Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Da
Welfare Cremona
Associazione culturale MARGINeMIGRANTE 'ROMANCES' Sabato 20 Settembre
2008,
Teatro Monteverdi, Cremona ore 21.00
Le storie raccolte durante una ricerca condotta in un campo nomadi di Padova
sono il tessuto intorno a cui si intrecciano le maglie della drammaturgia. Come
in un gioco di bambini, il gruppo di sei attori in scena crea e distrugge
frammenti di mondi: emozioni, situazioni ed immagini si sviluppano in una
concatenazione continua per dare vita ad una narrazione collettiva,
rielaborazione delle storie raccolte.
Dagli argini della città le storie raggiungono il centro come sassi leggeri che,
trascinati dal flusso, arrivano a destinazione carichi di esperienza. Ogni
storia è un viaggio, ogni viaggio è una pietra che lanciata nell'acqua si
moltiplica in tanti anelli per intersecare altre storie. La pietra si deposita
poi sul fondo, aggiungendosi alle fondamenta, per modificare un po' il corso
degli eventi.
Piccoli frantumi di vita diventano così schegge che generano spiragli nelle
categorie condivise, creano spifferi pungenti ed inafferrabili che
destabilizzano le categorie per dare vita a nuovi immaginari in continua
metamorfosi.
Lo spettacolo Romances è uno dei risultati del progetto Rappresentazione al
limite, finanziato dalla Comunità Europea nell’ambito del programma Youth in
Action, promosso dal gruppo informale AltreLenti dell’Associazione Culturale
Marginemigrante. Tema del progetto è l’indagine dello stereotipo della figura
dello “zingaro”, attraverso uno studio approfondito delle realtà rom e sinti
presenti in alcune città venete.
La necessità di approfondimento di questa tematica nasce dalla constatazione di
una distanza, di un vuoto relazionale generato da entrambe le parti da un
pregiudizio.
Il racconto inizia con il viaggio che Mari, il fratello Cristian, sua moglie
Catarina e i bambini fanno dalla Serbia all’Italia dopo lo scoppio della guerra
nel 1999. La scena si svolge fra il pubblico, gli attori salgono e scendono da
tre sedie che spostano nella platea, raccontano i vari passaggi fino ad
avvicinarsi al palcoscenico – Italia.
Le scene dello spettacolo si riducono a tre sedie che vengono utilizzate di
volta in volta a seconda delle necessità che ogni singola immagine richiede e
non in tutte le scene. L’uso dello spazio e della divisione fra platea e scena è
convenzionale: gli attori salgono e scendono dal palco come entrano ed escono
dalla narrazione, lo spettacolo non necessita di quinte né sipari.
regia: Beatrice Sarosiek
con: Aurora Diotti, Margherita Fantoni, Tommaso Franchin, Anna Manfio,
Laura Serena, Anna Serlenga
costumi: Aurora Diotti, Isabella Sannipoli
luci: Tommaso Trivellato
per informazioni:
marginemigrante@gmail.com
tel. 3488853241
http://www.marginemigrante.org/
Di Fabrizio (del 19/09/2008 @ 11:29:11, in Europa, visitato 1870 volte)
Da
Altrenotizie
di Elena Ferrara - Questa volta scendono in piazza per chiedere
solidarietà e per affermare il loro diritto all’esistenza. Stanchi ed esasperati
per le ripetute aggressioni contro le loro famiglie e forti dell’appoggio
ricevuto dal recente congresso mondiale svoltosi a Frisinga, in Germania,
giocano la carta della manifestazione di massa. Sanno di essere 36 milioni
sparsi in Europa, nelle Americhe e nell’Asia. E sanno, appunto, che nel vecchio
continente arrivano già a 12 milioni. Ora presentano il conto. Sono gli
zingari che tra pochi giorni - e precisamente il 20 settembre - si ritroveranno
a Budapest dove il presidente del "Consiglio nazionale tzigano" - l’ungherese
Orban Kolompar - ha invitato i rom magiari a protestare contro la Guardia
ungherese che è l’organizzazione paramilitare estremista e razzista che si sta
sempre più distinguendo con aggressioni contro gli zingari.
Kolompar chiede, inoltre, di avviare una serie di azioni che tendano a bloccare
la diffusione del razzismo. E così sarà la prima volta che gli "tzigani"
scenderanno in campo in Ungheria in difesa dei loro diritti, contro il razzismo.
La manifestazione servirà anche a ricordare all’opinione pubblica che quella rom
è la più numerosa minoranza in terra magiara. Secondo calcoli approssimativi
conta da 600 mila a 800 mila membri che sono stanziati soprattutto nelle regioni
nordorientali, quelle più povere e depresse.
I rom, tra l’altro, collezionano una serie di dati negativi sulla
disoccupazione, i livelli di scolarizzazione e l’aspettativa di vita alla
nascita rispetto al resto della popolazione ungherese. Tutto questo mentre
vengono "collocati" nell'area spregevole del "diverso", con ciò che ne consegue
in termini di disprezzo, odio, violenza ed emarginazione. E così, precostituito
il colpevole, è facile ricercarne le colpe seguendo un copione storicamente e
sociologicamente sperimentato, scritto con il peggiore inchiostro degli istinti
barbari e della ragione deviata. Arriva però il momento della riscossa e questo
è quello che si augurano i dirigenti del movimento che prende le mosse
dall’Ungheria.
E proprio a Budapest si ricorda che gli zingari hanno ispirato in ogni epoca
l'immaginario collettivo e quello individuale artistico, ma non hanno quasi mai
stimolato serie ricerche storiche e sociologiche. Essi subiscono così, oltre
alla ben nota emarginazione di fatto, un’emarginazione culturale frutto di
avversione intellettuale e di sostanziale ignoranza dei loro reali costumi di
vita e dei valori che li sottendono.
Ora la decisione di invitare ad una rivolta pacifica di piazza (sarà la più
grande manifestazione nella storia degli tzigani) è dovuta anche al fatto che
proprio nelle ultime settimane si sono registrati attacchi contro case abitate
da zingari ed è chiaro che la situazione ha superato i livelli di guardia. Tanto
che in una conferenza sulla situazione dei rom, organizzata da "Lungo Drom" che
è la principale associazione civica rom, il presidente Florian Farkas ha detto
che in Ungheria la convivenza fra ungheresi e rom è arrivata a una situazione
nuova.
''Gli argini si sono rotti da ambedue le parti - ha detto - e ci troviamo di
fronte a un estremismo radicale razzista da una parte, e un radicalismo etnico
rom dall'altra. La violenza avrà fra poco una risposta violenta''. Dal canto suo
il garante dei diritti delle minoranze, Ernoe Kallai (rom) ha sottolineato
l'insuccesso delle politiche attuate da Budapest per la minoranza tzigana. Ed ha
poi ammonito che ''senza cambiamenti, l'esplosione del problema dei rom sarà
inevitabile''.
Ora mentre le organizzazioni sociali e molti partiti ungheresi si preparano per
l’appuntamento del 20 settembre si registra anche una precisa presa di posizione
della chiesa cattolica ungherese che, come è noto, ha una forte influenza nella
società locale. La Chiesa dice "no" alle discriminazioni nei confronti degli
zingari e si rifà anche alle recenti decisioni prese dal Congresso mondiale
della "Pastorale per gli zingari" che si è svolto nelle settimane scorse in
Germania. E proprio in tale occasione un alto esponente del Vaticano - il
segretario del Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli
itineranti, arcivescovo Agostino Marchetto - in un’intervista alla Radio
Vaticana ha denunciato la gravità della situazione delle comunità zingare. "Dai
rapporti che ci pervengono dalle Chiese locali – ha fatto notare l’arcivescovo –
constatiamo che un pò dappertutto gli zingari sono vittime di discriminazione,
disuguaglianza, razzismo e xenofobia".
Non si salva neanche l’Europa, dove "i Rom e Sinti, pur se cittadini di Stati
membri dell’Unione europea e muniti di documenti validi, non possono godere
degli stessi diritti dei comuni cittadini. "In alcuni Paesi – ha aggiunto
Marchetto – i bambini zingari sono costretti a frequentare scuole speciali per
disabili fisici o mentali, mentre non poche donne vengono sottoposte a
sterilizzazione forzata. E la generale mancanza di fiducia fa sì che ai giovani,
pur se ben preparati professionalmente, non è concesso l’ingresso al mondo del
lavoro come agli altri".
Di qui la decisione di affrontare le questioni degli zingari come una risorsa
per la società e non come un problema. Non si tratta, avverte la Chiesa, di una
"ingerenza politica" ma di un "dovere", così come, appunto, è doveroso
"difendere la dignità della persona in tutte le sue espressioni". Forse si apre
ora - grazie agli zingari ungheresi - una nuova pagina distensiva che potrebbe
favorire il riconoscimento di distinte identità nazionali.
Tom Welschen mi suggerisce questo post di
Viadellebelledonne (Io trovo l'uso dell'aggettivo "romantico" un trucco per
trattare i Rom come una categoria aliena, esotica, per forza distante dalla
nostra vita. Altra cosa: un Rom definirebbe mai se stesso "romantico" o è una
definizione che noi gli abbiamo appiccicato? Comunque, non è giusto giudicare un
libro dal titolo o dalla copertina: leggendo la recensione che segue, si trovano anche molte
considerazioni interessanti e condividibili. Fatemi sapere)
Chi sono veramente i rom? Il diario edito da Magi svela la vera identità di
una popolazione umiliata, bistrattata e dalle tradizioni incomprese.
