Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 17/03/2010 @ 09:07:03, in Europa, visitato 1620 volte)
Di questa
storia se n'è parlato più volte in Mahalla
Osservatorio sui Balcani - Fuori dall'ombra
12.03.2010 Da Capodistria, scrive Stefano Lusa
Foto di Fabrizio Giraldi
Era la più grave violazione dei diritti dell'uomo della sua storia recente.
Ora finalmente sanata. La Slovenia ha restituito ai cosiddetti ''cancellati'' i
loro diritti. In 13.000 potranno ora riottenere la residenza
La Slovenia ha posto rimedio alla più grande violazione dei diritti dell’uomo
nella sua storia recente. Il parlamento, infatti, ha varato una norma che
consentirà a quei cancellati, che non avevano potuto farlo sin ora, di
riottenere la residenza. Dei complessivi 25.761 sono ancora oltre 13.000 coloro
che non hanno regolato il loro status. Nessuno sa quanti di essi vivano ancora
in Slovenia e quanti sono coloro che, dopo anni passati all’estero, possano
essere interessati a riottenere la residenza.
Il ministro degli Interni Katarina Kresal, nel presentare[] il provvedimento,
aveva invitato i deputati ad approvarlo “se non già per un vincolo etico nei
confronti delle persone a cui lo stato 18 anni fa ha fatto un torto, per
rispetto della costituzione”. Da anni la polemica sui cancellati è altissima e
anche questa volta il centrodestra non ha lesinato strali nei confronti del
ministro e del provvedimento. Molto si è puntato sui risarcimenti che adesso i
cancellati potrebbero richiedere alle vuote casse dello stato. La Kresal non si
è scomposta più di tanto e come al solito ha continuato a ribadire l’importanza
del rispetto della costituzione, delle leggi e dei principi dello stato di
diritto.
Ora ci saranno tre anni di tempo per presentare formale richiesta. Quello che,
però, appare più importante è che, in qualche modo, si chiede scusa per quanto
accaduto. C’è voluta una generazione di politici nuovi. Troppo giovani per
essere sulla scena politica all’epoca dei fatti e per avere scheletri negli
armadi.
La cancellazione risale all’epoca della proclamazione dell’indipendenza.
Lubiana, si era impegnata a concedere la cittadinanza a tutti i residenti che si
erano trasferiti nella repubblica dalle altre parti della federazione. Gli
immigrati erano circa 200.000. In oltre 170.000 ottennero la cittadinanza.
All’epoca qualcuno decise di andarsene, altri non riuscirono a raccogliere la
documentazione necessaria o si videro respinta la domanda, altri ancora non
presentarono richiesta di cittadinanza, pur avendo intenzione di continuare a
vivere in Slovenia. Per loro cominciò una vera e propria via crucis. Le autorità
pensarono bene di depennarli dall’elenco dei residenti. L’operazione comportò
per loro la perdita di tutti i benefit di cui godevano. Persero il diritto al
lavoro, all’assistenza sanitaria, all’acquisto a prezzo agevolato della casa ed
altro ancora. In sintesi persero il diritto di continuare a vivere nella
repubblica e si trovarono d’un tratto ad essere clandestini nel paese dove
avevano vissuto per decenni o erano addirittura nati.
La cancellazione avvenne in maniera arbitraria e del tutto illegalmente. In ogni
modo quell’operazione, fatta in gran segreto, poté contare su un consenso
sociale altissimo. L’opinione pubblica d’altronde pensava che, in fondo, quelli
erano potenziali nemici, oppositori dell’indipendenza slovena. In ogni modo
avevano avuto la possibilità di regolare la loro posizione e non avevano voluto
farlo. La cosa ovviamente non era vera, anche perché nessuno aveva spiegato loro
che se non avessero ottenuto la cittadinanza avrebbero perso anche i diritti
legati alla residenza.
Il problema dei cancellati cominciò ad emergere negli anni successivi. Le loro
tristi storie iniziarono ad essere raccontate dai giornali e già 15 anni fa il
neo nominato tutore dei diritti civili puntò il dito sulla questione sin dal suo
primo rapporto. Era facile rendersi conto che ci si trovava di fronte ad una
palese violazione dei diritti dell’uomo, orchestrata consapevolmente o meno
all’epoca del primo governo sloveno democraticamente eletto, formato da una
coalizione di centrodestra. Quando, poco dopo, il centrosinistra prese in mano
per più di un decennio le redini del paese non si preoccupò di porre rimedio
alla questione.
Il problema finì di fronte ai giudici della Corte costituzionale. Il primo
ricorso venne presentato nel 1994. Per arrivare ad una sentenza si dovette
attendere ben 5 anni. L’Alta corte stabilì l’illegalità della cancellazione e
diede 6 mesi di tempo al legislatore per correre ai ripari. Da quel momento i
politici, loro malgrado, cercarono una soluzione. Venne approvata una prima
legge che consentiva ai cancellati ancora in Slovenia di regolare la loro
residenza, successivamente vennero approvate delle modifiche alla legge sulla
cittadinanza che apriva loro le porte all’ottenimento del passaporto sloveno.
La questione era diventata materia di scontro politico. Intanto i cancellati
avevano costituito una loro associazione. A battersi per i loro diritti oramai
erano scesi in campo Amnesty International, l’Istituto per la pace e le altre
organizzazioni impegnate sul fronte della tutela dei diritti dell'uomo. Al loro
fianco c’era anche un ex giudice della Corte costituzionale, Matevž Krivic, che
divenne il loro portavoce.
La battaglia continuò con nuovi ricorsi alla Corte costituzionale. I giudici
stabilirono che la residenza doveva essere riconosciuta retroattivamente, sin
dal momento della cancellazione. Il governo allora preparò un’apposita legge e
l’opposizione indisse un referendum. Nel 2004 il 94% degli elettori disse no
alla normativa, ma la partecipazione al voto fu solo del 31%. Si proseguì con
manifestazioni, scioperi della fame e ricorsi al Tribunale europeo per i diritti
dell’uomo.
La Slovenia, che era uscita dallo sfaldamento della Federazione jugoslava con
l’immagine di un paese ordinato, si trovava a dover rispondere di una palese
violazione dei diritti umani, ormai sotto gli occhi della comunità
internazionale.
L’impegno a risolvere definitivamente la questione è comunque venuto dal nuovo
governo. La soluzione della questione dei cancellati è stata persino inserita
nell’accordo di coalizione. Molti però dubitavano che si avesse realmente
intenzione di fare sul serio.
