Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
18 settembre 2010 Parco Trotter di Milano, sul palco insieme a noi ci
sarà anche SUD SHUKAR, giovane formazione amica di stampo rumeno e rom
dalle 18!!
(dopo di noi Rita Pelusio e Avion Travel)
venite al parco a godervi uno degli ultimi pomeriggi estivi che Milano regala al
ritmo della muzika balcanica
L'appuntamento su
Facebook
Di Fabrizio (del 15/09/2010 @ 09:50:46, in scuola, visitato 2013 volte)
Segnalazioni di Stefano Pasta
In allegato l'articolo del
Corriere della Sera, 14 settembre
Da Metro 14-10-2010 pag11
Piccoli rom a scuola.
Scuola da una settimana vagano fra ponti e zone degradate della città in cerca
di un riparo, sfuggendo ai ripetuti sgomberi. Ma ieri mattina si sono presentati
puntualmente sui loro banchi per il primo giorno di scuola. Per i 17 bimbi rom,
fino a non pochi giorni fa accampati in via Rubattino, ieri, è suonata la prima
campanella. Per altri 12 iscritti nelle elementari di Lambrate e Crescenzago,
no. I continui spostamenti hanno impedito loro di arrivare in classe."Nelle
condizioni in cui si trovano ora - spiega Elisa Giunipero della Comunità di
Sant'Egidio - era veramente difficile vederli a scuola. E invece 17 di loro
c'erano, a dimostrazione della grande volontà di integrazione, da parte loro e
dei loro genitori. Alcuni sono stati accompagnati dai volontari, altri sono
venuti con le famiglie - C'è chi ha fatto anche un'ora di strada per portarli a
scuola. Speriamo di rivederli anche nei prossimi giorni "Maestre e volontari
sono convinti che, senza il recente sgombero, ieri in classe sarebbero arrivati
tutti e ventinove." E invece di quei dodici non sappiamo nulla - racconta
Flaviana Robbiati, che insegna nell'elementare di via Cima - chissà dove sono.
Forse a nascondersi fra qualche cespuglio...Purtroppo questi piccoli vedono cose
che i bambini non dovrebbero vedere. Così non va bene"
Marco Bresolin
da d-news
14-09-2010
Diciassette presenti su 29 rom di via Rubattino
Banchi vuoti a Lambrate e Crescenzago. Ieri altro blitz.
Su ventinove iscritti dai 5 ai 13 anni alle scuole di Lambrate e Crescenzago,
ieri mattina, primo giorno di scuola, se ne sono presentati 17. Quattro iscritti
alle medie, tutti gli altri alle elementari. Sono arrivati con le cartelle e gli
zaini preparati con una colletta, dai genitori e dagli insegnanti che in questi
anni, insieme alla Comunità di Sant'Egidio stanno portando avanti numerosi
progetti di integrazione. Una famiglia di rom ha dormito nei giardini davanti
alla scuola di via Feltre per garatnire la le lezioni al figlio. La mamma ha
partorito con un taglio cesareo 11 giorni fa. E ieri gli agenti della municipale
hanno sgomberato ancora: 24 rom allontanati da Rubattino che si erano fermati in
via Gozzoli.
da Dnews (freepress), 13 settembre 2010
Rubattino.
Lo sconforto dei volontari: «I blitz spostano il problema, non lo risolvono»
Primo giorno di scuola per i bimbi rom. «Ma ci aspettiamo molti banchi vuoti»
Docce in parrocchia:
Ieri pomeriggio, decine di alunni in via Pitteri per prepararsi al rientro in
classe
Enza Mastromatteo
Milano
Stamattina suona la campanella di inizio lezioni anche per i 29 bambini
sgomberati dal campo irregolare di via Rubattino, martedì scorso. «E purtroppo
ci aspettiamo molti banchi vuoti», spiega Stefano Pasta, della Comunità di
Sant'Egidio. «Nell'ultima settimana, alcune famiglie hanno subito un
allontanamento al giorno. Ora sappiamo dove sono, riusciamo a restare in
contatto con loro, ma domani chissà...», continua Pasta. Alcuni frequentano le
classi delle scuole di Crescenzago e Lambrate già da due o tre anni. Per altri è
il primo giorno. Da settimane, la comunità di Sant'Egidio, assieme alle maestre
e al comitato genitori della scuola di via Feltre, nella parrocchia dei Santi
Martino e Gerolamo Emiliani, portano avanti i corsi pre-scuola. «Questi sgomberi
mandano all'aria il faticoso lavoro di questi anni. Il degrado in cui vivono non
si combatte con i blitz, ma con l'integrazione», spiega Pasta, elencando i
risultati raggiunti finora: due case cointestate a famiglie milanesi e rom,14
famiglie inserite in progetti di inserimento abitativo e borse lavoro per
genitori rom, trasformate in assunzioni. «A novembre scorso c'erano 300 nomadi
in via Rubattino. Martedì scorso erano meno di 200. Che fine hanno fatto gli
altri? Non li hanno mandati via le ruspe, ma questi progetti di integrazione»,
sottolinea Pasta. Ieri pomeriggio, i volontari erano nella parrocchia di via
Pitteri per permettere ai bimbi di fare una doccia. Gli sfollati di Rubattino
hanno trovato una "casa" in altri posti di fortuna, all'ombra di nuove baracche.
E stamattina alcuni di loro ci metteranno fino a un'ora e mezza di strada sui
mezzi pubblici per raggiungere le loro scuole. Sempre che non arrivino di nuovo
le ruspe.
da Redattore Sociale, 13 settembre
ROM/SINTI
Via Rubattino, a scuola dopo lo sgombero: in classe 17 bambini su 29
Catena di solidarietà di volontari, maestre e genitori dei compagni per
procurare vestiti puliti. Nessun scuolabus del Comune di Milano per quelli
ospitati nel dormitorio di viale Ortles
MILANO - Oggi è stato il primo giorno di scuola anche per i bambini rom che sono
stati sgomberati da via Rubattino martedì scorso. Su 29 che erano iscritti alle
scuole elementari della zona (via Feltre, Pini, Cima e Crescenzago) se sono
presentati 17. "Hanno passato una settimana difficilissima: dormito dove
capitava, saltato pasti -racconta Flaviana Robbiati, una delle maestre-, ma oggi
c'erano, sono coraggiosi". 12 banchi sono rimasti vuoti: "Non sappiamo cosa
accadrà domani - sottolinea Flaviana Robbiati -. I vigili urbani e la polizia
continuano a cacciare queste famiglie ogni volta che decidono di fermarsi in
qualche punto della città". Le maestre, i genitori dei compagni, i volontari
della Comunità Sant'Egidio e della parrocchie non hanno mai lasciato solo i rom
sgomberati. "Ieri abbiamo accompagnato i bambini nella parrocchia di via Pitteri
per la doccia - racconta Elisa Giunipero della Comunità di Sant'Egidio -. Ci
tengono molto a presentarsi a scuola puliti e in ordine". È partita anche una
raccolta di vestiti, materiale scolastico, sacchi a pelo, coperte e tende.
