Conoscere non significa limitarsi ad accennare ai Rom e ai Sinti quando c'è di mezzo una disgrazia, ma accompagnarvi passo-passo alla scoperta della nostra cultura secolare. Senza nessuna indulgenza.
09/02/2010 - Martedì a Ginevra l'Italia è finita sotto le critiche del
Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite riguardo le sue misure su
migrazione, minoranze e indipendenza del giudiziario.
Il paese era sotto scrutinio come parte del meccanismo di Revisione Periodica
Universale del consiglio, che ogni quattro anni monitora i dati sui diritti di
ogni stato membro dell'ONU.
Una delegazione da Roma, guidata dal Vice Ministro degli Esteri Vincenzo
Scotti, ha detto che il governo intende presentare una legge al parlamento per
ratificare la convenzione europea contro il traffico di persone.
La delegazione dei 25 ha detto che si indagherà sugli incidenti violenti e
razzisti contro migranti e minoranze, inclusi Rom e Sinti [...]
L'Italia rifiuta di accettare alcuni migranti e richiedenti asilo, compreso
quelli già sulle imbarcazioni in mare, e gli sgomberi forzati di altri
non-cittadini sono stati criticati da alcuni stati.
Nel processo di revisione sono stati trattate anche le questioni
dell'indipendenza dei media e del potere giudiziario.
cari amici,
è venuto il momento di uscire dai gusci, per opporsi seriamente al trasferimento
forzato dei rom,
a tor de cenci, lunedì 15 alle ore 11 arriva il prefetto e Scozzafava del V dip
di Roma per dire ai rom che devono andarsene con tanto di fotosegnalamento e
sperare, poi, di poter essere ricollocati a Castel romano,
io, che lavoro con loro dal 1995, da quando il villaggio fu inaugurato dal
Sindaco Rutelli, mi muoverò per contrastare questa deportazione, penso che
ognuno di noi, per le proprie responsabilità, debba e possa spendersi per
difendere con la dignità dei rom, un po' anche della propria,
Chiunque possa intercettare organismi internazionali di difesa dei diritti
umani, assieme a santa stampa e televisioni, è pregato di farlo, dando a tutti
l'appuntamento al
Campo attrezzato di Tor de Cenci, Via Pontina 601
LUNEDI 15 FEBBRAIO ALLE ORE 11
vi aspetto con i rom che non vogliono andarsene
Perrini Paolo
Ricevo inoltre da Marco Brazzoduro il seguente comunicato
Lettera aperta dei Rom del villaggio attrezzato di Tor de Cenci
Siamo persone Rom, bosniaci, macedoni e montenegrini, e alcuni dei nostri figli
hanno ottenuto la cittadinanza italiana. Abitiamo dal 1995 nel villaggio di Tor
de Cenci, da quando il sindaco Rutelli ci trasferì assegnandoci un container a
famiglia.
Non abbiamo mai avuto problemi di alcun tipo con i cittadini di Tor de Cenci e
Spinaceto, anzi, la nostra integrazione è dimostrata dalla partecipazione nel
locale comitato di quartiere e dalle frequenze regolari nelle numerose scuole
dove i nostri figli sono iscritti.
Dopo anni di abbandono da parte delle istituzioni cittadine preposte l'attuale
sindaco Alemanno ci impone di trasferirci nel grande campo, che già ospita 800
nostri fratelli, di Castel Romano.
Perchè?
Sappiamo che l'assessora Belviso aveva promesso in campagna elettorale ai
cittadini italiani il nostro trasferimento, ottenendo qualche voto in più.
Sappiamo che su di noi si giocano interessi politici che fanno leva su
pregiudizi e stereotipi alimentando paure e razzismi vergognosi.
Siamo uomini e donne alla ricerca di dignità e rispetto come tutti voi.
Come mai, con le note difficoltà di sistemarci in aree attrezzate difficili da
trovare, si vuole smantellare Tor de Cenci, che a differenza di Casilino 900, è
un campo attrezzato costato ai cittadini italiani milioni di euro, per aggravare
la situazione trasferendoci in un campo già grande e disagiato al di fuori di
qualsiasi contesto urbano? A chi conviene?
Chiediamo alle autorità preposte di ripensarci.
Nel 2009 abbiamo subito quattro censimenti da parte di polizia, carabinieri,
croce rossa e vigili urbani, ora il prefetto vuole ripetere un altro censimento
per scegliere chi è buono e chi cattivo.
Siamo stanchi di subire, ci opporremo con tutte le forze che abbiamo a fianco di
chiunque voglia
DIFENDERE LA DIGNITA' DEI ROM PER DIFENDERE UN PO' DELLA PROPRIA.
NO ALLA DEPORTAZIONE DEI ROM
E' il frutto della politica degli sgomberi di comune e prefettura,
denunciano le associazioni che operano nel campo. ''È diventato il rifugio di
chi è scappato dagli sgomberi''
MILANO - Nel 2007 il Comune di Milano ha eseguito una quarantina di sgomberi di
campi nomadi più o meno piccoli. Dove sono finiti chi viveva in quelle baracche
rase al suolo? Circa 600 hanno deciso di ricostruirsela alla Bovisa, in un
terreno abbandonato fra i binari delle Ferrovie nord e via Bovisasca. "A
settembre c'erano solo un centinaio di rom -spiega Valerio Pedroni,
coordinatore dell'equipe di strada Segnavia dei padri Somaschi, che tre
volte alla settimana assiste donne e bambini-. Negli ultimi due mesi sono
aumentati a dismisura. È diventato il rifugio di chi è scappato dagli sgomberi".
