Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Omicidi a sfondo razziale son un comune problema europeo -
Martedì scorso in Ungheria sono stati condannati quattro militanti di estrema
destra per omicidi compiuti da loro per motivi razziali. Il politologo Peter
Kreko di Political Capital ha raccontato a La Voce della Russia del significato
che ha questa condanna e anche di possibili paralleli con il processo
riguardante l'organizzazione NSU in Germania.
- Un paio d'anni fa i quattro tagliagole hanno intenzionalmente compiuto
aggressioni contro comunità zingare. Non conoscevano personalmente le vittime e,
di conseguenza, gli omicidi non sono stati compiuti per motivi personali ma,
evidentemente per motivi etnici. I criminali sono stati catturati nel 2009. Dopo
quattro anni di udienze in tribunale il tribunale di primo grado ha emesso una
dura condanna. Tre degli omicidi sono stati condannati all'ergastolo senza il
diritto di scarcerazione anticipata. Penso che la corte d'appello emetta una
condanna analoga.
- Come è stata possibile una serie di questi omicidi a sfondo
razziale nel cuore d'Europa? Si può spiegarla con una specificità ungherese?
- Non considero questo caso unico nel suo genere: nell'Europa Orientale ci sono
molti paesi con grandi diaspore zingare dove sono capitati simili aggressioni o,
almeno, ci sono state violenze contro zingari. Ciò deve servire da campanello
d'allarme che indica che all'interno delle società di molti paesi dell'est
europeo esistono simili pregiudizi capaci di giustificare moralmente i criminali
che compiono queste aggressioni. Per quanto riguarda il contesto politico
ungherese qui può giocare il suo ruolo il fatto che il partito di estrema destra
"Per una migliore Ungheria" dal 2006 si distingue per una retorica violenta e
aggressiva e, tuttavia, non è un fenomeno specificamente ungherese. Questa
retorica evidentemente influenza l'opinione pubblica, già molto ostile verso
zingari.
Il partito "Per una migliore Ungheria" non è direttamente legato agli
aggressori, ma io penso che l'ambiente politico svolge sempre un ruolo e che
all'interno di esso alcune minoranze sono percepite come "nemici" e bersagli per
attacchi. In Ungheria, anche se lo considero un particolare che accomuna
l'Europa Orientale. pregiudizio contro zingari manifesta un carattere molto più
pericoloso rispetto, ad esempio, al pregiudizio contro ebrei. Antisemitismo
tende a crescere in molti paesi, compresa l'Ungheria. Tuttavia ciò non significa
che l'antisemitismo debba generare atti di violenza. Per quanto riguarda
l'atteggiamento ostile verso gli zingari ciò avviene molto più spesso. Inoltre
la posizione sociale degli zingari non è tale da permettere loro di difendersi
dagli atti d'aggressione rivolti contro di loro.
- Come valuta il significato di questo processo?
- La condanna è molto importante perché dà un chiaro segnale all'ambiente
esterno che le autorità ungheresi sono fermamente decise di punire severamente
simili delitti. Un altro fattore importante è che, secondo la nostra
valutazione, il partito "Per una migliore Ungheria" ha perso il controllo sui
gruppi militanti propensi all'aggressione legati ad esso. Il peso politico di
questi gruppi è in calo, ma i loro membri, qualche migliaio, anche in futuro
saranno capaci di compiere azioni violente.
- In Germania da maggio è in corso un processo molto importante a carico dei
terroristi di estrema destra appartenenti a NSU (cellula neonazista
clandestina). Vede l'affinità tra una serie di omicidi e i due processi
giudiziari in Germania e in Ungheria?
- Penso che il paragone sia giustificato. Violenti, etnicamente motivati atti di
intimidazione compiuti da gruppi di estrema destra rappresentano un grande
problema non solo nell'Europa Orientale, ma anche in quella Occidentale. E' un
comune problema europeo. Da un lato l'opinione pubblica deve imparare che sia le
autorità sia i politici giudicano queste azioni come deplorevoli. Dall'altro
lato è anche importante - ed è un dato di fatto che c'è una somiglianza evidente
tra i casi avvenuti in Germania e in Ungheria, - affinché gli organismi
giudiziari responsabili per la repressione e la prevenzione della criminalità
traggano le debite conclusioni. In Ungheria, come in Germania, la vicenda
presentava dei seri errori compiuti dall'Ufficio per la difesa della
Costituzione perché molti dei criminali in passato hanno attirato l'attenzione.
Significa che in presenza di un flusso d'informazioni più efficiente si sarebbe
potuti prevenire questi omicidi. Perciò è molto importante l'autocritica, le
autorità ungheresi devono analizzare quali errori sono stati commessi e,
rispettivamente, cambiare i propri metodi di lavoro. Ciò che in Ungheria per ora
manca è il ripensamento politico di questo caso, cioè la presa di coscienza che
non solo ci sono state manchevolezze da parte della autorità, ma che si tratta
di un problema sociale. L'ostilità verso gli zingari in Ungheria è molto
diffusa. Ciò non significa che tutti coloro che disprezzano gli zingari compiono
atti di violenza, ma il problema che richiede l'attenzione e i politici devono
adottare le misure per distruggere questo pregiudizio, e non per rafforzarlo.
di
Cinzia Sgreccia - Responsabile settore scuola Opera Nomadi di Reggio
Calabria.
Il Dispaccio creato Sabato, 17 Agosto 2013 13:15
Ad un anno dalla morte di Mons. Bruno Nicolini (1927-2012) l'Opera Nomadi di
Reggio Calabria ricorda la figura di un grande uomo, amico del popolo rom a cui
ha dedicato oltre 50 anni della sua vita.
Incaricato di occuparsi di zingari dall'Arcidiocesi di Trento nel 1959,
successivamente, nel 1963, fondò nella Diocesi di Bolzano- Bressanone l'Opera
Nomadi che dopo qualche anno divenne ente nazionale promuovendo la nascita di
Sezioni locali in tutta Italia.
Fu chiamato a Roma da papa Paolo VI per occuparsi della pastorale dei Rom e
proprio da Roma, nel 1965, organizzò , nello spirito del Concilio Vaticano II,
il primo grande incontro europeo tra il popolo rom ed il papa che si tenne a
Pomezia.
Il suo impegno pastorale fu sempre costante "incarnandolo" e concretizzandolo
con quello sociale facendo onore al suo mandato di sacerdote cristiano.
Nel giugno del 2011 aveva partecipato con grande gioia all'incontro dei Rom
europei con papa Benedetto XVI in San Pietro.
Come Presidente dell'Opera Nomadi Nazionale aveva sempre centrato il suo impegno
per il popolo Rom mediando fra tre realtà che riteneva fondamentali ai fini
dell'inclusione sociale di questi cittadini: le istituzioni, la collettività
locale e i Rom.
Negli anni Sessanta mentre la comunità romnì locale reggina soffriva in una
favelas nella periferia della città sotto il ponte S. Agata, tre "giganti"
facevano convergere le proprie energie per affrontare le gravi problematiche di
questa popolazione. Tre pastori, che realizzarono la loro missione a partire
dagli ultimi.
Mons. Bruno Nicolini, sempre alla ricerca di soluzioni per una pacifica
convivenza tra Rom e società a livello nazionale. Don Lillo Altomonte, padre
amato dal popolo Rom reggino, che dal 1958, data della nascita della parrocchia
di Modena, S.Pio X, come parroco, iniziò a dedicarsi anche ai rom che
gravitavano intorno al territorio parrocchiale, emarginati sotto i ponti delle
fiumare. Avendo saputo dell'esperienza di don Bruno, nel 1965, aderì a questo
ente costituendo la Sezione Opera Nomadi di Reggio Calabria. E S.E. Mons.