Un popolo senza patria, dalle origini avvolte nel mistero, che mantiene un senso
estremo dell’unità e un grande rispetto delle tradizioni. Sono questi gli
elementi che contraddistinguono la peculiare identità dei rom, i quali affollano
i paesi europei da tempi immemori ma che continuano, ancora oggi, a richiamare
su di sé pregiudizi che alimentano il disprezzo e in alcuni casi addirittura
l’odio degli autoctoni. Ecco, allora, che emerge la necessità urgente di fare
chiarezza e gettare luce su un mondo troppo spesso misconosciuto e frainteso, in
modo tale da favorire il rispetto reciproco e l’integrazione. È proprio questo
l’ambizioso obiettivo del libro scritto da Daniela Lucatti, Romantica gente
(Edizioni Magi). Si tratta di un prodotto letterario dalle caratteristiche
inconsuete, dato che non assume la forma tradizionale del romanzo e neppure
quella del saggio. Si presenta, invece, come un diario, grazie al quale
l’autrice, una psicologa, rievoca e ricostruisce i momenti salienti del suo
lavoro come referente presso il Centro informazione e consulenza cittadini
extracomunitari e rom del comune di Pisa, sua città natale. È nel corso di
questa importantissima esperienza lavorativa che l’autrice entra per la prima
volta in contatto ravvicinato con la comunità di etnia rom e impara a conoscerne
la cultura, le tradizioni, le abitudini, i difetti e gli straordinari pregi. Il
suo contributo letterario è pregnante, proprio perché nasce dall’esperienza
diretta sul campo, maturata giorno dopo giorno e a prezzo di notevoli difficoltà
per ben undici anni, contrassegnati dalla soddisfazione di avere fatto tutto il
possibile per migliorare le condizioni di vita di chi stenta a essere
riconosciuto e accettato.
Chi sono realmente i rom?
Per sradicare il pregiudizio e il sospetto dal nostro cuore è fondamentale,
innanzitutto, conoscere e comprendere l’identità di coloro che siamo abituati a
tacciare sbrigativamente come “diversi”. La confusione e l’ignoranza sono
accresciute dalla mancanza di libri scritti dai membri di questa popolazione,
testi che ci raccontino il loro universo, le loro individualità e le loro
storie. Ciò accade perché quella romanì è una cultura prettamente orale, che
solo negli ultimi anni sta assistendo a qualche rara eccezione. Inoltre, i rom
dislocati in Occidente sono generalmente frequentati soltanto da operatori
pubblici e del privato sociale, i quali danno loro assistenza, o da
rappresentanti di confessioni religiose disparate, che tentano di fare
proselitismo, per non parlare dei molteplici criminali, che se ne servono
facendo leva sulla povertà per i loro sporchi traffici. Questa situazione non
produce altro effetto se non quello di incoraggiare i sentimenti di timore,
preconcetto e razzismo, ulteriormente accresciuti dai più recenti casi di
cronaca nera, che hanno ricoperto i rom di pubblicità negativa. Ma non si può
certo fare di tutta l’erba un fascio. Tocca, dunque, chiederci chi siano
realmente gli appartenenti al popolo romanì. In primo luogo, dobbiamo chiarire
che “rom” significa “uomo” e che con questo termine si fa riferimento a coloro
che appartengono alle comunità di lingua e cultura romanes, giunte per la prima
volta in Europa all’inizio del XV secolo. Si tratta di una popolazione
indoariana, costituita da cinque grandi gruppi: rom, sinti, manouches,
romanichals e kalé. Ciascun raggruppamento è costituito da numerosi sottogruppi
contrassegnati da caratteristiche economiche, etiche, linguistiche e
socioculturali particolari, sebbene vi sia comunque un’omogeneità sostanziale.
In tutto il mondo si contano circa dodici milioni di individui (otto milioni
circa in Europa e quasi centoventimila nel nostro paese, di cui l’ottanta per
cento di antico insediamento e con cittadinanza italiana). Essi rappresentano
una nazione senza stato e senza territorio e sulle motivazioni del loro esodo
esistono solo supposizioni non suffragate da dati di fatto. Si crede provengano
dalle regioni a Nord-Ovest dell’India (Pakistan, Panjub, Rajasthan, Valle del
Sindh) e pare che abbiano intrapreso un percorso storico comune (inizialmente
raggiungono l’Armenia, l’Impero bizantino e la Persia, per poi distribuirsi nei
paesi europei e infine allontanarsi ulteriormente a causa delle deportazioni
nelle colonie delle potenze europee in Africa, America e Australia).
Il termine con il quale noi occidentali usiamo definire le popolazioni romanes è
“zingari”, che deriva dal nome di origine orientale di una setta eretica, quella
degli athingani, che, a partire dall’VIII secolo, si introdussero nell’Impero
bizantino. L’accezione fortemente negativa del termine “zingari” deriva proprio
dalla cattiva fama di cui questa setta, confusa con la comunità romanì, godeva,
essendo dedita all’arte della magia. Un altro nome con il quale vengono
designati i rom è “nomadi”, anche quando questi sono stanziati nel territorio da
secoli. Dobbiamo, inoltre, tenere in considerazione che la continua mobilità che
ha caratterizzato la popolazione romanì in Europa e nel mondo non è stata il
frutto di una scelta culturale, bensì la conseguenza di politiche inospitali e
repressive (basti pensare alla persecuzione di cui fu fatta oggetto dai
nazisti), di cui la creazione dei campi nomadi costituisce solo l’ultimo
baluardo. In questi luoghi, infatti, si è determinata una vera e propria
situazione di segregazione razziale, una ghettizzazione che spinge i rom al
degrado sociale e culturale e all’impossibilità dell’integrazione, se non a
prezzo di un’assimilazione forzata che produce l’annientamento della propria
peculiare identità.
Storie toccanti di uomini e donne che lottano per un futuro migliore
Il diario scritto dalla Lucetti tratteggia, attraverso la ricostruzione dei
giorni di servizio, vite umane autentiche che non vogliono arrendersi
all’apartheid a cui sono costretti e che, giorno dopo giorno, tentano di
costruire per se stessi, e in particolare per i propri figli, un futuro più
roseo, improntato all’integrazione e al multiculturalismo.
Vi è Argia, dai capelli brizzolati legati a coda di cavallo e l’andatura
tipicamente maschile, donna che incute un senso di rispetto profondo, come se
fosse un’anziana, pur non essendolo realmente. Sarà per il colore dei capelli o
per il viso provato, ma soprattutto per la sua straordinaria saggezza, che le
consente di fronteggiare con estrema determinazione anche le difficoltà più
ardue. Argia si reca al Centro informazione e consulenza cittadini
extracomunitari e rom per poter riavere la sua casa, una stanza nel cimitero, da
cui è stata mandata via, costretta a vivere in una precaria roulotte infestata
da “creature minacciose”.
Poi c’è Nariba, la quale non vuole che i suoi figli vengano inseriti nella lista
dei bambini rom, perché «non sono “zingheri” come quelli del campo». La donna è
disposta a rinunciare agli aiuti previsti per coloro che ne fanno parte, purché
le sue creature non diventino oggetto del dileggio, del disprezzo e del
pregiudizio razzista dei compagni di scuola e dei borbottii infastiditi e
intolleranti dei loro genitori. Malgrado un marito sfaccendato e una vita ben al
di sotto delle aspettative di gioventù, Nariba si fa in quattro per garantire ai
suoi bambini un’esistenza serena e dignitosa e per fare in modo che non nutrano
complessi di inferiorità nei confronti dei loro coetanei.
Il dramma di Lukia è, invece, determinato dal fatto che in un periodo di grandi
difficoltà le è stato sottratto il figlio, rinchiuso in un Istituto per minori.
Da mesi non vede il suo bambino e non le è neppure consentito di parlargli per
telefono. Nonostante un marito violento e innumerevoli sacrifici, la donna non
si arrende e lotta disperatamente per il bene più prezioso della sua esistenza.
Trascorsi «i primi tempi di studio reciproco e di estraneità nei quali viene
mantenuta una certa distanza valutativa», si creano splendidi rapporti di
vicinanza emotiva e confidenza tra l’autrice e queste donne tormentate, eppure
così «piacevoli e intelligenti». È Lucatti stessa a raccontarci, non senza una
punta di malinconia e commozione, quanto sia importante, anche nell’ambito
lavorativo, instaurare relazioni autentiche, improntate alla reciproca
comprensione. Ci svela, infatti: «Parlare con le donne straniere è una cosa che
ogni volta mi fa sentire più ricca e le rom in particolare mi lasciano dentro un
senso strano, quasi un antidepressivo. Nonostante il dolore che riescono a
trasmettere, mantengono sempre qualcosa di estremamente vitale che si attacca
addosso a chi si permette di lasciarlo entrare, non ponendo nel mezzo il muro
del pregiudizio». E ancora: «Nei momenti di più acuta tristezza incontrarli mi
calma, mi restituisce un senso. Sento che nonostante tutti gli sforzi che fanno
per riuscire ad assicurarsi la sopravvivenza non sopravvivono ma vivono comunque
e a qualsiasi costo. Come se non perdessero mai, anche nel dolore più grande,
questo senso del vivere nel quale riescono a includere tutto senza lasciarsi
portare via».
Romantica gente umiliata per il colore della pelle e l’aspetto dimesso
Il rapporto speciale e simbiotico con le “sue donne rom” fa emergere nell’animo
sensibile della scrittrice un profondo senso di colpa e di vergogna per la razza
a cui appartiene, la quale costringe i “diversi” a una vita che non è degna di
essere definita tale, caratterizzata da ingiustizie, disparità di trattamento,
umiliazioni e torti, “giustificati” unicamente dall’appartenenza a un’etnia
differente.
La forma di diario scritto in prima persona mette in evidenza i sentimenti e le
emozioni provati dall’autrice del libro nei suoi undici anni di lavoro
entusiasta presso il Centro, durante le innumerevoli battaglie (alcune perse con
onore, molte altre vinte con soddisfazione) condotte fianco a fianco a questa
umanità bistrattata e, nonostante ciò, mai fiaccata del tutto. È proprio questa
carica di straordinaria empatia, che filtra da ogni pagina di Romantica gente, a
costituire il principale punto di forza e di attrattiva di un libro, scritto in
uno stile semplice, asciutto e diretto, che si propone l’intento di instillare
nelle menti dei lettori il concetto per il quale professionalità significa anche
umanità e compartecipazione e, soprattutto, lo scopo di contribuire a condurre i
rom fuori dai campi, «intesi simbolicamente come recinti pregiudiziali
all’interno dei quali sono collocati». Speriamo davvero che l’obiettivo venga
centrato.
