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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 22/06/2013 @ 09:08:44, in Regole, visitato 1555 volte)

Da deputata EU a richiedente asilo in Canada: il lungo viaggio di una Romnì - 16 giugno 2013 | Mirjam Donath | Reuters - Chicago Tribune - (Reporting by Mirjam Donath; Editing by Claudia Parsons and Tim Dobbyn)

TORONTO (Reuters) - Meno di quattro anni fa, Viktoria Mohacsi si godeva la vita da politica internazionale, mangiando nei costosi ristoranti di Bruxelles e ottenendo premi come attivista dei diritti umani.

Oggi, trentotto anni e madre di tre figli, dorme sul pavimento di un seminterrato di Toronto e rischia la deportazione. In quanto richiedente asilo, spera di convincere il Canada che la vita di un ex membro del Parlamento Europeo può essere in pericolo in un paese democratico come l'Ungheria.

Racconterà martedì la sua storia nel corso di un'audizione di fronte all'Immigration and Refugee Board. Un banco di prova per la nuova politica migratoria del governo canadese, che considera "sicuri" quasi tutti i paesi EU. Mohacsi, che è rom, sostiene che se tornasse in Ungheria sarebbe a rischio di violenze da parte di gruppi razzisti e di persecuzioni da parte del governo ungherese.

Se perdesse, sarebbe rimpatriata. Se vincesse, il suo caso darebbe speranza agli altri richiedenti asilo della comunità rom dell'Europa centrale e orientale, che attualmente alcuni in Canada considerano come migranti per lavoro, o peggio - criminali che vogliono abusare di un sistema generoso.

Il governo conservatore a dicembre ha inasprito la legge sui rifugiati, per dare un giro di vite a quello che dice essere un'ondata di falsi richiedenti asilo dall'Unione Europea, che cercherebbero di trarre vantaggio dai generosi programmi di welfare. Molti di questi sarebbero Rom. Jason Kenney, ministro all'immigrazione, ha individuato l'Ungheria come principale sorgente dei richiedenti asilo in Canada negli ultimi tre anni, anche se gli Ungheresi, in quanto cittadini UE, possono girare liberamente all'interno del blocco.

Il governo canadese afferma che mentre desidera che il paese rimanga una delle destinazioni preferite per i rifugiati, è sommerso da gente che finge di fuggire da persecuzioni. Le cifre ufficiali mostrano che il Canada ha concesso asilo negli ultimi quattro anni ad oltre 300 Ungheresi, la maggior parte dei quali, dicono gli esperti di immigrazione, erano Rom. Il ministero non si pronuncia sui singoli casi.

Il governo ungherese ha respinto l'ipotesi che qualsiasi suo cittadino, compresa Mohacsi, possa trovarsi in pericolo in Ungheria. "Per quanto ci sia del lavoro da fare nel combattere i pregiudizi contro le minoranze, la sicurezza di una particolare comunità, in generale, non è in discussione," ha detto un portavoce governativo. Ha poi aggiunto: "Se la signora Mohacsi ha le prove di un piano criminale da parte delle forze di sicurezza ungheresi nel violare i suoi diritti costituzionali, il governo le chiede di presentarle agli enti preposti."

CRESCITA RAPIDA

Per molto tempo Mohacsi è stata una delle Romnià più conosciute in Ungheria. La sua ascesa da seduta nel fondo di un'aula scolastica in un piccolo paese ungherese assieme ad altri scolari rom, a seduta nel semicerchio del Parlamento Europeo, è stata rapida. A 20 anni, la piccola donna con gli occhi da cerbiatto divenne la prima femmina rom presentatrice nella principale televisione ungherese, prima di darsi alla politica

"Ero una dolce zingarella che non si poteva fare a meno di aiutare," dice Mohacsi, parlando in ungherese durante un'intervista alla Reuters di Toronto. "Fui sostenuta e ce la feci, entrai nella vita pubblica." Si sposò con Gabor Bernath, direttore del Roma Media Center, con forti collegamenti con i circoli che contano nel partito liberale ungherese.

Quando le elite politiche ungheresi finirono sotto pressione sulla questione della piena rappresentazione delle minoranze, divenne commissario speciale per il ministero all'istruzione, lavorando al programma per desegregare le scuole. A 29 anni, fu una delegata al Parlamento Europeo, madre di due bambini adottati e "ambasciatrice" non-ufficiale dei Rom.

I problemi iniziarono con una serie di violenti attacchi contro i Rom, attraverso tutta l'Europa all'inizio del 2008. Mohacsi viaggiò ossessivamente per tutta l'Ungheria da una scena del crimine all'altra, raccogliendo informazioni. Spinse le vittime che erano riluttanti per paura della polizia, a farsi avanti e denunciare i crimini, spingendo la polizia ad indagare

Arrivò la mattina presto di uno scuro febbraio, nel villaggio di Tatarszentgyorgy dove un uomo e suo figlio di 5 anni erano stai colpiti a morte, mentre fuggivano dalla loro casa data alle fiamme. Un'indagine interna alla polizia confermò che la scena del crimine non era stata resa sicura per ore. Si confrontò con la polizia quando scoprì che avevano riportato che le vittime erano morte per inalazione dei fumi e chiamò direttamente il capo dei "casi delicati" all'Ufficio Nazionale Investigazioni.

"Quando esaminai le foto, vidi subito che lei aveva ragione (erano stati colpiti da armi da fuoco)," disse Lajos Kovacs, detective ora in pensione a cui si rivolse, aggiungendo che l''aiuto di Mohacsi fu "indiscutibile".

