Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 04/02/2013 @ 09:10:26, in casa, visitato 1389 volte)
Vedi anche una segnalazione del
2008
Yahoo
notizie
La mini House è una casa che ti arriva per posta e che si monta in 48 ore.
Sembra impossibile eppure è tutto vero. Il design di queste abitazioni
pret-a-porter viene dalla Svezia ed è opera dell'architetto Jonas Wagell.
Iniziativa per La Giornata della Memoria
7 Febbraio 2013 - inizio ore 9.00
Aula Magna Liceo Manzoni -
via G. Deledda 11 - Milano (MM1-2 Loreto)
Jovica Jovic non sa se sta ancora fuggendo dai nazisti, o se è rimasto senza
casa, o sia semplicemente in tourneé.
Jovica Jovic oggi è un fisarmonicista di talento, conosciuto in Europa, che
insegna ai bambini a suonare ad orecchio.
La sua storia parte dalla Jugoslavia degli anni '40, e la MEMORIA di allora si
lega alle guerre degli anni '90, sino all'arrivo e alle incertezze in Italia.
La sua storia personale è quella del suo popolo, i Rom, testimoni mai ascoltati
di eccidi lontani.
Suonerà e discorrerà col pubblico, ridendo, ragionando, sperando assieme a voi.
Progetto Memoria Storica: Il Popolo Rom e L'Olocausto
- Commissione Cultura - Consiglio di Zona 2
Motivo: Mentre si parla molto delle vittime Ebree della persecuzione
Nazi-Fascista nell'Olocausto, molto meno si parla di altre loro vittime: gli
oppositori politici, gli omosessuali e i Rom. Questa lezione/spettacolo/concerto vuole cercare di spiegare cos'è successo e continua a succedere
a quest'ultimo gruppo etnico, storicamente vessato e perseguitato.
Abbiamo voluto così fare conoscere un'altra tessera dell'enorme e
terribile mosaico dell'Olocausto.
Obiettivo: Informare e sensibilizzare i giovani. Saranno invitati i ragazzi
di alcune scuole della Zona 2 dalle medie ai licei, inclusi gli studenti
dei Licei Manzoni e Carducci, per una lezione/spettacolo coinvolgente
sull'argomento.
L'invito è soprattutto per le scuole ma l'entrata è libera per tutti.
Di Fabrizio (del 05/02/2013 @ 09:06:22, in Regole, visitato 1741 volte)
Comunicato Stampa:
In relazione alle notizie circolate a seguito dei recenti fatti avvenuti nel
campo rom di Via Idro, vogliamo sottolineare innanzitutto che queste si sono
spesso rivelate parziali o inesatte. Gli abitanti del campo non sono tutti
uguali: non si tratta di una faida tra famiglie in cui ciascuno ha il
medesimo carico di responsabilità, ma di un grave episodio di intimidazione.
All'interno del campo vivono persone che hanno diritto ad una maggiore
sicurezza.
Quanto alle accuse rivolte da alcune forze politiche all'attuale
amministrazione, il Consiglio di Zona 2 ha deliberato in data 5 giugno 2012
avanzando delle proposte sulla riqualificazione del Campo (che è comunale e
sorge su terreno demaniale) e prevedendo interventi che riguardano sia la
sicurezza e la manutenzione delle strutture che la coesione sociale.
Respingiamo al mittente le accuse avanzate a mezzo stampa dal capogruppo
della Lega Nord in Zona 2.
Non è vero che negli anni in cui la Lega è stata al governo della città (ben
17) la problematica realtà del campo rom fosse stata risanata, anzi: l'attuale
stato di abbandono è stato volutamente aggravato. E non è vero, per fortuna di
tutti noi, che il campo rom sia stato pattugliato dall'esercito trasformandolo
in una piccola Auschwitz. Non risponde al vero l'asserito abbandono del tema
sicurezza da parte del centrosinistra, come dimostrano gli interventi delle
forze dell'ordine nel campo (vedi cronache 3/7/2012 e 8/8/2012). Non risponde al
vero che i reati siano aumentati esponenzialmente negli ultimi due anni, come
testimoniano anche dal Commissariato, ed, infine, è falso che l'Assessore
Granelli non sia mai arrivato in zona 2.
Nel corso del mandato, l'Assessore Granelli ha partecipato a due commissioni
zonali sul tema della sicurezza e, in seguito, ha voluto un incontro ufficiale
con i Comitati e le Associazioni alla presenza del Questore e dei responsabili
della sicurezza in zona, senza qui contare le numerose visite informali
compiute.
Troviamo assurdo e strumentale che oggi la Lega Nord chieda a gran voce una
Commissione per discutere di Via Idro, quando i consiglieri della Lega
sono risultati assenti nella apposita Commissione Zonale, convocata a
settembre esattamente in Via Idro, per discutere del Piano Rom e dei problemi
del campo.
