Rom e Sinti da tutto il mondo

Ma che ci fa quell'orologio?
L'ora si puo' vedere dovunque, persino sul desktop.
Semplice: non lo faccio per essere alla moda!

L'OROLOGERIA DI MILANO srl viale Monza 6 MILANO

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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 29/03/2012 @ 09:27:53, in Europa, visitato 1533 volte)

Da Roma_und_Sinti

fk, Czech Press Agency, translated by Gwendolyn Albert - Berlin, 23.3.2012 20:53, (ROMEA)

Nel suo discorso inaugurale [...], il presidente entrante della Repubblica Federale, Joachim Gauck, ha condannato in toto il neonazismo e le altre manifestazioni di estremismo e fanatismo in Germania. L'11° presidente è stato eletto [...] dalla stragrande maggioranza dei membri delcollegio elettorale composto da parlamentari e rappresentanti dei vari stati federali.

Rivolgendosi al Parlamento, Gauck ha invitato i tedeschi ad avere confidenza tanto in loro stessi che in quanti li stanno governando. Ha anche sottolineato l'importanza della libertà e della giustizia sociale.

"Il vostro odio è la nostra motivazione. Non lasceremo il nostro paese allo sbando. Appartenete al passato, la nostra democrazia vivrà," ha detto Gauck agli aderenti al neonazismo. In Germania è ripreso il dibattito, dopo che l'anno scorso si scoprì che membri dell'ultra destra avevano commesso una serie di delitti contro gli immigrati.

Gauck ha respinto altre manifestazioni di estremismo e fanatismo nella società democratica. "Potrete rallentare questo treno, ma non lo fermerete," ha detto Gauck dell'estremismo in generale.

Ha anche accennato al suo argomento tradizionale, la libertà, e sottolineato che la Germania dovrebbe essere uno stato socialmente giusto. "Uguaglianza e libertà sono le basi dell'autorealizzazione," ha detto. Ha anche ripreso l'idea di Europa e ricordato agli astanti l'eredità della storia tedesca, chiamando la Germania il "paese del miracolo democratico."

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Di Fabrizio (del 29/03/2012 @ 09:42:21, in Europa, visitato 1922 volte)

Segnalazione e traduzione di Silvia Gobbo

25 marzo - 8 aprile

Apertura 25 marzo ore 18.00 L'Ambasciata Rom Norvegese con mostra "Dall'album di famiglia della gente rom", è uno spazio culturale temporaneo messo in scena a Tullinløkka ad Oslo. L'ambasciata funzionerà come allestimento culturale aperto nel periodo dal 25 marzo fino alla giornata internazionale dei rom dell'8 aprile. L'ambasciata rom norvegese punta i riflettori sul fatto che la gente rom non ha un luogo d'incontro ufficiale ad Oslo e in Norvegia. Il progetto è stato sviluppato dal gruppo di architetti del Progetto di Comunità Rendere Compatta la Città in collaborazione con Cultura Romanì, Associazione Norvegese dei Rom, Popolazione Rom Novegese, Sjuvlliano Kerr, rappresentante dell'unione internazionale dei rom in Norvegia, Misure per i rom, Anne-Stine Johnsbråten, Lowri Rees e radiOrakel. Il progetto è supportato da: Fondazione Parola Libera, Consiglio per gli Affari Culturali Norvegese e Museo di Storia della Cultura.

Domenica 25.03 h.18.00
Apertura dell'Ambasciata dei Rom Norvegese con la mostra "Dall'album di famiglia della gente rom". (Anne-Stine Johnsbråten). Semplice rinfresco tradizionale, interventi, appelli e intrattenimento culturale.

Lunedì 25.03 h.13.00
Prima trasmissione della radioRomano (trasmissioni quotidiane tutti i giorni feriali) - prodotto da radiOrakel (FM: 99,3)

Mercoledì 28.03 h.20.00
Serata cinematografica: "Korkoro" di Tony Gatlif, con introduzione di Raya Bielenberg.

Venerdì 30.03 h.17.00
Incontro aperto da Sjuvlliano Kerr - Donne rom unite

Sabato 31.03 h.14.00
Storia dei rom norvegesi - Seminario aperto. Proiezione del video di Natalia Lund, intervento di Chalak Kaveh. Conduce: Maria Rosvoll (HL-senteret)

Domenica 01.04 h.16.00
Uno spazio per i rom - seminario aperto. Interventi di: Jan Jansen (Cultura Romanì), Andreas Müller (Associazione Rom Norvegesi), Lars Demetri (Centro di Cultura Rom Stoccolma), Erland Kaldaras (Centro di Cultura Rom Malmø). Conduce: Harald Nissen (Consigliere Comunale).

Lunedì 02.04 h.19.00
Romanes - simposio della lingua. Linda Gabrielsen e Hanne Ramsdal ( Dizionario fraseologico Norvegese - Romanes), Stefan Palison (dizionario Svedese - Romanes), Jamanda Zedra Jansen.
Corso di scrittura in romanes 4-5-6-7 aprile 14.00-15.30.

Martedì 03.04 h.18.00
Foto di Rom - serata di presentazione
Progetti fotografici: Harald Medbøe e Anne-Stine Johnsbråten
Proiezione dei film: "Samson på reise" (Sansone in viaggio) di Lowri Rees, "Arven" (L'eredità) di Svein Ove Hansli.

Giovedì 05.04 h.18.00
Serata grigliata rom. Grigliata di maiale intero e agnello, assaggi di diversi cibi tradizionali rom.

Domenica 08.04 h. 14.00
Celebrazione della giornata internazionale dei rom PARTE PRIMA
Festeggiamenti con discorsi, rinfreschi e dolci al Museo di Storia.

h.15.00
Celebrazione della giornata internazionale dei rom PARTE SECONDA
Musica, canzoni e ballo nell'Ambasciata Rom Norvegese a Tullinløkka.

h.16.30
Celebrazione della giornata internazionale dei rom PARTE TERZA + Pasqua rom.
Festa al Nordi Black Theatre con servizio e musica dal vivo.
Indirizzo: Hollendergata 8 (Grønland, di fronte alla caserma della polizia).

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Di Fabrizio (del 30/03/2012 @ 09:06:20, in sport, visitato 1591 volte)

Il Fatto Quotidiano di Pino Petruzzelli | 29 marzo 2012

Solo la cultura permette di gettare un ponte tra mondi distanti.

A Genova il regista Marco Di Gerlando ha iniziato le riprese del cortometraggio "SEO" su un soggetto di Sergio Cizmic.

Sergio Cizmic è l'unico mediatore culturale rom presente in Liguria. Si è formato presso il corso di formazione che abbiamo tenuto a Genova tre anni fa con la collaborazione della Comunità di Sant'Egidio e della Regione Liguria. Sergio oltre al lavoro di mediatore, svolge anche quello di istruttore di nuoto presso una delle principali società sportive di Genova.

Incontro Sergio e Marco in una pausa del loro lavoro.

- Sergio, di cosa parla il cortometraggio?

- E' la mia storia. La storia di un bambino rom il cui unico sogno era quello di nuotare. Da piccolo volevo andare in piscina, ma il cassiere non mi faceva mai entrare. Andavo con il mio soldo per fare il biglietto e lui mi diceva sempre che la piscina era occupata. Sentiva il mio accento, mi riconosceva rom e mi mandava via. Un giorno, poi, grazie a un istruttore di nuoto riuscii ad entrare e la mia vita cambiò.

- In piscina, ora che sei istruttore, sanno che sei rom?

- Si, insegno nuoto ai bambini e alcuni genitori lo sanno. Mai avuto problemi con loro e, anzi, spesso mi chiedono di raccontargli del mio popolo. Anche con il personale della piscina non ho problemi. Lavoriamo insieme senza pregiudizi.

- Qual è l'obbiettivo del cortometraggio?

- Far conoscere ciò che la piazza non sa. Quanti rom onesti subiscono discriminazioni per essere assimilati a uno stereotipo. Quanti sogni di bambini si infrangono sui pregiudizi. Io non nego l'esistenza di rom che rubano, dico solo che esistono anche rom onesti. Purtroppo noi rom non scendiamo mai in piazza per difendere il diritto ad essere rispettati. Per fortuna ci sta pensando la Comunità Europea a bacchettare l'Italia per le discriminazioni nei confronti delle minoranze rom e sinte. E' notizia di questi giorni la pubblicazione delle Osservazioni Conclusive sull'Italia del Comitato per l'Eliminazione della Discriminazione Razziale, in cui si dice che permangono serie preoccupazioni per quanto accade nel nostro Paese a proposito delle discriminazioni istituzionali subite da rom e sinti. Purtroppo queste notizie non vanno mai sui giornali. Come sui giornali non è mai andata la notizia che anche noi rom di Genova siamo andati a spalare il fango per ripulire la città dopo l'alluvione. Speriamo che Marco Doria, se diverrà nuovo sindaco, si ricordi anche di noi rom e sinti.

Mi rivolgo a Marco Di Gerlando.

- Eri mai entrato in un campo nomadi?

- Mai. Avevo letto la sceneggiatura di Sergio e mi aveva emozionato subito. Quando sono entrato per la prima volta nel campo, non mi aspettavo di vedere nulla di simile. Ho provato un'emozione fortissima. In quella situazione soffocante, ho trovato però uno straordinario spirito di gruppo tra i rom. Non è facile conservarlo in situazioni estreme come quelle di un campo nomadi.

