Conoscere non significa limitarsi ad accennare ai Rom e ai Sinti quando c'è di mezzo una disgrazia, ma accompagnarvi passo-passo alla scoperta della nostra cultura secolare. Senza nessuna indulgenza.
Di Fabrizio (del 17/05/2010 @ 09:13:53, in Regole, visitato 1634 volte)
Carissimi/e,
in occasione del consiglio di Zona 3 di ieri ho presentato, con altri
consiglieri, l’interrogazione di cui riporto il testo qui di seguito.
Antonella Fachin - Lista civica Uniti con Dario Fo
INTERROGAZIONE nella seduta del 13 maggio 2010
I sottoscritti
Premesso che
- Da notizie sui quotidiani, il comune di Milano ha effettuato circa 300
sgomberi forzati in quasi tre;
- Sempre da notizie giornalistiche uno sgombero costa mediamente 20.000 euro ma
può costare anche 30.000 euro e più e quindi ad oggi il Comune di Milano ha
speso circa 9 milioni di euro;
- Le disposizioni delle Nazioni Unite e quelle del Comitato dei Ministri del
Consiglio d'Europa in materia di sgomberi forzati stabiliscono tra l’altro:
o le garanzie minime di rispetto dei diritti umani, vietando inutili accanimenti
sulle persone sgomberate (in occasione di ogni sgombero i servizi sociali del
Comune offrono soluzioni che impediscono alle famiglie di stare unite, ai bimbi
di età inferiore ai 7 anni di continuare a stare insieme a entrambi i genitori e
ai bimbi di età superiore ai 7 anni di stare con la propria madre), nonché
o la preventiva predisposizione di adeguate alternative abitative per i nuclei
familiari;
Considerato che
- Gli sgomberi forzati compiuti nel Comune di Milano non hanno sinora rispettato
le disposizioni delle Nazioni Unite e quelle del Comitato dei Ministri del
Consiglio d'Europa in materia;
- Le persone allontanate forzatamente si disperdono momentaneamente sul
territorio circostante per poi trovare rifugio nelle innumerevoli aree private
da anni dismesse e abbandonate nelle periferie di Milano;
- In assenza di progetti individuali e/o per nucleo familiare ai fini della
integrazione lavorativa e abitativa, oltre che della scolarizzazione dei minori-
gli sgomberi forzati non rappresentano una soluzione, ma costituiscono un vano
tentativo di spostare le persone da una zona periferica a un’altra zona
periferica, come fosse una “fatica di Sisifo” sia per il Comune, sia per le
persone coinvolte;
- Le uniche persone che non vivono più in rifugi precari e in aree abbandonate,
ossia le persone che non vivono più da “abusivi” sono SOLO quelle che, grazie ai
percorsi di integrazione abitativa e lavorativa realizzati da associazioni di
volontariato e da comuni cittadini, oggi vivono in appartamento, di cui pagano
il canone calmierato, in vista di una totale autonomia lavorativa ed economica;
- Sono disponibili le prime valutazioni delle politiche di integrazione e
promozione sociale per i gruppi rom e sinti realizzate in svariate città europee
e italiane, le quali dimostrano che:
o una forte presenza pubblica è elemento centrale per favorire percorsi duraturi
di inserimento sociale di individui fortemente stigmatizzati ed
o è possibile perseguire una vera politica sociale nei confronti dei gruppi
romanì e sinti, con buoni esiti in termini di efficacia, e con costi non
eccessivi e che vanno riducendosi nel tempo, gestendo il mandato pubblico in
collaborazione con il terzo settore su progetti e interventi da attuare.
Tutto ciò premesso,
chiedono
a Sindaco e Vicesindaco di Milano,
all’Assessore alla famiglia, scuola e politiche sociali e
al Prefetto di Milano
- di sapere quanti sgomberi sono stati effettuati dal 2008 ad oggi e quanti
soldi pubblici sono stati complessivamente spesi, specificando il numero di
mezzi e personale impiegati nei predetti sgomberi e le risorse economiche spese;
- di sapere, in merito alle risorse economiche destinate agli sgomberi, se esse
provengono
o dal bilancio del Comune e, in questo caso, a quali voci di spesa sono stati
sottratti, o
o dal bilancio dello Stato e, in questo caso, con quale precisa destinazione
siano stati assegnati e più precisamente se tali risorse debbano essere
destinate esclusivamente a sgomberi o se possano e/o debbano essere destinati a
processi di integrazione delle minoranze etniche Romanì e Sinta;
- di sapere chi ha provveduto con ruspe, gru, camion ecc. a smantellare e
distruggere i rifugi nei 300 sgomberi effettuati; ossia se sono operatori
esclusivamente pubblici o anche privati e, in questo secondo caso, di sapere:
o quanti sono gli operatori privati coinvolti,
o come sono stati scelti, se con gara pubblica o per trattativa privata,
o che tipo di contratto/accordo hanno stipulato con il Comune e quanto è il
valore economico complessivamente corrisposto a ciascun operatore privato nel
2008, nel 2009 e nei primi 4 mesi del 2010;
- di sapere se il Comune e la Prefettura abbiano effettuato una disamina dei
risultati sinora ottenuti in relazione ai milioni di euro spesi e se, alla luce
dei miseri risultati e degli enormi soldi spesi, non siano finalmente giunti