Giovanni Ferro, che si impegnò personalmente a sottoscrivere un personale
contributo finanziario per avviare a soluzione il problema degli alloggi della
comunità.
La collaborazione proficua tra queste tre grandi personalità consentì di avviare
il primo intervento di aiuto organizzato in favore dei Rom di Reggio Calabria.
Questo percorso che Don Bruno sviluppò in tutta Italia, è stato alimentato dalla
sua stessa intuizione di affiancare alle azioni sociali la ricerca scientifica.
Egli realizzò, insieme alla professoressa Mirella Karpati, il «Centro studi
zingari», punto di riferimento scientifico per la comprensione della storia e
della cultura del popolo Rom in Europa, che divulgava le sue ricerche attraverso
la rivista bimestrale "Lacio drom".
Se oggi abbiamo delle analisi più precise sull'inserimento sociale dei rom e
sugli interventi da porre in essere, lo dobbiamo all'operato realizzato da don
Bruno.
Sotto il profilo umano Mons. Bruno Nicolini, definito "persona affabilissima,
dai modi estremamente familiarizzanti", coniugava l'esperienza maturata nelle
gravi problematiche vissute dai cittadini Rom in Italia e nel mondo con la
semplicità e l'amore con cui svolgeva la sua opera. Questo gli consentiva di
comprendere la persona, sensibilizzare l'opinione pubblica e mettere a punto
programmi di promozione sociale, coinvolgendo le istituzioni.
Per cinquant'anni si è impegnato per i fratelli rom, facendosi ultimo tra gli
ultimi e diventando spesso presenza scomoda per tanti. Non ha cercato e non ha
avuto né gloria né onori, ha vissuto da umile prete e così è morto. Ha concluso
la sua esistenza terrena all'età di 85 anni in povertà e con coerenza rispetto
alla sua Missione di pastore, ponendosi al servizio del prossimo cercando di
"capire meglio per poter aiutare meglio" nel rispetto della cultura dell'altro.
Il suo profilo di sacerdote corrisponde pienamente alla figura del buon pastore,
indicato da papa Francesco, che realizza la sua Missione, vivendo e prendendosi
cura delle " sue pecore", umilmente al servizio del suo "gregge", per servire,
non per essere servito (Papa Francesco, Ordinazione di nuovi sacerdoti,
21\04\2013) e ... amando fino alla fine.
Ciao don Bruno, grazie per quello che hai fatto, per le basi che hai posto per
l'aiuto del popolo Rom e per la testimonianza umana e cristiana che ci hai
offerto. Veglia su di noi.
Pubblicato da Claudio Gennari alle 14:27 DOMENICA 18 AGOSTO 2013 su
SINTI IN VIAGGIO PER IL DIRITTO E LA CULTURA
La formazione per i praticanti (3,2), dal titolo "Pringiarasmi" (conoscersi), ha
avuto una durata di 15 ore distribuite su cinque giorni (3 ore al giorno). I
workshop si sono svolti il 4 maggio, 11 maggio, 18 maggio, 25 maggio e 8
giugno 2011. Venti partecipanti sono stati arruolati: insegnanti, operatori
sociali, mediatori culturali. E' emerso che durante gli
ultimi tre anni c'è stato un rallentamento di azioni nei campi della scuola,
delle abitazioni e più in generale delle politiche sociali. Il giro d'affari tra i
dipendenti pubblici è una delle cause più importanti di questa situazione, così
come i tagli al bilancio alle città per le attività sociali.
Gli obiettivi dei gruppi di lavoro sono stati:
1. per informare le nuove generazioni di dipendenti pubblici e privati e gli
insegnanti, ma anche i lavoratori del privato sociale sulla realtà dei Rom e dei
Sinti
2. per migliorare la capacità di dipendenti pubblici di capire le reazioni Sinti
3. per aumentare l'empatia servi civile con la comunità Sinti.
A Vicenza, Sucar Drom ha proposto il corso standard "Pringiarasmi" sviluppato
per il progetto Respect +. Infatti l'amministrazione locale (comunale) era
abbastanza entusiasta per l'idea e la possibilità di lavorare con la comunità
Sinti. È un dato di fatto, dice Davide Casadio, uno del personale Sucar Drom, si
trasferì a Montecchio Maggiore (abbastanza vicino a Vicenza) quando si è
sposato. Mentre viveva in un'altra città, il suo ruolo di pastore della Chiesa
gli diede una figura di spicco tra i Sinti Veneti (i Sinti parlano una variante specifica
della lingua dei Sinti influenzato dal dialetto veneziano) e soprattutto tra le
persone che vivono nella zona di Vicenza. Per questo motivo e per
ragioni interne del Comune è stato molto cordiale, anche se piuttosto lento per
quanto riguarda l'attuazione effettiva a causa di qualche problema creato dalla
minoranza del Consiglio di Lega Nord (un partito xenofobo e populista). Il corso
però è stata attuato in maggio (e giugno) e una ventina di persone hanno
partecipato al corso.
Il corso è stato presentato dall'Assessore per la città Servizi Sociali. Questo avallo politico era molto importante non solo per il
corso stesso, ma anche per il futuro delle relazioni tra la comunità sinti e
l'amministrazione locale.
Il secondo importante risultato del corso di Vicenza è stata la forte
partecipazione degli insegnanti. Essi erano perplessi dal comportamento di Sinti
bambini. Pertanto sono state ipotizzate diverse spiegazioni per il loro
comportamento (frequenza scolastica scarsa, incapacità di concentrarsi, difficoltà
linguistiche, ecc.) e che si stavano cercando risposte definitive. Infatti Sucar
Drom non poteva dare loro un ultima parola circa i loro problemi specifici, ma
ha fornito una panoramica generale della cultura dei sinti in grado di dare loro
gli strumenti per analizzare casi specifici. Erano molto felici della quarta
sezione incentrata sulla politica scolastica e sulle tattiche per migliorare la
frequenza. Il corso è stato molto apprezzato, soprattutto perché i dipendenti
pubblici hanno intese sia la rilevanza sociale che politica del problema affrontato.
Infatti la presenza dell'assessore, insieme alla sua piena partecipazione alla
prima seduta di allenamento, ha reso tutto il percorso molto interessante.
Inoltre i partecipanti sono stati molto attivi e la presenza del Sig. Casadio
durante tutto il
corso li ha aiutati a comprendere il punto di vista specifico degli abitanti
locali, che conosce molto bene.
Sucar Drom ha organizzato a Vicenza anche la sessione informativa per i rom
"Conosci il tuo diritto e dei Tuoi diritti" (WP3.3). Svoltasi in un solo giorno
(lunghezza: 4 ore) nel "campo" rom e sinti di Vicenza, la sessione interattiva
ha visto la partecipazione di 10 sinti che vivono nella città di Vicenza. Anche
in questo caso, come a Mantova, il tema cruciale è stata la politica degli
alloggi e dei diritti connessi. Alla fine del processo, i partecipanti sono
stati molto soddisfatti perché hanno trovato qualcuno in grado di spiegare (in
un linguaggio semplice) quali sono le reali possibilità e che la soluzione si
può discutere con l'amministrazione locale, per risolvere il problema degli
alloggi, nonché de doveri scolastici.
www.morespect.eu
Di Fabrizio (del 22/08/2013 @ 09:04:44, in media, visitato 2418 volte)
Nella locandina: interpretazione trash della zingara
[...c'è del vero sulle sovvenzioni ai nomadi, non so in che misura, ma so
che esiste una legge in proposito che inoltre permette loro di avere terreni su
cui sostare e vivere, allacciamenti all'elettricità e all'acqua...] Non
dico chi abbia fatto questa affermazione, non la conosco, so come si chiama - e
il nome non ha nessuna importanza, di sicuro so che non è
nomade e non se ne occupa.