E' stata un'esperienza indimenticabile. Non avevo mai conosciuto rom prima di allora. Avevo come tutti dei pregiudizi, ma è bastato entrare lì dentro per capire tante cose. Il pregiudizio frena il nostro arricchimento culturale e limita il pensiero.

Il nostro cortometraggio, ad ogni modo, non fa la morale a nessuno, vuole solo raccontare una storia che vale la pena di essere raccontata.

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Di Fabrizio (del 30/03/2012 @ 09:46:06, in casa, visitato 1861 volte)

The International Christian Network

PERCHE' E COS' E' LA MICROAREA!

Come moltissimi anni fa ancora oggi ci sono intere famiglie di sinti, rom senza nessuna abitazione decente dove poter vivere con i propri famigliari, trovare un lavoro definitivo e frequentare tutte le scuole necessari per ottenere un diploma. Tantissimi sono ancora alle porte delle città (aree di fortuna, tante volte nelle discariche cittadine abusive), vicino ai fiumi, autostrade e nelle peggiori sistemazioni senza i necessari servizi di sopravvivenza come l'acqua, l'energia elettrica e i servizi igienici. Tantissime famiglie sono rinchiuse ormai da anni in enormi campi costruiti solo per concentrare tutti sinti e rom in un unico posto, per tenerli sotto controllo a tempo indeterminato, sorvegliati speciali solo per colpa di essere un etnia di un ceto debole.

L'habitat per i Sinti deve essere di libera scelta, senza nessun obbligo di dover vivere dove gli si impone di vivere.

Non bisogna pensare ad una sola soluzione, ma bisogna pensare e favorire le soluzioni diversificate quali: le microaree, l'accesso semplificato all'appartamento o all'acquisto di terreni agricoli su cui poter edificare anche in autocostruzione.


Dì perché le microaree e della loro realizzazione c'è ne sono molti, i principali da mettere al primo posto è il superamento dei enormi campi nomadi sovraffollati fino ad essere compresse da una moltitudine di famiglie Sinte. Per dare un abitazione decente a tutte le famiglie che abitano nelle aree di fortuna, (baraccopoli, roulotte, container ecc.) in un modo incivile senza nessun servizio indispensabile per ogni forma umana. Per la maggior parte della popolazione maggioritaria che non accetta di buon grado a vivere e avere come vicini di casa una famiglia Sinta.

Ma che cos' è una microarea

  • La microarea e un'area con una metratura adeguata alla necessità d'allargamento futuro, dove ogni singola famiglia formata da genitori e figli dispone di uno spazio privato con delle abitazioni doc (anche auto costruite) attrezzate con tutti i servizi adeguati.
  • Le microaree non sono custodite, ma affidate alla responsabilità delle persone che la occupano, cosi come un qualsiasi appartamento concesso in affitto.
  • Le microaree per molti Sinti sono la soluzione abitative migliori perché non obbligano a rifiutare le proprie usanze, culture, tradizioni e lingue.
  • La microarea porta al miglioramento la vita del popolo Sinto senza denigrarla.
  • La microarea è il primo passo per aiutare il popolo Sinto a uscire dalla povertà ecc.

La Microarea è un area predisposta soltanto per una famiglia allargata, composta di genitori, figli e nipoti, dove nessun altra famiglia Sinta può introdursi, se non ché abbia un permesso speciale dalla famiglia stessa o dal sindaco, ma anche un area di sicurezza, e non solo per i Sinti ma anche per i vicini e gli enti locali, ma soprattutto è una area dove si può salvaguardare la propria Tradizione, la propria Cultura, l'Usanza e la propria Lingua madre, un area dove i diretti gestori sono proprio gli affittuari stessi pagando un normale equo canone d'affitto con spese di gestione ecc. senza che il comune abbia la necessità a dare in gestione ad enti, associazioni o cooperative private come un normale campo nomadi spendendo moltissimi soldi ogni anno, un area definitiva adeguata per il prossimo futuro (includendo le nascite e le perdite della famiglia ) attrezzata di fabbricati ( legno o muratura) con tutti gli servizi necessari a offrire un adeguato sistema abitativo, accessibile a tutti gli servizi come autobus, scuola, negozi ecc. sita in località lontana da fiumi, autostrade, depositi immondizie e dalla periferia delle città ecc. Nella fase di ricerca dei terreni e della progettazione delle microaree è fondamentale che siano coinvolte le famiglie Sinte interessate.

Da sottolineare che anche se attrezzate di servizi adeguati dove vivere a tempo indeterminato, la microarea non è una soluzione definitiva per tutte le famiglie Sinte, tante famiglie Sinte già da anni hanno deciso di acquistare delle aree di propria proprietà scegliendo dei terreni agricoli i cui costi sono più accessibili rispetto ai terreni edificabili per poter vivere con la propria famiglia allargata in un area di propria proprietà.

Queste tipo di abitazioni, la microarea è il terreno agricolo di proprietà, nasce soprattutto per far uscire dai enormi campi nomadi tutte quelle famiglie che non si conoscono fra di loro, famiglie sconosciute con origini, culture, tradizioni e lingue totalmente diverse, che varie volte porta il caos quasi totale tra i bambini, vivere tutti insieme, in un grande campo comporta ad avere amici di varie etnie, con dialetti e lingue completamente diverse dalle proprie, i bambini giocando fra di loro tutti i giorni, solo per capirsi e tante volte senza rendersene conto sono obbligati ad insegnare all'amico la propria lingua madre, arrivando in un punto dove non capiscono più quale e la loro vera madre lingua, ma il problema non colpisce solo i bambini, ma anche i stessi genitori che non riescono più a capire i propri figli, sentendo parole nuove devono farsi spiegare il significato della parola detta, perciò si sentono smarriti e traditi, perché consapevoli del pericolo che si sta creando, la loro madre lingua originale sta scomparendo e con essa la tradizione, la cultura, l'usanza e il loro modo di fare.

Grazie al vivere in un campo nomadi interculturale si sta perdendo tutti i principi fondamentali della propria famiglia.

Ma soprattutto la microarea e il terreno agricolo di proprietà e la prima opportunità abitativa per tutte quelle persone Sinte che stanno vivendo in una realtà incivile, che abitano con i propri famigliari, bambini, donne e anziani, in accampamenti di fortuna nati al momento senza nessun servizio come acqua, luce e servizi igienici, ma circondati da topi che scorrazzano a destra e a sinistra, rospi e insetti di ogni genere, aree siti in ogni appezzamento di terreno trovato libero, sui marciapiedi delle strade, vicinissimi ai fiumi, nelle campagne e boschi fitti, o in case diroccate e abbandonate, sotto i ponti e tante altre realtà che hanno già causato parecchie disgrazie.

L'abitazione migliore e veramente definitiva per i Sinti in Italia!!

l'abitazione migliore, concreta, definitiva per i sinti principalmente non l'appartamento in centro città come tante persone credono, anche se sembrerebbe di sì, non lo è, i motivi sono di varie nature, questo tipo di abitazione per i Sinti va benissimo ed e stabile fino a che i figli non crescono e si sposano avendo poi i propri figli, infatti tanti genitori che hanno scelto l'appartamento come abitazione, dopo la crescita dei propri figli e alla nascita dei nipoti, vorrebbero uscire per andare a vivere e invecchiare con i propri famigliari in una microarea.

Parecchie famiglie sono state obbligate a fare questa grandissima scelta, solo per poter avere un lavoro e una casa per la propria famiglia allargata, hanno scelto di nascondere, di ripudiare la propria etnia d'appartenenza, non per scelta, ma per sopravvivenza ben consapevoli di dover perdere la propria Tradizione, Cultura, Usanza e la propria Lingua madre, oggi i loro figli non capiscono e non parlano più la propria lingua, grazie al doversi integrare completamente ed essere obbligati a nascondere la propria etnia d'appartenenza, hanno completamente dimenticato i propri valori e principi tenuti in vita dai loro avi per millenni.

Ma mentre queste famiglie, obbligatoriamente hanno scelto di integrarsi completamente, altre famiglie che sono entrate spontaneamente nei appartamenti, hanno voluto perdere questi valori solo perché si vergognavano della propria etnia d'appartenenza, senza capire che era molto più vergognoso perdere e negare la propria etnia d'appartenenza.

Altre famiglie che vivono in appartamenti da moltissimi anni, sono riusciti a tenere e salvaguardare le proprie Tradizioni, Culture, Usanze e la propria lingua madre, si sono adeguate a vivere nei appartamenti, senza dover mai perdere le propri origini, sono riusciti a salvare principi e valori, grazie a dei vicini Gage che hanno capito la loro diversità di culture, tradizioni, usanze e modi di vivere e li hanno accettati rispettando i loro valori convivendoci e lasciandogli le origini.

Ma il come e dove vivere con la propria famiglia allargata o singola, deve essere una scelta propria e condivisa dalla propria famiglia, nessuna famiglia composta da esseri umani deve essere obbligato a dover scegliere di ripudiare la propria famiglia, le proprie tradizioni, culture, lingue e l'etnia d'appartenenza per ottenere un diritto che e di diritto di ogni persona umana e civile di questo mondo.

