Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Marco Brazzoduro segnala un articolo che ha ripreso a circolare
in diverse versioni, e che non avevo ripreso a suo tempo. Lo ricopio da
Napoli.blogolandia.it, che è anche l'edizione che ha più rimandi
di Giuseppe Rondelli - Martedì, 2 Giugno 2009
Vi ricordate quella storia tremenda di due anni fa, quando furono prima dati
alle fiamme, poi sgomberati, poi rasi al suolo gli insediamenti rom di
Ponticelli, a Napoli? Vi ricordate quelle immagine tremende, delle baracche che
bruciavano, e poi dei poveretti - bambini, anziani, donne e uomini - che
fuggivano via, senza nessuna meta, coi furgoncini stracarichi di cianfrusaglie e
col terrore negli occhi e nei volti?
Vi ricordate la dichiarazione di disgusto della commissaria europea Viktoria
Mohacsi, che era venuta a capire cosa stava succedendo in Italia, e se ne andò
dichiarando: «Vado via sconvolta»?
E vi ricordate come era nato tutto ciò? Con la storia - improbabilissima - di
una ragazzina rom che avrebbe tentato di rapire una neonata. Al governo,
all’epoca , non c’erano Berlusconi e la destra e la Lega xenofoba.
Al governo c’era il centrosinistra, e non fece niente per difendere i rom. Oggi
si scopre perché successero quelle cose. Si scopre che gli assalti ai campi rom
non furono spontanei, non furono determinati dalla rabbia della gente ma furono
organizzati dalla malavita (diciamo dalla camorra) per conquistare i terreni
occupati dai campi rom, e poi per destinarli alla speculazione edilizia.
Probabilmente lì sorgerà un centro commerciale.
A circa un anno di distanza dai roghi di Ponticelli, grazie ai quali nel giro di
poche ore vennero sgombrati ben sette campi rom, la distesa di desolazione di
viale Argine è ancora intatta, solo recintata.
Nessuna casa dello sport e nessuna casa della musica. Nessun viale alberato.
Nessun parcheggio. Il progetto di riqualificazione urbano previsto per la zona
non è ancora partito.
E nemmeno è stata completata l’opera di bonifica sul territorio. Eppure la
delibera del comune di Napoli con la quale si dispongono interventi sulla zona è
datata 15 giugno 2007, approvata dopo pochi mesi dallo stesso organo del
comune. Molte le zone destinate a centri commerciale ed edilizia privata, in
disaccordo con il disegno iniziale che immaginava questi interventi come
residuali rispetto a quelli pubblici.
Ma bandi così concepiti a Napoli rischiano sempre di andare deserti, come
sperimentato anche per ben due volte dal progetto su Ponticelli. E si arriva
agli 11.500 mq di spazi comunali contro i 44.600 mq di aree "destinate alla
vendita". La conferenza dei servizi dà, poi, parere favorevole all’insediamento
di un altro centro commerciale su un’area adiacente. Massiccio si fa l’ingresso
delle imprese private così come massicci si profilano essere gli stanziamenti
pubblici.
Le società che si dicono essere interessate all’affare hanno, intanto, la
struttura della scatole cinesi, quella che, meglio di tutte, assicura l’irrintracciabilità.
Come la Ponticelli srl, 2500 euro di capitale sociale per un affare di 140
milioni di euro. Circostanza che da sempre fanno da orizzonte ai movimenti della
criminalità organizzata, presentissima su queste strade che, intanto, negli
stessi mesi dei roghi sono coperte di immondizia. Rifiuti di ogni tipo, rifiuti
speciali, rifiuti pericolosi, rifiuti nocivi.
E’in questo contesto che matura la "protesta" contro i rom, che si sviluppa con
brutalità e violenza inaudita. "Me ne vado via dall’Italia sconvolta" dice
Viktoria Mohacsi, osservatore mandato dall’Unione europea per capire cosa stesse
succedendo a Ponticelli. Il copione che si cerca di far passare è quello di una
popolazione esasperata, resa feroce dopo il tentativo di rapimento di una
bambina da parte di una ragazza rom, Angelica. Sono tanti, tuttavia, quelli che
credono a un andamento dei fatti diverso dal canovaccio "popolazione contro
rom".
La disperazione della gente di Ponticelli, che pure è reale, sembra sia stata
resa esasperata ad arte, per provvedere allo sgombero veloce di un’area divenuta
troppo importante per altri e più alti interessi. La presenza dei rom avrebbe
potuto determinare lungaggini, avrebbe potuto far naufragare il progetto per
inidoneità dell’area. E i roghi, oltre ad assicurare il veloce smantellamento
delle baracche, avrebbero anche potuto portare a una bonifica dell’area meno
onerosa, garantendo al tempo stesso la scomparsa degli eventuali rifiuti
pericolosi.
Intanto la sedicenne viene ritenuta colpevole di tentato sequestro anche in
appello. "Come è possibile che in un quartiere comandato dalla camorra una rom
decide di tentare un reato così grave? Come avrebbe fatto a portare via la
bambina e dove? Quali le prove, oltre alla testimonianza della madre della
bambina?", si domanda, tuttavia, Vincenzo Esposito dell’associazione Opera
Nomadi, che parla di un clima da caccia alla streghe, montato ad arte per
coprire altro. "La protesta – continua Esposito – di cui tutti hanno parlato è
stata in verità opera di non più di una trentina di persone, che hanno appiccato
fuoco a tantissime baracche.
Io c’ero. E ho visto personaggi noti alla giustizia per vicende legate al 416bis
aggirarsi attorno ai campi rom, dare istruzioni". Solo l’inviato dell’autorevole
quotidiano spagnolo El Pais, nei giorni dei roghi, parla senza mezzi termini di
una regia criminale. In Italia le immagini agghiaccianti delle molotov contro le
baracche si alternano a quelle della lacrime della giovane madre della bambina
"quasi" sequestrata dalla rom, in un mosaico di fotogrammi che diventa anche
spiegazione dell’accaduto.
