Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 03/03/2009 @ 09:15:56, in Europa, visitato 1827 volte)
Da
Bulgarian_Roma
25/02/2009 [...]
Minoranze Nazionali/Razziali/Etniche
La discriminazione societaria contro i Rom ed altri gruppi minoritari rimane
un problema, che a volte sfocia in violenti incidenti tra i membri di differenti
gruppi etnici.
Anche se le stime ufficiali indicano i Rom al 4,6% della popolazione, la loro
reale percentuale è stimata tra il 6 e il 7%, Secondo un rapporto del 2002 del
2002, c'erano nel paese tra i 600.000 e gli 800.000 Rom. Secondo il censimento
del 2001, l'etnia turca contava il 9% della popolazione. I musulmani di etnia
bulgara, spesso chiamati Pomaks, sono un altro gruppo di discendenza slava, i
cui antenati si convertirono dal cristianesimo ortodosso all'islam, costituivano
dal 2 al 3% della popolazione.
La discriminazione sul posto di lavoro contro le minoranze, particolarmente i
Rom, continua ad essere un problema. Il tasso di disoccupazione tra i Rom era
vicino al 65%, raggiungendo l'80% in alcune regioni. In un caso del 2006, il
tribunale cittadino di Sofia trovò responsabile una compagnia quando uno dei
suoi impiegati raccomandò ad Angel Assenov di non fare domanda d'assunzione, in
quanto era Rom e non sarebbe stato assunto.
L'attitudine generalmente sfavorevole ai Rom, sposata col loro basso livello
d'istruzione, rende i Rom meno capaci di accedere al mercato del lavoro. Molti
osservatori hanno notato che la qualità dell'istruzione offerta ai bambini rom
era inferiore di quella permessa alla maggioranza degli altri studenti.
I pregiudizi contro i Rom hanno continuato a giocare un ruolo significativo
nella società e spesso è stata condivisa da chi deve far rispettare la legge. Ci
sono stati continui rapporti sulla polizia che minaccia, arresta arbitrariamente
ed usa violenza contro i Rom; comunque, le OnG hanno riportato che l'anno scorso
la polizia è stata generalmente più cauta nell'uso della forza. I gruppi dei
diritti umani asseriscono che talvolta i magistrati non perseguono i crimini
commessi contro le minoranze.
Nell'agosto 2007, circa 200 Rom si sono rivoltati nel quartiere Krasna
Poliana di Sofia, dopo che erano circolate voci che sarebbero stati attaccati da
un gruppo di skinhead. Secondo alcuni testimoni i disordini erano una
rappresaglia agli avvenimenti della sera prima, quando un gruppo di giovani
descritti come skinhead attaccarono tre coetanei rom, uno dei quali fu malmenato
severamente. Dopo l'incidente quattro bulgari vennero accusati di hooliganismo
dopo l'incidente, la polizia ne arrestò tre e ne rilasciò uno su cauzione. La
polizia detenne anche quattro Rom accusandoli di hooliganismo.
Nell'agosto2007 un gruppo di quattro giovani percosse a morte Asparuh
Atanasov, Rom diciassettenne, perché erano arrabbiati che lui fosse nel centro
della città. La polizia detenne quattro sospetti ed il processo contro di loro è
continuato alla fine dell'anno.
Molti Rom vivono in case sotto gli standard e mancano di registrazione legale
per i loro posti di residenza. Le autorità locali hanno incontrato difficoltà
nell'allocare risorse e trovare siti dove costruire nuove case.
Le OnG hanno riportato che i Rom incontrano difficoltà nel richiedere i
benefici sociali e soffrono di accesso inadeguato all'assistenza sanitaria. Il 2
giugno, il tribunale cittadino di Sofia ha trovato che la clinica di maternità
Sveta Sofia aveva rifiutato il trattamento medico ad una donna rom a causa della
sua etnia. La corte aveva riconosciuto alla querelante 50 leva (circa $ 38) per
danni.
Durante l'anno le organizzazioni dei diritti umani hanno continuato a
compilare reclami riguardo le legge anti-discriminazioni. Ad aprile il tribunale
distrettuale di Blagoevgrad ha confermato il giudizio per danni di un tribunale
minore contro un ristorante che nel 2004 rifiutò di servire clienti Rom,
facendolo invece per i non-Rom.
Incitare all'inimicizia, odio o discriminazione razziale è un crimine
punibile con sino a tre anni di galera, ed i querelanti possono appellarsi
direttamente al tribunale per i danni inflitti da dichiarazioni discriminatorie.
A maggio la corte d'appello di Sofia ha confermato il giudizio contro Volen
Siderov, leader del partito Ataka, per dichiarazioni discriminatorie contro le
etnie turche, rom, ebrea ed altri gruppi. Sei degli otto casi di querela contro
Siderov sono rimasti al vaglio del tribunale regionale di Sofia. La denuncia è
partita da una coalizione di 60 OnG, che hanno accusato Siderov di minacce e
discriminazioni contro persone a causa della loro appartenenza etnica, religiosa
o sessuale. Nei due casi in cui s'è pronunciata, entrambe nel 2006, la corte ha
deciso una volta che Siderov aveva incitato alla discriminazione etnica, ma
nell'altro che non aveva discriminato in base all'orientamento sessuale. A
seguito di un appello, il tribunale di Sofia ha mantenuto a maggio il giudizio
sulla discriminazione etnica.
Nel 2007, BHC e l'UNHCR hanno espresso la propria preoccupazione sui rapporti
di incidenti violenti e motivati razzialmente contro minoranze visibili. Nel
gennaio e nel maggio 2007, quattro persone, due dalla Nigeria e due dal Sudan,
sono stati attaccati con coltelli. Il 31 ottobre, il tribunale cittadino di
Sofia ha inflitto ad Alexander Ginchev cinque anni di carcere per aver assalito
nel gennaio 2007 un calciatore nigeriano.