Ora le baracche sono circa 200 e secondo il censimento dei vigili urbani,
eseguito il 26 febbraio, vi abitano 750 persone, quasi tutte romene, di cui 280
bambini e 200 donne. "È il frutto della politica degli sgomberi adottata dal
Comune e dalla Prefettura", sottolinea Valerio Pedroni. Per il Comune di Milano
ora è venuto il turno del campo della Bovisa. "Verranno effettuati continui e
costanti allontanamenti da parte della polizia municipale con il supporto della
polizia di Stato e dei Carabinieri", ha annunciato il 28 febbraio Riccardo De
Corato, vicesindaco di Milano. Domani la commissione consigliare sulla sicurezza
effettuerà un sopralluogo (vedi lancio successivo; ndr).
I rom della Bovisa non hanno acqua né luce. "Ogni due settimana portiamo donne e
bambini a fare la doccia nelle strutture della fondazione Fratelli di San
Francesco -racconta Valerio Pedroni-. Stiamo aiutando i bambini a inserirsi
nelle scuole e abbiamo raccolto le preiscrizioni per il prossimo anno
scolastico". L'equipe di Segnavia è formata da 4 operatori professionali e il
progetto di assistenza è finanziato dalla Fondazione Cariplo.
Nel campo rom della Bovisa operano anche altre due associazioni. Il Naga,
che con il suo camper di medici volontari visita due volte al mese la
baraccopoli, e la Comunità di Sant'Egidio. "Ci sono famiglie che prima abitavano
negli insediamenti di Chiaravalle, Bacula, Sesto San Giovanni e Cinisello
Balsamo -spiega Marta Pepe, volontaria del Naga-. Si sono concentrati
tutti qui ora anche perché hanno paura, temono rappresaglie e sperano che un
campo così affollato non venga sgomberato". "Conosciamo sei famiglie che prima
abitavano nel campo di Chiaravalle -racconta Elisabetta Cimoli di Sant'Egidio-.
A metà giugno sono stati sgomberate e si sono spostate in via Rubattino. Il 29
gennaio nuovo sgombero e ora sono alla Bovisa". (dp)
Rom della Bovisa, domani il sopralluogo del comune di Milano Andrea Fanzago (Pd): ''Con gli sgomberi si è solo spostato il problema
delle baraccopoli, concentrandolo in un solo posto. La Giunta non ha programmato
anche la ricollocazione delle persone che vivevano nei campi abusivi''
MILANO - Domani la commissione consigliare Sicurezza del Comune di Milano farà
un sopralluogo al campo rom della Bovisa. "Con gli sgomberi si è solo spostato
il problema delle baraccopoli, concentrandolo in un solo posto -afferma
Andrea Fanzago, consigliere comunale del Partito democratico e membro della
commissione-. La Giunta non ha voluto programmare anche la ricollocazione delle
persone che vivevano nei campi abusivi". Per la maggioranza di Palazzo Marino
nei confronti dei nomadi l'unica regola è quello della sottoscrizione del "patto
di legalità e solidarietà". "Il principio è che chi vuole rispettare le regole
può rimanere a Milano e certo una baraccopoli di questo genere non è accettabile
-spiega Carmine Abagnale, vicepresidente della Commissione e consigliere di
Forza Italia-. Non spetta a noi decidere l'eventuale sgombero del campo, ma al
comitato sull'ordine e la sicurezza della Prefettura".
Ora la concentrazione di 700 rom in un solo campo, rende difficile ogni
soluzione. "Dobbiamo iniziare un percorso di integrazione almeno con le famiglie
che sono già seguite dalle associazioni che operano nel campo alla Bovisa
-sottolinea Andrea Fanzago-. È importante che dal Comune arrivi un aiuto a
coloro che vogliono mandare i figli a scuola, lavorare e costruirsi un futuro
migliore". "Certo le famiglie che vogliono integrarsi vanno aiutate -aggiunge
Carmine Abagnale-. Ma il problema è che la maggior parte invece vuole rimanere
in quelle condizioni e dedicarsi ad attività illecite". (dp)
Di Fabrizio (del 13/02/2010 @ 23:03:32, in Italia, visitato 2149 volte)
Ormai le notizie simili non si contano più. E siamo sempre
in pochi.
Lo sgombero potrebbe essere martedì. E' stato detto ai rom. Dobbiamo
coordinarci
Ciao a tutti, tutte le fonti confermano lo sgombero di Redecesio (Segrate)
per lunedì. I nostri bimbi rom (una dozzina, ormai) che frequentano da lì con
ostinata puntualità perderanno ancora tutto.
Dopo 3 mesi Florina e Cristina, le compagne di mio figlio, erano finalmente
tornate a scuola. Dopo tre mesi infernali: una fuga in Bovisasca, poi lo
spostamento dopo lo sgombero a Corsico, due ricoveri in ospedale per vomito e
tosse, un altro sgombero lì al cavalcavia di Lorenteggio, non più di due
settimane fa.