alla conclusione che il metodo esclusivo degli sgomberi non è efficace;
- di sapere se abbiano finalmente concluso che rappresenta uno SPRECO di denaro
pubblico -ancora più grave in un periodo di crisi che richiederebbe maggiore
OCULATEZZA, oltre che LUNGIMIRANZA- il ricorso esclusivo a sgomberi che sinora
hanno distrutto non solo beni materiali, anche quelli che erano di proprietà dei
rom e dei sinti allontanati, ma anche i processi di scolarizzazione che erano in
atto, negando i più elementari e internazionali diritti dell’infanzia, e le reti
di socialità e solidarietà che faticosamente il privato sociale aveva intessuto
e che continuerà comunque ad offrire;
- di sapere se, dopo circa tre anni di sgomberi, e in assenza di risultati
significativi dato che vengono allontanati sempre gli stessi nuclei familiari e
gli stessi individui di etnia romanì e sinta, identificati ad ogni sgombero e
perciò ormai ben noti all’amministrazione comunale, si voglia affrontare la
questione in maniera razionale e con buon senso e non più in maniera ideologica
e ottusa;
- di sapere se si voglia ancora negare l’evidenza da un lato del fallimento
della politica adottata da Milano e dall’altro del successo delle
amministrazioni comunali (sia di destra che di sinistra), quali Mantova,
Vicenza, Venezia, Treviso, Padova, Bergamo, Trento, Bologna, Settimo Torinese,
Modena, Pisa, Buccinasco, che si sono assunte la responsabilità di offrire
percorsi di integrazione e di sostegno e garanzie reputazionali alle famiglie e
persone di etnia romanì e sinta desiderose di avere una opportunità di vita
dignitosa, all’interno della comunità e non ai suoi margini, come reietti. Tali
città, infatti, hanno realizzato politiche di più seria e incisiva integrazione
e hanno così permesso non solo la dismissione dei campi rom ma, a molto minor
costo rispetto a Milano, hanno risolto la problematica al punto che, come pare,
non sono stati necessari ulteriori nuovi campi (a fronte di alcun nuovo
insediamento abusivo);
- di sapere se sia vero che in occasione di ogni sgombero, vengano distrutti e
sottratti anche i beni di proprietà delle persone e famiglie sgomberate in
quanto acquistati o ad esse donati dai volontari o da altri cittadini (v. ad es.
coperte, tende, generatori di energia, fornelli, indumenti ecc.) e, in caso
affermativo, se non ritengano che tali azioni possano costituire atti di abuso
di potere e in violazione delle norme del nostro diritto oltre che del principio
costituzionale che “la legge è uguale per tutti” e, analogamente, anche il
diritto di proprietà.
Di Fabrizio (del 16/05/2010 @ 09:45:21, in scuola, visitato 1812 volte)
Segnalazione di Laura Coletta
Cari bambini vi proponiamo un piccolo viaggio tra ricordi del passato e
natura, a bordo delle vostre biciclette per guardare il quartiere con altri
occhi. Domenica 23 maggio alle ore 15:00 tutti in sella davanti alla scuola
elementare di via Russo, andremo a vedere il poco distante monumento di P.zza
Piccoli Martiri e poi proseguiremo lontani dal traffico automobilistico, immersi
in un raro angolo di natura milanese: percorreremo la ciclabile lungo il
Naviglio Martesana fino ad incontrare il fiume Lambro, poco oltre il campo Rom
di via Idro, dove abitano (kaj bešé? dove abiti?) alcuni alunni dell'Istituto
Comprensivo Russo- Pimentel..
Associazione Elementare Russo Nata il 2 ottobre 2008 da un gruppo di persone che da oltre un anno
volontariamente lavoravano insieme per cercare di far risolvere i molti problemi
del complesso scolastico della scuola elementare "Russo-Pimentel" in via Russo
23/27. L’Associazione si propone inoltre di:
-promuovere tutte le iniziative
necessarie a promuovere la cultura della solidarietà, dell'impegno civile, della
pace, della tutela ambientale e dell'integrazione sociale;
-essere costantemente
di stimolo alla scuola nel suo obbiettivo primario di formare uno studente che
sia innanzi tutto un cittadino;
-contribuire al miglioramento delle condizioni
di vivibilità e fruibilità del territorio. L’Associazione aspira infine a
diventare uno dei riferimenti per la vita del quartiere, cooperando con altre
associazioni impegnate in progetti per la costruzione di una città a misura di
bambino.
Di Fabrizio (del 16/05/2010 @ 09:36:51, in conflitti, visitato 2062 volte)
(il
link
per chi legge da Facebook) Un appel de La voix des Rroms / Video realisee
par GadjeProductions
Testo di Roberto Malini
Domani, 16 maggio, l'associazione La Voix des
Rroms celebra per la prima volta in Francia il
66° anniversario dell'insurrezione dei Rom e
Sinti ad Auschwitz-Birkenau. Raymond Guèreme,
sopravvissuto ai campi e protagonista della
Resistenza testimonierà la sua esperienza. La
canzone che gli dedicarono le sue sorelle, anche
loro internate nei campi, come tutti i Rom
catturati dai nazisti, sarà interpretata, con la
partecipazione di trenta artisti, durante la
celebrazione. [...]