Il ministro degli Interni Katarina Kresal ha stupito tutti e non ha mancato di
precisare che era intenzionata a chiudere la vicenda anche a rischio della sua
popolarità. Il ministero, così, con gran sgomento dell’opposizione, prima ha
fornito il
dato esatto dei cancellati, poi ha portato a conclusione il
procedimento di riconoscimento della loro residenza con effetto retroattivo per
coloro che avevano già regolato il loro status ed infine ha fatto approvare la
legge che risolverà definitivamente il problema anche per gli altri.
Di Fabrizio (del 17/03/2010 @ 09:23:27, in lavoro, visitato 1503 volte)
VERGOGNA!
Nella città delle bombe, I BRAVI RAGAZZI ROM DIVENTANO … INGOMBRANTI
E’ l’esperienza di imprenditoria Economica, Ambientale e Sociale più
significativa di Reggio Calabria e probabilmente dell’intero sud.
Un fiore all’occhiello – come in tanti si sono sempre affrettati sempre a dire
nei convegni o di fronte alle telecamere locali e nazionali –
Hanno deciso di ucciderla, cancellarla. Con un atto di sfrontato, calcolato
cinismo.
La cooperativa Rom 1995 la conoscono e l’apprezzano tutti.
Dal 1999 – epoca lontana della giunta Falcomatà – ha gestito in città il
servizio di raccolta dei rifiuti ingombranti e beni durevoli. Lo ha fatto anche
nell’era Scopelliti.
Rappresenta un piccolo, grande miracolo; un mix riuscito di efficienza,
professionalità, disponibilità, solidarietà.
E’ un esempio raro ,soprattutto a queste latitudini, di integrazione umana e
sociale dimostrato dal fatto che per servizio di raccolta degli ingombranti sono
regolarmente impiegati dieci ragazzi Rom. Nomadi, zingari, insomma.
Hanno vinto e hanno fatto vincere una scommessa difficile. Contro ogni
scetticismo. Roba da non crederci -
Ora avranno un premio: saranno giocoforza licenziati. Ricacciati nel ghetto e
nella strada. Dove però loro, persone capaci e responsabili, non intendono
andare.
La cooperativa ROM 1995 è un frutto di Legalità, ama la Legalità. Gestisce un
bene confiscato alla ‘ndrangheta che con un duro e paziente lavoro è stato
ristrutturato. Ora la Legalità è tradita e ferita.
La cooperativa Rom è amica dell’Ambiente. Gestisce un servizio di alto valore
ecologico. Incalcolabile il numero di rifiuti ingombranti (dai vecchi televisori
ai frigoriferi, dai materassi alle scaffalature) strappati alle fiumare e ai
cassonetti in questi oltre dieci anni di lavoro.
La cooperativa ROM 1995 è evidentemente un lusso per la nostra città,
un’anomalia. Non è incline alle mediazioni di basso profilo. Perciò si è deciso
di spazzarla via?
Se motivi ragionevoli non ce ne sono,le ragioni vanno cercate, come spesso
accade, dietro le quinte.
I fatti sono quelli raccontati dai responsabili della stessa cooperativa in
conferenza stampa. Incontestabili. Leggere per capire.
Dopo il bando per la gestione del servizio di raccolta differenziata, il gioco
passa in mano alla Leonia. Per la cooperativa Rom 1995 non c’è posto. Il bando
prevederebbe la possibilità di subappaltare, ma si scopre a giochi fatti, che la
Leonia (Società a maggioranza del Comune) aveva dichiarato di non volersi
avvalere di questa possibilità. Scopelliti e la sua Amministrazione avevano
rassicurato: state tranquilli, vi sarà la continuità del vostro prezioso
servizio, sarà prevista una nuova convenzione con voi. Tutte bugie. La
possibilità di affidamento alla cooperativa nel bando non ci sarà. Non la si è
voluta inserire (l’Amministrazione avrebbe potuto disporre preventivamente in
tal senso) né è stata prevista la gestione diretta del servizio da parte dello
stesso Comune. Un motivo ci sarà.
Quello che è accaduto è un fatto gravissimo e vergognoso. Una vera ingiustizia
che ci tocca direttamente, tocca direttamente tutta la città e non solo-
DOBBIAMO MOBILITARCI, FARE QUALCOSA
Chiediamo una soluzione immediata e convincente affinché il servizio di raccolta
di rifiuti ingombranti e di gestione della ricicleria che sta per essere aperta
sia affidato, come per il passato, alla cooperativa Rom 1995.
Se c’è la volontà questo è ancora possibile. Deve essere possibile.
O forse i ROM che gestiscono un bene confiscato danno un cattivo esempio. E’
un’onta, un fatto insopportabile da restituire alla “normalità”.
Dobbiamo decidere cosa fare e da che parte stare. Per questi motivi chiediamo a
tutti di aderire al nostro appello.
Legambiente sta dalla parte dei ragazzi della Cooperativa ROM 1995. E voi?
SCHIERIAMOCI.
ANCHE NOI SCEGLIAMO ALMENO PER UNA VOLTA DI DIVENTARE INGOMBRANTI!
La pagina su
Facebook
venerdì 19 marzo 2010 alle ore 21.30
All'ARCI TOM in Piazza Tom Benetollo 1, Quartiere Borgochiesanuova (sopra
supermercato FAMILA) Mantova
Vedi mappa
Per la prima volta a Mantova il nuovo gruppo musicale sinto che, nel solco della
tradizione, offre un mix esplosivo tra le generazioni passate e quella presente.
La musica de The Gipsyes Vaganes fonde i ritmi del jazz manouche e del flamenco
gitano con la tradizione musicale dei sinti estrakaria.
The Gipsyes Vaganes saranno a Mantova per promuovere Yuri Del Bar, un Sinto in
Consiglio comunale.
A seguire il concerto dei Sine Frontera.