Perciò l'accesso all'appartamento, al terreno agricolo e alla microarea, deve essere una scelta libera senza essere condizionata, obbligata a accettare delle condizioni speciali.


Dopo avere valutato questi e altri problemi, abbiamo constatato che l'abitazione concreta, sicura e migliore per i Sinti, e quella dei terreni di propria proprietà. Questa soluzione è soprattutto per le famiglie Sinte perché il terreno di proprietà viene sentito come punto di riferimento stabile che si contrappone alla precarietà continua dei campi nomadi.

Nel terreno privato si può vivere con la propria famiglia allargata, potendo scegliere i propri vicini.

Fin ad ora per molte famiglie Sinte che hanno deciso di acquistare dei terreni come realtà di scelta abitativa, ha avuto molto successo, soprattutto perché ha dato la possibilità ad uscire completamente dalla realtà dei campi nomadi, di non essere più succube da altre persone e di dare una possibilità ai propri figli di avere un futuro migliore, dove potere permettere di frequentare tutte le scuole per quello che vorrà fare in futuro, senza doverle cambiare perché scacciati da varie città.

Per questo e altri motivi, tante famiglie Sinti ne stanno seguendo le orme, perché hanno capito che un terreno agricolo di propria proprietà e un futuro certo per i propri figli e nipoti.

Il terreno agricolo di propria proprietà e le microaree famigliari hanno la possibilità di salvaguardare i principi, i valori dei sinti togliendo tantissime famiglie dalla strada dandogli un tetto per coprire i propri figli, perciò bisogna coinvolgere e convincere il governo, la regione, la provincia e il comune ad abbandonare l'idea dei grandi campi nomadi ad adottare il concetto delle microaree e dei terreni privati, inserendo delle modifiche sulla legge dell'edilizia agevolata del Testo unico n. 380/2001, Solo così potremo finalmente arrivare alla fuoriuscita dalle situazioni di precarietà abitativa e eliminare gli accampamenti "obbligatoriamente" abusivi.

Federazione Rom e Sinti Insieme

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Di Fabrizio (del 31/03/2012 @ 09:18:08, in lavoro, visitato 1991 volte)

Da British_Roma

The Guardian 26 marzo 2012: Il viaggio di una Romnì da venditrice di The Big Issue in the North al pranzo con la regina - Ramona Constantin ottiene il Diamond Jubilee bunfight dal municipio di Manchester, meno di un anno fa vendeva la rivista per strada - di Ciara Leeming *

Ramona Constantin - ora occupata come interprete di comunità, assistente giovanile e familiare ed assistente scolastica. Photograph: Ciara Leeming

Vendeva The Big Issue in the North per le strade della Manchester metropolitana meno di un anno fa, ma ora ha cenato con i reali.

L'ex venditrice di strada Ramona Constantin, 27 anni, era nel gruppo selezionato di ospiti invitati settimana scorsa al pranzo di gala nel municipio di Manchester, alla presenza della regina e del principe Filippo. La sua inclusione è stata un riconoscimento per quanto da lei conseguito dopo il suo arrivo in città dalla nativa Romania due anni fa.

Constantin, che è Rom, non ha ricevuto nessuna educazione formale e parlava un po' di inglese prima di arrivare in GB. Per 18 mesi ha venduto The Big Issue in the North di fronte alla biblioteca centrale di Manchester - a pochi metri dal municipio - e quando l'edificio chiuse per restauri, [andò] al centro di Rochdale.  In tutto quel periodò migliorò il suo inglese e fu invitata a prender parte ad un  progetto pilota per giovani adulti rom, gestito dall'associazione che dirige il giornale, il consiglio comunale ed agenzie partner. Ora lavora come interprete di comunità, assistente giovanile, familiare e scolastica.

L'invito al pranzo da parte del sindaco - assieme ad altri operatori sociali, figure comunitarie e volontari - è stato un grande riconoscimento. Dice:

    Essere invitata è stata una cosa incredibile - è stata anche l'unica volta che mia mamma e la mia famiglia - che sono ancora in Romania, han detto di essere orgogliosi di me. Tutti hanno sentito parlare della regina d'Inghilterra, e la mia famiglia e la comunità possono vedere che devo fare buone cose per essere invitata ad un evento tanto importante. Sono anche molto fiera di me stessa che la regina, o chi lavora con lei, mi abbiano voluto parte di questa celebrazione.

    Mi è piaciuto l'edificio, ed è stato fantastico essere nella stessa stanza con gente così importante. Là c'era gente di diverse culture, ma ero l'unica Rom, e questo mi ha fatto sentire molto speciale. Mi ha motivato a continuare nel mio lavoro e cercare di ispirare la gante della mia comunità a coltivare le proprie aspirazioni.

    E' buffo pensare che meno di un anno fa vendevo The Big Issue in the North per strada fuori da quell'edificio, ma dimostra che chiunque può ottenere ciò che ha in mente.

I Rom sono la più grande e marginalizzata minoranza etnica in Europa. Cospicue comunità dei paesi dell'Europa Orientale vivono ora nel nord.


Ciara Leeming è una giornalista freelance di Manchester e questa settimana scrive per l'edizione settentrionale del Guardian.

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Di Fabrizio (del 01/04/2012 @ 09:33:10, in Italia, visitato 1313 volte)

Ricevo da Roberto Malini

Foto di Steed Gamero: Nita Ciuraru detto "Toma" - L'appello al Presidente della Repubblica

Ancona, 30 marzo 2012. Nita Ciuraru detto "Toma" si trova nel carcere di Monteacuto - Ancona. E' molto depresso, perché sa che la moglie, malata di cancro, è rimasta sola a Pesaro e fatica a sopravvivere. I figli sono in Romania, anch'essi vittime di povertà ed esclusione. Toma sta molto male: è cardiopatico e soffre di patologie ossee dolorose. La prigione in cui si trova è sovraffollata e non consente ai detenuti una vita dignitosa. Per una persona anziana e malata come Toma, è la più triste anticamera della morte. Come aiutare Toma? Oggi il Presidente della Camera Gianfranco Fini si è interessato al suo caso - grazie a Marcello Zuinisi, che gliel'ha sottoposto a Roma - e speriamo di cuore che sostenga il nostro appello di fronte al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Trenta poeti italiani di grande valore hanno aderito alla richiesta di grazia: le loro voci sono già al cospetto di Napolitano. Toma è in serio pericolo di vita e non dobbiamo abbandonarlo. E' utile copiare l'appello e inviarlo, firmato, a:

presidenza.repubblica@quirinale.it

E' anche utile divulgare l'appello presso i propri conoscenti, affinché lo inviino al Presidente. Per evitare che Toma si trovi in condizioni insopportabili dietro le sbarre, però, è fondamentale che non lo facciamo sentire solo e abbandonato. Inviamogli messaggi di amicizia e solidarietà al seguente indirizzo, non solo via email, ma anche tramite fax e posta (utile anche telefonargli):

Sig. NIta Ciuraru detto "Toma"
c/o Casa Circondariale di Monteacuto
Via Montecavallo 73/A
60100 Ancona
Telefono: 071 897891
Fax: 071 85780
Email: cc.ancona@giustizia.it

Toma è un uomo buono e sensibile, ma la sua tempra è fragile a causa dei tanti anni di privazioni e stenti. L'uomo è inoltre soggetto a momenti di grande malinconia. Se non si sentirà tradito da tutti, se sentirà di avere degli amici che lo attendono e si impegnano per la sua libertà, terrà duro. Una volta Toma mi prese per mano e mi condusse sotto un grande pino. Mi chiese di appoggiare la mano sulla corteccia e poi mi disse: "Io sono come questo vecchio albero: non crollo mai". Aveva appena subito un atto particolarmente umiliante da parte di chi dovrebbe proteggere e non annichilire le persone vulnerabili ed escluse.

"Non arrenderti, vecchio albero Rom: siamo tutti con te!"

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Di Fabrizio (del 02/04/2012 @ 09:35:26, in Italia, visitato 1530 volte)

Segnalazione di Stefano Nutini, da Sbilanciamoci.org. Articolo di Vito Francesco Gironda

L'idea dello ius culturae - lanciata dal ministro Riccardi - è ambigua e pericolosa, perché rischia paradossalmente di alimentare il conflitto multiculturale

Alcuni giorni fa Andrea Olivero ha riproposto sulle pagine di Europa l'idea dello ius culturae quale criterio di definizione di un'auspicabile riforma della cittadinanza italiana. Lanciata dal ministro Andrea Riccardi, la nozione di ius culturae sembra essere diventata l'asse consensuale per praticare una via italiana all'integrazione.

Di cosa si tratta? A volere ragionare in termini generali, il concetto richiama agli effetti propositivi e "assimilazionistici" di una "seducente" cultura italiana. Si immette nel discorso pubblico una concezione stato-centrica e "assimilazionistica" di cittadinanza, secondo un'idea di presunzione di appartenenza, in base alla quale la nascita sul territorio veicolerebbe, nel lungo periodo, quei legami culturali che si suppone costituiscano la base della cittadinanza. Come dire, i diritti di cittadinanza sono collocati nell'ambito della specificità culturale di una comunità nazionale, la quale promuove una concezione particolaristica dell'individuo e delle sue relazioni sociali. Seguendo tale prospettiva, l'inclusione si determina attraverso una sorta di "adeguamento" valoriale alla cultura del paese ospitante. A prima vista sembra un discorso molto lineare. Eppure, guardando bene, emerge una serie di ambiguità concettuali su cui sarebbe opportuno riflettere serenamente.

