Rom e Sinti da tutto il mondo

Ma che ci fa quell'orologio?
L'ora si puo' vedere dovunque, persino sul desktop.
Semplice: non lo faccio per essere alla moda!

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Conoscere non significa limitarsi ad accennare ai Rom e ai Sinti quando c'è di mezzo una disgrazia, ma accompagnarvi passo-passo alla scoperta della nostra cultura secolare. Senza nessuna indulgenza.

La redazione
-

Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 12/09/2008 @ 09:11:59, in musica e parole, visitato 1944 volte)

Dal 16 al 28 settembre al Teatrolospazio di Roma, Via Locri 42/44
Tel.+39 0677076486 +39 392 9583409 ; info@teatrolospazio.it

Questo spettacolo è nato dall’incontro di due "ex ragazze dell’Est", l’attrice Dijana Pavlovič e la regista Tatiana Olear. Riflettendo insieme sulle esperienze vissute direttamente o sui racconti di amiche e conoscenti, nella diversità dei destini e dei percorsi hanno ritrovato molti punti in comune, che hanno a che fare con la situazione di stranieri in una diversa società. Ciò che accomuna le diverse esperienze è il punto di vista, mai "interno", e il costante dubbio: abbiamo fatto bene a emigrare? Come sarebbe stata la nostra vita altrove? Con cosa possiamo identificarci? Chi siamo? Intorno a cosa si struttura la nostra identità? Intorno a una qualche ideologia? A una fede religiosa? Alla nostra professione? A ciò che facciamo nella vita?

Queste riflessioni hanno trovato un esito nel testo Una ragazza d’oro (premio speciale della IV edizione del premio letterario nazionale "Lago Gerundo"), scritto da Tatiana Olear. È la storia di una bambina, poi ragazza, poi donna zingara, un’estranea persino nel suo paese d’origine (il personaggio è interpretato da Dijana Pavlovič). In una rapida sequenza di dieci quadri la osserviamo in paesi, contesti sociali, circostanze biografiche diverse: in una repubblica socialista al momento della morte del leader politico, in un giovane paese democratico piombato in piena e drammatica crisi economica che sfocia in una sanguinosa guerra civile e infine in un paese europeo, sotto il timore del terrorismo islamico. Oltre che una migrazione nello spazio e nel tempo, quello di Zlata (tradotto, il suo nome significa "ragazza d’oro") è anche un viaggio interiore alla ricerca della propria identità e del senso della vita. I suoi "momenti di verità" avvengono grazie ad alcuni significativi incontri con persone, che per lei diverranno figure di riferimento nella vita.

Lo spettacolo ha debuttato nel 2006 al teatro Zazie di Milano diretto dall’autrice. Nel 2007 ne sono stati rappresentati alcune scene in occasione della presentazione del libro, pubblicato da Apollo e Dioniso Edizioni alla biblioteca comunale di Dergano-Bovisa a Milano, grazie al prezioso sostegno del centro culturale "Tenda" di Milano, che promuove gli autori stranieri di recente emigrazione in Italia.

Scritto e diretto da Tatiana Olear
Con Dijana Pavlović
E con Ambra D’Amico, Nicola Ciammarughi e Tatiana Olear
Musiche originali di Nicola Ciammarughi e Tatiana Olear,
eseguite da Karina Arutyunyan, Nicola Ciammarughi, Tatiana Olear e Dijana Pavlović

L’autrice
(Tatiana Olear – ebrea russa, ex attrice del Teatro Maly di Lev Dodin, con cui si è diplomata all’Accademia d’Arte Drammatica di San Pietroburgo e in cui spettacoli Gaudeamus, Claustrofobia, Giardino dei ciliegi ha avuto parti rilevanti. Dal 1996 vive in Italia lavorando come attrice, regista, autrice di testi teatrali e adattamenti. Insegna alla Scuola Civica d’Arte Drammatica Paolo Grassi, conduce i workshop di recitazione e regia al Royal National Theatre di Londra e al Abbey Theatre di Dublino.)

Quando tre anni fa stavo scrivendo Una ragazza d’oro, la mia intenzione era parlare della crisi d’identità di una persona che vive nel mondo postmoderno. Nei tempi torbidi ed incerti, quando molte sicurezze tradizionali sono venute a mancare, cosa ci è rimasto per descrivere la nostra personalità? Quando cominciano a crollare imperi ed ideali, imperversano flussi migratori e guerre civili, tornano in auge religioni, disoccupazione e miseria costringono a cambiar mestiere e il cuore sceglie nuovi compagni e compagne per la vita? L’elenco di aggettivi con cui ci definiamo s’allunga a dismisura e a volte contiene le voci del tutto contraddittorie. Eppure rimane un nocciolo, un nucleo, un qualcosa che ci fa distinguere tra milioni di altre creature che popolano questo pianeta. La mia decisione di far diventare la protagonista un’immigrata era dovuta al fatto che si trattava di un percorso che conoscevo e potevo descrivere con precisione e onestà. Il fatto che fosse una zingara doveva rafforzare la metafora di una vita al di fuori degli schemi. Volevo raccontare la transizione del mondo tradizionale a quello postmoderno. Volevo raccontare la storia della mia generazione.

Due anni fa avevo messo il testo in scena a Milano con Dijana Pavlović, un’attrice rom serba nei panni della protagonista Zlata, la zingara nata in un paese comunista, il cui nome in traduzione vuol dire "una ragazza d’oro". Lo spettacolo fu accolto dal pubblico e dalla critica con simpatia e commozione. Molti tra gli spettatori (non necessariamente immigrati) si riconoscevano almeno in parte nella travagliata vicenda della ragazza alle prese con il continuo reinventarsi la vita.

Pochi giorni dopo la fine delle repliche scoppiò "l’emergenza rom", alla quale seguì purtroppo una crescente ondata di xenofobia. Dijana Pavlović divenne una mediatrice culturale e, proprio come il suo personaggio, entrò in politica. Stimo immensamente l’energia e la passione che mette nel difendere coloro che sono stati meno fortunati di noi.

