Rom e Sinti da tutto il mondo

Ma che ci fa quell'orologio?
L'ora si puo' vedere dovunque, persino sul desktop.
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Conoscere non significa limitarsi ad accennare ai Rom e ai Sinti quando c'è di mezzo una disgrazia, ma accompagnarvi passo-passo alla scoperta della nostra cultura secolare. Senza nessuna indulgenza.

La redazione
-

Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 08/09/2013 @ 09:02:18, in Kumpanija, visitato 1538 volte)

Domenica 15 settembre, ore 11.30
Libreria Popolare via Tadino 18, MILANO

Rebecca è una ragazza rom. E' anche un mondo: dalla Romania ha girato l'Europa e il Sud America, ha scritto, dipinge, studia al liceo artistico, è stata testimone di infiniti sgomberi, violenze esplicite o meno. Ha ricevuto il premio UNICEF. E ancora: studia il violino e cerca di vivere come una ragazza della sua età.

    Così, tornati dalle ferie, riprendiamo LE CONVERSAZIONI IN LIBRERIA. Una domenica mattina alle 11.30, in un angolo fresco e amichevole. Ci sarà anche un'esposizione dei dipinti di Rebecca, e si terminerà con un rinfresco offerto dalla libreria a tutti i partecipanti.
    Verrà presentato l'ultimo libro di Rebecca Covaciu: "L'arcobaleno di Rebecca - Taccuino di viaggio di una ragazza Rom" UR Editore - 2012 – pp. 168 - euro 11,70 con l'autrice, intervistata da voi e da Fabrizio Casavola, per la redazione di MAHALLA.

Vi aspettiamo in tanti!

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Di Sucar Drom (del 09/09/2013 @ 09:07:38, in casa, visitato 1333 volte)

21luglio.org (6 settembre 2013) Foto: Gazzetta di Parma

La decisione del Comune di Parma di riqualificare il "campo nomadi" di via del Cornocchio potrebbe indicare il reiterarsi di politiche discriminatorie e ghettizzanti nei confronti delle comunità rom e sinte. Lo scrivono Associazione 21 luglio e Sucar Drom in una lettera di preoccupazione congiunta inviata al sindaco di Parma Federico Pizzarotti.

La lettera si riferisce alla decisione del comune emiliano, annunciata con un comunicato stampa dello scorso 19 agosto, di "elaborare un progetto di riqualificazione del "campo" di via del Cornocchio, in linea con la nuova Legge Regionale su Sinti e Rom".

Il progetto, in particolare, prevede di "recintare e mettere in sicurezza la zona del "campo", la predisposizione di un'area di sosta di dimensioni più limitate, il ripristino della palazzina operatori e la manutenzione del "dormitorio di emergenza" invernale", si legge nel comunicato del Comune di Parma.

Pur esprimendo apprezzamento per ogni azione pubblica volta a migliorare le condizioni igienico sanitarie delle comunità rom e sinte presenti negli insediamenti formali e informali del nostro Paese, Associazione 21 luglio e Sucar Drom definiscono "antistoriche, antieconomiche e discriminatorie quelle politiche abitative rivolte alle comunità rom basate in maniera quasi esclusiva sulla costruzione di "campi nomadi" e "aree di sosta", che hanno come esito una situazione di ghettizzazione di fatto".

Negli ultimi trent'anni le politiche locali italiane rivolte alle comunità rom e sinte si sono basate sulla convinzione che queste siano "nomadi" e quindi culturalmente inadatte a condurre una vita all'interno di abitazioni convenzionali.

La Strategia Nazionale d'Inclusione dei Rom, Sinti e Caminanti, adottata dal Governo italiano nel 2012, afferma tuttavia che nel nostro Paese "la politica amministrativa dei "campi nomadi" ha alimentato negli anni il disagio abitativo fino a divenire di conseguenza essa stessa presupposto e causa della marginalità spaziale e dell'esclusione sociale per coloro che subiscono una simile modalità abitativa"

"Le nostre organizzazioni - si legge nella lettera indirizzata al sindaco Pizzarotti da Associazione 21 luglio e Sucar Drom - condannano la scelta di qualsiasi Amministrazione locale di continuare a investire sulla "campizzazione" su base etnica di comunità rom stanziali ed esprimono la preoccupazione che la riqualificazione del nuovo "campo nomadi" di via del Cornocchio, che sembra basarsi su una nuova Legge Regionale a tutt'oggi non ancora presentata in Regione, possa rappresentare l'ennesimo sperpero di denaro pubblico che si tradurrà, nella migliore delle ipotesi, nell'abbellimento temporaneo di un ghetto".

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Di Fabrizio (del 10/09/2013 @ 09:02:50, in conflitti, visitato 1728 volte)

Il villaggio rom lungo il fiume Crati Il quotidiano della Calabria

Lettera dei rom ai cosentini dopo i raid punitivi su cui indaga la procura Botte, insulti e addirittura un'incursione in auto con un uomo investito: dopo l'escalation di violenza in città è stata aperta un'inchiesta affidata alla polizia. Ma intanto gli abitanti del villaggio sulla riva del fiume Crati scrivono alla città: "Vi è mai successo di essere massacrati di botte mentre andate al supermercato?"

COSENZA - "Vi è mai successo di essere massacrati di botte mentre andate al supermercato a comprare il pane per i vostri figli? Siete mai stati accusati di una cosa che non avete fatto? A noi tutto questo succede da ormai un mese". La comunità rom che vive nel villaggio di Vaglio Lise, alle porte di Cosenza, ha deciso di rivolgersi alla città con una lettera aperta, dopo l'escalation di violenza subita nei giorni scorsi. La procura, nei giorni scorsi, ha deciso di fare luce sulla vicenda e ha affidato alla polizia un'indagine sui pestaggi.