La prima ambiguità riguarda la nozione stessa di cultura nazionale. In base a quali contenuti qualificanti e qualificati si delinea lo spazio culturale nel quale si definisce un'immaginata concezione di appartenenza culturale? Se il ministro Riccardi ha in mente una sorta di Leitkultur (cultura dominante) all'italiana, allora dovrebbe essere molto esplicito e chiarire senza mezzi termini cosa intende. A me sembra che la concezione di ius culturae sia viziata da un eccessivo monoculturalismo che funziona come un dispositivo che fa dipendere la grammatica dei diritti alla rinuncia delle identità culturali nella sfera pubblica.

Su questo terreno si riscontra la seconda ambiguità concettuale dello ius culturae. Perché parlare di modello italiano per l'integrazione e non dire chiaramente che la via da praticare è quella dell'assimilazione. Perché parlare d'integrazione che rimanda più specificatamente all'inclusione nel tessuto economico-sociale, al riconoscimento delle differenze culturali, alla valorizzazione e accettazione del pluralismo culturale, quando, alla fine, si guarda esclusivamente alla cittadinanza come processo di adeguamento valoriale alla cultura dominante, qualunque poi sia il significato ascritto a quest'ultima.

La classe politica e la tecnocrazia di governo non dovrebbero limitarsi a costruire neologismi astratti, ma dovrebbero prendere sul serio l'ipotesi che tanto l'opinione pubblica nazionale quanto le comunità di stranieri residenti hanno il diritto di capire nel concreto di cosa si discute. Si tratta di comunicare sul piano fattuale quello che si pensa fare, evitando, così, inutili incomprensioni. Anzi, l'idea stessa dello ius culturae paradossalmente rischia di alimentare il conflitto multiculturale perché, piuttosto che ricercare regole e pratiche di coesistenza tra le diverse culture, tende a legare l'uguaglianza delle opportunità di partecipazione alla cultura dominante del paese ospitante. Mettere in moto forme e processi di negoziazione sull'identità culturale è una questione molto complessa.

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Di Fabrizio (del 02/04/2012 @ 09:51:43, in Italia, visitato 7253 volte)

Quello che segue è un lungo documento, frutto di un'altrettanto lungo e complesso confronto tra la comunità rom di via Idro 62 (Milano) e le associazioni ed i volontari della zona, indirizzato al comune di Milano per affrontare e risolvere una lunga situazione di emergenza, prima di tutto sociale e personale, ma anche abitativa e lavorativa. Non vi sfuggirà il particolare di un grande impegno comune dei promotori, per superare oltre ai ghetti fisici anche quelli mentali, ed ipotizzare soluzioni a vantaggio di tutti gli abitanti, Rom e no, della zona.

Vi chiediamo di leggerlo con pazienza ed attenzione e, se lo condividete, comunicare la vostra adesione all'indirizzo mail info@sivola.net, comunicando anche se l'adesione è personale o a nome di un'organizzazione.

Il documento verrà presentato in conferenza stampa lunedì 16 aprile alle ore 11.30, c/o la sala consigliare 321 - via Marino 7 - 3° p. MILANO. ABBIAMO BISOGNO DI RACCOGLIERE PRIMA TUTTE LE VOSTRE ADESIONI. Inoltre, potete ripubblicare il link sui vostri blog, nelle bacheche di Facebook, su Twitter, ogni collaborazione è ben gradita.

Grazie e buona lettura.

 

 

IL VILLAGGIO SOCIALE E SOLIDALE DI VIA IDRO NEL PARCO DELLA MEDIA VALLE DEL LAMBRO

Premessa

La rete delle associazioni
Si è consolidata nei nostri quartieri di Crescenzago Gobba Adriano l'esperienza significativa di una rete di comitati ed associazioni, di scuole e di singoli cittadini che opera per la qualità della vita urbana, per il dialogo interculturale e l'integrazione - interazione civile e sociale tra etnie e culture diverse.

Via Padova, la via del mondo e la sua Festa "Via Padova è meglio di Milano" esprimono luoghi e manifestazioni esemplari di ricchezza culturale ed artistica, di ricerca e comprensione del mondo – a partire dai paesi di provenienza degli immigrati.

La cittadinanza attiva ha saputo, soprattutto negli ultimi anni, sviluppare un contrasto efficace alle politiche di emarginazione e colpevolizzazione degli stranieri e delle minoranze rom e sinti da parte delle amministrazioni della destra leghista e berlusconiana.

Un pool di associazioni, assieme a singoli cittadini, dette vita nel 2009 a un Osservatorio contro i razzismi, che promosse iniziative ed incontri per denunciare gli atti più discriminatori di vero e proprio "razzismo istituzionale". Soprattutto a partire dal pluriennale inserimento scolastico dei bambini, si sviluppò una specie di rete di protezione attorno alla comunità rom di Via Idro.

La politica degli sgomberi, il "Piano Nomadi" e il Campo di transito di via Idro
La politica degli sgomberi dei "campi nomadi" e le ossessive direttive dell'Amministrazione Moratti – De Corato contro i rom diventavano il corollario di una normativa nazionale, con la quale l'allora ministro degli interni Maroni mirava a realizzare un "piano nomadi" trasformando il problema di come migliorare le condizioni di vita e di convivenza dei "campi" in problema di emergenza dal punto di vista dell'ordine pubblico, e quindi isolandolo con interventi speciali chiaramente discriminatori e lesivi della dignità delle persone e del rispetto delle culture diverse. Gli sgomberi rientravano quindi nel novero delle misure repressive senza soluzioni alternative adeguate. A ben poca cosa si sono ridotti i pur previsti interventi di aiuto alle famiglie rom di sistemazione in alloggi popolari o cascine.

Il dato dominante sta nei caroselli di sgomberi a centinaia, nello sradicamento da luoghi che pur precari e/o degradati consentivano un minimo di vita identitaria e comunitaria, la frequenza scolastica dei bambini, una qualche assistenza sanitaria, ecc. Il cosiddetto patto di legalità e il suo regolamento di attuazione (Milano, febbraio 2009), con il Prefetto avente funzioni di Commissario straordinario all'emergenza rom, diventavano gli strumenti attuativi sul territorio del decreto Maroni (2008) – dichiarato finalmente illegittimo sul piano della tutela dei diritti costituzionali dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 6050 del 16 novembre 2011.

La comunità di Rom Harvati di Via Idro è composta da circa 130 cittadini italiani - una trentina di famiglie, che vi risiedono dal 1989. E' storicamente parte integrante dei quartieri di Crescenzago Gobba Adriano.

Nel cosiddetto "Piano nomadi" si prevede che il campo di Via Idro venga trasformato in "campo di sosta temporanea" e quindi di "transito", "attraverso il rifacimento infrastrutturale, la messa in sicurezza e l'ottimizzazione degli spazi, previo allontanamento delle famiglie esistenti" (sottolineatura nostra).

Tale sciagurata politica peggiora la situazione. I diritti e le esigenze della comunità dei cittadini italiani rom sono scese all'ultimo posto. Gli abitanti dei quartieri interessati, molto allarmati per l'eventuale arrivo di centinaia di altri nomadi, esprimono inequivocabilmente la loro contrarietà a fare di Via Idro un campo di transito. E raccolgono 8.000 firme, che non si traducono in manifestazioni di ripulsa razzistica, ma contribuiscono ad allargare e consolidare la consapevolezza che la questione rom non può essere affrontata semplicemente sgombrando e spostando le persone.
Nello specifico di Via Idro, diventa sempre più evidente che sarebbe utile e giusto migliorare le condizioni strutturali dell'area per la comunità ormai stanziale da circa trenta anni e per la salvaguardia dell'ambiente naturale e per il miglioramento della qualità della vita dei quartieri. Infatti sarebbe un segnale negativo, che dopo aver lavorato assieme per decenni sulle tante questioni connesse alla stanzialità (lavoro, scuola, inserimento nel quartiere, ad esempio), questi sforzi ed i risultati ottenuti venissero azzerati.

La sconfitta dell'amministrazione PDL/LEGA - Moratti/De Corato e l'elezione del sindaco Pisapia, il ripristino di un quadro di legittimità costituzionale sulla questione rom (sentenza Consiglio di Stato) impongono un cambio radicale per una politica positiva dell'integrazione e dell'interazione civile sociale e culturale.

La bussola da seguire è la Costituzione, e specificatamente gli artt. 2 e 3 – purtroppo sottoposti a violazioni continue:

    "La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale." (Art. 2).

    "Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
    E' compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese." (Art. 3).

In un contesto globale e locale di profonda crisi economica e finanziaria, di peggioramento delle condizioni generali di vita, di perdita del lavoro, di aumento della disoccupazione, di ampliamento delle fasce di povertà, si fa ancor più urgente la necessità di promuovere politiche sociali inclusive, di creare lavoro e stimolare iniziative di solidarietà e cooperazione.