Due poliziotti dell'unità coinvolta hanno poi subito provvedimenti disciplinari interni. Attualmente quattro persone sono sotto processo per una serie di attacchi anti-Rom nel 2008-2009., incluso l'uccisione dell'uomo e di suo figlio a Tatarszentgyorgy.

Il governo ungherese ha sottolineato quelle misure - come lo scioglimento del gruppo paramilitare Guardia Ungherese, responsabile di assalti anti-rom - come prova delle misure adottate a favore dei Rom dopo gli omicidi.

Facendo eco ai funzionari canadesi, il governo ungherese ha anche detto che la criminalità organizzata coinvolta nel traffico di persone, sarebbe dietro ad un numero cospicuo di richiedenti asilo in Canada, trovati con motivazioni non genuine.

Alla richiesta di un commento su questa vicenda, il dipartimento della polizia ungherese non ha risposto.

IN PERICOLO O NO?

Poco dopo aver parlato del caso Tatarszentgyorgy, dice Mohacsi, iniziò a ricevere email minacciose in cui veniva chiamata "lurida zingara puzzolente" e "sporco animale" che "presto [morirà] assieme a tutta la tua razza." Scatenò critiche il suo commento che un giocatore di pallamano ucciso avrebbe provocato i suoi assassini rom (che ora sono in prigione per omicidio). Chiese e ricevette la protezione della polizia a casa.

Un elemento chiave negli argomenti di Mohacsi, che sarebbe posta in pericolo dalle autorità in caso di ritorno, è la sua conoscenza di un rapporto dell'Ufficio per la Sicurezza Nazionale riguardo gli attacchi anti-rom nel 2008-2009. Il rapporto pubblicato dal Comitato Parlamentare per la Sicurezza Nazionale concludeva affermando che i servizi segreti avevano seguito gli assalitori e avevano ampie informazioni su di loro, già anni prima che venissero commessi omicidi seriali. Parte del rapporto è stato secretato.

Mohacsi dice di non aver visto il rapporto integrale, ma di avere avuto delle conversazioni a riguardo, inclusa una con Jozsef Gulyas, capo del comitato che aveva commissionato il rapporto.

Gulyas, allora politico dei liberali, e uno tra gli autori del rapporto, dice di non vedere la ragione per cui una parto dello stesso sarebbe stata secretata o perché Mohacsi debba aver avuto timori e lasciare il paese. Parlando al telefono dall'Ungheria, ha detto che il rapporto indicava gli errori che i servizi segreti avevano compiuto durante le indagini sugli attacchi contro i Rom, fossero più che semplice negligenza. Ma aggiungeva: "Non ho mai detto che le autorità abbiano partecipato direttamente agli eventi."

Dice Gulyas: "Sono d'accordo che per un Rom non è facile vivere in Ungheria, ma che lei sostenga che la sua vita sarebbe a rischio, è un'esagerazione poetica."

Kenney, ministro canadese all'immigrazione, ha visitato l'Ungheria ad ottobre, dopodiché dei cartelloni avevano fatto la loro apparizione nella città di Miskolc, patria di molti Rom, che anticipavano il cambiamento delle leggi canadesi in materia di immigrazione, e aggiungevano che quanti non avevano titolo per richiederla sarebbero presto stati rimpatriati. Secondo il ministero dell'immigrazione, nei primi tre mesi del 2013, le richieste di asilo dall'Ungheria, il paese in cima alla lista canadese, sono scese del 98% rispetto al passato, con solo nove Ungheresi in cerca di asilo.

Il caso Mohacsi viene seguito con attenzione in Ungheria e in altri paesi dell'Europa Centrale e Orientale che hanno significative presenze di popolazione Rom.

Aladar Horvath, importante attivista e primo Rom del parlamento ungherese, ha visitato Toronto questa primavera, per operare come testimone esperto in un altro caso di asilo.

Dice che una decisione positiva nel caso Mohacsi "rovescerebbe la posizione politica che l'Ungheria è un paese sicuro."

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Di Fabrizio (del 21/06/2013 @ 09:03:26, in Italia, visitato 1786 volte)

Campaniasuweb.it 18 Giugno 2013

I nomadi che abitano il campo di Giugliano denunciano il degrado dell'area circondata da rifiuti e gas nauseabondi. Padre Zanotelli: "Se ci saranno conseguenze per la salute di queste persone riterremo responsabili i commissari"

"Non possiamo più rimanere qui, la puzza è insopportabile e abbiamo paura per la salute dei nostri bambini". È l'appello di una delegazione di Rom del campo comunale di Giugliano che nei giorni scorsi ha incontrato i commissari prefettizi del Comune per chiedere il trasferimento lontano da alcune discariche da cui "continuano a fuoriuscire gas nauseabondi". "Se ci saranno conseguenze per la salute di queste persone riterremo responsabili i commissari", dice il padre comboniano Alex Zanotelli in rappresentanza del Comitato campano per i Rom che riunisce diverse associazioni.