"Ogni volta che usciamo dal villaggio per andare a fare la spesa, su via Popilia veniamo aggrediti, picchiati, insultati da persone che dicono di volersi vendicare per aver subito dei furti" scrivono ora i rom nella loro lettera che, sottolineano, è rivolta a chi ce l'ha con loro, "più che al resto della cittadinanza ed a quanti nel quartiere ci hanno sempre dato affetto e ospitalità": "Chiediamo a questi giovani se secondo loro è giusto che a pagare debbano essere padri di famiglia innocenti, uomini che si alzano all'alba ogni giorno per andare a vendere aquiloni e collanine sulle spiagge. Ai giovani che si aggirano intorno alle nostre baracche, armati di pistole, benzina e mazze da baseball vorremmo chiedere se a loro sia mai capitato di essere picchiati, perseguitati, incarcerati ingiustamente". E aggiungono: "Ogni giorno viviamo nel terrore. E di notte non dormiamo, perché temiamo che qualcuno possa incendiare le nostre baracche, far del male ai nostri bambini".

Raccontano anche che una settimana fa, mentre passava davanti ad una chiesa, un abitante del campo rom, un uomo che vive a Cosenza da quasi dieci anni e mai si è macchiato del minimo reato, è stato investito da una macchina. Dalla macchina sono scesi due giovani che, invece di soccorrerlo, si sono accaniti su di lui a colpi di mazze, spaccandogli la testa. "Alle istituzioni chiediamo sicurezza - è l'appello dei rom -. Ai parenti ed agli amici di questi giovani che fanno le ronde, chiediamo di parlare con loro, spiegare che l'uso della violenza è sempre sbagliato, e che attaccare gli innocenti solo in base alle loro origini etniche, è un crimine contro l'umanità".

Le indagini intanto proseguono e intenzione della Procura di Cosenza è dare un nome agli aggressori. Impresa non tanto facile e per questo ci si avvarrà anche della visione di alcuni video ripresi dalle telecamere di sicurezza posizionate lungo le strade dove si sono materializzati alcuni dei pestaggi. Ritorna alla ribalta, però, il problema dell'integrazione in città: nei giorni scorsi era montata una protesta dei cittadini di Casali, che chiedono l'allontanamento delle famiglie rom dal palazzetto dello sport, nel quale il Comune di Cosenza le ha sistemate da quattordici mesi, dopo un incendio che distrusse molte baracche a Vaglio Lise. Doveva essere un alloggio temporaneo, ma i rom sono ancora lì, con la struttura sportiva (un tempo molto frequentata) diventata un grande stanzone, che ospita quindici nuclei familiari. In teoria dovrebbero abbandonare la struttura, in quanto l'emergenza è di fatto scaduta.

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Di Fabrizio (del 11/09/2013 @ 09:02:46, in media, visitato 1371 volte)



La Fondazione romanì Italia ringrazia tutti i partecipanti al II congresso delle comunità romanès e delle associazioni a Silvi Marina il 7 ed 8 Settembre 2013.
Gli atti del II congresso delle comunità romanès e delle associazioni saranno prodotti con la realizzazione di un numero speciale della rivista ROMA cultural magazine che sarà disponibile presumibilmente entro la metà di Ottobre 2013.

07 settembre 2013
SILVI MARINA (Te) - Il riconoscimento della minoranza linguistica rom; il passaggio dalla mediazione alla partecipazione attiva; la necessità di una politica per la cultura romanì: sono stati i temi al centro della prima Giornata delle comunità romanè che si tiene oggi e domani a Silvi Marina, in provincia di Teramo. Un centinaio i partecipanti, in rappresentanza di associazioni rom e non rom, assieme a un delegato dell'Unar e a docenti dell'Università di Bologna.
Trovare soluzioni concrete per il miglioramento delle condizioni della popolazione romanes, "senza attribuire responsabilità ad altri" e senza "rifugiarsi in un pericoloso fatalismo persecutorio": è l'obiettivo del congresso secondo quanto affermato da Nazareno Guarnieri, presidente della Fondazione romanì che ha promosso l'iniziativa.
Guarnieri ha aperto l'evento affermando che "questo non vuole essere l'ennesimo congresso per denunciare le responsabilità di altri e continuare a progettare strategie che si sono rivelate fallimentari".
L'importanza del riconoscimento. Guarnieri ha poi affrontato il tema del riconoscimento della minoranza linguistica rom, che è stato richiesto da alcune proposte di legge negli ultimi anni: "tutti la vogliono la nessuno la porta avanti", ha detto, sottolineando che sarà un tema fondamentale in futuro perché "presupposto essenziale per qualsiasi politica culturale e di inclusione".

La mediazione, un fallimento. "Negli ultimi anni sono stati formati 1400 mediatori rom, ovvero 1400 disoccupati", ha poi aggiunto Guarnieri parlando di un "fallimento della mediazione rom in Italia".
Per il presidente della Fondazione romanì, è necessario "passare dalla mediazione alla partecipazione attiva, dalla multiculturalità all'interculturalità". "Non può esserci mediazione a vita", ha aggiunto, ricordando il caso di un assessore di Mantova che dopo 20 anni di mediazione non ha rinnovato la convezione per la mediazione culturale.
Non solo folklore, "basta assistenzialismo". "Una politica per la cultura romanì è oggi inesistente - ha aggiunto -. A livello di società civile c'è tanto folklore, ma la cultura romanì non è solo cucina, musica e abbigliamento. E' un insieme di valori che formano un'identità culturale. L'evoluzione della cultura romanì è urgente e indispensabile per evitare la distruzione della nostra identità. In particolare lo sviluppo della mentalità assistenziale sta distruggendo la popolazione romanì".

In due video 2 rom, uno kosovaro e l'altro italiano, hanno raccontato i loro percorsi di integrazione attraverso l'istruzione. A tal proposito Alain Goussot, in un intervento, ha evidenziato la necessità che la società italiana si apra all'alterità, diventi più inclusiva e accogliente, in particolare attraverso la scuola.

