Di Fabrizio (del 17/11/2009 @ 09:48:19, in Italia, visitato 1667 volte)
martedì 24 novembre 2009 alle 21.00
Sala del Consiglio della Circoscrizione n.3 - via D'Annunzio, 35 -
Monza
Da secoli sono parte integrante della storia urbana e rurale del nostro
Paese. Li chiamiamo con diversi nomi: zingari, nomadi, rom, sinti, caminanti,
yenish. Negli ultimi anni la loro presenza è diventata uno dei principali temi
di dibattito e mobilitazione nella vita politica, soprattutto a livello locale.
I Comuni sono chiamati a realizzare politiche sociali e abitative, e spesso non
sanno cosa fare. Tentate dalla demagogia, incalzate dai media, le
amministrazioni sovente non conoscono esperienze già attuate in altre città e di
cui è stata valutata l’efficacia. Nel volume vengono esaminati aspetti storici,
culturali e sociologici dei differenti gruppi zigani e vengono descritte le
linee di politica progettate dall’Unione Europea. Sono poi esposte nel dettaglio
le politiche sociali, sanitarie, educative, del lavoro e, in particolare,
abitative realizzate verso i nomadi in diverse realtà italiane. Dall’insieme
emerge come, se programmate e negoziate con i rom e i sinti, politiche locali
che affrontano i problemi e le contraddizioni e rispettano i diritti di tutte le
parti in gioco sono possibili.
Intervengono:
Tommaso Vitale è ricercatore di Sociologia presso l'Università di Milano
Bicocca dove insegna Scienza politica e Sviluppo locale, ed è membro del
comitato di redazione della rivista “Partecipazione e conflitto. Rivista
italiana di studi sociali e politici”. Conduce ricerche sui conflitti urbani,
sulla governance dei processi di conversione industriale e sulla programmazione
dei servizi sociali. Fra le sue pubblicazioni più recenti: Le convenzioni del
lavoro, il lavoro delle convenzioni (2007, con V. Borghi), In nome di chi?
Partecipazione e rappresentanza nelle mobilitazioni locali (2007); I rom e
l’azione pubblica (2008, con G. Bezzecchi e M. Pagani).
Laura Di Martino è membro dell'ARCI "Blob" di Arcore.
13/11/2009 - La polizia in Romania ha ricercato a casa e trattenuto 12
persone, sospettate di trafficare sistematicamente mendicanti rom verso la
Finlandia.
Investigatori finlandesi e rumeni hanno lavorato assieme sin dall'estate
scorsa per confermare i sospetti che ci sia il crimine organizzato dietro il
flusso costante di componenti della minoranza rom verso le strade delle città
finlandesi (leggi anche
QUI ndr).
Alla fine di ottobre, le autorità di Helsinki hanno iniziato a smantellare le
baraccopoli e gli accampamenti illegali costruiti dai mendicanti rumeni.
Le baraccopoli nei quartieri Kyläsaari e Kalasatama di Helsinki sono state
abbattute, mentre almeno un container usato come riparo è stato trasportato via.
Molti degli allontanati dal campo di Kalasatama hanno lasciato il paese
all'inizio di novembre. Solo in quattro hanno detto di voler restare in città.
Una donna di una cinquantina di anni è stata fermata questo pomeriggio una
quarantina di minuti dopo avere rapito una bambina romnì di tre anni, davanti ad
un negozio in Francia (Ostricourt ), secondo quanto dichiarato dalla polizia.
La bambina romnì chiedeva l'elemosina con sua madre, verso 15,30, quando è stata
avvicinata e poi rapita da una signora in un'automobile.
La madre, testimone della scena, ha allertato, terrorizzata, la direzione di un
centro commerciale, che ha avvertito le forze dell'ordine, ha spiegato un
ufficiale della gendarmeria.
"Le plan épervier" ( sistema di allerta per le scomparse, ciò che precede
l'allerta diffusa tramite i mass media "allerta di rapimento (AMBER ), è stato
lanciato subito.
Centinaia di agenti, disponendo del connotato del veicolo, sono state mobilitati
per sorvegliare il traffico stradale nella regione.