Dopo due anni riprendo questo spettacolo che per me ha acquistato un significato nuovo. Ora la questione dell’identità che ponevo prima, mi sembra quasi ridicola. Se tre anni fa non trovavo le parole per definire chi sono, ora mi sembra che una definizione per me, Dijana e molti altri sia stata trovata: siamo stranieri, siamo altri, siamo "loro".

Non avrei mai pensato di ricominciare a ragionare in termini "noi" e "loro". Non pensavo più di dover mai dire ciò che sto per dire adesso. Riprendo questo spettacolo per ricordavi che non siamo dei mostri. Siamo solo persone in balia dei grandi venti della Storia. Il mondo ci costringe a cambiare eppure rimaniamo sempre quelli di prima. Ognuno di noi ha un singolare cammino alle spalle, una propria storia, spesso per niente facile, a volte tragica. Siamo persone. Siamo tutti esseri umani.

L’attrice protagonista
( Dijana Pavlović – romnì serba, si è diplomata come attrice alla Facolty of Dramatic Arts di Belgrado. In Italia dal 1998 ha lavorato come attrice di teatro con L. Loris, R. Sarti, G. De Monticelli, R. Trifirò, E. De Capitani, M. Conti, in televisione e al cinema. È una mediatrice culturale nelle comunità rom italiane. È stata candidata al parlamento nella lista con la Sinistra Arcobaleno, tiene una propria rubrica sull’Unità.)

Quando con Tatiana Olear più di due anni fa abbiamo deciso di mettere in scena Una ragazza d’oro, certo non potevo immaginare come sarebbero andate le cose in questo Paese. Allora lo spettacolo era solo una riflessione sull’essere considerata una persona diversa ovunque e in qualsiasi luogo e insieme una ricerca d’identità e un bisogno di riconoscersi in un’etnia, in una ideologia, in una religione… Anche il mio vissuto personale da Romnì era concentrato su questo, su cosa per me significava essere "zingara" e di come questo ha influenzato la mia vita. Quando avevo sette anni una compagna di classe per gelosia mi aveva detto "… ma sei sempre una sporca zingara e tale rimarrai!" e per me quel momento ha significato il crocevia della vita, il momento nel quale ho preso coscienza della mia diversità e nel quale ho deciso di combattere per essere migliore degli altri per essere considerata degna di rispetto. Allora avevo deciso di combattere contro ogni forma di disuguaglianza e di persecuzione e specialmente quelle su base etnica.

Ma oggi, nell’Italia democratica e civile, nella bella e ricca Milano dove vivo, dopo aver recitato in Una ragazza d’oro, ho dovuto fare uno sciopero della fame perché quattro bambini rom non dormissero al freddo sui prati sotto la pioggia, perché erano espulsi dal dormitorio pubblico senza motivo e con cattiveria gratuita, mentre una raffica di sgomberi impedisce a questi bambini, a queste donne , a questi uomini di iniziare qualsiasi processo di integrazione sociale, per arrivare alle schedature in base etnica per creare un archivio parallelo, quello dei Rom. Si prendono addirittura le impronte digitali a tutti i bambini rom e i giornali escono con i titoli in prima pagina:"Nati per rubare".

Io avevo pensato di aver subito forme di discriminazione nel mio paese, ma adesso mi sto rendendo conto di aver avuto una infanzia felice e che quello che ho subito è nulla nei confronti di quello che subiscono quotidianamente i bambini rom e in generale gli stranieri in questo Paese. Per questo, mai come prima, adesso è importante fare Una ragazza d’oro, perché dopo tante manifestazioni, iniziative, impegno politico e sociale, ho capito una cosa: questa battaglia per essere vinta non può essere che una battaglia culturale.


I have really enjoied this journey in to the recent history.
Martin Crimp

Il testo dà conto delle esperienze avventurose, spesso drammatiche, della generazione dell’ultimo quarto del Novecento e degli inizi del Terzo Millennio…. Il candore con cui l’autrice trasforma la dura vita in una sorta di reve éveille, in una specie di favola librata sopra le ingiustizie e le sofferenze, potrebbe sembrare ingenuo. E invece questa favola, che Tatiana racconta a se stessa per non spezzare il mistero e la gioia di vivere, è un concreto messaggio di speranza. Per lei, per i giovani, per tutti.
Ugo Ronfani

Forse perché conosco poco quella parte del mondo che chiamano Est, mi colpisce che Dio e la religione siano così presenti nel testo. È perché non la ricchezza ma la povertà fa pensare a Dio? O perché – più probabilmente – Tolstoi e Dostoevskij non sono così lontani come lo è per noi Manzoni?
Giuseppe Di Leva

Tatiana Olear cerca di esprimere i disagi e le contraddizioni di un'epoca che dalla fine del Novecento si riflette nei nostri giorni. L'interpretazione sua e di Diana Pavlovic è molto realistica e non sempre teatrale, tuttavia efficace nell'esprimere una condizione a cui troppo spesso in un passato più lontano si sono trovati milioni di italiani.
Claudio Elli

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Di Fabrizio (del 12/09/2008 @ 11:34:52, in Italia, visitato 2267 volte)

Dopo il post di ieri sera, ricevo questa testimonianza raccolta sempre da Marco Brazzoduro:

Ragazze

questa mattina dopo aver sentito al Gr regione che un'operazione di polizia stava cercando ferro rubato al Casilino 900 sono andata a vedere, conoscendo i rom e le rom e del campo.

Si è trattato di un vero e proprio rastrellamento. Alle 6.30 è arrivato il comandante Di Maggio della municipale che di sgomberi se ne intende sotto ogni giunta e hanno cominciato a rastrellare. Era previsto il censimento della Croce Rossa questa mattina che come alcune sapranno stava procedendo rispettando alcuni parametri di umanità (volontario, conoscitivo delle condizioni sanitarie e finalizzato al rilascio di tessera sanitaria). La Croce Rossa che non sapeva nulla dell'operazione è in effetti arrivata ed è andata subito via.

Hanno detto che l'operazione era su segnalazioni di furti di rame da pali della luce esterni al campo, tombini e quant'altro.

Caso strano è avvenuto stamattina quando i portavoce di tutte le etnie del campo erano quasi tutti alla biennale di Venezia con Roma tre a presentare il progetto della casa.