Sfugge alla Lega Nord che proprio nella mattinata di lunedì 28 gennaio si sia
svolto un incontro con gli Assessori Majorino e Granelli per decidere come
intervenire nel campo Rom di Via Idro e sfugge alla Lega Nord che un altro
incontro sia programmato agli inizi di febbraio. Il centro sinistra di Milano e
della Zona 2 ha ben presenti i gravi problemi in cui versa il campo, sia dal
punto di vista della sicurezza sia da quello del degrado delle strutture,
peraltro ereditati dalle amministrazioni di centro-destra, che hanno saputo solo
aggravare i problemi di sicurezza delle persone, rom compresi, per poterli
strumentalmente utilizzare a fini elettorali.
Il centro sinistra in Zona 2 e a Milano combatte una dura battaglia, con
pochi mezzi economici a disposizione e un inadeguato quadro legislativo a
supporto, anche qui eredità pesante dei governi BOSSI/Berlusconi, per consentire
l'accrescimento personale ed umano di tutti, anche nell'ambito della comunità
ROM e sviluppare un cammino di speranza, di legalità e di integrazione per tutti
gli uomini e le donne che liberamente lo scelgano. Il centrosinistra a Milano
contrasta chi sceglie di perseguire la strada dell'illegalità e della
delinquenza, sapendo ben distinguere, come meritano le Persone, gli uni dagli
altri.
Riteniamo che bene abbiano fatto le forze di polizia ad intervenire per
riportare l'ordine e la sicurezza nel campo - in modo deciso ma appunto attento
alle persone. Questi interventi, eseguiti anche a seguito di segnalazioni da
parte del Consiglio di Zona 2 e delle Associazioni di volontariato che lavorano
nel campo, permettono di separare i cittadini regolarmente residenti da chi
invece delinque e si oppone con ogni mezzo sia alle forze dell'ordine sia, in
fondo, al miglioramento della vita quotidiana nel campo.
Ora è importante che la politica compia la sua parte attraverso un lavoro
forte e deciso di mediazione sociale e di riqualificazione del campo, mettendo
in pratica le proposte avanzate dal Consiglio di Zona 2 e i contenuti del
Progetto rom sinti e caminanti del Comune di Milano.
La Lega Nord, se lo vuole, rimanga pure nel passato.
Gruppi consiliari zona 2:
- Partito Democratico
- Sinistra Ecologia e Libertà
- Sinistra per Pisapia
- Italia dei Valori
- Gruppo Radicale - Federalista Europeo
- Verdi Ecologisti per Milano
l'Arena.it SERGIO PRETTO
Sergio Pretto con la sposa a un matrimonio Rom
Un mondo che intravediamo appena, che non vogliamo vedere, che magari ci fa
paura. Sergio Pretto, romano, 73 anni, giornalista prima della carta stampata
poi alla Rai, racconta gli zingari attraverso un secolo di storia in Novecento
Rom (Cartacanta, 400 pagine, 18 euro). Narra la storia di una famiglia, dagli
anni Trenta al 2010, tessendo un arazzo di rapporti intrecciati. Se ne esce
incantati da una scrittura a immagini, frammentata, a volte straniata, che si
avvicina alla poesia.
Nella quarta di copertina si legge che lei è stato avviato alla scrittura da
Pier Paolo Pasolini. Come?
Pasolini l'ho conosciuto da ragazzo su un campetto di calcio. Era un uomo che, a
prima vista, intimoriva, dai tratti spigolosi, e che poi, invece, scoprii
umanissimo. Diede una gran pallonata, che colpì il "palo" della nostra "porta",
fatto da libri e quaderni di scuola legati con l'elastico, come si usava allora.
Si scusò moltissimo, ma si soffermò sui quaderni. Soprattutto sul mio, quello
dei temi e lì, subito, a darmi consigli, a dirmi di infrangere le regole, di
esplorare le cose e insieme di aggredirle. E io cambiai il mio modo di scrivere.
Lo cambiai più volte, dopo, anche sotto l'influsso del surrealismo di Calvino e
del realismo magico di Màrquez, scrittori che riportano, anche se a prima vista
non sembra, allo scavo nel torbido di PPP.
Perché si è interessato ai Rom?
È stato proprio Pasolini a insegnarmi a guardare agli ultimi. Il primo contatto
l'ho avuto attraverso un'assistente sociale: cercavo informazioni per un altro
libro, che stavo scrivendo. Abbiamo incontrato un giovane Rom, quello che nel
romanzo io chiamo Decebal. Non è stato facile né da parte mia, né da parte sua.
Ci dividevano mille pregiudizi. Ma mi sono reso conto che quello che noi vediamo
- la sporcizia, il furto... - è la punta di un iceberg. Sotto c'è una cultura
straordinaria, musicale, umanitaria, una solidarietà che non possiamo percepire.