Il giorno prima dello sgombero mi hanno chiamato. lo sapevano, vengono
avvertiti, E' così che poi vagano nell'incubo per una decina di ore, qualche
volta di più.
Dove andiamo adesso, cosa facciamo?
Il giorno dopo erano qui, davanti alla scuola e abbiamo raccolto ancora
coperte, vestiti, soldi, cibo.
Non sapevano neanche bene dove si erano sistemati.
Erano finiti a Segrate, Redecesio, con altri che avevano lasciato a Rubattino
il 19 novembre e poi avevano rincontrato chi in Bovisa, chi a Corsico. Altri
venivano dallo sgombero si Chiaravalle. Perseguitati con ostinazione e ritmo
incalzante.
Poi, ancora impauriti, titubanti, le bambine finalmente a scuola.
Una settimana di docce e mensa e di giochi e risate con i compagni.
Lunedì scorso le avevo portato la merenda davanti a scuola, Cristina mi corre
incontro, dopo il suo primo giorno... ma no, Francesca, OGGI HO MANGIATO
La mensa. La stessa che i nostri figli in gran parte schifano.
Da lunedì sarà di nuovo tutto un disastro, si ricomincia con le ruspe.
Noi domenica andremo al campo a cercare di salvare il salvabile. Si, perché
le ruspe distruggono tutto ciò che trovano, senza pietà, senza dare il tempo...
Garofiza stamattina piangeva. Annamaria (la figlia, 7 anni, seconda
elementare) ha paura.
E' già andata la polizia al campo ad avvertirli.
Lei mi dice, perdiamo sempre tutto. Io ho tre figli, porto via loro, il resto
non riesco a prenderlo.
No, non ci sono né roulottes né mercedes luccicanti.
Non c'erano in Rubattino e non ci sono qui.
Qualche macchina , poche, qualche carrello della spesa.
Il 19 novembre eravamo una quindicina tra insegnanti e genitori, lunedì
mattina chiediamo una presenza di un centinaio di persone e soprattutto di
giornali e televisione.
Di Fabrizio (del 14/02/2010 @ 08:19:35, in Europa, visitato 1541 volte)
Segnalazione di Gabriel Segura
Laboratorio di cucina, una delle attività dell'associazione. :: BLANCA
CASTILLO
ElCorreo.com
Gitani sul buon cammino L'associazione Gao Lacho Drom celebra 25 anni di lavoro a favore
dell'integrazione 07.02.10 - 03:07 - FRANCISCO GÓNGORA | VITORIA.
"Cos'è, un carro armato?" domanda Jesús Jiménez, di 7 anni, quando la maestra
indica la ruota disegnata sulla bandiera azzurro cielo e verde terra dei gitani.
"Ma non te l'ha detto tuo padre?", insiste l'insegnante. "Ah, sì! - dice il
bambino - Che prima non avevamo case, ma solo gli alberi". La scena ha avuto
luogo nel giorno di Santa Águeda nell'aula di ripasso educativo che
l'associazione Gao Lacho Drom tiene in calle Antonio Machado del barrio di
Sansomendi de Vitoria. Vecchi ricordi si affacciano nella mente dei piccoli
gitani, che così celebrano, per esempio, la tradizione di cantare con i bastoni
alla santa martire, come qualsiasi studente.
Ne Jesús ne su fratello Ángel, di 9anni, immerso nell'imparare la tavola
pitagorica, sanno niente della vita errante, dei carri, del dormire sotto le
stelle, degli accampamenti di baracche degli anni sessanta e del villaggio di
adattamento chiamato "un popolo (villaggio) nel buon cammino" - è il significato
di Gao Lacho Drom - che è posto molto vicino all'attuale laboratorio di
Lakuabizkarra nel 1971. Non ne sapeva niente, salvo i racconti a voce un'altra
volta "dei genitori", Pascual Borja, 28 anni, vice-presidente dell'associazione,
Bartolomé Jiménez, che presto diventerà leader del collettivo.
"Siamo una nuova generazione, non conosciamo queste sistemazioni marginali e
neanche quella malavita che non ha niente di romantico. E' da idioti credere che
a qualcuno piaccia vivere nella sporcizia, come molti continuano a pensare. Io
sono nato sul suolo di Antonio Machado - tre mesi dopo che i miei abbandonarono
il villaggio. Ho potuto studiare e non vivo al margine", afferma il giovane
Pascual che maneggia, inoltre, la lingua di un patriarca, la cortesia, la
diplomazia, l'ospitalità, il saper stare con tutti. E tutto ciò è la somma di
una grande conoscenza della gente. Con le statistiche e con l'esperienza che
nasce dal ricevere la gente ed ascoltare i suoi problemi.
Chi si ricorda dettagli inverosimili di quella tappa oscura sono Bartolomé e
Julia Chávarri, la religiosa del Divino Maestro che cominciò a lavorare col
gruppo nel 1968, animata da quello spirito postconciliare del Vaticano II che
portò molti cristiani a compromettersi con i più deboli.