Qui di seguito, il testo
scritto da Roberto Malini due anni fa, per
ricordare la pagina tragica e
gloriosa dei Rom e Sinti chiusi
nello Zigeunerlager di Auschwitz e
tradotta in francese dal prof.
Saimir Mile per "La Voix des Rroms".
"Per opporre alla
discriminazione dei Rom ragioni di
civiltà è fondamentale celebrare
ogni anno, nelle ricorrenze, la
memoria delle vittime Rom
dell’Olocausto," ha scritto
recentemente l'autore nel corso di
un progetto per la Croce Rossa.
"Scrissi il brano che segue il 16
maggio 2008, per ricordare una
pagina di memoria del Samudaripen e
dei suoi martiri, che nello stesso
giorno, nel 1944, vergarono con il
sangue una pagina indimenticabile di
resistenza ed eroismo ad Auschwitz,
la «fabbrica della morte».
Siamo tutti Rom
Per opporre alla discriminazione
dei Rom ragioni di civiltà è
fondamentale celebrare ogni
anno, nelle ricorrenze, la
memoria delle vittime Rom
dell’Olocausto. Scrissi il brano
che segue il 16 maggio 2008, per
ricordare una pagina di memoria
del Samudaripen e dei suoi
martiri, che nello stesso
giorno, nel 1944, vergarono con
il sangue una pagina
indimenticabile di resistenza ed
eroismo ad Auschwitz, la
«fabbrica della morte».
Il 16 maggio 1944 4.000 Rom
internati nello zigeunerlager di
Auschwitz decisero di opporsi ai
loro aguzzini, che secondo
programma erano venuti a
prelevarli, per condurli nelle
camere a gas. Di fronte a
un’umanità ridotta in condizioni
pietose – formata da nugoli di
bambini pelle e ossa, donne e
capifamiglia scalzi – si trovava
la più potente e organizzata
macchina di oppressione morte di
tutti i tempi. Non furono solo
gli uomini a decidere di non
piegare il capo di fronte ai
carnefici in divisa; anche le
manine ossute dei bimbi e delle
donne raccolsero pietre,
mattoni, spranghe, rudimentali
lame e tutti insieme i Rom di
Auschwitz dissero: «No!».
«Non vi daremo i nostri piccoli,
perché li facciate uscire dai
vostri camini. I vostri medici
ne hanno già straziati tanti,
sperimentando la loro scienza
mostruosa su di loro. Le loro
urla salivano fino al cielo, più
in alto ancora del fumo denso
che usciva dai crematori, più in
alto ancora delle nostre
preghiere. Non annienterete le
nostre famiglie, cui avete già
tolto i doni preziosi della
libertà e della dignità. Non
lasceremo alle vostre mani
rapaci, ai vostri cuori
tenebrosi, al vostro odio
disumano la bellezza delle
nostre vite, la santità
dell’amore che unisce le nostre
famiglie in un popolo povero, ma
fiero». Le mamme stringevano al
petto i bimbi più piccoli,
mentre combattevano; i ragazzini
difendevano lo Zigeunerlager
finché il sangue non li copriva,
rendendoli simili agli spiriti
della vendetta delle leggende;
braccia scure brandivano armi
rudimentali in un impeto
instancabile, finché le SS si
ritirarono, esterrefatte davanti
a quell’eroismo, a quel coraggio
sovrumano che affrontava le
pallottole e le baionette con la
carne nuda. Le SS si ritirarono,
portando con sé molti cadaveri
tedeschi. Solo il 2 agosto 1944
i nazisti – dopo aver ridotto in
fin di vita la popolazione Rom
prigioniera della «fabbrica
della morte», limitando al
minimo il suo sostentamento
alimentare – riuscirono a
liquidare lo Zigeunerlager.
2.897 eroi Rom furono
assassinati in una sola notte
nelle camere a gas di Birkenau.
Oggi, 16 maggio 2008, siamo di
fronte agli eredi dei carnefici
di Hitler. I mandanti del nuovo
crimine di massa sono quegli
uomini e quelle donne che
vediamo ogni giorno sulle pagine
dei giornali e in TV,
sorridenti, pieni di boria,
rifatti dal lifting e dal
trucco, con le bocche ghignanti
piene di parole che suonano come
«legalità», «giustizia»,
«sicurezza», ma che significano
persecuzione, razzismo e morte.
Li vediamo ogni giorno e non
hanno più colore politico,
perché sono uniti e uniformati
dall’odio. Non hanno rispetto di
niente: non della vita, non dei
diritti umani, non delle leggi
universali, non della nuova
Europa che si oppone ai
pregiudizi. Hanno istigato
violenze e pogrom in tutta
Italia, ingannando le masse con
calunnie razziste e incitamenti
alla violenza xenofoba. Non li
fermeremo, noi che vediamo
ancora la luce dei Diritti
Umani, noi che adesso siamo
tutti Rom, noi che vogliamo
essere Rom perché vogliamo
essere giusti, non li fermeremo
se non decidiamo fin da adesso
di ereditare l’orgoglio dei Rom
di Auschwitz e non ci prepariamo
a schierarci accanto alle
famiglie perseguitate, sfidando
le autorità che non
rappresentano più nulla, le
divise che non rappresentano più
nulla, le più alte cariche dello
Stato che hanno tradito ogni
valore, che non hanno il diritto
ad esprimersi a nome di un
popolo, di una civiltà di
un’umanità che – fra tanti
orrori – ha creato anche un
testo che è un impegno a
costruire un futuro migliore per
tutti: la Dichiarazione
Universale dei Diritti Umani.