Annalice Furfari
Di Fabrizio (del 19/09/2008 @ 08:49:39, in casa, visitato 1847 volte)
Anche se datato (29 luglio) segnalo questo lancio di
International Alliance of Inhabitants (IAI) arrivato ieri
Istanbul, il coordinatore dell'IAI ha incontrato le vittime delle
demolizioni
ISTANBUL (29.07.2008) – Cesare Ottolini, coordinatore dell'International
Alliance of Inhabitans, ha visitato ieri Sulukule e Ayazma dove gli abitanti
sono rimasti vittime delle demolizioni causate dal Progetto di riqualificazione
urbana.
Ottolini, presente ad Istanbul per partecipare al congresso del Cooordinamento
popolare per il Diritto alla Casa, ha incontrato i residenti di Sulukule le cui
case sono minacciate di demolizione. Ha poi preso conoscenza dei problemi dei
residenti ad Ayazma, che da vivono sotto le tende dal novembre 2007, quando
furono violentemente sgomberati.
Nell’ambito della visita organizzata dal “Coordinamento popolare per il Diritto
alla Casa” il presidente della “Associazione Residenti di Sulukule”, Şükrü Pündü,
assieme ad altri membri, hanno fornito informazioni sul caso. Pündük ha
affermato che più di mille famiglie saranno vittime delle demolizioni.,
ribadendo che le demolizioni avranno effetti negativi anche sul piano culturale.
Per queste ragioni il progetto di ristrutturazione urbana deve essere fermato.
Ad Ayazma la situazione e’ grave
La seconda tappa di Ottolini è stata Ayazma. Le condizioni di vita estremamente
disagiate degli oltre 110 residenti, ha colpito particolarmente l'attivista
italiano per i diritti umani. Incontrando le famiglie nelle loro baracche,
Ottolini ha affermato l’intenzione di lanciare una campagna di solidarietà
internazionale per Ayazma.
Ottolini, dopo aver raccolto informazioni sulle demolizioni e le violazioni dei
diritti umani ad Ayazma, ha assicurato il sostegno IAI alle vittime delle
demolizioni.
Ricevo da Orina Di Noi
Giovedì 25 settembre, ore 18.30 Libreria Feltrinelli – Piazza Piemonte
Milano
Presentazione del libro NON CHIAMARMI ZINGARO
insieme all’autore Pino Petruzzelli
intervengono: Gad Lerner e Laura Marinoni
Difficile raccontare la storia di un popolo dalle tradizioni e dal vissuto
orali, difficile stabilire il senso e le origini del nome con cui conosciamo, o
meglio non conosciamo, questa cultura. Pino Petruzzelli in Non
chiamarmi zingaro (Chiarelettere) non ci racconta la storia degli
zingari ma, tramite la raccolta di una serie di testimonianze, riesce a far
cadere le nostre certezze, per cui iniziamo a dubitare del termine zingaro sin
dalle primissime pagine. Le voci raccolte riprendono uno spazio che è stato loro
lungamente rifiutato e che continua a esserlo, dalla negazione del genocidio
commesso contro il popolo rom nella II Guerra Mondiale fino ad arrivare a oggi,
alle leggi che approva l’ultimo nostro governo e prima ancora, dal 1500 in
avanti, da quando abbiamo testimonianza delle loro interminabili persecuzioni. E
loro vengono perseguitati e scappano. Scappano da sgomberi, incendi, cacciate
scandite da slogan vergognosi, minacce e violenze. Storie scomode, che nessuno
vuole riconoscere. E chi difende gli zingari? Nessuno. Intervengono insieme
all’autore Gad Lerner e l’attrice Laura Marinoni.
Di Fabrizio (del 18/09/2008 @ 09:02:09, in Europa, visitato 1634 volte)
Da
Roma_Daily_News
Summit sui Rom Europei - Bruxelles, 16 settembre 2008
Stanisław Stankiewicz - Presidente dell'Unione Internazionale Rom (IRU) -
Vice-Presidente del Forum Europeo Rom e Viaggianti (ERTF)
I Rom si sono insediati in Europa oltre mille anni fa e sono una minoranza
europea trans-nazionale di questo continente. Che siano cittadini europei spesso
non è accettato ne conosciuto da molti paesi e persone.
La loro storia è spesso ridotta ad una lunga litania di discriminazione,
tentativi di sterminio, esclusione, povertà ed ora, i Rom sono soprattutto
considerati un problema sociale. Mentre questo è successo e tuttora succede, uno
sguardo più attento mostra che nei paesi e nelle regioni dove sono lasciati in
pace, i Rom sono integrati e vivono vite pacifiche.
Con l'affermarsi degli stati-nazione in Europa nel XIX secolo ed culmine dei
nazionalismi nel XX secolo, la situazione è peggiorata notevolmente. Continuano
in molti paesi l'esclusione e la discriminazione. I Rom non hanno mai voluto
avere uno stato loro e si rimettono alla mercé delle politiche nei posti dove
vivono.
Con una somma tra gli otto e i dodici milioni di Rom in Europa, questa
affronta una sfida: Come accettarli ed integrarli. Se questo non avverrà,
l'Europa affronterà problemi di proporzioni tali che saranno difficilmente
gestibili. Si parla spesso di un "Problema Rom", preferiamo dire che è l'Europa
come continente che deve affrontarlo. Oggi, i diritti umani basici non sono
ancora rispettati. Anzi, come visto ultimamente in Italia, vengono emanate da un
governo europeo politiche basate sull'etnia, senza quasi reazioni concrete.
Ufficialmente, i Rom sono cittadini dello stato dove vivono. In pratica, sono
spesso considerati cittadini di seconda classe quando va bene, e la
discriminazione amministrativa è una regola in molti paesi. Chiaramente, sono
state promulgate alcune leggi, come delle vetrine. Le politiche variano
dall'auto-governo, a seggi riservati nei parlamenti, allo status di minoranza,
ma tutto ciò non arriva al tema fondamentale del riconoscimento dei Rom come
cittadini effettivi nei loro paesi ed in Europa.
L'Europa ha approvato diverse leggi, convenzioni e direttive (ad es. 2000/43, EC
29/6/2000; 2000/78,EC 27/11/2000), sui diritti umani e le minoranze, e i membri
dell'Unione Europea le hanno firmate tutte. Ma spesso non sono rispettate. In
pratica, non tutti i paesi europei hanno aggiornato le loro leggi per
rispecchiare queste direttive, o spesso non le hanno rafforzate.
Il populismo sta crescendo, e sempre più spesso i politici cercano capri
espiatori. L'Italia si è improvvisamente svegliata scoprendo che tra il milione
di rumeni che vi vivono, ci sono circa 100.000 Rom. Certamente non un milione, e
non da qualche mese. No, alcuni di loro sono lì da diversi anni.
Dobbiamo chiederci come possano essere influenzati i processi politici per
cercare di cambiare e migliorare la situazione dei Rom in Europa. Come possano
essere cambiate le leggi locali, come indirizzare le attitudini e gli stereotipi
locali?
Occorre certamente uno sforzo verso la popolazione maggioritaria per contrastare
i soliti pregiudizi e permetterle di aprire la propria mente verso i Rom. La
stampa, ma anche molte OnG, hanno l'estrema necessità di cambiare la loro
rappresentazione e pensieri sui Rom. Spesso tutti loro rappresentano e riducono
i Rom a poveri, illetterati, disoccupati o a criminali. Se tutti i Rom si
fossero conformati a questi stereotipi, dove saremmo oggi? Ma se non si cambia
questo, come può progredire l'integrazione Rom in Europa e come si può cambiare
la società così che i Rom siano considerati cittadini come tutti gli altri?
Nel XXI secolo, ci sono ancora molti Rom nel mezzo dell'Europa che vivono come
nel terzo mondo. Non una casa vera, niente acqua, elettricità, nessuna
infrastruttura fornita dallo stato, segregazione a scuola, eccessi polizieschi,
o al massimo indifferenza della popolazione locale. Oltre alla segregazione e
alla discriminazione, questo non solo è vero ma anche la regola in molte regioni
rurali dei paesi nuovi membri dell'Unione Europea.
L'esperienza ha mostrato che in situazioni così difficili, i Rom perdono le loro
tradizioni, lingua e cultura. E questo succede qui in Europa, nell'Unione
Europea. Questo processo di acculturazione aumenta le difficoltà
nell'integrazione. La marginalizzazione impedisce ai Rom di migliorare la loro
situazione. I bambini hanno scarse possibilità di studiare in buone scuole, in
quanto sono ancora discriminati o messi nelle scuole speciali. Gli incentivi dei
governi sono spesso un pensiero malato. Noi, in quanto Rom, ancora non capiamo
perché è ancora così e pensiamo che ciò sia inadeguato. I Rom non sono ancora
realmente rispettati nell'Unione Europea, anche se questa istituzione dovrebbe
basarsi sul rispetto di tutti.
I politici non hanno fatto molto per cambiare le cose. Dovrebbero muoversi verso
l'integrazione, e non ricorrere a misure populiste. Demonizzare i Rom come
l'archetipo dello "straniero" è pericoloso...
Si è perso tanto tempo, e le politiche messe in atto non sono state efficaci.
Noi, Rom, ne abbiamo abbastanza di seminari, conferenze, discorsi; vogliamo
fatti concreti, lavoro,volontà politica, decisioni e azioni che genereranno veri
cambiamenti. E fare in modo che i Rom siano riconosciuti come un vero popolo
europeo. Ne abbiamo abbastanza anche di gruppi, coalizioni, che si spingono in
prima linea dicendo di rappresentare i Rom, spesso senza aver Rom nei loro
ranghi. Spesso, il Rom è un socio, un prestanome per progetti che dovrebbero
aiutare i Rom.
A noi sembra che spesso i Rom non siano ancora considerati dei partner validi.