Questa mattina, di buonora, i volontari sono andati a prendere i bambini che si
trovano in zone lontane dal quartiere Feltre. Anche quelli ospiti con le loro
mamme nel dormitorio pubblico di viale Ortles. Il Comune, per ora, non ha
fornito un servizio di scuolabus, almeno per quelli che sta ospitando. (dp)
© Copyright Redattore Sociale
da Redattore Sociale, 8 settembre 2010
08/09/2010
15.17
ROM/SINTI
Via Rubattino, nessuno abbandona i bambini sgomberati
"Continuiamo il pre-scuola con i bambini rom": la comunità di Sant'Egidio,
le maestre e il comitato genitori della scuola di via Feltre non lasciano per
strada i piccoli. E lo sgombero di ieri continua a suscitare critiche
MILANO - "Continuiamo il pre-scuola con i bambini rom": la comunità di
Sant'Egidio, le maestre e il comitato genitori della scuola di via Feltre non
abbandonano i rom sgomberati ieri da via Rubattino. "Lunedì si torna tra i
banchi e vogliamo che arrivino preparati", afferma Elisa Giunipero, della
comunità di Sant'Egidio. Da una settimana nella parrocchia dei Santi Martino e
Gerolamo Emiliani 25 bambini del campo, dai 4 ai 13 anni, frequentavano il
pre-scuola organizzato dai volontari per facilitare il loro ingresso nel mondo
della scuola. "Siamo in contatto con le famiglie rom e troveremo il modo per
farli venire", conclude Elisa Giunipero.
Lo sgombero di ieri continua a suscitare critiche. In un comunicato stampa del
comitato genitori della scuola di via Feltre, il presidente Domenico Protti
scrive che "tra cinque giorni, molti dei bambini presenti (29) avrebbero ripreso
la scuola. L'unica possibilità per poter pensare ad un futuro diverso dai propri
padri, dalle proprie madri. Negato. Bambini senza diritto di istruzione. Senza
il diritto di sapere che si può vivere diversamente". "La politica e le
istituzioni hanno offerto solo sgomberi. Sgomberi che hanno comunque un costo
molto alto, nella speranza di essere ripagati con la moneta elettorale",
commenta Domenico Protti.
I volontari, il comitato genitori e alcune maestre hanno seguito quest'anno i
rom di Rubattino. "Qualcosa è cambiato -scrive il presidente del comitato
genitori-. Si è creata una rete di solidarietà, di affetto, di contatti che con
le proprie sole forze è riuscita a dare qualche speranza a qualcuna di queste
famiglie. Qualche genitore Rom ha trovato lavoro, seppur temporaneo; qualche
famiglia Rom è riuscita a trovare anche una casa".
La scuola è la scommessa delle famiglie rom. "Tutte hanno compreso l'importanza
della scuola per i propri figli -sottolinea Domenico Protti- ed hanno messo in
atto una grande determinazione e volontà nel far frequentare con continuità le
lezioni, nonostante i continui disagi e incertezze a cui dovevano far fronte.
Hanno capito che, attraverso la scuola, un processo di integrazione è
possibile". (dp)
© Copyright Redattore Sociale
07/09/2010
11.49
ROM/SINTI
Milano, sgomberati i 250 rom di via Rubattino
Le persone che si erano insediate nell'ex area industriale dell'Innocenti
sono state allontanate dalla polizia, con l'assistenza dei servizi sociali, per
trovare un primo, provvisorio rifugio. Il comandante Mastrangelo: "La situazione
era pericolosissima"
MILANO – Annunciato più volte negli ultimi mesi, lo sgombero dell'insediamento
rom nell'ex area industriale di via Rubattino a Milano è stato portato a termine
questa mattina. All'alba della prima vera giornata d'autunno dell'anno, con
pioggia e aria fredda, le 250 persone rom romene che da mesi bivaccavano tra le
rovine cadenti dell'ex insediamento industriale dell'Innocenti sono state
allontanate dalla polizia, con l'assistenza dei servizi sociali, per trovare un
primo, provvisorio rifugio, pochi metri dopo l'uscita del campo, sotto il ponte
della tangenziale est.
"Perché lo sgombero arriva sempre quando arriva freddo? -chiede un giovane rom
in jeans e giubbotto di pelle -.Ci dicono 'andate via'... Ma dove andiamo? Tutta
la gente deve sapere la vita che facciamo. Se non ci danno una casa e un lavoro,
in inverno le persone moriranno di fame. O ci danno il denaro per fare un campo
oppure sarebbe meglio che facessero come i francesi: almeno là ai rom hanno dato
i soldi per tornare a casa. Siamo zingari, ma anche noi abbiamo il sangue rosso
e il cuore buono".
Nell'ex area industriale "la situazione era pericolosissima - dice Tullio
Mastrangelo, comandante della polizia locale di Milano -: ci sono plafond in
ferro che penzolano dal tetto, qua e là buche profonde tre metri, come delle
foibe, con il pericolo che qualcuno possa caderci dentro in ogni momento. Il
comune e i servizi sociali hanno chiesto se accettavano l'accoglienza, per gli
uomini in una struttura, per le donne e i bambini in un'altra, ma loro tendono a
voler stare insieme".
"Sono stata qui domenica scorsa e la situazione era tranquilla, anche se c'era
preoccupazione perché già da qualche giorno lo sgombero era stato annunciato
-dice Patrizia Quartieri, consigliere comunale di Rifondazione Comunista-. A me
aveva stupito, parlando con alcune mamme, la loro preoccupazione perché i loro
figli non avrebbero più potuto frequentare la scuola: un discorso che, solo un
anno fa, non avevo sentito fare e che testimonia il lavoro fatto dalla Comunità
di Sant'Egidio e dal volontariato. Un lavoro, tra l'altro, che è sempre stato
richiesto dall'amministrazione come una delle condizioni per l'integrazione.
Loro, i rom, avevano preso seriamente quest'impegno. Non altrettanto
l'amministrazione che, secondo me, ha voluto fare un regalo alla Lega perché
siamo in campagna elettorale per le comunali. Ora li sposteranno di 500 metri,
ma la situazione non cambia".
Da domani tutte le attività di integrazione, in primis la scuola, sono a
rischio. Da due giorni era iniziato il pre-scuola, organizzato dal gruppo delle
mamme di via Rubattino, dalla Comunità di Sant'Egidio, dai volontari della
parrocchia dei Santi Martino e Gerolamo Emiliani e da due delle insegnanti delle
scuole elementari della zona, a cui partecipavano 25 bambini del campo dai 4 ai
13 anni (vedi lancio del 5 settembre 2010, ndr). "Questo sgombero interromperà
l'esperienza -dice Silvia Borsani, maestra elementare-. Oggi una bambina mi ha
chiesto: 'Maestra, ma riuscirò ancora ad andare a scuola?'". (ar)
© Copyright Redattore Sociale
07/09/2010
16.18
ROM/SINTI
De Corato: "La litania dei bambini che non potranno andare a scuola è falsa"
Il vice sindaco torna sullo sgombero di rom e sinti e risponde alle
associazioni: "A mamme e bambini è stato offerto un tetto nelle strutture
comunali e in 23 hanno accettato"
MILANO - "La litania dei bambini che non potranno andare a scuola è falsa, visto
che a mamme e bambini è stato offerto un tetto nelle strutture comunali e in 23
hanno accettato". Il vicesindaco di Milano, Riccardo De Corato, risponde alle
reazioni delle realtà del volontariato più vicine ai rom, tra cui la Comunità di
Sant'Egidio, innescate dallo sgombero della comunità nomade dell'ex insediamento
produttivo dell'Innse, avvenuto in mattinata in via Rubattino a Milano (vedi
lanci nel notiziario di oggi, ndr). "Solo dieci giorni fa i vigili hanno salvato
una sedicenne rom da uno stupro di gruppo sotto minaccia di pistola arrestando
un diciannovenne del campo. E qualche giorno fa la Polizia di Stato è riuscita a
individuare un secondo responsabile che è finito in manette. Uno spaccato che è
fintamente ignorato da quel mondo buonista dell'associazionismo e dei sociologi
abituato per partito preso a difendere sempre e comunque gli abusivi. Anche
perchè sul caso rom ci campano". Intanto anche la Lega Nord, per tramite del
segretario milanese Igor Iezzi e dell'assessore provinciale alla Sicurezza,
Stefano Bolognini, ha espresso soddisfazione per lo sgombero.
