Richiediamo chiarezza. Di Rom si parla poco e male, anche quando il tema delle notizie non è "apertamente" razzista o pietista, le notizie sono piene di errori sui nomi e sulle località
Neanche a farlo apposta, seguendo distrattamente le cronache degli Europei di
calcio, ripensavo a quando ero bambino io, e a Milano di questa stagione per noi
c'erano solo interminabili partite a pallone e... gli oratori.
Poi, per una vita ho tentato di allontanarmene, ma certe cose rimangono
dentro, sottopelle. Così, uno dei miei primi pensieri è stato un "Sia
invece il vostro parlare sì, sì; no, no..." (Matteo 5,33-34.37)
riemerso da qualche anfratto della memoria. Probabilmente avevano ragione i
pretozzi che me l'hanno inculcato allora, non perché io sia ancora cristiano, ma
perché si suppone cristiano chi ha scritto quel cartello.
Ho scoperto che tutto
il discorso della Montagna, da cui proviene la frase, andrebbe riletto con
attenzione (sì, anche dagli atei). Ma, da quel peccatore e vizioso che sono, non
mi sogno nemmeno di insegnare ad altri il mestiere, a meno che non mi paghino
due o tre birre. Però, vorrei fare un ragionamento, se quella frase significa,
nell'interpretazione volgare che ne è seguita: "PARLA CHIARO, PARLA COME MANGI",
chi è che compie i furti e devo allontanare dalla casa di dio (e anche su questo
ci sarebbe da discutere)? Lo zingaro o il ladro?
Ecco, io avrei scritto, ma è un'opinione personale - non prendetevela, "A
CAUSA DI RIPETUTI FURTI I LADRI NON POSSONO ENTRARE".
Che poi ripeto, anche su questo se ne può parlare, ma in fondo i preti sono
uomini come tutti, non pretendo di parlare con dei filosofi o dei teologi.
E poi, dal punto di vista pratico, devo ancora conoscere un ladro che non
entra a rubare perché glielo vieta un cartello (o un comandamento, o una legge,
ma qua si parlerebbe di ladri più grossi, che possono entrare negli oratori).
Rimane un ultimo particolare: l'eterna discussione se GLI ZINGARI esistano o
no, visto che in Italia so che sono presenti Rom, Sinti, oltre ad uno sparuto
numero di Gitani e Caminanti. Se qualche famigliola rom o sinta, volesse fare un
giro a
Milano, proprio all'oratorio di san Silvestro: fatevi il giretto...
lasciate tutto come trovate! e
fotografate questa piccola gita.
Domenica scorsa, ero a spasso senza molta voglia di tornare in quella fornace
che è casa mia, a sentire urlare i vicini mentre seguivano la finale degli
Europei di calcio. Telefono agli amici in via Idro: anche se il calcio non
mi interessa, una cosa è passare la serata in una casa di ringhiera, senza
televisore e facendo altro, con il disturbo del tifo dei vicini. Altra far finta
di guardare la partita, ma godendosi
la buona
compagnia.
Così chiamo per accordarmi su quante birre - patatine - sigarette
devo portare per contribuire alla serata. Niente, mi rispondono, il
televisore non c'è più, ma tu passa lo stesso. Ripensandoci, c'è stato un
lutto il mese scorso, probabilmente è per questo che non guardano la
televisione.
Arrivo, ed invece tutte le famiglie si sono organizzate, con tavolate
all'aperto e un televisore in bella vista. Qualcuno sembra persino funzionare.
Del lutto non ne parla più nessuno e prima che inizi la partita, ci sono le
solite discussioni che mi ricordano dove sono: qualcuno ha paura di essere
sgomberato, qualcuno mi chiede cosa vuol fare il comune, ecc. Al solito, e li
rimprovero, nessuno si pone il problema di cosa vuol fare lui.
Finisco in una piazzola. In attesa della partita i bambini guardano i cartoni
animati, la madre cucina per tutti un piatto freddo e il padre innaffia prato e
cemento.
Parentesi: una vita fa, ci si allenava insieme quando dentro il campo s'era
formata una squadra di pallone. Lui attaccante e io difensore, puntualmente mi
stordiva con i suoi dribbling. Non riuscendo a fermarlo con le buone, spesso ci
provavo con qualche tackle assassino, ricevendo in cambio sonori calcioni,
perché lui non era la persona più indicata da trattare a scarpate.
Ora che tutti e due abbiamo 20 anni e parecchi dolori di più, guardare
assieme la partita è una scusa per scherzare su cosa è successo in tutto questo
tempo.
Fatalisti come sempre, già dal primo minuto di gioco i Rom dicono che gli
avversari son troppo forti, e che la partita è destinata a finir male. Da parte
mia, per rincarare la dose, tifo Spagna, più che altro perché Del Bosque visto
in TV sembra il mio ritratto sputato, anche se lui ha la cravatta.
Parentesi: una ragazza torna al campo dopo essere stata via un paio
di giorni. Sua sorellina (8 anni, una bambina allegra e solare come poche) scoppia
in lacrime dalla commozione, la abbraccia e non mollerà la presa per tutta la
partita. Persino suo padre, attaccato allo schermo e con nessuna voglia di
essere disturbato, si alza per provare a consolarla.
La partita sembra andare avanti a senso unico. Dall'altra parte del campo
arrivano in continuazione urla di gioia e suoni di trombette. Birra... liquida
la cosa il mio amico. Però mi ricordo che qualcuno di quel settore mi raccontava
con nostalgia di essere stato in Spagna, e di essersi trovato bene. Forse è per
quello.
Tutto finisce come sapete. Inaspettatamente, qualche macchina parte
verso la città, con i clacson e le bandierone italiane spiegate. Visto il
risultato, la scena è abbastanza surreale. Ci penso un po': probabilmente anche
a loro della partita non interessava niente, quello che non han mandato giù è che
non si potesse far festa come da tradizione (di via Idro).
Parentesi: mi racconta un'amica un episodio di tanti anni fa, quando
lì c'erano soltanto prati e roulotte. Alcuni di loro si erano procurati un
televisore per vedere una partita, come domenica scorsa. Ad un certo punto
il tifo aveva cominciato a crescere, al punto tale che gli altri, quelli che
erano già andati a dormire, erano scappati dalle loro roulotte a piedi nudi ed in mutande,
perché svegliati dal casino avevano pensato che nel campo fosse arrivata la
polizia.
Ormai sul tardi sono tornato su via Padova. Davanti ad un tabaccaio cinese
ancora aperto, alcuni sudamericani festeggiano la vittoria della Spagna. Credo
sarebbe inutile dire loro cosa hanno fatto gli spagnoli dalle loro parti...
probabilmente è solo un modo per rimarcare la loro identità. Mi immagino la
possibile rissa che potrebbe nascere, se incrociassero le macchine con la
bandiera italiana partite da via Idro. E mi immagino come potrebbero commentare
radiocronisti ed ascoltatori di RADIO PADANIA, che tutta sera hanno fatto un
tifo sfegatato per la Spagna.
Con questi pensieri, a mezzanotte mi concedo l'ultima granita (via Padova è
anche questo) e torno a casa.
Di Fabrizio (del 04/07/2012 @ 09:24:11, in conflitti, visitato 1704 volte)
Roma buzz monitorBomba al quartier generale di Euroroma. Ferito
attivista
Lunedì (scorso, ndr.) protesta a Londra.
Un attivista si trova in ospedale gravemente ferito, dopo lo scoppio di una
bomba venerdì (29 giugno) al quartier generale del partito Euroroma, a
Sandanski, l'unica città bulgara ad eleggere un consiglio comunale composto solo
da Rom.
Quando Malin Iliev (59 anni) è andato a rimuovere un pacco sospetto lasciato
davanti al palazzo alle 6 del mattino, l'ordigno è esploso strappandogli il
braccio. Ricoverato nell'ospedale locale, è poi stato trasferito in terapia
intensiva a Sofia.
La maggior parte delle finestre degli uffici di Euroroma, che si trova nei
pressi della piazza del mercato, sono andate distrutte per la violenza
dell'esplosione. Secondo l'agenzia di stampa Novinite anche altri edifici hanno
subito danni.
La polizia sta esaminando i resti per determinare il tipo e la quantità di
esplosivi usati. Al momento di questo articolo non sono stati ancora effettuati
arresti (lunedì 2 luglio, arrestato un ventiduenne,
QUI, in
bulgaro. Aveva preso parte anche agli incidenti di
Katounitsa dell'anno scorso, ndr.).
"Iliev era uno dei nostri candidati alle elezioni locali," dice Toni Angelov,
responsabile della sezione locale di Euroroma. "Riteniamo che si tratti di un
attacco a sfondo politico e razziale."
Ma Tsvetan Tsvetanov, ministro degli interni, sosteneva già dal giorno
dell'esplosione che la politica non c'entrava, parlando di "atto puramente
criminale", sicuro che entro una settimana il commissario di polizia Georgi
Kostov avrebbe catturato i responsabili.