C'erano più di 10 volanti circa, agenti con spray urticante, manganello e pistola, un pullman grande della Municipale dove hanno caricato ragazzi, adulti e anziani. Un anziano si è sentito male ed hanno chiamato un'ambulanza per portarlo via. Hanno caricato anche due ragazze di 15-16 anni. Una ha denunciato di essere incinta, è stata portata via perché a casa sua c'erano tute militari dell'esercito e non ne ha saputo spiegare la provenienza. Un'altra ragazza evidentemente incinta si è salvata solo per l'intervento delle donne del campo. Sono tutti all'Ufficio immigrazione di via Salviati.

Ho visto passare pullman Iveco pieni di ogni cosa sequestrata dalle baracche, i materiali che loro recuperano dai cassonetti, valige loro, un casco, scatole. Alla stessa ragazza incinta che stavano caricando sul pullman, volevano prendere i vestiti nuovi di zecca da neonato, che ovviamente secondo loro lei aveva rubato. Per fortuna aveva ancora gli scontrini e glieli hanno lasciati, ad altre donne volevano prendere le posate, perché non potevano essere loro. Hanno preso i generatori nuovi, a chi non ha potuto mostrare uno scontrino. Il Casilino non ha né luce né acqua, se non avessero i generatori come ci sono in tutti i campi Rom non avrebbero uno straccio di luce nè frigoriferi. Nel campo ci sono anche disabili, persone malate di tumore e di epilessia. I frigoriferi sembra stupido dirlo servono per vivere, metterci il latte dei bambini, medicine come l'insulina per il diabete di Sevilia.

Hanno portato via anche un ragazzo con carta d'identità italiana e patente.

Il 70% dei Rom al Casilino sono ovviamente senza permesso di soggiorno, alcuni uomini sono scappati altri presi. Alla fine erano rimaste solo le donne e i bambini. Gli elicotteri hanno sorvolato basso il campo tutta la mattina.

Sono stati svegliati di soprassalto alle 6.30 da modi brutali, la municipale è arrivata con loro telecamere e non hanno avuto neanche il buon gusto in alcune baracche di tenerle spente all'inizio per evitare di riprendere le donne in pigiama o in mutande.

Nessuno ha messo in evidenza che il Casilino è presidiato dalla Municipale H24 da luglio scorso, dopo aver sgomberato ogni mezzo auto fuori dal campo e fatto già la perquisizione delle baracche. Con le makkine loro vendono le loro cose ai mercati, raccolgono il ferro, accompagnano i bambini a scuola. Rubare il ferro è reato ma si sa che i Rom vivono (chi può con partita Iva) raccogliendo il ferro, svuotando le cantine, certo anche rubandolo. Altrimenti come mangiano? Parlano tutti di refurtiva, Il Tg3 regione scandaloso, (manicotti del ministero interni, estintori etc.), allora che ci sta a fare la Municipale da luglio giorno e notte? E soprattutto come fanno a portare dentro tutta questa roba se non possono più entrare con le makkine?

Stanno preparando lo sgombero o meglio la 'soluzione' finale. Sul Casilino si gioca molta parte della politica securitaria e 'dimostrativa' di Alemanno. Il conflitto politico con il Prefetto Mosca, che vuole modi e soluzioni umane, è forte. E' un'ipotesi sempre più credibile che se vincerà la linea dura e non vorranno trovare un altro campo dove spostarli (sono 600), porteranno tutti quelli senza documenti nei CPT e questa volta li rimpatrieranno, smembrando famiglie intere. Al Casilino sono arrivati nel '70 e nel '90 prima della guerra nella ex Yugoslavia, dove non hanno più nulla.

Inutile dire la forza delle donne del campo, della loro ironia, del loro saper stare al mondo tra mille difficoltà ma sempre con il sorriso, soprattutto quando sentono che sei una persona amica che li vede per quelli che sono, esseri umani.

Loro vedono senza essere andati a scuola, a noi deve essere l'eccesso di 'cultura' che impedisce di vedere.

Monica Pepe


Aggiungo un comunicato del Gruppo Everyone:

COMUNICATO STAMPA 12 settembre 2008

ROMA, CASILINO 900: AZIONE INTIMIDATORIA DELLE FORZE DELL''ORDINE NEI CONFRONTI DEI ROM, IN VISTA DELL'ISPEZIONE DEGLI EURODEPUTATI

IL GRUPPO EVERYONE: "I ROM DEL CASILINO SONO TERRORIZZATI E SI TROVANO IN UN'EMERGENZA UMANITARIA GRAVISSIMA. LA POLIZIA HA MINACCIATO ARRESTI ED ESPULSIONI E HA INTIMATO AGLI ABITANTI DEL CAMPO ROM DI NON PARLARE CON ATTIVISTI E GIORNALISTI." IL 19 SETTEMBRE E' INFATTI PREVISTA LA VISITA AL CAMPO DA PARTE DI UNA DELEGAZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO


Ieri mattina, 11 settembre, un blitz delle Forze dell''Ordine al campo Rom Casilino 900 di Roma ha portato al fermo di oltre 20 abitanti del campo, caricati sui pullman della Polizia senza alcuna motivazione e rilasciati dopo 12 ore di angoscia. "Mio padre è stato fermato inspiegabilmente," ha rivelato un testimone, in attesa del rilascio dei 20 Rom, "siamo preoccupati per lui. Spero che si risolva tutto per il meglio, ma come si fa a vivere così? Siamo piantonati dalla polizia 24 ore al giorno, non abbiamo diritti umani e ci fanno passare per un'organizzazione malavitosa, anche se, in realtà, nel campo vivono solo famiglie in condizioni disperate. E' impossibile lavorare e la cittadinanza ci guarda con sospetto. Sopravvivere è un'impresa quotidiana, sempre più dura, ma è il solo obiettivo che resta, alla gente del Casilino 900".