SILVI (Te) - Non esiste un registro ufficiale delle associazioni romanés, ma sono le 68 realtà che hanno risposto alla chiamata dell'Unar per partecipare ai tavoli tematici di discussione nell'ambito della strategia nazionale di inclusione d Rom, Sinti e Caminanti, approvata dal governo nel 2012. Di queste, solo 16 sono composte esclusivamente da romanès. 12 hanno respiro nazionale e 56 solo locale.
Sono i dati forniti da Giampietro Losapio, presidente del Consorzio Nova, nell'ambito del congresso delle comunità romanès che si è tenuto ieri e oggi a Silvi Marina in Provincia di Teramo. Losapio ha però sottolineato "l'incoerenza tra quanto accade nei piani ufficiali e nella realtà", affermando che "secondo l'Unar non esiste associazionismo Rom da Roma in giù", dato smentito dalle diverse realtà attive sul tema nel meridione.
"Secondo l'Istat c'è un'associazione ogni 185 italiani, mentre per i Rom il rapporto è 1 a 2000", ha detto Losapio, ricordando che la strategia nazionale di inclusione d Rom, Sinti e Caminanti prevede tra gli obiettivi la promozione dell'associazionismo Rom.
Il presidente di Nova ha poi citato il caso della Fondazione Romanì Italia, che da associazione è diventata fondazione puntando su "un vincolo patrimoniale non più solo sociale", sottolineando come "la causa Rom si può legare al fatto di poter drenare risorse".

La mancanza di un sistema decisionale democratico nell'ambito dell'associazionismo Rom è stato poi evidenziato da Losapio che ha affermato come "il mondo Rom ha una tendenza al leaderismo, in cui la guida è affidata soprattutto a uomini", e "manca una modalità di organizzazione democratica comunitaria" costituita da un consiglio e da soci.
Il presidente del consorzio Nova ha poi sottolineato che nell'associazionismo Rom in Italia vige, così come nell'associazionismo italiano in generale, "il principio secondo cui poche grandi organizzazioni possono dire qualcosa", mentre "tante piccole associazioni che lavorano sul territorio hanno scarsa rappresentanza".

"Spesso i Rom sono solo delle comparse all'interno di associazioni non Rom, che in alcuni casi speculano sulla causa romanì", ha detto Baskim Berisa, giovane Rom di origine kosovara, presidente dell'associazione "Rom stanziali del Kosovo in Trentino Onlus".

Berisa ha espresso critiche su progetti portati avanti da associazioni di promozione sociale ("portare la cultura Rom in piazza organizzando eventi flocloristici e musicali non serve per combattere la discriminazione") e sulle attività delle associazioni che si occupano di campi nomadi: "Perché non usare quei soldi non vengono usati per costruire edifici in cui gli stessi rom potrebbero lavorare?? "Basta all'assistenzialismo e al folklorismo", ha concluso Berisa. "E' necessario costruire con progetti seri un futuro soprattutto per noi giovani". "Se in futuro noi Rom avremo le competenze giuste perché non potremo competere con i non Rom? Con l'istruzione si possono aprire delle prospettive molto ampie".

08 settembre 2013
SILVI MARINA (Te) - Romanipè 2.0. ovvero partecipazione attiva, soprattutto dei giovani, nelle politiche e nei progetti a favore dei Rom. E' stato il tema al centro del del congresso delle comunità romanès che si è tenuto ieri e oggi a Silvi Marina (Te) con la partecipazione di un centinaio di delegati di associazioni Rom e non Rom che si occupano della causa romanì.
Il tema è stato affrontato in prima persona dai ragazzi formati nell'ambito del progetto "Fuochi attivi" della Fondazione Romanì, che ha l'obiettivo di formare leader Rom consapevoli della propria cultura e in grado di relazionarsi con professionalità con le istituzioni e organizzazioni italiane, per favorire l'emancipazione di un numero sempre maggiore di bambini e giovani delle comunità.

"Per uscire dal circolo vizioso di autodiscriminazione, vittimismo, passivismo e illegalità, siamo costretti a rinnegare la nostra identità Rom": è il problema che è stato sollevato da Jon Ion Dumitru di Roma e da Fiore Manzo, Rom di Cosenza."L'essere rom è ancora visto come una malattia, che fa allontanare". "C'è urgenza di uscire fuori da questa situazione di violenza e discriminazione e aiutare i più piccoli", ha detto Marco Bevilacqua, trentenne Rom di Reggio Calabria. "E' necessario lottare per uscire dai campi nomadi, contrastare l'assistenzialismo, e promuovere il riconoscimento etnico linguistico", ha detto. "Mostrare che il problema è culturale non sociale. Far capire ai giovani che fuori dai quei campi c'è la vita". Per questo "punto fondamentale è la scolarizzazione, perché i Rom possano in futuro occupare posizioni importanti nel mondo del lavoro. Altrimenti restano ricattabili".
"Anche se non c'è la luce in casa, nei campi si ha Facebook e così i ragazzi possono essere contatto con coetanei rom in Francia e Germania", ha sottolineato Vanessa Cirillo della Fondazione Romanì, "questo è un elemento nuovo, da considerare quando elaboriamo progetti e strategie".

A conclusione del convegno sono stati letti alcuni punti su cui le associazioni dovranno lavorare in futuro:
1. il superamento della vittimizzazione e del fatalismo persecutorio;
2. il recupero della cultura Rom;
3. l'emancipazione femminile;
4. il riconoscimento dei Rom come minoranza linguistica;
5. la responsabilizzazione, e parlare del tema della legalità, "altrimenti lo fa solo l'estremismo di destra". (lj)

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Di Barbara Breyhan (del 12/09/2013 @ 09:05:27, in casa, visitato 1504 volte)

RP-ONLINE Insediamento rom nel 1991 a Skopje - Shutka (Macedonia). Le case sono stati finanziate dallo stato di NRW. Foto: D. Hüwel Milioni sprecati per un progetto di rimpatrio - QUANDO LA RENANIA SETTENTRIONALE-VESTFALIA COSTRUI' CASE PER I ROM - 10 settembre 2013 alle ore 12.26 Di DETLEV HÜWEL

Düsseldorf - Con un progetto di diversi milioni, nel 1991 il governo di Johannes Rau (SPD) intendeva persuadere al rimpatrio quegli immigrati che per mesi si erano accampati sulla riva del Reno.

Vengono per restare. E sono sempre di più le persone che dalla Romania e dalla Bulgaria si spostano in Germania. Nella Renania Settentrionale-Vestfalia sarebbero già 60.000 donne, uomini e bambini, soprattutto Rom. Possono entrare liberamente in Germania visto che Romania e Bulgaria fanno parte dell'Unione Europea (UE).

