Rom e Sinti da tutto il mondo

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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 06/01/2008 @ 09:02:11, in Italia, visitato 2456 volte)

Ricevo da Marco Brazzoduro

Roma, 4 gennaio 2008. Ieri notte, intorno alle 22, un violento incendio è scoppiato all'interno dei due capannoni della ex Mira Lanza (ognuno di circa 500 metri quadrati), nel quartiere Marconi, all'interno del quale trovavano rifugio oltre 250 rrom, in condizioni difficilissime. Il rogo è divampato improvvisamente e si è diffuso con rapidità inaudita nei capannoni dello stabilimento fatiscente. Alcuni dei rrom hanno notato subito le fiamme e hanno dato l'allarme, consentendo a tutte le famiglie, di cui fanno parte oltre 100 bambini, di mettersi in salvo. L'incendio è di natura dolosa, perché è scoppiato contemporaneamente nei due capannoni, che distano decine di metri l'uno dall'altro. Non vi è possibilità che le fiamme divampate nel primo capannone possano aver attaccato il secondo. La velocità di diffusione del fuoco e l'altezza delle fiamme sono inoltre caratteristiche degli attentati con bombe molotov. I sopravvissuti al rogo hanno riferito alle autorità di un attacco incendiario. La stampa online non fa riferimento né all'evidenza di un rogo anomalo (doloso), sviluppatosi contemporaneamente in due sedi diverse e non attigue, né alle testimonianze in tal senso (eccettuato "Il Velino", diretto da Daniele Capezzone, che riporta con esattezza l'evento). La presenza di bombole del gas all'interno dei capannoni rivela che gli attentatori razziali avevano intenzione di provocare una strage. Le famiglie rrom sono state trasferite nei padiglioni della ex Fiera di Roma, da dove però - è già stato annunciato - saranno presto allontanate. Le indagini sono in corso, ma l'esperienza ci insegna che difficilmente faranno luce sulle cause - senza dubbio dolose - dell'incendio. Roberto Malini

Aggiungo : mi sono recato sul posto e ho interrogato i rom. Riferiscono di aver visto due individui su un motociclo avvicinarsi alla ex fabbrica e lanciare le molotov
Marco Brazzoduro

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Di Fabrizio (del 07/01/2008 @ 09:22:45, in casa, visitato 1912 volte)

Ricevo da Maria Grazia Dicati

Villafranca Padovana : Una cosa è certa : la famiglia di etnia rom che da oltre due anni vive in una roulotte parcheggiata nel terreno della parrocchia di Ronchi di Campanile, con il consenso del parroco don Antonio Bigolin, non ha alcuna probabilità di ottenere la residenza nel Comune di Villafranca Padovana.

La richiesta avanzata dal sacerdote un mese fa di concedere la residenza ai sei componenti della famiglia rom (padre, madre e quattro figli) è stata respinta proprio in questi giorni dall'amministrazione comunale.

Alla base del "no" c'è la mancanza dei requisiti fondamentali previsti dalla legge. E per farlo non c'è stato bisogno della famosa ordinanza antisbandati promossa dal sindaco di Cittadella Massimo Bitonci, che a Villafranca non è stata adotta, ma è bastato applicare le leggi esistenti.

«Proprio venerdì è stata firmata un'ordinanza di diniego della residenza, perché non ci sono i presupposti di legge per concederla - dice in merito alla vicenda il vicesindaco di Villafranca, Giuseppe Conte - Quella di Ronchi è una situazione ormai diventata insostenibile. Abbiamo avuto anche un incontro con don Antonio, dove abbiamo cercato di fargli capire che comprendiamo il suo senso di carità, ma che non è il caso di andare oltre con questa situazione. Lo abbiamo invitato ad allontanare i rom dal terreno della canonica. Non solo per non continuare ad alimentare i malumori e i problemi che da tempo lamentano i cittadini. Ma anche per salvaguardare l'incolumità stessa del sacerdote, che già in qualche occasione è stata messa a rischio». Lui però non ha dato ascolto agli amministratori e ha continuato dritto per la sua strada.

Tensione anche fra il consiglio pastorale e don Antonio Bigolin, parroco di Ronchi di Campanile, Neppure il parroco fa mistero del fatto che questo suo spirito di carità non sia totalmente condiviso dal consiglio pastorale; i membri del consiglio vorrebbe infatti che don Antonio si impegnasse anche in altre forme di carità.

Una vicenda che ha portato a Ronchi di Campanile anche due inviati della Curia che ieri mattina hanno fatto visita al parroco, come lui stesso ha confermato, per affrontare il problema.

"In modo sereno abbiamo parlato della situazione - ha detto don Antonio -, hanno appoggiato questo mio impegno di carità e si sta concordando il modo più opportuno per spiegare alla comunità questo impegno e il mondo dei rom. Il consiglio pastorale non è d'accordo con quello che faccio, voglio ricordare che per questo non vengono toccati i soldi della parrocchia".

Sul fronte della richiesta della residenza per la famiglia rom, avanzata dal sacerdote un mese fa in Comune, don Antonio ha precisato: "Mi è stato detto dal sindaco che non ci sono i requisiti per concedere la residenza, i bambini vanno a scuola e il papà sta cercando lavoro e una volta che l'avrà trovato se ne riparlerà.

Non fanno accattonaggio, stanno cercando di sistemarsi"

«Il capofamiglia sta cercando lavoro - ha detto il sacerdote - abbiamo stilato un curriculum, ma non è facile trovare. Tre dei quattro bambini vanno a scuola. Non è vero che creano confusione, me lo hanno confermato le insegnanti. Sono persone rispettose che hanno bisogno di aiuto e quello che faccio per loro non lo faccio con i soldi della parrocchia come qualcuno insinua».