Siamo fermi agli stereotipi. E invece ci sono zingari docenti universitari,
sportivi di fama (Andrea Pirlo, il calciatore), avvocati, pugili... C'è
un'orchestra sinfonica di violinisti, tutti zingari, che sta girando l'Europa
riscuotendo enorme successo. Una zingara di vent' anni, Laura Halinovic, ha
vinto il Festival audiovisivo di Montecarlo con il documentario Io, la mia
famiglia Rom e Woody Allen.
Come ha fatto a documentarsi?
Ho passato mesi tra i Rom. Decebal, una volta che siamo riusciti ad intenderci,
mi ha detto che qui in Italia sono tutti giovani: per ascoltare la loro storia
dovevo andare a Craiova, in Romania. Ho fatto partire il mio romanzo-verità da
laggiù, quando Simplon, il padre di Decebal, decide di raccontare ai suoi figli
la tragedia del Porrajmos, come gli zingari chiamano il genocidio pianificato
dai nazisti: nei lager morirono 600mila Rom e Sinti. Simplon è depositario di
testimonianze dirette, dal padre Ofiter e dalla madre Limpiana. Racconta come
dei gitani si siano salvati nelle "marce della morte" verso i campi di
sterminio. Quando seppellivano le vittime, alcuni si gettavano vivi nelle fosse:
poi una coperta, quindi i morti, poi badilate di terra. L'ultimo della fila
batteva sul tumulo cinque colpi: il segnale che la colonna si allontanava, così
i sepolti vivi potevano uscire dalle fosse. Questo stratagemma l'avevano
escogitato grazie alla loro antica tradizione di seppellire i morti durante il
cammino. Non esistono cimiteri Rom o Sinti fino ai primi del Novecento: nomadi,
gli zingari seppellivano i loro morti lungo la strada.
Rimangono impresse le figura femminili del libro. Ce ne vuol parlare?
Grifina era una giovane zingara dalla bellezza fiera e singolare. L'ufficiale
medico del lager la notò e se la prese come infermiera e amante. Lei sopravvisse
alle sevizie, accudendo una bambina che aveva trovato nel campo, sperduta, e con
la certezza che un giorno si sarebbe vendicata. Alla fine, lo fece: uccise con
il bisturi l'ufficiale medico. La giovane Jonela è invece l'esempio del
contrasto tra gli anziani e i giovani. I ragazzi vedono i lati positivi della
nostra società, quella di noi gagé, come ci chiamano i Rom. Jonela, cresciuta il
Romania sotto il regime di Ceausescu, preferiva i jeans alle gonne a fiori e non
voleva più camminare sempre un passo dietro al suo uomo...
I Rom sono così maschilisti?
Questo è un argomento, forse il primo, su cui ci siamo trovati a discutere. Ho
parlato ai Rom di grandi donne di cui non conoscevano l'esistenza: le americane
che nel 1908 scioperarono per protestare contro le terribili condizioni in cui
erano costrette a lavorare e morirono nell'incendio scoppiato l'8 marzo. Madame
Curie, Rita Levi Montalcini... Le donne, che prima si ritraevano, hanno
cominciato a sorridermi, ad invitarmi a mangiare. Gli uomini a considerare le
loro compagne in una nuova dimensione. Non ci siamo messi d'accordo, invece,
sulla scuola. "L'istruzione", mi hanno detto, "dovrebbe portare alla felicità.
Perché noi dovremmo accettare, senza discutere, la vostra?"
Apertesi le frontiere dell'Europa orientale, la famiglia di Decebal ha lasciato
la Romania per Francoforte, quindi Roma: nel campo al Casalino, che poi è stato
spazzato via, e infine al Tiburtino. La storia è chiusa?
Spero in un finale aperto. Finché noi li ghettizziamo, saranno sempre pronti a
ripagarci con il peggio perché a questo porta la disperazione. Ci chiedono di
lavorare, anche lavori umilissimi - li ho visti io stesso farli, insieme agli
immigrati - e ci chiedono di non dover rinunciare all'essenza della loro
cultura. Sono il popolo meno sanguinario del mondo, che non ha mai combattuto
una guerra, anche perché non ha confini da difendere.
Alessandra Milanese
Di Fabrizio (del 06/02/2013 @ 09:00:41, in blog, visitato 1379 volte)
immagine da
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Di Fabrizio (del 07/02/2013 @ 09:08:09, in Europa, visitato 1376 volte)
Da
Roma_und_Sinti
Klaus-Michael Bogdal © Suhrkamp Verlag -
Stadt Leipzig
(09.01.2013)
Il premio libro di Lipsia per la comprensione europea 2013 verrà assegnato
allo studioso tedesco Klaus-Michael Bogdal per il libro "L'Europa
ha inventato gli zingari. Una storia di fascino e disprezzo", edito da Suhrkamp
nel 2011.