La Celere di De Corato,
cioè i reparti antisommossa dotati di caschi, scudi e manganelli, che la
Polizia Locale di Milano sta costituendo, sono impropri ed illegali.
Pertanto, oggi mi sono rivolto al Prefetto con una nota scritta,
chiedendo il suo urgente intervento affinché venga ristabilita la
legalità e scongiurata la costituzione di reparti antisommossa del
Comune.
Infatti, da qualche anno il
vicesindaco De Corato sta incentivando la formazione di nuclei speciali
nell'ambito della polizia municipale milanese, a partire da quelli
"problemi del territorio" e trasporto pubblico, che tendono ad assumere
compiti e funzioni che si sovrappongono a quelli delle forze
dell'ordine, sebbene ciò sia fuori dalla legge nazionale e regionale e
gli agenti coinvolti non dispongano di una formazione anche soltanto
lontanamente paragonabile a quella delle forze di polizia.
Non c'era dunque da
stupirsi che ad un certo punto saltasse fuori anche una specie di
reparto antisommossa, vecchio sogno finora proibito del vicesindaco. Era
successo sicuramente, come avevamo potuto documentare e denunciare
proprio noi, il 9 febbraio scorso, quando lo
sgombero dell'insediamento rom di
Chiaravalle fu eseguito da un reparto della Polizia Locale
equipaggiato con caschi antisommossa, manganelli e scudi con la scritta
"Polizia Locale" e in assenza di funzionari di polizia o carabinieri.
Ebbene, oggi l'edizione
milanese del quotidiano La Repubblica ha reso noto che
all'interno della PL di Milano sono iniziati i corsi di formazione per
la celere di De Corato. Prevedono anche esercitazioni pratiche in
palestra con l'armamentario antisommossa, anche se il tutto, cioè teoria
e pratica messi insieme, non dura più di 24 ore. Cioè, una sorta di
lezione in pillole: 24 ore e anche tu puoi fare il celerino.
Complimenti vicesindaco!
Dopo l'ennesimo abuso da parte di qualche agente dei reparti
antisommossa (vedi il caso Gugliotta), sempre più persone si rendono conto che
la formazione, tecnica e civica, andrebbe rafforzata e il nostro buon De Corato
se ne esce con l'instant-celerino…
Ma non è soltanto questione
di formazione, ma anche e soprattutto di legalità. Il nostro ordinamento
e le nostre leggi, nazionali e regionali, prevedono che di ordine e
sicurezza pubblica si occupi lo Stato –e dunque Polizia, Carabinieri e
Guardia di Finanza- e non i Sindaci, o i Vicesindaci, che dovrebbero
invece occuparsi di quello che gli compete e che troppo spesso
dimenticano.
Auspichiamo che il Prefetto
voglia intervenire in tempi brevi, perché con l'avvio dei corsi di
formazione è iniziata la fase della formalizzazione dei reparti
antisommossa e questo equivale all'istituzionalizzazione di una
situazione illegittima e illegale.
Di Fabrizio (del 15/05/2010 @ 09:04:59, in media, visitato 2460 volte)
Segnalazione di Roberto Malini
Milano, 13 maggio 2010. «Bambini rom costretti a rubare» è
un'inchiesta sulla vita dei bambini Rom prodotta da Bbc This
World (2009) e realizzata da Liviu Tipurita, che sarà
trasmessa su Current Tv domenica 16 maggio alle ore 23. Si
tratta di un documentario-farsa, preparato a tavolino per
rinfocolare pregiudizi atavici nei confronti del popolo Rom.
Come faccio ad affermarlo? Semplice: la produzione mi
contattò più volte, prima di girarlo. Il reporter romeno
aveva maturato l'idea di realizzare un'inchiesta-choc dopo
aver preso visione di un articolo apparso sul Corriere della
Sera (articolo che ho già commentato) dove si vedono bambini
Rom (fra i quali il famoso "Bobi") in posa davanti
all'obiettivo di un fotografo, nell'atto di compiere - ora
con la mano destra, ora divenendo improvvisamente mancini -
borseggi nei pressi della Stazione Centrale di Milano,
davanti ai passanti che osservano quelle "performance" senza
manifestare il minimo turbamento. Dopo l'arresto, il piccolo
"Bobi", secondo le autorità e il giornalista del Corriere,
avrebbe chiesto di essere allontanato dai genitori-aguzzini
e affidato a una brava famiglia italiana. Nella realtà, il
piccolo è stato sottratto alla famiglia e affidato a
comunità in attesa di essere inserito in nuclei familiari
italiani per ben trenta volte (sic!), ma ogni volta è
fuggito per tornare dai suoi, preferendo la povertà di una
baracca - ma insieme ai suoi cari - agli agi promessi dalle
assistenti sociali e dai tanti amici della "legalità". Ho
spiegato con chiarezza alla produzione la mia perplessità
sulle foto apparse sul quotidiano italiano, così come sui
numerosi casi in cui persone di etnia Rom venivano accusate
di crimini efferati, al fine di provocare intolleranza nel
popolo italiano e rendere possibile la grande operazione di
pulizia etnica che avrebbe successivamente ridotto i Rom in
Italia da circa 180 mila agli attuali 40 mila. Ho spiegato
all'entourage di Tipurita che i Rom solo in casi rari di
devianza picchiano i loro bambini e che l'elemosina era il
solo mezzo con cui le famiglie potevano procurarsi mezzi di
sopravvivenza. Ho proposto loro di incontrare la famiglia di
"Bobi", che si trovava in un insediamento a Pioltello, e di
intervistare alcune giovani Rom costrette dalla povertà e
dall'emarginazione a vivere mendicando. I responsabili di
produzione, però, non accoglievano alcuna delle mie
proposte. "Vogliamo qualcosa di diverso," mi chiedevano.