Una vasca congelata
"Il sindaco era Lejarreta ed ottenemmo qualcosa per la prima volta in Spagna,
abitacoli con bagno, cucina e una stanza di 36 metri che poi ciascuno separò con
mattoni, secondo le sue necessità. Era qualcosa per iniziare ad uscire dalle
baracche. Gli inverni furono durissimi. La vasca per lavare si congelava",
riferisce Julia, "l'anima ed il cuore dell'associazione", che a 77 anni continua
l'attività preparando però il ricambio.
Quando Bartolomé Jiménez va indietro nel tempo e vede il cammino percorso dal
suo popolo si inorgoglisce."Si è sofferto molto. Si sono superati conflitti, ci
sono tuttora discriminazioni, però abbiamo sempre tentato di superarle parlando.
Abbiamo contribuito a costruire Vitoria, alla pace sociale e, senza dubbio,
abbiamo ricevuto molto dal resto della gente di buon cuore". La lista è lunga:
Cáritas, Cayo Luis Vea Murguía, Pedro Mari Núñez e la sua famiglia, tutti i
sindaci meno uno "che era molto cattivo", Jesús Loza e tutti i gruppi politici,
PNV, PP, PSE, EA, IU, "tutti senza eccezione ci hanno aiutato", sottolinea
soddisfatto il patriarca.
"Integrazione esemplare"
"Credo che il processo di integrazione sia stato esemplare a livello
spagnolo. Ci sono state luci ed ombre, come la decisione di creare un collegio
per i soli gitani, ma poi è stato ricondotto. Ottenere che vivano sparsi per la
città come tutti i vitoriani senza creare ghetti è stato fondamentale", pensa
l'ex sindaco José Ángel Cuerda, che ricorda come "affrontammo il rialloggiamento
dalle case di Antonio Machado alla città negli anni '80, assieme al Ministero
della Casa. Hanno collaborato tutte le istituzioni", sottolinea.
Ma questa buona immagine trasmessa dalle istituzioni e dalla stessa
associazione incontra anche polemiche come quella dei "Bartolos" dell'avenida de
los Huetos che questa settimana hanno persola casa per non aver pagato le loro
case. "Il 95% dei gitani svolge una vita normale senza creare conflitti. Essere
differente non è sinonimo di essere cattivo, anche se ci costa rompere il muro
dei pregiudizi e degli stereotipi. Da parte nostra abbiamo fatto uno sforzo, nel
far pace con loro. Perché anche loro hanno diritti", sottolinea Bartolomé
Jiménez, 65 anni, leggenda vivente di questo collettivo. Un'attitudine che lo
onora, perché durante una discussione con il clan dei "Bartolos" nel suo
ufficio, una pallottola stava per costargli la vita.
IL DATO 3.500 sono i gitani a Vitoria e Álava, una comunità che soffre la
disoccupazione e la crisi in una maniera più virulenta che altri gruppi.
Molti di loro vivono completamente integrati e sparsi nei vari quartieri di
Vitoria, anche se i gruppi più grossi si concentrano a Sansomendi e nel
Casco Viejo.
Di Fabrizio (del 14/02/2010 @ 08:25:32, in Italia, visitato 2152 volte)
Ricevo da Roberto Malini
Lettera aperta alla Direzione del Centro di Permanenza Temporanea per
Stranieri di Restinco (Brindisi) Milano, 13 febbraio 2010
Spettabile Direzione del Centro di Permanenza Temporanea per Stranieri di
Restinco (Brindisi)
In data 11 febbraio 2010 abbiamo appreso che il cittadino romeno Victor
Caldarar (cittadino dell'Unione europea e dunque con - almeno ipotetico -
permesso di libera circolazione entro gli Stati membri dell'Ue) è stato fermato
dalla polizia di Avellino e trovato senza documenti, Purtroppo i documenti erano
in possesso della moglie, che lo aspettava nei pressi della Questura
avellinese con i loro bambini piccoli. Quando abbiamo rintracciato la donna per
mandarla in Questura a consegnare il passaporto (la carta di identità era stata
bruciata dalle autorità durante lo sgombero della baracca in cui viveva, insieme
ad altri suoi beni) era troppo tardi e a nulla sono valse le nostre accorate
richieste di attendere almeno un po' prima di iniziare la sua deportazione in
Romania. "E' la procedura," ci ha assicurato un funzionario di polizia, che
pareva sinceramente dispiaciuto della situazione, "e il ministero dell'Interno
ci ha confermato tale procedura di espulsione". Victor, che è di etnia Rom,
aveva un precedente decreto di espulsione per accattonaggio e - fermato
nuovamente dalle autorità - è stato sottoposto a provvedimento giudiziario di
espulsione. In Italia vi sono circa 6 mila Rom romeni, di cui 4500 hanno
ricevuto decreti di espulsione, per i motivi più svariati: accattonaggio
molesto, resistenza od oltraggio, occupazione di terreno pubblico o privato,
schiamazzi ecc. (Sono provvedimenti "creativi", come richiesto alle autorità
locali dal ministro dell'Interno). La moglie è rimasta in mezzo alla strada con
i bambini, senza denaro né un rifugio, in chiaro pericolo a causa del freddo,
della precarietà e dell'intolleranza. Spesso, dopo l'arresto dei mariti e il
trasferimento nei Centri per Immigrati, le donne Rom (e "clandestine") subiscono
stupri e violenze gravi. I loro bimbi sono oggetto di episodi di gravità
inenarrabile, mancando improvvisamente il sostegno del padre ed essendo poco
accogliente, da nord a sud, l'Italia di oggi. Il "pacchetto sicurezza", poi,
spettabile Direzione, ha reso ancora più frequenti e tragiche queste emergenze
umanitarie e questi accadimenti orribili, che violano in toto i diritti del
bambino, della donna e dell'essere umano.