La condanna da parte della politica è unanime, ma, con metodo bipartisan,
professa anche comprensione per il disagio della popolazione. Dopo un anno,
intanto, ancora si cerca un posto per quei rom. L’assessore al comune di Napoli
ci dice che in autunno finalmente arriveranno i tre nuovi centri di accoglienza
e sempre nello stesso periodo si metterà mano al progetto di un villaggio,
"provvisto di fogne", che funga da modulo abitativo per le famiglie rom. Sulle
zone "sgomberate" dovrebbero a breve iniziare dei lavori, visto che solo pochi
mesi fa l’azienda che si occupa di installare i tubi del metano, la
Napoletanagas, non ha potuto fare impianti nella zona recintata.
Una zona che rimane
di dominio del clan Sarno, dove si
incendiano materiali di tutti i tipi. E che l’assenza delle baracche non ha
reso meno agghiacciante, col suo profilo di terra perduta per sempre, di terra
in cui i disperati si muovono contro i più disperati, mentre la criminalità
organizzata parla attraverso i rumori dei motorini truccati. Inutilmente ieri
abbiamo chiesto all’assessore all’edilizia che cosa ne sarà di queste vie, a chi
verranno affidati i lavori e quando inizieranno. Nessuna risposta, assessori
introvabili.
Giovanna Ferrara - tratto da
Altronline.it
leggi anche il
nostro articolo del 30 Luglio 2008
Di Fabrizio (del 14/09/2009 @ 09:35:05, in Italia, visitato 1896 volte)
Segnalazione di Tommaso Vitale, la fonte è Amnesty
International
11 settembre 2009 AZIONE URGENTE - LA COMUNITA' ROM DI FRONTE AD UNO SGOMBERO
FORZATO
Le autorità cittadine di Milano [...], si stanno preparando a sgomberare di
forza una comunità di circa 200 Rom che vivono nella zona Rubattino ad est della
città. Secondo i media e le OnG locali, è stato loro annunciato che lo sgombero
avverrà entro il 21 settembre.
Secondo le informazioni ricevute da Amnesty International, non è chiaro quale
sistemazione alternativa sarà offerta alla comunità dell'area Rubattino. Non
sono stati consultati sull'imminente sgombero, e le autorità non hanno fatto
nessun tentativo trovare con loro qualsiasi alternativa praticabile. Duranti gli
sgomberi precedenti di comunità rom, le autorità hanno offerto una forma di
rifugio a breve termine (settimane o pochi mesi), e soltanto a donne e bambini
piccoli, nei dormitori cittadini per senza tetto.
Senza sistemazione alternativa, le famiglie vivranno dure condizioni in un
altro campo improvvisato, o lasciati senza un riparo elementare, il che
significa che dovrebbero vivere all'aperto anche con cattive condizioni di
tempo. La comunità include circa 70 bambini, 40 dei quali frequentano le scuole
nelle vicinanze. Lo sgombero minaccia di interrompere la loro scolarizzazione e
la loro istruzione. Secondo la legge, le autorità dovrebbero notificare lo
sgombero ad ognuno, a voce o per scritto, ma, secondo le informazioni
disponibili ad Amnesty International, questo non è avvenuto. Dato che la
comunicazione non è stata formalizzata in questa maniera, la comunità non può
fare ricorso in tribunale, e fermare o posticipare lo sgombero.
La maggior parte di quanti vivono nel campo di Rubattino hanno sperimentato
almeno uno sgombero forzato. I precedenti sgomberi forzati hanno comportato la
distruzione dei ripari, vestiti, materassi, e talvolta medicine e documenti. Si
ritiene che che tutti questi sgomberi siano attuati senza le procedure di
sicurezza richieste dagli standard dei diritti umani regionali ed
internazionali.
PER FAVORE SCRIVETE IMMEDIATAMENTE:
- Per fare pressione sulle autorità di non sgomberare a forza le famiglie
rom che attualmente vivono nell'area Rubattino;
- Per ricordare alle autorità che gli sgomberi forzati, attuati senza
protezione legale, sono proibiti dalle leggi internazionali, come flagrante
violazione di una serie di diritti umani, in particolare, quello ad un
alloggio adeguato;
- Per far pressione sulle autorità perché gli sgomberi siano adoperati
soltanto come ultima misura, e soltanto con tutte le garanzie richieste
dagli standard dei diritti umani regionali ed internazionali, includano
reali consultazioni coi residenti dell'area coinvolta ed esplorino
alternative fattive; forniscano loro un adeguato e ragionevole periodo
d'anticipo per la notifica; garantendo il diritto all'indennizzo legale,
inclusa la possibilità di ricorso in tribunale con aiuto legale; forniscano
una sistemazione alternativa adeguata ed un rimborso per tutte le perdite;
assicurando nessun maltrattamento dei Rom.
INVIATE IL VOSTRO APPELLO PRIMA DEL 21 SETTEMBRE 2009, A:
Dott. Valerio Lombardi
Prefetto di Milano
Palazzo Diotti
Corso Monforte, 31- 20122 Milano
Italy
Email: prefettura.milano@interno.it
CON COPIA A:
Vice Sindaco Riccardo De Corato,
Piazza Scala, 2 – 20121 Milano
Italy
Email: vicesindaco.decorato@comune.milano.it
[...]
INFORMAZIONI AGGIUNTIVE:
Negli ultimi 10 anni, in Italia sono avvenuti numerosi sgomberi forzati di
comunità rom. Gli sgomberi forzati sono diventati più frequenti dopo che accordi
speciali (Patti per la Sicurezza) sono stati firmati dal governo nazionale con
le autorità locali, incluse quelle di Milano, il 18 maggio 2007. Come risultato
di questi accordi speciali, alcuni poteri sono stati trasferiti dal Ministro
degli Interni alle autorità locali, con lo scopo di affrontare le minacce alla
sicurezza percepita, incluse quelle che si suppone vengano poste dalla presenza
di comunità rom in queste città.
A maggio 2008 un Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (DCPM 21
Maggio 2008) ha conferito poteri di emergenza ai Prefetti (che sono i
rappresentanti permanenti del governo centrale sul territorio) per un anno, al
fine di risolvere "l'emergenza nomade", adoperando una legge del 1992 promulgata
per fornire poteri d'emergenza in caso di disastri naturali. Questo decreto
(susseguentemente esteso dal DCPM 28 maggio 2009) ha dato ai Prefetti la
possibilità di derogare da un certo numero di leggi. I poteri possono essere
esercitati contro gente di qualsiasi nazionalità che si suppone essere "nomade".