L'ex parlamentare Tsvetelin Kanchev, presidente di Euroroma, rilasciato dalla
prigione per indulto all'inizio dell'anno, critico con l'amministrazione afferma
di temere che la soppressione dell'attività politica romanì continui a tempo
indefinito.
Da Londra, Toma Nikolaev, direttore dell'agenzia Defacto, dice che il
dipartimento di stato USA ritiene la marginalizzazione dei 700.000 Rom bulgari
come la questione dei diritti umani più urgente nel paese. Aggiunge che sono
diffuse la corruzione nel governo e nella magistratura, oltre che ai
maltrattamenti dei carcerati.
"Parlo per esperienza personale," dice Nikolaev. "I miei uffici sono stai
distrutti, sono stato picchiato per strada e una bomba è stata piazzata sul mio
balcone. Ecco perché sono fuggito e ho chiesto asilo."
Nikolaev sta affrontando un procedimento di estradizione da Londra su
richiesta dei procuratori bulgari. Dicono che dovrebbe scontare ulteriori cinque
settimane dell'anno di carcere a cui era stato condannato per piccoli reati di
ordine pubblico. Lunedì 2 luglio l'udienza al
Westminster Magistrates Court.
Si terrà una protesta davanti al tribunale, contro la sua estradizione e
contro l'attentato in Bulgaria.
Nikolaev, presidente di Roma London BG, sta conducendo una campagna contro
quello che definisce il regime del primo ministro
Boykov Borisov. La segregazione scolastica è ancora comune, con molti bambini
che vivono ancora nelle baraccopoli senza aver mai ricevuto nessuna istruzione.
Inoltre, afferma che sotto Tsvetanov la polizia stia conducendo un vero regno
di terrore contro gli attivisti rom. Molti sono in carcere, inclusi i suoi
colleghi di Kupate (Assieme), un gruppo politico di quattro organizzazioni
romanì che ha presentato candidati alle elezioni generali.
Inizialmente, dopo la caduta del comunismo, i Rom vennero spinti a votare per
i partiti tradizionali. Se non si votava come indicato, si potevano perdere il
lavoro, la pensione o l'appartamento, dice Nikolaev. C'era molta compravendita
di voti, cosa che era un handicap per l'attività politica romanì.
Euroroma venne registrata nel 1998 e l'anno seguente i Rom a Silven fondarono
Futuro, guidato da Rusi
Golemanov. Seguirono Bulgaria Libera ed una ventina di altri gruppi, che
portarono ai primi successi nelle elezioni locali.
Bulgaria Libera vinse tre elezioni comunali, ottenendo 60 seggi nei consigli
municipali. Nel 2001, vennero eletti due Rom al Parlamento, ma tramite le liste
dei partiti tradizionali. Tittavie, dopo le elezioni del 2005, un solo
parlamentare rom entrò nel Sobranie. (parola che in molte lingue slave
indica il Parlamento; per kla Bulgaria il termine esatto è Assemblea Nazionale,
ndr.)
Due anni dopo, grazie anche ad una campagna per l'iscrizione nei registri
elettorali condotta da Amalipe e altri, una colaizione tra Euroroma, Drom e PLAM
ottenne un centinaio di seggi.
Molti altri Rom sono stati eletti come candidati dei partiti tradizionali. A
Sandanski, anche se la comunità rom locale è relativamente piccola, Euroroma ha
ottenuto una chiara maggioranza in consiglio comunale, creando un precedente
nella storia politica della Bulgaria.
Ma questo successo, in una città che ha preso il nome dal rivoluzionario
Yane Sandanski - accusato di aver ucciso numerosi avversari, per ora sembra per
ora il segno culminante dei progressi politici romanì. Dozzine di Rom sono stati
uccisi dalla polizia e da teppisti neofascisti, molti feriti durante spedizioni
paramilitari e pogrom. Nell'attuale clima di repressione pochi osano parlare,
mentre la maggioranza è inchiodata al suolo da un tasso di disoccupazione del
70% e dalla spirale di povertà.
(p.f.) Soluzione definitiva,
secondo il vicesindaco Fabio Rolfi. Situazione
temporanea, secondo il segretario della Cgil Damiano Galletti. Fatto sta, che,
comunque, sul campo sinti di via Orzinuovi, a Brescia, è stato raggiunto
l'accordo: sarà chiuso, ma non ci sarà nessuno sgombero coatto.
Lunedì 2 luglio, in Prefettura, è stato infatti firmato l'accordo che prevede
che "tutte le famiglie sinti del campo di via Orzinuovi si impegnano ad
accettare le soluzioni alloggiative alternative che perverranno dal comune, il
quale si riserva di individuare abitazioni, anche sul mercato privato, da
destinare, a seconda della composizione dei nuclei famigliari, a famiglie sinti
o rom".
Un percorso graduale, che prevede che le casette del Centro di Emergenza
Abitativa di via Borgo Satollo saranno man mano liberate e destinate alle
famiglie Sinti. Due nuclei famigliari si trasferiranno già dal 6 luglio. Altri
due, che presentano condizioni di fragilità socio-sanitaria, presenteranno
richiesta all'Aler. Il Comune si impegna inoltre a trovare sul mercato 10
appartamenti da destinare alle famiglie sinti o rom di via Borgosatollo. Il
canone sarà agevolato: 170 euro a carico degli inquilini, il resto lo metterà la
Loggia. In attesa della definizione delle soluzioni alloggiative, le famiglie
Sinti potranno sostare nel campo di via Orzinuovi alle condizioni attuali.
"Finalmente si è arrivati ad una soluzione accettabile", ha commentato Galletti,
"anche grazie al ruolo di garanzia avuto dal prefetto di Brescia. Sono state
evitate soluzioni di forza: questo accordo non dà certezze ma è una risposta di
mediazione a una situazione complicata, che di sicuro le minacce e gli ultimatum
fatti propri da alcuni settori della giunta non hanno aiutato a risolvere". Una
soluzione, appunto, non definitiva. Il regolamento del Campo di via Borgosatollo
prevede che una famiglia ci resti al massimo per due anni. E se, come è
prevedibile, nei 10 appartamenti a canone agevolato ci andranno i rom, lasciando
le casette di via Borgosatollo ai sinti, cosa succederà fra due anni? Se lo
chiedono le famiglie, che ammettono di aver firmato l'accordo per paura.
"Avevamo paura dello sgombero forzato", ha ammesso Gordon Quirini, uno dei
portavoce, "abbiamo pensato soprattutto a tutelare i nostri figli". Dei 76
residenti di via Orzinuovi, 35 sono minori, quasi tutti in età scolastica. Per
loro a settembre si presenta l'incognita della scuola. Qualche famiglia ha già
iscritto i bambini negli istituti di Chiesanuova o Primo Maggio, altri aspettano
di vedere dove andranno. "Ma poi ci sarà il problema del trasporto", ha aggiunto
Galletti, "da gennaio è stato tagliato il bus che portava i bambini dal campo a
scuola".
"Finché stiamo tutti insieme, ci aiutiamo", ha spiegato una delle mamme, Ambra,
"ma quando saremo separati, dispersi chissà dove, non potremo più sostenerci.
Questo ci dispiace molto, non fa parte della nostra cultura. Abbiamo dovuto
firmare, per paura, ma contro la nostra volontà". Il sogno, ammettono al campo,
sarebbe stato di alloggiare nel villaggio prefabbricato, alle spalle delle
roulotte, fatto costruire dalla precedente amministrazione tramite fondi
regionali (un milione 270mila euro). Delle 15 casette, solo 6 sono occupate.
"Avremmo voluto andare lì", ha concluso Gordon, "quella sarebbe stata la
soluzione migliore".
Bsnews.it -
Intesa sui sinti di via Orzinuovi, la soddisfazione della Cgil: "Grazie ...
L'intesa (in allegato il testo integrale) prevede che «tutte le famiglie Sinti
del Campo di via Orzinuovi si impegnano ad accettare le soluzioni alloggiative
alternative che perverranno dal Comune, il quale si riserva di individuare
abitazioni, anche...
Qui Brescia -
Via Orzinuovi, accordo Sinti-comune
Il comune di Brescia inoltre troverà altre 10 unità abitative sul mercato
privato a canone sociale, che verranno assegnate a rom o sinti a seconda della
composizione del nucleo famigliare. I sinti potranno dunque sostare nel campo di
via Orzinuovi...
BresciaToday -
Campo nomadi di via Orzinuovi: siglato l'accordo per lo sgombero
Ieri mattina i capifamiglia dei nuclei sinti presenti nel campo nomadi di via
Orzinuovi hanno firmato l'accordo proposto da Comune e Prefettura per lo
sgombero del campo stesso. Tutte le famiglie si sono dunque impegnate ad
accettare le soluzioni...