Barbara Buretta

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Di Fabrizio (del 07/01/2008 @ 09:32:53, in musica e parole, visitato 2287 volte)

Da Czech_Roma

Gipsy.cz è esploso nella scena musicale ceca ed i confini tra world music, musica zingara, pop e hip hop sono stati travalicati per la prima volta quest'anno. Radoslav Banga, detto Gipsy, è nato a Praga dove ha vissuto per strada dall''età di 13 anni, entrando in contatto con l'hip hop ed il rap. Dopo aver lavorato con bande locali come Syndrom Snopp, ha sviluppato uno stile personale di Romano hip-hop, combinando ritmi e linguaggi con la musica degli ottoni dei Balcani. Insieme al "primas" (violin maestro) Vojta Lavicka (ex: Alom, Deep Sweden..), e due giovani fratelli: Petr Surmaj (fisarmonica) & Jan Surmaj (bassi) è arrivato all'innovazione di Gipsy.cz. Ha collaborato e suonato con molti rinomati artisti. Ha suonato ospite della Boban Markovic Orkestar, diviso il palco con i GZA, suonato nei principali festival cechi, al Carnevale delle Culture di Berlino e in diversi concerti al Berlin's Kaffee Burger. Inoltre, è ospite regolare di Radio Multikulti/Funkhaus Europa.

Leggi il resto su Oikotime

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Di Fabrizio (del 08/01/2008 @ 08:41:35, in media, visitato 1688 volte)

Da Roma_Daily_News

La Radio Ceca ha annunciato lo scorso 10 dicembre che sponsorizzerà il Romipen Photography Contest, a cui i partecipanti possono inviare fotografie che documentino la vita romani, le loro tradizioni e costumi. Il contest è aperto a tutti incluso professionisti ed amatori, Rom e non-Rom di vari paesi. Il termine per la partecipazione è il 31 maggio 2008. Il regolamento si può trovare su http://romove.radio.cz/en/clanek/21738 .

Verranno valutate fotografie di scene delle vita romani - quindi temi come la famiglia, i miei amici Rom, Rom al lavoro, in relax o mentre si divertono, artisti ed artigiani Rom, Natale, Pasqua e altre feste, avvenimenti importanti (battesimi, matrimoni, funerali) ed altre situazioni che la vita ci porta.

I lavori saranno continuamente pubblicati sul sito web. Alla fine una giuria professionale selezionerà il vincitore che sarà premiato con premi interessanti (video camera, macchina digitale, lettori MP3, etc.). Il lavoro vincente sarà selezionato il 30 giugno 2008 ed i risultati verranno pubblicati il giorno dopo.

La Radio Ceca sponsorizza il Romipen Contest in occasione del 10° anniversario dell'esistenza del sito web www.romove.cz, [...] ed in occasione della fine del 2007 che la Commissione Europea ha dichiarato anno delle pari opportunità per tutti.

Il contest è organizzato sotto il patrocinio di Dzamila Stehlíkova, Ministra per i Diritti Umani e le Minoranze Nazionali della Repubblica Ceca.

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Di Sucar Drom (del 09/01/2008 @ 09:53:02, in blog, visitato 1579 volte)

Roma, seminari di aggiornamento e confronto
A un anno di distanza dagli avvenimenti di Opera (MI) nel dicembre 2006, che hanno inaugurato un anno di forti tensioni sociali sul tema dei R...

Ravenna, Rom nessun luogo dove vivere
Il prossimo 27 gennaio, giorno in cui nel 1945 vennero abbattuti i cancelli di Auschwitz, si celebrerà il “Giorno della memoria”, in ricordo dello ster...

Reggio Emilia, i Sinti contro il Comune
Minacciano di non mandare i bimbi a scuola e di occupare piazza Prampolini con le loro roulotte i Sinti del campo di via Ancini, a Roncocesi, se il comu...

Nessuno sponsor per gli attori neri
«Nessuna marca di vestiti ha voluto sponsorizzare le scene in cui recitavano gli attori neri». Un'accusa pesante, che sottolinea quanto razzismo e pregiudi...

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Di Fabrizio (del 10/01/2008 @ 09:35:53, in Italia, visitato 2217 volte)

Da Vita.it

di Sara De Carli (s.decarli@vita.it)

Si terrà a Roma, il 22 e il 23 gennaio, la prima conferenza internazionale sui Rom. Sarà promossa dal Ministero dell'Interno e si svolgerà presso la Scuola Superiore dell'Amministrazione dell'Interno, in via Veientiana. A riportarlo è il sito Amalipe Romano, Amicizia Rom.
La Conferenza è in gestazione da mesi, visto che già il primo ottobre il professore Alexian Santino Spinelli aveva riferito a Vita di un primo incontro organizzativo per questo evento, ed è poi stata annunciata ufficialmente da Amato il 6 novembre, al termine di un incontro col vice segretario generale del Consiglio d'Europa, Maud de Boer Buquicchio.

Alla Conferenza parteciperanno Thomas Hammarberg, commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa; Dana Varga, consigliera personale del primo ministro rumeno per la problematica dei Rom; Maud de Boer Buquicchio, Vice segretario generale del Consiglio d'Europa.
Claudio Marta, dell'Università Orientale di Napoli, farà una ricorstruzione storica della presenza di Rom e Sinti in Italia, mentre Renato Mannheimer presenterà una nuova ricerca. Nel pomeriggio del 22 ci sarà una tavaola rotonda con diversi politici locali (da Formigoni a Chiamparino, dal prefetto Mosca al prefetto Pansa), con Rosy Bindi e Marcella Lucidi.

Il 23 sarà dedicato al dialogo con la società civile, sulle tre aree fondamentali di Casa, Scuola, Lavoro. Ci saranno Opera Nomadi, Sant'Egidio, Aizo, Unirsi, Sucar Drom, Gruppo specialisti Rom, Comunità di Capodarco, Centro studi zingari, Caritas e Arci Nazionale. Dopo uno sguardo europeo, chiuderanno i lavori il ministro Ferrero e il ministro Amato.

