assistenza sanitaria e alloggio...
Giornata dei Diritti Umani, il messaggio del Segretario Generale dell'ONU
La Giornata dei Diritti Umani segna l'anniversario dell'adozione della
Dichiarazione Universale dei Diritti Umani da parte dell'Assemblea Generale.
Quest'anno, in particolare, si celebrano i vent'anni dal compimento di un passo
coraggioso verso la realizzazione di tali diritti: l'adozione della Dichia...
Rom e Sinti, adottato il primo strumento giuridico dell'UE
Ieri i 28 Stati membri dell'Unione europea si sono impegnati ad attuare una
serie di raccomandazioni della Commissione europea per accelerare l'integrazione
socioeconomica delle minoranze sinte e rom. La raccomandazione del Consiglio è
stata adottata all...
Di Fabrizio (del 14/12/2013 @ 09:01:30, in blog, visitato 2397 volte)
Scrittori, poeti, saggisti, aspiranti cronisti o fotoamatori...
Penso di conoscere oramai i lettori di Mahalla: colti, attenti e impegnati, ma timidi o
forse un po' pigri.
Vi offro un'opportunità: esiste in Mahalla
una piccolissima
libreria, forse un'ancora più piccola casa editrice. E' a vostra
disposizione e non vi costa niente: se avete qualcosa di interessante che volete
far conoscere, potete approfittarne. La distribuzione avviene su internet
(limitatamente all'Italia) e se i testi sono in inglese, c'è anche la
possibilità di ottenere l'ISBN e di accedere ad un mercato globale tramite
le principali catene di distribuzione online.
Inoltre, se a qualcuno interessasse il prodotto cartaceo, con lo stesso circuito
ci sono costi di stampa più che interessanti.
Naturalmente, Mahalla rimane sempre a disposizione per collaborazioni anche
occasionali su cronache, eventi, iniziative...
I media e la percezione di Rom e Sinti
Lezione tenuta il 28 maggio 2013, ad un gruppo di studenti rom e sinti di
Milano, presso l'Umanitaria. 1. Come si vende il mondo dell'informazione 2.
Percezione e autopercezione 3. Alcuni casi di... GRATIS
Pacchetto formativo per Osservatori Legali
Si tratta praticamente di un gruppo di persone, addestrate e coordinate, il cui
scopo è raccogliere testimonianze di prima mano su quanto avvenga durante uno
sgombero (in questo caso), ma... GRATIS
L'Europa che c'è
Un giro tra Rom e Sinti in Europa. Parallelamente alla situazione di
deprivazione che tutti conosciamo, le testimonianze di studenti, professionisti,
attivisti e comunicatori romanì, quelli...
Cocci
E' un libro che nessuno ha voluto, e non avevo voglia di inseguire altri
possibili editori. A vostro rischio quindi, potete leggerlo come, quando, dove e
perché vorrete. Non ho fretta. Cocci,... GRATIS
VICINI DISTANTI cronache da via Idro
Cronaca di vent'anni circa di una comunità rom a Milano. Storie, testimonianze,
aneddoti. II Edizione con testo e note riveduti e aggiornati, una rassegna
fotografica inedita e un epilogo
Luoghi Comuni
Ho visto cose che voi umani... ... e voglio condividerle! La strana Lonely
Planet di Zingaropoli Tutto questo in una trentina di pagine che l'autore si è
divertito a scrivere, sperando di...
Una nonna raccontaDi Hajrija (Maria) Seferovic
Da un lato c'è una nonna (sì, proprio quella che avete visto nel film "Io, la
mia famiglia Rom e Woody Allen") che gira ancora le nostre campagne, in cerca di
erbe mediche....
Le immagini del breve documentario proiettato martedì scorso nell'ambito del
Festival Cinema e Diritti Umani sulla vita quotidiana nel campo di Masseria del
Pozzo a Giugliano dove vivono almeno trecentocinquanta persone, rom, sono
immagini di guerra. Una guerra istituzionale, silenziosa e spaventosa che si
consuma sul territorio campano, vicina a tutti noi, da molto tempo. L'ultimo
atto è stata la delibera del comune di Giugliano che, esattamente a dicembre di
un anno fa, stabiliva il trasferimento immediato e temporaneo - che ancora dura
- di questo nucleo di "popolazione rom" in un'area che, secondo quanto ammette
con una certa indignazione il commissario alle bonifiche della Regione Campania
De Biase, invitato a partecipare all'incontro, non è semplicemente inquinata, ma
una vera e propria discarica, tra i siti più inquinati della regione, oggetto di
indagini della magistratura.