"Con l'intervento di via Rubattino –prosegue De Corato – abbiamo smantellato il
principale insediamento abusivo di Milano imponendo alla proprietà privata la
messa in sicurezza. E abbiamo liberato i residenti che erano sotto scacco per le
violenze dei 200 occupanti. La maggior parte se ne sono già andati fuori Milano
con le proprie autovetture, mentre 23 (donne e minori) hanno accettato
l'accoglienza nelle strutture comunali di viale Ortles e una donna con bimbo è
stata accolta dai Padri Somaschi. Un segnale positivo, alla luce anche dei bus
diretti in Romania, che cominciano a spuntare e che riportano in patria gli
irregolari come è successo l'altro giorno al parco Cassinis. I nomadi stanno
cominciando a capire che per loro Milano è off-limits".
"Ora serve riprendere i rimpatri fermi al 2008 -prosegue il vicesindaco-. Il
ministro Maroni, che ha annunciato un giro di vite anche sui reingressi, ordini
alle Prefetture di riattivare gli allontanamenti per violazione della direttiva
europea n.38 del 2004. E in base alla quale nel 2008 sono stati 143 i romeni
nullafacenti allontanati per cessazione di diritti di soggiorno e 32 per motivi
imperativi di pubblica sicurezza". Ora che "la ‘bomba' Rubattino è stata
disinnescata, i miei uffici sono letteralmente sommersi di ringraziamenti", dice
De Corato, sottolineando il "terrore" che era stato espresso dai cittadini per
la ripresa della scuola "alla luce dei tanti episodi di delinquenza, violenza e
inciviltà" procurati, scondo De Corato, dai nomadi. "Milano è ostile agli
abusivi -conclude il vicesindaco-. Che verranno continuamente sgomberati ovunque
si posizionino". (ar)
© Copyright Redattore Sociale
Stefano Pasta
stefanopasta@gmail.com
Da
Roma_Francais
ANTEPRIMA DEL PROGETTO DI UN CENTRO CULTURALE NAZIONALE
L'idea di un Centro Culturale Indo-Romanì è stata avanzata da Vania de
Gila-Kochanowski all'inizio degli anni '60. E' stata di seguito ripresa dal
Comitato Internazionale Rom. Nel corso degli anni, molteplici progetti sono
stati depositati presso diverse istanze senza alcun successo, malgrado i
comitati di sostegno scientifici.
Visto che i media indicano una popolazione zigana di quattrocentomila persone in
Francia (cifra che noi contestiamo, in quanto questa popolazione ha
sicuramente superato il milione), sarebbe quindi equo che sia creato un tale
Centro Culturale. Infatti, tutte le minoranze dispongono in Francia di tali
centri e, solo per citarne un esempio, il Centro Culturale Jean-Marie Tjibaou è
stato appena creato per soltanto centoventimila Kanakes, in Nuova Caledonia,
costruito da un gran architetto e impiegando ottantacinque persone pagate dalle
sovvenzioni territoriali.
La creazione di un tal Centro non può che facilitare la nostra unione politica.
I recenti avvenimenti mostrano che i media ripetano sempre le stesse
contro-verità sulla realtà zigana, perché prendono l'essenziale delle loro
informazioni alle stesse fonti gadjikane, non autorizzate, e la maggior parte
del tempo auto-proclamate. Un Centro Culturale sarebbe il luogo istituzionale di
diffusione delle informazioni sulla realtà tzigana.
Le caratteristiche del futuro centro dovrebbero essere le seguenti:
Finanziamento:
Essenzialmente finanziato dallo stato e le collettività territoriali, in quanto
gli zigani sono contribuenti come gli altri, i quali pagano le tasse. Il
finanziamento include la sua costruzione e le sue spese di mantenimento e di
funzionamento.
Gestione:
Lo stato apporta il suo aiuto benevolo e le sue garanzie.
Il Centro è diretto da un Consiglio d'Amministrazione, i quali membri
appartengono tutti alla comunità zigana francese, e sono rappresentativi delle
diverse associazioni ed etnie: ha tutto il potere decisionale sulla politica
culturale. Sono codeste associazioni che designano loro stesse i loro
rappresentanti, secondo delle modalità a definire. In nessun caso sono imposti
dallo stato o da un gruppo di pressione gadjikano.
La gestione finanziaria è assicurata da un amministratore, approvato
congiuntamente dallo stato e dal Consiglio d'Amministrazione, e assistito da un
Consiglio di Gestione.
Le sovvenzioni sono completate da proventi di manifestazioni o di prestazioni
paganti.
Lo stato è garante della sicurezza e della perennità delle installazioni. In
particolare, opere d'arte, collezioni e archivi depositati in modo permanente o
temporaneo sono considerati come patrimonio, e posti sotto la sua salvaguardia.
Scopi:
Il Centro Culturale deve innanzitutto essere una vetrina della cultura zigana in
Francia. Deve potere accogliere i suoi artisti, i suoi intellettuali, i suoi
rappresentanti politici così come i loro interlocutori stranieri. Tutte le
grandi associazioni zigane nazionali possono avervi un riferimento (casella
postale, indirizzo internet ecc…)
Si propone di mostrare la diversità della nostra cultura, senza privilegiare
nessuna etnia e senza esclusiva.
Ha la vocazione di accogliere il più ampio pubblico per spettacoli, mostre
(permanenti o temporanee), colloqui, seminari ecc… E' munito di una biblioteca e
di archivi pubblici o semi-pubblici. Ha anche la vocazione di accogliere i
ricercatori.
Serve di base e di intermediario ai differenti Centri Culturali locali o
regionali preesistenti o da crearsi, senza calpestare la loro autonomia.
Localizzazione:
Il Centro Culturale deve essere di facile accesso per la comunità zigana,
compresa quella itinerante. Una posizione centrale nell'esagono e la prossimità
di uno snodo autostradale sono auspicabili.
Deve comprendere una parte di edifici in muratura comportando: sale di lavoro,
sale di esposizione, palcoscenico e/o auditorio, biblioteca e sala archivi,
alloggio di portineria, sala per la ristorazione e luoghi d'accoglienza per gli
ospiti stranieri.
Deve anche comportare un'area di accoglienza, attinente e controllata, la quale
permette ai viaggiatori di fermarsi durante la loro visita del Centro.
Un'altra area all'esterno deve potere essere destinata alle truppe di spettacoli
itineranti, permettendo di montare un palcoscenico o un tendone.