"Si tratta di un''azione intimidatoria in vista dell'ispezione al campo Rom, il prossimo 19 settembre, di una delegazione del Parlamento Europeo – annunciata nei giorni scorsi con una lettera ufficiale dal Presidente del comitato Libertà Civili del Parlamento Europeo, Gérard Deprez, al ministro dell'Interno Maroni, agli onorevoli Fini e Schifani e al sindaco di Roma Gianni Alemanno" dichiarano i leader del Gruppo EveryOne Roberto Malini, Matteo Pegoraro e Dario Picciau, in contatto con alcuni testimoni del Casilino. "Un'azione che non ha precedenti in Italia, e che dimostra quanto il Gruppo EveryOne sta andando dicendo da mesi: è in corso in questo Paese una vera e propria caccia al Rom, che ne vuole la sua scomparsa dal territorio nazionale nel più breve tempo possibile".

I rappresentanti di EveryOne hanno infatti parlato con alcuni testimoni dentro il campo: le autorità hanno già comunicato ai Rom del Casilino che dovranno presentarsi ancora all'ufficio immigrazione, nel prossimo futuro, e che rischiano espulsioni e condanne. "Dopo questa azione," proseguono gli attivisti "i Rom del Casilino 900 sono terrorizzati. Nelle scorse settimane, sono stati più volte "invitati" a non parlare con i giornalisti e i visitatori e a non comunicare – soprattutto a noi del Gruppo EveryOne – gli abusi subiti. Ultimamente, inoltre, agenti di Polizia impedivano ai Rom del Casilino di avere ospiti e controllavano chiunque entrasse o uscisse dal campo. Una strategia della tensione aveva creato terrore e sospetto all'interno della comunità. La delegazione del Parlamento Europeo avrebbe dovuto effettuare visite a sorpresa nei campi: purtroppo tutti, invece, sanno che il Casilino 900 è uno degli insediamenti che saranno ispezionati venerdì 19 settembre. Le autorità hanno anche avvertito tutti" continuano Malini, Pegoraro e Picciau "che più avanti ogni Rom sarà chiamato dalle Forze dell'Ordine e solo chi se lo meriterà potrà restare ed evitare problemi con la legge. Le persone fermate non hanno fatto niente," concludono "ma sono i più attivi testimoni dell'oppressione".

Il Gruppo EveryOne chiede ufficialmente alla delegazione del Parlamento Europeo che il prossimo 19 settembre ispezionerà il Casilino 900 e ai parlamentari radicali italiani, unica forza d'opposizione in Parlamento, di richiedere immediatamente chiarimenti sulla situazione e di incontrare al più presto, tramite EveryOne, un gruppo di Rom disposto a testimoniare su quanto accaduto.

Per ulteriori informazioni:

Gruppo EveryOne
Tel: (+ 39) 334 8429527 - (+ 39) 331- 3585406
www.everyonegroup.com/it :: info@everyonegroup.com

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Di Fabrizio (del 12/09/2008 @ 13:46:31, in Kumpanija, visitato 1459 volte)

Da Federazione Rom e Sinti insieme

Il 18 maggio 2008 si è costituita la "Federazione Rom e Sinti insieme" con l’approvazione dello statuto e la elezione degli organi sociali, che resteranno in carica fino al 30 Aprile 2009, tale breve periodo è stata una scelta per dare la possibilità ad altre organizzazioni e singole persone di aderire alla Federazione e quindi di partecipare attivamente alla elezione degli organi sociali per il triennio 2009/2011.

Le organizzazioni Rom e Sinte e le singole persone sono invitate a prendere visione dello statuto sul blog della Federazione e formulare la richiesta di iscrizione, alla prossima assemblea del 27 Settembre 2008 si delibererà in merito alle richieste pervenute.

Continua il lavoro della federazione in Italia ed in Europa per perseguire le finalità dello statuto, in particolare per concretizzare un ruolo attivo e propositivo dei Rom e dei Sinti, il dialogo diretto con il Governo, le Istituzioni nazionali, le Istituzioni Europee, per affermare la cultura della legalità ed il contrasto agli abusi di potere.

Lo scorso 10 Luglio 2008 la federazione Rom e Sinti insieme ha promosso a Roma la sua prima iniziativa, un’Assemblea pubblica per dire BASTA alla discriminazione, alle politiche differenziate per Rom e Sinti, e chiedere l’avvio di un dialogo diretto con il Governo Italiano e le istituzioni Nazionali.

Il 12 luglio il presidente della Federazione ha inoltrato la richiesta di incontro ai Prefetti di: Napoli, Roma, Milano ed al Ministro dell’Interno Roberto Maroni.

Nel mese di Luglio due diverse delegazioni della Federazione hanno incontrato i prefetti di Milano e di Roma ed il prossimo 16 Settembre ci sarà l’incontro con il Ministro dell’Interno.

Il prossimo 16 Settembre due importanti impegni attendono la federazione:
1. Una delegazione della Federazione composta dal vice presidente Radames Gabrielli, dal segretario Graziano Halillovic e dalla consigliera Eva Rizzin saranno a Bruxelles per partecipare al primo vertice della Commissione Europea dedicato a Rom e Sinti;
2. Un’altra delegazione della federazione composta dal presidente Nazzareno Guarnieri, dal vice presidente Demir Mustafà e dal consigliere Davide Casadio incontreranno il Ministro dell’Interno Roberto Maroni.

Le delegazioni della federazione presenteranno a questi incontri proposte concrete negli obiettivi e nelle strategie.

Numerosi altri contatti sono in corso da parte della Federazione per definire di incontrare Ministri (Pari opportunità e Politiche sociali), istituzioni (Prefetto di Napoli, audizione in Commissione cultura/istruzione e Commissione politiche sociali) e partiti politici di governo e di opposizione.

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Ricevo da Agostino Rota Martir

La 1a tappa della Carovana Missionaria per la Pace di quest'anno è stata a Livorno, essa ha avuto il merito e il coraggio di dedicarla interamente al popolo Rom.

Gli organizzatori: Centro Missionario Diocesano, Caritas, Salesiani, S. Egidio... eravamo consapevoli della sfida anche per i suoi esiti incerti, perché oggi parlare di Rom, anzi dare la Parola ai Rom non è cosa facile e scontata e questo in qualsiasi città italiana, ma farlo a Livorno lo è ancora di più.