Di Fabrizio (del 02/03/2009 @ 09:20:10, in Italia, visitato 1715 volte)
- di Dijana Pavlovic
Ho ricevuto una telefonata da un Sinto. Mi dice che devo smettere di dire che
Rom e Sinti sono lo stesso popolo, che loro non c'entrano nulla con i rom
stupratori e che per colpa nostra i gage se la prendono anche con i Sinti. Non
capisco. Poi mi arrivano notizie di alcuni amici preoccupati : in diverse città
italiane prossime alle elezioni amministrative esponenti del Popolo delle
Libertà hanno offerto ai Sinti - cittadini italiani- 50€ per voto in cambio di
protezione dopo una eventuale vincita.
È già successo - mi dicono - anche con altre formazioni di destra. Gli "zingari"
allora non sono proprio tutti da buttare via e da prendere a "calci nel
culo"? Ce ne sono che servono per una manciata di voti e così si esporta un po'
del proprio razzismo nelle comunità che ne sono anche l'oggetto e scatenare
un'altra guerra: Sinti, cittadini italiani, votanti, contro i Rom stranieri,
"tutti stupratori e ladri" e non votanti.
Mi chiedo che protezione possono offrire a queste persone terrorizzate? Forse le
ronde selezioneranno in che campo andare? E come potranno spiegare questo ai
loro elettori che in ogni campo senza distinzione vedono solo zingari e basta?
Come la prenderanno quegli elettori che sul Facebook hanno creato un gruppo che
si chiama ACCENDI ANCHE TU UN FIAMMIFERO ... PER DARE FUOCO A UN CAMPO ROM!!! e
che ha 14400 iscritti che ripetono nella loro chat, le parole i concetti dei
vari Borghezio e che non vedono l'ora di iscriversi alle associazioni "civili e
innocue" che faranno le ronde "armati solo di telefonini"?
Tanto per non lasciare dubbi uno di questi aspiranti rondisti si firma con un
nome tragicamente famigerato: Himmler. Questi sono gli allievi di Gentilini che
con la stessa camicia verde e dallo stesso palco di Bossi e Maroni invoca
l'eliminazione dei bambini zingari. La Lega, come l'apprendista stregone di Paul
Dukas (per chi avesse visto Fantasia di Disney) ha innestato con la sua campagna
di terrore contro immigrati e rom una deriva razzista che trova nelle norme del
pacchetto sicurezza legittimità e giustificazione e soprattutto scava nella
coscienza delle persone il solco incolmabile dell'odio. Io vengo da un paese
distrutto dall'odio e Ivo Andric, grande scrittore serbo, ci aveva ammonito: "Io
so che l'odio e la collera hanno una loro funzione nello sviluppo della società.
Ci sono ingiustizie e soprusi che solo i vortici dell'odio e della collera
possono annientare. Ma non si tratta dell'odio che rappresenta un momento nel
processo di sviluppo della società, la tappa inevitabile di un'evoluzione
storica, ma di un odio che si manifesta come una forza autonoma, che trova in se
stesso la propria ragione di essere. È l'odio che fa scontrare l'uomo con un suo
simile e poi li rigetta entrambi nella miseria e nella disgrazia, o li
sotterra."
dijana.pavlovic@fastwebnet.it
28 febbraio 2009
Di Fabrizio (del 02/03/2009 @ 09:03:40, in lavoro, visitato 1971 volte)
Da
Roma_Francais
Le Parisien Boris De La Cruz | 24.02.2009, 07h00
"A Saint-Tropez, c'è Brigitte Bardot e, a Saintes-Maries- de-la-Mer, ci sono i
Gitani. Qui, è un'istituzione", nota Nicole, 68 anni, di cui 45 a leggere
l'avvenire nelle linee della mano. Da qualche giorno, la più anziana predittrice
di buona fortuna della città nella Camargue, ha preso la testa di una fronda
contro un'ordinanza municipale che proibisce le pratiche divinatorie ed occulte
sulla strada pubblica.
Votato un anno fa, questo testo sul quale la Halde dovrà
pronunciarsi (leggi: inquadrare) sinora non è mai stato applicato. Ma
la stagione turistica si avvicina, la polizia s'è messa a moltiplicare i
controlli. "Abbiamo ampliamente partecipato alla leggenda di questo villaggio e
ora non ci vogliono più. Che facciamo di male? Non rubiamo, non aggrediamo
nessuno", s'indigna Nicole.
"Non siamo affatto contro i Gitani"
All'origine di questa decisione, il sindaco Rolland Chassain giustifica la
sua decisione con le lamentele dei commercianti e dei turisti. Non siamo affatto
contro i Gitani. Quando ce ne sono sei o sette che predicono nel centro città,
d'accordo, ma non le dozzine come accade in estate. Alcune aggrediscono
verbalmente quelli che rifiutano di sottomettersi alle loro pratiche", argomenta
Rolland Chassain, che si dice "inflessibile". "E' diventato un furto organizzato
sui turisti", lamenta un ristoratore. "Si gettano addosso e non li lasciano. Se
fanno così davanti a me, sono sicuro di perdere un cliente". Ma non tutti i
commercianti sono così ostili: "Leggere il futuro, è una tradizione locale. I
turisti, soprattutto quelli stranieri, quando non li trovano ci chiedono se
possono vedere i Gitani", ammette uno di loro. Cécile Berger, un'abitante, si
dice accorata.