SOTTOSCRIZIONE 3 € + TESSERA ARCI
L'evento su
Facebook
Di Fabrizio (del 17/03/2010 @ 22:07:30, in Italia, visitato 2575 volte)
COMUNICATO STAMPA 17 marzo 2010
MILANO, GRUPPO EVERYONE: ANNUNCIATO E CONFERMATO SGOMBERO COMUNITA’ ROM
DOMANI A FORLANINI
Autorità si mostrano irremovibili, nonostante la comunità Rom sia parte di un
progetto di integrazione e assistenza. Chiesto intervento Croce Rossa, per
evitare tragedie umanitarie riguardo ai molti malati, e Alto Commissario Onu per
i Diritti Umani. Le organizzazioni per i Diritti Umani inviano una lettera alle
più alte cariche dello Stato affinché impediscano in extremis un'incomprensibile
e crudele azione di pulizia etnica
“Abbiamo appreso poco fa che domattina, intorno alle 7, le Autorità di Forza
Pubblica provvederanno a sgomberare i 16 Rom romeni rifugiatisi in via Cavriana,
zona viale Forlanini, a Milano”. Lo annunciano Roberto Malini, Matteo Pegoraro e
Dario Picciau, co-presidenti del Gruppo EveryOne, organizzazione per i diritti
umani. “Le famiglie che risiedono in questo campo - tutte romene di etnia Rom -
avevano trovato in un comitato di cittadini antirazzisti locali, il ‘Gruppo di
sostegno Forlanini’, aiuto concreto in termine di generi alimentari,
abbigliamento, medicine, coperte e tende, oltre” spiegano gli attivisti,
“all’accompagnamento verso le strutture pubbliche, quali ospedali e pronto
soccorso, per la cura delle malattie, e consultori familiari e pediatrici, per
quanto concerne le vaccinazioni dei bimbi e la maternità delle donne.
All’interno del campo non autorizzato” proseguono Malini, Pegoraro e Picciau,
“si trovano donne, bambini e anziani affetti da gravi patologie da precarietà,
che necessiterebbero di immediata assistenza sanitaria e ricovero presso
strutture adibite a questo tipo di emergenze umanitarie. Per altro, il ‘Gruppo
di sostegno Forlanini‘, che lavora da oltre due anni nel campo, è riuscito ad
avviare un progetto di inserimento lavorativo presso alcune Aziende agricole
della provincia di Milano che collaborano con il Gruppo, per la coltivazione di
orti biologici. Tale progetto, inoltre” prosegue EveryOne, “prevede
l’inserimento dei giovani uomini e delle donne del campo, che, svolgendo questa
attività, potranno essere economicamente autosufficienti e provvedere ai loro
bisogni sia abitativi che alimentari. Ebbene, nonostante l’accorato appello alle
Istituzioni milanesi e alle autorità di Polizia competenti, ogni richiesta di
sospensione dello sgombero è stata freddamente respinta, nonostante non esista
alcuna alternativa alloggiativa per i Rom che verranno messi in mezzo alla
strada né un programma socio-assistenziale che li aiuti a integrarsi e a
sopravvivere”.
Il Gruppo EveryOne ha richiesto l’aiuto della Croce Rossa Italiana, affinché
domattina si rechi al campo, situato a poche centinaia di metri, entrando in
viale Forlanini, dai vecchi uffici Merzario in via Cavriana (vi si accede
attraverso un piccolo sentiero), e provveda all’assistenza umanitaria di tutte e
tutti coloro che, a causa dell’iniquità del provvedimento, ne avranno bisogno.
“Abbiamo inoltre inoltrato un documento” concludono i tre co-presidenti del
Gruppo EveryOne “all’attenzione dell’Alto Commissario ONU Navanethem Pillay, che
proprio qualche giorno fa ha stigmatizzato, nel corso del suo incontro in Senato
a Roma, l’atteggiamento discriminatorio portato avanti da istituzioni e autorità
italiane contro i Rom, al fine di un intervento urgente nei confronti del Comune
di Milano e delle autorità competenti”.
Contatti:
Gruppo EveryOne
+39 3408135204 :: +39 3313585406
info@everyonegroup.com ::
www.everyonegroup.com
Ciao,
vi inoltro in calce il comunicato relativo allo sgombero - preannunciato per
domani mattina - del campo di Forlanini-Cavriana di Milano, zona est.
Allego anche, per i soggetti che non conoscono la storia precedente, l'articolo
uscito a metà febbraio sulla pagina milanese del manifesto.
Sarebbe bene poter garantire documentazione fotografica e video.
Nel pomeriggio di oggi seguirà un'intervista a Radio popolare, nel programma
Popline.
Vi aspettiamo domani mattina, giovedì 18 marzo, h 6,30, in via Cavriana
(traversa di viale Forlanini), dopo la prima cascina per chi viene da viale
Forlanini.
GRUPPO DI SOSTEGNO FORLANINI
Vi chiedo di farlo girare ai vostri contatti. Grazie.
^^^^^^^^^^^^
Il GRUPPO DI SOSTEGNO FORLANINI (scendiamoincampo@gmail.com)
svolge la sua attività umanitaria all’interno del campo Rom di via Cavriana, in
stretta collaborazione con altre Associazioni di volontariato sociale milanesi.
Le famiglie che risiedono in questo campo sono ormai, con quello preannunciato
per domani, al loro decimo sgombero; hanno trovato nel nostro gruppo sostegno
concreto: generi alimentari, abbigliamento, medicine, coperte, tende, oltre
all’accompagnamento verso le strutture pubbliche (ospedali e pronto soccorso,
per la cura delle malattie, e consultori familiari e pediatrici, per quanto
concerne le vaccinazioni dei bimbi e la maternità delle donne). Infatti, molti
abitanti del campo soffrono di varie patologie (respiratorie, reumatiche,
traumatologiche) proprio per le cattive condizioni di vita in questa situazione,
nel totale disinteresse delle degli organi preposti alla tutela della salute
anche di questi cittadini/e.
Grazie al lavoro di due anni in questo campo, siamo riusciti ad avere un
rapporto di totale fiducia ma, soprattutto, ad essere un riferimento certo,
nell’assenza totale di ogni contatto positivo con le istituzioni ed il potere di
questa città. Ci stiamo adoperando per il loro inserimento lavorativo,
ostacolato da molte rigidità.
Gli abitanti sono una quindicina, tra giovani adulti soli, anziani in coppia o
singoli, una famiglia con la madre incinta e una bimba di nove mesi, ormai
giunta al suo settimo sgombero, e un nucleo familiare coi figli in Romania.
Chiamiamo alla mobilitazione e alla presenza la cittadinanza, le forze politiche
e sociali, gli organi di comunicazione, per impedire uno sgombero incivile e
brutale, come quello già sperimentato nelle precedenti occasioni.
L’appuntamento è per domani mattina, giovedì 18 marzo, h 6,30, in via Cavriana
(traversa di viale Forlanini).