Le forze dell'ordine belga sono state anche esse allertate. La rapitrice è stata
poi individuata in un altro negozio di Ostricourt. A causa della rapidità con
la quale la bambina è stato ritrovata, le autorità non hanno avuto il tempo di
lanciare la procedura di allerta di rapimento (AMBER).
La gendarmeria non dispone ancora di elementi sulle motivazioni del rapimento.
Questa è la prima notizia sul rapimento lanciata sui media francesi; ad essa
è seguita una seconda nota delle forze dell'ordine francesi, che comunica che la
signora è stata prontamente rilasciata, con la motivazione che in realtà non c'è
stato alcun rapimento ma un malinteso atto di generosità.
La donna infatti, di cui non è stato divulgato il nome, ha dichiarato di aver
chiesto alla madre della piccola romnì il permesso di portarla con sé solo "per
un po'", per offrirle qualcosa da mangiare e per regalarle un giocattolo. Può
anche darsi che sia così, anche perché la madre della bambina non comprende una
sola parola di francese. Nonostante questo però non si spiega perché la donna
abbia portato via la piccola in automobile. E a parte questo, su questa vicenda
resta sospesa una domanda: cosa sarebbe successo, se a portare via con sé una
bambina, con le identiche motivazioni, fosse stata una donna romni?
e una riflessione dai dati della Cei:
12 novembre 2008 Dossier Cei: Gli zingari non hanno mai rapito un bimbo in Italia
Il sito internet dell'associazione «Troviamo i bambini» segnala tutti i bambini
scomparsi in Italia e nel mondo. Spulciando fra le pagine web, le parole «rom» o
«zingaro» compaiono un numero infinito di volte. Si parla dei bambini rom
venduti, di quelli costretti a mendicare. Ma anche di piccoli italiani rapiti
dagli zingari. In un'intervista a la Padania di qualche mese fa, Cora Bonazza,
dell'associazione, ha dichiarato: «Non vogliamo dire che tutti i rom sono dediti
al rapimento, ma il problema esiste. Abbiamo ricevuto segnalazioni di rom che si
aggirano fra i supermercati, dove i bambini piccoli siedono esposti sul carrello
della spesa. Basta un attimo di distrazione della madre, e il piccolo sparisce».
Ammesso e non concesso che i rom vadano al supermercato per rapire bambini e mai
per fare la spesa, il mito della zingara rapitrice affonda le radici nella
storia dei tempi. Ancora oggi, negli anfratti più nebbiosi della campagna
veneta, le anziane minacciano i nipotini disobbedienti: «Ti faccio portar via
dagli zingari». Molto più grave, è stato proprio un caso di presunto rapimento
di bambino ad opera di una piccola rom a scatenare la furia e i roghi di
Ponticelli. Eppure, mito e realtà discordano. Ieri mattina, ai microfoni di
Radio Vaticana, è stata presentata una ricerca sulle «zingare rapitrici»:
promosso dalla fondazione Migrantes della Conferenza Episcopale italiana, lo
studio è stato commissionato all'Università di Verona (la città del sindaco
leghista Tosi, condannato dal tribunale per «propaganda di idee razziste»).I 29
casi di presunti rapimenti di bambini gagè (come i rom chiamano i bambini non
rom) e gli 11 casi di sparizioni di bambini vanno dal 1986 al 2007, e nessuno di
questi annovera il coinvolgimento di rom nel rapimento. L'analisi, condotta
avvalendosi anche dell'archivio dell'Ansa e dei fascicoli dei Tribunali,
riporta: «Nessun esito corrisponde ad una sottrazione dell'infante
effettivamente avvenuta, ma si è sempre di fronte ad un tentato rapimento, o
meglio, ad un racconto di un tentato rapimento». Sei casi fra quelli analizzati
hanno portato all'apertura di un procedimento penale contro un rom, ma i
risultati sono stati «sempre negativi». Non solo: «Questi bambini sono stati
vittime di una violenza brutale tutta interna ai contesti in cui vivevano». Come
nei casi di violenza sulle donne, quasi sempre il mostro è fra le mura
domestiche, non al supermercato, o ai giardinetti. La ricerca non perdona
neanche i media, colpevoli troppo spesso di «generare confusione» nel puntare il
dito contro i rom, senza poi dar rilievo alla notizia dell'assoluzione degli
accusati (esempio lampante, quello di un presunto tentato rapimento a Catania lo
scorso maggio, poi sconfessato in sede di tribunale).«Un risultato sorprendente,
anzi sconcertante», dichiara monsignor Saviola. E aggiunge: «Non dico che i
provvedimenti del governo siano contro questi valori, ma vorrei sottolineare una
maggiore attenzione verso questi problemi».La deriva xenofoba prende piede in
tutta Europa. L'altro ieri in Ungheria due rom sono stati uccisi a fucilate
nella loro casa (data alle fiamme) durante un raid razzista. Il presidente del
consiglio nazionale dei rom e il presidente della Fondazione dei diritti civili
dei rom hanno denunciato l'ondata di razzismo dilagante. Perseguitare i popoli
in Europa non è mai passato di moda.