Il trasferimento e l'allestimento minimo dell'area attrezzata (recinzioni, brecciolino, quadro elettrico e pochi bagni da campeggio, tubature già intasate)
sono costati 379.210,00 euro da fondi PON del ministero dell'interno. La
prefettura di Napoli ha assicurato il supporto al comune di Giugliano
(commissariato ora come allora), una volta che questo avesse accertato
l'"effettiva utilizzabilità del sito prescelto", cosa che effettivamente accade,
compreso il parere favorevole dell'ASL 2. Amministratori locali, esponenti del
volontariato e, secondo la delibera, almeno "un capo villaggio rom", si
ritengono soddisfatti di questa scelta e si dispone l'esecuzione immediata del
provvedimento.
Martedì si è svolta una giornata per denunciare una situazione che non può
restare nascosta né cronicizzarsi come molte altre. Un gruppo informale ha
contribuito alla costruzione del piccolo evento, a Giugliano, che ha visto anche
la numerosa partecipazione dei rom, tra cui molti giovani e bambini, che vivono
nel campo e si sono rivisti in quelle immagini. L'intento è di proseguire
l'azione di denuncia anche oltre la giornata, sperando di ottenere risultati
concreti, in termini di alternative abitative e di smantellamento di un luogo in
cui è difficile pensare di trascorrere un anno di vita.
I rom provenienti da Bosnia ed ex-Jugoslavia vivono a Giugliano da circa
trent'anni; comunità storiche, frammentate, che evidentemente hanno trovato
negli anni la capacità di articolare radicate strategie di sopravvivenza e di
relazioni in un territorio che si racconta come ostile ma in cui tutti
convivono. Parlare di emergenza e agire con quest'unico principio ispiratore,
che ha portato alla recente infausta scelta istituzionale giuglianese, oggi vuol
dire non solo che il piano della discussione è fuori dal tempo e dalla storia,
ma anche che a livello sistemico - sul piano politico, culturale, sociale - è
ancora tabù parlare di scelte "diverse", dignitose e non discriminanti per i
rom. Il "superamento dei campi" è ancora un discorso che, nel profondo, non
viene accettato dalla società maggioritaria, la nostra. Resta appannaggio di
pochissimi, spesso perdenti, che si rompono la testa a furia di parlare una
lingua che forse non si comprende.
Il campo di Giugliano è la punta di diamante di quello che sono tutti i campi
rom d'Italia e d'Europa. È l'esemplare peggio riuscito, l'errore madornale di
cui non si può tacere, perché avviene qui e ora, in un momento in cui l'intera
Europa prova a dare un'altra impronta - e con essa importanti fondi - "per le
politiche di inclusione dei rom" (Purtroppo, bisogna ammetterlo, questo
significa anche che siamo appena all'inizio dell'industria e della rete di
progetti che avviluppano le comunità rom e probabilmente finché esisteranno
progetti ad hoc per i rom, i rom resteranno una minoranza che va verso la specie
protetta nell'immaginario di tutti).
Nel nuovo campo istituzionale, accade tutto quello che accade nei vecchi campi
istituzionali: la scuola è un servizio che stenta ad affermarsi, la sanità non è
un servizio a cui tutti accedono, i servizi di base scarseggiano per le
operazioni quotidiane minime; quando piove si allaga tutto, la distanza dal
resto del mondo è di anni luce, il campo infatti è in una zona ai margini dei
margini, non tutti hanno i documenti, il lavoro non è nemmeno tema di
discussione... Non si può parlare del campo di Giugliano in maniera isolata, non
se ne può parlare "solo" in relazione al disastro ambientale, da cui bisogna
mettere tutti al riparo con urgenza ma anche attraverso battaglie trasversali
che si svolgono sull'intero territorio regionale in maniera sempre più
consapevole.
La rete civica e politica può e dovrebbe essere internazionale, bisogna provare
a uscire dall'isolamento di un sud Italia che vuole considerarsi e crogiolarsi
nei suoi mali, e far uscire dall'isolamento le questioni che riguardano i rom
che non possono essere sempre un settore a parte, speciale e da specialisti.
