Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 18/09/2013 @ 09:04:21, in media, visitato 1330 volte)
Cari lettori di Mahalla:
Mi chiamo Belén Kayser; sono giornalista e anche responsabile dei contenuti su Nawta.com,
un progetto molto personale che io e il mio compagno abbiamo lanciato il maggio
scorso. Conversiamo - non intervistiamo - con persone che abbiano un progetto
creativo in corso. Il nostro primo ospite è stato un "gagio", Moritz Pankok,
direttore artistico che gestisce un Atelier su Sinti e Rom.
Pensiamo che possiate trovarlo interessante ed è per questo che lo condividiamo
oggi con voi.
Nel caso abbiate bisogno o vogliate ulteriori informazioni,
fatecelo sapere.
Cordiali saluti,
Belén
Creaversation with Moritz Pankok from
L'art director "gagio" Moritz Pankok ha deciso di
smettere di creare, progettare e realizzare scene per i migliori teatri
tedeschi e vuole ritrovare le sue origini. La sua infanzia e
suo nonno, un romanì, l'hanno marcato in modo indelebile. "L'epopea dei Sinti e
dei Rom è una storia di fughe, esodi, che in Germania è ancora
più significativa a causa del nazismo." Perché qualcuno dovrebbe abbandonare
un'attività ben retribuita e creativa? "Per fornire uno spazio
a bravi artisti che sono scarsamente conosciuti e hanno il doppio impegno di
trovare un posto nell'arte e nella società di oggi." E questo posto è Kai Dikhas,
"Posto da vedere".
Per saperne di più sulla realizzazione del reading "Sinti and Roma: A tale of scape"
Qui la
versione spagnola
- Se vuoi sapere di più su Nawta, leggi il nostro
Manifesto.
- Se vuoi fqar parte della nostra comunità, unisciti a
Nawtabe.
- E se vuoi leggere un Nawta quotidiano, unisciti al
blog.
Di Fabrizio (del 19/09/2013 @ 09:02:33, in scuola, visitato 2199 volte)
in foto, il colonnello George Armstrong Custer
Alla c.a. del Sindaco di Segrate
della Giunta Comunale
del Consiglio comunale
Buongiorno,
siamo un gruppo di cittadini che, insieme alla Comunità di Sant'Egidio, operano
come volontari nelle baraccopoli abitate da persone rom, con compiti umanitari
di sostegno alle prime necessità (alimentazione, salute, scolarizzazione, casa o
altra struttura in grado di fornire protezione) e di avviamento a progetti di
lavoro e casa.
Esprimendo una forte preoccupazione per la violazione dei diritti umani nei
confronti specialmente di una bambina di 7 anni, facciamo presenti alcuni
avvenimenti recentemente accaduti nel territorio di questo Comune:
- Il giorno 07-09-2013 la Polizia locale si reca nell'area di Via Umbria per
effettuare lo sgombero di due famiglie ivi residenti in modo abusivo. Al campo
non vi è nessuno. Il campo viene raso al suolo, tutti i beni vanno perduti e gli
occupanti, al loro ritorno scoprono di non avere più un rifugio, né vestiti, né
pentole per poter cucinare, né materassi, né coperte, né zaino scolastico. Una
bambina di 7 anni cerca il suo cane, che era rimasto al campo. Il cane non c'è:
nel rispetto delle norme è stato accompagnato al canile di Vignate, ove avrebbe
potuto avere un tetto sotto cui dormire, cibo e cure adeguate. Nessuno, tra
quanti hanno ordinato ed eseguito lo sgombero, ha pensato di fornire le stesse
garanzie agli esseri umani, nemmeno alla bambina, che nonostante i suoi 7 anni
si è vista costretta a dormire all'addiaccio e a patire la fame.
Abbiamo provveduto a soccorrere le due famiglie e ci siamo interessati presso il
canile per restituire il cane; all'atto della restituzione, ci è stato chiesto
di pagare alla Asl 122,30 euro.
Se scopo degli sgomberi è anche quello di ripristinare la legalità, suscita
interrogativi il fatto che gli stessi non avvengano nel rispetto della legalità
medesima. Ovviamente il fatto che queste persone occupassero abusivamente un
terreno non autorizza le Istituzioni a trascurare le norme che regolano tali
azioni, compresa l'offerta di ospitalità in comunità per la bambina e la sua
mamma, e il necessario preavviso in forma scritta dello sgombero. In
particolare, si ricordano le Prescrizioni delle Nazioni Unite in materia di
sgomberi forzati, stabilite nelle Linee guida sugli sgomberi forzati del 20
maggio 1997 del CESCR (Comitato per l'osservanza dei diritti economici, sociali
e culturali), la Raccomandazione 2005 (4) adottata il 23 febbraio 2005 dal
Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa, l'art.7 della Carta dei Diritti
Fondamentali dell'Unione Europea, l'art.8, comma 1, della Convenzione Europea
per la salvaguardia dei diritti dell'Uomo e delle Libertà Fondamentali (CEDU),
ratificata e resa esecutiva nel nostro ordinamento con la legge 4 agosto 1955,
n. 848.
- Il giorno successivo allo sgombero, abbiamo portato alle due famiglie
coperte, indumenti e tende che abbiamo dovuto acquistare, vista la distruzione
di quelle in cui abitavano.
- Il 12-09-2013, primo giorno di scuola, le due famiglie vedono ripetersi un
altro sgombero, avvenuto sempre senza preavviso e in assenza degli
interessati. Nelle ore e nei giorni successivi, non potendo tollerare che esseri
umani rimanessero privi delle più elementari tutele per la sopravvivenza, ci
siamo visti costretti a ripetere l'intervento umanitario messo in atto pochi
giorni prima.