La prima serata è stata celebrata sul piazzale della Chiesa di S.Jacopo, affacciata sul mare Tirreno, è lì che hanno "Liberato la parola" 2 testimonianze Rom (un uomo e una donna), cercando di presentare i valori e l'importanza della famiglia nella vita dei Rom. Ma anche i balli, curati da un gruppo di bambine Rom del campo nomadi di Coltano (PI), era un modo per "Liberare la Parola", attraverso la musica, la danza dei colori al ritmo di melodie orientali. Come pure l'offerta di alcuni piatti tipici dei Rom, preparati con cura da una famiglia hanno contribuito a "liberare la Parola", attraverso i sapori che parlano di migrazioni dei Rom lungo i secoli tra culture e popoli diversi.

Anche la lettura di poesie di Rom ha "Liberato la Parola", raccontando e descrivendo speranze, gioie, timori e delusioni di questo popolo in cammino anche a causa di rifiuti e di continue espulsioni.

Il vescovo, Mons. Simone era presente, anche lui ha saputo liberare la Parola, perché quando si parla con il cuore il messaggio supera e vince le barriere e incoraggia cammini di amicizia e di fraternità.

Mentre la piazza che faceva da palco liberava sulla città di Livorno suoni, sapori, racconti, i suoi cittadini ad eccezione dei pochi presenti, mostravano la loro fredda indifferenza, preferendo frequentare in massa il Bar, chiamato guarda caso:la "Baracchina bianca" posta solo a pochi metri: adolescenti, giovani distratti e accalcati dentro a sorseggiare rapidi e freddi aperitivi, tramezzini surgelati e cocktail, intenti a consumare monotoni divertimenti... mentre le onde del mare frangevano quasi accarezzando con tremore e rispetto la "parola liberata" del popolo Rom, ancora inascoltato, come sempre.

Integrazione! Sembra la parola magica, gridata dal mondo dei "gagè", spesso è una parola vomitata addosso ai Rom a piè sospinto, anche a vanvera, perché è sempre a senso unico: perché noi siamo già "integrati", siete voi "zingari" che non volete integrarvi nella nostra società, vivete di espedienti, rubate, sfruttate i vostri figli, non volete lavorare, abitate in baracche, ma per cortesia lasciateci bere in pace i nostri cocktail alla "Baracchina bianca", e state a dovuta distanza di sicurezza, non si sa mai e non disturbate la nostra passeggiata sul lungo mare, integratevi!...

I popoli si integrano a vicenda quando la vita li porta a mescolarsi reciprocamente, perché forse la vera integrazione è come un innesto dove linfe diverse si incontrano armonizzandosi, dando vita a delle nuove germinazioni.

Libera l'impronta di Dio...
Digos e vigili urbani ci aspettano a Pian di Rota, sotto il cavalcavia dove un anno fa' morirono tragicamente 4 bimbi Rom, bruciati in piena notte insieme le loro povere baracchine, ancora sono visibili i resti bruciati a ridosso del cavalcavia. E' in programma un momento di preghiera per ricordare Eva, Danciu, Menji e Tutsa.

Anche qui siamo veramente in pochi, il gruppo raggiunge una ventina di persone, grazie anche ai carovanieri venuti da Firenze appartenenti ai Missionari Comboniani, poi questi proseguiranno per la seconda tappa Toscana a Follonica.

"Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato; abbiamo cantato dei lamenti e non avete pianto".(Mt.11,17)
Sì, fare memoria è pericoloso, soprattutto quando questa pretende mettere in crisi la tranquillità di una città, come Livorno che si rifiuta ostinatamente di essere disturbata dalla vita e dalla morte dei poveri. Vuol essere una veglia particolare, con gesti e segni "zingari", una preghiera che tenga conto della sensibilità religiosa tipica dei Rom.

Anche Dio ha impresso la sua impronta nella vita di questo popolo, in quanto Lui non ha vergogna di sedere nella vita dei Rom, non teme di perdere consenso o il suo tempo prezioso intrattenendosi amabilmente a parlare e bere una tazza di caffè presso le loro baracche e campine poste tra i canneti o sotto i cavalcavia alle periferie delle nostre città.

E' un Dio che gli piace sconfinare, guai se non lo facesse: sconfina dalle nostre belle cattedrali, dai nostri centri, dagli stessi Istituti religiosi, compresi quelli dei Missionari, dai nostri spazi sacri per far visita a tutti quei "fuori luogo" che oggi in nome del Vangelo della sicurezza stanno proliferando senza trovare molta resistenza.

Anche da questi luoghi nascosti (Cristi occultati) è possibile imparare a guardare dentro noi stessi, ma anche le nostre città con occhi diversi e lasciarci interrogare dai punti di vista di chi vive il margine: sono i Rom, i lavavetri, gli accattoni, i migranti, i clandestini...

Per Eva, Danciu, Menji e Tutsa abbiamo pregato e osato chiedere perdono anche a nome di quella cittadinanza assente e che fa fatica a sentirsi in colpa per queste giovani vite spezzate a causa della sua indifferenza e chiusura, che non basta certo donare qualche caramella o qualche abito dismesso ai bimbi Rom se poi non si è capaci di "compassione evangelica", cioè saper andare oltre noi stessi (sconfinare!) per lasciarsi rivestire dall'altro, diverso da me.

Un giornalista del Tirreno presente all'incontro, chiudeva il suo articolo all'indomani con queste parole che mi sembrano riassumano molto bene il senso della carovana: "La carovana parte verso la Maremma, ora ne fanno parte anche Eva, Menji, Danciu e Tutsa."

Allora, buon cammino piccoli Rom, ovunque in ogni città e paese la Carovana si troverà a passare, lasciate le vostre piccole impronte sulle nostre coscienze, saranno punti di riferimento indelebili per far crescere un mondo diverso, più umano e fraterno, mettendo nei nostri corpi gli occhi dei poveri, che sono le lenti del Dio di Gesù con le quali ama e guarda questa nostra umanità. Ce lo auguriamo tutti insieme!