UN CAMPO DI 400.000 EURO TRA I RIFIUTI - Il gruppo di Rom, circa 400, è stato trasferito in località Masseria del Pozzo due mesi fa dopo un esodo di due anni nelle campagne della cittadina campana. Il campo provvisorio, dicono le associazioni, è costato circa 400mila euro, tre centimetri di ghiaia e asfalto per separare un insediamento umano da terreni in cui negli anni è stata sversata ogni sorta di rifiuti, legali e illegali. Un'area, spiegano i comitati, di 30 chilometri su cui c'erano 6 discariche in cui sono finiti, negli anni, rifiuti speciali, tossici e nocivi e che è diventata simbolo del disastro ambientale in Campania. Secondo i comitati, le analisi dell'Arpac hanno riscontrato nella falda acquifera un massiccio inquinamento da manganese, ferro, piombo, benzene, idrocarburi, toluene, tetracloroetilene e persino consistenti anomalie magnetiche "attribuibili alla presenza di materiali ferromagnetici nel sottosuolo". Gran parte dell'area in questione è posta sotto sequestro giudiziario.

COMMISSIONE PARLAMENTARE D'INCHIESTA - Una situazione ambientale disastrosa ricostruita nel dettaglio dalla relazione della Commissione parlamentare d'inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti che avrebbe dovuto fare da premessa a un piano urgente di bonifiche redatto, approvato, ma mai attuato. "Ci chiediamo come sia possibile una discrepanza così evidente con le analisi ambientali, dicono i portavoce del Comitato per i Rom, che sottolineano anche che il campo è stato costruito dal Comune in accordo con la Prefettura e con il parere favorevole dell'Asl. "Venga fatta chiarezza, ma intanto si cerchi una soluzione alternativa in tempi rapidi", concludono.

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Di Fabrizio (del 20/06/2013 @ 09:01:21, in Italia, visitato 1266 volte)

Furto in casa e il modulo prestampato: barra la casella 'zingaro' - di Monica Lanfranco | 18 giugno 2013

Succede, ed è davvero un evento traumatico, che malviventi scassinino porte o finestre e cerchino di derubarti in casa. La violenza di questa intrusione va oltre il danno del furto di denaro o oggetti preziosi che vengono portati via con la forza: si tratta di una violazione fisica dello spazio privato e intimo nel quale viviamo, ed è un reato grave e odioso.

Molte e molti di noi hanno purtroppo sperimentato questa evenienza, ed è bruttissimo, anche perché getta in una condizione di vulnerabilità, insicurezza e fragilità estrema.

Racconto una vicenda che mi ha coinvolta da vicino perché, oltre e al di là della vicenda stessa, mi ha fatto conoscere un lato preoccupante di chi dovrebbe stare dalla parte delle vittime e di chi è colpito da questa violenza intrusiva.

Accade che un'amica subisca una invasione nella sua casa: finestra divelta, così come strappati dal muro gli apparecchi antifurto presenti nell'appartamento.

Vengono chiamati i carabinieri, che in un primo momento annunciano che sarebbero potuti arrivare solo molte ore dopo rispetto a quando sono stati chiamati, ("abbiamo solo una macchina per una vasta zona", è la spiegazione) poi, per fortuna, dopo tre ore una pattuglia si presenta alla porta.

La prima frase che i due uomini in divisa pronunciano è: "Signora, sta arrivando l'estate, saran zingari".

Mi astengo dal commentare, anche se trovo fastidioso dare per scontato che chi ruba appartenga solo ad una categoria etnica. Comunque ci sono i rilievi, le foto, la denuncia scritta che occorre poi portare all'assicurazione, nella speranza che alcuni danni possano essere rimborsati.

Capita che sia io a portare la denuncia all'assicurazione. Nell'attesa dell'addetta ne scorro il contenuto, e qui si passa al secondo livello della vicenda.

Noto che è un prestampato standart, con tipologie di eventi che, se corrispondono a quello che è successo, hanno a fianco delle caselle da barrare, evidentemente per facilitare l'organizzazione di chi raccoglie le denunce.

Nella parte finale, dove si chiede se ci siano evidenze riscontrate dalle vittime, c'è una parola, con la sua casella da barrare: c'è scritto 'zingari'.

Zingari, negri, ebrei, omosessuali: una lista inquietante che compone un mosaico altrettanto allarmante della storia recente. Possibile che si tratti di una iniziativa isolata di un singolo ufficio? Possibile che le forze dell'ordine, spesso sensibili, come io stessa sono stata testimone, a temi sociali quali l'integrazione o la violenza su donne e minori, abbiano prestampati di questo genere da somministrare alla cittadinanza?

Possibile che si possa inchiodare su un documento ufficiale una intera categoria di persone come delinquenti? E anche, ammettendo per ipotesi, che la maggioranza degli 'zingari' fosse dedita al furto, come la mettiamo con la minoranza onesta e laboriosa?

Ho voluto sentire un amico attivista, lo scrittore ed educatore romeno Mihai Mircea Butcovan, al quale ho raccontato la vicenda.

Ecco cosa mi ha scritto in proposito: "Sentendo dell'esistenza di questo 'dettaglio burocratico' mi vengono in mente quattro domande spontanee.

La prima è se tra le varie voci elencate come possibili sospettati di furto nelle case d'Italia sia contemplata anche quella dei 'politici', onorevoli o meno onorevoli.

La seconda è se chi ha predisposto tale modulo per la denuncia ha pensato a una efficacia investigativa oppure a un dato statistico - poco scientifico peraltro - da usare un giorno nei proclami di imbonimento elettorale e diversivo.

La terza è una domanda più 'orecchiabile' rimasta in mente anni fa con l'ascolto di una canzone di Francesco De Gregori: "Tu da che parte stai? Stai dalla parte di chi ruba nei supermercati o di chi li ha costruiti rubando?"