C'è un modello di paternalismo tanto a livello politico che di base. "Noi
sappiamo cos'è meglio per voi" è ancora la norma. L'inclusione di organizzazioni
veramente rappresentative, basate su strutture democratiche, non è ancora la
norma. Vorremmo vedere più progetti dei Rom per i Rom, sulle premesse di "i Rom
aiutano i Rom" in piena collaborazione con le organizzazioni politiche e le OnG.
Dopo tre anni di decennio dei Rom, la mancanza di progressi generali richiede un
nuovo approccio e un'azione decisiva. E' tempo di prendere una nuova strada. Di
darci la meta di risolvere veramente alcuni dei problemi che l'Europa sta
affrontando, e di spingere per l'integrazione dei Rom. Dobbiamo educare entrambe
le comunità a cambiare le mentalità e i pensieri. La popolazione ha bisogno di
capire ed accettare che i Rom sono europei, che sono parte della nostra comune
cultura, ed i Rom devono cambiare e aprirsi alle sfide del futuro. Non
focalizziamoci sul passato, sulla sindrome da "vittime", ma guardiamo con
orgoglio avanti e a cosa vogliamo ottenere.
Speriamo sinceramente che questo incontro segni un punto di svolta. La lista dei
partecipanti, con Barroso, presidente della Commissione Europea, con Soros, con
ministri di vari governi ecc. mostra l'importanza della sfida. Speriamo che
tutti i partecipanti cerchino una strada e una strategia comune per cambiare la
deteriorata situazione dei Rom in Europa. Speriamo che i Rom e le organizzazioni
Rom siano considerati validi partner in questo processo.
I Rom sono cambiati negli ultimi vent'anni. Molti giovani sono diventati validi
attivisti, si stanno organizzando oltre i confini nazionali. Le manifestazioni
contro alcune delle politiche italiane in Italia, Vienna, Madrid, hanno mostrato
che sono pronti per prendere il destino nelle loro mani. Anche le organizzazioni
Rom, come l'IRU, sono cambiate, si sono democratizzate, sono diventate più
trasparenti. Ma necessitano di appoggio. Le organizzazioni Rom spesso sono
deprivate di supporto finanziario per i progetti concreti. Noi, come IRU, ma
anche a favore di altre organizzazioni, chiediamo nuovamente di essere
considerate partner di esperienza. Assieme vorremmo sottolineare che senza
l'appoggio globale della comunità Rom, nessun programma può riuscire.
L'Unione Europea ha anche bisogno di controllare con attenzione la situazione
dei Rom e dei suoi stati membri e reagire immediatamente. Il caso italiano
mostra che ahimè non è ancora il caso. Il mancato rispetto delle politiche, dei
principi e delle leggi non deve rimanere senza conseguenze. L'Unione Europea
dovrebbe reagire decisamente contro ogni attacco alla democrazia.
Noi, come Unione Internazionale Romanì, vogliamo ringraziare la Slovenia per
l'opportunità di presentare le nostre opinioni all'Europa, e anche la Croazia,
dove a breve organizzeremo il VII Congresso Mondiale Rom. Speriamo che la
Francia, con la sua tradizione dei diritti umani, e la Repubblica Ceca, che avrà
la prossima presidenza dell'Unione Europea, continuino proseguendo il dialogo,
ma prendano anche azioni concrete per migliorare la situazione globale dei Rom
in Europa.
Se noi, tutti europei e Rom compresi, non agiremo, avremo di fronte una
potenziale catastrofe. Se la situazione in alcuni paesi peggiorerà, i Rom
dovranno andarsene. E questo accenderà il risentimento ed ulteriore esclusione.
E' venuto il tempo di reagire. Speriamo come IRU, ma anche a nome di altre
organizzazioni Rom di base, di essere soci in questa attività.
Stanislaw Stankiewicz - stahiro.irul@neostrada.pl
Di Sucar Drom (del 18/09/2008 @ 00:19:42, in blog, visitato 2035 volte)
Ue, domani si apre il il vertice europeo
Il Sottosegretario alla salute, Eugenia Roccella, parteciperà domani, a
Bruxelles, al primo “Vertice Europeo sui Rom” organizzato dalla Commissione
Europea sotto il patronato del Presidente della Commissione Europea Jose' Manuel
Barroso e della Presidenza Fra...
Imperia, non chiamarmi "zingaro"
Giovedì 18 settembre alle 20.45, presso la Sala Varaldo della Camera di
Commercio, Viale Matteotti 48, CE.S.P.IM e ApertaMente Imperia organizzano la
presentazione del libro di Pino Petruzzelli, noto regista e attore genovese del
Centro Teatro Ipotesi “Non chiamarmi zingaro - Tutti ne hanno paura m...
Emma Bonino, Maroni stia attento ai segnali razzisti ai cittadini
“Mi hanno colpito gli insulti che i due assassini hanno usato mentre
massacravano di botte questo italiano dalla pelle nera, sono insulti
dichiaratamente razzisti. Siamo immersi in una atmosfera artatamente costruita
nella quale la mancanza di sicurezza ad...
Grecia, asilo politico per la bimba scambiata per Denise Pipitone
La donna albanese madre di Valentina, la bambina sull'isola greca di Kos che si
era ipotizzato potesse essere Denise Pipitone, è stata rimessa oggi in libertà
dal giudice in attesa che si decida su una sua richiesta di asilo politico. La
donna rom, si apprende da fo...
Venezia, all’11 mostra internazionale di architettura i Rom di Casilino 900
protagonisti dell’abitare
Il padiglione Italia dal titolo “L’Italia cerca casa. Progetti per abitare e
riabituare la città” ospita quest’anno una serie di progetti che, sostiene il
curatore Francesco Garofano, “mette alla prova la cultura architettonica
italiana nella sfida posta dalla doma...
Milano, Penati: irrisolti i problemi della sicurezza
Premessa: «Le colpe della società e della politica non possono costituire un
alibi alle responsabilità individuali». Affondo: «Milano ha comunque il dovere
di mostrare che la propria natura è civile e tollerante. Per questo chiedo al
sindaco Moratti d...
Veltroni, la destra sta rovinando l'Italia economicamente, politicamente e
moralmente
“La destra sta rovinando l'Italia economicamente, politicamente e moralmente”,
come dimostrano le “politiche repressive” già messe in atto per esempio nel
campo dell'immigrazione e della prostituzione, che preludono “all'autunno della
democrazia e della libert...
"Si alle diversità - No alle discriminazioni" quando l'Europa si allea con il
giornalismo
Per il quinto anno consecutivo i giornalisti della carta stampata ed elettronica
sono invitati ad inviare i propri lavori su questo tema che ha assunto
dimensioni preoccupanti, visti i continui episodi di xenofobia che quasi
quotidianamente si veri...
Bussolengo (VR), chiediamo giustizia
I fatti di Bussolengo (VR) ci hanno sconvolto. I racconti dei componenti delle
famiglie Campos e Rossetto, poi diventati denunce, hanno traumatizzato tutta
sucardrom e non solo. Questi racconti precisi e puntuali che potete leggere in
questo spazio web hanno dell’incredibile ma non certo dell’inverosimile. Tro...
Soros, il governo italiano sbaglia
Nuovi strali nei confronti dell'Italia sulla questione rom: la risposta del
governo è “sbagliata” e la decisione di prendere le impronte digitali
“illegale”. Le critiche arrivano da Bruxelles, ma questa volta non c'entrano le
autorità europee. A pronunci...
Barroso, integrare i Rom e i Sinti è affare interno di ciascun Stato
E' iniziato decisamente in chiave di protesta contro il Governo italiano il
primo vertice europeo sui rom, che si sta svolgendo oggi a Bruxelles,
organizzato dalla Commissione Ue e dall'Europarlamento. Durante l'intervento
iniziale del presidente della Commissione europea, Josè Manuel Barroso...
Rom e Sinti, il ruolo dell'Europa è troppo limitato
“Siamo estremamente preoccupati per quanto accaduto a Bussolengo, dove 6 rom
sono stati torturati dai carabinieri”. Lo ha detto Eva Rizzin, rappresentante
della Federazione Rom e Sinti Insieme in Italia, commentando a margine del
vertice europeo sull'inclusione dei...
Bussolengo (VR), ancora in carcere
Questa mattina si è svolta a Verona la seconda udienza del processo per
“direttissima” contro Angelo e Sonia Campo e Denise Rossetto, a cui vengono
contestati i reati di resistenza a pubblico ufficiale e tentata rapina della
pistola di un milite. Ancora una volta il processo...
Rom e Sinti, la Federazione al Ministero dell'Interno
Ieri 16 Settembre 2008 i delegati della Federazione Rom e Sinti Insieme, Demir
Mustafà (in foto), Davide Casadio e Nazzareno Guarnieri hanno incontrato a Roma
il Sottosegretario di stato del ministero dell’interno, Michelino Davico, per
porre...
In arrivo la commissione del parlamento europeo
Dopo le contestazioni al governo italiano durante il vertice a Bruxelles sui rom
in Europa, arriva in Italia la commissione del parlamento europeo che ha il
compito di verificare le condizioni nei campi rom della capitale. I Campos...
Viareggio, si chiude l'anno europeo del dialogo interculturale
Il 19 settembre al cinema Politeama di Viareggio la premiazione delle città
italiane che si sono distinte in attività di integrazione. Un riconoscimento
speciale al presidente Massimo Moratti per Inter Campus. Poi il festival di
world music, presentato da Paolo Brosio e Vanessa Gravina con artisti europei.
Sul palco anche Santino Spinell...
Catania, non erano ladri di bambini
Assoluzione: questo il verdetto emesso dal giudice Antonella Romano nei
confronti di Viorica Zavache e Sebastian Neculau, i due giovani rom accusati di
aver tentato di rapire una bimba all’interno del parcheggio di un noto
ipermercato catanese nel maggio scorso...
Ue, aggravante clandestinità viola il diritto comunitario
Il servizio giuridico del Parlamento europeo ha comunicato alla commissione
Libertà civili dell'europarlamento di aver giudicato non conformi al diritto
comunitario le nuove norme italiane - entrate in vigore in luglio - che
considerano la clandestinità come aggravante per chi commetta un reato...