(Apro una parentesi linguistica: il mio uso delle parole
CONOSCO e SO sono oggettivamente personali. Ma se una persona che con
l'argomento "nomadi" usa C'E' DEL VERO... SO CHE ESISTE manco fosse un Pasolini
che lancia il proprio IO SO, o motiva le sue affermazioni, oppure ha un grave
problema di insicurezza, da sfogare su questi "nomadi").
Raga,
si impone il dibattito. Come si riesce a contrastare una VOX POPULI?
Come affrontare (non dal punto di vista razionale, ma da quello della comunicazione)
una bufala?
Poco male, se qualcuno crede alla leggenda dei coccodrilli nelle fogne di New
York (è un posto che TUTTI frequentano di rado). Ma poi il TUTTI non ha la più
la stessa valenza: nel senso che NON TUTTI (quelli che hanno accesso ai mezzi di
comunicazione) hanno un rapporto frequente con Rom, Sinti ecc. e così questi
ultimi entrano di diritto nell'ambito del DI RADO, SCONOSCIUTI, e perciò facile
oggetto di qualsiasi diceria. FACILE OGGETTO: a volte i Romanì sono oggetto di
una bufala, lanciata a freddo, ma FACILE significa anche che se in una qualsiasi
discussione si parlasse di "zingari", bisogna sempre prevedere che può arrivare
un commento inaspettato come quello iniziale, giusto perché il commentatore non
sa cosa argomentare, ma sugli "zingari" vuole dire comunque la sua.
Qua non si tratta di coccodrilli a New York. Avete presente la storia dei
bambini rapiti dagli zingari? Sono state fatte diverse ricerche (qua
siamo nel 2005) a proposito, documentate in seguito da
un libro, ma non c'è verso: la voce rimane: nugoli di bambini sparirebbero
sotto i gonnoni delle zingare, manco si trattasse di sottane di preti arrapati
(e qua non si tratta di leggenda metropolitana - ma i preti hanno frequenza meno
rada col nostro mondo e anche un ufficio stampa più efficiente delle zingare).
DI RADO, SCONOSCIUTI, significa che nelle discussioni
quotidiane, entrano ciclicamente:
e tanti altri casi, col risultato che l'insicurezza e la
voglia di sproloquiare di gente CHE NON CONOSCE viene alimentata, quasi
quotidianamente. Ed in maniera da alimentare rabbia, perpetrando la divisione
tra un NOI vittime e un LORO sanguisughe, sfruttando argomenti a cui siamo
sensibili (praticamente SOLDI e DISGRAZIE). Tra i tanti esempi:
... e potremmo continuare.
Un po' di dati sullo specifico, a questo punto.
Questo è quanto io conosco, non prendetelo come oro colato, ma almeno potete
verificare:
-
Sovvenzioni, assegni (c'è addirittura chi spara la cifra
esatta) per nomadi non esistono, non sono mai esistiti, a dispetto delle
certezze spacciate con leggerezza (o volutamente). Esistono dei rom o dei sinti
che percepiscono contributi dallo stato? Certamente. Ma l'etnia (o il nomadismo)
non c'entrano: AL PARI DI QUALSIASI ALTRO CITTADINO, se in stato di indigenza e
in regola con le norme che stabiliscono la permanenza sul suolo italiano,
possono richiedere aiuto ai servizi sociali. Questi ultimi a loro volta
valuteranno i SINGOLI casi, faranno i necessari controlli e decideranno in
merito, IN MANIERA ASSOLUTAMENTE AUTONOMA.
-
Case, terreni, allacci: non esistono
leggi in proposito, non possono neanche esistere leggi a livello
nazionale. A livello locale cambia il discorso: ci sono
amministrazioni che intervengono e altre che sono un portone
stabilmente chiuso alle esigenze delle popolazioni "nomadi". Non
parliamo di leggi, casomai si tratta di regolamenti, o
addirittura di mozioni consiliari; che il più delle volte hanno
una durata ancora più limitata della legislatura. Che poi siano
anche applicate, è un azzardo: tanto, gli "zingari" non
protestano mai. Nonostante la voglia sempre più diffusa che
hanno Rom e Sinti di abbandonare i campi, farlo, ottenere un
allaccio, ottenere un permesso (anche temporaneo) rimane
un'impresa, ma di fronte all'inazione quasi generale, sembra
l'unica strada percorribile.
Rimane un ragionamento finale: a cosa
serve (dal punto di vista meramente politico) SPRECARE SOLDI PUBBLICI per gente
che tanto non ha mai protestato per le mancate promesse, e che spesso non è
neanche cittadino della Repubblica? MOTIVI UMANITARI? Gli elettori (sono
loro e non gli zingari a garantirti una poltrona), non sempre sono
sensibili a questo argomento. E' più facile che le motivazioni derivino
dall'emergenza in cui Rom e Sinti talvolta vivono, che porta INSICUREZZA e
CONDIVIZIONI SANITARIE PRECARIE anche nei nostri quartieri di votanti, oltre che
SCANDALO nei media. La sicurezza è un'industria: non solo per i professionisti
della politica e della comunicazione, ma anche per centinaia di piccole-medie
ditte e cooperative, immancabilmente abbonate agli appalti che si generano.
Controlli, pochissimi: il modello è PRENDI I SOLDI E SCAPPA.
Ma, se Rom e Sinti continueranno ad accontentarsi delle
briciole, si può accarezzare il pelo dell'INSICUREZZA congenita degli ignoranti.
Per ridestarla schizofrenicamente la prossima volta, in previsioni di nuovi
appalti da distribuire e di elettori da rassicurare.
Di Fabrizio (del 23/08/2013 @ 09:02:22, in scuola, visitato 1679 volte)
di Claudio Dionesalvi
Cosenza, sponda sinistra del fiume Crati, pianeta Terra. Un'esperienza di
didattica dal basso
Nel 2006 ci siamo riuniti per la prima volta in uno spazio autogestito. Abbiamo
deciso di chiamarci Coessenza. Accomunati dalla passione per la scrittura,
condividiamo conoscenza, lettura e reciproco ascolto. Ci unisce la voglia di
camminare in basso. Diamo il nostro piccolo contributo nella lotta contro il
diritto d'autore che in Calabria, come in molti altri luoghi, domina in maniera
mafiosa il sistema dell'editoria. Per un anno abbiamo solo parlato, letto,
ascoltato. Poi ci siamo decisi a pubblicare racconti, poesie, saggi. Non è
andata male. Anzi, se avessimo voluto diventare una casa editrice, forse non ci
sarebbe stato difficile farlo. Ma non era questo che volevamo fare. Allora, nel
terzo anno di attività, ci siamo detti che bisognava provare ad andare ancora
più in basso, cercando nuovi linguaggi, sperimentando forme innovative di
espressione in mezzo alle persone che vivono nei quartieri periferici della
città, dai quali molti di noi provengono, in cui alcuni di noi abitano.
In questo sforzo di ricerca, quando Elisabetta ci ha fatto notare che sulla riva
sinistra del fiume Crati, a Cosenza, sul pianeta Terra, la situazione è più
difficile che mai, abbiamo deciso di incontrare i bambini "invisibili" del
villaggio rom. Insieme a loro, collaborando anche con altre associazioni
sensibili ai diritti dei migranti, abbiamo dato il via alla Scuola del Vento. Si
chiama così perché una delle prime volte che siamo entrati nel villaggio, il
vento si è divertito a lanciare in aria il nostro gazebo che ha cominciato a
rotolare tra le baracche. Tutti insieme divertiti lo abbiamo inseguito. È bello
vedere una scuola che vola. Inseguendo il gazebo, ci è capitato di guardare in
alto. E così dal campo rom abbiamo intravisto i tetti della città. Non li
avevamo mai notati, i tetti. Grazie a Tony e ad altri vecchi e giovani compagni,
per alcune settimane abbiamo tenuto lezioni di Italiano, Matematica, Decupage e
Artigianato.