La quarta domanda - e poi mi prende lo sconforto -: ci sarà una solerte cancellazione e relative scuse per un errore concettuale e lessicale che, stante il dibattito degli ultimi 10 anni, non può essere casuale?

Soltanto la terza domanda esige una risposta individuale. Gli altri sono quesiti che devono avere una risposta collettiva. Di indignazione".

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Di Fabrizio (del 19/06/2013 @ 09:03:22, in blog, visitato 1499 volte)

Si avvisano i gentili lettori,

    soprattutto quelli che quando è uscito L'Europa che c'è mi hanno risposto "che bello", "molto interessante", "lo comprerò di sicuro" ma poi se ne sono scordati,

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Di Fabrizio (del 18/06/2013 @ 09:05:57, in Italia, visitato 1399 volte)

CORRIEREIMMIGRAZIONE, di Sergio Bontempelli

Alcuni attivisti definiscono i tavoli migranti "inutili e non rappresentativi". Ma cosa sono e come funzionano questi organismi di partecipazione?

"Inutili, non funzionali e non rappresentativi". E anche "autoreferenziali", incapaci di "intercettare le istanze e le aspettative" delle comunità migranti. Così Yalla Italia, definisce i "tavoli" sull'immigrazione creati dai Comuni, dalle Province e dagli enti locali in genere. Un giudizio senza appello, che si conclude con una proposta altrettanto lapidaria: meglio chiudere quei tavoli. E una volta chiusi, meglio non riaprirli.

Tutto nasce dalla vicenda di Parma, che ha sollevato un vespaio di polemiche, sia locali che nazionali. Riassumiamo ad uso dei distratti: nella città emiliana, l'amministrazione Vignali decide di dar vita, nel 2010, al "Tavolo immigrazione e cittadinanza", di cui fanno parte sei rappresentanti di altrettante "comunità" straniere. Poi arrivano i Cinque Stelle e il nuovo sindaco Federico Pizzarotti: per Parma si annuncia un'era nuova, gli amministratori hanno volti giovani e riscuotono diffuse simpatie.

I sei membri del Tavolo sono fiduciosi, e chiedono subito un incontro al primo cittadino: vogliono che il "nuovo corso" si apra all'insegna della partecipazione dei migranti. Pizzarotti però prende tempo, dice che prima di incontrarli preferisce aspettare la nomina dell'assessore al welfare. Quando finalmente arriva l'assessore, i sei rappresentanti si fanno di nuovo vivi ma nessuno risponde. E il silenzio dura un anno: quanto basta per far capire le reali intenzioni della Giunta.

Così, Cleophas Adrien Dioma - presidente del fatidico "tavolo" - rassegna le sue dimissioni. E siccome anche gli altri componenti fanno la stessa cosa, il Tavolo viene sciolto dai suoi stessi membri: che anzi, in segno di protesta, decidono di restituire al Sindaco le chiavi della loro sede.

Fin qui, la vicenda di Parma. Ma cosa succede altrove, in altre città? I "tavoli" sono davvero, e ovunque, luoghi "inutili, non funzionali e non rappresentativi"? Proviamo a dare un'occhiata.

Tavoli, consulte, consigli e consiglieri Quelli che Yalla Italia definisce "tavoli" si chiamano, tecnicamente, "organismi di partecipazione". Il Testo Unico degli Enti Locali, cioè la legge che regola la vita di Comuni, Province e Comunità Montane, prevede all'art. 8 l'obbligo di istituire "organismi di partecipazione popolare" (comma 1), nonché "forme di partecipazione dei cittadini dell'Unione europea e degli stranieri regolarmente soggiornanti" (comma 5). La norma, come si vede, è abbastanza generica: non dice come devono funzionare questi organismi, chi deve farne parte, come devono essere scelti i membri, quanto durano in carica, se e come decadono. I Comuni (e le Province) hanno ampi margini di autonomia. E così, ognuno finisce per sperimentare formule diverse.

Le più diffuse sono quelle a carattere elettivo, chiamate - a seconda dei casi - "consulta degli immigrati", "consiglio degli stranieri", con infinite variazioni sul tema. Il corpo elettorale di questi organismi non è sempre lo stesso: a volte si chiamano alle urne tutti i cittadini stranieri, altre volte ci si limita ai soli non comunitari (come è accaduto a Modena, Bolzano, Perugia); in molti Comuni emiliani si escludono gli immigrati con doppia cittadinanza (italiana e straniera), mentre nell'area milanese i naturalizzati possono tranquillamente votare ed essere eletti. Poi ci sono i cosiddetti "consiglieri aggiunti", sperimentati per la prima volta a Nonantola, in provincia di Modena, negli anni Novanta. Anche in questo caso, i cittadini stranieri sono chiamati alle urne, ma non eleggono "consigli" e "consulte": devono scegliere, invece, un rappresentante che siederà in consiglio comunale, con diritto di parola ma senza diritto di voto. Una specie di "consigliere di serie B", in attesa che anche ai migranti venga riconosciuto (chissà quando) un diritto di voto vero e proprio.

Quante sono le consulte, quanti sono i consigli, quanti i consiglieri aggiunti? Quanto sono diffuse queste forme di partecipazione? Può sembrare bizzarro, ma la risposta non c'è. Le uniche "mappature" in circolazione sono ben fatte, ragionate e dettagliate, ma un po' vecchiotte: ne esistono due - una della Caritas e l'altra dell'Asgi - che risalgono al lontano 2005. Per avere dati aggiornati, bisogna fare riferimento alla rilevazione condotta dal portale Integrazione Migranti (curato dal Governo italiano): è una ricerca ancora in corso, quindi nulla di definitivo.