"E' disonorevole, fanno parte del nostro patrimonio, vengono dai quattro
angoli del mondo per vederli e li si caccia".
A qualche passo da lì, una Gitana si avvicina ad una coppia di olandesi e
impugna loro la mano. "Sarete felici e santa Sara vi protegge", dice prima di
lasciar loro una medaglia e intascare qualche moneta. "Senza di noi,
Saintes-Maries non è Saintes-Maries. Possono mandarci via, ritorneremo!" fulmina
Sarah, una predittrice. "La polizia ha cominciato a sorvegliarci, giochiamo al
gatto e al topo", rincara Cynthia. Nicole, sua nonna, spera che il sindaco
ritornerà sulla sua decisione. Per questo, è pronta a leggergli l'avvenire
gratuitamente.
Le Parisien C.D.S. | 24.02.2009, 07h00
Oggi o domani, l'Alta Autorità di Lotta contro le
Discriminazioni e per l'Uguaglianza (Halde) dovrebbe pronunciarsi
sull'iniziativa dell'Associazione nazionale cattolica della gens du voyage
sull'affare di chi predice il futuro a Saintes-Maries- de-la-Mer. Probabilmente,
la Halde dovrebbe dichiararsi competente a trattare il dossier.
Rimarrà in seguito da sapere se l'ordinanza municipale rileva o no una
discriminazione. Questa non riguarderà l'attività delle veggenti ma la loro
origine, che rappresenterebbe il primo motivo di deferimento (29% dei 788
dossier trattati nel 2008) da parte della Halde.
Ma quest'ultima ha già avuto, varie volte, l' occasione di allertare il
governo sulle discriminazioni di cui sono vittime i membri della Comunità della
gens du voyage. Il parere della Halde non dovrebbe cadere prima di sei
mesi.
Rapporté par Denis Toulmé
denis.toulme@worldonline.fr
http://filsduvent.kazeo.com
Di Fabrizio (del 01/03/2009 @ 11:11:22, in Italia, visitato 1654 volte)
Da Lia Didero
Al Sindaco di Pesaro
Al Prefetto
Alla città di Pesaro
Noi, associazioni, realtà cittadine, semplici abitanti e frequentatori di questa
città, avuto notizia delle operazioni di polizia contro le famiglie rom presenti
a Pesaro il 25 febbraio,
riteniamo quanto successo una grave sconfitta politica e sociale di una città
come la nostra.
Una comunità rom di poco più di 30 persone tra adulti e bambini, che non si è
mai fatta notare per atteggiamenti contrari alla legge ma cercava semplicemente
di sopravvivere alla meno peggio, è stata sgombrata e costretta ad allontanarsi
con la forza. Donne, bambini, malati costretti ad andarsene. Dove? Non importa,
l'importante è fuori dai confini comunali.
Si dirà: avevano occupato illegalmente una fabbrica, una casa abbandonata, ed è
reato.
Noi diciamo: la fabbrica, la casa erano vuote, fatiscenti, in vendita da chissà
quanto tempo e chissà per quanto tempo, e loro non avevano una casa, un posto
dove stare. E fa freddo, d’inverno./
Si dirà: non avevano un lavoro onesto.
Noi diciamo: è vero, ma lo hanno cercato, hanno bussato a tante porte e nessuno
ha dato loro una possibilità.
Si dirà: erano dei parassiti, volevano vivere sfruttando la carità della gente.
Noi diciamo: a chi non ha nulla, basta poco, meno del superfluo di chi ha
troppo. Non amiamo la carità, ma la solidarietà sì.
Si dirà: erano sporchi, puzzavano, non sanno vivere.
Noi diciamo: provate a vivere senz’acqua, senza luce, e sapendo che vi possono
sgombrare in ogni momento, e vediamo che decoro siete capaci di mantenere.
Si dirà ancora: i bambini non possono vivere in quelle condizioni.
Noi diciamo: E’ vero, non dovrebbero. Ma sono bambini amati, e per non perderli
i genitori sono stati costretti a lasciare quel poco che potevano avere qui. e
adesso quei bambini vivono ancora peggio.
Si dirà: Pesaro adesso è più sicura.
Noi diciamo: NO, Pesaro adesso è meno civile, meno giusta, meno ricca. Meno
nostra.
Adesioni (individuali e collettive) da spedire a
altlib@altraofficina.it
Da
Virgilio notizie
Sold out concerto per Black Panthers, mitico locale gitano. Si
raccoglievano fondi per riaprirlo dopo incendio in dicembre - postato 15 ore
fa da APCOM
Belgrado, 27 feb. (Apcom-Nuova Europa) - Belgrado difende la sua anima zingara.
"Sold out" ieri sera al concerto per la raccolta fondi da destinare alla
riapertura del luogo simbolo della musica gitana nella capitale serba: il mitico
Black Panthers, il locale-barcone sulle rive di Ada ziganlia, l'isola 'zingara'
sul fiume Sava.
Lo scorso dicembre un corto circuito dell'impianto elettrico ha ridotto in
cenere il Black Panthers che prende il nome dal gruppo di musicisti zingari
che lo fondarono nel 1990. Da allora il Panther non è rimasto zitto una sola
notte: nel 1999, i belgradesi vi si rifugiavano a soffocare il rumore delle
bombe con quello squillante di fisarmoniche, chitarre e violini incessanti
all'unisono fino al chiaro del mattino. Sera dopo sera fino a diventare un mito,
un simbolo: non c'è una guida turistica di Belgrado che non lo segnali e un
visitatore che non lo stipi nei suoi ricordi della Serbia.