Così come l'informazione dovrebbe uscire da una certa retorica improvvisamente
indignata che "salva" e si spende per i rom un po' più facilmente quando sono
evidenti, e innocue, vittime di un sistema impazzito.
Un rom che interviene dal palco ringraziando tutti per essere lì, esprime molto
chiaramente quelle che sono le richieste essenziali: poter mandare i figli a
scuola con gli altri bambini, non in classi speciali inventate per l'occasione
e, con un riso quasi amaro, sommesso e ironico, di poter aspirare in futuro a
qualcosa di meglio di un campo. Con il coinvolgimento paziente, graduale,
diretto dei rom, dei cittadini, dei territori, i tempi possono essere maturi per
denunciare e capovolgere la situazione, non solo quella di Giugliano.
Dumitru G. è un benestante uomo d'affari rumeno di successo.
Il 4 settembre 2008 noleggiò un minivan online. Pagò usando la sua VISA, ed
il sistema emise una ricevuta del noleggio che dichiarava chiaramente come lui
fosse la persona che aveva effettuato il noleggio del vicolo, assieme al suo
indirizzo rumeno.
Il 5 settembre 2008 Dumitru G. arriva all'ufficio Europcar nell'aeroporto di
Monaco di Baviera, chiedendo di ricevere la vettura.
La signorina Manske, di servizio presso 'ufficio Europcar, controllò la
prenotazione e l'avvenuto pagamento. Non trovò discrepanze tra la prenotazione,
il suo ID e l'indirizzo.
Rifiuta di consegnare il veicolo, motivandolo col fatto che la compagnia
"non può affittare veicoli ai cittadini rumeni, perché li rubano e attraversano
il confine con quelli." Negli sviluppi successivi, la posizione di Europcar
verso i cittadini rumeni si è ripetuta, alla presenza della polizia aeroportuale
Dumitru G. è di pelle scura. La signorina Manske pensò che sembrava un rom e
secondo le politiche della sua compagnia, il signor Dumitru era un cliente ad
alto rischio.
Dumitru, come molti altri Rom rumeni, è pienamente integrato nella società
rumena. Secondo una ricerca di un investigatore privato, molti dei dipendenti
rumeni di imprese di successo condotte da Rom, pensano che i proprietari rom
abbiano costruito la loro fortuna attraverso il furto e la violenza e che solo
da poco (prima che si cominciasse a lavorare per loro) siano diventati onesti e
laboriosi.
Negli ultimi 30 anni l'obiettivo principale per qualsiasi istituzione europea,
ONU o governo nazionale, è stato l'istruzione e l'occupazione per i Rom.
Un numero significativo (se non la maggioranza) dei Rom che si sono integrati
con successo nelle loro società nasconde la proprie radici etniche, dato che non
si adattano agli stereotipi prevalenti sui Rom - ignoranti e disoccupati. Ci
sono molti casi simili a quello di Dumitru G. - per queste persone il problema
non ha niente a che fare con l'istruzione o il lavoro, ma col razzismo (anti-ziganismo).
Persone come Dumitru G. possono i essere modelli positivi così necessari, tanto
per popolazione maggioritaria che minoritaria e contribuire significativamente
all'inclusione sociale dei Rom nelle società europee.
Nell'ultimo trentennio le istituzioni europee hanno equiparato i Rom con quei
Rom ignoranti, non qualificati, disoccupati poveri e spesso criminali,
soprattutto dai ghetti e dalle comunità romanì tradizionali. Questa parte di
popolazione rom (che io chiamo i Rom Frankenstein - vedi QUI, ndr.) incontra gli stereotipi negativi della
popolazione maggioritaria ed è stato l'obiettivo principale delle iniziative
europee volte all'inclusione sociale dei Rom. Nessuna campagna europea di
sensibilizzazione ha mai riguardato tanto i Rom integratisi con successo e
neanche il più vasto gruppo dei Rom mischiati etnicamente.
Selezionare le tanto necessarie risorse umane romanì di alta istruzione è
fortemente ostacolato dall'esistenza dei gruppi di destinazione e porta ad una
leadership di bassa qualità e ad una rappresentazione che allontana le esistenti
elite di Rom integratisi con successo.
Perciò, è minimo l'aumento dei Rom che dichiarano la loro identità etnica ed il
numero di quei Rom che preferiscono nasconderla è tuttora superiore da 3 a 10
volte. I modelli di ruolo positivi sono quasi del tutto spersi e lo stigma
sociale continua ad essere perpetrato dalle esistenti leadership.