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Di Fabrizio (del 11/01/2008 @ 21:06:04, in Europa, visitato 2238 volte)

Una lunga segnalazione di Marco Brazzoduro

di Alessio Marchetti
Il collasso del comunismo ha lasciato nei paesi dell’ex blocco sovietico una serie di tensioni etniche e sociali che la nuova Europa allargata ad est si trova ora a dover affrontare. L’ingresso dei dieci nuovi paesi nell’Unione Europea, ha portato con sé, di riflesso, anche un undicesimo silenzioso paese che nazione non è, senza confini né governo, senza bandiera né inno nazionale: quello dei Rom.
La questione della minoranza etnica della popolazione Rom, infatti, una volta isolata nell’est europeo e quasi completamente sconosciuta in occidente, dallo scorso primo maggio è diventato un problema dell’intero continente. Gli zingari, come volgarmente vengono chiamati anche se loro preferiscono il nominativo di Rom, contano, nell’Europa centro - orientale, qualcosa come 6 milioni di individui su un totale calcolato intorno agli 8-9 milioni di presenza complessiva su tutto il Vecchio Continente (il censo della popolazione nomade è, per evidenti motivi, non di semplice determinazione).
Alla vigilia del primo maggio 2004, data dell’allargamento dell’Europa a 25, la minaccia di una migrazione di massa dei Rom verso quei paesi occidentali, Gran Bretagna e Irlanda in testa, che avevano promesso l’apertura immediata delle frontiere ai lavoratori dei nuovi paesi, ha messo in movimento un tam tam di notizie allarmistiche sulla stampa britannica, la quale, riferiva di orde di zingari provenienti dall’est Europa che a decine di migliaia, se non addirittura a milioni (Daily Express) erano pronte a invadere il Regno Unito.
La notizia della clamorosa iniziativa “minacciata” dai Rom, che ha naturalmente spaventato molti governi e opinioni pubbliche europee e che si è rivelata infondata, voleva provocatoriamente denunciare la situazione di estrema difficoltà economica e sociale che questa minoranza vive nei paesi centro-orientali.
Malgrado la questione in occidente sia quasi del tutto sconosciuta, già da tempo la Commissione Europea lavora per ottenere dai governi locali rassicurazioni su una soluzione del problema, tanto da averlo posto a suo tempo come una delle discriminanti per l’ingresso di Polonia, Repubblica Ceca, Repubblica Slovacca, Slovenia e Ungheria nell’UE. Anche Bulgaria e Romania, paesi di prossimo accesso nei cui territori è concentrata una presenza di oltre due milioni e mezzo di nomadi, dovranno affrontare lo stesso esame molto presto.
Un recente rapporto delle Nazioni unite, infatti, ha descritto le condizioni di vita dei Rom del centro-est Europa come “più vicine a quelle delle popolazioni dell’Africa Sub-Sahariana che non a quelle degli standard europei”, a causa della miseria in cui vivono, caratterizzata dal basso tasso di scolarità e dall’altissima disoccupazione. Sempre secondo questo studio, inoltre, almeno un nomade ogni sei è in costante stato di fame, mentre il 40% vive in abitazioni senza acqua corrente e servizi igienici.
Quale sia l’esatta origine storico-geografica dei Rom è ancora in discussione, ma sembra che il loro arrivo in Europa, provenienti dalle lontane regioni dell’India attraverso la Persia, possa essere fatto risalire attorno al VII-X secolo. Arrivati dalla lontana India in Europa nel lontano XIV secolo (secondo altre fonti anche prima), non cristiani, scuri di carnagione, senza terra ne nazione, fortemente indipendenti e orgogliosi della propria cultura, senza mai una vera volontà di integrazione, nella loro forte idea di mantenere una distanza tra rom e “gadjé” (non rom), si scontrarono subito con il pregiudizio di una cultura europea troppo diversa dalla loro.
Gli zingari tedeschi chiamano se stessi Sinti. La maggior parte di essi si stabilì nell’Europa centro-orientale, mentre altri proseguirono il loro viaggio verso la Germania, la Francia, l’Italia e soprattutto la Spagna. I Rom non hanno mai tentato di costruire un loro proprio Stato, preferendo vivere sempre nelle zone di frontiera, orgogliosamente a difesa della loro specificità culturale e sociale, ottenendo però come risultato l’emarginazione e la discriminazione della maggioranza. Fin dal loro primo arrivo in Europa i nomadi sono stati percepiti dagli Stati come un problema da risolvere, attraverso l’assimilazione, il contenimento, l’esclusione o l’espulsione. Dai secoli di schiavitù in Romania tra il XV e il XIX secolo alla strage di oltre mezzo milione di Rom nei campi di concentramento nazisti durante la seconda guerra mondiale, la loro storia nell’est europeo è caratterizzata da repressione e discriminazione. In Germania, come un po’ in tutta l’Europa centro-orientale, le persecuzioni iniziano ben prima del periodo nazista: già nel 1721 l’imperatore Carlo IV ordinò lo sterminio dei rom, con una legge che depenalizzava l’assassinio di uno zingaro. Nel XIX secolo “studiosi” tedeschi definivano zingari ed ebrei come razza inferiore e “escremento dell’umanità”. Una ricerca sulla popolazione nomade in Germania del 1905 condotta dallo studioso tedesco Alfred Dillmann stabiliva che i rom erano una “piaga” e una “minaccia” e che la Germania doveva difendersi da essa, evitando una possibile e pericolosa commistione tra le due razze.
La grande differenza tra i Rom dell’Europa centro–orientale e quelli occidentali consiste nello stile di vita ormai quasi definitivamente sedentario dei primi. La politica di integrazione iniziata da Maria Teresa d’Asburgo alla fine del XVIII secolo, volta a eliminare il nomadismo e a incoraggiare la sedentarietà, è stato solo il primo passo verso l’assimilazione completa a cui sono giunti i regimi comunisti circa due secoli più tardi.
Quella dei rom, comunemente chiamati zingari, è stata l’unica altra popolazione, insieme agli ebrei, ad essere obbiettivo di uno sterminio su basi razziali programmato nella logica della “Soluzione Finale” del Nazismo. La storia dell’olocausto rom, “Porrajmos” secondo la lingua zingara, è forse una delle pagine della seconda guerra mondiale meno conosciute ed analizzate.
Su una popolazione che, secondo il censo molto approssimativo del 1939 del partito nazista, contava circa 2 milioni di individui, sparsi in 11 paesi d’Europa, ne furono sterminati almeno 500 mila.
La particolarità della cultura rom rende le cifre molto imprecise: si tratta di una popolazione nomade, largamente analfabeta, conservatrice di una tradizione orale trasmessa da padre a figlio. Da qui la mancanza di fonti scritte dirette, di testimonianze difficilmente reperibili. C’è anche da aggiungere che il Porrajmos fu organizzato in maniera molto meno organizzata e meticolosa rispetto all’olocausto ebraico, per cui anche da parte nazista non abbiamo quel gran numero di fonti, documenti e informazioni che invece ci hanno permesso di ricostruire la tragedia ebrea.