La giuria internazionale così ha motivato il proprio giudizio:
Parlando di una storia di fascino e disprezzo, vengono rivisti sei secoli di
persecuzione ed esclusione dei popoli rom in Europa. Così Bogdal analizza la
presenza di "Zigeuner", "Gipsies", "Bohémiens" e "Gitanos" nella letteratura e
nell'arte dal tardo medioevo ad oggi, in un contesto globale europeo,
descrivendo insieme la graduale realizzazione di un pregiudizio storico contro
un collettivo immaginario, cioè la mancanza di una letteratura in materia di
Rom, sono state prese per buone le interpretazioni, attribuzioni e proiezioni
provenienti da altrove, senza alcuna critica o dubbio. Bogdal mostra come l'Europa
faccia saldamente propria la sofisticazione della semplificazione dei Rom in
tensione tra odio, autodifesa e folklore romanzato. Soprattutto alla luce di una
nuova impennata dell'antiziganismo in Europa, Bogdals presenta uno studio epico
attuale e polemico.
La consegna del premio segnerà il 13 marzo 2013 l'inaugurazione della fiera
di Lipsia. Il premio sussiste dal 1994 e vale 15.000 euro, ed è tra i maggiori
riconoscimenti letterari in Germania. La
fondazione è
costituita dal Libero Stato di Sassonia, la città di Lipsia, l'associazione
degli editori tedeschi, l'associazione dei venditori librari e la Fiera di
Lipsia.
Biografia
Klaus-Michael Bogdal, e nato nel 1948 a Gelsenkirchen, ha studiato
germanistica, slavistica e filosofia alla Ruhr-Universität di
Bochum, dove si è laureato nel 1976. E' stato poi professore di liceo e dal
1992 direttore tecnico a Dortmund. Dal 1996 al 2002, Bogdal ha insegnato
letteratura alla Gerhard-Mercator-Universität di Duisburg,
poi è stato professore di germanistica , specializzato in nuova letteratura,
presso l'università di Bielefeld.
Di Fabrizio (del 09/02/2013 @ 09:04:54, in lavoro, visitato 1624 volte)
RTV SLO Maribor, il primo ristorante Rom in Europa di
K. S. (Ndr: mi
risulta che in Ungheria ce ne siano già due, uno è
questo)
Projekt Romska gostilna - Romani kafenava
21. januar 2013 ob 17:56 - Maribor - MMC RTV SLO
La capitale della Stiria presto diventerà più ricca per la locanda, unica
non solo in Slovenia ma per l'intera Europa. Infatti entro la fine dell'anno ci
sarà a Maribor il primo ristorante rom.
Štefan Simončič, rappresentante dell'associazione EPeKa di Maribor e capo del
progetto, ha detto che lo scopo è la conservazione e la presentazione della
cultura rom, assieme all'eliminazione dei pregiudizi della maggioranza della
popolazione. Il progetto di 300.000 euro è finanziato all'80% dall'Unione
Europea, mentre il 20% dal Ministero del Lavoro e della Famiglia.
Simončič ha sottolineato a RTV Slovenija è possibile mangiare in una vasta
gamma di ristoranti etnici tranne quelli rom, che pure vivono in Europa dove
sono circa 12 milioni.
In Slovenia la maggior parte dei Rom vive a Maribor, circa 2.000.
Com'è scritto sul sito ufficiale, l'Inn Rom - Romani kafana opera sul
principio dell'imprenditoria sociale per persone appartenenti a gruppi
vulnerabili, se il ristorante risultasse redditizio, si accumulerà per la
creazione di nuovi ristoranti, dove far lavorare altri Rom e Romnià.
clicca per il video (in sloveno)
Piatti tipici nell'ambiente rom
Quali saranno le specialità proposte? Si può anticipare burek e torte, minestre
e zuppe tradizionali. Non mancheranno la grappa ed il caffè tipici, i cui fondi
verranno letti agli ospiti.
Camerieri e cuochi saranno vestiti nei costumi tradizionali romanì, e tale
sarà l'atmosfera e la musica d'accompagnamento. [...]
Tra gli obiettivi dei responsabili del progetto: la conservazione della
cultura romanì, la loro motivazione ed inclusione in materia di occupazione, la
formazione al lavoro per lavorare in un ristorante, l'aumento della fiducia in
se stessi, la promozione di stili di vita sani tra i Rom ed il resto della
popolazione, per ridurre pregiudizi e stereotipi.
Sulla posizione del ristorante non si sa ancora molto, ma dovrebbe essere
verso il centro città.
Di Fabrizio (del 10/02/2013 @ 09:04:36, in casa, visitato 1500 volte)
Dire, fare, baciare. Luoghi di sconfinamento Per gli zingari Sinti
un moderno lager oltre la tangenziale - da Pavia, Giovanni
Giovannetti
La Giunta cattoleghista Cattaneo vuole deportare i pavesi zingari Sinti in
un campo oltre la tangenziale, contiguo al canile. L'attuale allocazione di
piazzale Europa andrà "liberata" per consegnarla agli appetiti di faccendieri e
immobiliaristi, ma sul fronte dell'opposizione comunale non aspettatevi
barricate da parte del Partito democratico. E si capisce il motivo.