Chi percorre il viale Forlanini in direzione aeroporto, alla periferia est
di Milano, a un certo punto, sulla sinistra, vede un muro; è l’ultimo rimasuglio
di una caserma in disarmo. Alcuni anni fa, ospitava circa 150 profughi del Corno
d’Africa (erano i reduci da via Lecco, e poi si sono dispersi, tra Bruzzano,
piazza Oberdan e altri luoghi più o meno nascosti di questa metropoli
inospitale). Il nostro Gruppo di sostegno Forlanini nacque allora, andando lì a
conoscere le storie tremende di uomini e donne, prodigandosi per le elementari
necessità di quegli “ospiti”, per la maggioranza in possesso del permesso
temporaneo perché rifugiati, ma come sempre disperati, discriminati, obbligati a
star nascosti e a non rivendicare alcunché: con un grande e diffuso sforzo di
solidarietà, garantito da associazioni, partiti e soprattutto “cittadini e
cittadine attive”, riuscimmo a garantire un’esistenza un po’ meno penosa a
quegli uomini e donne, ma sempre nella latitanza delle istituzioni. E arrivò lo
sgombero, preavviso della svolta sempre più militare impressa dalle autorità
alla questione immigrazione, tanto che la caserma fu abbattuta. Adesso, appunto,
restano solo il muro frontale e due corpi di guardia in muratura, nel frattempo
resi inagibili dall’accanimento dei successivi sgomberi. E’ in quest’ambiente,
tra le radure e la campagna retrostante, tra il fango, la neve e le sterpaglie,
che si sono poi venuti a insediare alcuni piccoli nuclei di rom, composti da
coppie di anziani, famigliole più o meno allargate con bimbi piccoli, ragazzi
soli, reduci da altri sgomberi, oppure in fuga da una Romania che ci viene
raccontata come tremenda, ma forse a suo modo non tanto diversa dalla Milano
ringhiosa di questi mesi. Ed è ricominciata, da poco più di un anno, una trafila
di solidarietà ancora più larga: ora il Gruppo ha una quarantina di componenti,
che acquistano generi di prima necessità, fanno accompagnamento sociale verso il
pronto soccorso o gli ambulatori medici (per una salute di grandi e piccini che
è sempre più minata dalle pessime condizioni ambientali), aiutano nelle minute
pratiche burocratiche, tentano l’approccio alla scuola, garantiscono la
fornitura di tende, coperte, vestiti, nella quotidianità come nelle punte più
acute degli sgomberi, quando viene distrutto tutto, dalle baracche agli affetti
personali o ai beni di proprietà - come per esempio un prezioso generatore -, ma
soprattutto si insulta la dignità. E siamo riusciti ad avviare un contatto
fiduciario, con soggetti che da tempo hanno perso ogni riferimento con la
cittadinanza, le istituzioni, il potere.
Siamo ormai al nono sgombero di questa realtà, che non ha mai impensierito
realmente gli abitanti del quartiere, cui basta il traffico frenetico del viale
e quel muro per non vedere quel luogo di perdizione. Eppure gli “ospiti” di quel
campo non si vogliono nascondere: ad aprile 2009, poco prima del primo sgombero,
a un’assemblea in piazza Ovidio con De Corato, indetta sulla sicurezza,
convincemmo due di quelle donne a intervenire pubblicamente; davanti a una
platea prima tumultuante e poi raggelata nell’ascolto, parlarono della loro vita
grama, della loro insicurezza, del degrado in cui non volontariamente vivevano,
dimostrando quanto erano “normali” gli “alieni” da cui ci sentiamo “minacciati”.
Ora il nostro gruppo intende intensificare la lotta a questa politica truce;
saremo presenti agli interventi che lì si preannunciano, abbiamo già raccolto
materiale per altri tre sgomberi, in modo da non lasciare sguarnite le
dotazioni; domani, giovedì, preannunceremo in Consiglio di zona (via Oglio 14, h
18) queste nostre intenzioni: più oltre, nella stessa seduta, una mozione della
Lega chiederà l’ennesimo sgombero.
E intendiamo denunciare questi comportamenti inumani nelle sedi ufficiali, alla
stampa e agli organi nazionali e internazionali a ciò preposti. Perché i “loro”
diritti sono i “nostri” diritti.
Purtroppo la polizia ha confermato lo sgombero del campo in via Forlanini per
domani 18 alle 7.30. Il campo è seguito da un ampio gruppo di solidarietà, che
ha attivato un 'progetto di inserimento lavorativo' (quello del vino rom), un
accompagnamento ai servizi sanitari, un aiuto materiale, il coordinamento con le
scuole, etc.
Chiedevano un aiuto e una presenza domattina.
Il campo si trova in via CAVRIANA
Si entra da Viale Forlanini, si passano i vecchi uffici di Merzario siti sulla
destra (palazzina anni 70 di 4/5 piani color marroncino).
Si procede sulla stretta via per circa 100mt. Sulla destra ad un certo punto si
vede una casetta prefabbricata in legno che non fa parte della comunità (stile
baita di montagna).
A quell'altezza vi è uno slargo (parola grossa ma due utilitarie in fila possono
essere parcheggiate)
Sulla sinistra della "baita" ci sono i nostri amici. Vi si accede tramite un
sentierino.
Credo sia molto importante una presenza
Tommaso Vitale
Di Fabrizio (del 18/03/2010 @ 09:07:44, in Europa, visitato 2819 volte)
Una
segnalazione del mese scorso. Interviene una voce importante. La traduzione
dallo spagnolo è di Zelda Sayre Giannini
Da un Articolo di Juan de Dios Ramírez-Heredia, Presidente della Unión
Romaní Española (Unione Rom Spagnoli)
la foto è tratta da
http://www.psoe.es/ambito/pueblogitano/news/index.do?action=View&id=411207
Nella città Slovacca di Ostrovany hanno costruito un muro di 150 metri largo e 2
metri alto per isolare la Comunità Gitana dal resto della popolazione .E'
difficile credere che questo avvenga in un paese, membro dell' "Unione" (??)
Europea nel 20° anniversario, appena concluso,della caduta del muro di Berlino.
[...]