"Non potrebbe consentirci di incontrare Rom che comprano e
vendono bambini, genitori Rom che seviziano i figli per
costringerli a mendicare, prostitute Rom minorenni o
ladruncoli Rom?". Erano inutili i miei tentativi di spiegare
loro che il popolo Rom presenta la stessa percentuale di
ladri e di genitori indegni che hanno gli altri popoli, che
nei campi avrebbero trovato indigenza, malattie, esclusione
sociale, ma anche tanta solidarietà, una grande unione, uno
spirito pacifico e un amore infinito per i bambini. A tale
proposito, riportai loro un proverbio conosciuto dai Rom di
tutto il mondo: "Tanti bambini, tanta gioia". Ho offerto ai
collaboratori di Tipurita tutto il materiale relativo ai
nostri studi sui Rom ("Grazie, non si dia pena di
inviarcelo") e l'opportunità di conoscere personaggi che
danno lustro al popolo più discriminato d'Europa: Santino
Spinelli, Rebecca Covaciu, Dijana Pavlovic, Goffredo
Bezzecchi e altri. "Se questa è la sua posizione," mi
rispondevano, "non è di nostro interesse incontrarla. Noi
abbiamo un'altra visione riguardo ai Rom". E chiudevano così
la conversazione. La loro "visione" è diventata una delle
più oscene calunnie mai diffuse dai media. La conosceremo
nei dettagli domenica prossima.
La vicenda del campo regolare di via Sesia sta arrivando a una
conclusione che con ogni probabilità si consumerà con una serie di sgomberi
prima della fine dell’estate. Attualmente nell’area sono rimasti sette
nuclei familiari e nei giorni scorsi i conflitti interni alla maggioranza
tra la Lega Nord e il sindaco hanno fatto emergere con chiarezza il destino
di queste persone.
Il 15 aprile scorso il Comune ha inviato una lettera a due famiglie con
la quale le accusa di aver consumato indebitamente la corrente allacciandosi
abusivamente alla centralina comunale – quella che serve a fornire energia
elettrica all’impianto di illuminazione dell’area – chiede il rimborso di
somme spropositate per il consumo effettuato e dichiara la violazione del
regolamento del campo [che prevede come sanzione l'allontanamento]. Le
famiglie in questione sono quella di Jovica Jovic, il famoso musicista che
ha ricevuto un permesso di soggiorno straordinario da Maroni il marzo scorso
e quella di suo figlio Petar.
Quanto contestato è totalmente pretestuoso perché fin dal loro ingresso al
campo le persone in questione hanno fatto domanda per avere un contatore
autonomo [senza ricevere alcun riscontro]. Il fatto che utilizzassero la
corrente pagata dal Comune è dovuto a un errore dell’amministrazione,
infatti, l’estensione del campo era stata ridimensionata rispetto al
progetto originario perché i cantieri della TAV – che passa li vicino –
avevano occupato abusivamente una parte del terreno destinato alla
costruzione del campo. Questo ha comportato una riduzione del numero di
moduli abitativi con la conseguenza che a Jovica e Petar sono stati
assegnati due prefabbricati che all’inizio avrebbero dovuto ospitare le
associazioni che avevano firmato la convenzione per la gestione del campo
[Caritas e Opera Nomadi] e che avrebbero utilizzato, quindi, delle utenze
intestate al comune. Ovviamente, l’amministrazione si è accorta dell’errore
solo adesso che ha intenzione di sgomberare queste famiglie.
Recentemente Zucchetti ha ribadito che "la presenza dei rom a Rho è una
presenza ostile", ma che ci sono "nuclei che vogliono uscire da certe
modalità" e per questo ha firmato un accordo con la prefettura per dare la
casa a 4 famiglie residenti in via Sesia. Noi pensiamo che anche l’attuale
Sindaco sia una presenza ostile per Rho visto che pensa più agli interessi
suoi e dei suoi amici – come ampiamente dimostrato dalle vicende del Rebora,
del Piano Alfa e del PGT – invece che a quelli della città, ma ciò non
toglie che debba garantire un’abitazione a tutte le famiglie di via Sesia e,
soprattutto, alla famiglia di Johnny Milenkovic – un cittadino italiano di
etnia rom sgomberato ingiustamente dalle case di via Magenta l’inverno
scorso – evitando, però, di elargire l’ennesima prebenda ai suoi amici della
Compagni delle Opere, ma garantendo la trasparenza e l’imparzialità
nell’erogazione del contributo attraverso una regolare gara d’appalto.