Il fatto che i rom siano degli stranieri, comunque e ovunque, che fossero alieni ed estranei in qualsiasi luogo si muovano, ha permesso la forte crescita del pregiudizio nei loro confronti, che è duro a morire anche nei nostri giorni.
Durante gli anni ’20, in piena e democratica Repubblica di Weimar, ai rom era già proibito di entrare nei parchi e di usare i bagni pubblici. Una pubblicazione di quegli anni di Karl Binding e Alfred Hoche riprendeva una definizione coniata 60 anni prima da Richard Liebich che definiva i rom “non meritevoli di vivere” e classificati sotto la categoria dei “malati mentali incurabili”. La stesa frase comparve in una legge ad hoc emanata dal partito nazista qualche anno più tardi. Dunque tutto inizia prima delle leggi di Norimberga per la difesa della razza del 1935, che va a colpire, specificatamente, ebrei, neri e rom.
Tutti noi sappiamo della notte dei cristalli che segnò simbolicamente la persecuzione degli ebrei. Ma nello steso anno, 1938, esattamente nella settimana tra il 12 e il 18 giugno un altro evento segnò l’inizio della fine: la cosiddetta settimana della pulizia zingara.
Nel gennaio 1940 ha luogo il primo genocidio di massa con l’uccisione di 250 bambini, che vennero utilizzati come cavie nel campo di concentramento di Buchenwald per testare il tristemente famoso Zyklon – B, il materiale usato nelle camere a gas. Himmler fu convinto dell’idea di risparmiare la vita ad alcuni di loro per poterli utilizzare come strumento per studiare la genetica di questi “nemici dello Stato”, ma alla fine il regime respinde l’idea.
L’8 dicembre 1938, il primo riferimento alla “Soluzione finale alla questione zingara” apparve in un documento firmato dallo stesso Himmler. E’ ancora Himmler , il 16 dicembre 1940, a ordinare la deportazione di tutti gli zingari d’Europa ad Auschwitz-Birkenau. Qui tra l’1 e il 2 agosto 1944, nella notte degli zingari, furono gasati 2897 tra uomini, donne, vecchi e bambini in una sola azione. I forni crematori impiegarono giorni a smaltire la moltitudine di cadaveri.
Molto spesso, specialmente nelle terre orientali ed in Polonia, i rom non venivano portati nei lager ma uccisi sul luogo. Dopo aver fatto scavare le fosse con le loro mani li allineavano sul bordo per l’esecuzione. Operazione questa non semplice, secondo un rapporto delle SS. Uccidere un ebreo era, infatti, molto più facile, in quanto rimaneva dritto e stabile, mentre “gli zingari piangono, si lamentano, si muovono costantemente, anche quando sono già in linea per l’esecuzione. Alcuni di essi saltano addirittura nella fossa prima che venga sparato il colpo, facendo finta di essere morti”.
Era lo stesso Adolf Eichmann ad organizzare la logistica delle spedizioni ai campi, come descritto in un suo telegramma diretto alla direzione della Gestapo, in cui parla di vite umane come di merce da trasporto: “Riguardo al trasporto degli zingari bisogna sapere che venerdì 20 ottobre 1939, il primo carico di ebrei lascerà Vienna. A questo carico devono essere attaccati 3-4 vagoni di zingari. Treni successivi partiranno da Vienna, Mahrisch-Ostrau e Katovice. Il metodo più semplice è attaccare alcuni vagoni di zingari a ogni carico. Perché questi carichi devono seguire un programma, per cui ci si aspetta una rapida esecuzione del problema”.
Sui rom vennero eseguiti esperimenti di ogni sorta: a Sachsenhausen si cercò di provare che il loro sangue era diverso da quello tedesco; le donne vennero inizialmente sterilizzate in quanto “non meritevoli di riproduzione umana” per poi essere uccise. La legge sulla cittadinanza tedesca emanata nel 1943 non menziona neanche la popolazione rom. D’altronde perché nominare un’etnia che da lì a breve sarebbe dovuta scomparire dalla faccia della terra?
Nel resto d’Europa il destino dei rom variò a seconda del paese.
Il regime collaborazionista francese di Vichy internò 30.000 rom, molto dei quali finirono nei campi di Dachau, Ravensbruck e altri. Gli ustascia croati ne uccisero circa 26.000, molte migliaia furono uccisi dai serbi, altri furono deportati dagli ungheresi, dei 6.000 zingari cecoslovacchi ne sopravvisse solo un decimo.
In Italia, inizialmente, le leggi razziali del 1938 dimenticarono gli zingari, ma ben presto una circolare del Ministero dell’Interno del 11 settembre 1940 rimediò alla dimenticanza decretando l’internamento dei rom italiani e, successivamente, anche di quelli stranieri.
I nomi di questi campi ci sono assolutamente poco familiari: Pedasdefogu in Sardegna, Monopoli Sabina, Tossica, vicino Teramo, Pieve (Viterbo), Isole Tremiti e Collefiorito. E’ vero che pochi degli internati italiani furono deportati nei campi di sterminio. La precedenza veniva, infatti, concessa agli ebrei. Dopo la guerra la discriminazione contro i Sinti in Germania e i rom nel resto d’Europa continuò.
Nella Germania Occidentale, fino agli anni ’60, i tribunali acconsentirono a risarcire e a riconoscere gli zingari come vittime della follia nazista solo per i fatti che avvennero dopo il 1943. Nessuno fu chiamato a testimoniare per conto delle vittime rom al Processo di Norimberga e nessuna riparazione di guerra è mai stata pagata ai rom come popolazione. Perfino gli Stati Uniti, sempre così attenti alle vittime dell’Olocausto, non hanno fatto nulla per assistere i rom durante e dopo gli anni dello sterminio. Solo il 10% delle centinaia di milioni di dollari, per i quali il Governo americano era stato dichiarato responsabile della distribuzione, resi disponibili dall’ONU per i sopravvissuti, è stato dato ai non-ebrei, e nessuna parte di quel fondo è finita ai sopravvissuti rom.
Alla fine della seconda guerra mondiale, conclusasi con un bilancio di oltre mezzo milione di Rom trucidati nei campi di sterminio nazisti, la parola d’ordine nei nuovi Stati socialisti era, infatti, proprio “assimilazione”. La ricerca dell’uguaglianza e l’eliminazione di ogni differenza etnica e sociale condusse i regimi comunisti di Polonia, Cecoslovacchia, Bulgaria, Ungheria e Romania a ricercare un programma di urbanizzazione forzata e di occupazione lavorativa a largo raggio. Le abitazioni ambulanti dei Rom furono bandite tanto che in alcuni casi compito della polizia era addirittura quello di rimuovere le ruote dalle roulottes. In Cecoslovacchia la legge del 1958 sulla “sistemazione permanente della popolazione nomade e seminomade” li costrinse a stabilirsi negli agglomerati urbani dei giganteschi quartieri dormitorio delle periferie cittadine. Molti di essi vennero trasferiti a forza dalla Slovacchia orientale alla Boemia occidentale per rimpiazzare i Sudeti, i cittadini di origine tedesca cacciati dopo la seconda guerra mondiale. Tra gli anni ‘70 e ’80 in Bulgaria il governo abolì la speciale identità culturale Rom costringendoli a bulgarizzare il nome e proibendo l’uso della lingua; in Romania, negli anni ’80, Ceausescu condusse una violenta campagna per l’urbanizzazione che vide la costruzione dal nulla di interi nuovi villaggi.