Secondo le regole, qui in Germania non hanno ancora la possibilità di lavorare (con l'eccezione dei lavori con penuria di manodopera). Soltanto a partire dal 2014 sarà in vigore la libera circolazione dei lavoratori all'interno dell'Unione Europea. Un immigrato che denuncia un'attività lavorativa, tuttavia, riceve dallo Stato un assegno famigliare per i figli. Dal prossimo anno agli immigrati spetteranno per legge tutti i contributi sociali.

Tali allettamenti non esistevano ancora vent'anni fa, quando migliaia di Rom dell'allora ex-Jugoslavia vennero a stare in Germania. Con una "marcia dei mendicanti" nel gennaio del 1990 si proposero di far conoscere tutto ciò che sopportavano da lungo tempo , asserendo di essere perseguitati politici; successivamente vollero anche che fosse loro riconosciuta lo condizione di apolidi.

Non senza successo. L'allora ministro dell'Interno della Renania Settentrionale-Vestfalia, Herbert Schnoor (SPD), diede loro la speranza di ottenere un diritto di soggiorno; si misero però di traverso il ministro delle Politiche Sociali Hermann Heinemann e il potente presidente del Landtag Friedhelm Farthmann (entrambi dell'SPD). Farthmann mise in chiaro che il Landtag non fosse assolutamente autorizzato a concedere a chicchessia un permesso di soggiorno. Quindi, a tale riguardo, "stavano bussando alla porta sbagliata".

Case prefabbricate per i Rom che avessero espresso il desiderio di rimpatrio

Nel frattempo i Rom che si erano stabiliti sulla riva del Reno a Düsseldorf, in tende e in misere abitazioni che si vedevano dalla Cancelleria, non accennavano a volersene andare. Stavano già progettando di passare i prossimi mesi invernali nel garage sotterraneo dell'adiacente edificio del Landtag. Farthmann sbraitò che per i cittadini della Renania Settentrionale-Vestfalia ci fosse "un limite di ragionevolezza" da non oltrepassare.

Con questo sfondo il governo del Primo Ministro Johannes Rau (SPD) diede vita alla "nuova politica dei rifugiati": tramite incentivi si intendeva invitare al rimpatrio circa 2000 Rom provenienti dalla Macedonia. Per coloro che avessero espresso la volontà di rimpatriare sarebbero state costruite delle case prefabbricate nella capitale macedone Skopje. Chi non accettava l'offerta era minacciato di espulsione.

L'allora cancelliere Wolfgang Clement, nell'ottobre del 1991, a bordo di un aereo volò a Skopje, accompagnato da rappresentanti della Caritas e da un seguito di giornalisti, allo scopo di fare un esame iniziale delle prime case costruite. Nella parte della città chiamata "Shutka" il convoglio di Clement passò prima davanti a a un quartiere povero nel quale abitavano circa 45000 Rom. La pioggia aveva trasformato le strade in deserti di fango; le baracche di legno e di lamiera ondulata minacciavano di crollare alla prossima folata di vento.

A questo punto il gruppo raggiunse gli alloggi costruiti con i fondi della Renania Settentrionale-Vestfalia: semplici ma solide case bifamiliari. Il contrasto con la confinante baraccopoli dei Rom non avrebbe potuto essere maggiore. Clement si mostrò ottimista, sicuro che l'esempio della Renania Settentrionale-Vestfalia avrebbe fatto scuola e che per i Rom rimpatriati fosse stata anche possibile la creazione di posti di lavoro. I rimpatriati dovevano tuttavia assicurare per iscritto che "non sarebbero più rientrati nella Renania Settentrionale-Vestfalia per una permanenza a lungo termine".

Nei mesi successivi furono costruite complessivamente 114 case per circa 600 rimpatriati. Convertendo i marchi di allora negli euro di adesso, il Land spese 12,8 milioni di euro per le case, i biglietti d'aereo, la costruzione di un asilo e di una scuola. Così come per il pagamento degli alimenti a lungo termine.

E il risultato? Fra i Rom di Shutka si diffusero invidia sociale e gelosie. Già verso la fine del 1991 il politico della CDU, Herbert Reul, nel Landtag concluse che il cosiddetto "programma di rimpatrio" non avesse portato a niente. Lo stesso Clement, anni dopo, dovette rispondere di "sviluppi spiacevoli" della sua politica: molti "rimpatriati" erano rientrati in Germania e avevano nuovamente presentato richiesta di asilo politico. Alcune case erano ormai vuote; in altre non abitavano più le famiglie alle quali l'alloggio era stato assegnato.

La Cancelleria non sa dire cosa ne sia oggi di quelle case prefabbricate. L'allora "programma per i Rom" era già considerato concluso nel 1998. Il Land ha recentemente lanciato un nuovo progetto: con 7,5 milioni di euro il ministro dell'Interno Ralf Jäger e il ministro del Lavoro Guntram Schneider (entrambi dell'SPD) hanno intenzione di aiutare le città della Renania Settentrionale-Vestfalia colpite dalle immigrazioni a causa della povertà. Il denaro proviene dal sistema dei finanziamenti esistenti (anche dell'UE). Mordace il commento della CDU: "Ai comuni i placebo non bastano mai".

I ROM

Luogo di origine è il subcontinente indiano

Il termine "Rom" indica un gran numero di gruppi di popolazioni che sono collegate tra loro dalla provenienza originaria dal subcontinente indiano e dalla lingua, il Romanes, di origine indoeuropea. Sono in Europa da almeno 700 anni.

Minoranza - I Rom hanno sempre rappresentato delle minoranze all'interno dei loro rispettivi paesi. Da almeno il 16. secolo in poi sono stati oggetto di numerose forme di discriminazione, persecuzione ed espulsione.

Fonte: RP

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Di Frances Oliver Catania (del 13/09/2013 @ 09:02:51, in Italia, visitato 3138 volte)



Pessano con Bornago
Dopo le meritate vacanze, torniamo con due incontri di sicuro interesse.

Conoscere per non discriminare, due iniziative ideate e organizzate dall’associazione La bottega che non c’è trasformeranno il territorio di Pessano con Bornago in uno spazio aperto, dove riflettere sui numerosi pregiudizi che circondano il popolo Romaní.