La Cgil in piazza. I nomadi: «Sembra di tornare ai tempi del nazismo, dove
facevano lo stesso con gli ebrei»
ROMA - «No al fotosegnalamento dei
rom! Sull'integrazione ci metto la faccia». È questo lo slogan dell'iniziativa
targata Cgil di Roma e Lazio, andata in scena giovedì mattina in segno di
protesta contro l'iniziativa del Comune di Roma, prevista nel Piano nomadi, di
schedatura e fotosegnalamento di tutti i rom residenti nei campi della Capitale.
I rappresentanti del sindacato hanno montato un piccolo gazebo a piazza Santi
Apostoli, «fotosegnalando» loro stessi e qualche passante incuriosito o
sensibile alla questione. «Questo è un fatto incivile e razzista, la Federazione
della Sinistra e i cittadini rom sono qui oggi per sostenere l'iniziativa della
Cgil», ha dichiarato Fabio Nobile, portavoce Fds, nel sottolineare che «anche
loro vanno perseguiti solo in caso di reati, come tutti i normali cittadini
italiani. Rischiamo un effetto devastante su un piano culturale già abbastanza
devastato di suo».
I ROM CHIEDONO INTEGRAZIONE - I
fotosegnalamenti, come ha spiegato Mirsad, portavoce della comunità bosniaca del
campo di via Candoni, vengono eseguiti più volte negli stessi accampamenti e
ripetuti sugli stessi soggetti: «Ma noi siamo già tutti in regola, abbiamo
lavoro e documenti- ha detto - Siamo terrorizzati da questo comportamento, non è
assolutamente giusto: o tutti, o nessuno». Dietro al Piano nomadi, secondo
Claudio Graziani, responsabile immigrazione di Arci Roma e Lazio, ci sarebbero
«meccanismi di carattere elettorale», perché si potrebbe «benissimo agire in
modo diverso, allentando la tensione con progetti di integrazione all'interno di
un vero e serio piano». Per Umica, che rappresenta 170 rom del campo di via
Cesare Lombroso, il «governo italiano si dovrebbe vergognare, lo fanno solo per
mettersi in bella mostra, per dire che ci tengono in pugno e ci controllano»,
sembra di «tornare ai tempi del nazismo, dove facevano lo stesso con gli ebrei».
I politici che governano Roma, conclude polemica Umica, «o non hanno una
coscienza, o prima di andare a dormire si sciacquano la bocca con l'acqua
santa». (Fonte Dire)
Di Fabrizio (del 13/05/2010 @ 23:59:54, in media, visitato 2299 volte)
Il Centro nazionale di documentazione e analisi per l'infanzia e
l'adolescenza e la Biblioteca Innocenti-Library Alfredo Carlo Moro, insieme
all'Istituto Stensen e con la collaborazione di Fabula Film, hanno il piacere di
invitarLa alla proiezione del film "Sotto
il Celio Azzurro" di Edoardo Winspeare che si terrà venerdì 14 maggio alle
ore 21 presso l'Auditorium Stensen (viale Don Minzoni 25, Firenze).
Il film, presentato fuori concorso all'ultima edizione del Festival del film di
Roma, racconta quattro stagioni in una scuola per l'infanzia del quartiere Celio
di Roma frequentata da 45 bambini di 32 paesi diversi. Winspeare, già autore
di altre opere dedicate ai più piccoli, racconta un'esperienza di integrazione e
intercultura per molti versi straordinaria, dando conto però della quotidianità
della vita scolastica, seguendo con attenzione tanto le storie dei bambini
quanto quelle dei genitori e degli educatori, non eliminando problemi e
difficoltà, ma sottolineando le loro abilità pedagogiche, lo spirito comunitario
e le convinzioni che guidano i loro passi. Sotto il Celio Azzurro è un film che
entra nel vivo delle dispute sul mondo della scuola che stanno animando in
questi mesi il dibattito pubblico e politico italiano.
Al termine della proiezione interverranno: Enzo Catarsi, Professore Ordinario di Pedagogia Generale nella Facoltà di
Scienze della Formazione dell'Università di Firenze
Massimo Guidotti, responsabile Celio Azzurro
Paolo Carnera, direttore della fotografia di Sotto il Celio Azzurro
Fabrizio Colamartino Consulente
Centro Nazionale di documentazione e analisi sull'infanzia e l'adolescenza
Istituto degli Innocenti
50122 Firenze
p.za SS. Annunziata, 12
tel. 340 7718927
tel. 055 20371
Alcuni bambini sono perseguitati (coi soldi pubblici) perché esistono
Amiamo i bambini. Glorifichiamo l'infanzia. È una delle poche cose per cui
siamo orgogliosi del nostro tempo. Ma è un orgoglio che placa e ci acceca,
facendoci distogliere gli occhi. Ciao, come stai? Bene! Quanti anni hai.
Dieci. Ti piace la scuola? Sì, però mi piace di più la maestra, i compagni,
scrivere e matematica. Da grande voglio fare la maestra. Sai leggere? Anche
in corsivo. Ma quando sono andata a scuola non sapevo niente di italiano,
adesso ho anche amici italiani, delle volte vado a casa loro a giocare.