Non avevano minima idea dell'esistenza del movimento rivoluzionario
afroamericano quando trent'anni fa (molto prima di aprire il locale) si
battezzarono Pantere nere: "il nome ci piaceva, suonava bene non so nemmeno
perché lo abbiamo scelto" ci racconta Toma, uno dei due soli componenti rimasti
in vita della formazione originaria del gruppo.
Toma e Bronson, il bassista, ieri sera si sono esibiti "come il primo giorno"
sul palco dell'Orchestra filarmonica di Belgrado, che ha fornito i locali per il
concerto: i leggii di ordinanza degli orchestrali avanzano per chi la musica
degli spartiti non la conosce e suona a orecchio da tutta la vita.
Di generazione in generazione la stirpe di nipoti e pronipoti si avvicenda ad
accompagnare il duetto: il resto lo fa l'immancabile bicchierino di rakija
(tipica grappa balcanica) che fa il suo ingresso inaspettato persino
sull'austero palcoscenico.
"Del nostro locale - prosegue la voce storica dei Panthers - vive tutta la
nostra famiglia". Un rapido conto mentale: "Circa 150 persone".
In attesa di riaprire "il sei maggio, il giorno di San Giorgio (nel calendario
ortodosso, ndr.), il protettore di noi zingari", il Black Panthers ha traslocato
in una zattera vicina. Ma i belgradesi rivogliono quella stessa, precisa,
storica, barca.
Di Fabrizio (del 01/03/2009 @ 09:11:46, in Europa, visitato 2148 volte)
Da
Hungarian_Roma (a proposito di ronde e controronde, latitanza dello stato e
crisi economica)
By Thomas Escritt in Miskolc, Hungary - 20 febbraio 2009
Quando cala la notte a Hetes, un insediamento zingaro ai margini della
città settentrionale di Ózd, gli uomini scendono per le strade a montare di
guardia, armandosi con ogni tipo di arma improvvisata, dai bastoni ai coltelli
da cucina.
"Stiamo alzati tutta notte", dice Henrik Radics, con le mani appoggiate su
una falce. "Se arriva un'auto, la fermiamo e chiediamo cosa stanno facendo. Se
sono pacifici li lasciamo andare".
Radics ed i suoi compagni hanno affrontato in proprio la questione dopo una
serie di avvenimenti culminati con una casa data alle fiamme e dai piani
dalla Magyar Garda, un gruppo in uniforme di destra che dice di proteggere
l'etnia ungherese dal "crimine zingaro", di tenere raduni di reclutamento nella
città.
Ózd è una tipica cittadina nella contea di Borsod: una volta orgoglioso
centro industriale con un gigantesco impianto per l'acciaio, decaduto con la
caduta del comunismo nel 1989, senza nessun datore a dare lavoro al posto della
defunta industria pesante dell'era socialista.
Ma la decrescita economica nell'Europa centrale ed orientale ha aggiunto
nuova urgenza ad un problema di marginalizzazione che risale a decenni indietro.
Ricerche mostrano che gli ungheresi, come molti dei loro vicini nella regione,
nutrono forti sentimenti di pregiudizio contro gli zingari. Questo significa che
i Rom sono i primi a essere colpiti, e nel modo più duro, dalla disoccupazione,
che è al 14% nella contea di Borsod, con la sua alta percentuale di popolazione
zingara, due volte la media nazionale. Con le previsioni del governo che
prevedono che l'economia quest'anno si contrarrà di un ulteriore 2,7%, la
disoccupazione è in rapida crescita.
"La questione ha raggiunto il punto critico", dice Peter Hack, criminologo.
"Con la decrescita economica, è iniziata la tradizionale caccia al capro
espiatorio. Dato che non ci sono immigrati in Ungheria, i Rom sono il
bersaglio".
Zsolt Farkas, zingaro di Miskolc, la terza città ungherese e capitale di
contea, parla a nome di molti quando dice che sta diventando impossibile trovare
lavoro.
"Lavoravo su una linea di assemblaggio a Bosch, e poi ho installato persiane
nelle case, ma adesso è impossibile trovare un lavoro. Quando... vedono che sono
zingaro, non sono più interessati".
Il mese scorso il Movimento per un'Ungheria Migliore, un partito di estrema
destra, ha ottenuto l'8% in un'elezione distrettuale a Budapest dopo una
campagna elettorale condotta sugli slogan contro il "crimine zingaro". Settimana
scorsa Albert Pasztor, capo della polizia di Miskolc, ha attratto in ugual
misura obbrobrio ed elogi quando ha detto in una conferenza stampa che "tutte le
aggressioni a scopo di rapina" nel territorio di Miskolc nei due mesi scorsi
erano state commesse da zingari, aggiungendo: "Le culture ungherese e zingara
non possono vivere assieme". E' stato sospeso su ordine del ministero di
giustizia e reintegrato meno di 24 ore dopo, a seguito di un coro di proteste di
alti funzionari di polizia, governi cittadini locali ed un rally di 1.000
skinhead.
Questa settimana il panico zingaro ha raggiunto l'isteria tre giocatori
professionisti di pallamano di Croazia, Romania e Serbia sono stati pugnalati in
un nightclub, si suppone da una banda di circa 30 zingari, nella città
occidentale di Veszprem. Il rumeno, Marian Cozma, giovane promessa sportiva, è
morto per le ferite.
Durante il funerale, Ferenc Gyurcsany, socialista e primo ministro, ha
promesso di "agire decisamente" contro la violenza, e il partito di destra
all'opposizione ha detto che il governo dovrebbe concentrarsi nel prendere i
criminali. "Il numero di crimini gravi commessi da gente di origine zingara sta
crescendo in modo allarmante", viene detto.