Per vostra conoscenza ed informazione, trascriviamo di seguito la lettera che
un gruppo di giovani gitani spagnola ha inviato al Consiglio d'Europa,
lamentandosi per la marginalizzazione degli artisti gitani in un contesto
culturale dedicato precisamente ai gitani spagnoli ed all'arte Flamenco.
SILVIA RODRIGUEZ Responsable de Comunicación de la Unión Romaní
Robert Palmer
Consejo de Europa
Dirección de Cultura y Patrimonio Cultural y Natural
PO Box 431 R6
Avenue de l'Europe
STRASBURGO Cedex
F-67075 Francia Robert.PALMER@coe.int
Spagna, 5 novembre 2009
Stimato Signor Palmer,
Siamo un gruppo di cittadini romanì spagnoli (gitani) ed utilizzatori del
Foro de la Cultura Kali (cultura gitana/romaní spagnola) di Internet e vogliamo
manifestare quanto segue:
Le nostre congratulazioni ed il nostro appoggio per la recente messa in
marcia della Ruta Europea de la Cultura y el Patrimonio Cultural de los Roma/Gitanos.
Siamo sicuri che questa iniziativa renderà possibile il miglioramento
dell'immagine sociale del Popolo Gitano d'Europa e contribuirà al
miglioramento delle relazioni interetniche nelle nostre società.
Assieme a questo, dobbiamo manifestare la nostra sorpresa ed
indignazione per la scelta di due artisti di origine etnica non-gitana/romanò
per rappresentare la cultura gitana/romanì di Spagna. E' questa, ci permetta
di esprimere il nostro sincero parere, una frode al pubblico ed
un'ingiustizia per la nostra cultura ed i nostri artisti.
In Spagna c'è un'enorme moltitudine di artisti etnicamente gitani/romaní,
che ogni giorno contribuiscono al sostentamento ed all'incremento del nostro
patrimonio culturale e che sono realmente quanti lo hanno generato. E'
ingiusto che li si releghi e che non si riconosca il loro enorme apporto non
solo al contesto culturale romaní, ma anche all'insieme della cultura
spagnola ed europea.
La cultura gitana spagnola ed i suoi musicisti hanno apportato al mondo
il flamenco, la rumba catalana ed un'enorme varietà di musiche attuali. Si
può affermare che la musica spagnola si sostiene grazie all'apporto romaní.
Il razzismo antigitano opera ancora nella nostra società in maniera tale
che malgrado la rilevanza artistica dei nostri musicisti, la critica non
riconosce loro il rispetto che meritano. Incluso quei supposti critici
musicali che negano l'apporto romaní/gitano alla creazione della musica
spagnola per antonomasia: il flamenco. Questo, anche se risulta
sorprendente, è abituale ed ha come conseguenza la maggior promozione di
artisti di flamenco di origine etnica payo (non-gitana), anche quando la
loro categoria artistica sia inferiore ad altri artisti, questi sì, gitani,
che rimangono relegati oppure esclusi dai circuiti commerciali della musica.
Ci aspettiamo da lei che prenda le decisioni opportune per evitare che in
seguito si ripetano episodi come quelli riportati, che discreditano davanti la
cittadinanza romaní europea l'istituzione che lei dirige e che danno fiato alla
sopravvivenza del più disprezzabile tra i mali sociali, il razzismo. Siamo
convinti che la Ruta Europea de la Cultura y el Patrimonio
Cultural de los Roma/Gitanos sarà un referente nell'attuazione della promozione
della nostra cultura, però si deve evitare che si converta in uno scandalo della
ragione e che serva solo perché gli artisti gachós (non-romaní) vivano a lato
della vera cultura romaní come, disgraziatamente, è successo tanto volte nel
passato e continua a succedere.