Di Fabrizio (del 05/07/2012 @ 16:38:24, in Kumpanija, visitato 4319 volte)
Salve a tutti, signore, signori ed infanti.
Volevamo dirvi che anche quest'anno non andremo in ferie, perché alle Maldive
è tutto esaurito, e dopo il freddo patito quest'inverno la montagna non ci
ispira.
Siamo ancora qua, aspettando che il comune mantenga le promesse, per non
annoiarvi elenchiamo
solo quelle dell'anno scorso:
ripristino di un servizio elettrico a norma;
incontro con la cooperativa LACI BUTI sulle opportunità
lavorative;
incontro con i singoli nuclei famigliari per definire la
situazione alloggiativa.
Nel frattempo, quelli di noi che sopravvivono con la raccolta del metallo,
tornano la sera a casa con un guadagno netto di 10 euro (se va bene). Così le
giornate passano pensando a cosa si può fare, a quale futuro saremo mai
destinati.
MA NON VOGLIAMO DEPRIMERVI, ANZI ABBIAMO UNA PROPOSTA TUTTA PER VOI, SPERANDO
CHE VI PIACCIA.
Come avrete capito, qui non c'è molto da fare, ma da noi il clima è fresco, ci
sono alberi, gazebo, sedie, tavoli e panchine, UN AMBIENTE PULITO E DIGNITOSO e persino
bambini e brava gente. Qui da noi è ancora campagna. Vi pensiamo nelle vostre
case, a combattere la torrida estate milanese, con una programmazione televisiva
uguale ogni luglio e agosto.
VI INVITIAMO AD UN POMERIGGIO (O UNA SERA) IN CAMPAGNA, ASSIEME AD UN BUON
FILM, UN LIBRO, QUALCHE MOMENTO CONVIVIALE.
Al momento la programmazione non è ancora definita, ma a breve prevediamo:
la proiezione del film GATTO NERO, GATTO BIANCO di
EMIR
KUSTURICA;
la proiezione (in quasi anteprima) del film LA CANZONE DI
REBECCA, con la presenza del regista e della protagonista;
la presentazione del libro NIENTE E' PIU' INTATTO DI UN
CUORE SPEZZATO, con la presenza dell'autrice;
la presentazione del libro MILANO, FIN QUI TUTTO
BENE, con la presenza dell'autrice.
ed altro ancora, in via di definizione. Tutti gli avvenimenti, salvo
diversa indicazioni sono GRATUITI ed avvengono all'aperto, in
caso di maltempo è disponibile una sala coperta ed accogliente.
Inoltre, sarà possibile incontrare noi rom, gli autori, i registi e i
protagonisti, sedendosi al "Marina Social Rom" (Eccolo)
Dai! Cosa aspettate? Potrete dire che in Camargue non ci siete stati... avete
scoperto di averla sotto casa!
Comunità Rom Harvati via Idro 62, MILANO
Marina Social Rom
A due passi dalla città, un ambiente campestre e genuino lungo la Martesana,
dove nel 1800 i nostri antenati andavano a cercare la frescura e la sana cucina
di una volta.
Locale ancora in fase di avviamento, che promette bene. Cucina casalinga, anche
per vegetariani. Servizio familiare ma buona compagnia. Servizio baby sitter.
Ampio giardino. Parcheggio sorvegliato.
PROGRAMMAZIONE ESTIVA CON FILM, PRESENTAZIONE LIBRI, ATTIVITA' PER
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ph. (39) 347-717.96.02
SICUREZZA. SMANTELLATO CAMPO ABUSIVO DI VIA
GATTO/CAVRIANA: 4 FAMIGLIE SISTEMATE IN VIA BARZAGHI E SEGUITE DA SERVIZI
SOCIALI da
Partecipami.it Granelli: "Abbiamo già chiesto all'Autorità giudiziaria di destinare l'area
a cantiere o parcheggio"
Milano, 5 luglio 2012 - Come annunciato pochi giorni fa dall'assessore alla
Sicurezza e Coesione sociale, Polizia locale, Volontariato e Protezione civile
Marco Granelli, si è svolto questa mattina lo smantellamento
dell'insediamento abusivo di via Gatto/Cavriana, in zona Forlanini, e di altri 3
micro-insediamenti presenti in un'area privata attigua, per un totale di circa
200 rom di nazionalità romena.
L'intervento, concordato con la Questura, è stato realizzato dalla Polizia
locale insieme alla Polizia di Stato e ai Carabinieri. Sul posto anche la
Protezione civile, i Servizi sociali del Comune di Milano e il Nucleo di
Intervento rapido che si sta occupando dell'abbattimento delle baracche.
Il campo di via Gatto, occupato da circa 150 persone di cui la maggior parte
provenienti da via Sacile dopo l'incendio del 15 aprile scorso, insisteva su
un'area demaniale soggetta a sequestro da parte della Magistratura per reati
ambientali: ragione per cui gli occupanti abusivi erano già stati denunciati
all'autorità giudiziaria.
Com'era stato fatto per gli occupanti di via Sacile, a tutte le famiglie
presenti in via Gatto è stata proposta una sistemazione alternativa presso le
strutture della Protezione civile e l'avvio immediato di un percorso di
integrazione seguito dai Servizi sociali. Soluzione accettata da 4 nuclei
familiari, per un totale di 20 persone, subito trasferite in via Barzaghi.
"Per sottrarre quest'area al degrado - afferma l'assessore Granelli - abbiamo
già chiesto all'Autorità giudiziaria di destinarla a nuovo uso come area di
cantiere o parcheggio e stiamo effettuando gli opportuni sopralluoghi tecnici.
Impensabile, infatti, recintare uno spazio così vasto. In attesa della soluzione
definitiva, sorveglieremo 24 ore su 24 per evitare nuove intrusioni".
"Questo allontanamento - aggiungono gli assessori Marco Granelli e
Pierfrancesco Majorino (Politiche sociali) - è stato svolto con
professionalità dagli operatori della Polizia locale e dei Servizi sociali e
dimostra che è possibile contrastare il degrado offrendo alle persone soluzioni
dignitose, senza dividere le famiglie, e avviando percorsi di integrazione.
Importante anche il confronto con alcune associazioni del terzo settore e della
consulta. Collaborazione che intendiamo rafforzare, anche con le rappresentanze
delle famiglie rom, nell'ottica di quanto indicato dalla strategia nazionale del
ministro Riccardi per rom, sinti e caminanti".
Sgomberi di Bacula e via Gatto: il preludio del piano comunale per i rom?
Domani il Comune di Milano presenterà il piano per Rom Sinti e Camminanti per il
prossimo triennio e il relativo percorso di consultazione e partecipazione, per
la prima volta aperto agli interessati e agli enti e associazioni che li
rappresentano e tutelano.
Eppure ieri la polizia locale ha sgomberato per l'ennesima volta l'area del
cavalcavia Bacula e di Via Colico, che esiste di fatto dal 2005, e stamattina
circa 200 persone sono state allontanate dal campo sorto in via Gatto/Cavriana a
seguito dei due incendi che nel mese di aprile hanno distrutto l'insediamento di
Via Sacile.
"Non capiamo il motivo di uno sgombero, a maggior ragione in una situazione
tanto delicata quale quella di queste famiglie, che hanno già subito due volte
la distruzione delle loro abitazioni - commentano i volontari di Medicina di
Strada del Naga - per di più a un giorno dalla presentazione di un piano che
promette l'avvio di un percorso partecipato per individuare alternative e
soluzioni percorribili con il coinvolgimento dei diretti interessati".
"Un piano per Rom, Sinti e Camminanti non può partire dagli sgomberi. Negli
scorsi mesi era iniziato un percorso di confronto fra i rappresentanti delle
famiglie della comunità sgomberata stamattina, il Naga, la Consulta Rom e Sinti
di Milano e il Gruppo Forlanini e l'Amministrazione, bruscamente interrotto
all'inizio di maggio dal Comune stesso, che ha ripreso il dialogo solo ora a
suon di ruspe" concludono i volontari del Naga.
L'interruzione del percorso ha sfiduciato le famiglie del campo, che in larga
parte hanno deciso di allontanarsi dall'area non vedendo accolta la richiesta di
essere posti sotto la tutela diretta del Comune e non di enti terzi.
Il Naga ritiene che l'avvio di un percorso che sia davvero condiviso debba
necessariamente passare dalla fine degli sgomberi e dall'ascolto delle proposte
dalla comunità.
Il Naga continuerà a portare assistenza nelle aree dismesse della città, nei
campi rom e ovunque ce ne sia bisogno, continuando a denunciare la violazione di
ogni diritto.
Stamattina, a partire dalle 8 e fino alle 12,30, con un notevole
dispiegamento di polizia locale (incluse squadrette piuttosto decise, all'opera soprattutto negli insediamenti più piccoli e con modi molto bruschi e offensivi), polizia di stato e carabinieri (restati invece ai margini), sono stati distrutti gli insediamenti informali di via Gatto - Cavriana, Forlanini - caserma e Forlanini - casette.