"Emergenza umanitaria in Via Idro"
Come prevedibile, la situazione del campo di Via Idro è peggiorata in questi ultimi mesi fino a diventare "emergenza umanitaria" come viene definita dalle denunce di comitati ed associazioni e da due lettere aperte – una del Comitato per Milano Zona 2 del 9/12/2011 e l'altra a più voci del 15/12/2011 - inviate al sindaco Pisapia e agli assessori alle Politiche sociali e alla Sicurezza e coesione sociale.

Nella lettera aperta del 15 dicembre 2011 (firmata da: Carlo Bonaconsa , Comitato Vivere Zona 2; Fabrizio Casavola, redazione di Mahalla; Laura Coletta, Associazione Elementare Russo; Gabriella Conedera, Scuola Elementare di Via Russo; Cesare Moreschi, Comitato Vivere Zona 2; Giuseppe Natale, ANPI Crescenzago; Antonio Piazzi, ANPI Crescenzago; Paolo Pinardi, Martesanadue), il peggioramento delle condizioni di vita nel campo di Via Idro viene così descritto:

    "…Manca la corrente elettrica da mesi, i frigoriferi non possono funzionare, le fogne straripano, la strada si allaga. Le persone vivono al freddo. La salute è seriamente a rischio. Le prime vittime sono i bambini e gli anziani, i più deboli ed indifesi.
    I responsabili dell'amministrazione comunale sono informati, ma inspiegabilmente non provvedono.
    Per i Rom Harvati, cittadini italiani che risiedono da oltre 30 anni in Via Idro, si sono ulteriormente ridotte le possibilità di lavorare non solo per la crisi generale, ma soprattutto perchè sono vittime – come altri nomadi e minoranze etniche – di politiche centrali e locali di discriminazione e di ingiustizia sociale."

I firmatari della lettera si pongono due preoccupanti interrogativi:

    "Si vuole da parte anche della nuova amministrazione di Milano insistere sul campo di transito in Via Idro, rifiutato sia dalla comunità rom sia da cittadini, comitati, associazioni, partiti e dal Consiglio di Zona 2?
    Perché non si provvede con urgenza a garantire agli abitanti il ripristino delle condizioni di vita umane e ad approntare un piano di riqualificazione da inserire in un progetto di valorizzazione del patrimonio ambientale (Lambro, Martesana, costituendo Parco della Media Valle del Lambro) e della comunità rom, i cui membri già nel passato hanno dimostrato di potere mettere a disposizione esperienza e competenza (cooperative per la cura del verde e di lavori diversi)?"

Si ribadisce poi, da parte dei firmatari , la volontà a farsi "promotori di un progetto generale di riqualificazione e valorizzazione dell'intera area allo scopo di migliorare la qualità ambientale e urbana e le relazioni tra i rom e gli abitanti dei quartieri interessati."

Verso un villaggio rom sociale e solidale

L'area di Via Idro

L'area si colloca in una posizione nevralgica, tra il lungo canale Martesana / la confluenza col fiume Lambro, la tangenziale est e le abitazioni di Via Padova / Gobba. Nel mezzo del costituendo Parco della Media Valle del Lambro, si trova nel punto di confine dei quattro comuni limitrofi: Milano, Sesto San Giovanni, Cologno Monzese, Vimodrone. E' attraversata da una pista ciclo-pedonale che, tra le più lunghe esistenti, collega Milano all'Adda.

Il contesto geo-ambientale ricco di un rilevante patrimonio naturale (acque e verde) e storico-architettonico (ville del lungo Martesana e cascina Lambro del XVII sec. in abbandono e degrado) è anche compromesso dal groviglio viabilistico del nodo di Gobba, dai tralicci degli elettrodotti, dall'inceneritore nel territorio sestese, dal ripetitore Mediaset di Cologno. Vi incombe la minaccia di costruirvi residenze abitative sempre secondo la logica delle cementificazioni diffuse e delle speculazioni urbanistiche. Da oltre 30 anni, è bloccato dai cittadini e dal Consiglio di Zona il progetto della famigerata Gronda Nord, un'autostrada in città di attraversamento della fascia settentrionale dell'area metropolitana milanese già intasata da un sistema pesante di tangenziali ed autostrade.
Da anni, il fiume Lambro inquinato e ridotto a cloaca aspetta di essere bonificato e di ritornare a scorrere pulito e a svolgere funzioni importanti in un ecosistema urbano rigenerato.

L'area è caratterizzata da aspetti e risorse positive e da elementi negativi. Si tratta di puntare sui primi e di annullare o attenuare i secondi, valorizzando la comunità rom che vi abita e sviluppando tutte le potenzialità del contesto e le disponibilità umane sociali e professionali di cui sono ricche associazioni e comitati della cittadinanza attiva.

Il Villaggio rom di Via Idro e la politica di stampo razzista: le diverse fasi
Nell'agosto 1989, l'area di Via Idro viene assegnata ad alcune famiglie di rom - tutti cittadini italiani - costrette a lasciare gli spazi destinati a formare il Parco della Martesana, tra Gorla Turro e Crescenzago. Una trentina di famiglie vi si stanziano dando vita a un villaggio sotto il controllo del Comune di Milano e attraverso uno specifico Ufficio Nomadi. Erano già presenti nell'attuale zona 2 da circa 40-50 anni, prima tra Precotto e Crescenzago, in seguito nell'area compresa tra via Agordat e via Stamira d'Ancona.

Negli anni '70/80 le amministrazioni avevano tentato di promuovere una politica di integrazione nei confronti dei nomadi creando servizi sociali finalizzati all'inserimento scolastico dei bambini, all'assistenza sanitaria e all'orientamento lavorativo.

Nell'ambito dell'impegno politico e sociale e all'interno delle giunte di sinistra, spicca la figura di Carlo Cuomo, assessore ai servizi sociali e al decentramento nel decennio 1975/85, che molto si spende a difesa dei rom e si fa promotore di tante iniziative finalizzate soprattutto alla promozione civile e sociale delle popolazioni zingare e di etnie e culture altre. Tra i fondatori dell'associazione Opera Nomadi, lancia poi un'idea di grande attualità, la Casa dei popoli e delle culture. In qualità di presidente dell'Opera Nomadi, Cuomo lavora molto per la comunità di Via Idro e il suo impegno costituisce un esempio da seguire.

E' soprattutto l'inserimento scolastico dei bambini a raggiungere i migliori risultati, grazie all'impegno delle maestre e all'apertura dell'istituzione scolastica.
I primi tentativi di scolarizzazione risalgono alla metà degli anni '80, progetti pilota che sono poi stati ripresi anche a livello nazionale. Questo fa si che la frequenza scolastica degli alunni di via Idro sia oggi molto alta, praticamente il 90%.

L'inserimento dei bambini rom di via Idro nella scuola di Via Russo è stato un percorso lungo e costellato di difficoltà ma anche di soddisfazioni. Gli insegnanti e tutto il personale hanno dovuto affrontare nel tempo:

  • la diffidenza da parte degli altri genitori verso una realtà da sempre disegnata con pregiudizi e stereotipi;
  • la paura degli stessi genitori rom di fronte ad un differente modello educativo e culturale;
  • l'utilizzo strumentale della scuola come risposta ad alcuni bisogni primari (alimentazione, salute, igiene);
  • la scarsa quantità di risorse utilizzabili;
  • lo svantaggio globale presentato dai bambini e determinato anche da problemi di bilinguismo sottrattivo.

Il tempo, la reciproca conoscenza, gli interventi al campo, le risposte della scuola ai bisogni di questa utenza, hanno permesso una collaborazione più attiva da parte delle famiglie e il crearsi di un rapporto di fiducia senza il quale nessuna didattica può avere luogo.

Nel 1990 viene fondata da alcuni rom di Via Idro la cooperativa Laci Buti, con la collaborazione di operatori sociali e tecnici, a cui si affianca nel 1999 nella cooperativa sociale Laci Buti 2, specializzata nei lavori di manutenzione delle aree verdi e della coltura floreale.

La situazione precipita negli ultimi anni, con l'ultimo governo Berlusconi, per la recrudescenza della politica discriminatoria nei confronti degli zingari e degli stranieri in generale. A Milano, l'amministrazione Pdl/Lega si distingue per l'accanimento contro i campi rom e per la sequela di sgomberi che nel biennio 2009/marzo 2011 arriva a ben 360! Con tale politica razzistica il problema non solo non si risolve ma viene in continuazione spostato e riproposto instillando paura e odio. Diventano enormi i costi morali sociali ed economici. Basti pensare che ogni sgombero viene a costare tra i 20 e i 30 mila euro! I costi complessivi oscillano tra i 7 e i gli oltre 10 milioni di euro!...

Con il decreto e le ordinanze del ministro dell'interno Maroni (2008), viene dichiarato lo stato d'emergenza in Lombardia, Lazio e Campania "in relazione all'esistenza di comunità nomadi nei rispettivi territori", per la pericolosità sociale dei campi rom e per la sicurezza dei cittadini!... Eppure si tratta di un numero molto modesto di Rom e Sinti residenti in Italia: non più di 170 mila persone, di cui la stragrande maggioranza cittadini italiani e il 40% di minori di 18 anni; appena lo 0,02% della popolazione, il più basso d'Europa! E a Milano i nomadi non raggiungono le 2000 unità!
Accanirsi contro queste minoranze è davvero indice di allarmante inciviltà.