Per terminare, vogliamo manifestarle la nostra piena disposizione a
collaborare con la Direzione della Cultura del Consiglio d'Europa per risolvere
questo tipo di inconvenienti.
Te del o Del but baxt aj sastipen! ¡Salud y libertad!
Nicolás Jiménez Sociólogo 50.953.756 Q
José María Martínez Picón Psicólogo y Técnico de Intervención Social 23.031.596 V
Miguel Fernández Rodríguez Delineante 72.521.118 W
Antonio R. Fernández Rodríguez Pastor Evangélico 74.187.266 F
Vicente Rodríguez Fernández Realizador cinematográfico 53.722.745 N
Carmen Cabanillas Vázquez Vendedora 23793421 J
Ricardo Moreno Aguilera 28684349 Z Conductor gruista
Carlos Muñoz Nieto 50961322 Autónomo
Ramón Vázquez Salazar 28604888 H Realizador audiovisual
UNION ROMANI Dirección Postal/Postal Address: Apartado de Correos 202 E-08080 BARCELONA (Spain)
Ogni tanto ho il sospetto che tra i lettori ci siano anche degli
"intellettuali". Da dove nasca il sospetto... non lo so, ma questo post è
dedicato a loro. Una serie di libri sui rom da scaricare (per lo più in formato
.pdf) gratuitamente. La segnalazione arriva da
Roma_Daily_News. Per oggi riposo, dato che i libri segnalati sono in
inglese, non sto neanche a tradurvi il tutto, basta che clicchiate sull'immagine
qui sotto
La comunità rom beinaschese è una piccola comunità composta da una trentina
di persone. Oggi vivono in una nuova area, inserita, vista la vicinanza al fiume
Sangone, nelle aree protette della fascia del Po.
Lasciato il vecchio campo, situato dietro il cimitero, oggetto di esproprio da
parte della Provincia di Torino, la comunità ha occupato il nuovo campo situato
nel Parco del Sangone, in prossimità della rotonda dei Dragoni, dove nascerà la
nuova circonvallazione, nei pressi degli orti urbani.
La nuova sistemazione della comunità è su un terreno di proprietà comunale di
1300 metri quadrati, opportunamente attrezzato e suddiviso in sei sotto aree.
Una per ognuna delle sei famiglie rom. Vi si sono trasferiti nell’aprile 2009.
In quattro giorni fecero il trasloco dal vecchio campo, situato su un terreno di
loro proprietà, al nuovo campo comunale. Sono inseriti in un progetto culturale
e sociale che fa capo al Cidis e che coinvolge anche i comuni di Rivalta e
Orbassano. A fare da mediazione la cooperativa San Donato di Torino che, oltre a
seguire l’intero progetto, ogni due mesi relaziona al comune.
Gabriella Scaperotta è la mediatrice culturale che segue il progetto e il campo
beinaschese. «Il trasferimento non è stato facile per loro – dice - Nel vecchio
campo si sentivano a casa loro, questa è proprietà del Comune. Devono rispettare
le regole che fanno parte del progetto. Inoltre il 21 ottobre dell’anno scorso è
morto Hamia Suleymanovic, il loro capo clan. Oggi le famiglie sono un po’
spaesate, manca loro una figura di riferimento».
C’è un vero e proprio programma di inserimento scolastico. Tutti i bambini vanno
a scuola regolarmente: tre bambini frequentano la materna, sei le elementari,
due le scuole medie, gli altri sono tutti piccolissimi. Gabriella Scaperotta è
entusiasta. «Siamo fieri, tutti i bambini vanno a scuola e sono ben inseriti.
All’inizio, nel 2007, qualche problema c’è stato. Il risultato raggiunto è
ottimo. Avere due ragazze che frequentano le scuole medie, regolarmente,
recandosi da sole a scuola, arrivando tutti i giorni puntuali, è per noi un
successo inaspettato. Una ragazza ha quindici anni. Per i rom quindici anni è
l’età in cui ci si sposa, non in cui si va ancora a scuola. Poi certo a scuola
l’integrazione non è totale. Alle feste di compleanno a casa i bambini rom non
vengono invitati, ma loro non ci fanno caso. A parte questo Beinasco è
sicuramente un comune all’avanguardia, da cui prendere esempio. Qui, su questo
tema, siamo avanti, molto avanti». C’è un progetto in cui Beinasco è addirittura
comune pilota in Italia: il Coi, progetto sulla salute orale nei campi nomadi.