Contestualmente all'esecuzione dello sgombero, in particolare nel campo di Gatto
- Cavriana, è stata proposta agli abitanti, dall'ass. Granelli (alla presenza dei
drr Minoia e Palazzo), la sistemazione alla Protezione civile con l'avvio di procedure di rilevazione socio-anagrafica, avviamento al lavoro e a soluzione abitativa, iscrizione a scuola per i minori, su tempi medio - lunghi, a seconda delle
singole situazioni familiari, comunque rispettate nella loro integralità.
Questa proposta è stata accettata, su un complesso di circa 200 abitanti tra i tre insediamenti, solo da 22 persone (in diversi casi con minori), che sono state
avviate in via Barzaghi; l'adesione francamente modesta va attribuita alle modalità sbrigative con cui è stata proposta questa soluzione, troppo compressa rispetto alla procedura d'imperio e a tappe forzate dello sgombero incombente; lo stesso esito deludente dell'ospitalità dei primi 43 soggetti in via Barzaghi, dopo
il rogo definitivo di via Sacile, avrebbe dovuto consigliare, come era già stato
anticipato alle autorità, un approccio meno condizionato dall'urgenza e più preoccupato del messaggio di inclusione che esso voleva significare, da modularsi e
prepararsi con maggior anticipo.
Risulta incomprensibile la fretta con cui si è voluto procedere allo sgombero, pur da tempo preannunciato tra luglio e agosto, ma senza che requisiti ulteriori
di urgenza pregiudicassero o aggravassero il carattere abusivo dell'insediamento; oltretutto, il sopralluogo della Commissione sicurezza sociale del Comune, lunedì 2, aveva evidenziato alcune richieste di dotazione basilari (acqua, servizi
igienici, ritiro immondizia) che sembravano preludere a un approccio meno emergenziale, pur senza rinunciare all'orizzonte dello svuotamento dell'area.
I 22 soggetti ora ospitati in Barzaghi saranno una cartina di tornasole importante, su cui tutti dovremo investire. Ma non ci possiamo nascondere che gli eventi
di stamane - che potevano rivestire il carattere di una prova importante del comportamento del Comune, che verrà sancito domani con la presentazione delle linee generali della politica nei confronti di rom e sinti a Milano - hanno evidenziato gravi errori procedurali, già segnalati dallo sgombero di Bacula ieri.
Gruppo sostegno Forlanini - Milano, 5.7.2012
Soffia di nuovo il vento degli sgomberi a Milano
- di
Karma Mara
Oggi si è rialzato prepotente il vento degli sgomberi sui campi rom non
autorizzati a Milano.
Questa mattina verso le sette sono arrivate in via Cavriana le ruspe del comune
seguite da protezione civile, polizia municipale, servizi sociali, l' assessore
Granelli, Mastrangelo e Minnoia (responsabile degli adulti in difficoltà).
Presenti nel campo al loro arrivo più di 150 persone, di cui 40 minori, molti
appena nati, e le associazioni della zona, gruppo sostegno Forlanini e Consulta
rom.
L'amministrazione ha proposto agli occupanti un censimento, 70 posti presso la
protezione civile per un paio di mesi, l' iscrizione dei minori in strutture
scolastiche, percorsi da avviare per ottenere la residenza e un inserimento
lavorativo per gli adulti, il tutto sostenuto dal terzo settore (caritas). Solo
22 persone hanno accettato le soluzioni proposte dall'amministrazione, le altre
sono attualmente sparse in gruppetti per la città.
Ma come mai quasi nessuno degli occupanti si è sentito di accettare le soluzioni
prospettate? Facciamo un passo indietro. Gli abitanti del campo di via Cavriana
arrivano tutti dall'ex insediamento di via Sacile che per due volte questo
inverno è andato a fuoco. I pochi nuclei familiari che avevano accettato l'aiuto
della caritas, dopo i ripetuti incendi, nel tempo hanno fatto rientro nel nuovo
campo di via Cavriana scottati dall' aver trovato solo ospitalità senza alcun
progetto concreto.
Il nuovo insediamento è stato sostenuto nel tempo dalle associazioni della zona,
tra cui anche il Naga, associazioni che per affrontare l ‘emergenza, ma non
solo, avevano iniziato ad incontrare regolarmente gli assessori Granelli e
Maiorino avendo come obiettivo comune l'uscita dall'illegalità e l'integrazione.
Gli incontri tra associazioni e amministrazione hanno subito una brusca
interruzione per uno stop arrivato dalla stessa amministrazione, stop durato
fino a ieri sera quando le associazioni sono state convocate alle 20 per un
incontro d'urgenza alle 21.00 presso palazzo Marino. Presenti all'incontro
Consulta Rom, gruppo sostegno Forlanini, un paio di abitanti del campo di via
Cavriana e gli assessori.
Cliccare sulle immagini per vederle in
dimensioni reali
Durante l'incontro non è stato chiarito se lo sgombero di oggi sarebbe stato
certo, l'unica cosa certa è che se si voleva arrivare ad una soluzione politica
della questione, sono mancati, come denunciano le associazioni, tutta una seria
di passaggi reali nel tempo, passaggi che avrebbero potuto in sostanza fare la
differenza e produrre con lo sgombero di oggi una soluzione dignitosa per i
nuclei familiari coinvolti. Quello che le associazioni sottolineano è che
l'azione dell'amministrazione di questa mattina fosse soltanto un tentativo “non
reale” di dare una soluzione e che nonostante le aperture e le novità portate da
questa amministrazione, le modalità di intervento ricalcano purtroppo quelle
usate dalle amministrazioni precedenti. Questo tipo di modalità, sostengono le
associazioni, non fa altro che rinforzare la sfiducia da parte della popolazione
rom e produce il risultato di oggi: più di 120 persone senza un tetto e a zonzo
per la città, con un assessore Granelli che cerca di far passare questa diaspora
come una libera scelta degli individui.
Continuiamo a chiederci... ma il vento è cambiato?
Di Fabrizio (del 07/07/2012 @ 09:14:37, in Italia, visitato 1695 volte)
Ricevo da Davide Zaccheo
martedì 10 luglio dalle ore 18.00 2012
TOR DE CENCI, VIA PONTINA 601 ROMA Mobilitazione contro lo sgombero del campo rom di Tor de' Cenci
Entro la metà di luglio, 350 persone del campo rom di Tor de' Cenci verranno
sgomberate e trasferite nel villaggio de La Barbuta, un insediamento ancora più
distante dal centro abitato. Secondo Amnesty International, che ha già diffuso
un appello, "nessuna garanzia procedurale e di legge è stata seguita per
garantire che lo sgombero dei residenti di Tor de' Cenci abbia luogo nel
rispetto degli obblighi regionali e internazionali in materia di diritti umani".
Contro lo sgombero del campo e in difesa della volontà delle famiglie di non
trasferirsi, sta nascendo una mobilitazione che vede l'impegno di Arci
Solidarietà assieme ad Amnesty International e alla Comunità di Sant'Egidio e
che sta coinvolgendo sempre più personalità legate al mondo della cultura e
dello spettacolo. A sostegno di questa mobilitazione, Arci Solidarietà e Scuola
della Pace – Comunità di Sant'Egidio promuovono una maratona artistico-musicale
nello stesso campo di Tor de' Cenci: dal pomeriggio del 10 luglio (ore 18), data
entro la quale la Giunta Alemanno avrebbe pianificato l'inizio dello sgombero,
diversi artisti, musicisti, attori, si alterneranno nel piazzale antistante il
campo con performance e interventi.
Interverranno:
Moni Ovadia
Ulderico Pesce
Tetês de Bois
Militant A - Assalti Frontali
Piotta
Giulia Ananìa
Adriano Bono
Wogiagia
Dj Efrem dei Borghetta Style
Ghetto Youth Spinaceto
Paolo "Er Pesce"
Rossomalpelo
Veeblefetzer & The Manigolds
The Lemmings
Cheja Celen
Antonio Pignatiello
Tiziano Turci
Hanno aderito inoltre:
Interferenze rom – Radio Popolare Roma
ZeroViolenzaDonne.org
Arci Servizio Civile Roma
Arci Servizio Civile Lazio
La Linea di Greta
Rifondazione Comunista Roma (FDS)
Csoa Auro e Marco
Ermes Cooperativa Sociale
Associazione Il Laboratorio
Una città a Parte. L'apartheid dei Rom in Italia - di Francesco Careri
(introduzione all'inserto speciale L'abitare dei Rom e dei Sinti, de
"Urbanistica Informazioni" n° 238, 2011, pp. 23-25)
Articiviche.blogspot.it
In Italia esiste un apartheid strisciante (1), una città a parte che si prepara
per quei 35.000 Rom e Sinti che da decenni vivono nei campi - gli altri 90.000
per fortuna vivono in case – con densità da tendopoli d'emergenza, lontani dai
servizi primari, controllati da guardiania armata e telecamere a circuito
chiuso, con orari di ingresso e di uscita, tesserino con foto e codice a barre,
reti di recinzione tutto intorno. Sono un frammento di quell'universo dei campi
e delle riserve, che con numeri ancora più esorbitanti abitano il nostro pianeta
e su cui è stata prodotta una notevole letteratura: zone definitivamente
temporanee dove abita l'umanità in eccesso (2), che si aprono quando lo
stato di
eccezione diventa regola (3), zone di sospensione (4) in una sorta di
transitorietà congelata (5), e che producono sindromi di dipendenza e vite sotto
trasfusione (6) città appoggiate per terra (7),
città nude (8) abitate da
cittadini senza diritti di cittadinanza e quindi senza città, o meglio con una
città a parte, separata, tutta per loro, solo per loro.