Personale:
Oltre al personale per il mantenimento quotidiano: portineria, pulizie, cura
degli esterni ecc… e agli addetti all'accoglienza (ospitalità, ristorazione)
remunerati con il prodotto delle prestazioni paganti, un certo numero di posti
fissi deve essere calcolato nel bilancio. E' infatti auspicabile godere
dell'assistenza di personale specializzato:
- in beni culturali per l'organizzazione e la preservazione delle mostre d'opere
d'arte e la conservazione di oggetti patrimoniali
- in documentazione, gestione di archivi e biblioteca
- in accoglienza e organizzazioni di meeting e scenografie
Per tutti i posti da creare, le competenze devono essere certificate da diplomi
nazionali o qualità evidenti constatate, inoltre le candidature verranno
sottoposte al Consiglio d'Amministrazione. Una buona conoscenza del mondo
zigane, possibilmente vissuta dall'interno sarà un fattore preferenziale.
Prodotti:
Il Centro è abilitato a produrre spettacoli e mostre paganti, compreso per il
pubblico scolastico, sia sul posto, sia in itinere in Francia o all'estero.
L'autenticità del suo operato sarà garantita da un logo.
E' ugualmente abilitato a produrre e vendere pubblicazioni con il proprio logo.
Il Centro ha la vocazione di diffondere informazioni tramite tutti i mezzi
moderni: radio libera, siti internet, conferenze stampa ecc…
Comitato di sostegno:
La creazione del Centro sarà appoggiata da una petizione nazionale. Un comitato
di sostegno il più ampio possibile sarà costituito. Faremo appello a:
- personalità gadjikane dello spettacolo, della politica, della scienza. Saranno
prioritariamente sollecitati coloro i quali sono noti per il loro impegno in
nostro favore
- i nostri artisti rinomati, ogni etnia mischiata
- tutti i nostri presidenti di associazioni
Di Fabrizio (del 14/09/2010 @ 09:08:28, in Europa, visitato 3117 volte)
by Paul Polansky
[continua]
Dr. Sergey Shevchenko
(foto da
minority-net.net) Il Percorso della Salute del dr. Shevchenko costruito
accanto ai cumuli di scorie tossiche che attorniano i campi zingari. I cartelli
sono in inglese, serbo ed albanese. In inglese dicono: Inala l'odoure (sic)
della salute. E' una sfida per te. VINCILA. L'esercizio creato per un corpo
sano.
IL PREMIO "PERCORSO DELLA MORTE": disonora e disgrazia quel dottore ONU
che approfittò finanziariamente della costruzione di impianti sportivi su
terreni contaminati.
Non tanto tempo fa, chiesi ad un incaricato dell'UNMIK chi avrebbe perseguito
per questa tragedia dei campi zingari contaminati da piombo. Senza esitazione,
mi disse: 1- il dr. Kouchner per aver messo lì gli zingari; 2- Norwegian Church
Aid per aver amministrato i campi senza riportare un decesso o senza aver poi
protestato; 3- il dr. Shevchenko per essersi riempito le tasche di soldi con i
progetti sportivi realizzati su terreni contaminati.
Il dr. Shevchenko, un optometrista, era il dottore ONU incaricato di
Mitrovica nord, che includeva due dei tre campi originari (Cesmin Lug e Kablare).
Alcuni del suo staff dicono che è un russo originario di Vladivostok e gira con
un passaporto diplomatico russo, ma che vive oggi a Vancouver, BC, Canada. Però,
nel 2005 disse all'avvocato americano Dianne Post di avere passaporto canadese.
Ma la cattiva fama del dr. Shevchenko è dovuta al "Percorso della Salute".
Ispirandosi ad un parco della salute in Canada, Shevchenko costruì il suo
Percorso della Salute su un terreno contaminato tra i campi zingari di Kablare e
Cesmin Lug ed i 100 milioni di scorie tossiche la cui polvere per molti giorni
ricopriva i campi. Il dr. Shevchenko trasformò un vecchio sentiero di 1,5 Km. in
un percorso di jogging tossico ed installò anche barre per gli esercizi accanto
al cammino, più una rete da basket e due porte improvvisate da calcio. Pose
cartelli blu di due metri con scritte in bianco, firmati dall'ONU in tre lingue,
incoraggiando i locali a "respirare l'odore della salute". Gli esercizi, aprire
i polmoni, permette a più polvere tossica di entrare nel corpo, ma questo non
era menzionato sopra la firma dell'ONU.
Secondo il suo staff ONU, Shevchenko raccolse 66.000 euro per costruire
queste infrastrutture sportive, pagandole però ai contraenti locali che le
costruirono solo 10.000 euro. Incoraggiato da come fosse facile ottenere fondi
per "progetti zingari", il dottore-affarista Shevchenko scrisse allora un
progetto da 300.000 euro per costruire più baracche sui terreni contaminati per
rifugiati zingari, a favore dei rifugiati che l'ONU stava rimpatriando dalla
Serbia. Secondo il suo staff locale il nostro optometrista in orgasmo da
sviluppo aveva un contraente serbo locale che intendeva costruire le baracche
per 100.000 euro. Quando venne chiesto loro (il suo staff) su perché non
premessero per dar luogo ai lavori, mi dissero che avevano così paura di
perderlo. Shevchenko lasciò il Kosovo prima che il suo progetto dei baracche
venisse approvato.
KAAD (Kosovo Agency for Advacacy and Development)
IL PREMIO DIETA SPECIALE: disonora questa OnG di Pristina che ha
amministrato il campo zingaro di Osterode dal dicembre 2008, ma sta facendo
pochissimi sforzi per tenere in vita i bambini.
Non ho mai pensato che potesse esserci un amministratore di campi peggiore di
Norwegian Church Aid nel non curarsi se i bambini dei campi zingari vivessero o
morissero. Ma questa OnG albanese a contratto e finanziata dal governo del
Kosovo, potrebbe essere di parecchio peggiore. Ergin Salihi, bambino di nove
anni, è entrato ed uscito sette volte dall'ospedale negli ultimi anni per
insufficienza renale causata da malnutrizione e debolezza del sistema
immunitario causata da avvelenamento da piombo. Suo fratello Robert, cinque
anni, è in condizioni persino peggiori. Senza una dieta adeguata, dicono i
dottori locali, non vivranno a lungo. Sino a settembre 2009, KAAD ha fornito la
dieta speciale al costo di 7 euro al giorno. Da settembre, KAAD ha sospeso la
somministrazione dicendo di non potersela permettere.
Quando Human Rights Watch (l'OnG internazionale con base a New York) a
novembre 2008 visitò i campi, parlò con una dottoressa part-time del campo,
Javorka Jovanovic, che dichiarò che era impossibile distinguere tra cause
mediche dipendenti solamente dal piombo e quelle semplicemente collegate alla
povertà e alla deprivazione. Aggiunse che la combinazione dei due fattori
peggiorava sempre di più ogni condizione. Tuttavia, notava nei bambini su base
giornaliera i sintomi da contaminazione come rachitismo, nervosismo, fatica ed
epilessia. Disse che l'avvelenamento da piombo stava rendendo i bambini più
vulnerabili alle altre malattie.