Assessori e dirigenti comunali pavesi in missione a Bruxelles. Obbiettivo:
trovare i fondi necessari al piano di deportazione degli zingari Sinti pavesi
verso Cura Carpignano, oltre la tangenziale, vista canile, nel villaggio "le
corti": come riferisce l'assessore ai Servizi sociali Sandro Assanelli al
quotidiano locale, "nel villaggio che abbiamo immaginato ogni famiglia avrà il
proprio stallo, con servizi igienici, docce, allacciamento con l'energia
elettrica e tutti i servizi necessari. È previsto, poi, uno spazio comune che
potrà essere utilizzato per vari scopi, come le funzioni religiose o momenti di
aggregazione tra i bambini. Infine, vorremmo aggiungere degli orti a corona del
villaggio, in modo che i residenti possano coltivarli". Insomma, un moderno
campo di concentramento, purché i Sinti si tolgano da dove sono ora.
Attualmente, circa 450 zingari Sinti - cittadini pavesi e stanziali da più
generazioni - bivaccano nel lager di via Bramante o più comodamente nel campo di
piazzale Europa, ai margini del centro storico. Ora il sindaco amico degli amici
- amici molto interessati all'area di piazzale Europa, urbanisticamente assai
appetibile - e l'assessore ciellino hanno fretta di arrivare a soluzione: quella
finale.
Come si ricorderà, sul pavese piazzale Europa si era già soffermato il milanese
Dipartimento distrettuale antimafia nel corso dell'inchiesta Infinito, là dove
Carlo Chiriaco - poi condannato in primo grado a 13 anni di reclusione per
concorso esterno in associazione mafiosa - fantasticava una cittadella tra
l'idroscalo e il gasometro, con il conforto di 15-20 milioni in fondi europei
("tu prova a immaginare: il gasometro che diventa, sostanzialmente, un
parcheggio a più piani. Recuperi la piscina per eventi che non sono solo
sportivi ma mondani. [...] La spesa prevista sono 12-15 milioni di euro, che non
cacceresti tu come Comune; li caccia la Comunità europea". Intercettato,
Chiriaco racconta anche di "provvigioni" del 20 per cento da destinare
all'assessore comunale al Commercio Pietro Trivi (Pdl) e al presidente della
Commissione comunale Territorio, il calabrese Dante Labate (ex An) eletto,
scrivono gli investigatori, "anche grazie ai voti portati da Pino Neri" (Neri è
considerato il "reggente" della ‘Ndrangheta in Lombardia: una condanna a 9 anni
per narcotraffico, nuovamente condannato in primo grado il 6 dicembre 2012 a 18
anni di carcere per associazione mafiosa). Nel 2003 Labate è stato socio
dell'Immobiliare Vittoria, condivisa con Antonio Dieni (braccio "politico" di
Neri) e Teresa e Graziella Aloi, rispettivamente cognata e moglie di Pino Neri.
E allora si deportino i Sinti oltre la tangenziale. Sempre meglio, ironizzano a
destra, della soluzione avanzata il 28 agosto 2009 sulla "Provincia Pavese" dal
cattolicissimo ex consigliere comunale di centrosinistra Enrico Beltramelli: un
grande campo sotto le carceri di San Gallo, così le guardie potranno tenerli
d'occhio, in quella zona "sufficientemente distante da agglomerati abitati da
cittadini" (cittadini? I Sinti pavesi cosa sono se non cittadini pavesi?)
Insomma, un capiente campo di concentramento in grado di ospitare "gruppi di
etnie diverse in zone separate con ingressi separati che limitino i contatti tra
chi a contatto non vuole stare". Manca solo la scritta all'ingresso: la scelta
potrebbe cadere su "Arbeit macht frei".
Dunque, non aspettiamoci le barricate in Consiglio comunale da parte del Partito
democratico (al governo cittadino per 14 anni senza mai sfiorare la questione,
scarsamente "popolare"), poiché a Pavia il razzismo "di sinistra" è un po' come
la mafia: non esiste.
E si capisce. A Pavia nel 2007 (e non a Berlino nel 1934) un sindaco donna e di
sinistra (e non della Lega nord), di professione dirigente scolastico e futuro
membro della Commissione etica del Partito democratico (e non del Ku Klux Klan)
ha impedito l'accesso alla scuola a decine di bambini rumeni di etnia Rom
precariamente dimorati all'ex Snia poiché sarebbe stato "un incentivo per le
famiglie a radicarsi sul territorio",(da una Relazione del Comitato Fuoriluogo,
28 febbraio 2007) disdegnando così la Costituzione, i diritti universali dei
minori e il buon senso. E ancora, parlando di sé in terza persona: "Fosse per il
sindaco di Pavia, i Rom li avrebbe messi sopra un treno e mandati via". Anche
per questo sindaco un popolo di troppo si stava aggirando per l'Europa. Anche a
sinistra c'è stato chi sconsideratamente ha alluso a "deportazioni" finali per
gli "scarti umani", radicando in questi immigrati la convinzione che la crescita
sociale da noi si ottiene solamente con la pratica dell'arbitrio e della
violenza.