Due momenti di storia, letture, testimonianze, musica, che aiutano a sovvertire le abitudini, a sottrarsi ai condizionamenti, per non smettere mai di dare concretezza alla parola solidarietà, per non smettere mai di migliorare la nostra società in un continuo confronto di idee, coscienze, culture e religioni che danno significato e valore a ogni nostra scelta.

La bottega che non c'è

Venerdì 20 settembre 2013 - Ore 20.30. Sala Consiliare in Piazza della Resistenza
1. Conoscere attraverso la storia. Relatore: Ernesto Rossi, dell'Associazione ApertaMente.
2. Testimonianze dell'Associazione Mamme e Maestre di via Rubattino.
3. Testimonianze del progetto Taivé.
4. Proiezione del film documentario Io, la mia famiglia Rom e Woody Allen.
5. Musica tzigana del brillante duo de l'Orchestra dei Popoli Vittorio Baldoni.

Domenica 29 settembre 2013 - Ore 16.30. Cortile della Biblioteca Comunale
6. Conoscere attraverso la poesia e la musica. Lettura di brani e poesie di Papuska e di Mariella Mehr a cura del gruppo Polvere di Storie.
7. Musica del violinista George Moldoveanu.
8. Performance di Jovica Jovic.
9. Cabaret di Luca Klobas.
10. Mostra pittorica di Rebecca Covaciu.

Durante il primo e il secondo incontro saranno allestite la Mostra fotografica della Caritas ambrosiana e un Buffet tradizionale che solleticherà i nostri palati, con tanti fragranti e appetitosi assaggi.

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Di Fabrizio (del 14/09/2013 @ 09:09:17, in Europa, visitato 1605 volte)



Ero partito con tanti dubbi e con tante domande: sarebbe riuscito un attivista per i diritti LBGT a integrarsi all'interno di un' iniziativa internazionale che ha visto la partecipazione di oltre 400 Rom da tutta Europa?
Inoltre portavo dentro di me la terribile esperienza dei fatti di Ponticelli del maggio 2008. Già all'epoca sapevo da che parte stare, ma i Rom, li avevo conosciuti solo "a distanza” e tutto quello che avevo fatto e le posizioni che avevo preso contro quei terribili atti furono piuttosto dovute al mio attivismo politico che non ad un coinvolgimento reale.

Cosa sarebbe cambiato quattro giorni dopo la mia partenza per Cracovia era una scommessa di cui non conoscevo l'esito. E così il 31 luglio siamo partiti con il resto della delegazione della Rete Near e appena arrivati abbiamo incontrato il resto della delegazione italiana. Già questo primo e semplice incontro è stato per me una sorpresa, mi son sentito da subito accolto e come se fossi a casa.
Ho scoperto, tra le tante cose che ignoravo, che c'è un forte senso di famiglia nella comunità rom, ed io volevo farne parte. Due giornate sono trascorse tra vari Workshop, per i quali ci siamo dovuti dividere in gruppi.
Workshop sui diritti umani, sull'attivismo, sulle strategie d'azione, sul genocidio del 2 agosto. Una produzione immane di lavoro per l'organizzazione, un imbarazzo enorme per me che dovevo scegliere a quale partecipare. Il primo agosto si tiene una importante conferenza all'università con la partecipazione di tutto il maxi-gruppo, alla presenza di autorevoli esponenti della comunità rom internazionale e di esponenti del consiglio d'Europa. Ma sono sempre i giovani rom a farla da padrone, in particolare le ragazze rom, con il loro inglese perfetto che moderano, con tempi europeissimi, la discussione dei convenuti.
La conferenza è l'occasione per un componente della nostra delegazione (Juliò), per fare un intervento sulla necessità di essere tutti uniti e di combattere insieme contro tutte le discriminazioni, quale che ne sia il motivo.

Mi è sembrato di aver ascoltato Martin Luther King, applausi copiosi per lui e un manuale Compass seconda edizione nuovissimo tutto per me, in omaggio, preso sul banchetto all'esterno dell'aula.

Il 2 Agosto ci siamo svegliati prestissimo, è stata la giornata più intensa. La nostra visita ad Auschwitz e Birkenau. Avevo già visitato il campo di Sachsenhausen in Germania nell'ambito di una conferenza internazionale lgbt, ma questa volta era diverso. Questa volta non c'erano solo i nostri triangoli rosa sullo sfondo ma tante Z nere. Ancora una volta ho rivissuto l'orrore della lucida follia nazista che a tratti, per la sua esagerazione mi sembrava quasi surreale. Dopo la visita al campo, presso Birkenau, abbiamo tenuto la cerimonia di commemorazione, un altro momento molto intenso, non tanto per il rito in se, ma perché per me è stato il momento per digerire ciò che avevamo visto poco prima, insieme al campo sconfinato ricolmo di camini, pali di filo spinato elettrificato e la polvere stessa che si alzava da terra e tornava a cadere come in un non-luogo dove il tempo sembrava essersi fermato a 69 anni prima a quella terribile giornata del 2 agosto 1944 che adesso sentivo un po anche mia.

Le varie notti passate in albergo con il resto della delegazione, che ormai sentivo sempre più come una comitiva, sono trascorse tra sorsi di vodka polacca e qualche racconto e interscambio fra la cultura rom e la comunità lgbt; quelli per me sono stati momenti molto interessanti, al pari di tutto il resto o forse con una importanza ancora maggiore per via del fatto che ho imparato delle cose che assolutamente ignoravo e che mi porterò per sempre dentro. La parte peggiore ovviamente è stato il ritorno a Napoli, seppur credo di aver lasciato un pezzettino di me laggiù.

La tristezza legata al ritorno è mitigata soltanto dal ricordo dei momenti da poco trascorsi e dalla consapevolezza che qualcosa è cambiato. Siamo partiti con delle idee, ma siamo tornati con la consapevolezza che fare qualcosa è necessario.
Quello che abbiamo visto li, quel 2 agosto, rischia di continuare a sopravvivere nelle discriminazioni che quotidianamente vengono perpetrate nel mondo, alle quali noi tutti ci dobbiamo opporre.