Secondo il portale, dunque, esisterebbero 14 Consulte regionali, 48 a livello comunale e 19 su scala provinciale. I consiglieri aggiunti sarebbero in tutto 29. Non sono esattamente cifre da capogiro, se si pensa che l'Italia è famosa per i suoi "ottomila comuni": certo, nessuno si aspettava ottomila consulte o consigli, ma trovarne appena 48 non fa un bell'effetto.

Chi partecipa Ancora più disarmanti sono i dati sull'affluenza alle urne. Nel novembre scorso, per dirne una, le elezioni a Cagliari sono state salutate come un trionfo della partecipazione, un vero e proprio record: sono andati a votare il 31% degli aventi diritto. Un anno prima, si era votato per la Consulta del Comune di Padova, e la percentuale dei votanti si era fermata al 21,5%. Secondo Marco Zurru, un sociologo cagliaritano che di queste cose se ne intende, "in quasi tutte le esperienze, la prima volta che gli stranieri si sono recati alle urne hanno dimostrato una partecipazione che oscilla tra un 30-34%, per poi declinare a percentuali molto più modeste (intorno al 15%) nelle successive tornate". Detta brutalmente, "consulte", "consigli" e "consiglieri" rappresentano un quinto, un quarto o - quando va di lusso - un terzo del loro elettorato potenziale. Un po' poco per parlare di rappresentanza.

Immigrati "qualunquisti"? Bisognerebbe interrogarsi sui motivi di questa disaffezione al voto: certo, siamo in un periodo in cui l'astensionismo "tira" anche tra gli italiani, ma le cifre (almeno per ora) non sono paragonabili. L'impressione è che questi organismi siano percepiti più come una palestra per aspiranti (e inutili) leader, che come reali strumenti di partecipazione. Anche perché i loro poteri reali sono pressoché nulli: si tratta, ricordiamolo, di organi "consultivi". Una conferma indiretta di questa sensazione ci viene da una recente ricerca Parsec, condotta su un campione di associazioni di stranieri in tre regioni italiane (Lazio, Calabria e Emilia Romagna: qui il testo integrale). Le associazioni censite sono circa 400: nel 36% dei casi si tratta di gruppi mononazionali (le cosiddette "comunità"), il 24% è plurinazionale e il 39% è indicato come "interculturale" (cioè con la presenza di attivisti italiani).

I tempi dell'associazionismo "separato" stanno forse tramontando, e per i migranti è arrivato il momento di una partecipazione piena e intera. C'è bisogno, in altre parole, del diritto di voto, del coinvolgimento attivo nella vita politica, non di una partecipazione "in tono minore", in organismi separati e consultivi. Ed è ancora la ricerca Parsec a dirci che "in molti casi le associazioni che partecipano a coordinamenti locali non prendono invece parte alle consulte". Come dire che esiste un mondo di attivismo migrante che non si riconosce negli "organismi di rappresentanza". Ed è anche da questo mondo, dalle sue istanze e dai suoi bisogni, che nasce la provocazione di Yalla Italia: rovesciamo i "tavoli", chiudiamoli. Voltiamo pagina. Facciamo due passi avanti. È arrivato il momento.

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Di Fabrizio (del 17/06/2013 @ 09:04:36, in Italia, visitato 1287 volte)

Nuovo sgombero

14/06/2013 - Ieri mattina circa 60 cittadini rom sono stati sgomberati da via Grassi.

"Abbiamo assistito ad un ennesimo sgombero di cittadini rom nella nostra città sempre con le stesse modalità: nessuna alternativa abitativa con una progettualità definitiva , e con un preavviso di qualche ora." Dichiarano i volontari del servizio di medicina di strada del Naga.

"Ovviamente anche le conseguenze sono le stesse: dispersione dei cittadini rom nel tessuto urbano; difficoltà nel mantenere situazioni lavorative stabili; abbandono scolastico frequente" proseguono i volontari del servizio del Naga, "Ci chiediamo infine a quanto ammonti il costo in termini economici e di impegno di questa tipologia di interventi."

Il Naga continuerà a monitorare la situazione e a denunciare la politica comunale ancora una volta guidata dalla gestione dell'emergenza e senza prospettare soluzioni alternative percorribili e stabili.

Naga: 349.1603305 -02.58102599 - naga@naga.it

Ndr: il brano qui sotto è Underground Tango, di Goran Bregovic

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Di Fabrizio (del 16/06/2013 @ 09:02:48, in media, visitato 1435 volte)

Da Roma_Daily_News

VICE-beta By Alon Aviram - Artur Conka fotografa i Rom poveri che ha lasciato

Artur Conka è uno dei pochi Rom che ha documentato la propria comunità da dietro l'obiettivo. Originario di Lunik IX (vedi qui, ndr), una delle più grandi e povere comunità della Slovacchia, la sua famiglia ha viaggiato attraverso l'Europa, prima di stabilirsi infine in Bretagna, quando Artur aveva otto anni. Anni dopo, fornito di una laurea in fotografia, Artur ha rivisitato la sua vecchia casa, per vedere com'era cambiata la vita di chi era rimasto.