Nel 1961 le autorità comuniste,che hanno governato la Germania,divisa dopo la
Seconda Guerra Mondiale, per evitare che molti cittadini fuggiti in altre aree
di libertà, hanno costruito quel muro orrendo che ha visto per oltre
quarant'anni ha diviso i cittadini a causa delle loro convinzioni,in spazi
chiusi,dove ogni tentativo di raggiungere la libertà era pagato con il carcere o
con la vita. Ho avuto la fortuna di vivere in prima persona a Berlino, la notte
meravigliosa quando la parete è stata distrutta. A quel tempo ero un deputato al
Parlamento europeo e appartenevo alla commissione giustizia. Il 9 di novembre
del 1989 i tedeschi da entrambi i lati del muro con martelli e asce e con tanto
entusiasmo e forza fisica hanno distrutto questa vergogna che ha diviso intere
famiglie per quattro decenni. Quella sera andai a letto presto, ma un uomo che
dormiva nella stanza accanto alla mia in albergo ha bussato alla mia porta
dicendomi di alzarmi, dovevamo andare in piazza per vivere intensamente un
evento storico unico: la distruzione del muro. Ho passato tutta la notte per
strada, felice, guardando il trionfo della libertà. Ogni masso che ho visto era
come una tromba che annuncia un nuovo giorno. Ogni colpo all' infamia era come
una nota che ha contribuito al raggiungimento del miglior inno esaltante la pace
e l'armonia fra gli esseri umani. Ovviamente non ho potuto resistere alla
tentazione di portarmi in Spagna alcuni pezzi del muro che ho diviso tra gl,i
amici e la famiglia. Ancora oggi, c'è sullo scaffale nel mio ufficio un po 'di
muro, testimone muto di tanta infamia.
La stampa locale e internazionale ha definito il nuovo muro slovacco "muro di
Berlino".A 20 dalla caduta del simbolo della divisione dell'Europa.
Cirillo Revákl,Sindaco di Ostrovany , dice che non è razzista perché sa che
"ci sono tante persone oneste tra i nostri zingari". Ma giustifica la
costruzione del muro, principalmente con l'accusa che i vicini gadchés (i Rom,
Sinti, i Gitani... con il termine Gagè indicano i non Zingari , cioè noi
)sollevano verso gli Zingari e cioè quella di cogliere spesso i frutti dagli
alberi dei giardini privati. !!!!!!!!!!! :((((
Dice uno Zingaro condannato a vivere dall'altra altra parte di questo muro che
la separazione non aiuta nessuno, ne i gadchés ne gli Zingari. E altri,
rassegnati al loro destino, dicono di sentirsi come uno zoo. Povera gente! Ora
possono saziare la loro fame e la loro miseria con la frutta "generosamente"
versata loro dalle autorità razzista di Ostrovany dall'altra parte del muro,
come hanno fatto i miei figli quando erano piccoli gettando le mele per le
scimmie nel parco.
Ho appena fatto un viaggio indimenticabile e scioccante in Polonia. Oltre a
visitare i campi di sterminio di Majdanek, Treblinka e Auschwitz, dove più di
mezzo milione di Zingari furono gassati unitamente milioni di ebrei, ho visto i
resti delle mura che hanno modellato il ghetto di Varsavia, Lublino e Cracovia.
Sono testimonianze vive, laceranti, l'epoca più difficile e più INFAME del
genere umano. La gente si CONFINAVA dietro a quelle mura, prima di CONDANNARLA a
MORTE
Sappiamo che in Slovacchia c'è una destra, fascista e violenta che vorrebbe
ripetere quelle pagine nere della storia d'Europa. Loro possono essere anche gli
eredi di quegli assassini che hanno collaborato con il genocidio, quando il loro
paese stava vivendo l'aggressione dei nazisti che li opprimevano la Polonia a
nord e l'Ungheria a sud. A Noi, gli Zingari in tutto il mondo,fa ORRORE quella
massima che dice: "Le persone che dimenticano la loro storia sono condannati a
ripeterla" non è un caso che questa frase è scritta all'ingresso del blocco
numero quattro del campo di sterminio di Auschwitz in polacco e in inglese: "
Kto nie pamięta historii, skazany jest na jej ponowne przeżycie ". "The one who
does not remember history is bound to live through it again. "
CHI NON RICORDA la STORIA è CONDANNATO a VIVERLA di NUOVO !!!!!!!
Di Fabrizio (del 18/03/2010 @ 09:48:08, in Italia, visitato 1773 volte)
Ricevo da Roberto Malini
COMUNICATO STAMPA
MIlano, 17 marzo 2010. Il segretario provinciale della Lega Nord di Milano, Igor
Iezzi, ha chiesto al sindaco di Milano Letizia Moratti di tagliare i fondi
pubblici a Opera Nomadi dopo che l'associazione ha aderito al presidio per
impedire lo sgombero dell'insediamento Rom in zona Forlanini, dove vivono una
quindicina di persone in gravi condizioni di emarginazione e povertà, aiutate
proprio dalle associazioni e da privati cittadini che non sono stati
travolti dall'odio razziale. "Non è pensabile," ha scritto il leghista in una
nota, "che chi riceve soldi pubblici per fare opera di integrazione culturale si
faccia promotore di una iniziativa di questo stampo, che inneggia all'illegalità
e all'abusivismo".
"Iezzi sbaglia," dichiarano Roberto Malini, Matteo Pegoraro e Dario Picciau,
co-presidenti del Gruppo EveryOne, "perché la Costituzione italiana e gli
accordi internazionali vietano sgomberi, persecuzione etnica e negazione di
alloggi alternativi e assistenza sociale ai senzatetto, soprattutto se
appartenenti a gruppi sociali disagiati e discriminati, come i Rom. Questa è la
vera illegalità, che causa tragedie umanitarie, crea disagio sociale e mette l'italia
in pessima luce di fronte alle istituzioni internazionali. Le associazioni come
Opera Nomadi hanno il dovere di tutelare le minoranze perseguitate, in linea con
gli accordi internazionali sui Diritti Umani. La politica dissennata dei
movimenti anti-stranieri, inoltre, distoglie le forze dell'ordine dai veri
problemi di sicurezza: la mafia, che si sta impadronendo del Paese, la droga,
che rovina la nostra gioventù, la corruzione, che avvelena la società e crea
caste al di sopra della legge. Le azioni di sgombero vedono il governo e le
amministrazioni locali nel torto di fronte alle leggi e alla morale civile,
trattandosi di azioni disumane, come più volte denunciato dall'Alto Commissario
Onu, dalla Commissione europea e dalle organizzazioni per i Diritti Umani. Se si
arriva a intimidire quelle poche associazioni rimaste a sostegno delle minoranze
perseguitate, si tocca il fondo dell'inciviltà: è ciò che fecero i nazisti con
le organizzazioni umanitarie nel Reich ed è una politica foriera di un futuro
ancora più fosco e crudele dei terribili giorni attuali, in cui esiste una
differenza abissale fra i diritti degli italiani e degli stranieri appartenenti
a razze e gruppi vulnerabili".