Il sindaco Capitelli di centrosinistra era sostenuto politicamente da buona
parte della sua stessa maggioranza: dal vicesindaco Ettore Filippi ("I Rom non
esistono") all'assessore ai Servizi sociali Francesco Brendolise ("l'esperienza
dimostra che prima delle ruspe spariscono tutti"). Proseguendo nel sommario
elenco di sinistre citazioni: 29 novembre 2006. Lettera del dirigente del
settore socio assistenziale Carla Galessi a Marisa Camola (Ufficio integrazione
sociale): …"In relazione alla situazione delle famiglie rumene situate presso
l'Area ex Snia si comunica che a far tempo dalla data odierna la S.V. Non è
autorizzata ad avere contatti diretti con le famiglie presenti presso tale
struttura"
Dal verbale della Commissione consiliare Servizi sociali, 28 febbraio 2007: "…La
dott.ssa Galessi dichiara di aver disposto nell'autunno 2006 agli assistenti
sociali e al personale dell'assessorato di non recarsi più alla Snia".
Da una informativa dei volontari di "Fuoriluogo" alla Commissione consiliare
Servizi sociali (28 febbraio 2007): "Riteniamo che sarebbe sufficiente,
nell'immediato, ritirare l'improvvido e sbagliatissimo provvedimento di divieto
alle assistenti sociali di occuparsi del problema Snia nella speranza di
ritornare, a breve, ad una situazione in cui un livello minimo di decenza e
legalità erano garantiti […] a proposito di collaborazione ci permettiamo anche
di mettervi a conoscenza del fatto che anche di recente il personale dei Servizi
sociali, che doveva convocare una ragazza, madre di due bambini, per discutere
di un suo eventuale inserimento in comunità protetta, si è visto costretto a
chiedere a noi di contattarla stante il divieto assoluto per loro di recarsi
alla Snia (luogo dove è tornata ad abitare con i due figli piccoli dopo essere
stata allontanata da Fossarmato) […] Dalla stessa istituzione, seppur da persone
diverse, ci viene prima l'invito a non recarsi più alla Snia, poi ad andarci per
contattare una persona che altimenti il comune non saprebbe come individuare…".
Ancora dall'informativa dei volontari di "Fuoriluogo" alla Commissione
consiliare Servizi sociali (28 febbraio 2007): "… Il sindaco ha detto che
nessuno di questi bambini verrà prossimamente inserito nelle scuole per il
timore che questo costituisca "un incentivo per le famiglie a radicarsi sul
territorio".
Ancora dal Verbale della Commissione consiliare Servizi sociali: "La dott.ssa
Galessi informa che se l'amministrazione interviene sui bambini ci saranno nuovi
arrivi".
Di nuovo dal verbale della Commissione consiliare Servizi sociali: secondo
l'assessore ai Servizi sociali Francesco Brendolise l'area Snia "presenta
problemi particolari, in quanto circondata da criminalità, con smercio di droga"
e "persone che lavorano in nero, Rom già pregiudicati per reati vari, anche
verso minori, è inoltre visibile il fenomeno della prostituzione".
Secondo la
Questura, solo 8 di loro hanno precedenti penali per reati contro il patrimonio,
il 7 per cento del totale. In Comune 2 assessori dell'epoca su 11 sono stati
ospiti delle patrie galere: il 18 per cento.
Tra i pretoriani del sindaco Capitelli riscontriamo il consigliere Fabio
Castagna. Diventato capogruppo, il 31 gennaio scorso, sei anni dopo (e non sei
giorni dopo), tornando sull'emergenza all'ex Snia il consigliere del Partito
democratico così scrive in "Politica a Pavia": "lo rifarei", e prosegue: "faccio
presente che nel quartiere di Pavia Est ci siamo dovuti pure sorbire una
manifestazione di Forza Nuova che stava facendo proseliti tra cittadini". Per
contrastare il presunto espansionismo di Forza Nuova nel quartiere hanno così
pensato di emularli, rivendicando - e sdoganando - "da sinistra" il razzismo e
la xenofobia. Come era prevedibile, quelli di Forza Nuova hanno inoltrato le
loro congratulazioni, poiché i Democratici di sinistra "finalmente hanno preso
le nostre posizioni" (agosto 2007).