Nel caso della giovane signora Caldarar e dei suoi bimbi, per fortuna, il mio
gruppo, avvalendosi della solidarietà di alcuni Rom che vivono in Campania, è
riuscito a consentire al nucleo familiare privato del capofamiglia di ritornare
in patria: mi creda, in condizioni difficilissime e passando disagi e pericoli
spaventosi.
Riguardo al marito, Victor Caldarar, un uomo buono, conosciuto per il suo
altruismo e il suo coraggio, "colpevole" di aver chiesto l'elemosina in
compagnia di uno dei suoi bimbi, che dopo tanti sgomberi non aveva altro riparo
che... stare accanto a papà, riguardo a Victor, sta per essere trasferito presso
il Vostro spettabile Centro di Permanenza Temporanea per Stranieri. Vi preghiamo
di evitare che possa incontrare nuove difficoltà e situazioni disagevoli
all'interno della Vostra struttura, in cui, purtroppo, episodi di autolesionismo
causati da una permanenza troppo dura, sono accaduti con preoccupante frequenza.
Victor è sfinito da una vita difficilissima, da gravi episodi di intolleranza
subiti in Italia, dalla persecuzione delle autorità che hanno sempre scacciato
lui e i suoi cari da qualsiasi riparo di fortuna, da qualsiasi paese o città.
Victor è in una situazione di fragilità e sfiducia, preoccupato per la moglie e
i bambini, amareggiato dalla mancanza di punti di riferimento e sostegno,
addolorato al pensiero del futuro che lo attende: un futuro fosco, fatto di
discriminazione e ostilità. Vi preghiamo di trattarlo bene, come un essere umano
(qual è), senza aggiungere pena alla sua già insopportabile pena.
Per qualunque necessità, evenienza o anche solo per ulteriori informazioni,
contattateci senza esitare.
Di Fabrizio (del 15/02/2010 @ 09:11:08, in Italia, visitato 1441 volte)
(13/02/2010)
Il volenteroso discorso del Presidente Napolitano, vibrante di accorati richiami
all'unità nazionale, al sentimento che dovrebbe accumulare tutti gli italiani,
rischia di essere anacronistico, fuori tempo massimo. I processi di
disgregazione sono in fase molto avanzata ed alcuni di essi sono giunti al punto
di non ritorno. Cominciamo dal razzismo. Praticato per anni contro i meridionali
(in questo locale non entrano terroni e cani) ora si rivolge contro gli
immigrati ed in particolare contro i musulmani. Non è vero che il disprezzo per
i diversi, per gli stranieri, rafforza il senso di unità e di coesione per
diversi motivi e tra questi il fatto che non tutti condividiamo la xenofobia e
questa viene praticata da persone che la sfruttano per deprezzare la dignità e
concedere meno salario e meno diritti. Il fatto che leggi dello Stato
incentivino l'odio razziale e criminalizzano intere comunità come quella dei rom
e dei sinti non aiuta la crescita di un sentimento di unità nazionale che, per
essere tale, deve essere basato su valori universali e riconosciuti da tutti.
Uno Stato che legifera perchè teme o vuole sfruttare gli stranieri non è
espressione di una nazione coesa, solidale. Ma l'attacco maggiore all'unità
d'Italia non viene dalla propaganda nordista o dai tentativi di creare la
cosiddetta Padania. Viene dalla ideologia liberista che da trenta anni imperversa
e sfascia quanto incontra sulla sua strada. L'Italia dell'interclassismo
democristiano e dei centro-sinistra di Nenni, Spadolini, Fanfani, era certamente
più unita dell'Italia di oggi che sembra prossima al tracollo. La fontanella che
dissetava i passanti o abbeverava le capre nei sentieri di campagna con un filo
di acqua sempre fluente presto non esisterà più dal momento che l'acqua verrà
privatizzata e chi vorrà averne dovrà pagarsela e lasciare un profitto a coloro
che se ne sono impossessati sia pur legalmente. La demolizione delle tre braccia
fondamentali della sanità, delle pensioni e delle scuole infligge colpi
pesantissimi e divide il Paese. Una popolazione si riconosce nella sua scuola,
nel suo ospedale e nei suoi servizi comuni, nelle pensioni che non rinfaccia
ogni giorno ai vecchi come succede in questo disgraziato e corrotto Paese. Se la
scuola, la sanità, le pensioni vengono sfasciati in una logica che chi ha i i
mezzi per procurarsela va avanti e gli altri regrediscono quale sentimento
unitario può scaturirne? Grande fattore di unificazione del popolo italiano è
stato il servizio di leva anche se alla sua origine fu causa non secondaria di
una spaventosa guerra civile tra nord e sud. Il servizio di leva che portò
tantissimi giovani ad uscire dalle loro città e conoscerne altre è stato
sostituito da un servizio di professionisti delle armi che per giunta avrà
presto un Ministero della Guerra spa. Una cosa incredibile, grottesca,
scimmiottata dagli USA dove le multinazionali sono lo Stato ed il Pentagono è
