Cohre.orgFamiglia rom della comunità di Bourgas e quel che rimane della
loro casa, Bulgaria (PHOTO: EOA, September)
23/04/2010 - Il Centro per i Diritti Abitativi e gli Sgomberi (COHRE) con il
suo partner, l'Associazione per le Pari Opportunità (EOA), organizzazione
bulgara per i diritti umani, hanno sottoposto questa settimana un rapporto al
Consiglio ONU per i Diritti Umani, in cui si denuncia che da decenni i Rom in
Bulgaria sono sottoposti a discriminazione razziale nel campo degli alloggi.
Il rapporto anticipa la rassegna del Consiglio per i Diritti Umani sulla
situazione in Bulgaria riguardo al processo "Rassegna Periodica Universale".
La RPU è la più importante rassegna di dati sui diritti umani del Consiglio
dei 47 stati membri.
"La situazione generale per i residenti rom in Bulgaria è illustrativa di
decenni di discriminazione razziale, incluso il campo d'alloggio," dice Gotzon
Onandia-Zarrabe, direttore legale del COHRE.
"Molti Rom risiedono in alloggi inadeguati sovrappopolati, senza accesso
all'acqua, all'elettricità e alle fognature; molto lontani dagli standard
internazionali che definiscono una dimora adeguata."
Nel 2009 sono cresciuti gli sgomberi minacciati ed attuati delle comunità
romanì.
Nel loro rapporto [...] COHERE e EOA osservano come la mancata applicazione
della legge esistente ha contribuito a questa crescita delle violazioni dei
diritti d'alloggio in Bulgaria. Per esempio, mentre la Protezione contro gli
Atti Discriminatori è in vigore dal 1 gennaio 2004, non è stata adeguatamente
applicata nel contesto delle pratiche discriminatorie statali e delle autorità
municipali, o dei ministeri e delle agenzie federali.
"I recenti sgomberi forzati nella città di Bourgas sono emblematici della
cresciuta minaccia che pende sulle comunità romanì di tutto il paese," dice Gotzon Onandia-Zarrabe.
L'8 settembre 2009, le autorità comunali di Bourgas hanno sgomberato a forza
27 Rom della comunità di Gorno Ezerova e demolito le loro case. Le demolizioni
sono avvenute con l'assistenza della polizia locale. I residenti sono stati
allontanati dalle loro case ed alcuni di loro malmenati dalla polizia. Sono
stati obbligati a lasciare la maggior parte dei beni di loro proprietà, mobili
inclusi, quando le loro case sono state demolite. Le famiglie, compresi bambini
ed anziani, sono state lasciate senza casa. Quanti sono rimasti attualmente
rischiano uno sgombero forzato, senza che siano stati consultati o che sia stato
loro offerto un indennizzo o una sistemazione alternativa.
La comunità di Gorno Ezerova esiste da oltre 50 anni. Durante questo periodo,
è stata riconosciuta dalle pubbliche autorità. Questo riconoscimento includeva
la fornitura di servizi postali individuali, come pure servizi pubblici, come
l'acqua, le fognature e l'elettricità.
La comunità di Meden Rudnik, pure di Bourgas, ha sofferto un simile destino
il 25 settembre 2009 e la comunità di Barite a Sofia è ora sotto minaccia di
sgombero forzato.
I membri di comunità come Gorno Ezerovo vivono in insediamenti
informali dovuti in larga parte al modello persistente di discriminazione
razziale contro i Rom nell'accesso alla casa. Questa discriminazione include la
mancanza di accesso all'istruzione e alle opportunità d'impiego necessarie per
affrontare gli affitti ai prezzi di mercato.
"Secondo le leggi internazionali sui diritti umani, sottoscritte dalla
Bulgaria, gli sgomberi possono essere giustificati sono in circostanze
eccezionali e dopo che tutte le alternative praticabili siano state esplorate, e
con una significativa consultazione con i diretti interessati," dice Gotzon Onandia-Zarrabe.