Risulta riguardare in maniera sproporzionata i Rom.
Per la legge internazionale gli sgomberi forzati - che sono sgomberi
effettuati senza appropriate garanzie procedurali, inclusa la possibilità di
richiedere indennizzo attraverso i tribunali, e senza l'assicurazione di una
sistemazione alternativa adeguata - sono una evidente violazione di diversi
diritti umani, incluso quello ad una sistemazione adeguata. Gli sgomberi possono
avvenire soltanto come misura ultima, una volta che tutte le alternative siano
stati esplorate e soltanto con le appropriate protezioni procedurali, in accordo
con gli standard regionali ed internazionali dei diritti umani. L'Italia è
finita sotto critiche severe di corpi dei diritti umani regionali ed
internazionali, incluso il Comitato Europeo sui Diritti Sociali, che ha trovato
l'Italia in violazione della Carta Sociale Europea. L'Italia ha comunque mancato
di raccogliere queste raccomandazioni ed al contrario ha continuato ed in alcuni
casi aumentato gli sgomberi forzati di comunità rom.
Di Fabrizio (del 15/09/2009 @ 08:56:53, in Italia, visitato 1372 volte)
Red, 9:20
Sdegno in città per le numerose scritte xenofobe nei muri. L´allarme qualche
giorno fa del Cantiere Sociale
Balaguer: "Basta Zingari"
ALGHERO - "Basta Zingari": è una delle tante scritte (nella foto) che
da giorni ormai si possono leggere in molte zone della città. Le abominevoli
frasi sono tutte "firmate" con vernice nera e impreziosite di simboli
riconducibili ai periodi più bui della democrazia.
L'allarme sulla presenza delle vergognose scritte, è stato lanciato qualche
giorno fa dal
Cantiere Sociale l'Alguer. Scritte in diverse parti di Alghero: Sul colle
Balaguer, al Calabona, nella Madonnina della strada campestre di Valverde, in
via Carrabuffas, e non solo.
Sdegno e preoccupazione in molti cittadini. La comunità Rom presente in città,
infatti, cerca con fatica un'integrazione difficile soprattutto per la mancanza
di politiche d'integrazione adeguate. La sola situazione che sono costretti a
vivere nel campo di Fertilia rasenta l'inciviltà più profonda. Condizioni
igienico-sanitarie indecenti, che certo non facilitano un percorso d'inserimento
nella società. Alle disdicevoli scritte, il resto.
Di Fabrizio (del 15/09/2009 @ 09:18:38, in Regole, visitato 1612 volte)
Da
Roma_Italia, leggi anche la
notizia di
riferimento
Egregio sig. Prefetto,
Nel settembre 2008 sono stato tra i 7 membri di una delegazione del
Parlamento Europeo in visita in Italia per una missione investigativa. La
ragione della nostra visita erano gli eventi nei "campi Nomadi", il censimento e
i decreti d'emergenza.
L'idea dell'indagine nasceva a giugno 2008, quando il Parlamento Europeo
accettava una Risoluzione contro la profilazione etnica dei Rom tramite raccolta
di impronte digitali e di informazioni sulla religione.
L'interesse nella missione era alto: circa 30 Membri del Parlamento Europeo (MEPs)
avevano visitato l'Italia, assieme al Presidente del comitato LIBE per la
Giustizia. In Italia ci furono incontri col Senato, il Garante, il Ministro
Maroni e altri. La nostra delegazione visitò anche campi come il Casilino 900 e
Campo Salone.
Nella conferenza stampa della delegazione del Parlamento Europeo, le
condizioni dei campi furono descritte come degradanti, dove i "Rom" sembravano
essere nomadi che non si muovevano. Ma ad alcuni membri della delegazione era
anche sembrato che l'Italia volesse tentare di rendere le proprie leggi
nuovamente compatibili con la Legislazione Europea.
La preparazione delle autorità cittadine di Milano a sgomberare di forza
circa 200 Rom che vivono nell'area Rubattino ad est della città, sembra la prova
del contrario. Gli sgomberi forzati sono illegali. Ogni stato membro della UE e
- come uno degli stati fondatori - l'Italia dovrebbe essere d'esempio agli
altri, e notificare singole ingiunzioni ai futuri sgomberati, che così possono
fare ricorso.
Mi appello urgentemente a lei per il rispetto del diritto dei nostri
co-cittadini di opporsi in tribunale alle decisioni su basi individuali, come in
ogni stato costituzionale.
In fede,
Els de Groen
MEP from 2004-2009
els.degroen@europarl.europa.eu
Di Sucar Drom (del 16/09/2009 @ 09:11:01, in blog, visitato 1579 volte)
Bolzano, l'edizione 2009 de "il presente di un popolo antico"
Anche quest’anno l’associazione Nevo Drom assieme all’Unar, la Provincia e il
Comune di Bolzano organizzano la manifestazione socio culturale “il presente di
un popolo antico”, dove si vuole offrire occasioni per accrescere la
consapevolezza dell’importanza di conoscenza reciproca t...
L'Altro Festival, il programma
L’Altro Festival come proposta di integrazione delle culture e dei nostri
territori. Il festival vuole coinvolgere il maggior numero di persone (autoctoni
ed immigrati) a partecipare, sia come organizzatori sia come “fruitori”, per
iniziare a conoscerci a partire da noi nella speranza, come nella “pr...
Milano, il piano dell'Amministrazione comunale
Una media di 10mila euro a testa. Comune e ministero vogliono persuadere i Rom e
i Sinti a trovare una sistemazione, e l’argomento è di quelli convincenti.
Oltre 13 milioni di euro per il progetto di Palazzo Marino che punta a risolvere
l’emergenza intervenendo sui 12 c...
Milano, le dichiarazioni razziste dell'assessore Boni e del ministro La Russa
A Milano è in atto una “gara”, nel centro destra, su chi fa la proposta più
razzista nei confronti dei milanesi, appartenenti alle minoranze sinte e rom,
che vivono nei cosiddetti “campi nomadi”. Le ultime proposte, in ordine di
tempo, sono quelle di Davide Boni (in f...