- Il giorno 16-09-2013: lo sgombero si ripete per la terza volta in dieci
giorni. Anche questa volta agli interessati viene impedito di prendere ciò che
appartiene loro, e tutti i beni, benché di loro proprietà, vengono nuovamente
distrutti (tutti i vestiti, il materiale scolastico). Le due famiglie dormono
ora all'addiaccio sotto un ponte, nonostante la temperatura si sia notevolmente
abbassata. Nel frattempo siamo molto preoccupati per la frequenza scolastica
della bambina, non essendo possibile presentarsi a scuola in condizioni
igieniche adeguate e dopo aver trascorso notti a stomaco quasi vuoto e non
potendo dormire per il freddo. Questo nonostante il diritto allo studio debba
essere garantito.
Considerato quanto sopra, chiediamo al Comune di Segrate come intende tutelare
il percorso scolastico e la salute psico-fisica di una bambina di 7 anni
abitante nel suo territorio.
Auspichiamo che il Comune di Segrate operi nel rispetto delle leggi, evitando le
modalità di sgombero attuate nelle scorse settimane. Inoltre, si sottolinea che,
oltre a violare le normative internazionali, gli sgomberi senza soluzioni
alternative non risolvono il problema della presenza di famiglie indigenti sul
territorio del Comune, ma lo spostano semplicemente in un'area vicina,
aggravando le condizioni di vita specialmente dei minori.
Disponibili a fornire ulteriori informazioni, si inviano distinti saluti.
Flaviana Robbiati, Assunta Vincenti - "mamme e maestre di Rubattino"
Comunità di Sant'Egidio
Per informazioni:
- Dr. Stefano Pasta (Comunità di Sant'Egidio Milano onlus)
338-73.36.925 -
santegidio.rubattino@gmail.com
- Flaviana Robbiati 339-16.84.800
- Assunta Vincenti 333-98.10.620
Se volete discuterne dal vivo con
"mamme e maestre di Rubattino", l'appuntamento è domani a Pessano con Bornago
Per terminare, ma solo per chi vuole, una torta con
ciliegina compresa:
Nicoleta e il suo sogno da grande
16 settembre 2013 - di Franca Fabbri (Sevizio EDU
Lombardia) per "Segnali
di fumo - il magazine sui Diritti Umani"
Nicoleta è una bimba Rom di undici anni che vive in un campo nomadi con la sua
famiglia, composta da mamma Camelia, papà Nicol e i due fratelli Mario - di
appena due anni - e Samuel. Samuel e Nicoleta sono 'il calciatore' e i 'bimbi
rom in biblioteca' già apparsi sulle pagine di Segnali di Fumo.
Ho conosciuto questi bambini grazie all'insegnante Flaviana Robbiati, una delle
prime maestre di Milano ad accogliere favorevolmente i bimbi Rom a scuola: Flaviana partecipò, diversi anni fa, a un'assemblea circoscrizionale di Amnesty
Lombardia in cui raccontò l' esperienza di inserimento dei bimbi rom nella sua
scuola, che già da qualche anno stava portando avanti insieme ad altre
insegnanti e ad alcune mamme di bambini italiani.
Nicoleta mi colpì fin dal nostro primo incontro avvenuto nella biblioteca civica
vicina alla scuola che lei frequenta: aveva necessità di migliorare la
conoscenza della lingua italiana -che per lei, romena, è una seconda lingua - e
io mi proposi di aiutarla. Finita la nostra conversazione, mentre ci stavamo
avviando verso l'uscita lungo i corridoi della biblioteca, mi chiese: " Ma di
chi sono tutti questi libri?". " Sono anche nostri, di chi li vuole leggere" le
risposi. "Allora ne posso prendere uno anch'io?". Non credetti alle mie
orecchie, memore della fatica che avevo fatto, durante i miei lunghi anni di
insegnamento, per far leggere schiere di bambini, per lo più recalcitranti.
Scelse 'Favole al telefono' di Gianni Rodari e lo riconsegnò la volta successiva
raccontandomi, molto divertita, la storia di 'Alice cascherina' e del 'Naso che
scappava'. Chiese un nuovo libro e ciò avvenne ogni volta che ci incontravamo in
biblioteca: era ed è rimasta sempre ed è rimasta un'avida lettrice.
Nei due anni trascorsi dal nostro primo incontro abbiamo condiviso molti momenti
felici: ad esempio la settimana scorsa Nicoleta è stata con me dalle 11 alle
17,30 e abbiamo trascorso una bella giornata insieme. Puntuale all'appuntamento,
ben vestita e ben pettinata, è stata per un giorno 'la figlia di una mia amica'
in tutte le occasioni in cui l'ho presentata ad altri e, dal dentista (con cui
avevo appuntamento), è stata promossa a 'mia nipote maggiore'. Non mi piace
mentire, ma avrei evitato di dire queste piccole bugie se non mi avessero
chiesto con insistenza 'chi fosse quella bella bambina'; lei era divertita dalla
prontezza delle mie risposte : le abbiamo commentate e abbiamo chiarito il senso
della parola 'pregiudizio' che peraltro già conosceva.
Una vera giornata insieme con la mia 'nipote maggiore': un giro all'interno del
mio condominio con sosta ai giochi per bimbi, il pranzo solo noi due in tinello
a base di insalata di riso, vitel tonné e ciliege, un passaggio in biblioteca
per spiegare lo smarrimento del libro preso a prestito da Nicoleta; poi insieme
dal mio dentista, il ritorno verso casa mia con sosta dal gelataio artigianale,
un riposino previa lettura sui divani e infine il rientro a 'casa' di Nicoleta,
con il proposito di fare ancora molte cose insieme.
Una bella esperienza per me e, spero, anche per lei.
La mia simpatia per Nicoleta deriva proprio da tutte queste sue qualità: è
educata e discreta, mai inopportuna, anche nel pormi le domande che un ambiente
nuovo le suggerisce, con un tono di voce tanto sommesso da doverle spesso far
ripetere quanto dice. Soprattutto è felice per le piccole cose: una passeggiata
in Pazza Duomo o un bagno in piscina la fanno saltare di gioia come succede per
le nuove esperienze che ci piacciono, ma che raramente abbiamo l'occasione di
vivere.