Don Agostino Rota Martir - Campo nomadi di Coltano (PI) – 10 settembre '08

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Di Fabrizio (del 13/09/2008 @ 09:01:06, in casa, visitato 1408 volte)

Da Mundo_Gitano

EL PAIS

In piazza Numancia a Santander c'è un cartello molto curioso che annuncia la vendita di un appartamento. Sin qui, tutto normale. La curiosità arriva quando si comprova che l'immobile non è in vendita ai "payos", come i gitani denominano le persone che non sono della loro etnia. L'annuncio è posto da abbastanza tempo ed è molto commentato tra i vicini. Così, se sei "payo", vai a comprare da un'altra parte.

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Di Fabrizio (del 13/09/2008 @ 09:12:10, in blog, visitato 2099 volte)

Da Steatrando

11 settembre 2008 - Trovato uno scritto inedito di Lucio Mastronardi. Lo scrittore, in base a ricerche storiche, ha scoperto che la famiglia di Eleonora Duse era di origini gitane. Si propone la cancellazione o la rimozione di tutte le lapidi che rievocano la ex-divina.

Lucio Mastronardi, il famoso "maestro di Vigevano", aveva iniziato la sua carriera di scrittore inviando brevi racconti e articoli a un settimanale della sua città. Tutti pubblicati, tranne uno. Il motivo è presto detto. Lo scrittore, anticipando la vena sarcastica che poi rivelerà nei suoi romanzi, portava a conoscenza dei suoi concittadini una verità che essi non volevano certo sentire, cancellava senza alcun rispetto una delle glorie civiche. Riportiamo per intero il breve articolo, nel quale la critica letteraria non mancherà di trovare in nuce alcuni tratti salienti del Mastronardi maggiore: lo spirito iconoclastico, la satira pungente dei vezzi del provincialismo, la messa in ridicolo degli eruditi di storia locale.

"Ogni borgo custodisce gelosamente il proprio ‘albo d’oro’: personaggi illustri che hanno voluto scegliere quel determinato luogo per fissarvi i propri natali, o anche solo per transitarvi durante il loro glorioso peregrinare sulla terra. Vigevano si può vantare di aver ospitato due di questi personaggi superiori della storia: il Leo e la Nora!

Tutti i miei concittadini avranno già capito a chi mi riferisco: al genio Leonardo da Vinci e alla divina Eleonora Duse. Sul Leo tanto sappiamo sulla sua permanenza in città. Secondo il Colombo è sua la regolazione delle acque alla tenuta Sforzesca, come si evince, senza dubbio alcuno, dai disegni del ‘Codex Pacificum’; e, secondo il Barni, suoi sono i dipinti in piazza ducale, i medaglioni sopra le colonne, i motti, le allegorie. I due professori concordano basandosi su fatti, date, circostanze storiche, anche in assenza di documenti probanti. Ma tant’è. Il sole illumina ogni luogo.

Ben più preoccupante la vicenda della Duse. Com’è noto ella nacque a Vigevano, al seguito della compagnia teatrale familiare. La madre partorì qui tra uno spettacolo e l’altro. Non è per la casualità della nascita, senza mai più una visita in città, che noi condanniamo la dedica di piazze, vie, scuole e della famosa lapide affissa davanti all’edificio dell’ex-albergo del "Cannon d’Oro", sede dell’augusto parto. Sono le origini della ex-divina, ormai dobbiamo chiamarla così, che ci spingono, pur a malincuore a chiedere alle autorità la cancellazione di ogni riferimento alla Nora nella nostra città.

Come alcuni sapranno la compagnia teatrale Duse era itinerante; peregrinava di città in città, di teatro in teatro, per rappresentare i propri spettacoli. Girovaghi, come sono stati e sono ancora oggi tutti gli attori, diranno i miei cinque lettori. Sì ma debbono essi sapere che questo vagabondare non era dovuto alle sole necessità professionali ed economiche, ma a un germe interiore che non lasciava sostare i Duse in nessun luogo. Il nonno paterno della Nora, per primo in famiglia, si era fermato in quel di Padova, dove aveva aperto un piccolo teatro e fondato una compagnia stabile, ma già il figlio non aveva saputo resistere al richiamo del mondo e aveva intrapreso quel giro di borghi e città che avevano già percorso suoi avi, non tornando alla natia Padova neppure con la moglie in avanzato stato di gravidanza.

Spirito irrequieto, animato dal fuoco sacro del teatro, magari in conflitto col padre o di lui emulo geloso, diranno i miei, ormai quattro, lettori; ma forse ben altro e più profondo, interiore, immutabile come una macchia indelebile, come una tara ereditaria nel sangue.

Una mia recente visita nella città del Santo Antonio, mi ha permesso di consultare vecchi documenti custoditi nell’Archivio Storico cittadino. Lo scopo della mia ricerca, in verità, era scoprire il passaggio, anche nella città patavina, del Leo, in modo da poter tracciare la mappa dei luoghi da lui toccati (o meglio escludere i pochi da lui non percorsi). Ed ecco che un giorno mentre mi cimentavo nella difficile impresa di trovare negli inventari qualsiasi carta riguardasse il Vinci mi imbatto in un curioso documento che riporterò per intero:

"Anno del Signore milleottocentesimo trentesimoterso, addì primo de martio, città di Padova verso il mastro girovago Aloisio de’ Dusini, detto Duse della Ruota. Visti i meriti et le allegrezze che detto saltimbanco et teatrante à accumulato negli anni passati verso i patavini si concede a lui et alla sua familia di prendere casa stabile nella città, alla condizione che et fino al giorno che la sua condotta sarà quella di un bono et onesto christiano e abbia a dismettere le carovane e il girovagare delli antenati suoi".

I miei tre lettori diranno, il nonno della Nora, da grande ed apprezzato artista aveva avuto un riconoscimento dei suoi meriti dalla città di Padova, che gli concedeva di prendere dimora fissa. Sì, ma perché un normale attore dovrebbe ottenere il permesso per stabilirsi in qualunque luogo? La vecchia carta ci dice molto di più. La famiglia dei Dusini o Duse non era solo girovaga per motivi di lavoro, ma per etnia e condanna divina, era, ed è rimasta, se ha ancora rappresentanti, zingara!