Molte cose si sono rilevate cambiate. Al posto del luogo gioioso che aveva fatto da sfondo ai suoi anni d'infanzia, Artur ha tyrovato una comunità di 10.000 persone segregate razzialmente, che soffre al 99% di disoccupazione, disagio diffuso e abuso pervasivo di droghe. Una volta lì, ha girato un breve documentario sulla vita quotidiana a Lunik IX, che andrebbe visto.

L'ho chiamato per una chiacchierata.

Ciao, Artur. Dimmi un po' di te.
Sono nato a Lunik IX in Slovacchia, ma la mia famiglia se n'è andata quando avevo due o tre anni. Abbiamo viaggiato in tutta Europa per un po' e alla fine siamo arrivati in Inghilterra che avevo otto anni. Anche se ero molto giovane, ricordo molto di dove son nato. Penso che ciò mi abbia permesso di vedere chiaramente il modo in cui è cambiato, quando ci sono tornato la prima volta nel 2009.

E cosa è cambiato?
Molto. Mi ricordo che c'era molta tensione razziale, ma al tempo in cui ce ne andammo - all'inizio degli anni '90 - c'era ancora una specie di integrazione a Lunik IX tra Rom e Slovacchi. Ora gli Slovacchi se ne sono andati da Lunik IX e la situazione tra la comunità rom e le altre minoranze è lentamente deteriorata. Questo a causa della crisi economica, la caduta del comunismo, e la rivoluzione di velluto che ha avuto luogo dopo la scissione della Cecoslovacchia.

La segregazione sembra aver spinto i Rom in una situazione dove non possono permettersi il cibo, l'alloggio e altre necessità di base. E' ciò che succede quando si stigmatizza un popolo, quando lo si taglia dalla società. Senza un'adeguata istruzione e le altre necessità, la gente non sviluppa le competenze di cui ha bisogno per sopravvivere nel mondo d'oggi, e tutto ciò alimenta il pregiudizio e l'odio razziale tra gli Slovacchi. Tornare è stato sicuramente uno schock.



Il tuo caso è unico, sei uno dei pochi fotografi rom che si impegna nel suo lavoro con la propria comunità. Questo progetto cambia in qualche modo la tua prospettiva sui Rom?
Sì, sicuramente. Crescere in un determinato sistema d'istruzione, lavorando in un altro paese - non importa se è quello da cui provieni - inavvertitamente cambia il tuo punto di vista. Cambia tutto guardando da dietro l'obiettivo. Qualcuno guarderà al mio lavoro dicendo che è molto di parte, propagandistico, o troppo empatico verso la comunità rom. Ma quella per me è la realtà - non puoi nasconderla o spingerla sotto il tappeto.

Nel tuo documentario hai catturato alcuni simpatici momenti abbastanza intimi. Come hanno reagito i residenti di Lunik IX quando li riprendevi?
Quando sono arrivato la prima volta è stato difficile, perché la gente non mi riconosceva. Quando ho accennato con chi ero imparentato, mi hanno mostrato rispetto, specialmente perché ero nato lì. E la generazione più vecchia conosceva mia madre e mio padre. Il film comprende anche alcuni membri della mia famiglia. Posso garantire che se fossi stato un non-Rom non avrei ottenuto la stessa apertura. Credo che sarei stato cacciato dalla comunità.

Per te, com'era una tipica giornata a Lunik IX?
Ci arrivai a marzo e si congelava. A Lunik IX non esiste gas o riscaldamento centralizzato, e l'acqua viene fornita solo due volte al giorno. Questo significa che la mattina devi prendere dei contenitori per l'acqua da un amico che ha lavorato nell'idraulica. Poi si esce in cerca di legna o qualsiasi altra cosa che bruci, da usare come riscaldamento. La legna si usa anche per cucinare. [...] La gente cerca di trovare un lavoro, ma la segregazione rende la cosa difficile.

Se vai nella città più vicina, Kosice (la seconda città della Slovacchia) troverai negozi esclusivi. Poi prendi l'autobus per Lunik IX ed in 20 minuti sei in un mondo differente. L'odore di fogna e dei rifiuti ti colpisce immediatamente.

E riguardo alle disposizioni statali, cosa si può fare?
Difficile da dire. Le famiglie ottengono sovvenzioni, come il sostegno al reddito. D'altra parte, a causa dell'economia e della recessione, i prezzi sono lievitati. E' dura per una famiglia con quattro bambini sopravvivere per un mese di soli sussidi, perché il cibo costa molto caro. L'istruzione, le scuole sono segregate. Slovacchi e Rom non vogliono condividere le stesse classi o i parchi giochi. E'come tornare ai tempi della segregazione razziale in America. I non-Rom sono cresciuti con questa paura e l'idea che i Rom siano esseri umani orribili, e viceversa.

Quindi, data l'enorme quantità di disoccupazione nella comunità ed il fatto che le sovvenzioni statali non bastano, come sopravvive la gente?
La gente guadagna con la vendita di rottami metallici, furto ed elemosine. O prendono benefici dal governo. Si vive col minimo indispensabile.

Ci sono problemi di droga?
Sì. C'è un grande problema con la droga. Vivere in condizioni così orribile può solo portare alle droghe come un tentativo di soluzione. Molti acquirenti sono bambini - letteralmente di cinque o sei anni. Ho visto bambini e adulti ubriacarsi assieme.