Sono due anni che la conosco e ogni volta che ci incontriamo mi dispiace sempre
lasciarla. Spesso temo che non si presenti agli appuntamenti, ma so che, se ciò
dovesse accadere, non sarà certo per sua volontà; è la sua situazione familiare
che spesso mi preoccupa: un trasferimento improvviso o uno sgombero non
annunciato, come già altre volte è accaduto, potrebbero tenerla lontana.
Se anche questo dovesse accadere, credo che nessuno potrà toglierle la gioia
delle esperienze condivise, così diverse da quelle della sua vita quotidiana.
Da grande vorrebbe fare l'ostetrica. Ricordiamocelo!
Di Fabrizio (del 20/09/2013 @ 09:04:28, in Regole, visitato 1490 volte)
di
Stella Arena, Daniela Bauduin e Mila Grimaldi - giuriste
Da anni assistiamo ad un aspro dibattito sulla gestione della cosiddetta
"emergenza nomadi" che viene affrontata con un approccio sicuritario come se
fosse un problema di ordine pubblico.
In base a un'indagine conoscitiva sulla condizione di Rom e Sinti in Italia,
promossa dalla Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei
diritti umani a partire dall'ottobre 2009, nel nostro Paese vivrebbero
all'incirca 150.000 persone di etnia Sinti o Rom (pari allo 0,2% della
popolazione, uno dei tassi più bassi d'Europa), la metà delle quali avrebbe
cittadinanza italiana e di cui solo 40.000 vivrebbe attualmente nei campi,
spesso abusivi o provvisori. Il metodo emergenziale nella risoluzione delle
questioni legate agli insediamenti delle popolazioni Rom è tuttavia sbagliato
sia dal punto di vista sociale che giuridico, come dimostra la vicenda delle tre
ordinanze del Presidente del Consiglio dei Ministri adottate il 30 maggio 2008
per fronteggiare lo "stato di emergenza" dichiarato in Lombardia, Lazio e
Campania in relazione alla presenza di comunità nomadi nei rispettivi territori.
Il 16 novembre 2012 il giudice amministrativo ha deciso sui ricorsi in appello
proposti dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, dal Ministero
dell'Interno, dal Dipartimento della Protezione Civile, dalle Prefetture di
Roma, Milano, Napoli e dal Comune di Roma per la riforma della sentenza con cui
il Tar Lazio nel 2009 aveva accolto l'impugnazione proposta dall'associazione
per la difesa dei diritti dei Rom European Roma Rights Centre (ERRC) e da due
abitanti del campo Casilino 900 della capitale, annullando in parte le tre
ordinanze e cassando anche alcune disposizioni dei regolamenti adottati dai
commissari delegati per le Regioni Lombardia e Lazio.
Nel giudizio d'appello è stato accolto il ricorso incidentale degli attori
originari e dichiarata l'illegittimità del decreto del Presidente del Consiglio
dei Ministri del 21 maggio 2008 adottato sulla base dell'articolo 5 della legge
istitutiva del Servizio di Protezione civile (legge 24 febbraio 1992, n. 225),
con cui era stato dichiarato lo stato di emergenza già citato, con la
conseguenza che tutti i provvedimenti emessi sono stati annullati per carenza di
potere. L'articolo 5 già citato, con la rubrica "Stato di emergenza e potere di
ordinanza", dispone che al verificarsi degli eventi straordinari previsti dal
legislatore il Consiglio dei ministri deliberi lo stato di emergenza,
determinandone durata ed estensione territoriale. Per attuare gli interventi di
emergenza si provvede poi con ordinanze in deroga ad ogni disposizione vigente,
nel rispetto però dei principi generali dell'ordinamento giuridico e attraverso
commissari delegati.
Il Consiglio di Stato ha osservato che sebbene l'apprezzamento della situazione
di fatto e degli eventi posti alla base della dichiarazione dello stato
d'emergenza rientri nell'ampia discrezionalità dell'amministrazione, lo stato di
emergenza possa essere dichiarato solo in presenza delle situazioni
riconducibili alla lettera c) del precedente articolo 2, ossia "calamità
naturali, catastrofi o altri eventi che, per intensità ed estensione, debbono
essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari". Tanto premesso, il
Consiglio esclude che nel caso sottoposto al suo esame sussista il rapporto
eziologico fra esistenza sul territorio di comunità nomadi, da un lato, e
straordinaria ed eccezionale turbativa dell'ordine e della sicurezza pubblica
nelle aree interessate, dall'altro, nonchè la presenza dell'altro requisito
legale, cioè l'impossibilità di fronteggiare la situazione con gli strumenti
ordinari, siccome tale presupposto non discende dalla "mera incapacità delle
istituzioni, ovvero da una loro scarsa volontà politica".
Com'è a tutti noto, nelle ultime legislature il Governo italiano ha adottato
centinaia di ordinanze di protezione civile, che sono atti della pubblica
amministrazione e in quanto tali sottratti al controllo della Corte
costituzionale volto a garantire il rispetto della Costituzione da parte delle
leggi. A partire dal 1992, con l'istituzione del Servizio Nazionale di
Protezione Civile, per far fronte a "calamità naturali, catastrofi o altri
eventi" il Governo ha iniziato ad adottare lo strumento dell'ordinanza in deroga
alle norme, rafforzando così la tendenza ad un utilizzo sempre più "normale" di
strumenti che consentono all'autorità amministrativa di non rispettare le norme
ordinarie. Nel conflitto tra emergenza e deroga alle regole si colloca la
dichiarazione dello stato di emergenza in relazione agli insediamenti di
comunità Rom e Sinti e la conseguente nomina di commissari straordinari per
l'emergenza.
Come osservato da Caterina Miele, dottore di ricerca in Antropologia culturale
presso l'Università degli studi di Napoli "L'Orientale", "l'approccio
"emergenziale" e "securitario" fino a oggi applicato agli interventi pubblici
sul tema dell'integrazione dei rom ha fatto declinare molte delle indagini sulla
questione nell'ambito di azioni di ordine pubblico. Non a caso in Campania il
primo atto dello stato emergenziale determinato dal decreto governativo fu un
censimento, guidato dallo staff della Prefettura, della Questura e della Croce
Rossa Italiana e realizzato prima nel campo di via Cupa Perillo a Scampia e poi
in altri campi della regione."