Janos Ladanyi, un sociologo, dice che gli zingari, deprivati prima dai
programmi di insediamento negli anni '70 del loro tradizionale stile di vita
itinerante, e poi dalla deindustrializzazione negli anni '90 dai lavori con
bassa professionalità da cui dipendevano, si sono rivolti al crimine, sia in
scala ridotta che organizzato.
"Abbiamo ora una popolazione che ha vissuto fuori dalla società per 20 anni.
Sempre più spesso, qualcuno richiede una rapida, semplicistica soluzione, che
porta ad uno scoppio di panico anti-zingaro, ma questa volta la crisi economica
rende tutto più serio", dice.
IL gruppo escluso, che conta il 6% della popolazione ungherese, è anche
quello con la crescita più rapida.
"Se non possiamo integrarli nella forza lavoro, allora è in questione la
stabilità a lungo-termine del sistema fiscale", ha detto Gordon Bajnai, ministro
dell'economia. Un pacchetto di 2 miliardi di € sta per essere immesso
nell'industria delle costruzioni come parte della risposta, dice, per creare il
tipo di lavori a bassa professionalità di cui questa popolazione ha bisogno.
The Financial Times Limited 2009
Di Fabrizio (del 28/02/2009 @ 09:47:20, in Italia, visitato 4175 volte)
Da
Roma Files
UNIRSI - Unione Nazionale ed Internazionale dei Rom e dei Sinti in Italia
Federazione delle Associazioni e dei Gruppi Autonomi dei Rom e dei Sinti
in Italia
Forum Europeo dei Rom e dei Viaggianti di Strasburgo
In risposta ai recenti sviluppi politici e la più recente ondata di razzismo
contro il popolo rom in Italia, una coalizione di organizzazioni, inclusa
UNIRSI, ha intrapreso una documentazione di prima mano sui diritti umani in
Italia (tra il 23 e il 30 maggio 2008). Dette organizzazioni hanno condotto una
ricerca, intervistando approssimativamente 100 Romanì che vivevano in campi
formali e informali a Roma, Napoli, Firenze, Brescia, Milano e Torino.
Le organizzazioni hanno visitato diversi campi formali e semi-formali, inlusi:
Secondigliano e Centro Lima (Napoli); Salviati , Fiume , Casilino 900
e Martora (Roma); Via Triboniano (Milano); Campo nomadi di
Brescia per i Sinti Italiani. La coalizione ha anche visitato i seguenti
campi informali: Scampia , Ponticelli
, Santa Maria e Torre Annunziata Nord (Napoli); Cave di Pietralata
ed un campo senza nome accanto a Cave di Pietralata (Roma); Corsico e Bacula (Milano);
Via Germagnano (Torino).
Nonostante sia il paese europeo con la più bassa percentuale di Rom/Sinti (la
Grecia ne conta lo stesso numero dell'Italia, ma con una popolazione di soli 10
milioni di persone), l'Italia è indietro di almeno 25 anni rispetto a tutte le
politiche d'integrazione per i Rom/Sinti.
Mentre non esiste nessun censimento ufficiale, un censimento condotto da varie
organizzazioni (inclusa UNIRSI) su scala nazionale mostra che i Rom e i Sinti in
Italia sono circa 170.000, di cui 70.000 con cittadinanza italiana e 100.000 (in
crescita costante dalla Bulgaria e specialmente dalla Romania) dai Balcani.
Il 30% di questi 100.000 arriva dalla Jugoslavia ed il resto dalla Romania, con
un centinaio di presenze dalla Bulgaria e dalla Polonia.
Le ultime due generazioni di Rom "jugoslavi" sono nati in un paese, l'Italia,
che non riconosce lo "jus soli" e quindi nega ai bambini i requisiti
basici per un'istruzione bilanciata ed integrazione: cittadinanza.
La minoranza dei Rom/Sinti è caratterizzata da bassa aspettativa di vita (la
media è tra i 40 e i 50 anni) e dalla presenza di un'alta percentuale di bambini
[il 60% della popolazione Rom e Sinti ha meno di 18 anni. Il 47% dei bambini
ha tra i 6 e i 14 anni; il 23% tra i 15 e 18 anni; la percentuale rimanente
(30%) tra i 0 e i 5 anni].
I Rom e i Sinti con cittadinanza italiana sono circa 70.000. Oggi le
comunità Rom e Sinte (chiamate "zingari" e "nomadi" in maniera dispregiativa ed
etnocentrica) sono ancora oggetto di discriminazione, esclusione e segregazione.
La discriminazione è estesa in tutti i campi, sia pubblici che privati,
così l'esclusione e la segregazione economica e sociale dei Sinti e dei Rom
diventa discriminazione etnica (Raccomandazione n.1557/2002 Consiglio d'Europa).
In Italia, le diverse comunità Rom e Sinte non sono riconosciute come Minoranze
Linguistiche Nazionali e perciò non usufruiscono dei diritti che questo status
comporta.
Le politiche sociali rivolte alle popolazioni Rom e Sinta tendono apertamente
all'inclusione sociale, e all'integrazione. Le comunità Rom e Sinte sono
raramente considerate protagoniste del pensare sociale, di politiche
d'integrazione, partecipazione diretta e mediazione culturale. L'Italia nega
alle comunità Rom e Sinte l'applicazione delle direttive europee sulle Minoranze
Linguistiche che proteggono le lingue minoritarie ed inoltre nega la Convinzione
sulle Minoranze Nazionali.
In molti casi i Rom e i Sinti si vedono negati i diritti basici come residenza,
salute, istruzione, lavoro. In Italia costruiamo ancora i "campi nomadi" che
sono posti di segregazione che imprigionano gli individui contro la loro
volontà. In Italia molti comuni, in contrasto con le disposizioni costituzionali
(art. 16), negano il diritto di residenza e di movimento all'interno del
territorio nazionale ai cosiddetti "nomadi" o "zingari".