La dottoressa Jovanovic sentiva che la cattiva salute dei bambini peggiorava
a causa della loro dieta. Molte, se non la maggior parte, delle famiglie vanno a
cercare il cibo nei container delle discariche cittadine. Nel 2002 ACT/NCA
interruppero tutti gli aiuti alimentari ai campi, dicendo che gli zingari ne
rivendevano una parte per comprarsi le sigarette. Gli zingari ammisero di
vendere alcuni degli aiuti, ma soprattutto per comprare le scarpe perché i
bambini potessero andare a scuola. Nondimeno, tutti gli aiuti alimentari vennero
fermati nel 2002.
Tutte le madri del campo si sono lamentate con KAAD sulle cattive condizioni
igieniche e per la dieta che sta esacerbando la situazione sanitaria dei più
vulnerabili, i bambini sotto i sei anni d'età e le donne incinte. La dottoressa
Jovanovic ha detto che la concentrazione di malattie nei campi rende la
situazione medica senza paragoni con nient'altro che abbia mai visto nei suoi 35
anni come dottoressa.
Anche se KAAD ed il governo del Kosovo non sono responsabili per la
costruzione di questi campi su terreni contaminati, furono gli Albanesi che
allontanarono gli zingari dalle loro case dopo che le truppe NATO francesi
avevano occupato la città. Punire ora i bambini nati lì dopo la guerra appare
una rivincita senza senso. Ma è quello che sta succedendo adesso. Altrimenti
perché KAAD dovrebbe interrompere la dieta speciale del novenne Ergin?
Sicuramente KAAD che mantiene uno staff di 42 persone ed è finanziata dal
governo del Kosovo può permettersi 7 euro al giorno per salvare Ergin ed i suoi
fratelli. Nessuno in Kosovo, KAAD specialmente, sembra comprendere che la
negligenza dolosa verso i bambini è un crimine.
Fine tredicesima puntata
Da
Mundo_Gitano
Radio Nederland Wereldomroep Publicado el: 5 de septiembre 2010 - 7:00
de la mañana | Por María
Isabel García (http://www.informarn.es)
Mentre a Bruxelles la Commissione Europea studia le recenti espulsioni
verso la Romania e la Bulgaria accadute in Francia, la Colombia riconosce il
popolo Rrom come patrimonio ed espressione della pluralità culturale ed etnica,
consacrata dalla costituzione.
Non si vedono più le tende nella periferia delle città, come successe a Macondo,
quando ogni anno, durante il mese di marzo, arrivava Melquiades con le sue
invenzioni e i suoi prodigi come attrazioni, che per un momento fecero pensare
ad una di quelle di José Arcadios, della saga inventata da Gabriel Garcia
Marquez, con le quali si avrebbe potuto attirare l'oro; né l'immensa lente
d'ingrandimento con la quale un altro dei Buendia credette d'iniziare le
guerre solari.
Nei quartieri di Bogotà, Puente Aranda, Santa Isabel, El Sol, Galan, Camelia e
Ciudad Montes, è frequente incrociare delle donne con i loro vestiti lunghi e
colorati, talvolta con una sciarpa legata ai fianchi e lunghi orecchini. Sono
Gitane, che abitano come una volta nei dintorni della capitale colombiana, dove
si calcola ci siano 60 famiglie gitane, circa 700 persone, dei cinquemila che si
stima risiedono in tutto il paese. Cucuta, alla frontiera nord con il Venezuela,
è la città con la maggiore concentrazione di membri del popolo Rrom. Gli uomini
non si distinguono molto nel loro abbigliamento, generalmente indossano vestiti
scuri, anche se caratteristici a secondo del loro mestiere: forgiatura dei
metalli, o allevamento e scambio di cavalli.
Riconoscimento
"La comunità gitana è uno dei multipli gruppi umani che vivono a Bogotà e che
grazie a le sue manifestazioni artistiche rinforza la diversità del patrimonio
culturale intoccabile della città", affermò domenica scorsa (29 agosto 2010), il
Sindaco della capitale, Samuel Moreno, a una festa gitana, durante la quale
annunciò che, all'occasione di un prossimo incontro sperava di firmare un
documento relativo alla Politica Pubblica per i Rrom.
In questi giorni, il popolo Rrom di Colombia celebra l'emissione del decreto
2957, che riconosce loro caratteristiche specifiche nonché il loro contributo
"al processo di formazione della nazionalità colombiana e come parte del
patrimonio etnico e culturale della nazione" secondo Moisés Mediano,
rappresentante delle popolazioni al Ministero della Cultura.
L'eccezionale Dalila
Nativa di Bogotà e cittadina del mondo, Dalila Gomez la quale si definisce come
una "ribelle con i gitani", è un ingegnere industriale con studi di
amministrazione pubblica. Questo è piuttosto eccezionale nella sua comunità,
fortemente tradizionalista in quanto al ruolo della donna, il quale si svolge
prevalentemente all'interno del nucleo famigliare. Tuttavia, lei è visibilmente
a capo del processo che già da una decina di anni, ha iniziato a liberare il
popolo Rrom alla ricerca di un riconoscimento legale. Ha dato l'impulso e
seguito i lavori che portarono parzialmente al culmine, il 6 agosto 2010, con
l'emissione del Decreto che lo riconosce come comunità etnica con un'identità,
la cui forma di organizzazione sociale e la lingua propria hanno definito
storicamente le sue istituzioni politico-sociali.
Dalila riferisce che le strategie di incidenza politica si concentrarono nel
rendere la comunità più visibile, tramite i mezzi di comunicazione e per mezzo
della presenza in distinte istituzioni dello stato e della società.
RN. Quali saranno i piani maggiormente decisivi per il futuro?
DG. Il più importante è di concretizzare le azioni che sono state
pianificate dal punto di vista normativo, per trasformare le realtà negative e
migliorare le condizioni di vita del popolo Rrom.
RN. Si stima che in Colombia la comunità Rrom integrata sia di cinquemila
persone. Dove si localizzano, benché nomadi?
DG. In Colombia abbiamo le Kumpanias, gruppi patriarcali, famigliari,
stabiliti nei quartieri di alcune delle grandi città, considerando che la
maggior presenza gitana si registra in Cucuta, Giron, Barranquilla, Cartagena e
Bogotà.
RN. A quando risale la presenza dei gitani nel paese?
DG. Secondo i registri dell'Archivio dell'India, i primi gitani
arrivarono in America all'epoca del terzo viaggio di Cristoforo Colombo. Fino
alla fine del XVIII secolo erano chiamati "arrochelados" o "llovidos", e si
integravano con degli schiavi sfuggiti e indigeni che non si sottomettevano alle
leggi coloniali. Nuove ondate di immigranti arrivarono quando fu stabilita la
Repubblica, e poi durante la prima e la seconda guerra mondiale. Recentemente,
più che arrivare, vanno via dei gitani, in quanto a causa del conflitto interno,
la Colombia non è un paese adeguato per ospitarli.
RN. Sono persone di armonia e di pace.
DG. Siamo un popolo pacifico, non abbiamo nessun eroe riconosciuto, né
odi tramandati, il che si traduce in un grande amore per la vita, e questo fa si
che abbiamo un concetto del tempo e della libertà, molto particolare, differente
di quello della maggioranza delle società nei vari paesi, dove si legifera per i
sedentari e si hanno forme rigide per il controllo della gente, dell'essere
umano.
RN. Come vede la persecuzione della quale sono stati oggetto i gitani, in
Europa e in Francia?