Di Fabrizio (del 17/09/2008 @ 09:04:18, in lavoro, visitato 1572 volte)
Da
Nordic_Roma
HELSINGIN SANOMAT
Mauri Hagert, conducente della Vantaa, guida il suo autobus nel centro di
Helsinki. A 53 anni, ha lavorato per compagnia Concordia sette anni. La
compagnia, che opera sulle principali rotte municipali nella regione di
Helsinki,impiega circa 20 altri membri della comunità Rom. Dice Hagert: "Non
abbiamo grande istruzioni, così dobbiamo prendere lavoro dove capita. Questa
compagnia non guarda di che colore sono i tuoi capelli, o la tua razza".
Giovedì 11 è stato rilasciato uno studio commissionato dal Ministero del
Lavoro, che mostra come le attitudini negative da parte di molti datori continua
a rendere difficile ai Rom trovare lavoro.
Una ricerca telefonica ha mostrato che il 12% dei datori di lavoro ammetteva
che non avrebbero assunto un Rom, anche avendo la qualifica richiesta per il
lavoro. Circa la metà degli intervistati, il 57%, erano disposti ad assumere un
Rom.
"E' certamente allarmante, ma d'altra parte, è emersa anche una positiva
sorpresa, perché si è parlato molto di discriminazione contro i Rom", ha detto
la ricercatrice Hannele Syrjä.
L'inchiesta ha mostrato che la maggior volontà di assumere i Rom arriva dalle
grandi compagnie di costruzione e da quelle di servizi nella Finlandia
meridionale, che hanno sofferto di tagli di posti di lavoro. Le risposte
più positive arrivano da compagnie che già hanno avuto dei Rom come dipendenti.
Oltre 300 compagnie hanno risposto alla ricerca.
I più grandi impedimenti, secondo la ricerca, riguardano la mancanza di
istruzione e l'esperienza lavorale. La maggior parte dei Rom che cerca lavoro
non è andata oltre l'istruzione primaria.
Hannele Syrjä elenca alcuni fattori culturali: "La gioventù è breve, le
famiglie si formano presto, ed inoltre l'istruzione è lasciata spesso. I Rom
vogliono diventare istruiti da adulti".
Tarja Cronberg, (Verdi) Ministro del Lavoro, dice che si faranno dei
tentativi per promuovere l'impiego tra i Rom aumentando il numero di mediatori
Rom presso gli uffici locali del collocamento. Si faranno anche sforzi per
fornire ai Rom servizi di apprendistato e sussidi all'impiego. Dice Cronberg:
"E' anche importante migliorare la situazione allarmante della scarsa istruzione
dei giovani".
Di Fabrizio (del 17/09/2008 @ 08:54:17, in blog, visitato 1611 volte)
Da
Today is life... Tomorrow never comes
Maledetti stranieri siete la rovina dell' ITALIA! Cammello e a casa!
Voi che non sapete cosa sia la raccolta differenziata avete ridotto Napoli a una
pattumiera. Voi che prendete le vostre AirBananas per tornare a trovare le
vostre famiglie avete fatto fallire Alitalia. Voi che spedite le ricchezze
guadagnate in nero ai Paesi vostri avete aumentato il deficit italiano. Voi che
non sapete raccogliere i pomodori e bruciate plastica di fianco alle bufale
avete rovinato la qualità degli alimenti Italiani. Voi che portate le puttane
in Italia avete rovinato un popolo tutto casa e chiesa. Voi che violentate il
10% delle nostre donne e ci lasciate soltanto il 70%. Voi che vi fate ammazzare
per una sprangata sul cranio rovinate delle famiglie per bene. Voi che avete
votato sempre per i comunisti avete tolto un futuro ai giovani Italiani. Voi che
inquinate le città con gli autobus pubblici che usate per vagabondare giorno e
notte. Voi che vivete in 20 in un appartamento siete la causa della crisi
immobiliare. Voi che venite qua a lavorare avete causato la disoccupazione.
Voi
che avete importato mafia camorra e sacra corona unita dal terzo mondo da dove
venite avete riempito di criminali un onesto paese .
Maledetti stranieri: fate schifo, Italia agli Italiani, padroni a casa nostra, e
meno male che Silvio c'è, questo fulgido esempio di onestà e incorruttibilità
e integerrimità e bravura e tutto e Dio grazie che Silvio guida i nostri
giovani Italiani e … [fine delirio italiota]
Di Fabrizio (del 16/09/2008 @ 12:45:35, in Italia, visitato 1994 volte)
Tom Welschen mi segnala questo "quasi rapporto" da
Melting
Pot. Data la lunghezza, consiglio di scaricarlo e leggerlo con calma offline
di Fulvio Vassallo Paleologo, Università di Palermo
1. Malgrado le rassicurazioni fornite dal governo italiano al commissario
europeo Barrot, le operazioni di censimento e di schedatura dei rom assumono
sempre più il carattere di veri e propri rastrellamenti, come da ultimo al
Casilino 900 a Roma, con lo scopo evidente di acquisire "elementi di prova" che
possano poi fornire altri alibi alle operazioni di sgombero forzato già
annunciate dal governo per ottobre, con particolare "attenzione" nei confronti
di quanti potrebbero denunciare gli abusi compiuti dalle forze dell'ordine (adesso anche, in virtù dei poteri assegnati ai sindaci, dai vigili urbani).
La distruzione o il sequestro dei beni di proprietà dei rom, come se si
trattasse sempre e soltanto di proventi di attività delittuose, le violenze
fisiche e psicologiche perpetrate anche ai danni di donne e bambini,
appartengono ormai alla cronaca quotidiana, una cronaca che smentisce giorno
dopo giorno il frettoloso (ma provvisorio) riconoscimento, da parte della
Commissione Europea, della legittimità del comportamento delle autorità italiane
nei confronti dei rom. Sulla base della documentazione raccolta dalle
associazioni antirazziste la condanna politica e storica del razzismo
istituzionale e della xenofobia aizzata dalle decisioni del governo italiano,
prima o poi, arriverà senza appello e resterà per sempre a macchiare i nomi dei
responsabili della sicurezza e dell'ordine pubblico che hanno reso possibile
questa "pulizia etnica" strisciante, anche se si va diffondendo, dai più alti
livelli di governo a scendere, la tendenza di minacciare querele contro chiunque
denunci gli abusi, quando non funziona il ricatto diretto sulle vittime,
consigliate a non presentare (o a ritrattare) denunce, per evitare guai
peggiori.
L'arma più diffusa per "regolare i conti" con le comunità rom presenti nei campi
italiani, 150- 180.000 persone, di cui la grande maggioranza donne e bambini, in
un paese di sessanta milioni di abitanti con quattro milioni ed oltre di
immigrati, rimane lo strumento delle espulsioni, dell'internamento nei centri di
detenzione amministrativa e nell'allontanamento forzato verso i paesi di
origine. Non sempre si può prevedere quali, perché si tratta di entità statali
diverse rispetto agli stati dai quali i rom sono partiti negli anni ‘90, luoghi
nei quali non hanno più casa ed occasioni di vita dignitosa. Il riconoscimento
della "protezione internazionale" alla quale molti rom avrebbero diritto diventa
sempre più un miraggio per l'atteggiamento pregiudiziale di molte commissioni
territoriali. I soggetti più deboli, ed i minori, sono le principali vittime di
queste pratiche che smembrano le famiglie, ne annullano le già modeste
possibilità di sopravvivenza , distruggono percorsi di integrazione e di
reinserimento sociale per i quali si erano spesi anni di lavoro da parte delle
associazioni e degli operatori istituzionali più sensibili.
In questo quadro, che si complica ogni giorno di più, appare particolarmente
critica la situazione dei giovani rom che hanno raggiunto i diciotto anni,
completato un ciclo di formazione, e magari avrebbero già trovato un posto di
lavoro o un tirocinio, ma non possono regolarizzare la loro posizione perché al
compimento del diciottesimo anno di età, se i genitori non hanno un permesso di
soggiorno, la condizione di irregolarità (e di espellibilità) si estende anche
ai figli. Anche se la giurisprudenza del Consiglio di Stato ha ampliato la
possibilità di ottenere un permesso di soggiorno, la pratica quotidiana degli
uffici stranieri delle questure continua a negare qualunque possibilità di
legalizzazione. Ma non basta. Anche giovani rom, figli di persone in possesso di
un titolo di soggiorno, si sono visti recapitare, come "regalo" per il
compimento del diciottesimo anno, un provvedimento di espulsione firmato dal
questore.
L'accattonaggio ed il riciclaggio di materiali usati, raccolti presso le
discariche accanto le quali sono ubicati i "campi nomadi" italiani, tradizionali
strumenti i sopravvivenza delle comunità rom, vengono colpiti come un reato e
non si offrono ai capifamiglia prospettive alternative per sfamare i propri
figli. Con il rischio crescente che lo stato di bisogno sospinga verso la
devianza anche le persone che maggiormente hanno creduto nelle possibilità di
integrazione.
Tutto questo diventa sempre più grave alla luce delle nuove sanzioni penali
introdotte dal governo Berlusconi contro gli immigrati irregolari, spesso
irregolari perché nelle scelte discrezionali da parte degli uffici stranieri
delle Questure si è sempre scelta la soluzione più restrittiva, in qualche caso
anche violando il dettato della legge, come è provato dalle decine di sentenze
che hanno sanzionato atti illegittimi e comportamenti omissivi posti in essere
da diversi uffici stranieri ai danni dei rom in questi ultimi anni.
Il ministro Maroni, da parte sua, attacca da mesi l'autonomia della magistratura
quando non si esprime in linea con l'orientamento del governo. A luglio il
ministro ha criticato duramente il giudice delle indagini preliminari del
tribunale di Verona "colpevole" di avere rimesso in libertà quattro rom, che
avrebbe così vanificato un' operazione di polizia».non convalidando il fermo dei
"nomadi" accusati di sfruttamento di minori. L'operato della polizia va sempre
difeso, anche senza leggere le carte. : «Non ho letto l' ordinanza – ha
affermato il ministro - ma sono rammaricato perché è stata vanificata un'
operazione di polizia. Metterli in libertà è stato un errore". La presunzione di
innocenza per i rom è stata cancellata dalla Costituzione. Ma è noto quanto il
governo Berlusconi tenga in conto la nostra Costituzione. La falsa "sicurezza"
dei cittadini è una buona merce dai contrabbandare per nascondere i loro
interessi economici ed i loro giochi di potere.