In questo contesto si inquadra la storia della comunità Rom di Giugliano, in
provincia di Napoli, che dopo vari trasferimenti veniva collocata nell'area di
Masseria del Pozzo, zona notoriamente ad alto rischio ambientale per i rifiuti
tossici presenti. L'architetto Alexander Valentino, da anni impegnato nel lavoro
sul campo, racconta "dell'odore malsano che si avverte in quell'area, di sfoghi
sulla pelle dei bambini di cui non si conosce l'origine e delle condizioni
igienico-sanitarie inadeguate". Una vicenda drammatica che si svolge in una
terra, la Campania, in cui l'illegalità ambientale è tanto diffusa da collocare
la regione al primo posto per il numero di reati contro l'ambiente (Legambiente,
Ecomafia 2013, ed. Ambiente, p.36), con la produzione di effetti devastanti
soprattutto per le persone più deboli.
La scelta politico-amministrativa di tale area è avvenuta sulla base di criteri
che si richiamano a necessità di ordine pubblico, infatti nella delibera del
Commissario prefettizio (nominato a seguito delle dimissioni del sindaco per la
provvisoria gestione dell'ente) n. 10 del 6/12/2012 sul progetto preliminare per
l'allestimento di un'area adibita a campo sosta temporanea, si parla di "emergenza prodotta sul territorio comunale dalla presenza significativa e
costante dei gruppi nomadi".
La conoscenza del rischio ambientale cui viene sottoposta la comunità Rom nel
vivere in tali luoghi d'altronde si desume dallo stesso atto che regola il
funzionamento dell'area di sosta temporanea (approvato con delibera del
Commissario Straordinario n. 33 del 26/03/2013), in cui all'articolo 5 si
prevede che con periodicita mensile sia garantita una verifica delle condizioni
di salubrita dell'area, operata dagli organismi istituzionali preposti alla
salvaguardia ambientale e sanitaria".
Appare chiaro come nel bilanciare i vari interessi giuridici coinvolti nelle
vicende raccontate, ossia l'inclusione sociale e il ritenuto ordine pubblico,
sia prevalso quest'ultimo, con ripercussioni pesanti che gravano su individui
già emarginati cui si nega oggi anche la tutela della salute che dovrebbe essere
garantita a tutti ai sensi della nostra Costituzione. Una strategia nazionale
ben lontana dalla comunicazione della Commissione europea n. 173/2011 che
sottolinea, invece, la necessità di superare il modello del "campo" per
combattere l'isolamento e favorire percorsi di inclusione sociale.
Di Sucar Drom (del 21/09/2013 @ 09:02:40, in blog, visitato 1851 volte)
Mantova, il Ministro Kyenge insieme a Lilian Thuran
Il Ministro Kyenge a Mantova insieme a Lilian Thuran per inaugurare la nuova
sede di Articolo 3 Osservatorio sulle discriminazioni. Il mondo che vogliamo non
è la politica del couscous,...
Mantova, sinti e rom vicini alla famiglia Marcegaglia
L'associazione Sucar Drom, congiuntamente alle Comunità sinte e rom mantovane e
all'Istituto di Cultura Sinta, si stringono al dolore di Carolina Toso
Marcegaglia, di tutta la famiglia Marcegaglia e della Fondazione Marcegaglia per
la perdita di Steno Marcegaglia.
Silvi Marina (PE), Nazzareno Guarnieri è disinformato
Sul sito della Fondazione Romanì leggo: "Per il presidente della Fondazione
romanì, è necessario "passare dalla mediazione alla partecipazione attiva, dalla
multiculturalità all'interculturalità". "Non può esserci mediazione a vita", ha
aggiunto, ricordando il caso di un assessore di Mantova che dopo...
Roma, lettera aperta al Sindaco Marino
Scrive Gad Lerner: "Insieme a Luigi Manconi, Moni Ovadia e Santino Spinelli,
dopo lo sgombero del campo rom di via Salviati a Roma, ho sottoscritto la
seguente lettera aperta al sindaco Ignazio Marino"...
Rom e sinti, convocato il Tavolo interministeriale
Ieri alle ore 11.00, presso la Sala Monumentale della Presidenza del Consiglio
dei Ministri, la Ministra per l’integrazione e le politiche giovanili Cécile
Kyenge e la Viceministra con delega alle pari opportunità Maria Cecilia Guerra
hanno avviato i...
Sinti e rom, in Senato illustrati due disegni di legge per il riconoscimento
Al convegno, presieduto dal presidente della Commissione Straordinaria per la
tutela e la promozione dei diritti umani Luigi Manconi, ha partecipato anche il
Ministro per l’Integrazione Cécile Kyenge, al cui d...
L'ASGI sulla proposta di legge contro l'omofobia e la transfobia
Pubblichiamo la nota dell'ASGI, pubblicata ieri, dopo il primo voto alla Camera
dei deputati alla proposta di legge in materia di contrasto all’omofobia e alla
transfobia. L'appello al Parlamento italiano dell'ASGI, a cui si associa
l'associazione Sucar Drom, afferma...
Di Fabrizio (del 22/09/2013 @ 09:06:24, in Italia, visitato 1572 volte)
- Ti ho sentito! Sei un razzista!
- Chiii? Io??? Ma come ti permetti! Ti denuncio!
- Hai detto che i Rom sono sporchi e ladri!
- Perché, non è vero?
- Certo che è vero, ma tutti sono sporchi se NON POSSONO lavarsi, e i
ladri sono dappertutto.
- Sei sicuro? Perché allora sui giornali si parla solo dei Rom?
- E tu, quanti giornali diretti da un rom conosci?
- Ma che c'entra, scusa... I giornali fanno il loro mestiere.
- E allora io lo dico alla mia mamma, anzi: lo scrivo all'UNAR e pure
alla Corte Costituzionale!