I bambini rom imparano subito, ti aspettano con ansia quando sanno che vuoi
insegnar loro qualcosa e hai scelto di farlo nel loro mondo, quello dei gitani,
all'aperto, lontano da aule anguste e chiuse, dove tante scuole italiane,
purtroppo, ritengono ancora di poter "formare i cittadini", limitandosi però ad
allevare polli-bambini. Aule strapiene, insegnanti mummificati, progettifici,
scarse attività di recupero, otto ore in classe, razzismo, quantificazione del
sapere... per fortuna non tutte le scuole sono così, ma ce ne sono tante. In
queste scuole non troveranno mai spazio né i rom né tanti altri ragazzi che non
provengono dalle famiglie pubblicizzate negli spot televisivi di una nota marca
di biscotti. Noi non vogliamo distruggere l'istituzione scolastica. Anzi,
facciamo di tutto affinché i ragazzi di tutte le etnie e culture la frequentino.
A Cosenza ci sono pure scuole che si sono poste l'obiettivo di concedere
cittadinanza in aula ai rom. Ma in generale nell'ultimo decennio si è imposto il
modello scuola-azienda, a volte degenerante in assurde mini-istituzioni totali
che noi sogniamo di destituire, esautorare.
Vogliamo dare il nostro piccolo contributo. Sappiamo che i bambini del villaggio
rom rischiano di diventare, tra qualche anno, i soldatini della ‘ndrangheta del
domani. Quelli che riscuoteranno tangenti, venderanno droghe, ruberanno macchine
per chiedere il riscatto e, in caso di necessità, saranno "battezzati" per
andare a compiere missioni di morte. Ciò è accaduto in questa terra negli ultimi
vent'anni. Le comunità nomadi, da sempre, sono state spinte a privarsi delle
loro radici culturali. Corpi, consensi e saperi comprati e svenduti. Al di fuori
della carità e della compassione che a volte finiscono solo per allevare
disperazione e sotterrare l'umana dignità, in pochi hanno fatto veramente
qualcosa di costruttivo con gli zingari.
Per noialtri, montare il nostro gazebo nel villaggio per due o tre volte a
settimana, significa imparare, divertirci, praticare una didattica diversa,
esercitare un'Altra cittadinanza, ribellarci all'ondata di paura e moral panic.
Mentre i malgoverni delle città studiano le prossime mosse per divorare i fondi
europei disponibili in materia di contrasto alla discriminazione dei rom e sinti,
la mancata soluzione della questione gitana spinge intere popolazioni che con
essi vivono a contatto, a identificare il male con gli zingari, trascurando il
problema di quanta aggressività e disperazione si annidino nelle nostre
famiglie, nei nostri condomini, negli uffici pubblici, sui luoghi di lavoro,
nelle caserme, nei tribunali e nelle italiche strade.
Durante l'estate abbiamo fermato l'attività didattica. Siamo andati a trovare i
bimbi rom solo per giocare a pallone con loro. Perché ogni scuola ha i suoi
tempi di pausa. Dall'inizio dell'autunno, grazie anche ad altre associazioni
cittadine, con il consenso degli adulti rom, abbiamo ricominciato a condividere
questa esperienza. Giovannone ha costruito nel campo sul fiume, insieme ai bimbi
rom, una baracca che è la sede della Scuola del Vento. Continuiamo a frequentare
la baraccopoli, nella speranza di rivedere una verde scia luminosa solcare il
cielo al tramonto, com'è accaduto in una sera di giugno, sul villaggio in riva
al Crati. Non un miracolo. Forse un meteorite. Di certo era una scia volante
persistente e colorata, che si muoveva rapida seguendo il fiume. E i nostri
sogni pure.
Di Fabrizio (del 24/08/2013 @ 09:06:58, in casa, visitato 1780 volte)
Di
Kosice in Mahalla se n'è parlato spesso. Città simbolo della condizione
dei Rom in Slovacchia:
- da una parte culla della classe intellettuale e
imprenditoriale romanì,
- dall'altra sede di quartieri ghetto da incubo.
Una passione slovacca, sono i muri. Meglio, se per dividere rom da non rom.
Nel 2005, questa notizia passò quasi sotto silenzio, almeno in Italia.
Kosice sembra non voler essere a meno di Presov, e anche se
con otto anni di ritardo, voleva adeguarsi. Così i bravi cittadini non-rom (suppongo, assieme a quei rom che sono riusciti a scappare dal ghetto), si son
messi di buzzo buono a costruire un muro che li isolasse da quei disgraziati
rinchiusi nel ghetto di Lunik. Stavolta sono insorti in tanti, in Slovacchia, in
Europa, persino in Italia.
Che fare, il dubbio della giunta comunale?
Leggo su
EUOBSERVER, che il muro, forse in ossequio alle tradizioni romanì,
è stato edificato senza nessun permesso. Non è dato sapere con
quale tempismo l'amministrazione provvederà ad abbatterlo, ma (volendo e con la
dovuta calma), può legalmente farlo. Rimane (ACCIDENTI, CHE SFIGA!) il problema
del ghetto di
Lunik: quello è legale, lo stato lo costruì apposta per inscatolarci la
popolazione più disperata, e l'abbandono (pubblico e privato) l'hanno
trasformato in una discarica con i muri.
The Quietus
Josh Hall , August 12th, 2013 08:03 (lungo, ma con registrazioni
originali dell'epoca, vale la pena quando siete stanchi di leggere, NDR)
Josh Hall parla con Philip Knox, co-curatore della nuova compilation sul
gipsy-pop nella Jugoslavia di Tito, per discutere sulle condizioni politiche e
sociali da cui nasceva questa notevole musica innovativa
Gli anni '60 e '70 sono stati un periodo fiorente per i Rom della Jugoslavia.
Anche se Tito aveva riempito i campi di prigionia al largo dellle coste
adriatiche, in patria i Rom ottenevano per la prima volta il riconoscimento
ufficiale. Tito avevi conferito agli Jugoslavi il diritto di identificarsi
secondo il proprio gruppo, ed i Rom - storicamente perseguitati e soltanto pochi
decenni prima assassinati a decine di migliaia dagli ustascia fascisti - furono
tra i maggiori beneficiari. La cultura rom venne improvvisata elevata.
La musica di quel periodo è stata catturata in una nuova collezione del pop e
folk prodotto tra il 1964 e il 1980 dai Rom della Macedonia, Kosovo e Serbia
meridionale. Stand Up, People (Opre Roma) è un set straordinario di
tracce che dimostrano lo spirito pionieristico di quel periodo, in cui i
musicisti prendevano le forme tradizionali e le declinavano senza posa nel senso
della modernità. Le canzoni pulsavano dei tradizionali ottoni della musica folk
slava, ma erano contrapposti all'ampiezza dei nuovi stili a cui erano esposti
queste comunità. La collection è pervasa di pop occidentale, psichedelia, e
della tradizione subcontinentale da cui i Rom sono originari e con cui c'era uno
scambio diffuso, grazie alle comune posizione di India e Jugoslavia come stati
non allineati. Il risultato è un volo vertiginoso di malinconica innovazione.
Curata dai londinesi Philip Knox e Nat Morris, Stand Up, People è il
risultato di mesi passati a scavare nei mercatini delle pulci dei Balcani, nel tentativo
di gettare nuova luce su ciò che Knox descrive come "qualcosa che si è perso
nella narrazione standard della musica di quella parte del mondo." Nella
tradizione classica la registrazione viene completata da esaurienti e deliziose
note di introduttive sui testi di ogni traccia. Nelle traduzioni, la
combinazione di lacrimosità e di festa così palpabile è resa ancora più forte.
Questa dolente baldoria è il segno della qualità della collection.