In Italia nascono come campi nomadi - ufficialmente "campi sosta" - e sono
istituzioni regolate, in assenza di un quadro legislativo nazionale, da leggi
regionali varate negli anni novanta, una sorta di parcheggi attrezzati
immaginati per comunità girovaghe quali erano i Rom e Sinti Italiani ancora
negli anni ottanta. Appena finiti di costruire si sono trasformati in
insediamenti perennemente temporanei per i Rom in fuga dalle guerre dei Balcani
e poi dalle zone depresse della Romania. Si sono evoluti da slums di baracche e
roulotte a campi di container agli attuali villaggi, con un crescendo di
sorveglianza e di dipendenza dalle istituzioni e una conseguente perdita di
autonomia decisionale sulla propria vita.
Anche la storia dell'abitare rom in Italia ha una lunga letteratura, è la storia
dell'urbanistica del disprezzo (9) che da secoli li ha cacciati dalle nostre
città rendendoli nomadi per forza (10), stranieri ovunque (11),
popoli delle
discariche (12), figli del ghetto (13). Ma quello a cui si sta assistendo a
partire dal 2008 con il commissariamento della "questione rom" (14), è un
ulteriore passaggio dalla vecchia politica di emarginazione nelle baraccopoli a
quella di istituzionalizzazione di ghetti per i Rom e di veri e propri luoghi di
concentramento etnico (16). Il punto da cui partire non può che essere l'attuale
scenario di apartheid, e l'obiettivo prioritario è aprire nuove strade per
abitare con i Rom (17), guardare insieme a loro oltre i campi (18), superare il
dispositivo "campo nomadi", inviso ai Rom e incapace di costruire città e
cittadinanza.
Il fine che ci siamo posti con la presente raccolta di articoli è quello di
stimolare gli urbanisti italiani ad affrontare il tema dell'abitare dei Rom e
dei Sinti con maggiore consapevolezza quando lo incontrano nei loro lavori
professionali. I campi nomadi infatti, che siano baraccopoli informali o campi
istituzionali, si trovano sempre in zone instabili, in margini urbani dove a un
certo punto non possono più stare perché sono in programma nuove trasformazioni.
La prassi allora è far arrivare le ruspe, spostare i Rom, creare un nuovo campo
più lontano, con l'alibi che sono nomadi e una casa non gli serve. Tutto ciò
viene vissuto da chi pianifica la città con un misto di naturalezza e distacco,
come una questione con complesse implicazioni antropologiche sociali e
politiche. Se come cittadini non riusciamo a riconoscere i nostri pregiudizi e
la nostra ignoranza in materia, come urbanisti non ci sentiamo all'altezza di
affrontare un problema così intricato e, incapaci di assumere una propria
posizione, accettiamo i consigli degli esperti, dei servizi sociali, quando non
dei politici guidati da convenienze elettorali e pressioni di "comitati di
cittadini". Non è un caso che quello dell'abitare dei Rom e dei Sinti sia un
aspetto della città sempre demandato, quando non direttamente alle prefetture,
all'assessorato ai servizi sociali e mai all'assessorato all'urbanistica. Del
resto quel campo da cancellare non figura neanche nelle carte e il nuovo campo
continuerà a non figurarvi, sarà spostato dove ha deciso il sindaco di turno, il
più lontano possibile dalla vista dei suoi elettori, magari andando ad
ingrandire un campo esistente per non perdere voti in altri quartieri. È cosi
che si creano i megacampi che daranno megaproblemi in futuro, sia ai Rom che a
tutti i cittadini. E tutto ciò spesso avviene senza interloquire con chi
pianifica il territorio e potrebbe proporre altre soluzioni.
Si è voluto qui raccogliere diversi tipi di materiali: sulla creazione e
progettazione dei campi, sulla storia degli sgomberi in relazione con la
speculazione edilizia, su numeri e costi riguardanti i campi attrezzati, sul
rispetto delle legislazioni regionali. Ma soprattutto abbiamo creduto importante
far conoscere le politiche utili a far uscire i Rom dai campi, perché siano
proposte nel ventaglio a disposizione degli amministratori: percorsi di
inserimento nell'Edilizia Residenziale Pubblica (19), di sostegno all'affitto
privato (20), di legalizzazione e recupero dei campi informali (21), di microaree
per gruppi familiari allargati (22), esperienze di autorecupero e di
autocostruzione assistita (23) su terreni edificabili, casali abbandonati,
fabbriche dismesse, immobili sequestrati alla criminalità organizzata.
Gli articoli che proponiamo disegnano infatti un quadro italiano desolante, ma
con alcune lodevoli eccezioni. Claudia Mascia racconta di una Europa
caratterizzata in larga parte da alloggi in case popolari, e approfondisce due
casi: la Francia con 17.365 posti caravan in 729 aree per le Gens du Voyage , ma
anche con i nuovi Villages d'Insertion che sembrano prendere a modello i tristi
Villaggi della Solidarietà di Roma. E il Portogallo dove il Parque de Nómadas di
Coimbra ospita i ciganos, in vista del re-insediamento in alloggi del comune a
prezzo agevolato. Alexander Valentino ricorda come "il nomadismo sia un fenomeno
quasi estinto in Italia ed che si debba parlare di mobilità di persone, o
gruppi, all'interno della Comunità Europea", denuncia il ruolo complice delle
associazioni umanitarie, e ci racconta di come nell'area napoletana diverse
comunità italiane un tempo integrate come i cilentani, i Sinti vesuviani, i
napulengre e i rom giuglianesi oggi si trovino in gravi difficoltà perché i loro
mestieri non vanno più al passo con la globalizzazione. Ma ci fa ragionare anche
su come le cronache romana hanno avuto attraverso i media effetti nefasti a
chilometri di distanza. Un esempio è il Campo della Favorita di Palermo
descritto da Simone Tulumello dove "le condizioni sono precipitate negli ultimi
anni caratterizzati da un totale disinteresse istituzionale e da una cresciuta
attenzione politica", nel totale vuoto normativo siciliano in cui i campi non
esistono seppure insediati da oltre vent'anni. Anche il campo di Cagliari è uno
di questi, si chiama "campo SS 554", il nome della statale. Barbara Cadeddu
racconta le sue vicende e propone l'arte come mezzo per scardinare il
pregiudizio e per offrire alla città la possibilità di mostrarsi in tutte le sue
contraddizioni, come in due documentari che raccontano storie di vita di bambini
di periferia, Rom e Gagè, tutti figli dell'indifferenza e del silenzio.
Ma dall'Italia arrivano anche buone notizie. Stefano Petrolini porta l'esempio
di Trento dove i kosovari arrivati negli anni novanta hanno trovato posto
nell'Edilizia Residenziale Pubblica e dove una nuova legge provinciale introduce
per la prima volta in Italia le "Microaree" o "Aree Residenziali di Comunità",
destinate a piccoli nuclei di famiglie allargate. Francesco Piantoni racconta
dei percorsi di superamento dei campi del piano di Bologna, volti a
"stabilizzare le condizioni abitative dei nuclei con sufficiente reddito,
assegnando loro alloggi reperiti sul mercato privato tramite un contratto di
sublocazione e un affitto agevolato". E ci descrive dall'interno l'appassionante
esperienza della Piccola Carovana che lavora all'interno dei campi per preparare
i nuclei familiari all'uscita, e segue l'ingresso in case non più reperite dal
Comune sul mercato privato e "calate dall'alto", ma "accompagnando le famiglie
nella ricerca della loro futura abitazione in maniera autonoma, di modo che
possano prendere coscienza fin da subito dei costi, delle spese, delle zone". Da
Torino Massimiliano Curto e Cristian Anastasio dell'Associazione Terra del
Fuoco, con un articolo ricco di dettagli e di dati, descrivono l'esperienza del
Dado, una delle più interessanti pratiche di autorecupero in un condominio misto
di Rom, rifugiati politici e giovani volontari, realizzato a costi assolutamente
contenuti (238 €/mq) con un risparmio del 30% rispetto a un cantiere
tradizionale.