I "10-12 milioni di rom europei continuano a essere vittime di gravi discriminazioni strutturali" viene denunciata con la Risoluzione del 25 marzo 2010 dal Parlamento europeo, che "condanna la recente recrudescenza del razzismo contro gli zingari" (la "fobia dei rom"!); e chiede alle istituzioni della UE e ai singoli Stati membri di adottare misure che riconoscano "la piena cittadinanza e la partecipazione socioeconomica dei rom"; che garantiscano le "pari opportunità" per l'inserimento scolastico, per " l'integrazione nel mercato del lavoro", per l'accesso al diritto alla casa; di sostenere " campagne di educazione pubblica alla tolleranza rivolte alla popolazione non rom e riguardanti la cultura e l'integrazione dei rom"; che incoraggino "le autorità locali a fare un uso migliore delle opportunità di finanziamento offerte dai fondi strutturali per promuovere l'inclusione dei rom, compreso il controllo oggettivo dell'esecuzione dei progetti"; che riconoscano "l'importanza delle organizzazioni rom a livello dell'Unione quale elemento indispensabile per garantire il successo delle politiche di inclusione sociale".

Il 21.10.2010, il Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa emana una Risoluzione di condanna dell'Italia per la sua politica di discriminazione dei rom.
Il 16.11.2011, il Consiglio di Stato, sez. IV, con la sentenza n. 6050 annulla il piano Maroni e abroga le tre ordinanze del 30.5.2008 di dichiarazione dello stato di emergenza in Lombardia, Lazio, Campania.

In Via Idro la situazione peggiora nonostante che nel gennaio 2008 la Casa della Carità vinca la gara d'appalto e, secondo la convenzione, diventi "gestore" del campo. Occorre chiedersi come mai non hanno funzionato il centro polifunzionale, il presidio sanitario, lo sportello lavoro. La cooperativa non ha più avuto commesse lavorative. E la serra di 270 mq è fuori uso. Forse perché l'obiettivo prioritario era (ed è ancora?) quello di smantellare il campo stabile per la comunità storica e trasformarlo in "campo di sosta" o di "transito"?

Un percorso fattivo e condiviso

Eterogeneità e specificità delle soluzioni
Nell'affrontare la questione rom occorre tenere conto che in tutta Italia, come nella stessa Milano, le comunità presenti sono diverse per storia, tradizioni, presenza, integrazione, bisogni. Non esistono quindi a nostro giudizio soluzioni standard replicabili automaticamente.

Quindi gli scriventi non intendono sottoporre proposte universali, ma che siano invece ragionate sullo specifico delle persone e della zona coinvolte, che siano gestibili, che facciano salvo il principio della coesione sociale. Se poi questo può dar vita ad una discussione più generale sulla mediazione e gestione di situazioni simili, non possiamo che esserne fieri.

Come nel passato, quando i campi sembravano l'unica soluzione per Rom e Sinti, nei ragionamenti attuali sul loro superamento, c'è un vizio di forma. Rom e Sinti non sono stati consultati allora e, ancora oggi, nessuno sente il dovere di discutere assieme a loro le soluzioni che riguarda in prima istanza il loro futuro.

Se i campi sono ghetti istituzionalizzati, ci poniamo alcune questioni:

  1. la vera discriminazione è sempre stata considerare i Rom come cittadini di seconda categoria, senza che avessero voce in capitolo nelle scelte che li riguardavano;
  2. i campi nomadi sono diventati col tempo una fonte di rendita non per chi ci viveva, ma per le associazioni che li gestivano. Associazioni che si sono sempre sentite in diritto di rappresentare le istanze di Rom e Sinti a loro uso e beneficio;
  3. infine, se i campi sono un ghetto, non è abolendoli che si risolve il problema. Sarebbe spostare il problema per l'ennesima volta: lo affermiamo sapendo di alcune famiglie rom che sono andate ad abitare in casa, abbandonate a se stesse, portandosi dietro tutti i loro problemi e trovandosene di nuovi.

Ribadendo che allora per superare le indecisioni del passato e mettere in atto strategie efficaci è indispensabile la PARTECIPAZIONE, come cittadini titolari di diritti e doveri, a tutte le istanze che li riguardano, da quelle centrali a quelle del decentramento.

Il termine campo
Per questo si rende necessario reimpostare il linguaggio e usare parole di senso civile. Il termine "campo" è quello che più si presta a circoscrivere e ghettizzare la vita dei nomadi, e contiene reminiscenze terribili di persecuzioni concentramenti ed annientamenti etnici nel corso degli ultimi secoli, e del periodo dei totalitarismi, in particolare del nazifascismo. Le stesse aggettivazioni - campo di transito, di sosta, di permanenza temporanea - denotano lo stigma dell'emarginazione e della precarietà, dell'allontanamento e dell'espulsione dalla comunità dei cittadini.

Per attuare un'adeguata politica dell'ospitalità e del rispetto delle culture ex-nomadi, dell'integrazione e del diritto di cittadinanza si pone il problema del superamento dei campi e/o della loro chiusura. L'obiettivo del "superamento dei campi" deve coincidere con la finalità di smetterla con i pregiudizi contro questa etnia.
Secondo noi è più corretto ed efficace superare il termine "campo" ed usare parole come "area", "villaggio", "comunità". Occorre chiudere definitivamente con la fase barbara degli sgomberi e perseguire una politica attenta a migliorare le condizioni strutturali degli spazi che ospitano i nomadi, allo scopo di riconoscere – come afferma il Parlamento europeo – la piena cittadinanza e la partecipazione socioeconomica dei rom e di garantire le pari opportunità, nonché consentire la libera scelta rispetto alle modalità di vita stanziali e residenziali. L'obiettivo del "superamento dei campi" deve essere realizzato con il coinvolgimento consapevole e responsabile degli interessati, con la gradualità necessaria e le modalità specifiche più diverse.

Nel caso di Via Idro, ci sono tutte le potenzialità e le positività perché il "campo" venga rispettato per quello che è: una comunità storica e stanziale da 22 anni di cittadini italiani, in un'area da valorizzare nell'interesse generale della comunità metropolitana e dei quartieri interessati.

Qui il "superamento del campo" non vuol dire sostituirlo con quello di "sosta" o "transito", né "chiusura del campo".
In questo caso si tratta di realizzare un progetto di Villaggio sociale e solidale permanente, vero e proprio presidio di un sito strategico del costituendo Parco della Media Valle del Lambro, formato dalla comunità dei rom harvati che scelgono di continuare a viverci assumendosi - assieme alle istituzioni ed enti, associazioni e comitati di cittadini – compiti e responsabilità all'interno di un progetto di lavoro e di cooperazione sociale economica e culturale in diversi settori, in un contesto urbano ampio costituito dai quartieri di Gobba / Crescenzago / Adriano / Via Padova del comune di Milano e dai comuni confinanti di Sesto San Giovanni, Cologno Monzese e Vimodrone.

Un quadro normativo
Prima di elaborare nuove politiche (qualsiasi possano essere), riteniamo indispensabile che l'amministrazione compia un bilancio critico sui risultati e fallimenti del "Piano Maroni", come siano stati impiegati in passato i fondi erogati, quante famiglie rom e sinti ne abbiano effettivamente beneficiato, quali fondi residui sono a disposizione.

Occorre poi dare un quadro normativo certo e rispettoso dei diritti-doveri previsti dalle leggi e dalla Costituzione, perché chi vi risieda sia un cittadino a tutti gli effetti.

Da parte nostra, rimaniamo dell'opinione che, come tutti i cittadini abbiano pari dignità, lo stesso principio valga per le forme dell'abitare, purché queste non portino a violazioni di legge.

L'isolamento e la ghettizzazione non si possono superare imponendo modelli di vita dall'esterno, ma solo con la condivisione e l'interazione.

Costruire certezze
Gli ultimi due anni hanno rappresentato un periodo di grande incertezza per la comunità rom, dovuta al progetto di sostituire quella che a tutti gli effetti è la loro casa, con un campo di sosta a rotazione. Progetto mai attuato, anche perché assurdo, nella nostra zona o altrove. A parte questo, non siamo mai riusciti a capire perché cittadini italiani in zona da sempre avrebbero dovuto andare via, per lasciare il posto a gente che in tre mesi teoricamente avrebbe dovuto trovare casa e lavoro.

Questa incertezza, unita a promesse di finanziamenti dal Comune per chi intendeva lasciare il campo, ha portato qualcuno ad aprire un mutuo per l'acquisto di un rustico da ristrutturare, altri a fare domanda per le case popolari. Sinora alle promesse non sono seguiti i fatti, e tutta la comunità vive nel costante timore di ritrovarsi per strada. Dopo anni di incertezza, gli abitanti chiedono un pronunciamento chiaro e duraturo da parte del comune.

Se invece venissero mantenuti gli impegni di assistere chi ha scelto di essere accompagnato nell'uscita dal campo, e nel contempo venissero allontanati definitivamente da chi ne ha il potere, le poche famiglie degli occupanti abusivi (che hanno comunque residenza altrove), le presenze si ridurrebbero a circa 70/80 unità, dimezzando praticamente l'area sinora occupata e rendendo possibile la trasformazione da campo-ghetto ad un vero e proprio villaggio alle porte di Milano.