Immagino che condizioni simili portino anche molte tensioni domestiche. L'abuso domestico è una questione importante?
Sì, lo è. Stavo filmando in questa casa e il marito della donna è tornato veramente ubriaco e ha cominciato un diverbio. Ha iniziato a colpirla e schiaffeggiarla di fronte a me. Inoltre, sembra ci sia parecchio traffico del sesso in tutta la Slovacchia e in particolare a Lunik IX.



Vengono trafficanti del sesso a Lunik IX?
Sì. E alcuni di loro persuadono le giovani rom ad andare all'estero, con l'illusione che la vita sarà migliore, così finiscono in schiavitù.

Cosa speri di ottenere con questo progetto?
Devo ritornare qualcosa ed è per questo che ci sto dando da lavorando. Il fatto è che quando finisci in povertà, pensi che la vita sia così. Non ti rendi conto che fuori c'è una classe media in espansione. Ho alcuni ricordi molto felici della mia infanzia, ma ricordo anche le cose brutte. Ricordo mia madre assalita per motivi razziali. Ricordo che una volta non ci servirono al ristorante, a causa del colore della pelle. Per queste esperienze sento di dover dare una voce ai Rom. E per me l'unica via è attraverso la fotografia ed il cinema.

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Di Sucar Drom (del 15/06/2013 @ 09:08:35, in blog, visitato 1576 volte)

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Di Fabrizio (del 14/06/2013 @ 08:50:56, in Regole, visitato 3339 volte)

Ricevo da Stefania Benedetti:

Milano: 13 giugno 2013 - Oggi ero da Marina ad aiutare le figlie con i compiti per le vacanze quando sono arrivate Nadia, Tora, Katiuscia con il piccolo Louis e Michelle sconvolte e agitate per avere subito un episodio di puro razzismo... chi le conosce sa come sono, donne per bene , vestite alla moda come noi gagè per cui fa ancora più impressione per come sono state trattate... Mi sale la rabbia e vado con Nadia e Tora nel luogo dove è accaduto il fatto per chiedere spiegazioni...
Poi mi faccio raccontare tutto per filo e segno quello che è successo dalle mie amiche e ve lo scrivo con la preghiera di diffondere il racconto alla stampa...


Visualizzazione ingrandita della mappa

Alle 18,00/18,30 circa 4 donne (e un bambino piccolo in braccio alla sua mamma) si recano nel centro commerciale situato tra via Derna e via Palmanova [vedi piantina sopra, ndr].
Entrano nel negozio di scarpe Pittarello. Stanno facendo un giro per il negozio quando improvvisamente vengono affiancate da due poliziotti che gli intimano di uscire perché: - Persone come voi non sono gradite - Le donne allibite chiedono il motivo anzi una di loro si rivolge alla commessa che era lì di fianco e le chiede :- Ho fatto qualcosa?- risponde la commessa: - No! un'altra dice a un poliziotto: - Chiami il Direttore perché mi conosce bene, vengo spesso qui a comprare le scarpe - il poliziotto - Non c'è! E comunque ripeto qui non vi vogliono - I clienti del negozio si girano e le guardano. La donna che ha in braccio il figlio di pochi mesi esclama: - Ci fate fare brutta figura e ci fate vergognare davanti alla gente - Il poliziotto risponde:- Proprio te parli di vergogna andiamo a vedere la tua fedina penale! -
- Se vuole andiamo - Ribatte quest'ultima . - Non fare la gradassa perché hai il bambino in braccio! Vi consiglio di andare via. Se volete rientrare sono fatti vostri! - Le donne escono dicendo : - Noi non rubiamo perche lavoriamo, io - dice una delle 4 - lavoro da 20 anni nella scuola di via Russo - Allora uno dei due poliziotti è rimasto zitto mentre l'altro ha continuato ad inveire...


Alle 19 vado nel negozio a chiedere spiegazioni e dicendo ai commessi che finiranno sul giornale per il loro comportamento, una commessa si affretta a scusarsi con le mie amiche per l'increscioso incidente (perché non l'ha fatto prima con i poliziotti?) dicendo che la Polizia non l'hanno chiamata per loro ma per dei ladri che poco prima erano entrati in negozio per rubare ed erano scappati ( ma che c'entra!!!)
Stefania


Nota dalla redazione

Lo confesso, prima di adesso ignoravo persino di cosa si occupasse Pittarello. Quando l'ho scoperto, mi sono un po' preoccupato:

, "Questione di cuore" recita il claim. In realtà, si tratta di scarpe. E loro, col cuore, ci tengono al cliente, e pure all'immagine. Sono su Facebook,su Twitter e anche su Google +. In parole povere, sono in mezzo a noi, ad un clic di distanza.

Cioè, PENSATE CHE BELLO: se chi ha letto questa notizia vuol protestare, e lo vuol fare anche chi la diffonde, ci vuole poche ad inondare le loro bacheche. VOGLIAMO FARLO? METTIAMOCI D'ACCORDO.

E facciamoglielo capire, col cuore - naturalmente, dove loro sono più interessati:

  • in un simile periodo di crisi ci vuol poco a rivolgersi ad altri "brand" per scarpe, stivali e calzature varie.

Visto che questi non sono piccoli artigiani, facciamo lavorare i loro esperti di marketing su quanti potenziali clienti hanno perso.

Voi, che ne pensate?

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Di Fabrizio (del 13/06/2013 @ 09:00:01, in media, visitato 2078 volte)

Rileggevo quanto diceva un Romanichal (uno che non conviene contraddire): "Sono irlandese d'origine, nato a Manchester, ma non sono Irlandese o Inglese, sono uno zingaro. Vi dirò cosa rende Traveller: è come nascere neri. Per me è irrilevante dove vivere: in una casa, un caravan o una tenda."