C'è infine il caso Roma, dove il nuovo sistema di apartheid è in piena
sperimentazione, e l'unica risposta positiva sembrano essere le occupazioni a
scopo abitativo. Gli articoli raccolti costruiscono una critica al Piano Nomadi
che ha fissato un numero massimo di 6000 Rom sul territorio comunale e si è
concentrato nello smantellamento dei campi abusivi, nella riduzione del numero
di presenze e nel concentramento degli sfollati in villaggi dove le condizioni
di vita sono spesso al di sotto degli standard abitativi stabiliti dalla legge,
e addirittura di quelli utilizzati della Protezione Civile per disastri come
inondazioni e terremoti. Giacomo Zanelli analizza le relazioni tra la
speculazione edilizia e la localizzazione dei campi approfondendo i casi di Via
di Villa Troili, via dei Gordiani e Camping Roman River, mentre Cecilia
Sgolacchia fa un attenta analisi dei fondi investiti per costruire e gestire i
campi e conclude che se fossero stati investiti in edilizia pubblica, oggi più
di 8000 Rom potrebbero vivere nelle case popolari.
Ma anche a Roma alcune buone pratiche hanno cominciato a manifestarsi.
L'esperienza di Savorengo Ker raccontata da Azzurra Muzzonigro fa comprendere
come i Rom del Casilino 900 sono stati in grado di produrre una loro risposta
per il loro abitare, attraverso un processo di autocostruzione creativa
inventato insieme a Stalker/Osservatorio Nomade e l'Università di Roma Tre, che
ha dato vita a una casa in regola con le normative edilizie e che costa un terzo
di un container. Mentre Francesca Broccia e Adriana Goni Mazzitelli raccontano
dell'esperienza del Metropoliz, una ex fabbrica occupata da migranti provenienti
dall'Africa, dal Sudamerica e dall'Europa dell'Est , che ha accolto diverse
famiglie di Rom Rumeni che con grande consapevolezza politica hanno deciso di
sottrarsi ai campi. Il Metropoliz, come il Dado di Torino, ci sembrano indicare
una nuova strada capace di superare non solo il campo ma anche la logica
monoculturale dell'abitare Rom fino ad oggi data per immutabile. Dalle queste
esperienze, seppur molto diverse tra loro, si può desumere infatti un modello di
"Condominio Interculturale" aperto ai Rom, ai migranti e a chi si trova in
condizioni abitative precarie, ma anche a studenti fuorisede e giovani volontari
in grado di accompagnare e sviluppare virtuosi processi di autocostruzione
edilizia e autogestione sociale, per costruire insieme non più ghetti ma nuovi
pezzi di città.
note:
1) La parola "apartheid" in africaans significa
"separazione", comincia ad esistere di fatto quando nel 1909 il Regno Unito
promulga il South African Act escludendo la popolazione nera dal processo
decisionale di creazione dell'Unione Sudafricana ed entra in vigore come sistema
di segregazione etnica nel 1948, quando il National Party vince le elezioni. Di
"creeping apartheid" scrive Oren Yiftachel, Theoretical Notes on 'Gray Cities':
The Coming of Urban Apartheid?, "Planning Theory" 2009, vol. 8, n. 1, pp.
88-100.
2) Federico Rahola, Zone definitivamente temporanee. I luoghi
dell'umanità in eccesso, ombre corte, Verona 2003.
3) Giorgio Agamben, Homo Sacer. Il potere sovrano e la nuda
vita, Einaudi, Torino 1995, p. 188.
4) Alessandro Petti, Arcipelaghi e enclave. Architettura
dell'ordinamento spaziale contemporaneo, Bruno Mondadori, Milano 2007. Petti a
pag 24 cita Aleksander Solzenicyn, Arcipelago Gulag, Mondadori, Milano 1974. "
Arcipelago si incunea in un altro paese e lo screzia, vi è incluso, investe le
sue città, è sospeso sopra le sue strade, eppure alcuni non se ne sono accorti
affatto, moltissimi ne hanno sentito parlare vagamente, solo coloro che vi sono
stati sapevano tutto."
5) Di frozen transiente scrive Zigmut Bauman, In the Lowly
Nowervilles of Liquid Modernity, "Ethnography" vol. 3, N. 3, 2002, pp. 343-349;
"una transitorietà congelata, un perpetuo, duraturo stato di temporalità, una
durata fatta di tanti momenti rappezzati tra loro" in Zigmut Bauman, La società
sotto assedio, Laterza, Bari 2003, p117.
6) Michel Agier, Au bord du monde, les refugiés, Flammarion,
Paris 2002, p.85.
7) Olivier Razac, Storia politica del filo spinato. La prateria,
la trincea, il campo di concentramento, ombre corte, Verona, 2001, pp. 42-43: "I
campi non sono costruiti per durare. In ogni caso non si tratta di edificare o
fondare. Un campo, anche se immenso, non deve penetrare la memoria di un luogo,
è lì senza esservi realmente, la sua furtività è dovuta al fatto che è solo
appoggiato sulla terra, come una tenda che da un giorno all'altro può essere
tolta."
8) Camillo Boano e Fabrizio Floris, Città nude. Iconografia dei
campi profughi, Franco Angeli, Milano 2005, p.
9) Piero Brunello (a cura di), L'urbanistica del disprezzo.
Campi rom e società italiana, Manifestolibri, Roma 1996
10) Krzysztof Wiernicki, Nomadi per forza. Storia degli
zingari, Rusconi, Milano 1997.
11) Andrea Brazzoduro e Gino Candreva (a cura di): Stranieri
Ovunque. Kalè, Manouches, Rom, Romanichals, Sinti… «Zapruder. Rivista di storia
della conflittualità sociale» n° 19, 2009.
12) Leonardo Piasere, I Popoli delle discariche, Cisu, Roma
1991.
13) Nando Sigona, Figli del ghetto. Gli italiani, i campi
nomadi e l'invenzione degli zingari, nonluoghi libere edizioni, Divezzano 2002.
14) Nel 2008 il Governo Italiano presieduto da Romano Prodi ha
dichiarato lo "stato di emergenza in relazione agli insediamenti di comunità
nomadi nel territorio delle Regioni Campania, Lazio e Lombardia" (prorogato ed
esteso attualmente anche alle regioni Veneto e Piemonte) e i Prefetti di Napoli,
Roma e Milano sono stati nominati dal Ministro degli Interni Giuliano Amato
"Commissari Delegati per la realizzazione di tutti gli interventi necessari al
superamento dello stato di emergenza".
15) Nicola Valentino (a cura di), I ghetti per i Rom. Roma Via
di Salone 323. Socioanalisi narrativa di un campo rom, sensibili alle foglie,
Roma 2011.
16) Associazione 21 Luglio, La casa di carta. Il Centro di
Raccolta Rom di via Salaria 971. Roma, rapporto presentato alla Facoltà di
Architettura di Roma Tre il 30 maggio 2011. Tra i report presentati recentemente
ricordiamo: Ass. 21 luglio: Esclusi e ammassati. Il Piano Nomadi di Roma: un
muro che divide i bambini dai loro diritti; Ass. 21 luglio, Report Casilino 900.
Parole e immagini di una diaspora senza diritti; Amnesty International, Lasciati
Fuori. Violazioni dei diritti dei Rom in Europa; Amnesty International, La
risposta sbagliata. Italia: il "piano nomadi" viola il diritto all'alloggio dei
Rom a Roma.
17) Tommaso Vitale (a cura di), Politiche possibili. Abitare le città con i rom
e i sinti, Studi Economici e Sociali, Carocci, Roma 2009. Nel campo delle
politiche vedi anche: Tosi A., Cambini S., Sidoti S., Esperienze innovative per
l'abitare di Rom e Sinti, in Atlante dell'alloggio sociale in Toscana,
Fondazione Michelucci e Arci Toscana, Firenze 2006; Tosi A., Rom e Sinti:
un'integrazione possibile, in Giovanna Zincone a cura di, Commissione per le
politiche di integrazione degli immigrati. Secondo rapporto sull'integrazione
degli immigrati in Italia, Il Mulino, Bologna 2000.
18) Lorenzo Romito, Oltre i campi. Note per una politica integrata di
emancipazione abitativa, civile, culturale, economica e sociale dei Rom in
Italia, a partire dal superamento dei campi nomadi, "Roma Time" n° 5, 2009,
http://dl.dropbox.com/u/4394790/compl.pdf. Sul lavoro di Stalker /ON con i Rom
vedi Francesco Careri e Lorenzo Romito, Roma, una città senza case, un popolo
senza terra, in Aldo Bonomi (a cura di), La Vita Nuda, Triennale Electa, Milano
2008, pp.105-115;
19) Si ricorda che la legge n.179 del 17 febbraio 1992, "Norme per l'Edilizia
Residenziale Pubblica" nell' Art. 4. sotto il titolo "Quota di riserva per
particolari categorie sociali" asserisce che le Regioni, nell'ambito delle
disponibilità loro attribuite, possono riservare una quota non superiore al 15 %
dei fondi per la realizzazione di interventi da destinare alla soluzione di
problemi abitativi di particolari categorie sociali individuale, di volta in
volta, dalle regioni stesse. La Regione Lazio con la Legge 788 del 20 febbraio
1996, nell' Art. 4.3 sotto il titolo: "Programmi per categorie speciali",
menziona esplicitamente i Rom tra tali categorie a cui assegna una quota di ERP
pari all' 11%. (Delibera 1105 del 1995).