DG. I gitani in Europa, equivalgono agli indigeni in America, perché sono
discriminati, c'è il genocidio etnico, alto tasso di mortalità infantile, i loro
figli sono considerati a scuola come dei disabili. Perché un gitano possa
eccellere in Europa, deve riempire più condizioni del normale, in quanto c'è
molto razzismo. Quello che vediamo ora in Francia, un paese notoriamente
liberale, il quale fece la rivoluzione per promuovere i diritti di tutte le
persone, è una retrocessione; stanno dimostrando che ritornano al nazismo, come
durante la seconda guerra mondiale. Al contrario, nel nostro paese, considerato
del terzo mondo, malgrado i nostri conflitti e i nostri problemi, stiamo dando
un esempio di civiltà. Inoltre abbiamo una ferma volontà di convivere con gli
altri gruppi e culture.
Saluto romanì
E in segno di fratellanza, Dalila rivolge un saluto in lingua romanì, che
tradotto significa:
"Saluto e libertà per tutti i gitani del mondo; stiamo passando attraverso un
momento di crisi, speriamo che tutto si aggiusti, pensiamo che valgano più la
ragione dell'essere umano per cercare il dialogo tramite la parola, e la
saggezza. Basta essere preparati, si tratta di dimostrare al mondo che siamo
esseri umani e che meritiamo di vivere su questo pianeta."
Campagna straordinaria di Medici per i Diritti Umani per il riacquisto
dell'unità mobile destinata ai senza fissa dimora del territorio fiorentino,
rubata nel periodo di Ferragosto
Facciamo appello a tutti i nostri sostenitori per raggiungere la cifra di 10.000
euro.
Lo stato della raccolta fondi verrà costantemente aggiornato sul nostro sito
internet
www.mediciperidirittiumani.org e si concluderà con una festa aperta a tutti
dove, speriamo, verrà presentato il nuovo mezzo a disposizione dei trenta
volontari medici, infermieri, antropologi, psicologi, ostetriche, operatori
sanitari e non sanitari che collaborano con MEDU.
Medici per i Diritti Umani è una associazione di solidarietà internazionale che
si propone la tutela dei diritti umani e del diritto alla salute in particolare,
garantendo l'accesso alla salute alle popolazioni vulnerabili in Italia e nel
mondo.
L'unità mobile di MEDU a Firenze ha seguito nel corso dell'ultimo anno circa 400
pazienti, con l'obiettivo di offrire una prima assistenza sanitaria, orientare e
ed accompagnare gli utenti all'uso dei servizi sanitari pubblici ed effettuare
incontri di gruppo di promozione alla salute.
E' visibile nel nostro sito internet il recente rapporto "L'Europa invisibile,
il lavoro di MEDU negli insediamenti spontanei dei Rom rumeni a Firenze e Sesto
Fiorentino", mentre è in fase di realizzazione il nuovo rapporto sull'attività
svolta con richiedenti asilo e titolari di diritto di asilo e protezione
umanitaria.
I contributi poteranno essere versati tramite bonifico postale o bancario alle
seguenti coordinate:
conto corrente bancario:
Banca Popolare Etica
codice iban: IT68 F 05018 03200 000000113024
conto corrente postale:
c/c n 12182317 intestato a
Banca Popolare Etica Roma
causale: Medici per i Diritti Umani c/c 113024
Grazie a tutti per la solidarietà e collaborazione!
Di Fabrizio (del 12/09/2010 @ 09:13:42, in Italia, visitato 2083 volte)
Segnalazione di Tommaso Vitale
I Petre vengono dalla Romania, ma la vita dei nomadi l'hanno conosciuta qui,
insieme agli sgomberi.
Ora sono tornati a stare in una casa vera. Sperando che il loro futuro somigli a
questo presente
di Ilaria Solari -foto Alberto Dedé (le foto non sono riportate ndr.)
|
80 | Gioia 2010 |
controcorrente
La foto risale sì e no a cinque anni fa, ma
sembra vecchissima da quanto è consumata.
Ritrae una bella ragazza coi capelli
sciolti sulle spalle, l'espressione
ombrosa e il viso leggermente inclinato.
Abbraccia due bambini piccoli, uno
per lato. Constantin, 33 anni romeno,
deve averla tenuta tra le mani tanto a lungo che sul
bordo inferiore l'immagine è completamente sbiadita,
"è stata tutti questi anni nella tasca della mia giacca,
sul cuore". Accanto a lui, la moglie Mirela lo guarda
con la stessa faccia ermetica della foto. I due bambini,
Elvis e Loris, 9 e 8 anni, stanno facendo i compiti delle
vacanze sul lettone del loro appartamento milanese,
nel quartiere popolare di Calvairate. Un piccolo soggiorno,
una camera con un letto doppio e uno a castello,
un microbagno e un cucinino in cui si cammina
solo di profilo. È l'ultimo approdo della famiglia Petre,
dopo una serie infinita di tappe, da un campo abusivo
all'altro, lungo la cintura della tangenziale, insieme a
poche centinaia di persone, rom romeni come loro.
Fino all'ultimo sgombero, lo scorso novembre, nel quartiere
periferico del Rubattino, dove il loro insediamento
è stato raso al suolo dalle ruspe e i loro piccoli averi,
cartelle di scuola comprese, inghiottiti in una montagna
di immondizie.
A portarli nel bilocale di questa casa popolare sono stati
i volontari di Sant'Egidio: sotto la loro scorta, i Petre
hanno intrapreso con altre famiglie rom un "percorso
di accompagnamento all'autonomia", in assoluta controtendenza,
in questi giorni di tensione e rimpatri
forzati. A garantire loro casa e ménage fino al raggiungimento
dell'autosufficienza economica, sono borse di
studio per i bimbi e borse lavoro per gli adulti, finanziate
da enti, associazioni e privati cittadini. Un piccolo
miracolo: l'anno scarso di permanenza al Rubattino,
dove i piccoli rom hanno cominciato ad andare a scuola,
ha innescato, insieme al livore di molti residenti,
una fitta rete di solidarietà che si sta ancora allargando. Poche centinaia di persone, genitori delle scuole, abitanti
del quartiere che nel momento del bisogno hanno
ospitato gli sfollati, maestre straordinarie, volontari
instancabili, che hanno animato raccolte di fondi e
iniziative di finanziamento come la vendita di un vino
definito "rosso di origine migrante" (vino.rom.rubattino@gmail.com). E poi corsi di italiano per gli adulti,
doposcuola e spazi gioco per i bambini. Un miracolo
forse ancora troppo piccolo perché valga
la pena di citarlo accanto alle notizie di
cronaca, agli esodi forzati dalla Francia, ai
vertici sull'emergenza nomadi. "Dei trecento che
erano qui l'anno scorso", spiega
Elisa Giunipero,volontaria di Sant'Egidio
" nel nuovo campo abusivo del Rubattino,
sotto i capannoni dismessi, sono rimasti
in duecento. Dei cento che mancano all'appello,
però, sono un'ottantina quelli
che abbiamo guidato verso soluzioni residenziali e impieghi,
sia pure precari" (proprio
mentre scriviamo è in corso l'ennesimo
sgombero, che metterà a rischio l'attuazione
di tali progetti e la frequenza a scuola dei
bambini, ndr).