In questa tragica situazione i Rom di Slovenia, Bosnia, Jugoslavia, Romania,
Polonia, Ungheria stanno tutti soffrendo queste politiche estremamente
discriminatorie. Intere famiglie scappano dai loro paesi nativi a causa dei
conflitti etnici e delle guerre civili e l'Italia nega loro i principali diritti
basici.
UNIRSI – Piazza Antonio Meucci, 18 – 00146 Rome - Italy.
UNIRSI president and ERTF Delegate Mr. Kasim Cizmic : e-mail:
unirsi@supereva.it
UNIRSI Secretary: Mr Balo Cizmic : e-mail: unirsi@supereva.it
Web site: www.unirsi.net
Di Fabrizio (del 28/02/2009 @ 09:25:05, in Europa, visitato 2163 volte)
Da
Roma_Francais
metrofrance.com - Photo : Vincent Michelon / Metro
Un muro di cemento di quattro metri d'altezza barra l'uscita della piccola
rue Pierre Degeyter, nel quartiere semi-residenziale e semi-industriale di
Haut-Montreuil. Dietro il muro si trova un terreno di 3.000 mq, proprietà del
Syndicat des eaux d'Ile-de-France (Sedif), messo a disposizione della città dal
1988. Succede che la municipalità ha lanciato a gennaio dei lavori al fine di
accogliere per undici mesi 160 Rom e 50 carovane, sinistrati dall'incendio di
rue Dombasle l'estate scorsa. "Il sindaco aveva iniziato ad installare l'acqua
prima che Sedif costruisse il suo muro", commenta un artigiano la cui
bottega confina col terreno. Per accogliere l'accampamento, i lavori prevedevano
ugualmente d'installare l'elettricità, come pure una sede distaccata di sanità,
finanziata dal consiglio regionale.
Un muro e procedure per direttissima
Ma il 28 gennaio, i giochi son fatti. André Santini, presidente di Sedif,
domanda a Montreuil di interrompere i suoi lavori, poi depone due referti,
rigettati dal tribunale amministrativo. Per andare più veloce, la Sedif ha fatto
edificare il suo muro di cemento. "La Città ha iniziato dei lavori su un terreno
che non le appartiene" si giustifica Philippe Knusmann, direttore generale di
Sedif. "Noi siamo a casa nostra, e la convenzione prevedeva un uso
esclusivamente sportivo. Inoltre, il terreno confina con installazioni sensibili
piazzate sotto il plan Vigipirate rosso". Secondo la Sedif, la presenza dei Rom
metterebbe in pericolo la sicurezza di tre serbatoi di 186.000 mq installati in
prossimità, che alimentano l'est parigino. L'argomento non è stato accolto dal
tribunale amministrativo di Cergy, che venerdì ha stimato che "il rischio
addotto non parrebbe reale", imponendo a Sedif un'ammenda di 1.500 euro. "Questo
terreno era aperto a tutti gli eventi", reagisce Alain Monteagle, consigliere
municipale (Verdi) delegato agli affari generali. "C'erano interventi della
polizia. i bambini rom sono più pericolosi per la sicurezza dei serbatoi
dell'aria?"
Negoziati
Al momento, la situazione resta bloccata. La giustizia non si è pronunciata
sulla costruzione del muro, obbligando il Comune ad iniziare dei dialoghi con il
sindacato dell'acqua. "I Rom sono in una situazione d'urgenza. Se si potesse
arrivare ad un accordo con la Sedif, tanto meglio", conferma Alain Monteagle "Si
potrebbe riflettere su un numero meno elevato di carovane su quel terreno. Ma
non ci siamo ancora".
L'installazione dei Rom, che si voleva provvisoria, non sembra imminente.
Pertanto, non è che un preludio ad una costruzione "permanente" nel
Bas-Montreuil. La Regione, che recisa di "non avere un ruolo nella scelta delle
località prese in considerazione", ha adottato a novembre una sovvenzione di
oltre 400.000 euro per costruire queste strutture d'alloggio e permettere
l'accompagnamento sociale dei Rom di Montreuil.