Milano, il piano Rom commentato dal Gruppo EveryOne
Il Comune di Milano diffonde una notizia che dovrebbe destare soddisfazione da
parte delle organizzazioni per i Diritti Umani: il ministro degli Interni ha
stanziato 13 milioni di euro per i Rom. Cè in effetti chi esulta e si spertica
in lodi verso l...
Ladra di Profumi. “Lettera aperta” a: Opera Nomadi, Federazione Rom e Sinti
Insieme, Federazione Romanì, AIZO Onlus, U.N.I.R.S.I. ed Everyone Group
Ai Presidenti. Con la presente per segnalarvi alcune notizie apparse nella
cronaca locale di Varese, ridente cittadina lombarda, consegnata alla “storia
italica” per avere dato i natali al Ministro Roberto Maroni...
Reggio Calabria, Opera Nomadi: "colpevoli di essere rom"
Il presidente dell'Opera Nomadi, Antonino Giacomo Marino (in foto), ha inviato
alla stampa un comunicato nel quale fa il punto della situazione
sull'avvenimento di cronaca dei giorni scorsi, che ha visto coinvolti 3 minori
rom. Riportiamo di seguito il comunicato...
Varese, i Sinti chiedono soluzioni per la loro situazione abitativa
I dimenticati di via Friuli dicono basta e chiedono all'Amministrazione varesina
di trovargli una nuova sistemazione. Alzano la voce per ottenere una soluzione
che sia, a livello igienico sanitario, più idonea per crescere i loro figli. La
situazione attuale del campo, secondo loro, non è delle miglio...
Auschwitz, insieme per la pace e la riconciliazione
Hanno varcato insieme l'ingresso del campo di concentramento di Auschwitz,
passando sotto la cinica scritta 'Arbeit macht frei' ('il lavoro rende liberi'),
camminato fianco a fianco lungo i binari di morte di Birkenau, dove arrivavano i
treni carichi di deportati ebrei, sinti e rom...
Pristina (Kosovo), fermare gli attacchi contro i Rom
Human Rights Watch e Amnesty International hanno chiesto alle autorità del
Kosovo e quelle internazionali di fermare la nuova ondata di attacchi contro le
comunità rom. Le due organizzazioni internazionali hanno sottolineato la
necessità di una rapida identificazione e perseguimento dei colpevo...
Bolzano, il presente di un popolo antico
Dopo l'esperienza positiva dei eventi degli anni scorsi : “Il presente di un
popolo antico” del 2007 e “Un mondo di mondi” dell'anno 2008 l’Associazione Nevo
Drom organizza in collaborazione con la Provincia e il Comune di Bolzano e il
partner nazionale UNAR il terzo evento socio-culturale ...
Ue, Barroso: l'Italia e Malta rispettino i diritti umani
Il presidente Barroso ha “esortato i primi ministri di Italia e Malta al
rispetto dei diritti umani nel contrasto all'immigrazione clandestina”. Lo ha
detto lo stesso Barroso nell'audizione di fronte al gruppo dei Socialisti e
democratici dell'europarlamento. Barroso, ch...
7grani: neve diventeremo
I 7grani è una rock band comasca nata nel 2003 dopo lunghi anni di varie
esperienze musicali live in tutt’Italia e all’Estero. La band è composta dai tre
fratelli Settegrani: Mauro alla chitarra, Fabrizio: voce, tastiere e chitarra e
Flavio al basso (fanno parte della band an...
Cracovia, Sant'Egidio: urge un Registro europeo sugli episodi di razzismo, anche
per l'Italia
Un registro europeo sugli episodi di razzismo: lo ha chiesto la Comunità di
Sant’Egidio nel corso del Meeting internazionale interreligioso di Cracovia. La
proposta è nata all’interno del workshop sul "Convivere in un mondo al plurale"
dove sono emersi i dati sui 6...
Roma, salute senza esclusione
Si terrà domani a Roma, presso il Polo Formativo Caritas (Via Aurelia 773, ore
9.00 - 17.00), il convegno “Salute senza Esclusione” organizzato dalla Caritas
diocesana di Roma in collaborazione con la Società italiana di medicina delle
migrazioni (SIMM)...
Napoli, la Gelmini a Nisida per aprire l'anno scolastico
Camicia a righe blu, pantaloni e occhiali in tinta. Per inaugurare il nuovo anno
scolastico, questa mattina il ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, ha
scelto una mise più casual del solito. Lo ha fatto per entrare in punta di
piedi, senza avere l'abito delle occasioni ufficiali, nell'"altra" scuola,
quella che non va sui giornali semplicemente perchè nessuno, tranne ...
Milano, De Corato continua a "giocare" a rimpiattino con i Sinti siciliani
Li sgomberi, e ritornano. Li cacci con multa, e ritornano ancora. Non gli puoi
neanche spaccare la roulotte con le ruspe o minacciare di levargli i bambini,
e...loro ritornano. Gente tosta questi siciliani, è storia. Ostinati.
Orgogliosi. E anche un po' “zingari”. «Questi nomadi italiani non hanno proprio
nessuna intenzione di rispettare le ...
ONU: l'Italia discrimina i Rom
In Italia vi è “abbondante documentazione di discriminazioni e trattamenti
degradanti nei confronti della popolazione rom”. A denunciarlo è l'Alto
Commissario dell'Onu per i diritti umani, Navy Pillay (in foto), in un discorso
al Consiglio per i diritti umani, a Ginevra, di cui è stato a...
Roma, Caritas: basta assistenzialismo e controllo
Basta con l'assistenzialismo che “da sempre caratterizza le politiche” nei
confronti dei Rom e dei Sinti, “fondate più sul controllo che sullo sviluppo”. A
chiederlo questa mattina è stato mons. Enrico Feroci (in foto), nuovo direttore
della Caritas diocesana di Roma, intervenendo alla presentazione del volume
“Salute senza Esclusione” che racconta l'esperienza vent...