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Gruppo EveryOne
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Di Fabrizio (del 18/03/2010 @ 10:33:41, in Italia, visitato 1739 volte)
Mi scrive
TodoCambia
Riceviamo dal Collettivo MaiStateZitte il seguente aggiornamento sullo
sciopero della fame in corse nel C.I.E. di via Corelli:
Lo sciopero continua compatto, e ora siamo alla fine dell’ottavo giorno. La
fame si fa sentire, molti non si alzano più dal letto, la situazione è dura e la
tensione cresce. Continuano a nutrirsi solamente con le bevande che vengono
portate dai solidali giornalmente. Nonostante le difficoltà e la stanchezza i
reclusi di Corelli vogliono continuare la lotta almeno fino sabato, e poi vedere
di proseguirlo a staffetta. Intanto si può registrare una piccola ma
importante vittoria. La ragazza marocchina che stava male, dopo le pressioni
fatte da fuori e le battiture all’interno è stata finalmente rilasciata ed ora è
libera, libera come lo può essere una donna senza permesso di soggiorno oggi in
Italia…
Intanto grazie all’ininterrotta corrispondenza con dentro le storie, le più
assurde, si moltiplicano.
C’è un ragazzo nigeriano che ha ottenuto l’asilo politico in Italia. Di ritorno
da un viaggio in Germania durato alcuni mesi, dove è andato a trovare dei
parenti, viene fermato all’aeroporto di Linate. Con il foglio dell’asilo
politico scaduto da due mesi viene portato in Corelli, e oggi il giudice gli ha
convalidato il fermo .
Oppure vi è la storia di un ragazzo rom rumeno che finito nel mezzo di una
retata viene fermato e portato nel centro. Ha la moglie incinta, un contratto
d’affitto regolare, un lavoro. Il giudice, cosa più unica che rara, non gli
convalida il fermo in Corelli. Lui esce libero dal centro la mattina, fa poche
centinaia di metri e viene fermato da una pattuglia di polizia che lo riporta in
questura e la sera è di nuovo dentro al centro di Corelli, con i suoi compagni
di stanza che sbigottiti ci chiamano increduli. E stamattina il giudice si è
ricreduto: ha decretato che dovrà passare i prossimi sei mesi nel centro.
Infine la storia di G. dal Gambia.
Con un permesso di soggiorno spagnolo per motivi di salute finisce in carcere in
Italia, e da li a Corelli. Lui vuole tornare in Spagna, ma niente, non lo
mollano. Da dentro ci chiamano dicendo che sta male, non riesce a camminare, ha
dolore a tutte e due le gambe, che non dovrebbe stare in un centro. Non riesce a
dormire dal dolore, deve essere operato. I suoi compagni chiamano la Croce
Rossa, chiedono che venga ricoverato, ma niente. Il ragazzo deve restare in
centro, deve restare in Italia, non può ne’andare in Spagna ne’ farsi curare in
ospedale.
Tutti gli scioperanti di Corelli, reparto trans donne e uomini, ringraziano
tutti per la vicinanza e la solidarietà espressa. Ringraziano le radio che li
hanno intervistati e che ogni giorno li chiamano, i compagni e le compagne che
da fuori portano loro le bevande, tutti quelli che in qualche modo stanno
lottando per l’abbattimento di questi muri, e ci ricordano che insieme possiamo
farcela.
Di Fabrizio (del 19/03/2010 @ 09:00:34, in lavoro, visitato 1678 volte)
Sono seriamente indeciso: un caso di ignoranza o di
malafede? Lavoravano (con tutto ciò che comporta per una popolazione che
storicamente ha avuto difficoltà nell'accesso al mercato del lavoro), spesso
pagati in ritardo, anche di mesi e mesi. Avevano la pretesa di essere pagati per
il loro lavoro! Ed osano lamentarsi per essere stati lasciati a casa (se di casa
si può parlare...)
Il Giornale Ora i rom si lamentano perché il Comune non li vuole pagare
più
di Redazione
Quando ha dovuto affrontare l’emergenza rom, l’assessore alle Politiche sociali
del Comune si è messa le mani nei capelli. «Era fuori controllo. Noi abbiamo
preso in gestione una situazione abbandonata a se stessa», racconta
Mariolina Moioli. Era il 2006 e l’amministrazione aveva da anni una convenzione
con l’Opera Nomadi per gli interventi di mediazione culturale nelle scuole
elementari da 100mila euro. Più un secondo contratto di 125mila euro annui con
la cooperativa sociale di romeni Romano Drom, fondata dal segretario dell’Opera
Nomadi, Giorgio Bezzecchi. Ma poco dopo il suo arrivo la Moioli ha deciso di
rescindere i contratti: «All’inizio ho lasciato fare, poi ho verificato e le
cose non corrispondevano. Vedevo che non c’era un’equa distribuzione dei bimbi
rom: una scuola ne aveva 5 e un’altra ne aveva 50. Abbiamo cambiato sistema e i
presidi sociali ho pensato di farli nei campi». E da quando ci sono loro,
assicura l’assessore, il numero dei rom che vanno a scuola è aumentato di molto.
L’Opera Nomadi come spiega il vicepresidente Maurizio Pagani «è una onlus, senza
fini di lucro. Non percepiamo uno stipendio, e ora i soldi sono sempre meno. Il
nostro bilancio è di 30mila euro». Giura Pagani che chi lavora per
l’associazione è volontario e l’obiettivo è solo quello di promuovere attività
di mediazione culturale e sociale per il riconoscimento delle comunità rom e
sinti. Ma come ammette lo stesso Pagani, le mediatrici che hanno lavorato fino
al 2007 con il Comune percepivano uno stipendio: «Dieci euro netti all’ora, con
un contratto cocopro che veniva rinnovato di anno in anno».
Di Fabrizio (del 19/03/2010 @ 09:11:48, in blog, visitato 2020 volte)
Di Valeria Venturini su
Euroalter.it
("Gypsies". Photo by: mieszko.stanislawski/Flickr).
[...]
CHI SONO I ROM?
I Rom sono parte integrante del territorio europeo da migliaia di anni,
arrivando ad oggi ad una stima approssimativa di 10-12 milioni di persone: la
minoranza etnica piu diffusa sul territorio, presenti in tutti e 27 gli stati
membri, in molti dei quali si registrano episodi di particolare violenza e
intolleranza, che aumentano in maniera esponenziale.