Nel complesso si può affermare che, per certi versi, durante il periodo comunista la situazione dei Rom era in qualche modo migliorata, se non altro per le aumentate opportunità di accesso allo studio e al lavoro. I bambini erano obbligati a frequentare le scuole cosi come a ricevere le vaccinazioni, gli adulti avevano un lavoro e non si veniva picchiati per strada dalla violenza xenofoba degli skin-heads. Allo stesso tempo però l’assimilazione forzata portò alla nascita di tensioni sociali e razziali nella popolazione maggioritaria locale destinate destinata ad esplodere non appena la coperta di bugie dei regimi fosse stata tolta.
La violenza e la discriminazione razzista nei confronti dei Rom è documentata fin dal 1990 un po’ in tutta l’Europa centro–orientale. L’improvvisa insicurezza sociale ed economica in cui le fasce deboli delle nuove democrazie dell’est si sono venute a trovare contribuirono all’apprensione per la ricerca di un nuovo nemico che portò alla rapida formazione di movimenti razzisti di estrema destra. Attacchi violenti di matrice etnico–razziale si sono verificati ovunque nel corso di questi ultimi quindici anni, facendo anche numerose vittime. Appena lo scorso anno, in Repubblica Ceca, furono registrati ben 364 attacchi di natura xenofoba, una media di uno al giorno, senza tener conto che il record è indubbiamente sottostimato a causa della reticenza della polizia ad archiviare le violenze come razziste.
Nel 1999 la stampa internazionale puntò i suoi riflettori su una sconosciuta cittadina industriale del nord della Boemia, a poche decine di chilometri da Praga, Usti nad Labem. La città, che conta centomila abitanti, vede la presenza di circa ventimila Rom, quasi tutti disoccupati. Con la sola eccezione di una graziosa chiesa barocca restaurata di recente, Usti nad Labem combina una serie di grigie mostruosità architettoniche sul modello del realismo socialista a edifici del XIX secolo. Il teatro della vicenda è Matični ulice (via Matični), una strada popolare composta da blocchi di piccoli appartamenti statali forniti ai cittadini in difficoltà economica, che vede contrapposte famiglie ceche da un lato della strada e alcune decine di famiglie Rom dall’altro; per far fronte alle proteste di alcuni cittadini che lamentavano la sporcizia e il chiasso dei vicini Rom, accusati anche, in questo caso giustamente, di non pagare l’affitto, il sindaco della città, Ladislav Hruska, fece erigere un muro alto quattro metri che dividesse le due popolazioni.
Dopo alcune proteste da parte dei comitati Rom fu lo stesso governo ceco a intervenire sulla municipalità locale per impedire la costruzione del muro, che non avrebbe di certo contribuito a dare un’immagine positiva al paese in vista di un suo futuro accesso nell’UE. Sia la Commissione Europea, che la CSCE e le associazioni per i diritti umani, avevano mandato i loro emissari a controllare la situazione, la quale era finita sulle pagine dei giornali cechi e internazionali (se ne è occupato anche il Washington Post).
Alla fine il muro fu eretto lo stesso, sotto la sorveglianza di decine di poliziotti che avevano l’ordine di vigilare sulla costruzione ventiquattro ore al giorno. Il sindaco Hruska per giustificare l’opera commentò laconicamente: “Vogliamo solamente separare la gente decente da chi decente non è”.
Qualche mese più tardi dopo varie pressioni governative il muro fu finalmente abbattuto, nonostante la solidarietà espressa da più parti, pubbliche e private, alla municipalità.
In Slovacchia, in questi anni, la discriminazione è andata anche oltre. I casi di violenza razzista si sono, infatti, spesso incrociati a provvedimenti governativi imbarazzanti, ritirati quasi all’ultimo momento dalle aule del Parlamento. Tra gli altri, tanto per citarne uno, quello del 2002 dove fonti del Ministero della Cultura davano per applicabile l’idea di istituire degli appositi campi di rieducazione per Rom dove gli ospiti, secondo le parole di Edana Marash-Borska dell’allora partito di governo ANO, avrebbero dovuto “lavorare secondo le loro abilità”. I Rom inoltre, in questi campi, non avrebbero avuto bisogno di soldi poiché “ognuno avrebbe ricevuto quanto dovuto: un pacchetto di sigarette al giorno, sapone, shampoo, dentifricio, caffè, the e dolci per i bambini”.
La questione Rom è nuovamente saltata alle cronache lo scorso anno, nel febbraio 2004, in seguito a una clamorosa protesta da parte di alcune centinaia di zingari nella Slovacchia orientale. Qui, infatti, i tagli fino al 50% disposti sui fondi per il sostentamento delle fasce più deboli decisi dal governo di centro-destra, ha scatenato la furia dei nomadi i quali, vedendo in tale decisione l’ennesimo atto discriminatorio nei loro confronti, hanno preso d’assalto negozi e saccheggiato supermercati. Il governo slovacco ha risposto schierando oltre ventimila uomini tra polizia ed esercito e sparando acqua dai cannoni contro i civili, fatto che non accadeva addirittura dalla Rivoluzione di Velluto del 1989, ferendo anche donne e bambini.
La piccola Repubblica Slovacca, che conta una delle più alte concentrazioni della minoranza Rom in percentuale alla popolazione (circa il 10%), così come la cugina Repubblica Ceca, è stata più volte ammonita dalle organizzazioni internazionali per la salvaguardia dei diritti umani, le quali accusano non solo la magistratura di “sottovalutare” il problema ma addirittura la polizia stessa di compiacenza con gli atti discriminatori e razzisti. Clamoroso il caso di Karol Sendrei che nel 2001 morì, in Slovacchia, in una stazione di polizia incatenato a una stufa dopo essere stato picchiato nel corso della notte.
Lo scorso anno, nel maggio 2004 Amnesty International ha presentato un nuovo rapporto che denunciava ancora due casi di abusi da parte della polizia ceca nei confronti di Rom: il primo faceva riferimento a un episodio accaduto a Cheb (città natale di Pavel Nedved, a circa 100 km a ovest di Praga) dove un uomo, di nome Karel Billy, fermato durante un normale controllo stradale, è stato fatto scendere dalla propria auto, costretto a salire nella macchina della polizia e condotto in un boschetto fuori città. Qui, una volta al riparo da occhi indiscreti i poliziotti lo hanno assalito con pugni e calci, umiliandolo con frasi razziste e cospargendolo, infine, di urina.