20) Sono diverse le organizzazioni di volontariato e le associazioni che
attualmente stanno abbandonando la gestione dei campi e della scolarizzazione
per concentrarsi sul lavoro di accompagnamento fuori dai campi. Tra gli articoli
presentiamo il caso della Piccola Carovana di Bologna, ma è utile ricordare
anche il programma Le città sottili condotto dalla Fondazione Giovanni
Michelucci nel 2007 per il Comune di Pisa.
21) In campo internazionale un quadro di riferimento di eccellenza si trova
nelle linee guida attraverso cui l'OSCE - ODIHR e UN-Habitat recuperano gli
insediamenti informali Rom nel sud-est europeo: 1 - Perimetrazione e
legalizzazione degli insediamenti spontanei; 2 - Legalizzazione di parcelle e
case singole, attraverso una mappatura qualitativa dello stato di fatto; 3 -
Miglioramento e implementazione degli insediamenti esistenti con opere di
urbanizzazione; 4 - Nuove costruzioni per affrontare i problemi abitativi non
legalizzabili; 5 - Istituzione di processi partecipativi per sviluppare gli
insediamenti nuovi ed esistenti. Vedi: Vladimir Macura, Housing, urban planning
and poverty: problems faced by Roma/Gypsies communities with particular
references to central and eastern Europe, CDMG, Consiglio d'Europa, Strasbourg
1999; Vladimir Macura, Inclusion of Roma population through housing and
settlements improvement, in : A.A., Four strategic themes for housing policy in
Serbia, UN Habitat, SIRP, Belgrade 2006, pp.26-45.
22) Esempi validi sono quelli della microarea per i Sinti di Bressanone
(Bolzano) e i villaggi di Guarlone (Firenze) e di Coltano (Pisa) progettati
dalla Fondazione Giovanni Michelucci. Vedi: Corrado Marcetti., Tiziana Mori.,
Nicola Solimano (a cura di), Zingari in Toscana. Storia e cultura del popolo
Rom. Zingari e comunità locali. I campi nomadi e l'urbanistica del disprezzo.
Orientamenti per soluzioni abitative diversificate, Pontecorboli, Firenze 1994;
Città di Bolzano, Fondazione Giovanni Michelucci, La città accogliente. Studio
per un programma di superamento dei campi nomadi e delle situazioni di
precarietà abitativa tra le popolazioni di Rom e Sinti a Bolzano, Bolzano 2005.
23) Oltre a quella del Dado di Torino e di Savorengo Ker a Roma, che qui
riportiamo, si ricorda il Progetto Sperimentale di Autocostruzione "Il villaggio
della speranza" del Comune di Padova, finanziato con fondi europei e
coofinanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali nel 2010.
Giovedì 12 luglio ore 20.00 cena - ore 21.30 proiezione
di Gatto Nero Gatto Bianco, di Emir Kusturica Comunità Rom Harvati -
via Idro 62, Milano
Ci voleva un regista come Emir Kusturica, per unire in un film una storia
d'amore shakespearina con i tempi delle comiche di un secolo fa. E ovviamente,
erano necessari attori e scenografie adeguate.
Però, però... sino all'anno scorso, consigliavamo di vedere questo film al
vicesindaco De Corato. Cambiata giunta e attori, ci tocca segnalarlo con calore e preoccupazione
al duo rampante Granelli-Majorino. Vedetelo, e capirete perché nel giocare agli
sgomberi con i Rom, saremo noi e non loro a perdere la partita. Ce li
ritroveremo sempre tra i piedi: puoi minacciarli, puoi picchiarli... sempre si
rialzano in piedi continuando a vivere nel modo che sanno. Insomma, conoscono
questo gioco da più tempo di noi. Ma De Corato non volle imparare la lezione (e
perse poltrona), chissà che questi due...
La proiezione è gratuita. Si cena in anticipo al
Marina Social Rom, primi piatti e piatti freddi estivi, piatti
vegetariani e salamelle. Cena SOLO SU PRENOTAZIONE (dati i
tempi stretti, confermare QUI le presenze
entro martedì 10 luglio). Grazie e buona serata a tutti!
PS: in caso di maltempo, la proiezione si terrà al chiuso presso il centro
polifunzionale.
Evento realizzato con la collaborazione di Ernesto Rossi -
associazione ApertaMente di Buccinasco
"SVEGLIA!!!!! Sono arrivati a San Sperate oltre 400 Rom"
Questo è l'incipit di un volantino che è girato per la cittadina di San Sperate,
con il lodevole intento di svegliare la popolazione ignara del grave pericolo.
Un'invasione degli sfollati dell'ex campo nomadi della 554 che si riversa nella
cittadina.
È allarme.
San Sperate è una piccola cittadina di circa 7.800 abitanti, il Paese Museo, il
paese che ha dato i natali allo scultore Pinuccio Sciola, il paese dei Murales,
il paese della cultura.
Arrivano i Rom ed invadono la piccola cittadina.
La notizia rimbalza fra le case, le persone, le strade, i negozi.
Lo sgombero del campo nomadi fra la 554 e Viale Monastir ordinato dal sindaco di
Cagliari Massimo Zedda, in ottemperanza al provvedimento del Tribunale di
Cagliari, è perentorio: entro il 2 luglio il campo nomadi deve essere liberato.
Riprendendo le parole scritte dal quotidiano L'Unione Sarda del 21 giugno:
"Inizialmente una parte della comunità rom si era detta contraria all'ipotesi di
vivere in appartamenti perché in contrasto con le tradizioni della loro etnia.
Anche per questo in settimana c'era stato un incontro in Comune con il sindaco Zedda: i nomadi chiedevano che fosse messa a disposizione un'area compatibile
con i loro usi e costumi. L'abbandono del campo di viale Monastir riguarda tutti
i 157 residenti (93 sono minori): molti di loro stanno firmando i primi
contratti di locazione in abitazioni private. Qualcuno provvederà a pagare
l'affitto con proprie risorse, ma ci saranno in alcuni casi aiuti e contributi
da parte di Caritas e Comune".
Quindi, ne deduco che dal 21 giugno ad oggi i Rom sono riusciti a moltiplicarsi,
passando da 157 a 400 in poco meno di 10 giorni .
Un rapidissimo calcolo, giusto per capire:
400 – 157 (compresi i neonati) = 243
Insomma, in 10 giorni i nostri 'amici' Rom hanno messo al mondo altri 243 di
'loro'.
Non male come tasso di natalità.
La piccola cittadina di San Sperate è invasa ed il neo sindaco Enrico Collu si
dichiara furioso.
Agli organi di stampa dichiara (ovviamente furioso): "Mi chiedo come sia
possibile apprendere dai propri concittadini che in paese si siano già
trasferite, con l'avallo del Comune di Cagliari alcune famiglie Rom".
Mi sono trasferito a San Sperate circa due anni fa, ho affittato una casa e pur
non avendo ancora messo su famiglia non mi è stato chiesto di avvisare il
sindaco del mio trasferimento e della mia intenzione di farlo.
Ma ogni paese ha i suoi usi e costumi, forse il neo sindaco Enrico Collu ci
tiene a dare il benvenuto a tutti coloro che prendono la residenza e quindi
oltre che all'Ufficio Anagrafe occorre passare anche nel suo ufficio per un
saluto di accoglienza.
Sono ormai passati due anni, ma domani non mancherò di farlo; anzi invito tutti
i nuovi residenti a farlo.
Ma la nostra piccola storia non è ancora giunta all'epilogo.
È stato necessario convocare urgentemente un consiglio comunale aperto alla
cittadinanza: è allarme per l'invasione da parte dei Rom nella piccola cittadina
di San Sperate!
La popolazione si riversa nell'aula comunale.
Il neo sindaco si schiera a fianco della popolazione allarmata e dichiara: "Si
sono create le premesse per una situazione di ordine pubblico che non posso
controllare. La situazione che ci siamo trovati davanti è inaccettabile, e ora
c'è troppa tensione per consentire l'integrazione. Non ho ordinato nessuno
sgombero, non ne è ho l'autorità. Ho solo ascoltato le segnalazioni dei
cittadini, e a mia volta ho chiesto una verifica delle condizioni igienico
sanitarie degli appartamenti dei rom".