- E dopo?
- Mah, che ne so io?
- Sai quanto m'importa, sai cosa cambia.
- Credo che anche tu sia molto sporco e molto ladro.
- Ma come ti permetti! Io, prima di tutto sono italiano, poi sono andato a
scuola e ho persino una casa, un mutuo e un lavoro.
- Puoi anche avere la macchinina e l'amante, ma per un inglese o un
brasiliano sarai solo il solito italiano "pizza, mafia e mandolino".
- Certo che all'estero sono dei razzisti...
- C'è sempre qualcuno più a nord di te.
- Per fortuna, c'è sempre qualcuno più a sud!
- L'importante è farlo sapere, schierarsi, denunciare.
- L'importante è mantenere qualcuno con cui prendersela, qualcuno che non si
schieri. Che non ci tolgano il diritto di lamentarci e protestare!
- Ecco, sei il solito razzista che in realtà vuol passare da vittima.
- E tu il solito parolaio. Anche tu hai paura di "loro".
- Io non ho paura di nessuno. Io le canto chiare.
- Ma finché "loro" stanno zitti, tu avrai il palcoscenico tutto per te. Tanto,
cosa vuoi che importi? UNAR o no, IO sono l'italiano della situazione, IO (e
anche te, ammettiamolo) ho il diritto di stabilire chi sono gli altri. "Loro",
no.
- Sei più razzista di quanto pensavo.
- Sono condannato, come te, a non volere che niente cambi. Però, posso sempre
lamentarmi, e di questi tempi non è poco.
- Sogno a volte un paese NORMALE, che se ti lamenti puoi anche
cambiarlo.
- Potremmo anche esserlo. O possiamo far finta di esserlo.
- Far finta?
- Ti spiego. In un paese NORMALE, se la Corte Costituzionale dice una cosa, la
si rispetta. Da noi, è importante che questa Corte ci sia, decida e si esprima,
e poi tutti insieme a mangiare un piatto di rigatoni.
- Alla maniera dei Rom?
- Loro, le regole che si danno le rispettano. Noi manco quello. Ma sì, un po'
come loro, l'importante è preservare e non cambiare, e al diavolo se tra qualche
anno l'Italia se la saranno pappata gli stranieri.
- Ma sei razzista o antirazzista? Mi stai facendo venire il mal di
testa!
- Diritto di dire comunque come la pensi, anche se è una cazzata. Ricordi?
- Mi sembra di sì...
- Si comincia con l'UNAR e quelle cose lì. Chiamala, una specie di
DEREGULATION politica, per cui hai un controllore che anche se non controlla,
non cambia niente. Allora, se per caso hai stabilito che dopo tot gradi di
giudizio ti riconoscono colpevole e non puoi più stare in Parlamento, credi che
qualcuno ci faccia caso?
- Ma io volevo capire se eri razzista o no...
- Certo che lo sono. Ma voi non siete messi meglio. Quella vicenda dei gradi di
giudizio, da quando sta andando avanti? Sono solo i suoi che la stanno tirando
per le lunghe? O c'è qualcuno dall'altra parte che non ha nessuna fretta di
togliere le castagne dal fuoco?
Di Fabrizio (del 23/09/2013 @ 09:06:26, in Italia, visitato 1714 volte)
19/09/2013
Lunaria.org
Campi sosta, autorizzati o tollerati, villaggi attrezzati o
della solidarietà o più genericamente "campi nomadi": sono questi gli spazi che
le politiche istituzionali hanno privilegiato in Italia per "ospitare" i rom, sinti e camminanti nelle nostre città. Cambiano le denominazioni ma il risultato
è comune: la segregazione non solo
spaziale e abitativa, ma anche sociale e
culturale delle persone che vi risiedono. Le risorse pubbliche investite nei
campi sono ingenti. Il rapporto ne propone una ricognizione analizzando la
realtà di tre grandi città italiane: Napoli, Roma e Milano. Le informazioni
raccolte possono offrire argomentazioni di supporto a chi tra le comunità rom,
nella società civile e nelle amministrazioni pubbliche denuncia l'urgenza di
ripensare completamente le politiche di inclusione sociale e abitativa delle
popolazioni rom, cancellando dalle nostre città la vergogna dei "campi nomadi".
Roma, mercoledì 25 settembre, ore 10.30
Fondazione Basso, via della Dogana Vecchia 5 Roma Berenice, Compare, Lunaria e OsservAzione ti invitano alla presentazione di
Segregare costa. La spesa per i 'campi nomadi' a Napoli, Roma e Milano
Partecipano: Antonio Ardolino, Ulderico Daniele, Donatella De Vito, Claudio
Graziano, Caterina Miele, Grazia Naletto, Annamaria Pasquali, Cristina Santilli,
Francesca Saudino, Manuela Tassan.
I partecipanti riceveranno una copia del rapporto.
Per partecipare alla presentazione è necessario iscriversi entro il 24 settembre
inviando una mail a: comunicazione@lunaria.org
Segregare costa è stato realizzato grazie al sostegno di
Open Society Foundations
Info: antirazzismo@lunaria.org
Di Fabrizio (del 24/09/2013 @ 09:07:35, in Europa, visitato 1650 volte)
su Le parole, i pensieri -
Autore: Moni Ovadia -
Data: 2013-09-21
L'Unità
I paesi che si definiscono democratici, ogni giorno della loro esistenza
conoscono, tollerano, accettano e persino favoriscono violazioni delle leggi,
abusi del diritto, attentati ai loro ai principi fondamentali sotto lo sguardo
benevolo e spesso con la complicità delle loro istituzioni nazionali e locali.
Molti cittadini non danno alcun peso a questo scempio soprattutto se le
ingiustizie, anche se ignobili, non li riguardano direttamente.