Ma l'avventura italiana di Mirela e Constantin
comincia molto prima del Rubattino,
in un'altra casa. Quella che si intravvede
sullo sfondo della foto consumata: è
la casa del padre di Constantin, nella provincia depressa e rurale dell'Oltenia, tre
stanze in tutto in cui vivevano in otto.
Come molti rom sedentarizzati sotto il
regime di Ceausescu, i Petre facevano gli
agricoltori: "Vite e granturco", specifica
Constantin "non è una vita dura, forse
per uno di città. Ma niente soldi, niente
di niente". Constantin era anche muratore,
"ho costruito le case a tutti laggiù. Una
volta sono andato a fare un lavoro a casa
sua", lo sguardo è una fessura scura che
accarezza la moglie. "Continuava a guardarmi.
Ho fatto in modo di andare a
trovarla spesso". Negli occhi di Mirela
finalmente si allarga una luce gialla. E il
primo sorriso: "Eri tu che guardavi me".
Un matrimonio vero non ce l'hanno avuto.
"Nessun vestito bianco, feste o balli.
Ci siamo sposati solo civilmente".
A Milano c'è arrivato per primo Constantin,
seguendo il cognato, che è pastore
pentecostale ma fa anche il muratore.
Niente roulotte e vita randagia: come per
molti rom romeni, la prima esperienza
con i campi nomadi è stata in Italia. Insomma,
una storia di ordinaria immigrazione:
all'inizio l'ospitalità in una parrocchia,
in cambio di lavori e riparazioni. Poi
è stata la volta di un egiziano a cui, per un
letto in un appartamento affollato, Constantin
pagava 200 euro al mese. Ma Mirela
soffriva di malinconia e decise di raggiungerlo
con Loris, il più piccolo. "Il
grande ha sofferto così tanto di solitudine
in Romania che è rimasto piccolino", ricorda
accarezzando i capelli cortissimi di
Elvis. Proprio allora Constantin aveva perduto
alloggio e lavoro. Si rifugiarono nel
campo di via Bacula, dove già si trovavano
amici e parenti. "Quando sono arrivata era primavera, Milano era bellissima",
ricorda Mirela "tutto
mi sembrava caldo e
pulito, anche il campo".
Per segnalare
disponibilità di alloggi
e offerte lavorative
o contribuire a borse
di studio e lavoro
scrivete a: santegidio.rubattino@gmail.com
La caccia al nomade ingaggiata dal
Comune li ha sospinti da un insediamento
all'altro. Fino al Rubattino: il campo piano piano si è gonfiato,
hanno tagliato l'acqua
ed è stato l'inferno. "Che dovevamo
fare?", mormora Constantin indicando la
tv sintonizzata su un canale romeno "migliaia
di medici lasciano il Paese, con lo
stipendio statale non campano. Per noi
era peggio".
Ci sono due televisioni in casa Petre, una
per stanza, entrambe accese. L'appartamento
assomiglia a tanti altri. Pulito, ordinato.
Con una differenza, che salta agli
occhi dopo un po': in giro manca quella
nebulosa di oggetti provvisoriamente fuori posto:
chiavi, giornali, cianfrusaglie. Sul
tavolo tondo ci sono soltanto un melone
a fette e dei dolci, in segno di benvenuto.
Il resto è stivato con la meticolosità di chi
si dispone a partire da un momento all'altro.
Elvis ascolta le canzoni rom scaricate
dal computer e inserisce nel lettore un dvd
con le foto di classe: "Guarda: qui facevamo
la terra mossa dal vento", dice con il
faccino serio, indicando tanti bambini che
agitano le braccia. E in quella che fate?
"Non vedi? Cantiamo in inglese". Mostra
con un filo d'orgoglio
la strepitosa pagella. Sono due bravi scolari, spiega Mirela, fanno i compiti spontaneamente e non hanno mai perso un giorno di scuola. Nemmeno nell'ultimo sgombero, quando dormirono due notti in un
orto nella bruma di novembre e poi con
la mamma in un dormitorio pubblico,
mentre papà si rifugiava dove poteva. "La
scuola dell'obbligo e l'ufficio vaccinazioni
sono le uniche istituzioni che riconoscono
queste persone", spiega Stefano
Pasta di Sant'Egidio" che sono comunque
cittadini comunitari. Eppure, senza residenza,
ogni altro diritto è loro precluso".
Forse per questo, anche ora che abitano
lontano, si consumano le scarpe per raggiungere puntuali la scuola del Rubattino.
"Quando Constantin non deve lavorare,
ci andiamo insieme", racconta Mirela. Altrimenti
esce alle sei di mattina. "Papà
colora i muri, costruisce le case di Milano", spiega Loris. Anche Mirela è in attesa
di un lavoro. Intanto confessa che si
sente sola. Il momento più bello della giornata
è il pomeriggio, quando rivede i suoi
bimbi. Nel resto del tempo? Abbassa gli
occhi, "se siamo in difficoltà chiedo ancora
l'elemosina, ma solo a chi conosco".
A quelli che definisce gli "italiani bravi".
"Come la signora vestita di blu che ci porta
i soldi ai giardini", le fa eco Elvis. Mirela
ricorda il senso di vergogna delle prime
volte, "non passa mai, ma poi impari
a non pensare a niente". Tutto il resto la
incupisce solo un po', come i commenti
acidi della farmacista da cui acquista una
confezione di aspirine perché è raffreddata.
O il costante sguardo sospetto dei commessi
quando fa la spesa al supermercato.
Il pomeriggio i bambini scendono da soli
ai giardini sotto casa. Mirela non si fida
a mandarli in giro da soli, ma ai giardini
sì, "lì sono tutti amici", dice Constantin.
I ragazzini, da queste parti, vengono da
ogni angolo del mondo, e che tu sia rom
è un dettaglio irrilevante.
"Sei da Milano", chiede a tutti Elvis. Qualcuno
gli risponde che ormai anche lui è "da Milano"."Non ancora", risponde convinto,
agitando la testa "solo quando avrò
il portafogli da Milano". "Vuoi dire il passaporto,
Elvis?". "Sì, anche quello".
Per prudenza ai Petre è stato sconsigliato
di invitare troppa gente a casa.
i momenti di socialità si sono finora
consumati al campo del Rubattino.
Non sarà più così, dopo questo nuovo
sgombero, il numero 125 dall'inizio
dell'anno, secondo il bollettino del Comune.
"Ci i ritrovavamo ogni domenica
a cucinare sulla griglia", gli occhi di
Mirela diventano lucidi. "Ogni volta
che li vedo, mi chiedo come è possibile
vivere così". È il suo piccolo film dell'orrore,
un passato inarchiviabile di
notti all'addiaccio, topi, gelo. E il futuro?
A lei basterebbe che assomigliasse
al presente. Se proprio deve esprimere
un desiderio, vorrebbe "una cucina
appena più grande, da poterci cucinare
con mia cognata e le amiche". Magari
il sarmale, gli involtini di verza in cui
si dice sia maestra, "da servire, come fate voi, con la polenta".