Vincent Michelon
Metrofrance. com, à Paris
Raporté par Denis Toulmé
denis.toulme@worldonline.fr
http://filsduvent.kazeo.com
Di Fabrizio (del 27/02/2009 @ 18:46:13, in Italia, visitato 3246 volte)
Ricevo da Roberto Malini
COMUNICATO STAMPA 27 febbraio 2009: LE AUTORITA' AVEVANO L'ORDINE DI
SGOMBERARE E DI SMEMBRARE LE FAMIGLIE
FOTO:
http://www.everyonegroup.com/downloads/pesaro25.zip
Gruppo EveryOne: "Abbiamo vissuto momenti tragici. Una donna è caduta a
terra. Madri e padri di famiglia in lacrime volevano darsi fuoco se avessero
tolto loro i bambini. Proibita la mediazione umanitaria ai nostri attivisti e
nessuna assistenza ai malati". Inatteso il raid della forza pubblica, perché
Sindaco e autorità si erano impegnati formalmente ad attuare un programma di
integrazione casa-lavoro
Nella mattina del 25 febbraio, a Pesaro, circa 20 tra agenti della
Polizia di Stato e della Polizia Locale sono intervenuti intorno
alle 7.00 in via Fermo 49, all'altezza della fabbrica dismessa dove da quasi un
anno si erano rifugiati 30 Rom romeni – tra cui pazienti cardiopatici
e oncologici dell'ospedale San Salvatore, molte donne e 9 minori,
compreso un bimbo di pochi mesi – con l'obiettivo di sgomberare lo stabile e
sottrarre tutti i minori ai genitori. "Siamo accorsi sul posto e abbiamo
assistito a scene strazianti" riferiscono gli attivisti del Gruppo EveryOne. "Madri
e padri erano in lacrime e i bambini terrorizzati. Gli agenti avevano
annunciato che i bambini sarebbero stati affidati ai Servizi Sociali e quindi
sistemati in una comunità. Solo le mamme, però, avrebbero potuto restare con
loro, mentre i padri sarebbero stati messi in mezzo alla strada". Nico
Grancea, uno dei più noti attivisti Rom in campo internazionale, faceva parte
della comunità "nomade" che viveva a Pesaro. "I poliziotti ci hanno detto che il
proprietario della fabbrica aveva denunciato l'occupazione dello stabile, ma
sapevano che il Sindaco e tutte le Istituzioni pesaresi erano al corrente della
nostra presenza nell'edificio, dove ci siamo rifugiati per sfuggire povertà e
intolleranza in Romania. Molte delle persone sgomberate si trovavano sotto la
tutela del Parlamento europeo, perché avevano denunciato di aver subito
gravi aggressioni, pestaggi e intimidazioni in Italia, sia da parte della Forza
Pubblica che di razzisti". Le autorità, però, non hanno ascoltato alcuna
ragione, nonostante Roberto Malini e Dario Picciau di EveryOne spiegassero
loro la delicata condizione di testimoni per l'Unione europea della comunità Rom
che veniva invece smembrata e sgomberata. "Il nostro Gruppo aveva ottenuto un
impegno formale da parte del Comune di Pesaro" proseguono gli attivisti, "che
garantiva un programma casa-lavoro. Il programma avrebbe dovuto iniziare
all'inizio di settembre 2008, ma è stato sempre rimandato. Il Messaggero e altri
quotidiani locali riportano le dichiarazioni del Sindaco e di alcuni Assessori,
riguardo all'impegno assunto dal Comune". Il Gruppo EveryOne aveva già
segnalato nomi, cognomi e caratteristiche della comunità Rom sia ai Servizi
Sociali che alle Autorità. Il locale Ospedale San Salvatore, quando è stato
informato della presenza di bambini, donne incinte e malati gravi, ha intrapreso
un programma di assistenza che ha assicurato cure mediche alle famiglie.
Disattesi i tempi in cui era previsto il progetto di inclusione e stremata dalla
povertà e dall'inverno, la comunità si trovava ora di fronte al dramma
umanitario contro cui si battono la Commissione europea, il CERD delle
Nazioni Unite e le organizzazioni internazionali per i diritti dei Rom: la
sottrazione di minori da parte delle autorità. "Le famiglie Rom fanno
dell'unione la loro stessa ragione di vita," spiegano gli esperti EveryOne, "e
in molti casi lo smembramento provoca tentativi di suicidio da parte dei
genitori. Negli anni dell'Olocausto, i nazisti conoscevano questo aspetto della
cultura Rom e infatti ad Auschwitz, a differenza delle famiglie ebree, quelle
‘zingare' venivano tenute unite nello ‘Zigeunerlager'. Quando padre, madre e
figli vengono separati, si creano situazioni di dolore e panico incontrollabili.
Durante l'operazione di polizia, una giovane donna è stramazzata a terra,
altre si lamentavano disperate, mentre una mamma nascondeva un coltello da
cucina in una piega della gonna e sussurrava che si sarebbe sgozzata se
l'avessero divisa dal marito. Nonostante il cordone di poliziotti, siamo
riusciti a comunicare con la comunità Rom, evitando il peggio". Non veniva
garantita libertà di movimento e comunicazione con gli altri attivisti
neanche a Nico Grancea, il giovane attivista protagonista di tante azioni a
tutela dei diritti dei Rom perseguitati, testimone e consulente per il
Parlamento europeo e organizzazioni internazionali per i diritti umani. "Mia
moglie aveva in braccio il nostro bimbo di quattro mesi," racconta Nico, "mentre
le altre madri erano terrorizzate da ciò che si stava prospettando. Gli
agenti non ci ascoltavano, non vedevano famiglie davanti a loro, ma una pratica
da sbrigare. Non conoscono lo spirito di sacrificio dei Rom. Non sanno che
tanti di noi erano vicini a compiere atti di autolesionismo irreparabili.
Alcuni meditavano di darsi fuoco se avessero diviso le famiglie. Non ci
avrebbero separati, avremmo protestato sacrificando le nostre vite. I miei amici
di EveryOne hanno capito perfettamente la gravità della situazione e ci hanno
aiutato con la loro esperienza di fronte a situazioni estreme, mentre gli agenti
non volevano riconoscere il loro ruolo di mediatori incaricati dal Parlamento
europeo". Per fortuna le madri Rom si organizzavano e riuscivano coraggiosamente
a sottrarsi alle forze dell'ordine, fuggendo con i loro piccoli. "Studio
l'Olocausto e le dinamiche delle persecuzioni da trent'anni," dice Roberto
Malini, "ho pubblicato libri e tenuto conferenze sull'argomento. E'
innegabile che vi sono precise attinenze fra gli anni delle leggi razziali e il
presente. La fuga delle madri Rom di Pesaro mi ricorda la famosa operazione
del Gruppo Westerweel, in Olanda, condotta da Mirjam Pinkhof – mia cara amica,
sopravvissuta alla Shoah – e altri attivisti, che misero in salvo numerosi
bambini ebrei". Alcuni membri della Commissione Ue e del Parlamento europeo
seguivano con ansia le vicende di Pesaro, in contatto con EveryOne. "Mentre
si svolgevano i fatti, abbiamo tenuto un canale di comunicazione aperto anche
con alcuni deputati e senatori italiani, oltre che con la Procura della
Repubblica di Pesaro e Urbino" prosegue Matteo Pegoraro. "Il timore di tutti
era che l'operazione di polizia degenerasse in tragedia. Malini, Picciau e
Grancea, però, hanno esperienza da vendere e non è certo la prima volta che
EveryOne si trova in situazioni tanto difficili. Ora che però l'azione è
compiuta, sono necessarie prese di posizione anche da parte del mondo
politico, e alcuni deputati radicali mi hanno confermato la volontà di
presentare un'interrogazione parlamentare sull'intera vicenda".