Costoro non pongono domande cogenti alle istituzioni per chiedere ragione delle
patenti trasgressioni della legalità che umilia e offende il loro Paese. Anzi,
talora, "bravi" cittadini chiedono che le istituzioni violino le leggi per
servire loro interessi o privilegi particolari. Lo status di cittadino di una
nazione democratica, conferisce straordinari diritti ma pretende contestuali
doveri, primo fra tutti il rispetto attivo della Carta Costituzionale per dare
applicazione autentica alle sue leggi e per vigilare che non vengano infrante da
nessuno, tanto meno dalle Autorità. Porre domande e pretendere risposte dalle
istituzioni, è lo strumento principe per esercitare tale vigilanza. Io faccio
parte di quegli italiani che prendono molto sul serio il diritto/dovere di
cittadinanza e non rinuncio per nessuna ragione a porre domande e a pretendere
risposte.
Il diritto all'uguaglianza è garantito a tutti i cittadini di questo Paese e a
tutti gli esseri umani che vi abitano? Anche ai rom e ai sinti? Allora perché
continuano a venire segregati, discriminati, rinchiusi e sgomberati? Le
minoranze hanno diritto a vedere riconosciute le loro prerogative e ad ottenerne
la tutela? Anche i rom e i sinti? Allora perché non hanno ancora avuto lo status
di minoranza linguistica com'è capitato ad altre popolazioni? Perché le pur
importanti proposte di legge al riguardo, secondo l'autorevole parere di
giuristi competenti, hanno scarsissime possibilità di essere votate e approvate
dalle camere? Solo perché si tratta di "zingari"? La dignità della persona è
dotazione originaria di ogni essere umano? Anche del rom e del sinto? Allora
perché è lecito a gruppi di cittadini parlarne come di oggetti ingombranti e
nocivi di cui rifiutare la vicinanza? Perché tale linguaggio non è sanzionato
come incitamento all'odio e al razzismo? Le vittime di persecuzioni e genocidi
hanno diritto al riconoscimento ed al risarcimento? Perché rom e sinti no?
Noi cittadini italiani che riconosciamo nel diritto di cittadinanza un valore
irrinunciabile, pretendiamo risposte alle nostre domande e chiediamo che vengano
presi i provvedimenti necessari per dare piena applicazione alle leggi. Non
siamo più disposti a tollerare sgomberi, deportazioni, vessazioni contro i
nostri concittadini rom e sinti.
PS:
Moni Ovadia sarà a Milano mercoledì 25 settembre alle 18.30, con Marco
Rovelli e Jovica Jovic, per la presentazione di:
foto da Archivio ROMANO LIL
La festa dei Santi medici Cosma e Damiano che si tiene a Riace nei giorni del
25, 26 e 27 settembre, alla quale partecipano tantissime persone rom e non- rom,
è un grande evento interculturale, che proviene dall'antica civiltà contadina.
Questo mondo, che tra gli anni Cinquanta e Sessanta scomparve con lo sviluppo
dell'urbanizzazione, aveva elaborato importanti valori sociali, come quello
della relazione tra gruppi "diversi", che consentiva di vivere e "costruire"
assieme.
Ma il tramonto della cultura contadina è avvenuto eliminando la gran parte dei
suoi valori, e abbracciando la cultura dell'urbanizzazione con le sue "false"
promesse di progresso e di sviluppo e con la pratica dell'emarginazione sociale
dei cittadini più deboli.
Difatti, il grande regista De Seta nel suo documentario "In Calabria", del 1993,
si interrogava sulla scelta negletta di distruggere il mondo contadino, senza
mantenere i suoi valori principali, e di accettare, a occhi chiusi,
l'urbanizzazione selvaggia.
Nonostante la scelta fatta, una traccia di quel mondo antico è rimasta nella
festa di Riace e nella vita civile di questa piccola cittadina, diventata un
esempio di civiltà per l'accoglienza offerta ai "migranti".
De Seta, da fine osservatore dei fatti, nel suo documentario descrive la festa
affermando che "...si distingue dalle altre, perché in comune tra gli abitanti
del paese e gli zingari che per l'occasione affluiscono in gran numero...".
E' proprio così. La festa di Riace, nata dalla civiltà contadina calabrese,
continua, ancora oggi, a essere festa " in comune ", a coniugare, a saldare, a
far incontrare. Mantiene tutto il simbolismo e la forza di quel mondo che sapeva
unire le "diversità", sviluppando autentica coesione sociale. Mentre la società
moderna, piegata dai valori della competizione, "costruisce" conflitti tra le
parti, si inventa lo "scontro di civiltà" ed emargina i gruppi più svantaggiati,
che considera troppo "diversi".
Il pellegrinaggio annuale a Riace, per i rom calabresi è un fatto che ha segnato
la loro storia e che, ancora oggi, rappresentata un avvenimento che continua a
caratterizzare la loro religiosità e le loro relazioni sociali.
La festa dei due Santi, si è celebrata a Riace a partire dal 1671, data in cui
le autorità religiose approvarono al culto le reliquie dei due Santi. Insieme
alla festa religiosa si tenne, dal 1671 fino a qualche decennio fa, una delle
maggiori fiere di bestiame e mercanzie della regione, che richiamava mercanti da
tutta la Calabria e da altre regioni del Sud Italia. I rom , presenti in
Calabria dalla fine del 1300, avendo sviluppato tra le loro attività
tradizionali il commercio del bestiame, parteciparono, fin dal XVII secolo, alla
grande fiera e alla festa religiosa, costituendo un'importante presenza, che è
rimasta costante nel corso di quasi tre secoli e mezzo.
La loro partecipazione ai festeggiamenti religiosi, li ha portati a sviluppare
una "propria devozione" religiosa che ha caratterizzato e caratterizza ancora
l'evento.
La festa "in comune" è nata in un periodo storico in cui i rom calabresi, dal
1300 fino alla metà del 1900, furono parte integrante del mondo contadino ,
garantendo i servizi di manutenzione dell'attrezzatura agricola e di commercio
del bestiame. Inclusi in modo interculturale nell'antica società contadina, i
rom calabresi contribuirono, al pari di altri gruppi, allo sviluppo della
civiltà rurale della nostra regione. Lungo il corso dei secoli, la cultura rom e
quella contadina si sono reciprocamente ibridate, attraverso l'influenza
reciproca e lo scambio di elementi.