Il secondo caso si riferiva a un episodio accaduto nella cittadina di Popovice, dove cinque ufficiali in tenuta antisommossa hanno fatto irruzione nell’abitazione di una famiglia nomade accusando i presenti di aver rubato nel ristorante di proprietà proprio di uno degli stessi poliziotti coinvolti e insultandoli con frasi razziste.
Il rapporto di Amnesty International va ad aggiungersi a quelli già elaborati dalle apposite commissioni dell’ONU nel gennaio 2005 e, precedentemente, nell’agosto 2003, le quali intendevano sottolineare la mancanza di programmi governativi veri che potessero apportare un qualche miglioramento alle condizioni di vita della popolazione Rom, attenuando allo stesso tempo le discriminazioni nei loro confronti. Amnesty ha riscontrato una sorta di reticenza a punire i colpevoli delle aggressioni da parte degli organi giudiziari preposti, i quali molto spesso ammettono con gran fatica la natura razzista degli attacchi minimizzando il problema.
Altro problema di non facile soluzione e che accomuna un pò tutti i paesi dove la presenza nomade è sensibile è quello del numero della popolazione Rom che cresce in maniera inversamente proporzionale a quello della maggioranza locale. Il tasso di natalità tra i nomadi è molto alto ed è naturalmente destinato ad influenzare l’equilibrio etnico di molte regioni. I Rom sono già circa il 10% della popolazione totale in Bulgaria, Macedonia, Slovacchia e Romania, paese, quest’ultimo, che ne conta la maggior presenza calcolata in circa 2 milioni di individui. Già durante gli anni dell’assimilazione comunista i regimi si imbatterono nella questione demografica, cercandone, a loro modo, una soluzione. In Cecoslovacchia, ad esempio, durante gli anni ’70 e ’80, il governo condusse una politica di riduzione delle nascite controllata attraverso l’uso sistematico della sterilizzazione. Le donne Rom vennero in pratica obbligate ad accettare questa pratica sotto la minaccia, in caso di rifiuto, di vedersi togliere i benefici sociali dallo Stato.
Da sempre si era considerata la coercizione delle donne Rom alla sterilizzazione come conclusa con la caduta del regime. Secondo un documento della CSCE (la “Commissione sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa”, promossa dal Congresso americano nel 1976 per vigilare sulla difesa dei diritti umani) la pratica in Repubblica Ceca e Slovacca sembra essere continuata ancora dopo il 1989.
La CSCE cita, infatti, un documento intitolato “Body and Soul: Forced sterilization and other assaults on Roma reproductive freedom”, pubblicato a New York nel gennaio del 2003 dal CRR (“Center for Reproductive Rights”) e dal “Centro Slovacco per i Diritti Umani e Civili” (Poradna). Gli autori di questo studio identificano circa 110 casi avvenuti di sterilizzazione su donne Rom, senza il loro consenso, dopo il 1990 in ospedali pubblici slovacchi. Significativa in tal senso la dichiarazione del Ministro della Sanità, Lubomir Javorsky, il quale nell’ottobre del 1995, durante una celebrazione a Kosice dichiarò che “il governo farà tutto il necessario per assicurare che più bambini bianchi vengano dati alla luce a scapito dei bambini Rom”.
La discriminazione e il pregiudizio nei confronti dei Rom è, dunque, una componente molto presente nelle società dell’Europa dell’est, le quali vedono questa minoranza come un qualcosa di esterno, di diverso e, spesso, di cui vergognarsi. Lo stile di vita calmo, compito, rispettoso, quasi silenzioso delle società di influenza asburgica contrasta in maniera stridente con la chiassosità, l’animosità, l’inadattabilità e l’indolenza rom.
Gli esperti sono concordi nell’affermare che la segregazione e la povertà dei Rom è sicuramente in larga parte dovuta alla scarsa qualità, se non addirittura alla totale mancanza, dell’educazione scolastica dei giovani. Basti pensare che in Bulgaria, ad esempio, solo il 20% dei bambini inizia la scuola elementare mentre appena il 2% finisce le superiori. In Romania, se possibile, la situazione è ancora più grave: su una popolazione zingara di un milione e mezzo di individui almeno uno su tre è analfabeta. Qui, come in molti altri paesi dell’area i bambini Rom frequentano scuole separate da quelle dei loro coetanei romeni; spesso sono proprio gli stessi direttori delle scuole a prendere questa decisione basando il loro giudizio semplicemente sul colore della pelle, ovviamente in aperta violazione della legge. In Repubblica Ceca si stima che circa il 75% dei bambini Rom non sono ammessi nelle scuole pubbliche e vengono dirottati in classi speciali di più basso livello educativo riservate ai bambini con difficoltà di apprendimento, con ovvie gravi conseguenze sulla loro formazione superiore; in Bulgaria, spesso, sono costretti a frequentare scuole per handicappati mentali semplicemente perché non parlano il bulgaro.
Nonostante le nuove democrazie abbiano adottato costituzioni con ampi riconoscimenti per le minoranze etniche, i soli a non averne beneficiato, molto anche per colpa loro, sono stati i Rom, a causa dell’incapacità di provvedere da soli alla difesa dei propri diritti e al carattere sospettoso che li porta, spesso, a rifiutare aiuti dall’esterno.
A causa delle pressioni di Bruxelles, comunque, la situazione sembra andare verso un lento miglioramento, tanto che nelle scuole romene è ora possibile studiare anche la letteratura Rom. In Ungheria il governo ha promesso di eliminare le classi speciali entro il 2008, in Bulgaria ci si sta orientando verso l’integrazione grazie alla creazione di classi miste, mentre a Praga hanno pensato di fornire borse di studio ai giovani Rom che vogliono proseguire lo studio superiore.
Da salutare come un importante passo avanti, inoltre, l’elezione della prima deputata di origine Rom al Parlamento Europeo, Livia Jaroka, 29 anni, eletta nelle ultime votazioni europee in Ungheria tra le fila del partito di opposizione di centrodestra Fidesz – Unione Civica Ungherese.
Rimane a questo punto da sperare che il sondaggio elaborato dal Centro di Statistica Ceco apparso a giugno 2004, subito dopo l’ingresso nell’Europa Unita, e che riporta la nascita di una nuova coscienza solidale tra i giovani cechi sia solo il segnale di un primo cambiamento che la nuova Europa a 25 ha saputo portare: allargamento non solo dei confini ma anche delle mentalità.