Il messaggio dell'esecutivo sembra intanto arrivare a destinazione. Nelle strade
si uccide con le spranghe o si dà fuoco con le molotov, si applica insomma la
giustizia "fai da te". Nelle caserme dei carabinieri si applicano trattamenti
disumani e degradanti che sarebbero vietati anche dall'art.13 della
Costituzione, secondo il quale "è punita ogni violenza fisica e morale sulle
persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà". Nelle sentenze più
recenti si affermano pregiudizi veri e propri, anche da parte di organi
giudicanti che si conformano pedissequamente alle linee dettate dai vertici
giudiziari e dal governo di turno, come se fosse una "colpa" dei rom essere
ancora privi dei documenti di soggiorno, abitare nei campi"infestati dai topi",
nei quali sono stati confinati per forza e lì abbandonati per anni dalle
istituzioni, o non trovare un lavoro per il loro sostentamento. Si giunge
persino a negare l'evidenza, che i padri convivano con i figli minori (così un
giudice nella convalida di un trattenimento nel CIE di Caltanissetta), magari
perché l'ultimo certificato di famiglia risale alla data dell'ultimo permesso di
soggiorno poi scaduto, perché c‘è un provvedimento di espulsione da eseguire, e
si creano così le condizioni legali per creare " minori i stato di abbandono",
costringendo i genitori all'allontanamento forzato ed alla clandestinità. Tanti
aspetti, alcuni illegali e violenti, altri apparentemente legali e pacifici,
della stessa considerazione degli immigrati, e dei rom in particolare, come
esseri umani di rango inferiore.
Sembrerebbe che, venendo meno al doveroso controllo giurisdizionale sulla
discrezionalità di polizia, alcuni giudici diano un rilievo assoluto alle
indicazioni di "tolleranza zero" che giungono dal governo, ed oggi alle
estemporanee esternazioni del ministro Maroni, secondo il quale tutte le
operazioni di "censimento" sarebbero finalizzate alla "tutela" dei minori,
perché molti piccoli rom sarebbero nella condizione di "minori non
accompagnati". Secondo il ministro dell'interno diversi minori rom presenti nei
campi sarebbero addirittura coinvolti nel traffico della prostituzione, senza
neppure distinguere tra rom romeni (per i quali il problema esiste, ma non può
essere certo affrontato con misure repressive applicate sugli individui isolati
senza colpire il racket) e rom della ex Jugoslavia (che vivono all'interno di
nuclei familiari assai strutturati residenti da anni nei cd. "campi
nomadi"). Dopo queste anticipazioni di Maroni attendiamo senza troppa curiosità i
risultati finali del censimento dei campi voluto dal governo Berlusconi, un
censimento che le associazioni di tutela avevano già effettuato da tempo, per
fini ben diversi, un censimento, quello realizzato nelle ultime settimane, che
adesso costituirà soltanto la premessa per operazioni di sgombero forzato,
rastrellamenti ed espulsioni.
Si fa tutto il possibile, da parte delle istituzioni di governo, per mettere in
risalto i casi di illegalità riscontrati (o presunti) nei "campi nomadi", per
mettere a tacere le accuse di razzismo e per legittimare la prossima campagna di
ottobre, lo sgombero forzato dei campi e la deportazione di massa che Maroni
annuncia per ottobre, alla vigilia della visita della delegazione del Parlamento
Europeo che dovrà indagare sulla situazione dei rom in Italia.
Ma tutto questo non sarebbe possibile senza una svolta della magistratura che in
precedenza aveva svolto una funzione di garanzia rispetto agli abusi delle forze
di polizia, contribuendo alla difesa dei percorsi di legalizzazione che le
associazioni antirazziste erano riuscite ad intraprendere con successo
all'interno dei campi rom. Anche nel perseguire gli atti di discriminazione
razziale le sentenze sono sempre più rare, e persino la legge Mancino n.205 del
1993, che sanziona penalmente i comportamenti caratterizzati da odio razziale
sembra caduta in desuetudine.
Occorre dunque ricostruire la trama di diritti che può essere ancora
riconosciuta agli appartenenti alla "minoranza" rom in Europa ed in Italia in
particolare, composta in maggior parte proprio da donne e minori, utilizzando
nel senso più ampio le possibilità di legalizzazione offerte dalla legislazione
vigente. Se non si riconoscono i diritti fondamentali delle persone, con
particolare attenzione alla condizione dei minori, parlare di doveri rimane solo
vuoto moralismo, o diventa demagogia interessata. Occorre restituire storia,
diritti, dignità alle persone alle quali lo stato ed i suoi apparati la negano
tutti i giorni. Dopo le violazioni più eclatanti dei diritti delle persone vanno
costruite occasioni di mobilitazione, per rendere più efficace la difesa in
giudizio, semplicemente per fare conoscere, e rendere pubblici gli elementi sui
quali in futuro si potrà fondare la condanna morale, e forse anche giudiziaria,
di tutti coloro che a vario titolo hanno contribuito ad alimentare questa
spirale xenofoba e discriminatoria che avvelena la convivenza sociale in Italia.
2. L'allontanamento repentino dei genitori rom privi di un regolare permesso di
soggiorno, il loro internamento nei centri di identificazione d espulsione,
sulla base di provvedimenti adottati discrezionalmente dai Questori e applicati
dagli organi di Polizia, senza verificare la presenza delle cause di inespellibilità previste dall'art. 19 del testo unico n.286 del 1998, sta
comportando una grave destabilizzazione di situazioni familiari, già assai
precarie e gravemente pregiudicate dal disagio economico, dalla condizione
sanitaria e dalle situazioni abitative nelle quali i rom sono stati costretti da
decenni. Le condizioni di inespellibilità possono valere anche in presenza di
lievi precedenti penali, quando non si riscontri più una pericolosità sociale
attuale.
Spesso le misure di internamento e di allontanamento forzato sono fondate su
provvedimenti di espulsione risalenti nel tempo, in qualche caso collegati a
precedenti penali per reati di lieve entità, sui quali anni prima si è avuto un
patteggiamento della pena, reati per i quali dovrebbe valere la riabilitazione
automatica , anche a fronte del decorso di tempo e del percorso di reinserimento
nella legalità che molte famiglie rom hanno sperimentato con successo. Sul punto
il Consiglio di Stato con una recente sentenza dell'8 agosto di quest'anno ha
affermato: " di condividere l'orientamento secondo il quale alla riabilitazione
possa equipararsi l'automatica estinzione della condanna inflitta in sede di "patteggiamento", ai sensi dell'art. 445 cod.proc.pen. Sul punto v'è piena
concordanza di opinioni tra la giurisprudenza penalistica e quella
amministrativa, essendosi in passato affermato che "attesa la sostanziale
analogia fra gli effetti della riabilitazione, quali previsti dall'art. 178
codice.penale, e quelli del positivo decorso del termine previsto dall'art. 445
comma 2 c.p.p., con riguardo alla sentenza di applicazione della pena su
richiesta, deve escludersi che, una volta realizzatasi detta seconda condizione,
vi sia ancora interesse giuridicamente apprezzabile ad ottenere la
riabilitazione, tenendo anche presente che, ai sensi dell'art. 689 comma 2 lett.
a) n. 5 e lett. b) c.p.p., le sentenze di applicazione della pena su richiesta
sono comunque destinate a non comparire sui certificati del casellario
rilasciati a richiesta dell'interessato, indipendentemente da qualsivoglia
statuizione del giudice al riguardo." (Cassazione penale , sez. IV, 19 febbraio
1999, n. 534, ma si veda anche, nel medesimo senso, Sezione Sorveglianza Napoli,
23 gennaio 2003, T.A.R. Toscana Firenze, sez. I, 12 febbraio 2007, n. 212)".
Le esigenze di allontanamento forzato non possono prevalere sugli obblighi di
protezione di rilevanza internazionale ai quali si è sottoposta l'Italia
sottoscrivendo diverse Convenzioni a salvaguardia dei diritti della persona e a
tutela della condizione dei minori in particolare.
Una particolare attenzione va dedicata ad una questione che riguarda non solo i
rom ma tutti i migranti in condizione irregolare, ma che sulle famiglie rom sta
producendo effetti devastanti. Ci riferiamo all'uso generalizzato dei
procedimenti per direttissima, con condanna immediata e relativa
scarcerazione/espulsione della persona sottoposta a giudizio, senza una
effettiva possibilità di difesa e di appello, anche per i limiti della difesa di
ufficio e per i tempi ristrettissimi delle procedure che impediscono un sia pur
minimo esercizio dei diritti di difesa garantiti dall'art. 24 della
Costituzione. Chi ha commesso un reato, anche se legato soltanto alla presenza
irregolare, o chi è in regime di carcerazione preventiva può e deve fare valere
i diritti di difesa e ad un equo processo, esattamente come tutti i cittadini
italiani. Le espulsioni, anche quando vengono effettivamente eseguite, se sono
effettuate in sostituzione del processo che può condurre all'accertamento delle
responsabilità penali, rischiano di favorire i colpevoli e di danneggiare
soltanto gli innocenti. Nel caso dei colpevoli, l'espulsione come misura
sostitutiva della pena, o del processo, diventa un comodo lasciapassare, un
viaggio (con relative scorte di polizia) pagato dai contribuenti italiani verso
il paese di origine, per poi rientrare clandestinamente in Italia, non appena lo
si voglia. E in questo modo si vorrebbe propagandare una maggiore sicurezza per
i cittadini.