Lo rivelano senza possibilità di equivoco il riferimento alla ruota nel soprannome, simbolo universalmente noto degli zingari ed emblema del loro perpetuo viaggiare e anche il cognome: infatti ‘drusina’ è la parola gergale che indica tra di loro la famiglia. Quindi i Duse, se pur stanziali per una generazione, furono sempre vagabondi per scelta e nomadi per istinto.

Ai miei due lettori rimasti l’ardua sentenza: può una città menar vanto di aver dato i natali a una zingara, seppur poi osannata e riverita in tutto il mondo? E se mi è rimasto almeno un lettore gli chiederei di condurre con me la civica battaglia perché tale infamia, seppur un tempo ritenuta gloria, sia cancellata dagli onori di una sì grande città, sede vescovile e, ancor prima, della corte degli Sforza. Può il Leo nella sua immortale fama essere accomunato con una siffatta plebea, infima tra gli umili, e probabile fonte di contagio del colera che in quel fatale anno imperversò nella innocente e fino ad allora incontaminata Vigevano?

Può una miserabile ‘senza patria’ avere gli onori di una patria?"


Il Lucio, come al solito, in grande anticipo sui tempi si vide cestinare questa vibrante denuncia, frutto di spirito civico e amor di patria. Ma ora che le autorità comunali, provinciali, regionali e nazionali hanno ben altra coscienza e maturità di quelle dei suoi tempi, si può chiedere una sana e doverosa damnatio memoriae?

(Per firmare l’appello presentarsi con un documento d’identità presso tutte le sedi locali di partito dell’attuale governo).

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Di Fabrizio (del 14/09/2008 @ 08:43:59, in conflitti, visitato 1600 volte)

Da Czech_Roma

Rokycany, Boemia Occidentale, 8 settembre (CTK) - Il Municipio di Rokycany intende installare delle telecamere nei posti più problematici, come reazione alle tensioni in città tra i Rom e gli estremisti di destra, lo ha detto lunedì a CTK il sindaco Jan Baloun dopo un incontro con la polizia ed i rappresentanti Romanì.

Il Comune ha anche chiesto ai Rom di frequentare le riunioni della commissione per la prevenzione del crimine, che sono tenute dalla polizia una volta al mese.

I Rom locali si sono lamentati di essere esposti a minacce ed attacchi da lungo tempo a Rokycany.

La città in precedenza aveva deciso di rinforzare le pattuglie di polizia statale e municipale nelle strade.

Il Municipio ha organizzato incontri con i Rom e la polizia, in reazione alla situazione in città, che era peggiorata due settimane fa quando un gruppo di assaltatori aveva devastato un bar, frequentato da Rom, attaccando i camerieri e diversi clienti.

La polizia, tuttavia, lunedì aveva annunciato che le donne Rom che denunciavano di essere state ferite nell'incidente, avevano fabbricato la storia.

Ha detto Josef Svoboda, capo della polizia locale, che non c'erano prove che l'attacco avesse una motivazione razziale.

I Rom avevano reagito all'incidente nel bar con una dimostrazione che non era stata annunciata ufficialmente con anticipo.

Sabato scorso alcuni skinhead avevano tentato di fare una contro-manifestazione, ma la polizia l'aveva impedito.

Baloun ha anche detto che in città non ci sono problemi con i Rom locale, eccettuato alcune famiglie.

D'altra parte, ha aggiunto, ci sono gli stranieri, che costituiscono il 10% degli abitanti - circa 1.700, che hanno iniziato a creare problemi.

This story is from the Czech News Agency (CTK).

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Di Fabrizio (del 14/09/2008 @ 09:08:57, in media, visitato 1673 volte)

Da Romano_Liloro (il fatto a cui si riferisce è questo)

Cari amici,

Settimana scorsa, il 31 agosto 2008, mentre filmavamo il nostro documentario sulla situazione dei Rom in Italia, siamo stati fermati dalla polizia italiana mentre stavamo lasciando il campo di Casilino 900 a Roma. La pattuglia di polizia in servizio ci ha chiesto con aggressività i nostri documenti identificativi e ha confiscato tutto il nostro materiale: due telecamere ed il materiale sonoro, che comprendeva le testimonianze audiovisuali sulla situazione a Casilino 900.  La questione era, ed è tuttora, sospesa in aria: se questo è il modo in cui la polizia tratta una troupe televisiva, come tratteranno i Rom quando organizzano le loro regolari razzie notturne nei campi? A cosa possono assomigliare questi controlli di identità?

Durante le nostre riprese in Italia, abbiamo trovato una grande quantità di prove sulle violazioni dei diritti fondamentali dei Rom che lì vivono. Abbiamo realizzato un cortometraggio di 8' sulle comunità Rom che abbiamo incontrato in Italia e sulla situazione estremamente preoccupante dei diritti umani in questo paese. Il film è disponibile sul nostro sito: www.mundiromani.com

Da voi cerco suggerimenti su come:

  • usare il nostro cortometraggio nel nostro lavoro di avvocatura e sostegno legale?
  • ricorrere contro l'approvazione della Commissione Europea sulle impronte digitali in Italia?
  • modellare con successo la nostra dichiarazione comune ai mezzi per quanto riguarda questa materia?

Ho collegamenti con  Radio Télévision Francophone Belge (RTBF – TV pubblica belga), VBS IPTV LLC (TV commerciale tedesca) e direttamente con Duna Television ungherese. [...]

Aspetto le vostre idee su come procedere.

Devlesa,

Katalin Bársony
Mundi Romani
00-36-30-532-84-21
Editor in chief, director
Duna TV
Romedia Foundation
E-mail: katalin.barsony@mundiromani.com

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Di Fabrizio (del 14/09/2008 @ 09:34:55, in sport, visitato 6104 volte)

Rom Sinti @ Politica riprende un'intervista di Ricardo Quaresma alla Gazzetta dello Sport (autore Andrea Elefante). Ne parla anche Sucar Drom

[...]
Dove e quando nasce il Quaresma calciatore?
A 7 anni, giocavo con gli amici in giardino, per strada, dovunque. Quartiere Casal Ventoso, poco raccomandabile: droga, delinquenza, violenza. Mi vede un osservatore di un piccolo e povero club di Lisbona. Gioco lì meno di un anno, poi lo Sporting Lisbona e il resto si conosce.