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Di Fabrizio (del 12/01/2008 @ 17:38:26, in Europa, visitato 1893 volte)

Da Mundo_Gitano

IL PARLAMENTO EUROPEO, RISPONDENDO ALLA PETIZIONE DI UNION ROMANI, HA RIVOLTO UNA SANZIONE POLITICA AL COMMISSARIO FRANCO FRATTINI, PER LE SUE DICHIARAZIONI VESSATORIE CONTRO IL POPOLO GITANO

Il Presidente del Parlamento Europeo, Hans-Gert Pötttering, si è rivolto al Presidente di Unión Romaní, Juan de Dios Ramírez Heredia, dando risposta alla petizione a cui risponde asserendo che faciliterà qualsiasi iniziativa parlamentare che moderi il contenuto del Decreto promulgato dal Governo italiano, in relazione all'espulsione immediata dal suo territorio dei gitani provenienti dalla Romania.

Il presidente di Unión Romaní insiste sul contenuto della Direttiva 2004/38/CE del Parlamento e del Consiglio Europeo del 29 aprile 2004, relativo al diritto dei cittadini dell'Unione e dei membri della propria famiglia a circolare e risiedere liberamente nel territorio degli Stati membri, ricordando che "i gitani europei sono la miglior espressione della cittadinanza europea dal momento che sono una comunità estesa in tutto il territorio dell'Unione e che hanno saputo combinare l'appartenenza al paese dove sono nati con la comune condizione di riconoscersi cittadini dell'Europa e del mondo."

Quello però che allarma maggiormente furono le parole pronunciate da Franco Frattini, Commissario della Giustizia e dei Diritti del Cittadino, che dichiarò: "Quello che si deve fare è semplice: si va in un campo nomadi a Roma, ad esempio sulla Cristoforo Colombo, e a chi sta lì si chiede: tu di che vivi? se quello risponde: 'non lo so', lo si prende e lo si rimanda in Romania. Così funziona le direttiva europea. Semplice e senza scampo".

Il Presidente del Parlamento Europeo è stato molto sensibile alla richiesta, quando si dice "Siamo preoccupati che un così alto rappresentante politico dell'Unione Europea possa dire"prendeteli ed inviateli in Romania". "Prendeteli" ci porta il ricordo della più triste e nera storia d'Europa. "Prendeteli" han sempre detto i dittatori. "Prendeteli" dicevano i nazisti per portarli ai campi di concentramento e poi alle camere a gas. "Prendeteli" è quel che piace dire all'estrema destra così evidentemente rappresentata in questo Parlamento.