Settimana scorsa ero ad una performance artistico-letteraria-teatrale: esecuzioni di brani di Charlie Mingus alternati alla recitazione della sua biografia, o meglio la ricostruzione cronachistica di momenti comuni della sua vita privata e d'artista. Spettacolo potente: mentre sentivo la musica, in testa mi si accavallavano gli accordi del contrabbasso (che comunque non so suonare!), e la recitazione dava un senso tra disperazione e grandezza: lacrime, gloria e vanagloria, polvere e ricerca di un dio.

Mingus: un grosso borghese, simile "dentro" a tanti giovani neri senza arte né parte, magari magri e col berrettino da basket. Quando la tua voglia di mondo, il suo contemporaneo rifiuto, la fame e l'insoddisfazione diventano un tratto comune che lega il benestante Mingus al giovane sottoproletario, forse quella è la cultura.

    Parlerò di cultura (FORSE, dipende da qual è il nostro vocabolario mentale): cosa lega l'artista nero, il cameriere sotto casa mia, quella ragazzina con la minigonna, il rom che non sa più a quale mondo appartiene? E cos'è quell'insicurezza che leggi tanto negli occhi di un professionista magari ebreo, come in quelli di un teppistello da strada, se non il ricordo di un isolamento che ti porta COMUNQUE, a prescindere, a diffidare?

Cultura che nasce dalla pelle, dallo schiavismo, dal ghetto... Tutte cose che porti fuori anche quando nel ghetto non ci abiti più e puoi concederti due settimane all'anno di vacanza come il bianco che ti sei sempre immaginato (che molti bianchi ormai le vacanze se le sognano, è un particolare irrilevante).

I ghetti fanno pensare ai modi di vivere (la cui immagine speculare sono le ricorrenti rivolte urbane), tipici degli USA e dei paesi anglosassoni: c'è posto per tutti, ma per favore ognuno stia per conto suo e si risolva le sue beghe per conto suo (gli altri, non devono sapere, non devono interessarsene).

Ma i ghetti sono un'invenzione nostra: la testimonianza più antica resiste a Venezia, col ghetto ebraico. Gli ebrei, da anni ne hanno valicato i confini, ma i ghetti sono proliferati lo stesso: cosa sono altrimenti i campi nomadi, o certi quartieri di periferia lasciati da decenni a se stessi?

Non importa che nel nostro immaginario il ghetto debba essere un posto schifoso (come è in effetti la maggior parte delle volte), o che invece possa "anche" essere un posto con una sua dignità, con modi di vivere che non trovi altrove. Il ghetto è comunque il frutto di un isolamento, imposto con le buone o con le cattive.

Cioè: nel ghetto puoi finirci perché ti viene imposto (i nativi americani), o puoi capitarci a tua insaputa: ad esempio andando ad abitare in un quartiere di "bianchi" o inizialmente misto, ma poi i bianchi per varie ragioni, si trasferiscono altrove e lo spopolano. Allora, per tornare all'attualità NOSTRA, richiedere case per Rom e Sinti non basta a superare il ghetto, gli esempi sono GIA' sotto gli occhi.

Però, perché durante quello spettacolo vedevo davanti a me le facce di Mingus e del resto dello zoo, le note mi risuonavano in mente, riconoscevo una scala musicale nell'alternarsi di preghiere, bestemmie, bisogni espressi o meno, modi di dire? E perché, quando sono in un campo nomadi, dovunque sia, mi sento a casa?

Ecco: tu (scusa se passo al TU così diretto) il ghetto da fuori lo vedi popolato da facce preoccupanti, oppure preoccupate (a seconda della tua sensibilità), comunque conciate male. Messi assieme, non li valuteresti 10 euro... Però, se provi a considerarle PERSONE, trovi che persino quella vecchia semianalfabeta, lurida e cenciosa, potrebbe stare ore o ore a raccontarti la storia del mondo, MA NON VUOLE! Che persino quel ragazzino più bravo col coltello che con la matita, sa ripeterti ad orecchio tanto Mozart che Puf Daddy, MA NON VUOLE! Tu, proprio tu così civile ed istruito, vieni escluso da questa cultura!

Il ghetto, non è solo cultura (minoritaria), ma è soprattutto la sua condivisione, il codice per trasmetterla ai propri simili. La capacità di "esportarla" o di "preservarla". Vedi (scusa se continuo con il TU), creare ghetti e confini comporta un gioco strano: alla fine ci si ritrova tutti, anche noi, in un ghetto; ma se il gioco diventa quello di "escludere il diverso", alla fine il risultato che non c'è più nessuno con cui comunicare, e anche la più centenaria della culture, se diventa solo una caratteristica identitaria, è destinata a sparire.

Difatti noi, i bianchi, finiamo a vivere in ghetti che ci autoimponiamo, ma non siamo in grado di riprodurne la cultura. Le nostre pulsioni, i nostri bisogni, non ci appartengono, al limite appartengono ai media, che oscillano nello strano equilibrio tra una perduta identità e mode che assumono dai ghetti altrui.

Se continuiamo ad essere vincenti, è solo perché siamo in tanti, e perché (questo devo ancora capirlo bene) abbiamo la proprietà dei mezzi d'informazione - o forse sono loro che ci posseggono.

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