Lo spostamento dei Rom si è inoltre incrementato notevolmente a seguito
dell'allargamento UE verso l'Est Europa, tra il 2004-2007.
Ci troviamo nel cosiddetto "Decennio per l'inclusione dei Rom nel territorio
europeo" (2005-2015) indetto dalla Commissione Europea (anche se in pochi
sembrano saperlo) : la Commissione Europea ha deciso di organizzare ogni due
anni un vertice sui Rom con l'obiettivo di riunire alti rappresentanti delle
istituzioni UE, dei governi nazionali e delle organizzazioni della società
civile di tutta Europa. In qualità di Presidente della Commissione, Barroso ha
dichiarato che tali eventi rappresentano "un'opportunità unica per dare più che
mai priorità ai problemi dei Rom".
Il primo vertice si è tenuto a Bruxelles il 16 settembre 2008; il secondo
vertice si terrà a Cordoba (Spagna) l'8 aprile 2010.
I 10 PRINCIPI DI BASE COMUNI SULL'INCLUSIONE dei Rom sono:
1.Politiche costruttive, pragmatiche e non discriminatorie
2.Approccio mirato esplicito ma non esclusivo
3.Approccio interculturale
4.Mirare all'integrazione generale
5.Consapevolezza della dimensione di genere
6.Divulgazione di politiche basate su dati comprovati
7.Uso di strumenti comunitari
8.Coinvolgimento degli enti regionali e locali
9.Coinvolgimento della società civile
9.Partecipazione attiva dei Rom
Si alza però un grido d'allarme preoccupante.
COSA NE PENSANO I GAGE'?
Negli ultimi due anni le indagini europee hanno mostrato come nel 77% dei casi,
gli intervistati, Gagè, ovvero i non Rom, considerano uno svantaggio sociale
essere Rom, e circa un quarto degli europei si sentirebbe a disagio ad averli
come vicini di casa.
La comunità Rom soffre una massiccia discriminazione in Europa, indistintamente;
una segregazione che in alcuni paesi sembra sempre più somigliare alle "leggi
razziali" di inizio secolo.
In alcuni paesi come la Romania non è difficile trovare scritte fuori dai locali
"vietato l'accesso ai rom"; in Italia, a Roma, qualche settimana fa una donna
Rom ha dovuto pagare un caffè due euro, piuttosto che 85 centesimi, con la
giustificazione sbrigativa del gestore: "cosi non vengono più".
E intanto continuano gli sgomberi in Italia e i pestaggi nell'Est Europa.
Una vita ai margini, in condizioni disastrose, soprattutto per i bambini, che
nascono spesso con gravi malattie; una vita in baracche, al freddo, con poche
possiblità di trovare lavoro, se non mendicando.
E troppo spesso per le strade italiane si sente dire: "non hanno voglia di
lavorare, non è nella loro cultura".
Ma nessuno conosce davvero questa cultura.
Tutti ne parlano, politici in primis, e nessuno ne sa niente.
QUALI MOTIVAZIONI LI SPINGONO A PARTIRE?
Non si tratta di "cultura del viaggio": pochi sono quelli che continuano a
viaggiare per amore per la libertà, come i Gitanos in Spagna.
I Rom nella maggioranza dei casi lo fanno per necessità.
Un cittadino Rom, intervistato da un responsabile della Commissione Europea ha
così risposto:
"In Romania mi aspetto di mangiare una volta al giorno. In Finlandia mi aspetto
di mangiare tre volte il giorno. Questa è la differenza".
Troppo semplice da comprendere?
Le differenze all'interno della cultura Rom sono enormi: un gruppo della Romania
non può certo essere confrontato con un gruppo proveniente dal Kosovo.
Ciò non è così incomprensibile: le famose riunioni di condominio sono
emblematiche di come sia difficile la convivenza tra persone con abitudini e
schemi di riferimento differenti dai nostri.
Per questo ho voluto trattare questo argomento una seconda volta, per vedere
quali misure sono state prese dall'inizio di questo decennio dell'inclusione, e
ne tratterò ancora in futuro, dato il poco spazio di cui dispongo, e data la
complessità e la delicatezza dell'argomento.
Gli esempi che vado ad illustrare, sono estremamente sintetizzati e pertanto
possono risultare poco chiari, ma spero possano servire come uno spunto di
riflessione sull'argomento a tutti coloro che ne siano interessati.
L'EUROPA
La Commissione Europea per i diritti umani ha criticato fortemente paesi come
Italia, Bulgaria e Grecia, e in generale i paesi dell'Est Europa, per i
trattamenti discriminatori adottati nei confronti di Rom e Sinti all'interno dei
paesi.
Se ci cerca di capire come l'Europa affronti il problema Rom, ci si trova
davanti a misure e interventi eterogenei, proprio come la popolazione a cui si
riferisce, dove spesso nessuno si preoccupa effettivamente di chiedere ai
diretti interessati la propria opinione al riguardo.
L'Unione Europea ha cercato di dare una cornice di riferimento ai provvedimenti
individuali dei singoli stati, dal 2001 ad oggi, ma ogni stato ha deciso in
maniera autonoma le misure da adottare.
Circa 300.000 Rom vivono in REPUBBLICA CECA, arrivando ad essere circa il tre
per cento della popolazione.
Un rapporto di Amnesty International, intitolato "Ingiustizia rinominata",
esamina il lavoro delle autorità della Repubblica Ceca che, nonostante una
sentenza del 2007 della Corte Europea per i diritti umani, continuano a inserire
i bambini e le bambine rom in scuole per alunni con "lieve disabilità mentale",
impartendo loro in questo modo un'istruzione inferiore agli standard.
"L'istruzione è la via per uscire dal circolo vizioso di povertà ed
emarginazione che colpisce gran parte della popolazione rom. Se il governo della
Repubblica Ceca non darà uguali opportunità ai bambini e alle bambine rom,
negherà loro la possibilità di avere un futuro migliore e di partecipare
pienamente alla vita del paese".
Sempre in REPUBBLICA CECA c'è stato un progetto chiamato "Vesnička soužití"
(Progetto coesistenza), promosso da varie ONG locali, che ha permesso la
costruzione di abitazioni nella città di Ostrava, tra Rom e non che avessero
perso le proprie abitazioni (30 famiglie in tutto).
Il governo ha stanziato circa 2.455.423 euro per il progetto, e sembra che la
combinazione case-lavoro sociale abbia avuto un effetto positivo.