Di Daniele (del 16/09/2009 @ 09:31:47, in scuola, visitato 1904 volte)
Da
Corriere.it
Vuoi un computer (usato) gratis? Chiedilo all'Agenzia delle Entrate
Inizia la dismissione di Pc non più idonei alla loro funzione ma ancora
«in forma»
Volete un computer (usato) gratis? Rivolgetevi all'Agenzia delle Entrate. Non
è uno scherzo. Un bando, pubblicato sul sito internet
www.agenziaentrate.gov.it (Agenzia/Bandi di gara), (Procedura
per la cessione a titolo gratuito di personal computer portatili dismessi)
mette gratuitamente a disposizione un primo lotto di pc e spiega tempi e
modalità per fare richiesta. Si tratta di «apparecchiature informatiche non più
idonee per il proprio utilizzo istituzionale, ma che possono essere ancora
utili a scuole ed enti di volontariato». La richiesta può essere al massimo di
10 PC portatili per ogni ente richiedente. Le richieste dovranno essere inviate
alla casella di posta elettronica
ufficiotlc@pce.agenziaentrate.it dell'Agenzia delle Entrate a partire dalle
ore 11:00 del giorno 5 ottobre 2009 e non oltre le ore 11:00 del giorno 16
ottobre 2009 esclusivamente a mezzo Posta Elettronica Certificata, l'equivalente
telematico della raccomandata con ricevuta di ritorno. Oltre al nome e al codice
fiscale (o partita Iva) dell’ente, nella richiesta dovranno essere specificati
anche l’indirizzo Pec per la comunicazione dell’esito da parte dell’Agenzia e il
numero e il tipo di computer desiderati, sulla base dell’elenco dettagliato
riportato sul bando.
CRITERI PER L'ASSEGNAZIONE - L’assegnazione dei pc avverrà dando priorità
agli organismi di volontariato di protezione civile iscritti negli appositi
registri, che operano in Italia e all’estero a fini umanitari, nonché agli
istituti scolastici pubblici. A seguire avranno spazio gli altri enti pubblici,
come ad esempio le strutture sanitarie o le forze dell’ordine. Infine, gli enti
non-profit che rientrano nelle categorie delle associazioni, delle fondazioni e
delle altre istituzioni pubbliche o private con personalità giuridica, senza
scopo di lucro, delle associazioni non riconosciute dotate di un proprio statuto
da cui emerga chiaramente l’assenza di finalità lucrative, degli altri enti e
organismi che svolgono attività di pubblica utilità. A parità di condizioni, i
pc verranno assegnati seguendo l’ordine cronologico di ricezione delle
richieste. Ins0mma anche la rapidità ha la sua importanza, grazie al sistema
Pec, che permette di certificare, oltre al mittente, anche l’ora dell’invio via
e-mail della domanda.
Di Fabrizio (del 17/09/2009 @ 09:34:56, in blog, visitato 1579 volte)
La seconda e ultima parte della
storia delle famiglie di Rom
kosovari del campo Casilino 900, sempre dal
blog di Raffaele Coniglio
Nella soleggiata giornata di fine agosto, all'interno del Casilino 900 vengo
accolto da Feta. Così dice di chiamarsi un giovane poco più che ventenne che mi
fa conoscere i suoi parenti e alcuni connazionali. Erano le cinque in punto del
pomeriggio. Lo ricordo perfettamente perché guardai l'orologio nel momento
esatto in cui mi disse che aveva degli impegni a partire dalle sei: doveva
rendersi disponibile per aiutare i suoi a preparare la cena del Ramadan, il mese
di digiuno iniziato da poco.
I rom kosovari che vivono nel campo sono, a quanto sembra, di fede musulmana,
anche se è altrettanto frequente trovare in Kosovo rom di fede ortodossa. In
quella che era una regione serba i rom, infatti, erano abituati a vivere tra due
fuochi -in mezzo all'aspro conflitto tra serbi ed albanesi- e, per la loro
stessa sopravvivenza, avevano sempre cercato di adattarsi pur di non scontentare
nessuno. E' anche per questa ragione che parlano sia serbo che albanese, e sono
di fede musulmana o ortodossa.
Tutto ciò però non è bastato a risparmiarli dal conflitto degli anni '90.
Rimanevano sempre rom schierati, consapevolmente o meno, con il nemico, albanese
o serbo che fosse. E, per evitare l'odio nei loro confronti, molti di essi, come
i parenti di Feta, sono dovuti scappare dal Kosovo, lasciare tutto ciò che
avevano -casa, amici, famiglia, lavoro, progetti- nella speranza di trovare un
posto in cui poter vivere in pace. Devo ringraziare proprio lui, Feta, o Farum,
como poco prima mi aveva detto di chiamarsi, se riesco a superare i loro timori
in questa mia giornata nel Campo, la paura e la diffidenza dei suoi abitanti
verso tutto quello che viene dall'esterno. Feta era appena un bambino quando è
giunto in Italia per la prima volta. A 11 anni è partito da Pristina con i
genitori e i fratelli più grandi alla volta di Belgrado. Ricorda però poco di
quel viaggio e cerca di ricostruirlo, tappa dopo tappa, con l'aiuto dei suoi
genitori. Da Belgrado, dopo una breve sosta da alcuni conoscenti, prendono un
altro autobus per una nuova meta. "Non sapevamo quale sarebbe stato il nostro
viaggio intermedio" interviene la mamma di Feta nel racconto del figlio,
"sapevamo soltanto che volevamo venire in Italia". Così, dopo due settimane di
pellegrinaggio "quasi clandestino" riescono a superare la frontiera italiana e a
lasciarsi alle spalle la città di Trieste ed il Kosovo, che in quei mesi stava
letteralmente bruciando di odio. Sono proprio i genitori di Feta che, rivivendo
tutta la fatica del viaggio, doloroso dal punto di vista economico ma anche, e
soprattutto psicologico, ricordano date e luoghi, giorni e vie del loro lungo
viaggio. Credo che quando un uomo si scontra con "l'assurdo" non può fare a meno
di ricordare per filo e per segno ogni cosa di quella circostanza, persino
l'odore del posto. E' proprio quello che fanno con me i coniugi Hamdi nel
ricostruire la loro fuga.