Casi come quelli di Dumitru G. dovrebbero segnalare un'urgente necessitò di
riforma del paradigma funzionale delle istituzioni europee.
Oltre due terzi dei Rom (secondo le statistiche del Consiglio d'Europa) non
dichiarano la loro identità etnica per paura della stigma e la maggior parte dei
Rom con successo professionale preferiscono non parlare della propria identità
oppure nasconderla. L'anti-ziganismo rimane stridente e diffuso tra le elite
politiche d'Europa, come i sondaggi continuano a dimostrare anno dopo dopo anno,
che i Rom sono di gran lunga il gruppo etnico più odiato in Europa.
SPOT
Sull'argomento leggi anche:
Con una testimonianza di Valeriu Nicolae. Clicca sull'immagine per acquistare - La recensione su
Mahalla
Di Fabrizio (del 17/12/2013 @ 09:01:28, in Italia, visitato 2249 volte)
... anzi, fate finta di aver afferrato la coda, e di aver
vinto un altro paio di giri
Mi sento a disagio nel parlare del termine CULTURA, ma non potrei fare
altrimenti, portate pazienza...
Quando qualcuno accenna alla "cultura rom", mi trovo a chiedere cosa
significhino quelle due parole affiancate. Se, per esempio, mi chiedessero di
descrivere la "cultura italiana", non saprei farlo. O, ad esempio, qual è la
"cultura USA", quella dominante? Il Midwest, la California, o New
York? E se fosse NY: Brooklyn o il Bronx?
Vorrei partire, quindi, dalla cultura NOSTRA:
La segnalazione è sul profilo FB diTahar
Lamri, collaboratore (tra l'altro) di Internazionale.
Questo il suo messaggio:
In Francia. I poveri non possono nemmeno cercare cibo nei cassonetti dei
rifiuti. Su questi cassonetti dei rifiuti dei supermercati 8 à Huit (Gruppo
Carrefour) c'è scritto: "Chiunque venga sorpreso a rubare da questi cassonetti
sarà perseguitato dalla gendarmeria", "Il contenuto di questi cassonetti è stato
irrorato con varechina". Sì avete letto bene "rubare"! Dove ci porterà questo
sistema?
Nella mia ignoranza, questa è cultura, la nostra cultura. Cultura nel senso
che quegli avvertimenti non ci fanno più ricchi, non migliorano la nostra vita.
Sono, soltanto, i voleri di chi ha pance piene (mica sempre) e vede il pericolo
del partito delle pance vuote. E al posto di parlare con le pance vuote, spreca
varechina.
LO SCANDALO
Il panno insanguinato
Siamo rimasti fuori dalla roulotte
Lanciando terra, pietruzze,
Rifiuti, cantando, suonando serenate
Finché la coppia di sposi
Ha finalmente esposto
Il panno insanguinato.
Quindi ci siamo ubriacati
Per celebrare la nostra ragazzina
Che adesso era una donna.
Per il resto delle loro vite
Conserveranno quel panno
Che prova il loro matrimonio.
Non è meglio
Di quello stupido pezzo di carta
Che le autorità italiane pretendono
Per dimostrare che i tuoi figli
Sono legittimi?
E' la poesia di Paul Polansky che chiude il
calendario 2014 dell'associazione 21 luglio. Una persona che l'ha ricevuto
in regalo, l'ha ritenuto diseducativo, per essere precisi quando parla di un
atto, assolutamente privato, che questa persona trova orribile, come altre
pratiche (infibulazione, escissione, matrimoni imposti ecc ecc). Ha difficoltà
ad accostarsi a questa cultura, continua, e trova che sia un atteggiamento
presuntuoso chi attinge dalla [nostra] civiltà e progresso ciò che fa
comodo [che serve] e rifiuta il resto.
Col medesimo disagio con cui iniziavo questo post, penso che:
è relativamente facile dichiararsi femminista (o di
qualsiasi altra idea) avendo come riferimento il nostro mondo, e
pensandolo migliore degli altri (salvo poi criticarlo
aspramente). Il nodo è quel pensarsi in grado di giudicare 11
mesi di un calendario dal dodicesimo, identificare una cultura
altra da un particolare, togliendosi la possibilità di conoscere
gli altri particolari;
una critica esposta in quel modo non verrà raccolta che da
settori minoritari della gente a cui dovrebbe essere rivolta.