Il Rinascimento rom collassò brutalmente dopo la morte di Tito. I proponenti
furono da un lato sottomessi alla musica nazionale dei nuovi stati nati nel
sangue, o semplicemente sparirono dalla pubblica vista. Le tradizioni romanì
divennero nuovamente affari privati, divorziando dalle correnti principali in
cui erano brevemente fiorite. I Rom nel mondo rimangono oggetto di persecuzione
quotidiana. Per questo Stand Up, People è importante, non solo come
documento storico, ma come controreplica a quanti tuttora intendono i Rom come
qualcosa di indesiderabile. E' una registrazione celebrativa di un tempo in cui
a questa cultura perennemente tiranneggiata fu permesso di esplorare se stessa
pubblicamente, e di una storia affascinante di un periodo di notevole
innovazione.
Abbiamo raggiunto Knox per discutere il processo di compilazione di Stand
Up, People, con le storie turbolente e gli sconvolgimenti politici e
sociali che si verificavano mentre il tutto era iin fase di creazione.
Ho letto
l'articolo che hai scritto per Sarajevo Notebook, e
stavo ascoltando le registrazioni per la prima volta.
Il trip, il viaggio, è che l'articolo è di quasi due anni fa. Fu un viaggio
di sei settimane, due mesi. Lo scorso dicembre siamo tornati a Belgrado, perché
molto del materiale finito nel CD proveniva dall'Archivio Nazionale [di Serbia].
Sapevamo che quelle registrazioni esistevano, ma in tutte le nostre ricerche non
le avevamo mai trovate. Alcuni pensavano che non esistessero, ma indagando negli
scaffali dell'Archivio nazionale li abbiamo trovati. Per fortuna c'erano molte
cose che volevamo davvero, a nostra volta avevamo del materiale che interessava
loro, così abbiamo raggiunto un accordo e abbiamo potuto, temporaneamente,
prendere in prestito quei reperti, digitalizzarli e restaurarli a Londra.
Quindi a Belgrado esiste un grande spazio di archiviazione pieno di
registrazioni?
Sì, è piuttosto sorprendente. Sotto Tito si archiviavano copie col copyright,
in teoria praticamente da tutto. Quando ci siamo andati era abbastanza caotico.
Avevano appena riaperto e penso che eravamo tra i primi a varcare l'ingresso.
Incredibilmente, in una maniera impensabile in Gran Bretagna, con assoluto stile
balcanico, questa amabile bibliotecaria ci disse: "OK, entrate e date
un'occhiata." Così abbiamo frugato tra gli scaffali, facendocela addossa dal
tanto materiale che c'era e stavamo cercando così disperatamente. Abbiamo potuto
fotografare alcune copertine, come prova che questo materiale esisteva - in
particolare alcune delle prime cose di Shaban Bajramovic' [che appare tre volte
nella compilation], che poi divenne una specie star della world music, ed è
relativamente noto in Europa. Ma nessuno credeva che avesse inciso prima del
1991, nessuno credeva che fosse disponibile. Così abbiamo trovato un sacco di
roba sua, e ne eravamo davvero entusiasti, ma non potevamo ascoltare niente,
perché non c'era una sala video-audio. Questa è la ragione per cui siamo tornati
dicembre scorso - controllare realmente quel materiale. Anche se eravamo allora
a buon punto con i CD, e sapevamo cosa farne, in realtà non sapevamo che suono
restituissero quei reperti. E' stato come un azzardo.
Come avete fatto a selezionare le tracce?
La questione fondamentale era quello che ci piaceva realmente. C'era
materiale che volevamo includendo alcune tracce. Volevamo rappresentare molte
cantanti, e poi un sacco di roba che fosse davvero inusuale, all'opposto di
quanto si aspettasse la gente. Per coincidenza, questo corrispondeva a ciò che
ci piaceva.
Quella forza delle cantanti è rappresentativa della scena nel suo
assieme?
Penso di sì, yeah. Essere donna tra i Rom è abbastanza difficile. E' una
società piuttosto patriarcale, e se sei una donna in una simile società che è
oltretutto più marginalizzata di qualsiasi altra, sei ancora più al margine
delle cose. Allora, è stato importante trovare cantanti femmine di così grande
successo, che dirigevano i prori gruppi musicali, che andavano in tour. Alcune
di loro hanno avuto storie difficili associate a ciò; non era un paradiso. C'è
una cantante, Ava Selimi, che ha pubblicato un solo 7" su cui abbiamo messo le
mani. Non siamo mai riusciti a rintracciarla, ma abbiamo molti aneddoti di gente
che la conosceva. Si dice che sia stata rifiutata dalla famiglia e dalla sua
comunità semplicemente [per] essere una musicista di successo ed essere
single, invece di svolgere il ruolo tradizionale che ci si aspettava. Si pensa
che non abbia mai lasciato la sua città nel Kosovo per quella ragione, ora
vivrebbe in un'isola della Croazia.
Parliamo un poco di Esma Redzhepova, che caratterizza fortemente
l'album.
Esma Redzhepova è tuttora una celebrità in Macedonia. Recentemente ne ha
parlato la stampa, per la sua partecipazione per la Macedonia ad Eurovision
dello scorso maggio, assieme ad un cantante di rubbish-rock che non mi ricordo.
Divenne molto celebre ai suoi tempi, negli anni '60 e '70. In quanto giovane,
donna e radicata nel ghetto, penso che ebbe da lottare. Ha dovuto uscire dalla
casa di famiglia, e la sua famiglia era del tutto contraria alla sua carriera,
non solo all'interno delle comunità rom, ma anche nazionale e internazionale in
quanto jugoslava.
Ci sono stati altri artisti che allora raggiunsero un simile
successo?
Lei è praticamente unica. Shaban Bajramovic', un po' più tardi - erano
dipinti come il re e la regina della musica gitana, anche se provenivano da
luoghi diversi e non penso si siano mai esibiti assieme. Raggiunse una buona
notorietà, in particolare con alcune registrazioni alla fine degli anni '90, che
erano quasi in stile Buena Vista Social Club. Ma allora Esma era praticamente
unica in termini di enormità del successo.
Potresti dire che gli anni '60 e '70 sono stati il periodo più
importante per quel tipo di musica, o è qualcosa che continua tutt'oggi?
C'è ancora moltissima musica dei rom incredibile nella regione, e molti
interpreti rom, ma non è detto che siano conosciuti come tali. Sono soltanto
cantanti pop o qualsiasi altra cosa - non pretendono di fare musica folk. Ma
secondo me l'era dei musicisti romanì che cantavano romanì, identificandosi
completamente e senza problemi come Rom, e consumati come tali a livello
nazionale - è definitivamente passata. Penso dipenda soprattutto dalle guerre
etniche degli anni '90, dove la gente è diventata così iper-tribale che i Rom
sono sempre stati esterni a ognuno di questi gruppi frammentati, e sono sempre
stati perseguitati un poco di più, soprattutto in Kosovo, dove credo che la
popolazione si sia ridotta dell'80%, in parte con esecuzioni di massa e in parte
con [l'esodo dei] rifugiati, molti di loro sono finiti in Macedonia.
Ora è la Macedonia il fulcro della comunità rom?
C'è il più grande insediamento rom nel mondo, appena fuori Skopje - un posto
chiamato Shuto Orizari. E' qualcosa di unico. Cammini per strada e senti parlare
ovunque romanés, le insegne sono in romanés. E' incredibile. Ma in termini di
popolazione, c'è un numero enorme di Rom in Serbia, e da altre parti dei Balcani
oltre la ex Jugoslavia, come in Romania e Bulgaria. Se la Macedonia costituisca
il fulcro culturale è difficile da stabilire - sono tutti molto diversi. Mentre
in Serbia possono essere più urbanizzati e vivere in maniera maggiormente
integrata, questo non li rende necessariamente meno rom o meno culturalmente
significativi.