MA IN EUROPA VINCE
LA LINEA DURA
Sono quasi 900 i rom di origine
bulgara e romena rimpatriati
forzatamente dalla Francia,
nonostante i richiami di Onu
e Commissione europea, perché
considerati una "minaccia per
l'ordine pubblico". E mentre
il partito di estrema destra
ungherese Jobbik avanza la
proposta di destinare le comunità
rom del Paese in "campi chiusi",
anche in Italia il clima si
surriscalda: il ministro dell'Interno
Maroni promette di essere ancora
più duro di Sarkozy e gli
amministratori delle grandi città
perpetrano piani di sgombero
sistematico di ogni insediamento
abusivo. A Roma, dove una
curiosa psicosi collettiva segnala
i primi presunti avvistamenti
di "macchine rom con targhe
francesi", il sindaco Alemanno ha
appena smantellato il campo
abusivo di Quartaccio. A Milano,
ancora al Rubattino, il vicesindaco
De Corato ha attuato il 125esimo
sgombero dell'anno, mentre
l'unico campo regolare della città,
in via Triboniano, entro ottobre
sarà smantellato per fare spazio
alla strada che collegherà la città
all'area dove si terrà Expo 2015.
Di Fabrizio (del 12/09/2010 @ 09:08:51, in Italia, visitato 1961 volte)
Segnalazione di
Alberto Maria Melis
Fondazione Anna
Ruggiu onlus COMUNICATO STAMPA
Cagliari 10 settembre 2010, Proprio mentre il Parlamento europeo approvava una
mozione di censura contro le espulsioni dei rom messe in atto da parte del
Governo francese e ribadiva, così, anche la censura contro la politica adottata
dal Governo italiano, le forze dell'ordine di Cagliari facevano irruzione nel
campo "nomadi" di Cagliari e prelevavano due giovani rom, un uomo ed una donna.
Il primo è stato rilasciato la sera con l'intimazione di lasciare l'Italia entro
5 giorni. La seconda, essendo già stata destinataria di un foglio di espulsione,
è stata processata per direttissima. La causa è stata rinviata e proseguirà
il prossimo lunedì 13 dopo che il P.M. ha chiesto la condanna ad un anno di
reclusione. Se, di per sé, è criticabile la cieca politica di espulsione
adottata dalle autorità, il caso in esame, per la sua particolarità, risulta
addirittura paradossale.
Laura e Zagor, infatti, sono due giovani entrambi nati e sempre vissuti in
Sardegna (ad Olbia e Cagliari), con la fedina penale pulita, che non sono mai
stati in nessun altro paese e non conoscono altra lingua che l'italiano ed il
romané, (la loro lingua materna).
Secondo il provvedimento delle autorità italiane, dovrebbero uscire dal paese
per recarsi non si sa dove, in un luogo che non hanno mai visto dove si parla
una lingua che non conoscono, senza il minimo mezzo di sussistenza.
La situazione appare paradossale anche per il fatto che entrambi i giovani,
sono stati a lungo regolarmente presenti nel comune di Cagliari in carico ai
rispettivi genitori e regolarmente iscritti all'anagrafe. Hanno perso tale
condizione solo perché è cambiata la posizione giuridica dei genitori o per
inadempimenti meramente burocratici, come la mancanza di presentazione di
istanza entro i termini previsti dalla legge.
L'espulsione e la condanna, accompagnata dall'espulsione, costituiscono un
atto di inaudita violenza che offende la dignità delle persone ed i fondamentali
diritti umani che la nostra Costituzione riconosce a tutte le persone
indipendentemente dalla cittadinanza, anche se presenti irregolarmente nel
territorio.
La stessa Corte Costituzionale, peraltro, ha sempre invocato il rispetto del
principio di ragionevolezza e di proporzionalità nell'applicazione delle norme.
A nessuna persona di buon senso può apparire ragionevole l'espulsione (verso
un ignoto inimmaginabile e terribile) di due giovani che sono nati e da quasi
trent'anni vivono in Sardegna senza che possa essere loro addebitata alcuna
colpa.
Facciamo appello al rispetto dei diritti fondamentali, alla ragionevolezza ed
al buon senso di chi è preposto al rispetto della legalità, per evitare atti che
costituirebbero una macchia per la nostra cultura giuridica e per la nostra
comunità.
La Fondazione si rivolgerà a tutte le autorità competenti ed invita tutti i
sinceri democratici a mobilitarsi per evitare questo grave atto possa essere
portato a compimento.
Il presidente: Gianni Loy
Gloy@unica.it
Tel. 3207232122
Di Fabrizio (del 11/09/2010 @ 09:10:54, in scuola, visitato 1461 volte)
Segnalazione di Marco Brazzoduro
Stamattina, 9 settembre 2010, le operazioni del Comune di Roma contro gli
insediamenti spontanei dei rom sono entrate nel vivo. Fin dalla mattina su via
Prenestina, all’altezza di via De Chirico, un numero sproporzionato di
appartenenti alle forze dell’ordine (polizia, carabinieri e municipale) è
stato impegnato per procedere allo sgombero forzato di circa 80 rom provenienti
da Craiova (Romania), di cui la metà bambini, che risiedevano da diversi mesi in
una fatiscente costruzione abbandonata.
Molti dei bambini erano prossimi a cominciare il nuovo anno scolastico.
Non ci è stato possibile entrare nello spazio durante le operazioni di
polizia, l’unica proposta d’accoglienza offerta dalle Istituzioni riguardava
l’inserimento nei centri d’accoglienza comunali per sole donne e bambini e per
un periodo di tempo limitato. Per quanto ci risulta tutti hanno rifiutato questa
offerta di finta accoglienza volta a separare i padri dalle madri e i figli.
Le famiglie rom si sono quindi disperse sul territorio senza alcuna soluzione
e continuamente incalzate dalle forze dell’ordine.
Per i bambini lunedì non suonerà la campanella della scuola e, assieme ai
loro genitori, trascorreranno la notte tra parchi e cespugli alla ricerca di un
pertugio dove rifugiarsi. Questa è la soluzione del Comune di Roma, del Prefetto
Pecoraro e del Ministro Maroni.
Vogliamo ricordare alle Autorità competenti che, come ribadito all’Italia da
Amnesty International, secondo la normativa internazionale, lo Stato ha il
dovere di assicurare che nessuno rimanga senzatetto a causa di uno sgombero, se
non può permettere un altro alloggio, le autorità sono tenute a fornire
un’abitazione alternativa adeguata, sia che tu sia un uomo che una donna.
Se il buongiorno si vede dal mattino siamo di fronte all’inizio dell’ennesima
illegale caccia al Rom.
POPICA ONLUS
ARCI ROMA
Claudio Graziano responsabile immigrazione ARCI di Roma
tel 3939465522-0641734712
www.arciroma.it
Di Fabrizio (del 11/09/2010 @ 09:05:11, in Italia, visitato 1604 volte)
Ricevo e porto a conoscenza
caro Fabrizio,
potresti dare conto sul tuo interessante portale di alcuni siti che trattano di
altrettanti progetti con i sinti a Pavia?
Si tratta di:
www.sociability.it/sintiapavia (laboratorio universitario di progettazione,
per il superamento dei campi nomadi)
www.sociability.it/sinto-nizzati (progetto radioweb con adolescenti sinti)
Sempre su www.sociability.it,
alla voce Empowerment, si può scaricare integralmente un documentario che
abbiamo realizzato sulla comunità sinti pavese.
Grazie e complimenti per il lavoro
un cordiale saluto
Andrea Membretti
PhD Sociology
Prof. a c. Università di Pavia
www.sociability.it
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