Ma non è tutto, occorre rispondere compiutamente anche attraverso canali
informativi non istituzionali e quindi ritrovo le dichiarazioni del neo sindaco
anche nella pagina Facebook "San Disperate… San Sperate":
"Viste le insinuazioni
di chi evidentemente poco conosce il sottoscritto e i fatti, giusto per chiarire
due concetti in attesa che trovi il tempo per raccontarvi meglio e più nel
dettaglio tutta la questione dirò:
IL COMUNE E IL SINDACO NON SONO STATI INFORMATI DA NESSUNO NE TANTO MENO RESI
PARTECIPI DEL PROGETTO CHE IL COMUNE DI CAGLIARI STAVA METTENDO IN ATTO.
Infatti come ho dichiarato a mezzo stampa sono furioso sopratutto perché la
nostra comunità è stata coinvolta a sua insaputa in un progetto promosso da un
altro comune o anche semplicemente informata. In questo modo siamo stati
calpestati e offesi nella nostra dignità. Evidentemente pensano che in sardegna
si possa mettere i piedi in testa a chiunque senza possibilità di replica. BENE
A SAN SPERATE NON E' COSI!!! E badate bene della questione rom nemmeno arrivo a
parlarne perchè già questo mancato coinvolgimento preclude da parte mia ogni
dialogo almeno fino a quando la situazione non verrà azzerata.
Aggiungo solo che la nostra piccola comunità ha già tanti problemi e tante
vessazioni da parte dei cosiddetti "enti superiori". Non abbiamo soldi per i
nostri disoccupati, non abbiamo spazio nella scuola materna per i nostri figli,
non abbiamo personale adatto a vigilare e personale qualificato per affrontare
problematiche che sono complesse, in poche parole non possiamo farci carico
anche di questo problema.
Sopratutto non possiamo farlo al posto di quelli che "scaldano" le loro dorate
poltrone al comune di Cagliari (che ha ben altre risorse), in provincia o in
regione e non sono mai stati capaci di affrontare e risolvere un problema che và
avanti da decenni. Altra cosa che mi dà tremendamente fastidio è che pare venir
fuori un'immagine di poca tolleranza da un paese come San Sperate che da sempre
è stato avanti nella cultura nell'accoglienza e nella solidarietà e
nell'attenzione al sociale. La colpa non è nostra ma di chi ha cercato di
imporci le proprie decisioni senza prima coinvolgerci, che ha partorito un
progetto che con queste premesse non può che essere fallimentare come la
situazione che si è creata a San Sperate dimostra. San Sperate non merita
questo".
Leggo e rispondo di getto dal mio profilo personale con queste parole:
L'etnia Rom (fonte wikipedia):
Un dato costante della storia del popolo Rom va rintracciato nella persecuzione
che hanno sempre subito, la riduzione in schiavitù, la deportazione e lo
sterminio.
Lungo la storia che li accompagna fino ad oggi si è protratta nel tempo la
diffidenza nata al loro primo apparire nel Medioevo europeo: il nomadismo come
maledizione di Dio; la pratica di mestieri quali forgiatori di metalli,
considerati nella superstizione popolare riconducibili alla magia; le arti
divinatorie identificabili come aspetto stregonesco, ecc.
Di qui la tendenza delle società moderne a liberarsi di tale presenza anche a
costo dell'eliminazione fisica. Tutti i paesi europei adottarono bandi di
espulsione nei loro confronti, fino alla programmazione del genocidio dei rom,
insieme a quello degli ebrei, durante il nazismo in Germania.
Si stima che nel mondo ci siano tra i 12 e i 15 milioni di rom. Tuttavia il
numero ufficiale di rom è incerto in molti paesi. Questo anche perché molti di
loro rifiutano di farsi registrare come di etnia rom per timore di subire
discriminazioni.
La questione Rom è il punto centrale del discorso quindi un 'nemmeno arrivo a
parlarne' è semplicemente tentare di nascondere la testa sotto la sabbia, perché
se si fosse trattato di terremotati dell'Emilia, rifugiati politici Curdi o
bimbi di Chernobyl forse non ci si sarebbe dichiarati 'furiosi' ma ci si sarebbe
dichiarati fieri e accoglienti
L''appello accorato ai problemi del paese è degno del miglior Cetto La
Qualunque, una botta al 'paese ha già tanti problemi', un'altra all'immancabile
problema scuola (il cuore di mamma si intenerisce sempre alle parole 'i nostri
figli'), un'altra ancora al lavoro (quando si scrive la parola 'disoccupazione'
siamo in tanti a saltare sulla sedia indignati), l'ultima è la bottarella alla
'casta' visto che si scrive di 'enti superiori dalle poltrone dorate'
È vero, 'San Sperate non merita questo' e nemmeno noi cittadini meritiamo
questo, un po' più di sostanza.. grazie..
Ma la nostra piccola storia non è ancora giunta all'epilogo.
Questa mattina decido di andare a vedere dov'è questo grande accampamento Rom
vicino alla mia nuova cittadina.
Negli articoli dei giornali si scrive di 'terreni vicino all'Emmezeta' ma
nonostante il mio affacciarmi al finestrino della macchina per curiosare nelle
campagne accanto al centro commerciale, non scorgo nessun accampamento.
Decido di chiedere informazioni.
Fermo la macchina e mi avvicino ad un anziano signore che sta lavorando la
campagna.
L'anziano signore risponde alle mie domande:
"Sì, da qualche giorno c'è una famiglia Rom in una casa alla periferia del
paese".
Chiedo io: "Una famiglia?"
E lui: "Sì, ma io non so.. una famiglia, forse due, una trentina di persone..
forse..".
Gli chiedo: "Lei cosa ne pensa?"
Mi risponde: "Ieri c'è stata un'assemblea nell'aula del comune, c'era tanta
gente.. Io non so, alla fine sono persone come noi, con usanze diverse".
Sì, sono persone esattamente come noi.
Arrivo nel grande accampamento Rom. Fa molto caldo, trovo una famiglia che
dialoga, bimbi che corrono e un anziano signore che mi offre una birra fresca.
Ratko Halilovic, conosciuto da tutti come Boban mi presenta la sua famiglia e mi
racconta che è qui in Sardegna da 40 anni, sua sorella è nata qui e ha 32 anni,
i suoi figli sono nati qui.
Il grande campo Rom è costituito da 14 persone, la famiglia di Boban e quella di
suo figlio di 19 anni.
Con l'aiuto della Caritas di Don Marco hanno trovato sistemazione in una casa in
affitto alla periferia di San Sperate. Mi dice che hanno stipulato un regolare
contratto d'affitto di un anno, mi vuole far vedere il contratto ma io gli
rispondo che non è necessario.
Facciamo un giro attorno alla casa, mi indica quello che hanno trovato e quello
che hanno sistemato.
Boban e famigliola si sono dedicati alla pulizia della casa e del terreno
attorno che era diventato punto di raccolta dell'immondizia di alcuni solerti
cittadini di San Sperate; il frutto della civiltà viene sistemato in una decina
di grandi buste.
Boban nel mentre che camminiamo, mi dice: "Questa mattina è venuta l'assessore
del comune ed io ho chiesto dove potevo portare tutte le buste che abbiamo
riempito per non lasciarle buttate qui così, ma non mi ha dato risposta. Io non
so dove posso, se c'è un posto io posso portarle perché ho un furgone".
Già, dove poter conferire le buste di questi 'sporchi e immondezzari' Rom?
Mi chiede: "Ma scusa, perché vogliono mandare i vigili sanitari della ASL a
controllare la nostra casa e quando c'era la signora che ci viveva prima non li
hanno mandati?".
Non ho una buona risposta, ascolto e mi guardo attorno.
La sorella di Boban mi dice: "Noi non vogliamo rubare le case ai sardi, non
abbiamo chiesto e non chiediamo niente. Non vogliamo favori, vogliamo
semplicemente vivere in uno spazio dove non essere sempre costretti a dover
andare via".
Un bambina mi chiede di farle una foto, la moglie di Boban allatta un bimbo
sotto il fresco della veranda, tre pappagalli in una gabbia vicino alla
roulotte, un cane che corre, abbaia e scodinzola e il padre di Boban che mi
sorride con la sua bottiglia di birra in mano.
Questo è il grande accampamento Rom che incute terrore alla piccola cittadina di
San Sperate, che ha fatto infuriare il sindaco e che ha riempito le pagine dei
giornali isolani di questi ultimi giorni.
Per ultimo, vorrei segnalare la profondità di queste parole scritte da un
civile
cittadino di San Sperate:
"Se, tra i nostri nuovi vicini ROM, c'e' qualcuno che si occupa di smaltimento
di rifiuti ferrosi,sappia che a casa abbiamo un bel po' di PIOMBO!!!!!".
Anche io ho paura, ma di VOI non di LORO.
Forse per farli sentire a loro agio, da paese accogliente (come ci ricorda il
nostro primo cittadino) gli abbiamo voluto dare il benvenuto con una montagna di
immondizia...
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