"In ogni caso, gli sgomberi non possono avvenire in maniera discriminatoria o
se rendono senza casa gli sgomberati."
COHRE chiede al governo bulgaro di indire una moratoria su tutti gli
sgomberi di massa, fintanto che non si arrivi ad un quadro legale adeguato per
assicurare che non avvengano sgomberi arbitrari e contro la legge o altri
sgomberi forzati e che il governo agisca in accordo con le leggi internazionali.
Inoltre l'organizzazione chiede al governo di assicurare che tutti i
residenti, inclusi quelli di discendenza rom, ottengano un grado sufficiente di
sicurezza di proprietà ( la sicurezza che venga riconosciuta il diritto della
persona alla propria terra) che garantisca protezione legale contro sgomberi
forzati, molestie e altre minacce.
Dopo aver organizzato con successo due concerti di solidarietà per l’Aquila
in collaborazione con l’Orchestra Sinfonica Abruzzese Alexian Santino Spinelli
torna a mettere a disposizione dell’Aquila la sua musica.
Giovedì 6 maggio in Piazza Duomo all'Aquila a partire dalle ore 20,00 Alexian
sarà in concerto subito dopo la fiaccolata che partirà dalla villa comunale alle
h. 18,30 per dirigersi presso la casa dello studente e poi in piazza. Con
questo evento si commemorerà la memoria dei ragazzi morti nel sisma del sei
aprile 2009.
Alexian Santino Spinelli suonerà con l’Alexian ta le Chavè group composto da -
Alexian Santino Spinelli (Fisarmonica e voce), Gennaro Spinelli (violino e
percussioni), Evedise Spinelli (arpa), Giulia Spinelli (violoncello e voce
recitante) al quale si uniranno Antonio e Liviana Ranieri alle chitarre.
Questa mattina a Metropoliz, lo spazio meticcio di via Prestina, in seguito
alla segnalazione di alcuni operai dell’Acea che denunciavano un furto di
corrente elettrica da parte degli abitanti, sono arrivate 7 volanti dei
carabinieri.
I militari sono entrati nella parte dello stabile abitata dalla comunità di
Rom rumeni e, dopo aver identificato tutti gli uomini presenti, hanno proceduto
alla perquisizione degli alloggi.
Nonostante l’operazione si sia risolta in un niente di fatto, tra minacce e
esibizioni di armi 7 uomini sono stati fermati e fotosegnalati al comando
dei carabinieri del Torrino, prima di essere tratti in stato di arresto per
furto di corrente elettrica e condotti presso il carcere di Regina Coeli.
Alle donne e ai bambini che in lacrime e spaventati tentavano di impedire che
venissero portati via i loro uomini non sono state date spiegazioni. Si è
inoltre rivelato vano il tentativo di appellarsi alle istituzioni, la Prefettura
in primo luogo, per chiedere la tutela dei diritti di queste cittadine e
cittadini.
Denunciamo il comportamento delle forze dell'ordine che hanno costretto i
bambini ad assistere a scene di violenza totalmente immotivata, dall’estrazione
di armi da fuoco all’irruzione nelle proprie abitazioni, con palese violazione
dei diritti dell'infanzia riconosciuti da convenzioni internazionali che
l'Italia ha ratificato da quasi vent'anni.
Ci opponiamo, inoltre, a questa concezione della legalità a senso unico, per
cui si procede impeccabilmente a difendere diritti di aziende e privati mentre
si continuano a violare i diritti sanciti dalla Costituzione italiana, in primo
luogo quello alla casa e alla salute, in una città messa in ginocchio
dall'emergenza abitativa.
Denunciamo, infine, il pesante clima di razzismo istituzionale e la continua
persecuzione perpetrata a danno di cittadini appartenenti, peraltro, all’Unione
Europea: il provvedimento di arresto risulta infatti ingiustificato perché, per
prassi, analoghe vicende si risolvono con una denuncia a piede libero.