Che si sentirà ulteriormente discriminata. E' un suo costume, e
sospetto che continuerà a sussistere per decenni;
ma forse, era anche un costume nostro, e sicuramente lo è
per una buona fetta della popolazione mondiale. Ignorare quello
che è un puro dato di fatto perché cozza contro le proprie "opinioni-sensibilità-ideologia
ecc ecc" mi sembra un po' superbo;
forse, se si vuole almeno iniziare a cambiarli, questi dati
di fatto, bisogna trovare il modo di interloquire con i
"selvaggi", e non limitarsi a considerarli dei "selvaggi".
Ma sul punto 4. tornerò tra poco.
TEMP'ADDIETRO (ANCORA OGGI)
Una volta, tanti e tanti anni fa, sarei stato capace di definire il termine
CULTURA. Ero un ragazzo perso nella vivacità degli anni '70, e come capita da
giovani ero rimasto innamorato della rivista Il Politecnico, o meglio del famoso
primo articolo di Elio Vittorini, di cui cito tre parti:
UNA NUOVA CULTURA Non più una cultura che consoli nelle sofferenze ma una cultura che
protegga dalle sofferenze, che le combatta e le elimini
Per un pezzo sarà difficile dire se qualcuno o qualcosa abbia vinto in questa
guerra. ma certo vi è tanto che ha perduto, e che si vede come abbia perduto. I
morti, se li contiamo, sono più di bambini che di soldati;
[...]
Pensiero greco, pensiero latino, pensiero cristiano di ogni tempo, sembra non
abbiano dato agli uomini che il modo di travestire e giustificare, o addirittura
di rendere tecnica, la barbarie dei fatti loro. E' qualità naturale della
cultura di non poter influire sui fatti degli uomini?
Io lo nego. Se quasi mai (salvo in periodi isolati e oggi nell'U.R.S.S.) la
cultura ha potuto influire sui fatti degli uomini dipende solo dal modo in cui
la cultura si è manifestata. Essa ha predicato, ha insegnato, ha elaborato
princìpi e valori, ha scoperto continenti e costruito macchine, ma non si è
identificata con la società, non ha governato con la società, non ha condotto
eserciti per la società. Da che cosa la cultura trae motivo per elaborare i
suoi princìpi e i suoi valori? Dallo spettacolo di ciò che l'uomo soffre nella
società. L'uomo ha sofferto nella società. l'uomo soffre. E che cosa fa la
cultura per l'uomo che soffre? Cerca di consolarlo.
[...]
Io mi rivolgo a tutti gli intellettuali italiani che hanno conosciuto il
fascismo. Non ai marxisti soltanto, ma anche agli idealisti, anche ai cattolici,
anche ai mistici. Vi sono ragioni dell'idealismo o del cattolicesimo che si
oppongono alla trasformazione della cultura in una cultura capace di lottare
contro la fame e le sofferenze?
Occuparsi del pane e del lavoro è ancora occuparsi "dell'anima". Mentre non
volere occuparsi che "dell'anima" lasciando a "Cesare" di occuparsi come gli fa
comodo del pane e del lavoro, è limitarsi ad avere una funzione intellettuale e
dare a "Cesare" (o a Donegani, a Pirelli, a Valletta) di avere una funzione di
dominio "sull'anima" dell'uomo. Può il tentativo di far sorgere una nuova
cultura che sia di difesa e non più di consolazione dell'uomo, interessare gli
idealisti e i cattolici, meno di quanto interessi noi?
Elio Vittorini [n. 1, 29 settembre 1945]
QUI il testo completo dell'articolo. Alcuni punti mostrano i quasi 70 anni
passati da allora (ad esempio, per restare in tema, il fatto che il termine
"uomo-uomini" oggi sarebbero politicamente scorretti). Il punto nodale resta: la
segnalazione di Tahar Lamri riguarda una cultura (che sia di destra, razzista o
semplicemente padronale), che si da strumenti per modificare l'equilibrio delle
cose, che viceversa potrebbero rimanere come sono, senza che una delle due parti
in causa ne tragga un vantaggio materiale. Questo, la definisce come cultura.