Presidio sociale
Qualsiasi siano le politiche future rivolte, nella maniera più condivisa possibile, agli abitanti dell'attuale insediamento, andrà fatta una riflessione critica sul ruolo del PRESIDIO SOCIALE, che in passato avrebbe dovuto fungere da elemento chiave nell'affrontare le diverse questioni dell'abitare, della scolarizzazione, del lavoro e della sanità, Nel contempo riteniamo che l'attività di questo presidio avvenga col supporto dei servizi di zona preposti.

Difatti secondo noi una delle cause delle incertezze ricordate prima, è lo stato di abbandono non solo fisico, ma anche sociale, in cui si soni ritrovati i residenti, in particolare quelli che non avevano possibilità di compiere scelte in autonomia.

Il lavoro
Cominciamo con questo punto, perché molto più di quello dell'abitare, è il prerequisito per una scelta consapevole e duratura, tanto riguardo alla futura integrazione che riguardo all'abitare.

Si tratta di passare da una situazione attuale di sostanziale precarietà finanziaria ed esistenziale, ad una che permetta ai Rom di via Idro di poter decidere in autonomia sulla loro esistenza. Non occorre partire da zero: si tratta di cittadini italiani che già hanno iniziato questo percorso di autonomia, che va ripreso e sostenuto.

Il lavoro, assieme alla formazione e alla scuola, è il pilastro portante del progetto. Si tratta di valorizzare l'esperienza e la professionalità dei rom harvati e di rimettere in attività la loro storica cooperativa Laci Buti.

La cooperativa può operare in diversi settori lavorativi:

- Manutenzione e cura del verde (taglio dell'erba e delle siepi, potatura alberi ecc.), recinzioni, ecc.
- Produzione di verde e piante (ripristino del vivaio e della serra)
- Pulizia di aree urbane
- Sgombero di cantine e magazzini
con personale che ha seguito corsi professionali di operatore del verde.

Nel passato dava lavoro ad una ventina di persone, ma via via col tempo il Comune ha tagliato gli appalti, e l'ultimo anno ha lavorato solo due giorni. Eppure il lavoro è tutto intorno: in quell'area che le forze politiche e le associazioni di zona vorrebbero rivalutare, e via Idro è praticamente un corridoio verde che collega il parco Lambro e il parco del naviglio Martesana al parco della Media Valle del Lambro. Quello che è mancato negli ultimi anni è stata la volontà politica, di mantenere in vita questa esperienza e contemporaneamente di realizzare un polmone verde nella zona, riqualificando tutto il sistema-navigli in vista dell'Expo.

In passato alcuni giovani sono stati assunti all'AMSA, anche se attualmente ne sono rimasti a lavorare solo due. Potrebbe essere un'esperienza da riprendere, soprattutto per quelli che hanno meno di trent'anni.

A queste attività se ne possono aggiungere altre: di fronte alla crisi attuale alcune famiglie hanno ripreso l'attività tradizionale di recupero e riciclo di materiali usati e/o di rifiuti, anche se attualmente non è assolutamente remunerativa. Per questo, grazie all'interessamento di alcuni volontari, si sta progettando di frequentare un corso per operatori di ricicleria (tra l'altro quella di via Olgettina si trova a poca distanza).

Riprendendo l'esperienza di parte di alcune famiglie della tradizionale attività di allevamento di cavalli e di altri animali, che rischia di scomparire, possibilità di ripristino di un'area con maneggio, servizio psico-socio-terapeutico per le persone con handicap, ecc., da inserire nel progetto con funzioni sociali e di tempo libero ed anche terapeutiche.

Le strutture
Come soluzione abitativa indicheremmo quella già presente nel programma elettorale del sindaco, cioè l'autocostruzione di moduli abitativi ad un piano solo e non ancorati al terreno. Per questo ci si ispira a quanto presente nei campi comunali di Muggiano e Chiesa Rossa, recentemente sottoposti a ristrutturazione. Qualora un nucleo non fosse in grado di provvedere in autonomia, si chiede un sussidio simile a quello disposto per chi volesse fare un percorso di uscita dal campo.

Si mira così alla corresponsabilizzazione degli abitanti del campo che potrà esplicarsi non solo nella partecipazione alla gestione del campo, ma anche nell'assunzione di compiti diretti di riqualificazione e di manutenzione dello spazio, sotto la supervisione di tecnici del comune. Per esempio: sistema idraulico, fognario e antincendio, ristrutturazioni in economia, autocostruzione di moduli abitativi, ecc.

Già attualmente esistono professionalità inespresse tra gli abitanti. Si tratta di valorizzarle, volendo anche prefigurare servizi di gestioni e mantenimento diretto, partecipati e senza che il comune debba appaltare esternamente questi servizi.

Qualora, come è nostra speranza, questo villaggio potesse assumere carattere di stanzialità, sarebbe opportuno, sempre nell'ottica dell'ottimizzazione delle spese, progettare un impianto di riscaldamento a metano, o addirittura a pannelli solari.

Manutenzione e riqualificazione
Il progetto prevede l'immediato ripristino delle condizioni strutturali necessarie alla vita normale delle persone: bonifica e cura dell'area, acqua, fognature, elettricità, centro polifunzionale, messa a norma di un sistema residenziale leggero ed ecologico, in sintonia con l'ambiente naturale.
Il campo che sino a 10 anni fa era indicato come un modello, ultimamente ha sofferto di mancanza di manutenzione. Oltre al ripristino della fornitura di corrente elettrica (in via di attuazione) sono necessari alcuni interventi:
- ristrutturazione dei servizi igienici, che cadono a pezzi;
- risistemazione del sistema fognario, perché con la pioggia il campo si allaga;
- collegamento delle bocchette antincendio;
- infine, risistemare le piazzole esistenti, che sono deteriorate e calibrarle per gli occupanti che rimarranno.
Questi sono semplici interventi manutentivi, secondo noi affrontabili con poca spesa se, a differenza del passato, gli appalti dei lavori verranno assegnati con chiarezza e a ditte responsabili.
Occorre inserire nel villaggio la Cascina Lambro. Qualora ci fosse la possibilità fattiva, si chiede il suo restauro per adibirla a sede sociale, centro culturale, archivio storico del canale Martesana e – come proposto da altri – museo della bicicletta, proprio in un punto cruciale della pista ciclabile Milano/Adda tra le più lunghe e significative della Lombardia. Si propone che il finanziamento per questa opera venga attinto dai fondi per l'Expo. In qualsiasi caso le sue condizioni attuali rendono ne rendono urgente la messa in sicurezza.

Centro polifunzionale
Le attività di carattere culturale-artistico-musicale potranno essere proposte anche in ambiti esterni, ma esiste già questa struttura che può fare da incubatore.

Trattasi di un edificio in cemento armato, voluto dal Comune una quindicina di anni fa, sostanzialmente inutilizzato, senza corrente elettrica e riscaldamento.

Già da subito, se venisse reso agibile, esistono progetti e professionalità per utilizzarlo come sede per recupero scolastico, animazione invernale, o corsi professionali (di cucito per le donne, ad esempio). Attività che si intendono estendere anche a chi non abita in via Idro.

Il secondo passo è recuperarlo alla vita di zona, ospitando iniziative proposte dal quartiere. Ulteriore particolare strategico, le varie proposte di utilizzo di questo centro nascono dagli abitanti stessi di via Idro.

Scuola - formazione - cultura
Negli ultimi anni i tagli alla scuola pubblica hanno distrutto la possibilità di aiutare non solo i bambini rom ma tutti quelli che avrebbero bisogno di tempi più distesi e di interventi atti a facilitare la famosa integrazione di cui tanto si parla.

La scuola deve rappresentare all'interno del progetto il trampolino di lancio verso una vita dignitosa ma per fare questo occorrono interventi mirati per una scolarizzazione di qualità dove risorse umane e strumenti non possono mancare.

Anche la frequenza dei corsi di "educazione per gli adulti" (assolutamente gratuiti) siti nel plesso della scuola media Rinaldi possono rappresentare un'occasione di conoscenza e scambio. C'è ancora molta diffidenza e paura da parte della popolazione rom ad utilizzare le risorse presenti nel territorio. Soprattutto le donne andrebbero accompagnate a conoscere i propri diritti e a superare la diffidenza verso il mondo fuori dal campo, diffidenza legittima ma che le priva di possibilità.

A parte ciò, deve trovare risposta l'annosa questione del pullmino scolastico che accompagna i bambini alla scuola Russo. Non si capisce la ragione per cui debba fermarsi all'angolo con via Padova, quando la via Idro viene percorsa anche da camion. In questa situazione, i bambini che frequentano la scuola, devono percorrere andata-ritorno ogni giorno un km. e mezzo, con qualsiasi condizione atmosferica e con rischio per la loro incolumità. Si ricorda che inizialmente il trasporto alunni era stato dato in appalto alla cooperativa Laci Buti.

In sintesi, il progetto assegna all'istruzione, alla formazione e alla cultura, centralità e priorità.
Si deve:

  • consolidare la pluriennale esperienza di inserimento e frequenza della scuola dei bambini rom e valorizzare al massimo la collaborazione soprattutto con la scuola elementare di via Russo;
  • prevedere itinerari di continuità scolastica nelle superiori ed eventualmente un centro di formazione ed aggiornamento professionale in loco, con particolare attenzione alle attività peculiari del villaggio;
  • istituire una biblioteca e un centro di lettura;
  • programmare iniziative culturali artistiche musicali.