Si dimentica poi che una buona parte dei rom proviene da zone nelle quali, se
fossero ricondotti forzatamente nei paesi di provenienza, rischierebbero ancora
esclusione e persecuzioni. Molti di loro hanno avuto in passato un permesso di
soggiorno per motivi umanitari o per motivi di salute, se non per lavoro,un
permesso che non è stato possibile rinnovare per l'inasprimento delle norme
relative al rilascio dei permessi di soggiorno e per i comportamenti dilatori,
se non apertamente discriminatori, da parte degli uffici stranieri di molte
questure italiane. Tanti, anche rom, che erano riusciti a regolarizzare la loro
posizione con le sanatorie degli anni passati, hanno perduto il permesso di
soggiorno perché non hanno più trovato chi stipulava un regolare contratto di
lavoro, diventato oggetto di ogni genere di mercanteggiamento, la legge
Bossi-Fini prevede che dopo sei mesi di disoccupazione si perde il diritto a
permanere nel nostro paese. Anche se si è nati in Italia, e se in Italia sono
sepolti i propri genitori.
Nel caso delle famiglie rom provenienti dal Kosovo, stato ormai autonomo, la
eventuale espulsione degli adulti privi di permesso di soggiorno e dei figli
minori a seguito del padre non è neppure ipotizzabile, alla luce del divieto
sancito dall'art. 19 del T.U. sull'immigrazione che -oltre a vietare
l'espulsione dei minori - vieta qualunque espulsione verso paesi nei quali si
possa essere oggetto di persecuzione, come appunto potrebbe verificarsi ancora
domani in Kosovo, soprattutto dopo gli ultimi eventi di politica internazionale
che hanno riproposto i drammi del nazionalismo e la pulizia etnica a danno delle
minoranze. Né gli stessi minori potrebbero fare rientro in Kosovo, in quanto in
quella nuova "entità statale", autoproclamatasi "repubblica indipendente" ma
ancora dall'incerto riconoscimento internazionale, si verificano gravi problemi
di sicurezza per gli appartenenti all'etnia rom mentre è provata la sistematica
discriminazione nell'accesso all'abitazione, alle cure sanitarie, ed
all'istruzione, tanto in Serbia quanto in Kosovo, secondo quanto rilevato ancora
nel 2008 da Amnesty International e dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite
per i rifugiati. Basta consultare su internet i rapporti di queste
organizzazioni per comprendere i pericoli ai quali sarebbero esposti coloro che
dopo decenni di presenza in Italia hanno ormai perduto ogni legame con i paesi
di origine, o addirittura sono nati in Italia.
Né in Serbia, né tantomeno in Kosovo, sussisterebbero peraltro idonee condizioni
abitative, economiche e sanitarie per garantire la crescita e lo sviluppo
psicofisico dei minori, anche alla luce dello sradicamento sociale del padre
assente da oltre venti anni dal paese di origine. Sono peraltro riferite da
fonti attendibili, come Amnesty International, gravi fatti di discriminazione
che si sono verificati ai danni di rom costretti dopo una espulsione a ritornare
in quel paese che ormai costituisce una entità statale diversa da quella di cui
sono originari.. I recentissimi sviluppi della crisi nelle regioni del Caucaso
non potranno che inasprire i già difficili rapporti tra la Serbia e la
autoproclamatasi Repubblica del Kosovo, governata da politici filo-allbanesi che
in passato, come componenti dell'UCK (definito come "esercito di liberazione
del Kosovo"), hanno attivamente contribuito, secondo quanto rilevato da Amnesty
e dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, alla persecuzione
della popolazione rom originaria del Kosovo, perché ritenuta filo serba, con
particolare accanimento nella provincia di Kosovska Mitrovica.
3. L'allontanamento forzato di un genitore, per effetto di un invito a
presentarsi in Questura " per chiarire la propria posizione in ordine alle
condizioni di soggiorno", o a seguito di una vera e propria retata di massa,
come quelle che Maroni annuncia adesso per ottobre, rappresenta già un grave,
ulteriore, momento di "crisi" del residuo nucleo familiare, che incide
negativamente sul percorso di crescita e sullo sviluppo psico-fisico dei figli
minori. A fronte delle particolari situazioni di disagio abitativo ed economico
nelle quali si trovano le famiglie Rom, alloggiate all'interno del "campo
nomadi", istituiti di fatto o tollerati per anni dagli enti locali, ma
abbandonati ad una condizione di degrado e di irregolarità, la prolungata
assenza del genitore, unico titolare della potestà genitoriale, produce
conseguenze assai gravi per quanto concerne il sostentamento, la salute e
l'accesso alle cure mediche dei figli minori, oltre che risultare
pregiudizievole per la loro futura frequenza scolastica (ancora obbligatoria,
almeno fino a quando il ministro Gelmini vieterà ai minori irregolari la
possibilità di frequentare persino la scuola dell'obbligo).
E' noto che, secondo il più recente orientamento restrittivo della Corte di
Cassazione, l'autorizzazione alla permanenza nel territorio ex art. 31 c.3 del
T.U. sull'immigrazione n.286 del 1998 non si ricolleghi meramente a situazioni
familiari caratterizzate dalla "normalità e dalla tendenziale stabilità" ma vada
correlata a "circostanze contingenti ed eccezionali, che pongano in grave
pericolo lo sviluppo normale della personalità del minore, tanto da richiedere
la presenza del genitore nel territorio dello Stato per fronteggiarle" (Cass.
747/2007 e 4197/2008). Si osserva tuttavia che la previsione dell'art. 31, comma
3°, decreto.legislativo n. 286/1998, non può essere ristretta ai casi di "eventuali patologie" di un minore, considerato che lo sviluppo psicofisico e la
salute del minore che si trova nel territorio italiano dipendono soprattutto
dalla sua relazione con le figure primarie di assistenza morale e materiale e
dal soddisfacimento del suo bisogno di avere i genitori con sé;
D'altra parte la stessa Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con sentenza del
28.9.2006 n. 22216, aveva precisato che l'art. 31 del T.U. sull'immigrazione
n.286 del 1998, come modificato dalla legge n.189 del 2002, " prevede una
duplice fattispecie, e cioè quella della autorizzazione all'ingresso e quella
della autorizzazione alla permanenza del familiare sul territorio nazionale in
deroga alle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e nel
concorso di gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico del minore, tenuto
conto della sua età e delle sue condizioni di salute; che la presenza di gravi
motivi richiede l'accertamento di situazioni di emergenza di natura eccezionale
e contingente, di situazioni cioè, che non siano quelle normali e stabilmente
ricorrenti nella crescita di un minore secondo il ricorrente orientamento
interpretativo della giurisprudenza di legittimità (…) la presenza dei gravi
motivi deve essere puntualmente dedotta dal ricorrente ed accertata dal
tribunale per i minorenni come emergenza attuale solo nell'ipotesi di richiesta
di autorizzazione all'ingresso del familiare nel territorio nazionale in deroga
alla disciplina generale dell'immigrazione; ciò non vale sempre, invece,
nell'ipotesi in cui – come nella specie -, venga richiesta l'autorizzazione del
familiare che diversamente dovrebbe essere espulso, poiché la situazione
eccezionale nella quale vanno ravvisati i gravi motivi può essere attuale, ma
può anche essere dedotta quale conseguenza dell'allontanamento improvviso del
familiare sin allora presente e cioè di una situazione futura ed eventuale
rimessa all'accertamento del giudice minorile".
E' altresì riconosciuto che i "gravi motivi" possono consistere "anche in
evenienze diverse da quelle terapeutiche "-sia di ordine fisico sia di ordine
psichico" (Cass. 396/2006). Né una lettura restrittiva dell'art. 31 comma.3
potrebbe argomentarsi alla stregua del regolamento n.334/2004 che all'art. 11
prevede nei casi di cui all'art. 31, c.3 la possibilità del rilascio di un
permesso di soggiorno per cure mediche, in quanto tale norma regolamentare non
potrebbe incidere sulla possibilità consentita al tribunale per i minorenni di "autorizzare" comunque la permanenza del familiare nello stato nel superiore
interesse del minore, applicando lo stesso art. 31, comma.3 anche in deroga
alle altre disposizioni del d.lgs. 286/98 e quindi a maggior ragione della
normativa regolamentare di applicazione. In base all'art. 3 della Convenzione
sui diritti del fanciullo, comunque, in tutte le decisioni relative ai minori "l'interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente".
Peraltro la stessa Corte di Cassazione riconosce che i gravi motivi per il
rilascio dell'autorizzazione ex art. 31 c.3, debbano corrispondere " alla
necessità di non deprivare traumaticamente il fanciullo della fruizione di
diritti fondamentali riconosciuti dalla legge, a prescindere dalla sua
condizione di straniero" e quindi nell'ambito di tali diritti non rientra solo
il diritto alla salute psico-fisica ma anche il diritto all'unità della
famiglia. Una diversa lettura della norma la svuoterebbe praticamente di
operatività che va invece riaffermata non in astratto ma in modo circostanziato
per ogni singola fattispecie concreta, tenendo conto delle complessive esigenze
del minore.
Si devono inoltre ricordare consolidati principi del diritto convenzionale che
devono orientare tanto il legislatore quanto l'applicazione al caso concreto
della norma di cui all'art. 31, comma 3°, d.lvo n. 286/1998. Si richiamano in
particolare:
- l'art. 9, comma 1°, della Convenzione sui diritti del fanciullo prevede che un
fanciullo possa essere separato dai suoi genitori contro la loro volontà solo
quando questa separazione è necessaria nell'interesse del fanciullo, come quando
i genitori maltrattano o trascurano il fanciullo;
- l'art. 10 della Convenzione sui diritti del fanciullo prevede che
"ogni
domanda di ricongiungimento familiare deve esser considerata con uno spirito
positivo, con umanità e diligenza", e perciò a maggiore ragione con le stesse
attitudini va considerata ogni questione che comporti, attraverso la negazione
dell'autorizzazione alla permanenza del genitore in Italia, l'allontanamento
(come contrario del ricongiungimento) del genitore dai figli;
- l'art. 3, comma 2°, della Convenzione sui diritti del fanciullo dispone che
"in tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza … dei tribunali …
l'interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente".