Anche se c'è una popolazione rom relativamente numerosa in Bosnia e Croazia, è
una popolazione stranamente tranquilla. Non hanno la percezione di suonare
musica rom, anche se molti di loro sono musicisti e suoneranno musica folk
locale. Ma non esiste una scena, e non c'era nemmeno negli anni '60 e '70, anche
se era pieno di Rom ed erano culturalmente e politicamente attivi. Eravamo
curiosi e abbiamo chiesto a dei contatti rom in Bosnia perché avessimo questa
impressione, e loro in modo abbastanza deprimente l'hanno attribuita al successo
delle campagne antirom dei fascisti ustascia nella II guerra mondiale, quando se
sembravi rom o se parlavi romanés ti potevano sparare. La cultura è stata
trainata dei sotterranei e non è mai emersa realmente, anche quando farlo era
diventato sicuro. E' diventata una cosa domestica e privata, cosa che allora non
successe quasi mai in Macedonia, Serbia e in Kosovo.
Foto del viaggio a Belgrado di Knox e Morris
E' interessante che ci fu questa fioritura di cultura rom durante Tito,
che nel contempo era molto avverso con le espressioni del nazionalismo. Come
concili le due cose?
Penso siano precisamente parallele, l'una la conseguenza dell'altra. Cercando di
riconciliare una parte di mondo estremamente diversa e storicamente frazionata,
la strategia di Tito era di affrancare in qualche modo qualsiasi minoranza. Le
gerarchie erano diverse. Potevi dichiararti della nazione dei Croati, o della
nazione dei Serbi, e avevi un'identità in quel senso. Ma anche i Rom e gli
Albanesi avevano questa possibilità di identificarsi o le loro carte d'identità.
Penso, come conseguenza di presentare un modo leggermente più inclusivo di
essere Jugoslavi, senza tuttavia dover rinunciare alla propria identità
precedente, i Rom ottennero per la prima volta un riconoscimento. Tutte le
identità andavano rappresentate, altrimenti non avrebbe funzionato.
Avevano modo di identificarsi pubblicamente. Avevano gruppi culturali in molti
villaggi, alla stessa maniera che se fossero stati gruppi culturali Albanesi o
Turchi, stavano assieme e organizzavano musiche e concerti, probabilmente
diffondendo anche dottrina di partito. Così, è un periodo inusuale e unico, in
netto contrasto con la strategia seguita, ad esempio, dalla Bulgaria, che era
offensivamente monoculturale, e parlare o cantare in romanés era illegale. I Rom
continuavano a stare lì, producendo molta musica, ma era tutta musica bulgara
prodotta da Rom che fingevano di essere Bulgari.
Rimane un caso?
Tutta quella parte di mondo resta orribilmente razzista verso i Rom. Il
pregiudizio preesistente è diventato pubblico dopo Tito. Ma la Bulgaria è
leggermente migliorata da allora. Almeno, non c'è nessun apparato statale
ufficiale che spenga attivamente le voci rom, anche se il pregiudizio a livello
di comunità è sempre più duro da sorvegliare e valutare.
E quanto velocemente terminò quel boom, dopo Tito?
Difficile da dire. La società iniziò a collassare rapidamente dopo la morte di
Tito, ed in qualche modo si era già verso la fine. La sua morte coincise con
l'emergere di un sacco di ordini del giorno nazionalisti. Già prima di morire,
nel 1980, la cultura stava cambiando in maniera percettibile. Globalmente,
stavano iniziando ad emergere i primi vagiti della fine della guerra fredda, ed
il nazionalismo andava prendendo corpo. Ed anche la stessa musica - è quando
inizia ad emergere quella cosa chiamata turbo-folk. Quella fu la colonna
sonora delle guerre balcaniche, che ironicamente sembrava saltar fuori da
qualcuno di questi cantanti rom, che sempre andavano perseguendo il suono più
moderno e orecchiabile. Il risultato finale fu uno stile che venne per lo più
associato agli squadroni serbi della morte, uno di quegli strani colpi di scena
così difficili da conciliare.
Gli anni '80 furono un periodo diverso solo dal punto di vista stilistico. I
valori di produzione erano appena caduti, soprattutto in Jugoslavia. Quindi era
praticamente impossibile dire "Qui è l'età dell'oro", mentre la società andava
collassando anche le strutture che avevano permesso la produzione di quella
musica crollarono. I cantanti che riuscirono a mantenere il successo, smisero di
essere cantanti rom. Molti proseguirono - Esma andò avanti attraverso la guerra.
Smise di cantare in romanés, e smise con le canzoni zingare. Uno degli esempi
più estremi è questo ragazzo chiamato Muharem Serbezovski,
un Rom macedone. La maggior parte dei Rom macedoni è musulmana, e lui passò
molta della guerra a Sarajevo, identificandosi fortemente con la causa bosniaca.
Iniziò a cantare inni di guerra della Bosnia, si naturalizzò totalmente come
Bosniaco. Dopo la guerra, entrò come politico nell'Assemblea Nazionale di
Bosnia. Probabilmente aveva qualche affinità con la Bosnia perché era la
capitale della sua religione, ma smise di essere un Rom jugoslavo che cantava in
romanés e in altre lingue, diventando un Bosniaco.
Una delle cose più straordinarie sulla raccolta è l'incredibile volume
di suoni e stili che sono presenti. L'altra musica a quel periodo era
accessibile?
E' incredibilmente varia. Ci sono ballate pop abbastanza standard, e musica
tradizionale di fisarmonica, molto potente. E' distante da una raccolta
rappresentativa universalmente, anche della sola musica rom. Ci sono differenze
al nord. Dove c'è molta popolazione ungherese, la musica è più martellante,
quattro quarti, col violino che invita alla danza. Penso che molti di questi
pezzi, senza la necessaria familiarità, sembrerebbero piuttosto sorprendenti. La
gente era abituata ad una varietà musicale, ma se tu fossi stato, per esempio,
un ragazzo non-rom alla moda nella Belgrado degli anni '60, e avessi ascoltato
qualcosa della folle musica rom del Kosovo, penso l'avresti trovata abbastanza
aliena. Ma la gente la comprava, e questa è una cosa interessante, ma anche
difficile da spiegare. Tutto era iper-locale e iper-specifico, ma era
distribuito dalle etichette discografiche in tutti centri urbani, ed
apparentemente per essere comprato e goduto.
Quindi l'impresa era anche redditizia?
Tutte le etichette erano in parte statali. Era un'area grigia ambigua, in parte
nazionalizzata. Non è chiaro sin dove le decisioni fossero controllate dallo
stato. Probabilmente non in maniera enorme, perché c'era troppa roba in
circolazione e nessuno avrebbe avuto il tempo di verificare tutto. Ma la gente
comprava i dischi. Gli Jugoslavi erano abbastanza ricchi rispetto agli altri
paesi socialisti dell'Europa Orientale. Potevano viaggiare, e lo facevano.
Potevano importare beni dall'Occidente; importavano anche musica occidentale.
Cose che si cercava sempre di vendere a caro prezzo nei negozi di dischi dei
Balcani, erano le incisioni jugoslave dei Beatles o di Stevie Woneder, che
qualche collezionista pazzo sta cercando di ottenere.
Un altro momento chiave della storia è la raccolta delle registrazioni.
Quanto tempo avete impiegato?
Me ne sono interessato per anni, in maniera abbastanza amatoriale. Ci sono un
paio di etichette che stanno facendo delle cose interessanti, in particolare con
queste brass band, alcune dalla Macedonia, altre dalla Romania, che sono
piuttosto funky e hanno un senso di rinascita: Mahala Rai Banda e Kociani
Orkestar, piacciono alla gente. Ero davvero coinvolto, e così Nat, ne abbiamo
discusso assieme e abbiamo viaggiato indipendenti l'uno dall'altro per un po'
nei Balcani.