Silvana Restucci e Salvatore Spinoli vivono in una tenda nel fango a
Villaggio Ruffini: "Siamo dei siciliani trattati peggio degli zingari"
PALERMO. "La casa spetta a noi, che abitiamo da anni in una tenda nel fango a
Villaggio Ruffini, siamo dei siciliani trattati peggio degli zingari". Lo dicono
Silvana Restucci e Salvatore Spinoli, una coppia che è accorsa in via Bonanno
per protestare contro l'assegnazione dell'attico, da parte del Comune, a una
famiglia di Rom. "Il comune pensa agli zingari - continuano - e si dimentica
di noi che viviamo peggio degli animali, accampati in una tenda e costretti a
fare i nostri bisogni nei recipienti. I Rom continuino a stare per strada, noi
veniamo prima di loro". "Adesso scoppia una guerra tra poveri - concludono -
perché non gli permetteremo di entrare in casa". Da parte dei commercianti c'é
perplessità. "Per Valeria Amari, impiegata in un negozio di fiori di via Bonanno,
in linea di principio tutti hanno diritto ad una casa e quindi anche i Rom. E'
indubbio, però, che vi sia un po' di paura, perché temiamo furti e rapine. Del
resto, di cosa vivono loro?". Per il cassiere di un discount vicino, invece,
"non c'é nessuna differenza, perché a volte i palermitani sono più delinquenti
degli stranieri".
Di Fabrizio (del 03/05/2010 @ 22:39:38, in Kumpanija, visitato 1635 volte)
venerdì 7 maggio dalle 19.30 a mezzanotte FORMA MOODS Open Restaurant & Bar - piazza Tito Lucrezio Caro 1
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Un appuntamento mensile per far vivere le forme espressive della cultura romanì
a Milano
Sul terrazzo:
Buffet tzigano
Musica romanì
Spettacolo di ballo
tutto compreso 10 euro
Nel salone:
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Sartoria, borse, vestiti
promosso da Opera Nomadi e Cooperativa sociale Romano Drom in collaborazione con Consorzio SIR e Cooperativa sociale Arca di Noe
Di Fabrizio (del 03/05/2010 @ 09:38:15, in scuola, visitato 1709 volte)
Segnalazione di Ernesto Rossi
domenica 9 maggio 2010 dalle 11.00 alle 19.00
piazza Leonardo da Vinci, Milano
il Comitato di zona 3 per una Scuola di Qualità invita:
ore 11: la gara di biglie
mostra fotografica scuole Pini e Feltre (Rubattino)
ore 12.30/14: cibi e sapori dal mondo
ore 14: musica, teatro, interventi - Orchestra di via Padova, Muzikanti di
Balval, Blue Cacao, Brincadera, Contrabbanda, Rosa dei Venti, Rhapsodija Trio,
Cabaret Migrante e altri
video e laboratori
informazioni su tagli agli organici, bilanci e mense, tutto sulla scuola
promuove: Comitato di zona 3 per una Scuola di Qualità
Sára (17 anni) ha tre fratelli e tre sorelle. Attualmente studia alla Scuola
Superiore per l'Impresa e la Legge a Brno, ama cantare e vorrebbe entrare in
affari una volta finiti gli studi. Recentemente ha passato diverse settimane
negli USA, dove ha fatto esperienza ed ha esposto le sue idee che vuole
applicare nel lavoro con i bambini della comunità rom. In altre parole, questa
giovane intelligente ha già fatto tanta strada. E' anche una Romnì.