Il secondo caso è invece, secondo me, un puro sfogo intellettuale, che nel
non riconoscere l'esistenza di qualcosa che è altro, nega anche la possibilità
di cambiare, di discutere, gli attuali equilibri e di capire le cause di tanti
disequilibri. Parafrasando un'altra frase celebre, don Milani, è "una cultura che cura i sani e allontana gli ammalati".
Se dovessi dire la mia sulla condizione femminile e sulla coscienza politica
delle Romnià, potrei concludere che non è simile ovunque, perché diverse sono le
persone e diverse le loro situazioni. E' rom, si considera tale,
Ostalinda Maya Ovalle, femminista e ricercatrice dell'European Roma Rights
Center, vale lo stesso discorso per quella donna che centra la sua identità
nella poesia di Polansky che urta la sensibilità, come lo è la ragazzina che nel
libro
IL PIANTO DEGLI ZINGARI (sempre di Paul Polansky) rifiuta il suo matrimonio
combinato.
Ma dopo tanti ragionamenti, devo passare ai MIEI ricordi personali. Discutevo
qualche settimana fa con una gagì, anche lei impegnata per la condizione delle
romnià con cui interagisce e consapevole di quando continuare un discorso e
quando interromperlo, per non spezzare il filo che la tiene unita alle altre
donne. Le dicevo, sconsolato, che vent'anni fa e con un'amministrazione
leghista, la condizione delle donne tra i Rom era migliore di oggi. Migliore,
perché erano loro a fare da cerniera tra la loro società e quella esterna. Erano
mediatrici scolastiche, mediatrici sanitarie, istruite e partecipi.
Erano LORO a voler cambiare. Dopo 20 anni, quel capitale culturale è quasi
totalmente andato perso. Perché si erano fidate di noi, della società esterna,
ma nonostante la loro PROFESSIONALITA', quei tentativi e molti altri sono stati
mandati in malora dalle amministrazioni che sono seguite. E allora, per
donne e uomini, si è assistito al ritorno di pratiche, costumi e diffidenze che
c'erano sempre stati. Si è trattato, sempre di un dato di fatto parlo, di
contrapporre una cultura della collaborazione che contava qualche anno, a
pratiche di sopravvivenza e identitarie che sono secolari. Sentitisi traditi,
stanno tornando indietro di 20-30 anni, senza che io debba giudicare questo
giusto o sbagliato. E', a differenza del passato, una sorta di cultura che si
definisce per sottrazione.
Quindi, cosa resta della cultura? Nuovamente, cedo la parola a Paul Polansky:
Il professore
Un professore universitario
Ha chiesto a mio nonno
Di accompagnarlo
In tutti i campi
Per chiedere se crediamo ancora
Che il sole sia come Dio.
Per chiedere se le donne
Leggano ancora il futuro.
Per chiedere se le nostre donne
Succhino ancora i vermi
Fuori dalle orecchie dei bambini
Fuori dai cervelli dei bambini.
Per chiedere se facciamo medicine
Con i cuccioli dei topi.
Per chiedere se curiamo la bronchite
Con grasso di cane, d'oca
E di cavallo.
Per chiedere se compriamo ancora
Le nostre mogli.
Per chiedere se chi non può
Permettersi di comprare una moglie,
La rapisce.
Per chiedere se crediamo ancora
Che ogni casa ha un serpente
Che vive nelle fondamenta
E viene fuori di notte
Per proteggerci.
Per chiedere se pronunciamo ancora
I nostri giuramenti
Sul pane.
Per chiedere se posiamo
Due pietre di fiume
Sulle nostre tombe
Così che i morti
Abbiano acqua in cielo.
Per chiedere se crediamo ancora
Nel malocchio,
Nella magia nera.
Per chiedere se crediamo ancora
Che i morti ritornino
Per osservarci
E tormentarci.
La gente dei campi Sinti disse al professore
Che gli italiani si sono presi i nostri cavalli,
I nostri carri, i nostri lavori,
La nostra lingua, le nostre vite,
Quindi cosa ci resta
Da credere,
Al di fuori delle nostre tradizioni?
[Il silenzio dei violini pagg. 45-47]
Nota dell'autore
Ho scritto le poesie di questa raccolta esprimendo in prima persona la voce dei
Rom e Sinti di cui ho raccolto le storie tramandate oralmente. Ne consegue che
se queste sono opere scritte da me, le esperienze e le testimonianze sono loro.
SPOT
Il calendario dell'associazione 21 luglio puoi anche scaricarlo in formato .pdf
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