Mi parlano di una Pristina a me sconosciuta, dove ogni
cosa sembra diversa dalla città che ricordo io. Le vie solo con il nome serbo
non mi dicono nulla. Riesco a capire il luogo dove vivevano prendendo come
riferimento luoghi generali e piazze. Anche la Pristina che io presento è
irriconoscibile ai loro occhi. In quel momento, mentre parlo dell'attuale
capitale kosovara, la madre di Feta con rapido gesto tira fuori dal suo
borsellino il biglietto dell'autobus che l'ha portata qui in Italia. Il
biglietto integro e gelosamente custodito riporta, scritto in lingua serba: ore
11, 20 maggio 1999, Pristina. Come un fiume in piena, la signora Hamdi parla
allora dei momenti impietosi vissuti alla Questura di via Genova a Roma. "Si,
quella di via Genova, numero..." non lo ricorda la moglie di Ismail, ma tiene a
precisare che proprio lì ha chiesto asilo politico per lei e i suoi figlioletti.
E' da giugno del '99 che tutta la famiglia è rinchiusa, questo credo sia il
verbo adatto, all'interno del Casilino 900.
A detta della famiglia Hamdi poco o nulla è cambiato da allora. E' aumentato
sicuramente il numero dei rom kosovari. Non sono cambiate per nulla invece le
promesse di miglioramento che di volta in volta si sono rinnovate negli anni, e
che puntualmente sono state disattese. Le paure e le incertezze, sebbene oggi
più di ieri si parli di clima razzista e xenofobo, sono sempre le stesse. Il
freddo rapporto con i vicini italiani, idem. I circa 40 rom arrivati al Casilino
900 alla fine degli anni novanta sono diventati oggi oltre 110. Parliamo quindi
di almeno 50 bambini nati sul territorio italiano, e quindi, cittadini italiani
a tutti gli effetti. Il numero dei bambini è, in effetti, impressionante e balza
subito agli occhi.
Tra loro anche qualche adolescente che, pulito e ordinato, mi saluta con
pieno accento romano di Roma. Riesco a scambiare qualche parola con i cugini di
Feta che frequentano le scuole medie; uno di loro, il figlio di Resat Prekuplja,
frequenta invece il secondo anno dell'istituto alberghiero. Sono giovani
rispettosi e istruiti che frequentano regolarmente le scuole ed hanno amici
italiani. Guardano lontano loro, ma sembrano ancora poche eccezioni, non
sufficienti a colmare il gap venutosi a creare con la società italiana al tempo
dei loro genitori. Sicuramente, però, sono una testimonianza da considerarsi
significativa, che andrebbe sostenuta e rafforzata, perché questi ragazzi
dimostrano chiaramente che con l'istruzione le loro condizioni possono
migliorare. Forse, quello che dicevo nella prima parte, quando mi riferivo alla
pulizia degli spazi in comune per poter vivere bene loro stessi ed i loro
bambini, ha radici che iniziano proprio da lì, l'istruzione.
Solo frequentando le scuole italiane i giovani rom hanno l'opportunità di
imparare e confrontarsi con i loro coetanei, di superare finalmente quelle
odiose barriere alzate dall'ottuso pregiudizio umano. Mentre rifletto su tutto
ciò, Feta mi riporta con i piedi per terra, nella realtà che vive ogni giorno
lui. Ventuno anni, sposato e con due figli, ha studiato con i salesiani e dopo
la terza media ha deciso di trovare un lavoro. Si trova oggi impiegato con
un'associazione italiana come intermediario della comunità rom. Ogni mattina,
sul pulmino del comune, accompagna i bambini a scuola, si relaziona con gli
insegnanti e informa i genitori di conseguenza. Ascolta, assorbe e riferisce. E'
lui il primo a credere nell'importanza dell'istruzione, ma è altrettanto
consapevole del difficile cammino che bisogna percorrere. I bambini rom
frequentano la scuola abbastanza regolarmente, si trovano bene, ma la loro
motivazione deve fare a pugni con tanti problemi. "Come puoi vedere", mi dice
con fermezza e tristezza negli occhi, "nel campo non c'è elettricità, i servizi
igienici e l'acqua non potabile si trovano solo fuori dalle case". Questo
significa che "d'inverno, quando fa buio presto, i bambini, pur volendo, non
possono studiare né leggere come si deve". In quel periodo dell'anno, "quando fa
molto freddo i nostri bambini non riescono a lavarsi giornalmente e quando vado
a scuola a volte le maestre sottolineano che i bambini puzzano".
Non fa giri di parole Feta, e con due frasi arriva al nocciolo del problema,
che non può certo illustrare con facilità alle insegnanti, senza dubbio ignare,
almeno in parte, delle condizioni di vita nel Casilino 900; lo presenta a me,
che mi trovo, seppur momentaneamente, insieme a lui a condividere il suo inferno
quotidiano. La questione sta qui. Solo se c'è un'intenzione reale da parte delle
istituzioni locali e nazionali ad affrontare, seriamente, la questione
immigrazione e non in maniera grossolana per pura strumentalizzazione politica,
l'integrazione delle varie comunità potrà alla fine essere percepita come carta
vincente che arricchisce il panorama italiano, linfa vitale di una società
invecchiata. Solo con politiche serie, dove al rigore e alla determinazione
seguono i diritti e le opportunità, le varie comunità, siano esse di etnia rom,
curda, marocchina, peruviana o cinese che si voglia, potranno acquisire lo
spessore e il ruolo che giustamente si meritano dentro una società democratica
ed aperta al mondo, che pretende di essere competitiva per avanzare nel terzo
millennio.
Di Fabrizio (del 17/09/2009 @ 09:45:53, in Italia, visitato 2111 volte)
Ricevo da Marco Brazzoduro
Venerdì 18 settembre 2009 ore 16:30
"Casilino 900", via Casilina 900 - Roma
Presentazione del numero 19 di "Zapruder. Rivista di storia della
conflittualità sociale":
Stranieri ovunque
(a cura di Andrea Brazzoduro e Gino Candreva)
Gitanos, gypsies, kalé, manouches, rom, romanichels, sinti; ma anche caminanti,
travellers e viaggiatori: popolazioni, gruppi e persone diverse che in
Italia (a differenza della maggioranza degli altri paesi europei) sono
comunemente designate come "nomadi", anche dalla stampa progressista che lo
ritiene un gesto di particolare sensibilità umana e politica rispetto al più
connotato "zingari" (che invece rivela solo quello che "nomadi" cerca
maldestramente di nascondere).