Incontrai Sára la prima volta presso l'OnG IQ Roma servis, dove frequentava
le lezioni di canto e contribuiva alla rivista Romano VIP. E' sorprendente
quanto carisma si irradia da questa giovane e quanta ambizione abbia. Si
vede nel futuro come imprenditrice, ma vorrebbe anche essere più coinvolta con
eventi che abbiano a che fare con la comunità rom. Intende focalizzarsi
soprattutto sul lavoro coi bambini, in quelle attività che non solo li
aiutino a passare meglio il loro tempo, ma anche a sviluppare le loro
personalità. Ha inoltre programmi ancora più audaci: nel futuro vorrebbe
contribuire ad avvicinare la comunità rom e la maggioranza e cancellare i
rispettivi pregiudizi e barriere sociali.
Anche se Sára è piena di giovanile ottimismo, è troppo penosamente
completamente cosciente della complessità della situazione nella Repubblica Ceca
in cui si trova la minoranza rom. Già in tenera età, ha avuto esperienza diretta
della discriminazione razziale. Come racconta, "credo che i Cechi non siano
abituati a chi ha un aspetto differente dalla maggioranza, per esempio, a quanti
hanno un colore di pelle differente. Trattano questa gente con sospetto, se non
razzismo. Non riguarda soltanto l'attitudine verso i Rom, ma anche verso gli
stranieri." Sára ha notato questo comportamento ambiguo verso chi è differente,
sulla base delle sue esperienze personali: "A volte quando la gente non mi
conosce mi giudica secondo il mio aspetto, si comporta differentemente nei miei
riguardi, lasciatemi conoscere come differente." Tuttavia, Sára passa sopra
queste esperienze ed accetta la vita come è.
Una persona che vive come parte di una minoranza, che sia etnica, razziale o
religiosa, sperimenta il mondo da una prospettiva differente rispetto a chi vive
come parte della società maggioritaria. I componenti delle minoranze provano
preoccupazioni che chi non è passato da queste esperienze può immaginare a
fatica. Ci sono momenti spiacevoli quando qualcuno vi grida dietro a causa del
vostro aspetto. C'è la sensazione di minaccia quando si passa accanto ad un
gruppo di teste rasate. Non conoscete sensazioni simili. Per Sára, è
un'esperienza di tutti i giorni essere osservata con attenzione dallo staff di
un negozio perché pensano che possa rubare qualcosa, o che qualcuno eviti di
sedersi accanto a lei sul bus.
Nonostante tutto questo, Sára non molla e persegue i suoi sogni. Ricava il
suo entusiasmo dalla motivazione avuta dalla permanenza negli USA, dove, come
dice, ha capito che se gli altri possono raggiungere i loro desideri, anche lei
lo può.
This article was originally published in Romano hangos 5-2010 at
http://www.srnm.cz - Radka Svaèinková,
translated by Gwendolyn Albert
Miguel Mora nel corso di un incontro alla Casa della Pace di Roma
sull'informazione, riporta all'attenzione il caso Angelica, ragazza rom di
Ponticelli (NA) accusata di aver rapito una bambina. Dopo il rapimento, poi
rivelatosi falso e presunto orchestrato dal clan Sarno, i campi rom vengono
svuotati e gestiti di fatto dai clan locali. Inchiesta completa su
napoli.blogolandia.it
Di Fabrizio (del 01/05/2010 @ 08:59:17, in Italia, visitato 2164 volte)
Siamo felici di invitarvi all’inaugurazione della mostra-esposizione
"Via Rubattino n. zero"
vite in sospeso: cronache da uno sgombero nella città di Milano
Inaugurazione 10 Maggio alle ore 15,30 con la performance teatrale di
Compagnia Brincadera
presso l’Università degli studi di Milano Bicocca, Edificio U6 piano –1.
Realizzata dalla Cattedra di Pedagogia interculturale del Professore
Raffaele Mantegazza, con il patrocinio del Dipartimento di Scienze umane per la
formazione.
La mostra racconta l’esperienza di un gruppo di rom romeni prima e dopo lo
sgombero del 19 Novembre 2009, avvenuto nell’insediamento di Via Rubattino.