Il rapporto con l’autorità, rappresentata dalla polizia municipale beinaschese,
è ottimo. Kemal, venticinque anni, padre di tre bambini, è sposato con
Elisabetta: «Ah sì, Sergio, lui viene spesso a trovarci. E’ bravo». Gabriella Scaperotta: «Sergio è
Sergio Florio, comandante della polizia municipale. E’ per
loro una figura molto importante è una persona che sa ben rappresentare la legge
ma mettendoci un forte lato umano. Loro lo rispettano ma lo considerano un
amico. Quando viene qui sgrida i ragazzini che combinano guai e loro lo
ascoltano. E’ importante, molto importante».
Il campo ha delle regole precise da seguire. «Una specie di regolamento
condominiale. Se seguono le regole bene, altrimenti fuori » aveva affermato
perentoriamente Bruno Guarnieri, vicesindaco e assessore al sociale della
vecchia amministrazione. La pulizia del campo, l’inserimento scolastico dei
bambini, il non arrecare disturbo alla popolazione locale, l’obbligo di
vaccinazioni, un progetto di consultorio familiare. Il campo è ben organizzato e
pulito. Le sei famiglie che vi vivono, complessivamente trenta persone, di cui
una ventina di minori e dieci adulti, hanno ognuna il loro spazio delimitato da
una blanda recinzione, la propria roulotte, il proprio punto acqua. Esistono poi
gli spazi collettivi: un lavatoio per le stoviglie, un rubinetto d’acqua per
lavare i panni, due bagni chimici, cinque bidoni per la raccolta di rifiuti, un
generatore di corrente per illuminare il campo la sera.
I panni puliti stesi ai fili della recinzione, i piatti insaponati sul lavatoio,
addirittura il tavolino all’esterno della roulotte con il vassoio e le tazzine
con il caffè.
Kemal è uno dei capofamiglia: «Abbiamo girato tanti posti ma a Beinasco ci
troviamo bene, ci sentiamo accolti, ben integrati. Io voglio vivere sempre qui
nel campo, meglio qui che sulla strada. Ci sentiamo più sicuri. Non voglio una
casa. Per noi rom il campo è la libertà. La gente qui è abbastanza gentile.
Qualcuno si spaventa quando ci vede. Li capiamo, siamo abituati. Ma hanno
accolto bene i nostri bambini, questo per noi è molto importante. Non voglio
andare via. Quello che ci manca di più sono le docce e la luce, la sera qui è
tutto buio. Il generatore funziona per due o tre ore poi siamo immersi nel buio
totale del bosco».
Gli fa eco una bella ragazza giovane, vestita in maniera moderna: gonna di
jeans, maglietta viola, Patrizia è una ragazza decisa, guarda avanti. E’ una
delle poche ad avere la cittadinanza italiana. E’ seduta al suo tavolino, fuori
dalla roulotte, dove prende il caffè: «Per me è importante la cittadinanza. Io
voglio essere cittadina italiana. Ho combattuto per averla per me e per le mie
figlie. Non abbiamo precedenti. E’ importante avere i nostri diritti. Le mie
figlie vanno a scuola. Il mio sogno? Una casa. Un giorno forse riuscirò ad
esaudirlo. Non voglio vivere per sempre qui».
Arifa è la donna più anziana che vive nel campo. Oggi è vedova, suo marito è
morto quattro anni fa. E’ la mamma di quattro figli maschi che vivono tutti nel
campo. Kemal è uno di loro. Ha una bella casa-roulotte che tutti le invidiano.
Già, perché anche qui c’è chi ha la casa più grande e più bella e chi non ha
neanche la porta nella roulotte.