Rom, ebrei, omossessuali, disabili, oppositori politici, noi tutti abbiamo avuto un triste destino comune, ma insieme possiamo scrivere ancora un futuro luminoso e brillante come tutti i colori della nostra bandiera.
Perchè i colori da soli sono solo sfumature, insieme diventano arcobaleno!
Ora che abbiamo visto non dimenticheremo.

DIK I NA BISTAR!

Fabrizio Sorbara

    Sono Fabrizio Sorbara. Ho 27 anni e studio Sociologia a Napoli, dopo aver frequentato Scienze Politiche. Faccio parte del”Arcigay dal 2007. Ho partecipato al movimento studentesco dell'onda come responsabile del mediacenter di unionda.it. Nel 2009 sono stato eletto Presidente di Arcigay Napoli. Nell'estate del 2010 sono stato tra gli organizzatori della manifestazione nazionale "Napoli Pride 2010" e nel 2011 sono stato eletto come primo presidente del Coordinamento Campania Rainbow, raggruppamento di associazioni glbtqi a livello regionale. Durante il XV Congresso Nazionale di Arcigay sono infine stato eletto in segreteria nazionale con la delega giovani e scuola.

    Arcigay è un'associazione senza scopo di lucro, nata nel 1985, che opera su tutto il territorio nazionale la realizzazione dell'uguaglianza tra individui a prescindere dall'orientamento sessuale e dall'identità di genere. Le sue attività includono informazione, prevenzione, e difesa dei diritti della comunità lgbt (lesbica, gay, bisessuale e trans) e opera per la crescita e la diffusione delle sedi locali che agiscono a livello regionale, provinciale e cittadino. Arcigay collabora con altre associazioni non governative italiane ed europee e con le principali istituzioni nazionali ed internazionali.
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Di Fabrizio (del 15/09/2013 @ 09:00:36, in scuola, visitato 1250 volte)

Quando ero piccolo io, lo spazio verde di fronte al parcheggio grande di viale Monza era un paradiso: montagnette di terra, cespugli, buche - l'ideale per giocare a indiani e cow-boy. Qualche anno fa, cambiò tutto, e divenne un elegante parchetto con panchine, tavoli da pic nic e giochi per bambini. Ci passo ancora spesso, visto che l'area è coperta da wi-fi.

Leggo che dalle parti nel novarese i genitori (italianissimi) stanno ritirando i loro pupi dalla scuola, perché ci sono troppi sinti (italiani anche loro, suppongo, ma la cosa ha importanza minima) lì iscritti. Ma sono i bambini che si ritirano (tipo che li ho messi in lavatrice col programma sbagliato) perché i sinti occupano troppo spazio, o che cosa? Non ho capito bene, in effetti.

Però, ricordo lo scandalo mediatico, quando la stampa italiana raccontò di un episodio simile in Slovacchia. La Slovacchia, bene o male da anni si sta impegnando per superare quella situazione. Ma se la cosa accade nella nostra amata Italia, sembra che possiamo risparmiarci le facce di circostanza. Noi, siamo civili a prescindere!

Il parchetto che descrivevo all'inizio è frequentato da bambini italiani, cinesi, rumeni, egiziani, senegalesi, persino da un inglese. Ogni tanto si affacciano anche piccoli rom. Di norma, ognuno gioca con i propri connazionali. Li osservavo, nel deserto di agosto, guardarsi attorno, spersi e soli. Così, finiva che il piccolo cinese, annoiato, chiedeva al coetaneo senegalese se voleva fare due tiri a pallone, e quest'ultimo finiva per coinvolgere il piccolo egiziano. Quando era di tornare a casa per cena, si davano appuntamento per il giorno dopo. E i loro genitori, per non fare brutta figura di fronte ai futuri eredi, iniziavano a parlare tra loro, in italiano, OVVIAMENTE, lingua franca che mette tutti d'accordo.

E questo valga anche per quei politici-avvoltoi, che hanno colto subito la palla al balzo.

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Di Fabrizio (del 16/09/2013 @ 09:06:53, in casa, visitato 1472 volte)

di Antonio Viccaro - ComuneInfo

Perché la lettera
L'elaborazione di questa lettera è il risultato del Coordinamento delle Associazioni elencate in calce, portatrici di pratiche decennali e di sperimentazione di attività di convivenza con le Comunità Rom e Sinti nell'area di Colli Aniene, Tor Sapienza, La Rustica, Alessandrino e Centocelle.

Queste strutture associative si sono costituite in Coordinamento per ri-affermare integralmente la loro determinazione ad impegnare i decisori politici e istituzionali nella formulazione di strategie politiche e sociali capaci di cambiare radicalmente rotta rispetto alle fallimentari esperienze delle Amministrazioni precedenti. Amministrazioni che, con i soldi dei contribuenti, hanno prodotto segregazione ed esclusione sociale per Rom e Sinti, nonché l'incremento del disagio e dell'insicurezza per gli abitanti di quelle estreme periferie interessate da insediamenti che ne incrementano gli intrinseci processi di degrado.

Andare oltre "l'Emergenza Rom"
E dunque le nuove strategie devono essere implementate secondo una logica sistemica. Vale a dire, fatte di azioni capaci di assumere la gestione delle criticità che alcuni territori manifestano per la presenza di insediamenti Rom e Sinti, senza farsi imbrigliare dalla retorica della cosiddetta Emergenza Rom. Assunto che questa altro non è che la dimostrazione plastica della inadeguatezza delle Amministrazioni capitoline che si sono succedute negli anni al governo della Città di Roma, nel gestire e soprattutto nel contrastare, la povertà urbana delle periferie, determinando la creazione di ulteriore degrado, emarginazione e messa a rischio della sicurezza sociale.

Perché lavorare alla convivenza tra diversi
Operativamente le azioni strategiche devono mirare alla ri-costruzione di una soglia di convivenza tra abitanti dei quartieri limitrofi (vedi Via Salviati, C. Aniene, T. Sapienza) e Rom/Sinti per interessarli entrambi ad agire insieme alla graduale chiusura dei Campi.