A partire dalla questione del nome "Storie in movimento" ha aperto un cantiere
di ricerca secondo le modalità di lavoro che lo contraddistinguono come
laboratorio storiografico atipico. Tenendo insieme alto e basso, analisi delle
fonti e registro divulgativo, attraversando entrambe i territori (spesso
reciprocamente ostili) della storiografia universitaria e di pratiche di ricerca
meno distanti dalla storia nel suo farsi, questo numero di "Zapruder" si propone
come un’indagine – parziale, frammentaria e non sempre consensuale – di una
realtà complessa quanto misconosciuta.
A fronte delle grida scomposte contro il "pericolo zingaro" e allarmati dal
conseguente manifestarsi di una gamma di fenomeni che va dal micro-fascismo al
pogrom (pensato, declamato, desiderato e in qualche caso agito), "Storie in
movimento" si è sforzata di capire, di adoperare gli strumenti che le sono
propri, quelli della critica storica, per cercare di vedere le cose più da
vicino (ma anche più da lontano).
Discuteremo di questo percorso con gli abitanti di uno dei più grandi “campi
rom” d’Europa, "Casilino 900", con lo scrittore Najo Adzovic, insieme al
collettivo Stalker/Osservatorio nomade e agli autori.
A seguire musica e cucina romanì
Con la speciale partecipazione di Bianca Giovannini alla voce, Ludovica Valori
alla fisarmonica.
Organizzano:
Storie in movimento
Zapruder. Rivista di storia della conflittualità sociale
Najo Adzovic (“Casilino 900”)
Stalker/Osservatorio nomade
www.storieinmovimento.org
info@storieinmovimento.org
349.5014996
Di Fabrizio (del 18/09/2009 @ 20:07:13, in Italia, visitato 1593 volte)
Dopo l'ordinanza di sgombero del Comune di Modugno nella scorsa settimana,
Emiliano e Rana avrebbero trovato un terreno in zona Asi. Questa mattina le
associazioni di volontariato hanno manifestato con un sit-in
Molto probabilmente si è arrivati a una soluzione dignitosa per la
comunità di nomadi residente a Modugno in via dei Gelsomini.
All’ordinanza di sgombero della scorsa settimana, con cui si obbligava i
circa 50 ospiti (27 dei quali bambini) ad abbandonare l’appezzamento di
terreno nella zona Asi, il presidente e vice presidente del consorzio Asi
(rispettivamente Michele Emiliano e Pino Rana) hanno rimediato con una
soluzione alternativa. Il sindaco di Bari e di Modugno hanno infatti
trovato e promesso una nuova sistemazione, sempre in zona Asi, con tanto di
servizi igienici e fognari essenziali, prima mancanti.
Ruolo fondamentale nella vicenda l’hanno svolto le associazioni di
volontariato, uniche a essersi interessate da principio alla sorte della più
antica comunità Rom in territorio barese. Dalle 9.00 di questa mattina
molti dei volontari avevano cominciato una protesta organizzando un sit-in,
interrotto dopo mezz’ora grazie all’arrivo di Emiliano e Rana. I due hanno
infatti dato l'annuncio che ha evitato il protrarsi della manifestazione e,
soprattutto, della condizione di incertezza circa il futuro degli abitanti del
campo provenienti dalla Bosnia-Erzegovina.
Arrivarono in Puglia dopo un lungo peregrinare. E dopo che la loro gente era
stata martoriata a causa della guerra nei Balcani. Mai davvero assistiti
dalle istituzioni, si erano sistemati in via dei Gelsomini. Gli adulti, eccetto
qualche piccolo episodio di criminalità, hanno sempre provveduto al
sostentamento delle famiglie arrangiandosi come potevano. Il risultato più
grande, ottenuto grazie all’impegno delle stesse associazioni di
volontariato che si sono mobilitate dopo l’ordinanza di sgombero, è stata la
scolarizzazione dei 27 bambini. Senza dubbio sarebbero stati proprio loro a
subire le conseguenze più gravi se il campo fosse stato smantellato senza una
soluzione alternativa.
Da questa mattina, però, sembra che le cose stiano viaggiando sui giusti binari.
Di Fabrizio (del 19/09/2009 @ 08:58:29, in Europa, visitato 1716 volte)
Dell'abbattimento dello storico quartiere di
Sulukule qui se n'è scritto parecchio. La motivazione addotta dalle autorità
turche è il "piano di rinnovamento urbano" di Istanbul. Ma le recenti piogge che
hanno inondato diversi quartieri della città, scoprono luci ed ombre su questo
contestato piano e sugli appetiti immobiliari che sta sollevando
La terra e il cielo
18.09.2009 scrive Fazıla Mat Istanbul si risveglia dall'incubo delle
inondazioni. Le autorità maledicono la pioggia, ma secondo gli esperti il
disastro è stato causato dagli interventi edilizi sui letti dei fiumi
all'interno della città. Sotto accusa il piano di trasformazione urbana voluto
da Erdoğan
Le province di Istanbul e di Tekirdağ faranno fatica a riprendersi dalle
inondazioni causate dalle piogge torrenziali dell’8 e 9 settembre scorsi. Le
precipitazioni, che normalmente si sarebbero distribuite in un periodo di
quattro mesi, hanno sommerso nel giro di due giorni numerose circoscrizioni
delle due città. Il bilancio resta molto pesante. Sono morte 32 persone, diverse
sono ancora disperse, e si stima una perdita in beni di circa 100 milioni di
dollari.
L’alluvione ha avuto i suo effetti più devastanti laddove erano presenti dei
torrenti sui cui letti e nei cui dintorni sorgono costruzioni e autostrade. A
İkitelli, nei pressi del torrente Ayamama, il viale Basın Ekspres, una delle
strade più trafficate e commercialmente attive di Istanbul, è stato
letteralmente inghiottito dalle acque. Mentre molte persone hanno trovato
rifugio sui tetti degli autobus, sette donne sono morte asfissiate dentro un
furgone merci privo di finestre che veniva utilizzato da una nota società
tessile come mezzo di trasporto per portarle al lavoro. Sei autisti di TIR, che
dormivano a bordo dei mezzi nella stazione per TIR Osmanlı, sono morti annegati
dopo essere stati travolti dalle acque. Tutte le fabbriche nei dintorni sono
state allagate. Si sono aperte inoltre le chiuse della diga sull lago
Büyükçekmece, causando l’allagamento della costa e dei centri di ricreazione
sulle sponde.