In ITALIA negli ultimi anni è cresciuto il problema nomadi, che ha visto il
proliferare di leggi sbagliate e talvolta razziste, che non solo non risolvono
nessun "problema", ammesso che si possa definire tale, ma fomentano la paura e
la discriminazione anche di coloro che vivono qui da generazioni, con un lavoro,
una famiglia e un'ottima padronanza della lingua italiana.
C'è stata anche la proposta del Ministro Maroni di fare un censimento, che di
per sè sarebbe una buona idea, non discriminatoria e utile, anche a livello
statistico, alla quale è poi stata aggiunta la clausola delle impronte digitali:
chiara violazione di diritti umani, e del principio di uguaglianza.
Il rapporto Europeo sulla questione abitativa dei Rom, fa riferimento al
progetto "Città sottili" come il più virtuoso realizzato in Italia: nato
dall'Unità Sanitaria Locale, con il Comune di Pisa e una serie di organizzazioni
non governative presenti sul territorio, con il patrocinio dell'USL, e
finanziato dalla Regione Toscana, l'ambizioso progetto, nato nel 2002, auspicava
uno smantellamento dei cosiddetti "campi nomadi" nell'area di Coltano (tra Pisa
e Livorno) a favore di una costruzione di unità abitative.
Le attività sono state seguite da tre mediatori Rom, e alcuni abitanti del campo
hanno lavorato nella costruzione di queste case.
Nonostante il progetto sia stato il perno di un dibattito politico, e con un
seguito di opinione pubblica non indifferente, è stato portato avanti con molte
difficoltà, tanto da arrivare al punto che le case sono state costruite ma
nessuno ci vive e nessuno ne parla più, per evitare una "guerra tra poveri".
Le varie amministrazioni nel corso degli anni non hanno saputo decidere come
allocare le famiglie, che nel frattempo sono cresciute numericamente, e il
progetto è rimasto in una fase di stallo, sotto il pesante velo dell'omertà.
In UNGHERIA gli attacchi sono in crescita: nel 2008 ci sono stati 16 incidenti
con armi contro cittadini Rom; in SERBIA è forte soprattutto il problema
abitativo; in KOSOVO e ROMANIA sono frequenti gli attacchi violenti, spesso
perpetuati dalle forze dell'ordine, nei confronti di questa minoranza.
In INGHILTERRA, il motto è: "right to school, right to the future".
La riforma dell sistema scolastico, febbraio 2009, ha proposto una nuova
esperienza di inclusione sociale verso i giovani Rom e Travellers (nomadi).
Lo "UK department for children, schools and families" ha così commentato:
"Possiamo immaginare quanto possa essere difficile per un bambino imparare, se
posto costantemente sotto pressione di essere catalogato come "gipsy", rom o
traveller? (…)
Serve un sistema di inclusione per tutti i bambini. Tutti i background culturali
devono essere capiti e rispettati (…) Dobbiamo far crescere la consapevolezza
nelle autorità locali, scuole, genitori, e bambini, affinchè si possano fare
passi avanti verso il cambiamento di cui abbiamo bisogno".
La SPAGNA è il terzo paese, dopo Romania e Bulgaria, per numero di Rom: un
esempio di virtuosismo è stato il "Piano di Integrazione per i Rom in Catalonia"
(2005-2008), che si riferisce soprattutto ai Rom provenienti dall'Est Europa: il
governo ha finanziato 3.5 milioni di euro annui per la sua implementazione, (al
quale si aggiungono i finanziamenti di singole regioni e ONG) e una serie di
azioni per la loro "integrazione"(con tutti i rischi che questa parola comporta)
negli ambiti del lavoro, scuola e problemi abitativi.
In IRLANDA, nel 2007 i Travellers erano 8099, di cui circa il 22% in abitazioni
specifiche.
Negli ultimi anni si è cercato di far fronte al problema abitativo e il 97% di
essi è stato messo in abitazioni regolari; sono inoltre nati molti organi
istituzionali che si occupano attivamente dell'argomento e che cercano di dar
loro la possibilità di una partecipazione attiva, come "Accommodation
Consultative Committee" (LTACC), o il "Council Traveller Accommodation Programme"
(TAP).
La FRANCIA con la legge Besson(1990; 2000) ha decretato che ogni città con più
di 5000 abitanti deve avere un'area di accoglienza: Sarkozy ha poi aggiunto nel
2003 la postilla che chi non rispetta le regole dei campi è fuori per sempre.
Le zone di accoglienza sono in questo caso un luogo di passaggio, e sono
previsti programmi abitativi per coloro che decidano di trattenersi a lungo.
In GERMANIA, a Monaco, nel 1929 esisteva un "Ufficio centrale zingari" che
sarebbe sfociato in uno sterminio di una violenza cieca: memore del passato, il
paese ha perciò accolto i Rom come minoranza nazionale.
Sono state assegnate case, assistenza e condizioni favorevoli per lavorare,
ovviamente a patto che vengano rispettate le leggi.
Consiglio di leggere i rapporti del FRA (European Agency for Fundamental Rights)
che spiegano nel dettaglio le misure, virtuose e non, adottate dai paesi membri
UE.
E' evidente la necessità in ogni paese di un ufficio che si occupi direttamente
della questione, e soprattutto di sfatare il mito "zingaro" e tutte le
discriminazioni annesse a questo termine improprio.
Una sola voce non può certo cambiare le coscienze, ma può essere un primo
impulso al cambiamento, soprattutto culturale, di cui l'Europa ha sicuramente
bisogno.
Di Fabrizio (del 19/03/2010 @ 09:23:00, in Italia, visitato 1374 volte)
Ricevo da Paolo Ciani
In Italia è in corso una revisione della normativa riguardante il diritto
alla cittadinanza. A questo riguardo, la Comunità di Sant'Egidio desidera porre
l'accento in particolare sul diritto alla cittadinanza dei minori nati in
territorio italiano o giunti in tenera età e scolarizzati in Italia.
La campagna per la cittadinanza promossa dalla Comunità di Sant'Egidio intende
quindi richiedere che nella nuova normativa sia previsto che
- il bambino nato in Italia da cittadini stranieri regolari possa acquisire la
cittadinanza al momento della nascita;
- possa acquisire la cittadinanza anche il bambino, nato all’estero e giunto in
Italia minorenne, che abbia frequentato un ciclo di studi nel nostro Paese.
Si può sostenere la campagna con la FIRMA ONLINE
oppure utilizzando IL MODULO ALLEGATO
http://www.santegidio.org/index.php?pageID=1597&idLng=1062
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