E' così che i rom cominciarono a partecipare non solo alla fiera di Riace, ma
pure alla festa religiosa, facendola diventare un elemento centrale della loro
religiosità, e arricchendo la festa con una nuova forma di culto, fatta con la
musica e la danza apprese dagli stessi contadini, mettendoci le loro libere
interpretazioni.
Questo reciproco arricchimento culturale, dato dalla "connessione-mescolamento"
delle culture, è quanto è avvenuto nell'antica comunità rurale calabrese, oggi
considerata "arretrata".
Da qualche decennio la grande fiera di Riace non si tiene più, ma la festa
continua ad essere celebrata attraverso il culto religioso e l'incontro sociale
tra i diversi gruppi, in un clima di costante accoglienza interculturale.
Oggi, che la civiltà contadina non esiste quasi più, e la minoranza rom è vista
dalla comunità urbana come un "problema sociale", questa festa rappresenta,
ancora, un esempio concreto di apertura all'"altro".
Anche la Chiesa locale, negli ultimi anni, partendo proprio dall'esperienza
"plurale" offerta dalla festa ha cominciato a comprendere l'importanza della
devozione dei rom e ha mosso i primi passi per rispettarla nelle sue forme
specifiche.
Possiamo dire, senza ombra di dubbio, che la festa di Riace è un passato che
continua a parlare al presente per la costruzione della convivialità dei gruppi.
Reggio Calabria, 15 settembre 2013
OPERA NOMADI DI REGGIO CALABRIA
Il presidente
Antonino Giacomo Marino
Un mese fa, da
Czech_Roma
Conkova (seconda da destra) al Roma street party (Photo: Martin
Nejezchleba) - Street party versus odio: i Rom cechi sotto minaccia
-
Deutsche Welle
Durante le proteste nelle città ceche, i neonazisti hanno
gridato slogan per diffondere la paura tra la popolazione rom. Sembrano pronti
ad usare la violenza. Ma i Rom della città di Duchkov hanno risposto con misure
pacifiche.
Little Robert e i suoi amici hanno la strada tutta per loro, al momento.
Sette anni, siede sul nero asfalto, mentre sua sorella traccia il contorno del
corpo con un gesso. Aggiungono uno smiley alla figura.
Due ragazzi più grandi scarabocchiano in fretta delle bandiere rom sulla
strada - blu e verdi con la chakra rossa in mezzo - e scrivono accanto "Siamo
anche qua". Così, quei bambini cercano in qualche modo di esorcizzare
l'incombenti calamità.
Quattro marce in tre mesi
Appena un'ora e mezza dopo, una cinquantina di neonazisti e 250 residenti di
Duchkov marciano sulla figura disegnata col gesso. I loro slogan risuonano tra
le facciate fatiscenti degli edifici di questo quartiere dove vivono molte
famiglie rom. "Questa è casa nostra" e "Boemia ai Cechi" i canti neonazisti.
Little Robert (non è il nome vero) sulla marcia è furioso. Vorrebbe fare
qualcosa di più del disegnare figure di gesso sull'asfalto. "Almeno gettare a
terra uno skinhead e tirargli dei calci," dice. Davvero? "No, mettergli le
manette, almeno non può muoversi." Questa è già la quarta marcia anti-rom nel
suo quartiere a cui deve assistere negli ultimi tre mesi.
"Siamo anche qua" hanno scritto (Photo: Martin
Nejezchleba)
Le proteste a Duchcov sono state innescate da un'aggressione nel quartiere
rom verso la metà di maggio, quando alcuni ubriachi picchiarono un uomo e una
donna. Il sito neonazista ceco Free Resistance adoperò le registrazioni della
telecamera di sicurezza sull'aggressione, per alimentare il sentimento anti-rom
e chiamare ad una protesta a livello nazionale.
La criminalità nelle aree povere è qualcosa che preoccupa molti Cechi, ed i
Rom ne sono il capro espiatorio collettivo. "Continueremo a guardare soltanto?"
era la domanda retorica posta nel video online dell'estrema destra.
La persecuzione sta diventando un luogo comune
Hanno risposto all'appello circa 2.500 persone in otto città, marciando
fianco a fianco ai neonazisti. Lo slogan spregiativo: "Assieme contro il terrore
zingaro". Nella città industriale di Ostrava, nell'est del paese, i
manifestanti si sono scontrati per le strade con la polizia. La polizia ha usato
gas lacrimogeni e manganelli per impedire l'entrata degli estremisti in buona
parte del quartiere rom.
Street party per contrastare l'atmosfera da pogrom: rifocalizzando
l'attenzione sul positivo
A Duchcov si sono uniti circa 60 tra residenti e volontari, per opporsi alla
marcia neonazista. E' stato eretto di fronte all'ingresso di una casa un palco improvvisato,
costruito con pallet. Accanto, è appeso uno striscione, con la dicitura "Neri,
bianchi, uniamo le forze".
La performer Ivana Conkova sta anche cercando di calmare l'atmosfera di
persecuzione. La ventottenne lavora a fianco di pochi altri volontari
dell'iniziativa civica Konexe, organizzando azioni ogni fine settimana per
contrastare le proteste anti-rom. Lo scopo è anche di distrarre iRom, aiutandoli
a mantenere la compostezza ed evitando che si nascondano in casa.
Mentre il corteo canta "Andiamo a prenderli", Conkova suona, canta e
balla con i residenti - perlomeno, è quello che cercano di fare. Conkova chiama
questo piccolo street festival "un'oasi di pace". I suo occhi castani hanno uno
sguardo stanco: porta avanti la sua lotta contro il razzismo - senza alcun
supporto finanziario - quasi ogni fine settimana.
La polizia in tenuta antisommossa presidia per mantenere l'ordine e tenere
lontani i manifestanti (Photo: Martin Nejezchleba)
"Vogliamo offrire ai bambini un'esperienza differente e positiva," dice Conkova.