Non si sa bene quando e come nasce la trivela.
Subito. A 7-8 anni avevo i piedi storti verso l’interno, molto più di adesso, e mi veniva da toccare il pallone sempre con l’esterno, destro, perché per me il sinistro può pure restare a casa. L’allenatore non ne poteva più e un giorno mi fa: "Se calci ancora così ti mando fuori". L’azione dopo ero nello spogliatoio, tristissimo. Poi si è rassegnato, è un colpo naturale. Teoricamente è più difficile, a me viene più facile fare tutto così.

Ispirato a qualcuno?
No, anche se ricordo lo facesse lo slavo del Porto, Drulovic. C’è un solo giocatore che ho cercato di copiare: Luis Figo. Lo trovavo impressionante, volevo diventare come lui e ora ci gioco insieme.
Magari il modo di giocare è simile, però c’è una differenza fondamentale: lui è un fenomeno, io no. Lui gioca un calcio sereno, frutto di una esperienza straordinaria, mentre io giocherei sempre uno contro uno per 90 minuti: il mio è il calcio di un ragazzo che ha bisogno di dimostrare tante cose e vuole migliorare ogni giorno.

L’Inter è la squadra migliore per diventare un fenomeno?
L’Inter è piena di buoni giocatori e può vincere campionato e Champions. Mi viene da pensare a dove può arrivare l’Inter e non Quaresma.

In cosa pensa di dover migliorare?
Difficile dirne una soltanto. Tatticamente di sicuro e devo segnare di più: posso farlo, anche se per me un assist è come un gol, davvero.

Un po' discontinuo forse?
Ci sono giorni in cui non ti riesce nulla, ma sono testardo: non abbasso la testa, non mi scoraggio.

Fuori da campo si trova difetti? Dicono abbia un caratterino…
Non parlo molto, sono riservato. Ho un carattere forte, difficile abbia paura, e mi succede anche in campo. Giocare davanti a 100, 1000, 100000 persone per me è uguale.

Le origini incidono sul carattere?
Le cose più importanti per noi gitani sono il senso della famiglia (verranno tutti a vivere con me a Como) e l’orgoglio. Se sei zingaro, sei orgoglioso di essere zingaro.

A proposito di orgoglio: Dice cose simili Ibrahimovic. C’è feeling?
Praticamente non ci siamo ancora incrociati, ma come giocatore mi incanta.

Può essere un peso il prezzo del suo cartellino?
Preferisco pensare alla responsabilità di essere stato scelto dall’Inter.

E il fatto che Mourinho l’abbia voluta così tanto?
E’ un orgoglio: in Portogallo e non solo è considerato il miglior allenatore del mondo. Spero non mi abbia voluto solo per il gol al Chelsea.

Giocare a San Siro: emozione o tensione?
Chiunque vorrebbe che fosse il suo stadio, non si può aver paura di giocare in uno stadio fantastico. Mi ricordo la prima volta, nel 2002, con lo Sporting. E due settimane prima a Lisbona: contro Zanetti fu dura.

A Locarno ha giocato come fosse all’Inter da più tempo: pensava fosse più dura?
In una squadra così forte mi sono sentito subito bene, molto tranquillo. E poi, dopo un mese e mezzo di allenamenti, avete idea di quanto volessi giocare?

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Di Fabrizio (del 15/09/2008 @ 09:22:12, in Regole, visitato 1707 volte)

Da Roma_Francais - (NDR il riccio è un piatto tradizionale tra i Rom e i Sinti, attenzione se andate in Francia!)

BORDEAUX - Il tribunale correttivo di Bordeaux ha condannato lunedì due uomini a pagare un totale di 6.000 €u. per aver catturato dieci ricci, specie protetta in Francia dal 1976. Secondo la legge sono passibili di sei mesi di prigione e di 9.000 €u. di multa.

I due uomini, membri della comunità della gens du voyage, sono comparsi nel quadro di una procedura di riconoscimento preliminare di colpevolezza. Sono stati accusati di delitto flagrante nel corso di una notte del febbraio 2008, quando cacciavano con due cani addestrati, e di avere già dieci ricci adulti in una gabbia.

Hanno spiegato davanti al tribunale che si tratta di un costume zigano. "Si fa così una volta all'anno, e non sapevamo affatto che fosse una specie protetta. Non è scritto sul permesso di caccia. Ora che lo sappiamo, non lo faremo più", ha perorato uno dei due davanti al tribunale.

Quattro associazioni di difesa degli animali erano parte civile: l'associazione Stéphane Lamart, la Società nazionale di difesa degli animali, la SPA ed il Santuario dei ricci. Hanno ottenuto ciascuna 500 €u. di danni e 500 di spese per la giustizia. I due uomini sono stati inoltre condannati a 1.000 €u. di ammenda ciascuno.

"E' caro un chilo di riccio! Questi ricci non sono stati uccisi o maltrattati e sono stati rilasciati. Non si contesta la condanna giudiziaria, ma l'importo dei danni e interessi alle parti civili,  dato che i miei due clienti hanno scarse entrate", si è rammaricata il loro avvocato, Sandrine Joineau-Dumail.

Per Patrice Grillon, avvocato dell'associazione Stéphane Lamart e della SNDA, "è una decisione molto educativa, Si possono avere dei costumi, ma la legge dev'essere applicata dappertutto. Adesso, tutti sapranno che i ricci sono animali protetti, come gli scoiattoli, gli orsi o i lupi".


Leggo, sempre su Roma_Francais

Il Santuario dei Rrom chiede che i Rrom siano dichiarati specie protetta.
Che non li si insulti
Che si lascino andare i loro bambini a scuola
Che gli si dia lavoro
Che non si mettano sistematicamente i Viaggianti in siti disgustosi, inquinati o radioattivi
Che non si prendano le loro impronte come nei campi di concentramento
E soprattutto che non si lancino bombe molotov o milizie armate come in Italia

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