Il recente orientamento della Corte di cassazione (sentenza n. 4197 del 19
febbraio 2008) che sembra chiudere quasi del tutto, in modo assai più esplicito
che in passato, la possibilità di legalizzazione dei genitori in applicazione
dell'art. 31 del testo Unico sull'immigrazione non va applicato in modo
automatico ma richiede comunque un accertamento rigoroso delle condizioni di
fatto, sui quali la stessa Corte di cassazione non può essere chiamata ad
esprimersi. Secondo quei giudici " i gravi motivi connessi con lo sviluppo
psicofisico del minore straniero presente nel territorio italiano che, ai sensi
dell'art. 31, terzo comma, del decreto legislativo 25 Luglio 1998, n. 286,
consentono il rilascio, da parte del Tribunale per i minorenni,
dell'autorizzazione all'ingresso o alla permanenza in Italia per un periodo di
tempo determinato ai familiari del minore, anche se colpiti da provvedimento di
espulsione, vanno correlati alla sussistenza di condizioni di emergenza,
contingenti - e cioè transeunti - ed eccezionali, che pongano in grave pericolo
l'evoluzione normale della personalità del minore, tanto da richiedere il
sostegno del genitore. Si deve quindi trattare di un danno non altrimenti
evitabile ed ulteriore rispetto a quello sempre riconoscibile alla separazione
dal proprio padre, che è evento, di per sé, connaturalmente traumatico".
Secondo la prima sezione civile della Corte di cassazione "esula, dunque, dalla
previsione di legge invocata, che rappresenta una deroga eccezionale alle stesse
esigenze pubbliche che sono alla base del decreto di espulsione, la mera
presenza di circostanze ordinarie, quali il bisogno di completare il ciclo
scolastico del minore o l'opportunità, anch'essa innegabile in linea di
principio, che questi non sia costretto a sottrarsi al tessuto sociale in cui è
integrato, per raggiungere il genitore nel paese di origine, pur se
caratterizzato da condizioni di vita meno progredite. Diversamente opinando, si
produrrebbe il risultato di uno stabile radicamento nel territorio italiano del
nucleo familiare, dando adito a modalità anomale di regolarizzazione
dell'inserimento di famiglie di stranieri illegalmente presenti nel territorio
nazionale, mediante una forma di strumentalizzazione, e non già di tutela,
dell'infanzia (Cass., sez. I, 2 Maggio 2007, n. 10135; Cass. civile, sez. I, 15
Gennaio 2007, n. 747; Cass. civile, sez. I, 11 Gennaio 2006, n. 396; Cass., sez.
I, 14 Novembre 2003, n. 17194).
Alla luce di questi orientamenti sembrano restare sullo sfondo le Convenzioni
internazionali e le norme interne che attribuiscono rilievo, anche in caso di
genitori privi di permesso di soggiorno, al "superiore interesse del minore"
come una ragione che da sola può giustificare provvedimenti amministrativi di
segno opposto rispetto all'espulsione. Come hanno riconosciuto e continuano a
riconoscere alcuni tribunali per i minorenni in diverse regioni italiane. E la
stessa possibilità è riconosciuta, sia pure in modo contrastato, dalla
giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell'uomo con riguardo all'art. 8
della Convenzione che afferma il principio dell'unita familiare, con una
previsione che può essere estesa anche ai migranti irregolari
Una parte della giurisprudenza italiana tenta comunque di resistere agli
orientamenti più restrittivi della prima sezione civile della Corte di
Cassazione riaffermando la necessità di riconoscere il "superiore interesse al
benessere psico-fisico dei minori". Così ad esempio con due provvedimenti del
24 e 31 maggio 2007 il Tribunale per i minorenni del Piemonte e della Valle
d'Aosta (in Diritto, immigrazione e cittadinanza, 2007, IV, p.169) richiama la
necessità di interpretare l'art. 31 del testo unico sull'immigrazione alla luce
dell'attuazione in Italia della direttiva comunitaria sul ricongiungimento
familiare, avvenuta con decreto legislativo n.5 del 2007, ed afferma che non
costituisce fattore ostativo al rilascio della autorizzazione ex art. 31 comma 3
del T.U., una pregressa condanna penale del genitore, quando la presenza del
genitore sia necessaria per il benessere psicofisico dei minori e lo stesso
genitore non dimostri una pericolosità sociale attuale. Occorre in sostanza
tenere conto non solo delle condizioni di salute del minore (come sembrerebbe
sostenere la Cassazione), ma " della natura e della effettività dei vincoli
familiari dell'interessato e dell'esistenza di legami familiari e sociali con il
suo paese di origine, nonché, per lo straniero già presente nel territorio
nazionale, anche della durata del suo soggiorno nel medesimo territorio
nazionale".
I Tribunali per i minorenni dovrebbero quindi deliberare su questa delicata
materia anche alla luce dei principi affermati dalle Convenzioni internazionali
e dalle Direttive comunitarie, senza cedere ad atteggiamenti meramente tecnici
ed astratti, o risultare condizionati dalla dilagante xenofobia che sulla scia
della propaganda politica tende a diventare senso comune. I provvedimenti resi
da questi giudici, ai sensi dell'art. 31 comma 3 del testo Unico
sull'immigrazione, dovranno motivare invece con grande rigore la decisione
adottata ed indicare specificamente quali conseguenze per la complessiva salute
psicofisica del figlio minore potrebbero derivare dall'attuazione
dell'espulsione di uno dei genitori irregolarmente soggiornate in Italia,
solitamente il padre.
Gli autori ed i mandanti dei censimenti/rastrellamenti di questi giorni, e di
quelli ancora più massicci che si annunciano per ottobre, dovrebbero ben sapere
che molti ragazzi rom, non solo minori, ma sempre più spesso giovani adulti,
sono nati e cresciuti in Italia, hanno frequentato le nostre scuole, e in
qualche caso hanno anche perduto i genitori nel nostro paese, perché l'età media
dei rom in Italia non supera i 45 anni. L'autorizzazione alla permanenza nel
territorio dello stato rimane una occasione importante, spesso l'unica, per
legalizzare nuclei familiari che hanno già dimostrato una capacità di
inserimento e di integrazione nella legalità. In assenza di un autorizzazione a
permanere nel territorio italiano ex art. 31 c.3 del T.U. n.286 del 1998, i
genitori rom che siano destinatari di un provvedimento di espulsione e
trattenuto in un centro di identificazione ed espulsione (CIE), rischiano
concretamente di essere espulsi, non è chiaro se verso la Serbia o verso il
Kosovo, o di restare a vita sospesi in una condizione di illegalità che ogni
giorno viene sanzionata con pene sempre più gravi.. E la condizione dei
irregolarità dei genitori rischia di pregiudicare concretamente il futuro dei
figli. Come è noto i figli minori, che altrimenti non sarebbero espellibili,
possono seguire i genitori (o il genitore) in caso di espulsione. Dunque anche
i figli minori rischierebbero di essere costretti a seguire il padre, una volta
che questo venga accompagnato coattivamente in frontiera, o dovrebbero
affrontare da soli la vita nel nostro paese, come"minori non accompagnati", non
accompagnati perché lo stato ha contribuito a creare questa condizione. Magari
per finire affidati ad una casa famiglia, oggetto di probabili violenze e di
profitto da parte degli enti privati gestori, e poi probabilmente ancora in
fuga, una fuga che potrebbe concludersi con la caduta nella illegalità. In ogni
caso separati per sempre dalla famiglia di origine, dagli affetti più cari, da
quegli operatori che stano contribuendo al loro inserimento.
Occorre altresì osservare che la Convenzione dei diritti del fanciullo del 1989,
ratificata e resa esecutiva con la legge n. 176 del 1991 sancisce all'art. 9 che
"gli stati vigilano affinché il fanciullo non sia separato dai suoi genitori
contro la sua volontà a meno che le autorità competenti non decidano, sotto
riserva di revisione giudiziaria e conformemente con le leggi di procedura
applicabili, che questa separazione è necessaria nell'interesse preminente del
fanciullo". Come si concilia questa disposizione di una convenzione
internazionale sottoscritta anche con l'Italia, con l'esecuzione di misure di
allontanamento forzato che smembrano i nuclei familiari e separano i figli dai
padri?
Non basta replicare semplicisticamente, in astratto, che occorre "un necessario
temperamento" tra le esigenze pubbliche legate al provvedimento di espulsione di
un cittadino straniero privo di un permesso di soggiorno ed il "superiore
interesse del fanciullo" affermato dalle Convenzioni internazionali ratificate
dall'Italia e richiamato nella normativa sull'immigrazione. Tale "bilanciamento"
non può prescindere da una valutazione analitica delle condizioni personali dei
minori e delle loro prospettive di vita. Nel caso dei rom della Ex Jugoslavia
che sono presenti in Italia da anni e qui vi hanno avuto figli, per quanto sopra
rilevato, la situazione nei paesi di provenienza rimane assai confusa e si
possono riscontrare quelle circostanze che richiedono la presenza del genitore
nel territorio dello stato per continuare a seguire la crescita e lo sviluppo
psico-fisico dei figli in una condizione di particolare difficoltà abitativa ed
ambientale.
Ove il genitore non fosse autorizzato a permanere nel territorio italiano in
base all'art. 31 del testo Unico e venisse accompagnato in frontiera, appare
certo un grave pregiudizio per il "superiore interesse dei minori" e per le
possibilità di un sano sviluppo psico-fisico a causa della separazione,
probabilmente irreversibile, nei confronti del genitore, a carico del quale
scatterebbe peraltro anche il divieto di reingresso nel territorio italiano per
dieci anni (misura accessoria al provvedimento di espulsione amministrativa).
Di fatto si verificherebbe una separazione probabilmente definitiva, tra il
genitore ed i figli minori per effetto della esecuzione della misura di
allontanamento forzato, e si costringerebbe l'intero nucleo familiare a subire
una condizione permanente di irregolarità, se non di clandestinità.
[lunedì 15 settembre 2008]
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