Visibilmente scossi, gli adulti si agitano su sedili di plastica bianca, bevendo
caffè turco. Una giovane trucca le facce dei bambini. Non sembra che abbiano
voglia di cantare e ballare. Violino, violoncello e chitarra sono ben presto
sopraffatti dal ronzio di un elicottero.
La marcia di protesta è a solo qualche centinaio di metri di distanza. Un
cordone di poliziotti in tenuta antisommossa è lì per impedire alla protesta di
raggiungere i Rom. La voce roca di Conkova non basta a scacciare la paura e la
rabbia dei Rom.
Tempo di attesa, cucinando zuppa di patate
Jitka Bartova non sta passando niente di tutto ciò. Questo sabato la sindaca di
Duchcov è a casa, cucinando zuppa di patate. Ma questa signora di mezza età, con
capelli rossi e sparsi, dice di poter comprendere perché i cittadini sono
arrabbiati, e perché hanno deciso di unirsi agli skinhead nel circondare il
quartiere rom.
"In molti sta crescendo la frustrazione," dice dalla sua terrazza soleggiata, a
pochi isolati di distanza dalle manifestazioni. Sottolinea che la difficile
situazione economia e l''alta disoccupazione, significano che sempre più
"bianchi" sono in difficoltà finanziarie.
"E poi vedono un Rom sorridente con un assistente sociale che compila un modulo
per loro. E' un sentimento che cresce tra gente di cui nessuno si occupa." dice
la sindaca di Duchcov. Descrive il Rom street party come una provocazione.
La sindaca Bartova ha espresso comprensione per le frustrazioni dei
cittadini verso i Rom (Photo: Martin Nejezchleba)
Alla prima protesta anti-rom di maggio, Bartova tenne un discorso in cui
sembrava esprimere pubblicamente simpatia per i manifestanti. Qualche settimana
fa, l'agenzia d'investigazione pubblica ha valutato il fenomeno che sempre più
Cechi rispondano agli appelli alla mobilitazione da parte dei neonazisti, come
una grave minaccia alla sicurezza pubblica e alla democrazia della repubblica.
Breakdance al posto della battaglia
Le organizzazioni ceche dei diritti umani per anni hanno evidenziato le
discriminazioni sui Rom a scuola, o nel mercato del lavoro e dell'alloggio. Sono
discriminazioni profondamente radicate nel sistema. La città di Duchcov, ad
esempio, ha venduto a compagnie immobiliari private, gli edifici parzialmente
fatiscenti in cui i rom si rifugiavano la notte. Gran parte degli assegni
sociali che i Rom ricevono, finiscono direttamente nelle tasche degli squali
immobiliari, attraverso affitti gonfiati.
Anche cittadini "regolari" stanno partecipando alle proteste anti-rom (Photo: Martin
Nejezchleba)
Tornando allo street party, poco prima delle 16.00, succede qualcosa che Conkova
dice succede sempre quando i cori anti-rom diventano troppo opprimenti. I
presenti si allontanano dal podio per vedere chi vuole seguirli.
"la pressione sta montando," dice uno. "E' ora di prendere la cosa nelle nostre
mani." Anche Conkova, prova a fermare la folla. "I Rom devono uscire dal ruolo
di vittime," dice.
Ma alla fine i Rom decidono contro il conflitto aperto. Non vogliamo
provocarli, dicono; dobbiamo proteggere i nostri bambini. Siamo qui per
festeggiare.
I bambini lo prendono alla lettera, tornando di corsa sul palco. Assordanti
esplosioni pop si diffondono dagli altoparlanti. Robert è i suoi amici trovano
finalmente uno sfogo alla loro rabbia: breakdance.
Di Fabrizio (del 27/09/2013 @ 09:06:44, in sport, visitato 1770 volte)
24 settembre 2013 - Iniziativa dell'Università Ca' Foscari e
dell'Associazione italiana calciatori.
Osservatorio calciatori sotto tiro è la risposta del mondo del calcio ai cori e
agli episodi di razzismo. Presentato ieri a Venezia, nel corso del convegno
Calcio e culture. Uniti contro il razzismo, è un'iniziativa dell'Università Ca'Foscari
di Venezia e dell'Associazione italiana calciatori (Aic).
L'Osservatorio nasce per sensibilizzare l'opinione pubblica, in primis i
giovani, sulla necessità di contrastare qualsiasi gesto di intimidazione, offesa
e minaccia rivolta a giocatori a livello sia agonistico sia dilettantistico. Nel
concreto, l'osservatorio si occuperà di analizzare i casi di razzismo che si
verificano in tutte le categorie. Ma l'attività di denuncia sarà affiancata
dall'impegno a scoprire e diffondere il positivo che esiste. "Per fare questo -
ha spiegato Pierpaolo Romani, coordinatore nazionale di Avviso pubblico, cui è
affidato l'osservatorio - abbiamo bisogno di un'alleanza con il mondo delle
scuole. Il nostro messaggio è che contrastare la violenza e difendere il calcio
pulito è compito di tutti coloro che amano lo sport e non può essere delegato".
Damiano Tommasi, presidente dell'Aic, ha spiegato l'importanza di "partire dai
ragazzi, imparando da loro: nemmeno si chiedono se Balotelli è italiano o meno,
non si pongono il problema del colore della pelle e sono incuriositi, non
spaventati, dalla diversità". Sugli episodi di razzismo che segnano il calcio ha
spiegato che "il rischio di chiusura degli spalti mette le società in allerta e
pronte a intervenire e condannare: in un mondo che ragiona cinicamente solo di
profitto il pericolo di perdere il guadagno rende tutti molto sensibili e questo
comunque ci fa gioco". Lilian Thuram, campione del mondo 1998, autore di
Le mie
stelle nere e creatore in Francia della fondazione Education contre le racisme,
ha sottolineato che "tante volte chiudiamo le persone dentro il colore della
pelle o dentro al loro genere e non andiamo oltre".
(Red.)
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