Inserimento del villaggio nella vita del territorio
Esso dovrà essere reso evidente sia nell'ipotesi di un progetto di riqualificazione della via Padova, sia nella disponibilità del campo stesso a fornire opportunità di incontro ricreativo, culturale, sociale offerte a tutta la popolazione. La Festa della Via Padova potrà costituire un'ottima occasione per rendere visibile questo legame di appartenenza.

La proposta progettuale verrà sottoposta all'attenzione dei cittadini e delle altre associazioni e comitati con cui è consolidata un'esperienza comune di impegno civile e sociale, con la disponibilità alla massima apertura e alla collaborazione più ampia e plurale possibile.

Si potrebbe valutare la costituzione di una Società di Mutuo Soccorso, a cui aderiscono sia i promotori e i protagonisti del progetto sia altri soggetti ed enti interessati.

Si propone che venga creato un Comitato di coordinamento indirizzo e controllo formato dai rappresentanti dell'amministrazione centrale e di quella zonale del Comune di Milano, dai protagonisti del progetto e, possibilmente, dai rappresentanti del Parco della Media Valle del Lambro e dei comuni di Sesto San Giovanni, Cologno Monzese e Vimodrone.

Un comitato tecnico-scientifico, composto da esperti in campo giuridico, economico e amministrativo, ecologico/ambientale, di marketing e comunicazione ecc., ha il compito di sviluppare tutte le fasi del progetto e di sovrintendere alla loro realizzazione.

Enti pubblici e privati, con i quali allacciare relazioni di collaborazione e a cui rivolgersi per il reperimento di risorse economiche e finanziarie: Consiglio di Zona e Comune di Milano, Provincia, Regione, Unione Europea, Fondazione Cariplo, Banca Etica, aziende della green economy.

Consiglio di Zona
Nella previsione di una ridefinizione e compiti del decentramento, è da prevedere un coinvolgimento diretto del Consiglio di Zona che dovrà considerare il villaggio di via Idro uno spazio di convivenza da adottare e dovrà anche assumere, con le modalità da individuare, compiti di vigilanza, gestione, offerta di servizi vari.

I soggetti promotori e protagonisti
Si assegna un ruolo centrale alla cooperativa rom Laci Buti, che deve operare in collaborazione con le associazioni e i comitati di cittadini che aderiscono al progetto e cooperano alle attività e alla vita del villaggio.

Oltre alla cooperativa Laci Buti e alla comunità rom, i soggetti promotori coincidono con i firmatari della lettera aperta del 15 dicembre 2011 e i rappresentanti di: Anpi di Crescenzago, Associazione elementare.russo, Comitato Vivere Zona 2, Legambiente Crescenzago, Mahalla, Martesanadue.

Primi firmatari:
ANPI Crescenzago - Associazione elementare.russo - ComitatixMilano Zona 2 - Comitato Vivere Zona 2 - Comunità Rom Via Idro - Cooperativa Laci Buti - Legambiente Crescenzago - Mahalla - Martesanadue - Sitart

Adesioni:
Luca Bravi (Università Leonardo da Vinci - Chieti) - Marcella Cavagnera - Gabriella Conedera - Stefania Benedetti - Alessandra Reale - David Giannetti - Laura Quagliolo - Piero Leodi - Angela Tropea - Elisabetta Michelini - Doriana Chierici Casadio - Marcello Zuinisi (Associazione Nazione Rom) - Marcel Costache (Romano Euro-Drom Pavia) - Stefania Cammarata - Enrica Bruzzichessi - Paolo Matteucci - Alberto Ciullini - Eleonora Casula - Barbara Breyhan, danzatrice (Sesto Fiorentino) - Carmela Tommaselli (Arezzo Ballet) - Laura Coletta - Aldo Bonora - Silvana Calvo - Radames Gabrielli - Alessandro Morazzini - Barbara Nardi - Fiorella D'Amore - Ludovica Barassi - Pietro Mervic - Alberto Maria Melis - Margherita Cavallo - Giulia Mucelli - Irene Marfori - IdeaRom onlus Torino - Carlo Berini - Marco Gimmelli - Francesca Barile - Luigi Colaianni - Agnese Cerasani - Roberta Sasso - Giuliana Gemini - Monica Flann - Paolo Pinardi - Giancarlo Ranaldi - Spazio Mondo Migranti (Parabiago) - Roberto Malini, Dario Picciau, Matteo Pegoraro (gruppo EveryOne) - Sergio Franzese - Luciano Muhlbauer - Luca Klobas - Erica Rodari - Ivana Kerecki - Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia onlus - Veronica Mognoni - Stefano Nutini - Gruppo Sostegno Forlanini - Deborah Besseghini - Sandra Cangemi, giornalista, Milano - Alessandra Bearzatto - Carlo Stasolla - Silvia Gobbo - Alberto Proietti

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Di Fabrizio (del 03/04/2012 @ 09:42:33, in Kumpanija, visitato 3560 volte)

Desideriamo invitarvi a partecipare alla serata "LE COMUNITA' "ZINGARE" E I BEDUINI DELLA PALESTINA" con la proiezione dei documentari: UP FRONT, Media Sadaa - Alternative Information Center e JAHALIN - Co-diretto e prodotto da Talya Ezrahi, Lewie Kerr & Kamal Jafari - Alternative Information Center - organizzata dall'Associazione La Conta, che ci sarà, con ingresso libero e gratuito, giovedì 5 aprile 2012 alle 21,00, alla CGIL - Salone Di Vittorio in Piazza Segesta 4 con ingresso da Via Albertinelli 14 (discesa passo carraio) a Milano.
Parteciperà all'incontro Gabriella Grasso del Gruppo ISM Milano (International Solitarity Movement) che presenterà i documentari UP FRONT e JAHALIN e ci parlerà, tra l'altro, del rischio che corrono i beduini della Palestina di essere scacciati per sempre dalle valli del deserto tra Gerusalemme e Gerico ed ERICA RODARI, scrittrice e studiosa, che coordinerà la serata. Introduce Fabrizio Casavola.

UN FRONT Media Sadaa - Alternative Information Center
Tre donne, di diversa età, luoghi e ambiente, che sono comunque collegate dal loro potere, dalla loro indipendenza e soprattutto - dalla forte volontà di creare un cambiamento. Amoun Sleem, una delle tre donne, appartiene ai Domari, comunità degli zingari di Gerusalemme.

JAHALIN - Co-diretto e prodotto da Talya Ezrahi, Lewie Kerr & Kamal Jafari - Alternative Information Center
I beduini Jahalin vivono nelle valli del deserto tra Gerusalemme e Gerico, dediti all'allevamento di ovini e caprini, la loro principale risorsa economica. A metà degli anni 1990, una decisione del governo israeliano di espandere l'insediamento di Ma'ale Adumim, ha portato ad una serie di sgomberi che minacciavano di spostare 3000 persone, forti dalla loro casa nel deserto e distruggere il loro modo di vita tradizionale. Il film racconta la storia della loro lotta per rimanere sulla loro terra.

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Di Fabrizio (del 03/04/2012 @ 09:56:31, in sport, visitato 1606 volte)

Siamo una associazione sportiva di giovani rom nata sei mesi fa per riuscire a fare sport per i giovani rom che vivono all' interno del campo rom di Pontina. Nel più grande insediamento della capitale abitano tre comunità Rom, che ospitano più di 1.250 persone, tra cui molti adolescenti, ragazzi rom che vivono da anni nel campo di Pontina e non riescono ad uscire dalla emarginazione e dal degrado sociale. Nel 2005 furono sistemati "temporaneamente" nel parco di Decima-Malafede - Castel Romano - dall'amministrazione comunale dall'ex sindaco Walter Veltroni.

Ma da più di 7 anni i ragazzi non sono mai riusciti a fare sport per stare bene con altri ragazzi fuori dal campo. Il campo dove noi abitiamo è privo di mezzi pubblici e situato in una zona che non ha transito ai pedoni. Infatti, per prendere l'autobus bisogna andare 7 chilometri avanti, una fermata nei pressi del bar di Monte d'oro e una a Tor dè Cenci, a 17 chilometri da dove abitiamo.

I ragazzi qualche volta giocano a calcio nel campo e a volte può succedere che si facciano male. Questo perché non abbiamo un campo sportivo dove giocare nel nostro campo. Ci sono più di 600 ragazzi e ragazze che non fanno sport, ma più della metà vorrebbe farlo. Ma non riescono perché non hanno un mezzo per andare a praticare qualche attività sportiva. Ecco perche abbiamo costituito l'associazione Sporting Rom che vuole promuovere lo sport di base,la democrazia sportiva e la partecipazione dei giovani rom nello sport, così da riuscire ad integrasi con altri ragazzi nella società.

L'associazione Sporting Rom nella manifestazione podistica organizzata dall'UISP il 15 aprile, Vivicittà, parteciperà come organizzatrice della gara non competitiva di 4 chilometri. Parte del ricavato servirà per contribuire all'acquisto di un pulmino a 9 posti per accompagnare i ragazzi a fare attività sportive, visto che sono molti gli impianti sportivi comunali del XII municipio che vogliono ospitarci.

Per noi rom sarebbe fondamentale avere un pulmino perché siamo convinti che lo sport sia un importante forma di aggregazione e integrazione.

Mappa Campo Rom Castel Romano

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