Esma Redzhepova venne e suonò a Londra attorno al 2006 con la Mahala Rai Banda,
e fu un concerto incredibile. Stranamente, per un pubblico londinese abituato
alla "world music", fu un grande avvenimento. Ho sempre cercato di collezionare
pezzi e mettere le mani sugli originali, in modo abbastanza da nerd, e mi
chiedevo dovrei avrei potuto trovare i LP di Esma. Cominci a cercare su internet
e trovi delle cose. Dopo un paio di assaggi pensai: "Cazzo, questo è buono
davvero!". Poi iniziamo ad impegnarci più seriamente, raccogliendo tutto quel
che trovavamo. E poi, quando ammassammo una certa pila di registrazioni, ci
sembrò qualcosa di importante che era andato perso dalla narrativa standard di
quella parte del mondo. Fu allora che la prendemmo davvero sul serio, e andammo
lì col preciso intento di raccogliere registrazioni, e nel contempo di
incontrare i musicisti e cercare di imparare di più sugli scenari e sulle
circostanze della produzione e della distribuzione.
Questi artisti si conoscevano tra loro? Suonavano assieme?
C'è questa voce che circolava su Esma e suo marito. Lui non era Rom, ma era uno
attorno a cui la musica girava. Molti musicisti passarono attraverso questa
sorta di accademia. Molti musicisti rom venivano assunti, e poi si mettevano in
proprio. Così fu per Muharem Serbezovski - i suoi primi concerti furono con
l'ensemble di Esma. E Elmo Chun, che interpreta la penultima traccia del
disco, quella strumentale, la cui importanza per la scena musicale rom non può
essere sottolineata abbastanza - fece parecchi arrangiamenti, fu un fulcro vero
- il suo primo lavoro fu il clarinettista per Esma.
Sembra il mondo del jazz, dove ci sono frontmen e sidemen.
Si intenda una grandissima similarità col jazz, non solo nella struttura di
mercato, ma anche per la fusione di personalità, improvvisazioni, assoli che
sono parte della tradizione. E' una delle cose che lo rende interessante,
soprattutto se assisti dal vivo a un matrimonio, dove un clarinettista e un
sassofonista si confrontano per dieci minuti. Uno spettacolo incredibile.
Hai detto che le grandi etichette discografiche erano di proprietà
statale ma, a parte questo, esisteva una cultura indipendente?
Le etichette erano relativamente poche. Non erano controllate centralmente in
quanto tali. Tutte le maggiori città ne avevano una, o diverse. Particolarmente
Belgrado. Quindi esiste la branca editoriale regionale della compagnia di stato,
poi ce ne sono di più piccole, che dovrebbero essere più indipendenti, ma non si
notano differenze nella qualità o nella natura delle registrazioni che uscivano.
C'erano etichette specializzate in quel tipo di musica?
Non molte - è questo che è strano. Troverai estremamente misterioso della musica
rom prodotta da quella che era la più grande etichetta, Radio-Televisione Belgrado,
tutta in romanés da un oscuro angolo del Kosovo. Poi trovi musica di successo
rilasciata da un piccolo studio fuori Belgrado. Un fenomeno abbastanza surreale.
Non so se è la natura di come funzionassero le cose in questo quasi-mercato, ma
non mi sembra che potesse essere competitivo, con gli artisti più grandi che
andavano verso le maggiori etichette e quelli più piccoli verso le minori.
Com'è stato il processo per ottenere le licenza di queste incisioni?
Incubo assoluto. E' stato di gran lunga il compito più duro, difficile, lungo e
meno divertente. Queste etichette erano possedute in parte da uno stato che non
esiste più, o sono adesso proprietà parzialmente privata o parzialmente statale
di nuovi stati. Molti di questi non sono a conoscenza di possedere i diritti di
queste incisioni, e per prima cosa li devi convincere di questo, se vuoi
ottenere una licenza. E' uno dei motivi per cui una release come questa ha
dovuto impiegare tanto tempo per uscire. Nessun altro sarebbe stato così pazzo
da trascorrere due anni su Skype con dei Serbi veramente arrabbiati.
E' valido per la Jugoslavia degli anni '60 come per la maggior parte della
musica oggi - è interamente impostata per ridurre al minimo la quantità di
denaro che gli artisti ricevono, se non di eliminarla del tutto. Il diritto di
proprietà degli artisti è così piccolo. E' qualcosa con cui abbiamo lottato
davvero, perché volevamo dare qualcosa agli artisti quando ne trovavamo qualcuno
che fosse ancora vivo. Una cosa rattristante e piuttosto deprimente di questo, è
che incoraggiamo questi artisti a firmare per questi incredibili complessi
sistemi collettivi internazionali, così che possano avere qualche soldo, ma
impiegare tutto questo tempo non serve a chi non è di madrelingua inglese, o non
ha familiarità col computer.
Vedi il potenziale per un risorgere dell'interesse verso questa musica?
I giovani dei paesi dell'ex Jugoslavia, quando parliamo loro di questo, sono
completamente confusi e perplesso. Puoi gli suoniamo questa musica e sono
esterrefatti che ci sia qualcosa del genere dalla loro cultura e che possa
suonare così. Molta della idea dei non-Rom sulla musica dei Balcani, anche in
quella parte del mondo, è totalmente conformata a tutti quei coglioni come [Emir]
Kusturica. Davvero, la gente è monopolizzata dall'idea che la loro musica sia -
qualcosa di veramente primitivo che spassionatamente spilla da loro; non
qualcosa sotto il loro controllo; possono rubarti il televisore ma fanno anche
questa bella musica. Allora la gente si sorprende di questa musica
incredibilmente sofisticata, sensibile ad idee complesse. Penso che se la gente
ci mettesse la testa, sarebbe davvero grande, e potrebbe significare che alcuni
dei musicisti che sono ancora in circolazione potrebbero rivisitare alcuni
pezzi.
La compilation
Stand Up, People è ora disponibile su CD e formati digitali, via Asphalt Tango Records
Di Fabrizio (del 26/08/2013 @ 09:05:03, in media, visitato 1965 volte)
Se n'è parlato qualche giorno fa, e ne è nato anche un
forum improvvisato su Facebook, grazie all'Associazione 21 luglio.
Ieri altri due articoli sul web hanno attirato la mia attenzione:
-
RAGUSA NEWS La bimba rapita dagli zingari?
Bufale pozzallesi. Il linguaggio è fin troppo burocratico,
ma da indicazioni utili: in caso di dubbi, si possono
interpellare le Forze dell'Ordine o l'ospedale. Per un comune
cittadino, farlo non è sempre facile o immediato. Richiederlo a
chi fa il giornalista (o a maggior ragione, a chi dirige una
testata), mi sembra il minimo.
-
LA VOCE (IL PRIMO QUOTIDIANO INDIPENDENTE
ONLINE) Kyenge shock: 'seconde case degli italiani agli
stranieri' Ho riportato anche l'(auto)definizione della
testata, perché, nonostante l'indipendenza sbandierata, questa è
invece una bufala prettamente "politica". Viene sparsa una voce,
senza darne alcuna dimostrazione, tanto che potrebbe essere
ripetuta poi in qualsiasi altro momento. Altro particolare:
l'obiettivo è la ministra Kyenge, ma qua entra in gioco, per
accattivarsi i lettori, la sindrome da "vittima accerchiata",
per cui la ministra starebbe complottando con una serie di
figure inquietanti, come immigrati, zingari ecc. (cfr. una
testata di Piacenza di qualche anno fa). Infine, per
mascherare gli obiettivi chiaramente di parte, si maschera
l'identità del sito (che è comunque in rete con altri simili,
vedi VOXPOPULI), con una testata che sia il più possibile
neutra, ma nel contempo richiami un'identità che accomuni gli
italiani (poveretti e discriminati).