loro creatura. La regionalizzazione del servizio sanitario nazionale è stata una
terribile disgrazia dal momento che ha creato le condizioni di gravi
diseguaglianze che presto saranno acuite dalla infornata di leggi che si
attendono sul federalismo. Si è tanto parlato male delle pensioni di invalidità
ed ora si dipingono coloro che ne fruiscono come dei parassiti. Ma negli anni
cinquanta milioni di vecchi contadini artigiani e lavoratori che avevano
lavorato per cinquanta anni si trovarono senza le "marche" necessarie per avere
la pensione di vecchiaia. Avevano lavorato per le loro famiglie ed il loro paese
ma nessuno si era preoccupato per la loro vecchiaia. Una legge dello Stato
introdusse il criterio "socioeconomico" nella concessione della pensione e
questo fece si che qualche milione di persone ebbe una pensioncina con la quale
poter comprare da mangiare. E' stata una legge che ha fatto del bene all'Italia
evitando di costringere gli anziani a mendicare o gravare sui figli. Oggi le
pensioni pubbliche tendono a scomparire e sono sottoposte ad un attacco
incessante da parte di una generazione di politici e di economisti che predicano
l'asocialità. Il lavoro stesso non ha più la grande forza di coesione di una
volta. Oggi i politici e gli imprenditori tendono a mettere i lavoratori uno
contro l'altro. L'applicazione distorta ed arbitraria della cosiddetta
"meritocrazia" scava fossati tra la gente e la fa guardare in cagnesco come in
quel famoso film con Jack Lemmon. L'ideologia liberista imperante e propagandata
da massmedia che martellano incessantemente i suoi principi su una popolazione
che degrada verso la semplice e casuale agglomerazione di individui ognuno
preoccupato per la sua sopravvivenza è del tutto estranea a quei sentimenti che
Napolitano vorrebbe far rivivere. Uno Stato è tale ed è Nazione se non viene
rappresentato dalla volgare folla di panfili di lusso che si raccolgono sotto
Villa certosa e dagli operai stiliti che affollano i tetti italiani come le
antenne televisive. Uno Stato è Nazione se fa come Fanfani un programma di case
popolari da affidare gratuitamente ai poveri e lo realizza, se realizza lo
Statuto dei Diritti dei Lavoratori, se provvede ai suoi vecchi senza mezzi. Ma
se viviamo in un paese che pratica la filosofica "ognuno per sé e Dio per tutti"
perché dovremmo amarlo, essere nazionalisti, emozionarci con l'Inno di Mameli?
Di Fabrizio (del 15/02/2010 @ 09:15:41, in Italia, visitato 1670 volte)
Segnalazione di Agostino Rota Martir
PisaNotizie.itDa Scienze per la Pace una proposta di mediazione 5 -
autore: Francesco Auletta La polizia municipale allontana nuovamente dal Ponte delle Bocchette le
famiglie sgomberate nella giornata di mercoledì, che non hanno più un posto dove
ripararsi. Annunciata nei prossimi giorni la demolizione del campo sull'Aurelia.
Gli studenti del Corso di laurea di Scienze per la Pace criticano
l'Amministrazione comunale e si propongono come "mediatori" per un tavolo di
lavoro
Lo sgombero compiuto dalla polizia municipale su decisione
dell'Amministrazione comunale nella giornata di mercoledì a carico delle
famiglie che abitavano nei due piccoli campi vicino al Ponte delle Bocchette,
con il passare delle ore sta mostrando, ancora una volta, l'inadeguatezza di un
intervento non supportato da politiche sociali, con la conseguenza di un pesante
peggioramento delle condizioni di vita di queste uomini, donne e bambini nella
nostra città.
Infatti, nonostante gli annunci fatta dall'assessore al sociale Maria Paola
Ciccone, le quasi totalità delle famiglie alle quali sono state demolite le
baracche in cui da anni vivevano, non hanno alcun posto dove andare. Spinti così
dal freddo, dal bisogno di trovare un riparo, diversi nuclei familiari ieri
mattina sono tornati, dopo una notte passata all'addiaccio, nuovamente nei
pressi del Ponte delle Bocchette, vicino a dove era il loro campo, e hanno
iniziato a tirare su dei piccoli ripari dove poter stare e far riposare i propri
figli. Ma nel giro di poche ore sul posto vi è stato un nuovo intervento della
polizia municipale che ha buttato giù i pochi pannelli di legno che erano stati
piantati nel terreno. Le famiglie però hanno trascorso lì tutto il pomeriggio,
intorno a un piccolo fuoco per riscaldarsi, cercando di salvare dalla pioggia,
dal fango e dall'umidità le cose che sono riusciti a portare via dal campo
distrutto dalle ruspe. Intorno alle 17:00 la zona è stata nuovamente circondata
dai vigili urbani che hanno intimato a questi uomini e donne di allontanarsi,
dando loro l'ultimatum per domattina alle 9:00 di lasciare l'area.