Un percorso da concordare con le Istituzioni, Municipali e Centrali, da progettare e realizzare nei tempi (certi e controllabili) e nei modi, attraverso un'azione di benchmarking, per puntare all'eccellenza, in coerenza con la Strategia Nazionale di Inclusione Sociale dei Rom, Sinti e Camminanti[1].

Con questo approccio il fine (la convivenza tra diversi) diventa mezzo per il superamento del Modello Campi. Modello che, obiettivamente tende ad "...alimentare l'intolleranza dei cittadini romani residenti nelle aree dei campi che percepiscono la presenza di chi li abita come ingombrante e minacciosa..."[2]

Quanto esposto ci consente di affermare che quella della convivenza deve essere considerata una strategia spuria e transitoria: spuria poiché sarà il frutto di una pratica da orientare e sperimentare day by day e soprattutto in termini contingency. E dunque difficilmente modellizzabile. Transitoria per definizione, in quanto propedeutica alle nuove strategie di superamento del Modello Campi.

L'intelligenza territoriale collettiva come risorsa
Lo sviluppo di queste politiche e strategie, se realmente volte ad introdurre una vera e propria discontinuità, sia con i cosiddetti Piani Nomadi (tristemente noti per i loro alti costi e la loro totale inefficacia), sia con gli sterili sgomberi fine a se stessi, potrà contare sul supporto di una intelligenza territoriale collettiva, fatta di pratiche concrete ricche di un know how socio-tecnico, teorico ed esperienziale che dimostra che nei nostri territori ci sono le risorse necessarie al superamento delle strategie dei Campi.

Il nostro impegno
Il Comitato di Coordinamento nel quale si riconosce il raggruppamento di Associazioni che firma la presente lettera, sta predisponendo una raccolta ragionata delle migliori pratiche sperimentate in una pluralità di percorsi, laboratori e progetti d'inclusione, che vanno dal rafforzamento dei mercati, alla creazione di cooperative di riuso e riciclo, al realizzare la raccolta differenziata porta a porta, all'offerta di sostegno extra-scolastico gratuito, integrato ed interculturale, all'auto-recupero di palazzi abbandonati e alla creazione di condomini multiculturali, allo sviluppo di orti e di agricoltura urbana, per recuperare il degrado ambientale e per creare redditi di sussistenza.

Tutte queste pratiche/proposte hanno bisogno di un accompagnamento forte e deciso da parte delle Istituzioni, per determinare tempi più celeri di realizzazione e di successo.

Ormai ci sono generazioni e generazioni di nuovi cittadini nati in questi campi e non c'è più tempo da perdere! E non si possono più ostacolare le azioni di resilienza delle reti territoriali, che operano per ritessere i rapporti sociali spezzati.

Intervenire in forma integrale
Le strutture che firmano la lettera hanno compreso che bisogna intervenire in una forma integrale e decisa, in dialogo con i territori, e con le comunità Rom e Sinti in coerenza con le strategie di ri-costruzione della convivenza come conditio sine qua non per l'avvio dei percorsi di superamento del Modello dei Campi.

Per questo, sia Noi che Loro stiamo facendo tutti questi percorsi sulla nostra pelle, spesso abbandonati dalle Istituzioni. Non vogliamo rincorrere la rabbia o l'idea dell'emergenza permanente, né trovare soluzioni univoche e semplicisticamente immediate, ma lavorare per prevedere il lungo termine, trovando insieme soluzioni strutturali, mettendo in azione e valorizzando tutte le energie, le intelligenze e le risorse a disposizione.

La nostre preoccupazioni
In questa sede esprimiamo alcune preoccupazioni, in particolare di fronte ai primi passi di governo di questa Giunta Comunale e di quelle Municipali, che non si sono ancora dichiarate, in modo forte e chiaro, contro il Modello dei Campi Rom e contro il Piano Nomadi.

Per quanto ci riguarda possiamo affermare che le politiche decennali portata avanti da tutte le Amministrazioni cittadine che si sono avvicendate nel governo della città si sono dimostrate completamente inadeguata, finendo con il favorire un enorme spreco di risorse pubbliche.

Non ci possiamo permettere un nuovo fallimento di queste Politiche Sociali: le comunità Rom e Sinti (vivono?) in condizioni igienico-sanitarie pessime, tra un succedersi di sgomberi che tende a criminalizzarli indistintamente incrementando l'intolleranza che non aiuta la ri-costruzione della convivenza tra diversi. Le Buone pratiche ed i Progetti d'integrazione che generano competenze socio-economiche che molte realtà culturali, sociali e politiche stanno realizzando per determinare una convivenza più matura tendono ad essere banalizzate; anche qui ostacolando la convivenza. E questo nonostante le dichiarazioni espresse da "pezzi" significativi delle Comunità Rom e Sinti circa lo loro disponibilità ad intraprendere impegnativi percorsi di integrazione.[3]

Anche sul fronte dei Cittadini che abitano nelle periferie si rileva una grave esasperazione per la mancanza di servizi pubblici e di una reale presenza attiva delle Istituzioni. Queste da anni non propongo piani e programmi di investimenti strategici per la riqualificazione delle periferie che tendono ad un progressivo degrado. In questa situazione è facile allora che si sviluppi l'odio tra la popolazione attraverso azioni che possono sfociare nella violenza più cieca.

Tuttavia, ci conforta che, ciononostante ci sono anche molti cittadini che rifiutano questo tipo di manipolazioni, convinti che la rigenerazione delle aree urbane e la creazione di opportunità per tutti, eviterà la proliferazione di altre isole di degrado ed emarginazione, costituendo l'unica strada percorribile per una vera politica di riscatto, di benessere e di sicurezza della nostra società.

Infine, vorremmo capire se questa Giunta Comunale ha intenzione davvero di scrivere un nuovo capitolo per la città di Roma, ascoltando i diretti interessati (le Comunità Rom e Sinti), e coloro che hanno maturato un'esperienza di collaborazione con queste Comunità; gli unici soggetti, tra l'altro, che hanno anche provato a diffondere una contro-informazione a favore dell'umanizzazione di una situazione che ha trasceso ogni tipo di violazione dei diritti umani.