E’ un omaggio a tutte le famiglie rom, gli insegnanti, gli operatori sociali, i
compagni di classe, i genitori e tutti i cittadini che hanno saputo costruire
relazioni positive.
La mostra vuole essere un’occasione per pensare la città, le sue contraddizioni
e possibilità, le politiche in essa attuate rispetto alla questione rom.
Vi saremmo inoltre grati se poteste diffondere l’iniziativa.
Firma questa carta o moriraiIngannate nell'autorizzare la
propria sterilizzazione, un gruppo di donne romanì si sono unite nel combattere
per i propri diritti riproduttivi. by Sophie Kohn 20 aprile 2010
OSTRAVA, Repubblica Ceca | Elena Gorolova aveva un gran dolore. Le infermiere e
i dottori gridavano attorno a lei, cercando di inserirle un pallone tra le gambe
per fermare l'uscita del suo bambino e così utilizzare un parto cesareo.
Gorolova e suo marito, Bohus, una coppia con altri due bambini a casa, erano
eccitati alla prospettiva di un altra aggiunta alla loro giovane famiglia.
Ma per i dottori, il nuovo arrivo significava che Gorolova finiva nella terza
sezione-C. Le dissero che un altro parto sarebbe stato fatale.
Le misero semplicemente un foglio in mano ed improvvisamente le dissero:
firma o morirai. Non c'era tempo per domande, spiegazioni, riflessioni.
Elena Gorolova
"Non lo lessi," spiega con calma Gorolova, abbassando i vividi occhi marroni.
"Non c'era nessuno con me. Nessuno mi disse cosa stava succedendo. Ero
totalmente fuori di testa e così firmai."
E lì, mentre stava per dare alla luce, le capacità riproduttive di Gorolova
furono interrotte. Poco dopo aver partorito suo figlio col taglio cesareo, i
dottori sterilizzarono irreversibilmente Gorolova tagliandole le tube di
fallopio. Era il settembre 1990.
Come Gorolova scoprì più tardi, si stima che 90.000 donne romanì nella
Repubblica Ceca sono passate per la stessa esperienza negli scorsi 40 anni,
molte di loro terrorizzate nel firmare l'autorizzazione alla sterilizzazione,
dopo che i dottori dissero loro che partorire nella sezione-C era a rischio
della loro vita.
Due giorni dopo che Gorolova diede alla luce il suo terzo figlio, il
direttore dell'ospedale di Ostrava, una città industriale a 15 km. ad est dal
confine polacco, spiegò che la sterilizzazione era l'unica maniera per essere
sicuri che lei non avrebbe più partorito. Era medicalmente necessario, disse. In
quel momento Gorolova arrivò a negare che l'ultimo nato fosse suo.
Lei e l'offeso marito Bohus hanno dubitato che la spiegazione razionale che
avevano appena ricevuto fosse il motivo reale Gorolova era stata sterilizzata.
Andarono al tribunale di Ostrava a chiedere una spiegazione. Furono
immediatamente cacciati fuori.
Ancora nessuna scusa
Per oltre 15 anni, Gorolova ha pazientemente lottato con la vergogna. Bohus
frequentava un pub del posto dove gli altri rom gli dicevano che sua moglie non
serviva a nulla.
Vlasta Holubova
La maternità è importante nella cultura romanì, dice Vlasta Holubova - 45
anni, un'altra romnì di Ostrava sterilizzata senza il suo consenso nel dicembre
1988, mentre stava partorendo il quarto figlio. Dice "La gente che ha più figli
in famiglia è ricca. Avere tanti bambini è come un tesoro."
Negli scorsi quattro anni, Gorolova ed altre sterilizzate contro volontà si
sono unite come una singola voce per i diritti riproduttivi. Spalleggiate da
avvocati di spicco, le donne si sono lanciate in una campagna di testimonianza
dentro la Repubblica Ceca ed attraverso campagne all'estero. Il loro lavoro è
stato recentemente riconosciuto dal governo.