Della Romania non mi ricordo tanto. Sei contenta di essere in Italia? Sì,
perché mi date la scuola. Tipiace la tv? Sì, però non ce l'ho. Se avevo una
casa guardavo, però non ho. La baracca di questa bambina è stata rasa al
suolo dalla polizia all'alba del 19 dicembre 2009, vigilia della Giornata
mondiale dei diritti dell'infanzia. Da allora ha dormito in dodici posti
diversi, ma ogni volta è stata sgomberata. Oggi vive in una fabbrica
abbandonata senza muri, senza soffitto, il pavimento pieno di erbacce e
vetri rotti. Nel campo dove viveva, intorno alle ruspe, scorrazzano decine
di ratti quasi domestici, ormai abituati all'uomo perché la Nettezza urbana,
per non riconoscere gli abitanti, non è mai arrivata. Per un po' non ha
potuto andare a scuola, poi - grazie alla famiglia, ai volontari della
Comunità di Sant'Egidio (santegidio.rubattino@gmail.com) e alle maestre - è
tornata. A Milano città i minori in campi abusivi sono circa 300. In quante
scuole sei stata negli ultimi mesi? Due. Perché? Perché hanno sgomberato.
Adesso dove dormi? In una tenda che ci ha regalato la maestra. Com'è? È
grande? È verde. Un pochino piccola e un pochino grande. Hai dei giocattoli
dentro? No. Mi spieghi com'è uno sgombero? Arriva la polizia nella notte o
nella mattina presto, prendono le baracche e ci distruggono le cose, e poi
non ci abbiamo dove dormire. Per questo di notte ho sempre paura. Mi hanno
portato via anche la mia maglietta della Carica dei 101. Sono gentili i
poliziotti? No, lo dicono male che noi andiamo via, urlano le parolacce e
hanno i cani che abbaiano e mi fanno paura. Tu sai perché succede questo?
Perché non vogliono lasciare questi romeni a vivere qua. Mi racconti una
cosa bella? La vacanza in montagna con i bambini stranieri e italiani.
Abbiamo giocato e fatto i compiti. Siamo andati a trovare gli anziani.
Potevo fare la doccia tutti i giorni, avevo il mio letto e non mi portavano
via le mie cose. Abbiamo anche cantato: "Alla scuola della pace puoi ballare
e puoi cantare. Vuum! Puoi venire se vuoi". Hai avuto avuto freddo questo
inverno? Molto, è male questa vita. Era il 1937, Nathaniel Simmons, uno
degli ideologi del Ku Klux Klan, scriveva: "Niente è più pericoloso che fare
male a un bambino. Perché quel male sarà rilasciato, moltiplicato, ogni
giorno della sua vita. Il loro male di oggi è il nostro male futuro. Per
stare tranquilli, l'unica è ucciderli". Oggi, a Milano, capitale morale
d'Italia (ma altrove è lo stesso), ci sono bambini che vengono perseguitati
perché esistono. Legalmente e con soldi pubblici, ed è ancora più grave. Dal
1 gennaio 2010 a Milano sono avvenuti 68 sgomberi, con punte di quattro al
giorno. Alle associazioni che chiedevano di fermarsi almeno in inverno, il
sindaco Letizia Moratti ha risposto: "La legalità non conosce stagioni".
Qualche tempo dopo un suo consigliere è stato arrestato per corruzione. Il
13 marzo un altro bambino, Emil, è morto bruciato nell'incendio della sua
baracca. Il giorno dopo avrebbe compiuto 13 anni. Per fortuna è arrivata la
primavera.
"Una Zingara della città di Skopje", come si definisce, Esma Redzepova ha
dietro di sé oltre 40 anni di canzoni e di azioni umanitarie.
Nata nel 1943, Esma Redzepova ha eseguito oltre 8.000 concerti in 30 paesi
per raccogliere denaro per le sue cause. Ha inciso 108 single, 20 album e sei
film. Ha raccolto sotto il suo tetto cinque bambini, e ne ha adottati altri 47,
che la chiamano la loro mamma e papà. Esma ha parlato col Southeast European Times
sui suoi punti di vista e sugli sforzi umanitari, le sue canzoni e la vita in
generale.
SETimes: Quali sono le principali cause che appoggi e perché?
Esma Redzepova: Aiutare i bambini con esigenze particolari è la mia
causa umanitaria più importante. Li vedo come il gruppo con la più alta
priorità. Credo che tutti dovrebbero aiutarli,
nell'ambito delle loro possibilità e capacità, naturalmente.
SETimes: Il presidente macedone Gjorge Ivanov recentemente ti ha
premiata con l'Ordine di Merito della Macedonia (vedi
QUI ndr). Questo riconoscimento cosa rappresenta per te?
Redzepova: Significa molto. Dopo tutto, ci si sente felici quando ti
apprezzano in patria, quando è rispettato il proprio lavoro e contributo. Ho
ricevuto moltissimipremi e riconoscimenti, ma quest'ultimo e quello che mi diede
il presidente Tito sono i miei favoriti.
SETimes: Il mese scorso hai partecipato con le leader donne d'affari
macedoni alla sessione della Commissione ONU sullo Status delle Donne. Qual è il
clima per lo sviluppo degli attività delle donne in Macedonia?
Redzepova: Il clima degli affari in Macedonia ha iniziato lentamente
a cambiare, ci sonopiù donne in posizione di comando. Anche il numero delle
donne legislatore sta crescendo. Nelle ultime elezioni presidenziali [marzo]
abbiamo avuto uno donna candidata [Miruse Hoxha]. Credo ce sia stato un evento
ancora più importante perché era di etnia albanese. Così non avevo più senso lo
stereotipo che le donne albanesi sono casalinghe il cui unico scopo è di
crescere i figli. Sono molto orgogliosa di Hoxha, e spero che un giorno una
donna prenderà le redini della Macedonia.