"Dove dobbiamo andare - ci dice una signora - ci hanno distrutto la casa senza
proporci nessuna alternativa. Siamo riusciti a sistemare i bambini in casa di
qualche amico per non farli stare qui al freddo, ma noi vogliamo stare insieme
ai nostri figli in una casa, è un nostro diritto: è un diritto di tutti avere
una casa".
"E' già un giorno - ci spiega un ragazzo - che, a causa dello sgombero, non
posso andare a lavorare. Ma dove lascio mia figlia? Dove li porto a dormire? Se
però continuo a mancare al lavoro, rischio di essere licenziato".
Tante sono le storie che si possono raccogliere da queste persone, se si è
disposti ad ascoltarle. Gli uomini lavorano quasi tutti, e ora senza una "casa"
non sanno come fare: la maggior parte di loro lavora al nero ed è preoccupata di
perdere anche questo. I bambini sono tanti e vanno a scuola. In questi due
giorni di inferno tra ruspe, demolizioni, fango, polizia e freddo non sono
neanche potuti andarci.
Quelli che sono tornati ieri al Ponte delle Bocchette sono solo una parte di
coloro che sono stati sgomberati. Gli altri, un'altra ventina circa, anche loro
non hanno avuto alcun sostegno da parte della Società della Salute e ora stanno
in alcune tende comprate mercoledì pomeriggio, di fronte all'assoluta emergenza,
grazie ai soldi raccolti con una sottoscrizione pubblica in favore dei rom
promossa due mesi fa da Africa Insieme, i Gruppi di Acquisto Solidale e Rebeldìa.
Ma evidentemente tutto questo non basta: avere avuto davanti agli occhi il
fallimento della politica degli sgomberi che provoca solo un peggioramento delle
condizioni di vita di queste famiglie non è sufficiente per fermarsi a
riflettere sul da farsi. E' infatti di ieri la notizia che la stessa polizia
municipale si è recata anche nel piccolo campo dell'Aurelia per annunciare alle
persone che vi stanno uno sgombero a breve.
L'emergenza così continua a crescere, ma si tratta di un'emergenza umanitaria
nei confronti di uomini, donne e bambini che "si vogliono cacciare della nostra
città".
E a prendere la parola sugli ultimi avvenimenti sono gli studenti del Corso di
Laurea in Scienze per la pace che in una lettera sottoscritta con decine di
firme raccontano: "Siamo venuti a conoscenza dello sgombero del campo-nomadi
"delle Bocchette" (vicino alla zona Le Piagge). Allarmati dalla notizia sono
immediatamente accorsi per prestare sostegno alle famiglie, ai bambini e alle
bambine che si sono visti portare via dalle ruspe il proprio luogo di vita
quotidiano, arrangiato alla meglio".
"Spinti dalla volontà di praticare i valori e gli ideali da cui il nostro
percorso formativo nasce e si alimenta - proseguono gli studenti non
comprendiamo come in una giornata di freddo pungente si possa brandire "il pugno
di ferro" della sicurezza, di una sterile legalità, contro uomini, donne e in
modo particolare numerosi bambini: è in questo modo che i cittadini pisani ora
si sentiranno "più sicuri"? È in questo modo che un'amministrazione comunale
promuove la democrazia, la pace e i diritti umani?"
I ragazzi e le ragazze che frequentano il Corso in Scienze per la Pace muovono
così una pesante critica allo strabismo del Comune di Pisa: "Non comprendiamo
come noi studenti, da una parte siamo invitati a partecipare ad attività come i
progetti di promozione della pace e dei diritti umani nelle scuole della
provincia pisana; e dall'altra come il nome del nostro Corso di Laurea sia
spesso accostato a manifestazioni promosse dall'amministrazione comunale, mentre
ai diritti umani si volta, nella pratica, le spalle. Purtroppo siamo costretti a
dar ragione a Sophie Bessis e a Frantz Fanon: l'Occidente continua a promuovere
un concetto di "diritti umani" che è "universale" perché deve essere "astratto",
lontano dalla realtà (per tener ben stretti i privilegi che abbiamo), non
smettendo mai "di parlare dell'uomo pur massacrandolo dovunque lo incontri, a
tutti gli angoli delle sue strade, a tutti gli angoli del mondo".
Ma dagli studenti arriva una proposta concreta e assolutamente nuova. I ragazzi
mettono a disposizione dell'istituzione le proprie competenze e professionalità
per contribuire a una soluzione positiva di questa vicenda: "Malgrado la nostra
forte criticità verso le modalità con le quali il Comune fino ad ora ha gestito
la"questione-rom", sulle orme della nonviolenza gandhiana, vogliamo essere
protagonisti di un "programma costruttivo" senza il quale il nostro dissenso
perderebbe credibilità. Come studenti di un Corso di Laurea che ha come
obiettivo la formazione di giovani "mediatori di conflitti", ci proponiamo, se
l'amministrazione acconsentisse, in qualità di mediatori in un tavolo di lavoro
da aprire con la comunità rom pisana, per tentare di risolvere la situazione".
"I diritti umani - concludono da Scienze per la pace - se sono veramente
universali sono per tutti, e non possono essere né lasciati al buon cuore
caritatevole di un umanesimo tristemente fuori dalla realtà, né essere applicati
con le ruspe o strumentalizzati contro i più deboli".