"Non capisco perché le Istituzioni e le Autorità non ci abbiano contattati,
prima di attuare un'azione del genere" si chiede Dario Picciau. "Mentre si
svolgevano i fatti, ero in contatto telefonico con la parlamentare europea
Viktoria Mohacsi, mentre le principali ONG europee si prodigavano per
organizzare una task-force a sostegno della comunità Rom. Non possiamo criticare
gli agenti, che hanno obbedito agli ordini e non hanno considerato, poiché non
vi erano tenuti, la vulnerabilità delle famiglie nonché le loro condizioni di
salute fortemente precarie e la paura di ognuno, dettata da tanti episodi di
intolleranza. Non riusciamo a capire, però, che bisogno c'era di inviare 20
agenti armati con volanti e un furgone anziché risolvere la contingenza intorno
a un tavolo, con politici, autorità e attivisti. Viktoria Mohacsi, altri
europarlamentari e alcuni dei principali esperti europei di cultura e vita del
popolo Rom erano pronti a partecipare personalmente all'eventuale tavola
rotonda".
Domenica 22 febbraio Canale 5 aveva inviato alla fabbrica di via Fermo a
Pesaro una troupe, condotta dal giornalista Mimmo Lombezzi, per un servizio
sulla condizione dei Rom in Italia da mandare in onda nella puntata di martedì
24 febbraio: Grancea e diversi Rom hanno raccontato alle telecamere il grado
di persecuzione che sono costretti a subire quotidianamente, l'atteggiamento
delle forze dell'ordine nei loro confronti, la segregazione in cui sono tenuti,
l'azione delle ronde di pulizia etnica, che commettono gravi abusi sui Rom
profittando del clima di intolleranza. Un uomo aveva mostrato alle telecamere
di Canale 5 i lividi ancora evidenti sul corpo per un pestaggio subito ad Ancona
il 15 febbraio, il giorno dopo l'offensiva di violenza xenofoba scoppiata in
Italia in seguito allo stupro al parco romano della Caffarella.
Un dossier sui fatti di Pesaro è stato consegnato al Parlamento
europeo, alla Commissione e al Consiglio Ue, alla Corte Internazionale dell'Aja,
al CERD (Comitato anti-discriminazione delle Nazioni Unite) e all'Ufficio Legale
Europeo per i Diritti dei Rom, in relazione ai gravissimi danni che hanno
cagionato alla comunità Rom i mancati interventi di assistenza e la mancata
realizzazione del programma di integrazione garantito dal Comune di Pesaro.
Per ulteriori informazioni:
Gruppo EveryOne
www.everyonegroup.com
:: info@everyonegroup.com
Mobile: +39 334 8429527 - +39 331 3585406
Di Fabrizio (del 27/02/2009 @ 09:25:05, in casa, visitato 2111 volte)
Da
Roma_Daily_News
ISTANBUL, 24/02/2009 - I residenti di
Sulukule che sono spinti ad allontanarsi dalle loro case dalla Municipalità
di Fatih ad Istanbul, hanno ottenuto un'udienza per dar voce alle loro
preoccupazioni.
Oltre 20 residenti hanno reiterato di essere stati trattati in maniera
ingiusta dalla Municipalità di Fatih, nel suo piano di sviluppo di un'area ad
alto valore immobiliare.
Il progetto di rinnovamento urbano di Sulukule ha lo scopo di bonificare uno
dei quartieri più poveri di Istanbul di cui è una significativa area storica. I
residenti di Sulukule sono soprattutto Rom poveri che vivono in appartamenti in
affitto.
La maggior parte dei residenti hanno ottenuto sussidi governativi per case
popolari a Taşoluk, che costano 750 lire turche di iscrizione ed affitti
mensili di 320 lire turche, esclusi gas, elettricità e fatture dell'acqua.
Bassi redditi
Il 50% dei residenti ha redditi mensili inferiori a 500 lire, secondo Neşe Ozan,
portavoce di un'organizzazione d'appoggio chiamata La Piattaforma di Sulukule.
"Per poter vivere in queste case ha bisogno di un reddito di almeno 1.000 lire,
che questa gente non ha", dice Ozan. Dato che la maggior parte dei residenti non
può permettersi di abitare nelle case di Taşoluk, sono inadempienti ed
hanno occupato case più grandi.
E questi sono i fortunati. Circa 100 famiglie rimangono in un limbo
burocratico non avendo garantito il diritto di traslocare a Taşoluk, mentre
rimane l'incertezza su quando le loro case a Sulukule verranno demolite. Queste
famiglie stanno chiedendo che venga chiarito il loro status.
Mustafa Ustaoğlu, capo del dipartimento di progetto della Municipalità
di Fatih, ha detto di aver ascoltato le preoccupazioni dei residenti di Sulukule,
e passerà il rapporto ai suoi capi. Ustaoğlu ha anche promesso alle 100
famiglie in attesa che verrà notificato loro entro la fine della settimana la
loro qualifica di assistenza governativa.
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