Se la questione nomadi inizialmente è nata per il discorso sicurezza oggi si è
estesa al discorso spese. Il campo ha avuto dei costi per la sua creazione, ci
sono dei costi annuali. A seguito della stipula dell’accordo di programma tra i
comuni di Beinasco, Rivalta, Orbassano, il Cidis e la cooperativa Sociale San
Donato hanno richiesto dei finanziamenti regionali.
Sono stati finanziati: il progetto “Tante Culture” (tavolo di lavoro per azioni
di integrazione sociale e culturale della popolazione rom) dal settembre 2007 al
giugno 2008 per un contributo totale di 25mila euro; il progetto “In-Legale”
(interventi per l’integrazione culturale e lavorativa dei soggetti rom) per 12
mila euro; il progetto “Rom in Comune” (interventi a favore delle popolazioni
zingare quali tutela minori, sostegno alla genitorialità e prevenzione della
devianza minorile). Il Comune ha inoltre approvato un progetto autonomo per
“Accompagnamento sociale all’abitare rivolto ai nuclei familiari Rom” redatto
dalla cooperativa San Donato con uno stanziamento presunto di 12.700 euro. I
costi del progetto previsti sono di 205 mila euro, di cui il 77% sarebbe stato
finanziato dal ministero e il 23%, pari a 47mila euro, dai comuni. I costi per
interventi strutturali sono stati invece pari a 20.900 euro per la prima
sistemazione, e 53.350 per la seconda sistemazione.
L’interrogazione consiliare presentata dall’opposizione è proprio sui contributi
al campo nomadi. In particolare sul noleggio dei wc chimici. Proprio per questo
si sta valutando la possibilità di realizzare un blocco di servizi che
comporterebbe una spesa di 15 mila euro.
Rosalba La Fauci: «Dalle cifre fornite dagli uffici del Comune emergono
contributi regionali e provinciali (60 mila euro circa) già impegnati per
interventi a progetto.
Risultano ulteriori 107.850 euro spesi da questa amministrazione. Rapportato
alle trenta persone che occupano il campo sono una cifra pro-capite non
indifferente. Se poi raffrontiamo questa spesa all’impegno finanziario che
questa amministrazione dimostra alle famiglie che stentano ad arrivare a fine
mese, alle associazioni di volontariato e ai Centri di ascolto che operano sul
nostro territorio, vediamo che non corrisponde neanche ad un terzo per tutta
Beinasco. Ricordiamo che questo è accaduto grazie a una sconsiderata politica
integrativa che allo sgombero ha preferito sanare una situazione inaccettabile,
che grava oggi sulle tasche dei cittadini e che ancora oggi, dopo anni, non
risulta essere regolata in maniera da garantire il rispetto dei diritti e dei
doveri così come richiesto a tutti gli altri abitanti di Beinasco».
Replica il sindaco Maurizio Piazza: «Tralasciando la demagogia, il Governo
centrale ha messo milioni di euro in finanziamenti non per abbattere i campi
nomadi ma per regolamentarli. Noi seguiamo delle direttive centrali. Le linee
sono di regolamentare anche a fini igienico-sanitari. Il presidente del
consiglio in una sua ordinanza nomina i prefetti commissari in questa materia.
Ecco perché la maggior parte delle spese sostenute sono finanziate. Oltretutto
noi siamo convinti di quello che facciamo ed evitiamo strumentalizzazioni.
Stiamo anche predisponendo un vero e proprio regolamento. Dire che spendiamo più
per i rom che per le famiglie di Beinasco vuol dire vivere su un altro pianeta,
non conoscere la realtà della città, dire un mare di bugie. Non stiamo togliendo
nulla alle famiglie beinaschesi, stiamo integrando una comunità che fa parte di
una minoranza etnica. E siamo orgogliosi dei risultati raggiunti a livello di
inserimento. Tutto il resto sono bugie, le solite bugie. Beinasco è il primo
comune in assoluto per quel che riguarda le borse lavoro. Ma dove vivono?».
In centinaia vengono cacciati dalla ex fabbrica della
Heineken in via dei Gordiani. 150 persone, molte donne e bambini. Dalle 8 del
mattino circondati dalle forze di pubblica sicurezza e caricati sui camion per
tornare in Romania. Anche questo è il "piano nomadi" dell'amministrazione
Alemanno. Interferenze Rom è tutta dedicata a quanto accaduto. Dirette,
interviste e il dibattito fra gli ascoltatori.
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