INTERNO GIORNO:
Glielo giuro, signor colonnello, non è colpa mia!!!
Non sono colonnello, sono commissario...
Ecco, giusto... commendatore! Stavolta sono innocente!!!
Vabbè, lasciamo perdere. Non urli e mi illustri la dinamica precisa dello
svolgimento dei fatti.
Mi può ripetere tutte le ultime parole? Sa, son foresto...
Cos'è successo! E lei, appuntato, scriva...
Aahhhh, ecco. Vede, due sere fa ero in giro con mia zia, a cercare un po' di
citofoni che non ci avessero scritto sopra. E' una nostra tradizione, sempre gli
stessi segni da anni, ma ormai di citofoni puliti non ne troviamo più...
Scusi la curiosità, perché sempre gli stessi segni?
Così... come lo chiamate voi? Copyright?
Continui. Scusi l'interruzione.
Insomma, lei conosce le case e io so scrivere, così lavoriamo in coppia come
i carabinieri. Ma per non farci riconoscere, lei aveva la gonna lunga, era senza
scarpe e col foulard. Io ero bellissimo: avevo arricciato i baffi col lardo, e
suonavo il violino. Sull'archetto avevo montato uno scalpello, è così che si
fanno i segni... vuole che le faccia vedere?
No! Vada avanti. Appuntato, sta prendendo nota?
Certo, ma le assicuro che non è facile. C'era gente che andava, veniva, sa...
non hanno niente da fare, e così ci chiedevano: "Chi siete? Cosa fate?" E io,
mostrando la tessera della mensa: "CENSIMENTO!"
Sì, ma poi?
Così in nove secondi e sette decimi (come Bolt a Mosca, faccio notare) ci
siamo trovati circondati da tutto il quartiere. forse, erano tutti lì per il
censimento... Noi gli abbiamo detto che avevamo terminato i moduli, ma quelli,
non so perché, ci hanno riempito di mazzate.
Finito?
No, signor ingegnere. La sera dopo, che mi facevano ancora male tutte le
ossa, tornano mio cugino con suo figlio e un amico. Guardano i citofoni,
sorridono alle telecamere a circuito chiuso, chiedono in giro se c'è qualcuno
che incideva dei segni. Niente, non riuscivano a trovare il citofono giusto! Per
fortuna avevano l'IPHONE, così hanno scaricato l'applicazione per ritrovarlo,
tanto, non lo sanno adoperare, l'IPHONE intendo. Nel
frattempo, s'era fatto notte, e han tirato fuori la torcia elettrica; ma loro,
furbi, mica l'accendevano, col rischio di farsi trovare. Insomma, era buio pesto
e non ci si vedeva niente, vallacapì se un segno significava una cosa o quella
opposta!
Dobbiamo stare qui ancora tanto???
Nooo. Le dico subito tutto, ma io non c'entro. Alla fine hanno suonato i
citofoni, svegliando tutto il palazzo, che li ha creduti dei testimoni di Geova
e ha mazzolato anche loro. Sono scappati, e trovano una porta aperta, proprio
dove eravamo passati noi la sera prima. Entrano e... l'appartamento è
completamente vuoto. La "concorrenza" aveva visto i segni prima di loro... A
questo punto, siete arrivati voi. Che vitaccia, signor commodoro!
SIGLA!
Di Fabrizio (del 28/08/2013 @ 09:07:43, in Italia, visitato 1867 volte)
(27 agosto 2013) - Vedi anche
Lombardia, una proposta di legge regionale razzista
In una lettera inviata al Ministro per l'Integrazione Cécile Kyenge,
l'Associazione 21 luglio esprime profonda preoccupazione per un recente progetto
di legge sui rom avanzato da due consiglieri della Regione Lombardia. "Norme
discriminatorie e lesive della dignità umana", afferma l'Associazione.
Il progetto di legge che ha motivato la lettera al Ministro è il n. 0059 ed è
stato presentato lo scorso 23 luglio dai due consiglieri regionali lombardi
Riccardo De Corato e Francesco Dotti del gruppo Fratelli d'Italia. Il testo ha
per oggetto "Regolamentazione e disciplina degli interventi sulla presenza delle
popolazioni nomadi e di etnia tradizionalmente nomade o semi-nomade nel
territorio lombardo" e detta norme in materia di alloggio, accesso ai servizi
socio-sanitari e accesso educativo scolastico.
Tali norme, secondo l'Associazione 21 luglio, "sono lesive della dignità umana e
gravemente discriminatorie nei confronti dei circa 8.500 rom e sinti che vivono
in Lombardia".
La proposta legislativa, in più, si basa ancora una volta sull'assunto infondato
che identifica gli appartenenti alle comunità rom e sinte come "nomadi"
ponendosi quindi in aperto contrasto con la "Strategia Nazionale di Inclusione
dei Rom, Sinti e Camminanti", adottata dal Governo italiano in sede europea nel
febbraio 2012, secondo cui tali comunità sono da considerarsi "ormai
sedentarie".
Sul tema dell'abitare il progetto di legge non prevede per i rom e i sinti
lombardi alcuna soluzione abitativa diversa dalle "aree di transito" e dalle
"aree di sosta", sebbene la Strategia Nazionale in maniera ripetuta raccomanda
come "è un'esigenza sempre più sentita dalle stesse autorità locali il
superamento dei campi Rom, in quanto condizione fisica di isolamento che riduce
la possibilità di inclusione sociale ed economica delle comunità rom e sinte".
Anche sul tema dell'accesso ai servizi sociosanitari il progetto di legge
lombardo non sembra rispettare i contenuti della Strategia Nazionale la quale
rileva la necessità di mettere in pratica "una efficace politica sanitaria in
grado di rilevare i bisogni sanitari della popolazione e la reale fruizione
delle prestazioni". Il progetto legislativo, infatti, si limita alla
predisposizione di verifiche quadrimestrali delle condizioni igienico-sanitarie
degli insediamenti.
Per quanto riguarda l'accesso ai servizi scolastici il testo prevede
l'introduzione di corsi di educazione civica e la redazione di un report nel
quale sia attestata la frequenza scolastica dei minori rom con lo scopo di "evidenziare la
vera integrazione di coloro che intendono sottostare alle
leggi". Di contro, la Strategia Nazionale afferma che "per promuovere
l'inserimento sociale dei minori Rom, Sinti e Camminanti sembra importante
sostenere interventi mirati a destrutturare l'etichettamento sociale che
ostacola di fatto l'inserimento sociale".
Nella proposta di legge presentata - si legge nella lettera indirizzata
dall'Associazione 21 luglio al Ministro Kyenge - "sono ravvisabili elementi
discriminatori basati sull'appartenenza etnica dei soggetti destinatari". Essa,
inoltre, "intende reiterare un approccio già ampiamente abusato nel passato
recente, che ha avuto come esito la creazione di una dimensione abitativa
istituzionale parallela riservata a soli rom, tradottasi in molteplici
violazioni dei diritti fondamentali di queste comunità".
Secondo l'Associazione 21 luglio, la Strategia Nazionale di Inclusione di Rom, Sinti e Camminanti rappresenta un importante baluardo dei diritti delle comunità
rom e sinte in Italia e il suo contenuto non può essere tralasciato dagli
amministratori locali. Il superamento dei "campi nomadi" e la ricollocazione dei
rom e dei sinti in alloggi adeguati è il primo principio da salvaguardare e
nessuna proposta di legge ha la legittimazione di muoversi in direzione diversa.
Una lettera di preoccupazione sul progetto di legge della Regione Lombardia è
stata inviata dall'Associazione 21 luglio anche al Punto di Contatto Nazionale
per la Strategia Nazionale d'Inclusione dei Rom, Sinti e Camminanti presso
l'Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali (UNAR).
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