Per derubricare l'altro a nemico servono uno sguardo deumanizzante (così da
negare i tratti costitutivi dell'umano, direbbe Chiara Volpato) e la creazione
del "falso conflitto": noi-loro (o noi o loro), ovvero la menzogna della
conflittualità che vede l'altro relegato a non-umano alieno e inanimato, tanto
da legittimare il peggiore arbitrio: ieri con zingari, omosessuali e soprattutto
ebrei. Oggi con ebrei, omosessuali e soprattutto zingari.
Tornando all'ex Snia, abbiamo visto che gli stessi pubblici amministratori - o
criminalizzatori - "di sinistra" intenti a invocare l'ordine e la sicurezza in
realtà volevano coprire i privatissimi interessi di un immobiliarista d'area.
Uno scopo odioso, così come la strumentalizzazione della paura del diverso,
fiancheggiata da mesi di irresponsabile tambureggiamento mediatico: un'emergenza
umanitaria spacciata per un problema di ordine pubblico (secondo il sindaco di
centrosinistra, "nell'area non esiste un'emergenza igienico-sanitaria, ma solo
un problema di sicurezza"), la via intrapresa per far digerire all'opinione
pubblica l'illecita distruzione di una fabbrica monumentale.
Dopo il cambio di latitudine politica, a Pavia la musica non è cambiata: nel
settembre 2009 il nuovo sindaco di centrodestra - da poco eletto con il
contributo di Pino Neri, il capo della'Ndrangheta lombarda - sgombera "al buio"
17 Rom rumeni dall'area Necchi. "Al buio", cioè senza prevedere alcuna
successiva sistemazione d'emergenza: undici adulti e sei bambini hanno così
dovuto bivaccare sotto un ponte. Motivo: "S'impone il ripristino della
legalità". I minori fino al giorno prima ogni mattina andavano a scuola. Il
padre poteva esibire un regolare contratto di lavoro, al quale ha dovuto
rinunciare per stare vicino alla sua famiglia in mezzo a una strada. Lui - che
pure sarebbe stato in grado di pagare un affitto - dai locatori pavesi si era
sentito rispondere: "Albanesi e marocchini sì, rumeni no"; e somiglia tanto a
quel sinistro "vietato l'ingresso ai cani e agli italiani" o all'analogo "non si
affitta ai meridionali" di cui si parla nei libri di storia, quando i rumeni
eravamo noi.
Sempre in tema di "regole" e di "legalità", l'11 maggio 2010 il Tribunale di
Pavia ha accolto il ricorso di Radu Romeo, cittadino rumeno accusato dal sindaco
di non essere "immune da precedenti penali e di polizia", di condurre "un tenore
di vita non idoneo alla sua situazione" e di non essere "integrato nella società
italiana"; dunque, recita un'informativa comunale, "si sospetta che il suddetto
possa trarre il proprio sostentamento da attività illecite". Nelle motivazioni
del Giudice di pace si legge l'esatto contrario: che Romeo è un "lavoratore
autonomo integrato nel tessuto socio economico del Paese, dispone per se stesso
e per i propri famigliari di risorse economiche sufficienti per la conduzione di
un'esistenza dignitosa, non è un onere a carico dell'assistenza sociale [...] e
non rappresenta un pericolo per la società". Sono motivi sufficienti per
annullare il provvedimento prefettizio, emesso il 12 novembre 2009, dodici
giorni prima che Radu - in forza di quella cartastraccia - venisse cacciato per
ordine comunale da un centro di accoglienza insieme a moglie e figli.
Non era la prima volta. Il quotidiano "La Provincia Pavese" di venerdì 11
settembre 2009, in prima pagina aveva dato risalto alla notizia di casi di
pedofilia tra i minori di etnia Rom ospiti della struttura comunale di via San
Carlo. Testualmente, il sindaco ha riferito di "informative dalle quali
risultano casi di prostituzione minorile e altri episodi illeciti" esercitati
all'interno della struttura comunale.
Si riveleranno tutte bugie, costruite ad arte dal sindaco menzognero per
legittimare lo sgombero, il 24 novembre 2009, di otto famiglie, di nuovo "al
buio": uomini donne e undici bambini (c'erano anziani, una donna al sesto mese
di gravidanza, un neonato; c'era anche la famiglia di Radu Romeo) cacciati dai
centri comunali di San Carlo e Fossarmato; e tra loro anche persone mai
raggiunte dall'ordinanza prefettizia, eppure allontanate: "Motivi di ordine
pubblico" (ordine mai formalizzato dal sindaco) e in "accordo con la prefettura"
(falso: il numero delle famiglie sgomberate fu circa il doppio di quello dei
decreti di allontanamento prefettizi).
Buttati in mezzo a una strada nel gelido inverno con la conseguente, e se
possibile ancor più terribile, interruzione del percorso scolastico dei figli
minori. Poveri da nascondere, spazzatura da spostare sotto qualche altro
tappeto, specie quando si tratta di stranieri, quelli ancora più miserabili e
digiuni dei diritti come, per l'appunto i Rom rumeni.