A novembre, l'amministrazione ceca ha espresso rammarico sulle
sterilizzazioni, senza però arrivare ad una piena ammissione di colpa. Il
governo ha quindi ordinato al Ministero della Salute di revisionare le proprie
pratiche per assicurarsi che non avvengano più in futuro sterilizzazioni senza
un consenso propriamente informato.
Secondo la legge, il consenso senza informazione è da considerarsi una base
insufficiente per qualsiasi intervento medico, inclusa la sterilizzazione.
Eppure, soltanto una manciata di queste sterilizzazioni è arrivata ai tribunali,
col risultato di isolate scuse ed alcune compensazioni finanziarie. I dottori
responsabili non hanno subito alcuna punizione.
Controllo della popolazione
Otakar Motejl, difensore civico ceco e convinto sostenitori dei diritti romanì,
dice di non essere pienamente soddisfatto della risposta governativa e chiede
che i Rom continuino a battersi per una piena compensazione. Però "a causa della
natura personale [dei reclami], non possiamo aspettarci grandi folle di donne
che si rivoltano nelle strade," spiega in un'intervista telefonica dal suo
ufficio nella città orientale di
Brno.
Ottenere scuse ufficiali dal governo è ancora più complicato perché "il governo
che ora si sta scusando ha davvero poco a che fare con l'organizzazione che
iniziò il programma di sterilizzazione," dice Motejl, riferendosi al fatto che
gli operatori sanitari dell'epoca lavoravano sotto istruzione dell'ex regime
comunista.
Le prime emozionanti azioni iniziarono nel 2005, quando Motejl fece pressioni
sul governo perché il governo investigasse sui numerosi reclami di
sterilizzazioni forzate che crescevano sulla sua scrivania, la maggior parte da
donne romanì di Ostrava.
Spiega che quando la Repubblica Ceca era uno stato comunista, la pratica che
descrive come "controllo della popolazione" era che gli operatori sociali
obbligavano alla sterilizzazione i Rom. In quei tempi, minacciavano di portare
via i bambini se le donne non consentivano alla procedura.
"Stavano infrangendo la legge durante il sistema comunista perché non volevano
far far nascere altri Rom," dice Gorolova.
Con la caduta del comunismo, la pratica apparentemente ebbe termine, ma il caso
di Gorolova è la prova che i responsabili semplicemente usarono metodi
differenti per ottenere i medesimi risultati. I dottori allora presenterebbero
la procedura alle romnià come una urgente necessità medica, scegliendo gli
intensi, paurosi e disorientanti momenti del travaglio come il periodo migliore
per estorcere l'accordo.
Anche alcune donne ceche non-rom sono state vittime di sterilizzazioni
involontarie; Holubova parla di donne che lo stato considerava "socialmente più
deboli", scarsamente istruite o disabili, come obiettivi tipici.
Imparare a parlare
Le mani di Gorolova ostentano anelli d'oro su ogni dita. Siede calma mentre
racconta la sua storia, sul luogo di lavoro negli uffici di Ostrava di Life
Together, un gruppo dedicato ai diritti romanì.
Gorolova arrivò in Life Together nel 2006, quando un rapido notiziario apparve
una sera sullo schermo della sua televisione. Sorride e dice, "Ho capito che vi
appartenevo."
Molto presto, altre donne rom sterilizzate provarono a bussare alle porte
dell'organizzazione. Le donne si sedevano attorno ad un lungo tavolo e, per la
prima volta, offrivano le loro storie. Da questi inizi lanciarono un progetto
chiamato "Non sei sola". Mandarono Gorolova, eletta portavoce, nella comunità ad
incoraggiare altre vittime della sterilizzazione a farsi vive.