  1. Strategia formulata dal nostro Governo nel 2012
  2. Documento Associazione 21 luglio e Arci Solidarietà Onlus - 9 settembre 2013
  3. Vedi lettera al Sindaco Marino inviata il 30 agosto dalla Comunità Rom insediata dallo scorso giugno in via Salviati
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Di Fabrizio (del 17/09/2013 @ 09:09:53, in scuola, visitato 1532 volte)

Spett.
Dirigenti e Professori
degli Istituti scolastici

Aizo, Associazione Italiana Zingari Oggi - sezione di volontariato Trentino-Alto Adige, propone ai docenti e agli alunni/studenti il programma di interventi per scuole di ogni ordine e grado per l'anno scolastico 2013-2014.

L'Associazione di volontariato che ormai da parecchi anni accompagna sinti e rom nel cammino scolastico (e non solo) si offre con disponibilità, serietà ed esperienza ad operare in collaborazione col corpo docente negli istituti, nelle classi o in affiancamento a singoli alunni/studenti.

Gli interventi di seguito proposti servono a sensibilizzare alunni/studenti e docenti alla cultura rom e sinta, a combattere pregiudizio e stereotipo, ad aiutare a costruire un percorso didattico che leghi la particolare educazione dei sinti alle richieste scolastiche.

Esperti sinti ed esperti gagè (non sinti o non rom) creeranno le condizioni affinchè emergano le tante domande che i giovani si pongono su una cultura, quella rom e sinta, ai più sconosciuta: Sono italiani? Da dove vengono? Come vivono? Quanti sono? Rubano o leggono la mano? Perché vivono nei campi abusivi? Sono clandestini e delinquenti? Perché hanno belle macchine? Perché hanno così tanti bambini?

Noi di Aizo crediamo che attraverso la conoscenza si possa creare un legame fra le diverse culture presenti sul territorio, un legame di reciproco rispetto, condizioni essenziali per costruire una società giusta e un benessere sociale diffuso.

Il Presidente
Gian Luca Magagni

Le proposte scuola di Aizo sezione di volontariato Trentino-Alto Adige di quest'anno prevedono:

  • Lezione spettacolo: gli esperti, due gagè e due sinti (il termine gagè viene usato da rom e sinti per riferirsi ad ogni persona che non fa parte del loro popolo) delineeranno gli aspetti fondamentali della cultura (la famiglia come clan, il rito matrimoniale, la lingua, i mestieri tradizionali ed i lavori attuali, i luoghi e i non luoghi dell'abitare quali campi sosta e microaree, l'arte) e della storia del popolo romanì (dalle origini ai giorni nostri). I cenni storici offrono lo spunto per riflettere sull'attualità e sul persistere ancora oggi di stereotipi e pregiudizi legati al mondo “zingaro”. L'esposizione orale è supportata dalla proiezione con Power Point di una mostra fotografica comprensiva di 60 immagini che ritraggono il popolo romanì attraverso la quotidianità della loro storia e nell'attualità. Nell'intervento vengono utilizzati altri strumenti di conoscenza della cultura romanès quali la musica (eseguita dal vivo dai Sinti di Rovereto Manuel e Popo) e la poesia. La lettura in forma teatrale delle poesie scritte da artisti sinti proietta gli studenti nel vissuto emotivo della popolazione romanès
  • Seminario per docenti: due mattine di due ore ciascuna daranno la possibilità al corpo docente di acquisire nozioni sulla popolazione romanì. Le prime due ore saranno dedicata all'informazione rispetto ad una popolazione ai più sconosciuta, partendo da dati storici e affrontando i problemi di attualità. Importante sarà approfondire la situazione di discriminazione che vivono in Europa ed i motivi che hanno portato la Comunità Europea a promuovere dei percorsi d'inclusione delle popolazioni romanì, oppure comprendere come sono considerati nel nostro ordinamento, se vivono di sussidi o di lavoro… Nelle due ore del secondo appuntamento verranno affrontate le difficoltà scolastiche dei ragazzi sinti e rom, nella ricerca di una scuola che li possa formare. Alcune esperienze di docenti e un esperto aiuteranno la riflessione comune. Obiettivo del seminario è aiutare il corpo docente ad affrontare delle situazioni che potrebbero sembrare difficili se affrontate senza strumenti adeguati.
  • Visione e discussione di un film: un momento di riflessione, conoscenza e discussione alla presenza di esperti sinti. Attraverso la proiezione di una pellicola di tematica legata ai sinti e ai rom, si crea l'occasione agli studenti di chiedere spiegazioni ai “diretti interessati” o sciogliere quelle curiosità che sono sì del film, ma che sono spesso radicate nel pregiudizio. Il rapporto diretto fra studenti e sinti speriamo avvicini i giovani della popolazione maggioritaria ai rappresentanti del popolo romanì, contribuendo ad un percorso di pace attraverso l'istruzione e la conoscenza veritiera del prossimo. I film recenti proposti sono: La canzone di Rebecca; Rukelie. I film potranno variare rispetto alla disponibilità.
  • Porrajmos: lezione spettacolo sul genocidio dei campi di sterminio nazisti, sulle atrocità del passato e il razzismo di oggi. Alunni e studenti avranno modo di approfondire questo nero capitolo della storia dell'umanità dal punto di vista di una popolazione alla quale è stato per lungo tempo negato ogni ufficiale riconoscimento dello sterminio subito, oltre che comprenderne l'elevato grado di gravità: l'80% della popolazione sinta e rom in Europa è stato annientato dal nazismo. La profondità della prospettiva storica fornisce interessanti elementi per parlare delle attuali condizioni di vita di questa popolazione e del persistere di un clima di sospetto e di ostilità nei suoi confronti.

I volontari Aizo si rendono disponibili a collaborare con i docenti per la progettazione e la eventuale creazione di ulteriori percorsi o ad apportare parziali modifiche od integrazioni a quelli sopraproposti. In attesa di un Vostro gentile riscontro porgo cordiali saluti.

Riferimenti Sede: Via San Cristoforo, 4 Pomarolo (TN)- Cell.: 338 5485616
E-mail: maggianluca@hotmail.com Sito Internet: www.aizo.it
Referente: Gian Luca Magagni

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