Quanto agli zingari Sinti pavesi - agli zingari in generale - permangono
marginalizzati nel segno di politiche demagogiche e violente, basate sul
paternalismo, sull'assistenzialismo e a volte sulla repressione. Un cane che si
morde la coda: la segregazione e la perdita dell'identità culturale aprono alla
deriva delinquenziale, al giustizialismo, al rifiuto. Un costo sociale ed
economico elevatissimo, ben superiore a quello delle politiche d'inclusione,
scolarizzazione e inserimento lavorativo.
Andrebbe superata la cultura dei campi favorendo il progressivo inserimento di
queste famiglie nel tessuto sociale cittadino, evitando l'acquartieramento su
basi etniche. Invece…
Le istituzioni locali miopi li preferiscono culturalmente portati a vivere in
roulotte o in baracche: non è così. Tra i Sinti c'è la richiesta diffusa di
casette più stabili, di micro-aree in cui costruire piccoli villaggi in cui
sperimentare forme di autogestione responsabile del territorio. Tutto il
contrario della de-responsabilizzazione a cui sono portati dagli interventi
assistenziali, o dai "privilegi", come il mancato pagamento delle utenze
pubbliche.
Provo ad elencare alcune possibili alternative residenziali al modello del
"campo nomadi", da progettare in modo partecipativo - Piccole unità
abitative. Gruppi famigliari allargati acquistano un terreno o ne
ricevono uno dalla pubblica autorità (contratto di enfiteusi) sul quale
costruire una casa - La casa popolare. Può rappresentare una
soluzione quando i legami sono monofamiliari. Ma vivere nei campi comporta
punteggi molto bassi - L'affitto di una casa sul mercato privato
(modello bolognese: in questo modo sono stati chiusi tre campi, con un risparmio
dei 3/4 di quanto il Comune spendeva nella gestione dei "campi nomadi").
All'occorrenza il Comune può affittare gli appartamenti e poi subaffittarli ai
destinatari, garantendo così i proprietari. Sono politiche con un orizzonte di
almeno 8 anni. Le condizioni potranno variare ogni 4 anni - L'acquisto
di una casa (modello torinese): anche in questo caso si rendono
necessari dei garanti per l'accesso al credito. In alternativa, il Comune svolge
la funzione di mediatore con le banche per l'accesso ai mutui. In tutti questi
casi vanno previste forme di accompagnamento, anche da parte di operatori
provenienti dalle comunità Sinte. Non andrebbero dimenticate una o più
micro-aree riservate alla sosta temporanea dei gruppi in transito. Gli zingari
lombardi hanno ormai perso le abitudini itineranti, ma alcuni sono ancora dediti
al piccolo commercio, ad attività artigianali, all'attività di giostrai, ecc. Le
aree di sosta implicano un coordinamento con gli altri siti a disposizione in
altre province. Al riguardo, è ottimo il modello francese.
Di Fabrizio (del 11/02/2013 @ 09:08:13, in Italia, visitato 1343 volte)
08 febbraio 2013 - Presentato il rapporto "In the Sun": sono 800
secondo le cifre ufficiali, ma secondo lo studio sarebbero decine di migliaia.
Il numero degli apolidi in Italia è incerto e sottostimato. Secondo le
statistiche ufficiali sarebbero appena 800, ma potrebbero essere in realtà
decine di migliaia. E' quanto emerso in occasione della presentazione del
rapporto finale del progetto In the Sun (Alla luce del sole), realizzato dal
Consiglio italiano per i rifugiati (Cir) con la collaborazione di Opera Nomadi e
Federazione Rom e Sinti insieme e con il supporto di Open Society Foundations.
La ricerca è stata condotta su tre città campione: Roma, Napoli e Milano,
attraverso un questionario somministrato in alcune comunità Rom. Su 239
intervistati, ben 139 sono risultati senza alcuna cittadinanza. Tra questi
ultimi, 105 hanno intenzione di chiedere la cittadinanza, mentre solo 23 hanno
dichiarato di voler intraprendere il procedimento per il riconoscimento dello
status di apolide e solo 6 lo hanno effettivamente intrapreso.
Il gruppo maggiore di persone apolidi di origine Rom in Italia sembra essere
costituito dalle comunità giunte negli anni Novanta a causa della guerra e della
dissoluzione della ex Jugoslavia. Questi apolidi "di fatto", anche quando
chiedono di ottenere la certificazione ufficiale dello status di apolidi, si
trovano in una situazione paradossale. La via amministrativa, attraverso il
Ministero dell'interno, è troppo "esigente", perché si chiedono documenti come
la residenza che queste persone non possono avere, anche se vivono da
generazioni in Italia. L'altra via è quella di ricorrere al giudice, ma in
questo caso la normativa e i procedimenti sono incerti e quindi passano tanti
anni prima di vedersi riconosciuto lo status di apolide.
(Red.)
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