Di Sucar Drom (del 15/02/2010 @ 18:21:37, in blog, visitato 1567 volte)
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Milano, Vittorio Agnoletto: "La politica dica no alla violenza degli sgomberi"
"Ho appreso dei continui, vergognosi sgomberi della popolazione rom realizzati a
Milano", dichiara Vittorio Agnoletto, candidato presidente regione Lombardia per
la Federazione della sinistra. Di fronte a donne e bambini buttati per strada, a
famiglie separate e disperse, a esseri umani trattati peggio che animali, la
politica non può tacere. Nella Milano di oggi, spesso dominata dall'egoismo,
denuncia...
Roma, il Casilino 900 non c'è più
Al di là del cancello del Casilino 900 a Roma, il campo nomadi più grande
d'Europa, questa mattina c'era uno strano silenzio. Un silenzio inusuale. Non si
sentivano più le voci dei bambini che giocano, delle donne che chiacchierano o
dei ragazzi che parlano tra loro. L'unico suono era quello della ru...
Roma, il Casilino 900 non c'è più: i primi commenti
Sono cadute le ultime baracche ed è stato chiuso il cancello al Casilino 900, il
campo nomadi più grande d'Europa situato sulla via Casilina a Roma. Stamani il
sindaco della Capitale, Gianni Alemanno, insieme all'assessore alle Politiche
sociali, Sveva Belviso, il...
Di Fabrizio (del 16/02/2010 @ 09:18:58, in Kumpanija, visitato 2438 volte)
link
alvideo
Muhlbauer - Battesimo di Sanela, nuora di Jovica Jovic, al "campo" rom di via
Sesia, Rho (Milano), celebra Don Gino Rigoldi, partecipa anche Moni Ovadia e
molti cittadini. Contro la stupidità degli sgomberi senza alternativa e della
caccia al diverso.
Le immagini che seguono sono di Ivana (l'album completo su
Facebook con le foto in dimensione originale)
La cappella del campo, che non ha porte per non lasciare fuori nessuno.
L'ha costruita Jovica
13 febbraio campo rom di rho...un bel sabato multicolore... moni ovadia...
don gino rigoldi... compagni, compagne, torte, musiche e danze
Grazie a tutti voi e a tutti coloro che hanno aderito e partecipato a questo
bellissimo sabato al campo di rho, un puzzle composto da cittadini,
associazioni,musicisti artisti che compongono la biodiversità di pensieri
diversi, cultura, musica, che diviene anticorpo di una società che rischia di
divenire istituzionalmente razzista...giusto per citare il brillante e
stimolante intervento intervento di moni ovadia!! Oggi abbiamo creato un sito
blog:
www.jovicajovic.blogspot.com
...e lo stupefacente intervento di don gino rigoldi... fonte di riflessione anche
per i non credenti: l'accoglienza come fonte di arricchimento ed evoluzione...
Eccoci, tutti gli amici di jovica jovic, della sua storia che mette a nudo le
contraddizioni di leggi prive di lungimiranza e attinenza con lo stato reale
delle cose, amici del campo rom di rho, uno dei mille e più campi ..vittime più
che altro delle speculazioni dell'expò che del vociferare giornalistico sulla
loro pericolosità...
Eccoci amici belli, sabato abbiamo vinto, perché non è stata una giornata
arrabbiata..è stata una giornata di festa, una giornata che è catalizzato
centinaia di persone, di piatti diversi, di musicisti pensatori e associazioni,
per compartecipare al nostro, di tutti desiderio di cambiamento.
Eccoci amici belli, ora facciamo tutti un piccolo sforzo, divulghiamo e firmiamo
la
petizione per il nostro amico Jovica Jovic, grande maestro emblema
dell'assurdità delle leggi che ci auguriamo tutti possa essere solo una delle
prime tracce, che consentano la regolarizzazione di un qualcosa che anziché
essere pericoloso, si rivela palesemente nutriente, che attraverso i suoi
concerti incontri, corsi di fisarmonica, si rivela essere solo motivo di
arricchimento per la nostra terra e la nostra gente...cioè tutta la gente..
Ed allora divulghiamo la possibilità di firmare la petizione, per contribuire
anche alla creazione di un precedente utile ad altri che verranno...
grazie ...grazie..perché come ci ha ricordato Moni Ovadia sabato, il popolo
rom... è una delle poche, forse rare realtà della terra che non ha mai pensato
di dichiarare guerra a nessuno--
ed allora eccoci
www.jovicajovic.blogspot.com per sapere di più e divulgare la sua storia, e
per accedere al link e firmare alla petizione che richiede alle autorità
competenti la sua regolarizzazione per meriti artistici.
moltiplichiamo, le possibilità per cui le lotte diventino morivo di festa,
incontro, scambio e relazione... così saremo giorno dopo giorno sempre di più!
tutte le foto o i video che avete realizzato le pubblicheremo volentieri se
ce le inviaste!
Disclaimer - agg. 17/8/04 Potete
riprodurre liberamente tutto quanto pubblicato, in forma integrale e aggiungendo
il link: www.sivola.net/dblog.
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