SETimes: Sul tuo sito si dice
che speri che qualcosa cambierà nel paese. Quali cambiamenti vorresti vedere?
Come sarebbe secondo te una Macedonia cambiata?
Redzepova: Vorrei che cambiasse il mondo, non solo la Macedonia. Un
giorno, mi piacerebbe vedere il mondo funzionare in base ad eguaglianza e
tolleranza, eliminare le frontiere, così da potersi muovere liberamente e vivere
dove si vuole o dove si consideri buono un posto.
Penso che questi siano i diritti dell'umanità, ed è perciò che ho detto molte
volte che gli animali sono avanti agli umani perché possono andare dove
vogliono, e nessuno chiede loro un passaporto. Non dipendono dalla benevolenza
di qualcuno. Persino il serpente più velenoso va dove gli pare.
SETimes: Sei membro del Consiglio della Città di Skopje. Il tuo lavoro
civico come aiuta i Rom in Macedonia?
Redzepova: Sono membro di VMRO-DPMNE, il principale partito del paese, e
come membro, sono consulente del Consiglio della Città di Skopje. Col mio
impegno politico, volevo soprattutto [mostrare] che una donna rom può essere
socialmente attiva - e che questo non un privilegio delle sole donne macedoni.
Penso che parzialmente ho avuto successo, dato che vedo un numero crescente di
ragazze che frequentano la scuola. Se fossi riuscita, col mio esempio, ad
aiutare l'emancipazione delle donne rom almeno un poco, sarei molto felice.
SETimes:
Pensi che i tuoi figli continueranno le tue attività e la tua eredità
umanitaria, per aiutare più gente a fare una differenza tangibile?
Redzepova: Chiaro, mi piacerebbe che i miei figli raccogliessero la
mia eredità. Penso che con l'educazione che gli ho dato, ho installato in loro
l'amore per la gente. I miei figli sanno come dare, o come organizzare un
concerto umanitario. Spero che continuino da dove mi fermerò.
SETimes: Pensi che la cultura possa servire come forza unificante per
l'Europa del Sud Est?
Redzepova: La cultura è sempre stata, e sempre sarà, il ponte che
collega i popoli di credo e nazionalità differenti, perché non tiene conto dei
confini nazionali. Non importa chi tu sia,, ognuno canta e danza alla sua
maniera. Non penso che le canzoni siano una forza unificante solo per la gente
del'Europa del Sud Est, ma per il mondo.
SETimes: Sei stata influenzata da altre cantanti, come
Billie Holliday o Bessie Smith?
Redzepova: Riguardo alla musica, non ho mai seguito un esempio
specifico, ne sono stata influenzata da cantanti maschi o femmine. Il mio
mentore e marito, Stevo Teodosievski, ha voluto trasformarmi in un capolavoro.
Non ho mai seguito l'esempio di nessuno. Ho lavorato duro per diventare quella
che sono ora, ma ha sempre insistito perché fossi "me stessa" e nessun'altra.
Penso che, insieme, ce l'abbiamo fatta.
SETimes: Qualcuna delle tue canzoni parla del pregiudizio contro i
Rom? Sei mai stata criticata per aver usato la parola "zingaro" in un titolo?
Redzepova: No, le mie canzoni sono sulla tradizione e cultura rom, non
su come gli altri ci vedono. Riguardo alle critiche, rifiuto di riceverle. Non
importa cosa dicono gli altri, l'ho superato da tempo. Quando iniziai ad andare
a scuola, mi accorsi che per gli altri ero differente. Da quando i bambini mi
soprannominarono "zingara", e non volevano sedersi accanto a me. Tornai a casa
piangendo, ed una delle mie zie mi spiegò che siamo differenti perché veniamo da
un paese chiamato India, dove splende sempre il sole, ed è per questo che
abbiamo la pelle bruna.
SETimes: Nel documentario "Romani Soul", reincontri la
storia del popolo rom sino alle antiche origini. Senti una stretta parentela con
l'India e la sua cultura? Ha esercitato un'influenza diretta sulla tua musica e
lavoro creativo?
Redzepova: Certamente mi sento vicina all'India e al suo popolo,
specialmente con una provincia dell'India dove circa 28 milioni di persone
parlano la mia lingua, e posso capirli perfettamente. Ha rafforzato la mia
convinzione che i Rom siano originari dell'India.
SETimes: La musica è diventata troppo commerciale? La musica
tradizionale può essere presentata ad un pubblico di massa senza perdere
qualcosa di essenziale?
Redzepova: Se è creata sulla base della musica tradizionale,
sicuramente si possono ottenere buoni effetti. Però, quello che sempre più si
vende oggi è nudità sul palco, mentre la qualità e la buona voce si vendono di
meno.
SETimes: Tu hai fatto migliaia di concerti in una carriera lunga
decenni. Provi ancora la stessa energia ed entusiasmo quando sali sul palco?
Cosa ti fa continuare?
Redzepova: Sì, ci vado ancora con la stessa passione. Provo ancora una
positiva paura prima di un concerto, quando mi rendo conto che ci sono oltre
10.000 persone tra ilpubblico o, come a Sydney, 200.000 ad Hyde Park. Ciò che mi
motiva è il mio amore per le canzoni e la musica.
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