Ma le donne avevano paura di parlare. Alcune vittime non romanì delle
sterilizzazioni rifiutarono di partecipare agli incontri perché non volevano
mescolarsi con gli stigmatizzati Rom. Molti pensarono che Gorolova avesse
parlato della sua storia per ottenere soldi dal governo. Così, quando le donne
non volevano andare da lei, Godolova le visitava a casa loro. Lentamente, le
approcciò.
"La principale ragione per cui le donne mi hanno creduto, è che io stessa sono
passata per la sterilizzazione, e so come si sentono. Non sono un'estranea,"
dice dolcemente.
Le donne rom tradizionalmente hanno molti bambini già da giovani e restano a
casa a crescerli. Possono passare decenni tra il primo figlio e l'ultimo.
Inoltre, dato che i Rom incontrano una significativa ostilità fuori dalle loro
comunità, le donne possono finire abbastanza isolate negli anni in cui crescono
i figli. Per molte di loro, il coinvolgimento in Life Together ha svegliato
abilità sociali atrofizzate, riaccendendo un senso di scopo. Gorolova
attribuisce persino al suo attivismo la decisione di prendere un diploma di
scuola superiore.
"Per 15 anni sono stata disoccupata," dice. "Ho dimenticato totalmente come
comunicare con la gente. Non avrei mai pensato che sarei stata capace di
comunicare con gente a questo livello, e che avrei dovuto farlo col governo."
Gorolova elenca con semplicità le realizzazioni di cui è più orgogliosa nel suo
lavoro con Life Together. L'organizzazione ha organizzato una consulenza
psichiatrica per le donne, un'esposizione fotografica delle case e delle
famiglie romanì, in palazzi del governo e musei in tutto il paese, ed iniziato
dei forum di discussione con ginecologi. Gorolova viaggia spesso assieme a Gwendolyn Albert,
attivista romanì americana che ha tradotto i discorsi di Gorolova nelle
presentazioni a New York, Strasburgo, Grecia e Svizzera.
Nonostante gli sforzi delle donne, Holubova dice che l'ammissione del governo è
più un contentino alle pressioni internazionali che una sincera espressione di
scusa. Tutti e quattro i figli di Holubova hanno trasferito le loro giovani
famiglie in Inghilterra e Canada per fuggire dalla discriminazione che sentono
come Rom nella Repubblica Ceca. Mentre osserva il quieto, fumoso appartamento
che ora condivide solo con suo marito, il suo disappunto per la propria patria è
palpabile.
"I ragazzi sono già cresciuti. Volevamo ancora un figlio o una figlia, per non
rimanere così da soli," dice.
Mentre parla, i suoi tre curiosi nipoti, in visita assieme ai genitori dalla GB,
attorniano la poltrona, ridendo. La più piccola, Natalia, sorride con malizia,
dondolando le gambette bardate di stivaletti d'argento.
Quando le si chiede cosa la fa andare, Holubova sorride pensosamente e pone un
braccio protettivo attorno a Natalia. Risponde "questi bambini".
Sophie Kohn is a writer in Toronto. Photos by Valter Ziantoni.
Continuo con la mia personale antologia delle poesie di
Paul Polansky. Un'anticipazione, sarà a Milano il prossimo 27 maggio. A
presto i particolari
UN VESTITO NUOVO
Una infermiera continuava a venire a casa mia
per convincermi.
"Eva", diceva
"hai già troppi figli.
Fai questa operazione e potrai
avere belle cose in cambio."
Avevo ventidue anni.
ero incinta del mio quinto figlio.
Mio marito era in prigione.
Acconsentii all'aborto,
ma non ero sicura riguardo all'altra cosa.
Dopo essere tornata a casa dall'ospedale,
l'infermiera mi diede dei soldi
per un vestito nuovo.
Fu allora che seppi
di essere stata sterilizzata.
"Certo che hai acconsentito," disse lei.
"Sul tavolo operatorio... hai annuito."
Disclaimer - agg. 17/8/04 Potete
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