La Municipalità di Istanbul è stata la prima a esser criticata dalla stampa, per
l’incapacità di prevenire gli effetti dell’inondazione e di gestire la
successiva situazione d’emergenza. Il servizio meteorologico aveva infatti
lanciato, diversi giorni prima, l’allarme per l’alluvione, ma le autorità non
avrebbero ritenuto di dover chiudere al traffico il viale Basın Ekspres, dove si
era verificato un episodio analogo di inondazione anche nel 1995 a causa dello
straripamento dello Ayamama.
Intanto continuano a venire alla luce dei particolari su come la Municipalità
di Istanbul abbia gestito finora le aree circostanti i torrenti. La İSKİ
(Direzione idrica di Istanbul) avrebbe ammesso di aver realizzato l’ultima
bonifica del torrente Ayamama nel maggio scorso e di non aver più ripetuto
l’operazione nonostante le piogge autunnali in arrivo. Inoltre un credito di 322
milioni di dollari preso in prestito dalla Banca mondiale, finalizzato alla
realizzazione di infrastrutture per il risanamento di quindici torrenti, sarebbe
fermo da due anni nelle casse del comune di Istanbul (İBB). Il vicesegretario
generale del comune, Muzaffer Hacımustafaoğlu, ha affermato che l’attuazione dei
progetti di risanamento “procede lentamente perché i torrenti sono delle
proprietà private e i tempi previsti per renderli pubblici sono lunghi”.
Le autorità hanno cercato di spiegare l’inondazione nei termini di una “calamità
naturale”, “inspiegabile” e “incontrastabile”. Una parte di “colpa” è stata però
riservata anche ai “cittadini che costruiscono abitazioni fuori norma”. La prima
reazione del sindaco di Istanbul, Kadir Topbaş, è stata infatti quella di
attribuire la responsabilità dell’accaduto a “l'utilizzo selvaggio della natura
e dell’ambiente”. Il premier Erdoğan ha commentato l’accaduto facendo allusioni
alla forza della natura con un proverbio turco – “arriva il momento in cui il
torrente si vendica” – mentre il presidente della regione Muammer Güler è
arrivato a dare la responsabilità dell’accaduto “a tutta la società” e su una
scala più ampia “al mondo intero” per “i danni causati dalle persone alla
natura”.
Intanto Erdoğan, effettuando un giro d’ispezione aerea sulle località colpite
dall’alluvione, ha affermato che fino a quel momento le autorità avevano
incontrato “impedimenti legali ed alcune opposizioni” per risanare i torrenti,
che “queste opposizioni devono essere superate” e che “i problemi più gravi sono
sorti dal fatto che i letti dei torrenti sono stati modificati [dalle
costruzioni]”. Erdoğan ha concluso dicendo che “dopo aver condotto dei contatti
bilaterali si passerà a demolire le costruzioni qui presenti.”
Eyüp Muhçu, presidente dell’Ordine degli ingegneri e architetti (TMMOB) di
Istanbul, lancia un monito rispetto a quello che ritiene essere il vero senso
delle parole del premier. “La 'opposizione' di cui parla il Primo ministro è
quella dimostrata dai cittadini che si ribellano ai progetti di decentramento
della popolazione e di speculazione affaristica imposti sotto il nome di
‘trasformazione urbana’. Erdoğan vuole utilizzare gli effetti dell’alluvione
proprio per rendere leciti i suoi progetti di trasformazione urbana”.
Il problema delle costruzioni sui letti dei torrenti non riguarda infatti solo
le costruzioni abusive, ma anche quelle “legali”. “Una parte del torrente
Ayamama, importante corridoio ecologico di Istanbul, area verde e di
ricreazione, è stata aperta alla edificazione di palazzi ad alta concentrazione
nel 1997, quando proprio Erdoğan era sindaco della città”, spiega Muhçu.
All’epoca il TMMOB avrebbe presentato a Erdoğan una valutazione sull’impatto
ambientale di questo progetto. Nella sua valutazione, l’Ordine avrebbe
specificato che con il nuovo progetto il torrente Ayamama avrebbe cessato di
essere tale, e che si sarebbe rivolto un aperto invito alle catastrofi naturali.
L’appello rimase però inascoltato, e il TMMOB portò il progetto in tribunale. La
Corte emise una sentenza a favore dell’Ordine, sottolineando anche “che il
progetto non aveva alcuna utilità sociale”. L’amministrazione comunale però non
tenne conto del verdetto e accelerò le costruzioni, dando origine a tutta la
zona adiacente all’aeroporto Atatürk.
“Erdoğan ha fatto ricorso”, continua Muhçu, “ma il tribunale ha nuovamente
confermato la prima sentenza. Le costruzioni però non sono cessate nemmeno dopo
questa seconda decisione. Gli edifici così realizzati contro il verdetto del
tribunale hanno dato man forte alle costruzioni abusive nell’interno della
valle, a nord. E dal 1997 in poi sono stati costruiti numerosi blocchi di
edifici abusivi utilizzati quali officine. Questa zona, nel piano urbanistico
del 1982, risultava invece essere sede di un cimitero cittadino, di un’area
verde, di un’area di ricreazione e letto del torrente. Eppure hanno sempre
chiuso un occhio nei confronti delle costruzioni abusive”.
Solo il mese scorso infatti, il sindaco Topbaş avrebbe presentato al consiglio
comunale un piano per legalizzare nuove costruzioni abusive e per permettere
l’edificazione di altri palazzi nelle ultime aree rimaste a disposizione nel
letto dell’Ayamama. Senza un’alluvione di questa portata, il piano edilizio
portato avanti dal comune di Istanbul probabilmente avrebbe proseguito
indisturbato. E forse non basterà nemmeno l’alluvione a disturbarlo.
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