Come conseguenza della petizione, Hans-Gert Pötttering ha affermato quanto segue:

Il Parlamento Europeo ha inviato una sanzione al Commissario della Giustizia e dei Diritti del Cittadino ed ha considerato, nel testo parlamentare del giorno 15 novembre 2007, che le parole pronunciate dal Signor F. Frattini sono "contrarie allo spirito e alla lettera" della Direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei membri delle sue famiglie a circolare e risiedere liberamente nel territorio degli Stati Membri.

Con questa risoluzione adottata con 306 voti a favore, gli eurodeputati hanno anche invitato la Commissione Europea perché presenti, senza indugio, una valutazione esaustiva dell'applicazione della direttiva 2004 nei 27 Stati Membri.

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Di Fabrizio (del 13/01/2008 @ 09:19:33, in scuola, visitato 2163 volte)

Dal Corriere della Sera

ROMA - Apartheid su via Palmiro Togliatti? Ieri il consiglio del VII Municipio di Roma, uno dei caposaldi «rossi» della cintura a cavallo tra Prenestina e Casilina, ha approvato a maggioranza una mozione presentata da Rifondazione comunista (votata da Sinistra democratica, più tutto il centro destra, contrario il Pd) in cui si chiede all'assessore comunale alla scuola di valutare la richiesta di tornare a separare i bimbi rom dagli altri bimbi sugli scuolabus, richiesta avanzata da un gruppo di genitori mobilitati dopo un litigio avvenuto tra ragazzini. Secca la replica dell'assessore Maria Coscia (Pd): «Sapevo che nel VII Municipio c'era stato qualche problema, ma pensavo che fosse stato governato. Nel senso di includere e non di escludere... Mica possiamo tornare ai tempi di Rosa Louise Parks...». Eppure da quel comprensorio di case popolari e di ex borgate che si chiamano Centocelle, Prenestino, Quarticciolo, Alessandrino o La Rustica, insomma la settima circoscrizione della città, rischia di spuntare all'alba del 2008 un po' grottescamente quell'autobus giallo del '55 a Montgomery. Epicentro è il 117 circolo didattico di Roma, alla Rustica. Ad accendere la miccia nel parlamentino del VII retto da un presidente, Roberto Mastrantonio, unico rappresentante dei Comunisti Italiani tra i diciannove minisindaci di Roma, è stato Lucio Conte di Rifondazione Comunista.

Più cautamente Mastrantonio si è tenuto alla larga dall'auletta al momento della votazione, comportamento adottato anche dalla consigliera verde Mariani. Presi in contropiede i rappresentanti del Pd, costretti poi in sei, i presenti al momento della votazione, a restare in minoranza. Due i punti messi nero su bianco: col primo si chiede di valutare la richiesta avanzata dai genitori di rivedere il sistema attuale di trasporto, il secondo suggerisce invece di contribuire a un migliore sostegno scolastico dentro la scuola per i bimbi rom. «Premesso che durante il trasporto il comportamento vivace di alcuni bambini rom nei confronti degli altri bambini ha determinato le proteste dei loro genitori — recita la mozione approvata — e che anche la presenza sul pullman di due accompagnatori non ha fatto rientrare le preoccupazioni dei genitori che hanno chiesto di far portare a scuola i loro figli su un pullman senza la presenza dei bambini rom, visto che i genitori hanno chiesto che questa situazione venga rimossa e si torni alla situazione degli anni precedenti in cui si raggiungeva la scuola su pullman diversi... il Consiglio del Municipio VII chiede al Presidente di sottoporre all'assessore comunale alla scuola nell'ambito della prevista valutazione dello stato del progetto di trasporto scolastico la richiesta dei genitori del 117 circolo...». Seguono poi le richieste di un maggior sostegno scolastico all'insegna dei «diritti universali riconosciuti a tutti i bambini».

«Mozione imbarazzante? E perché mai...— reagisce il consigliere del Prc —. I problemi vanno affrontati, i cittadini sentiti. Oltre a quel litigio tra bambini qua si è messo in moto qualcosa di più. Così sono andato dal presidente e con lui ho concordato questa mozione...». Il capogruppo del Pd Marinucci allarga le braccia. Dice: «Se è per questo ha avuto anche l'adesione dei due di Sinistra Democratica. E poi si è sentita la capogruppo di An che diceva: "Ma perché non l'abbiamo proposta noi?". Qua, se non stiamo attenti, torniamo alle carrozze in treno per soli negri...». Il presidente Mastrantonio obietta. «Io sono per il mantenimento del servizio, certo, ma se si determinano condizioni di ingovernabilità che facciamo?».

Paolo Brogi
12 gennaio 2008

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Di Sucar Drom (del 14/01/2008 @ 10:07:51, in blog, visitato 1642 volte)

Firenze, convegno sulle discriminazioni etnico-razziali
COSPE il 18 gennaio 2007 a Firenze (ore 14.30 - 18.30, Sala delle miniature, Palazzo Vecchio) presenta il rapporto 2007 RAXEN dell’Agenzia per i Diritti ...

Brescia, uno spettacolo contro il razzismo
Domani, sabato 12 gennaio 2008 dalle ore 20.30, siete invitati tutti a Brescia, presso il ristorante Guillaume (Galleria Teatro Sociale, piazza Boni - C.da del Cavalletto) per part...

Roma, conferenza europea su Rom e Sinti
Oggi il Ministero dell’Interno e il Ministero della Solidarietà Sociale hanno ufficialmente spe...

Ferrara, corso di formazione sui processi di interazione tra le culture
E’ iniziato il 10 febbraio a Ferrara il corso di formazione “i Rom, i Sinti, i Gage. Un'interazione possibile?”, promosso dall’Opera Nomadi ferrarese, la Coop...

Prato, le famiglie sinte italiane saranno cacciate se i bambini non vanno a scuola
La proposta messa a punto dall'Amministrazione di destinare alcune aree, contigu...

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