Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 19/08/2007 @ 09:05:53, in media, visitato 1834 volte)
Parla molto di noi la questione "zingara"
Alberto Burgio
Ciclicamente, come le polemiche sui morti della strada o i roghi estivi (esempio
non casuale), riesplode la questione dei campi nomadi. Che ci sia di mezzo il
morto (i morti, come i bimbi arsi vivi a Livorno in quello che pare un ennesimo
atto criminale) o le gesta squadriste dei padani (come l'anno scorso a Opera),
cambia poco. Sta di fatto che di questa questione è impossibile liberarsi. Per
nostra fortuna.
Perché? Perché la questione degli «zingari» parla di noi. Qualche giorno fa sul
manifesto Enzo Mazzi diceva degli intrecci tra la loro e la nostra cultura.
Si potrebbe scavare ancora e scoprire che c'è un legame profondo tra
l'esperienza (e il disagio) della stanzialità e l'esperienza (lo stereotipo) del
nomadismo. Che diventa un'icona del rimosso e catalizza (qui c'è una convergenza
con l'antisemitismo) i furori razzisti della civitas christiana.
Ma non parla di noi solo per questo, la questione «zingara». È parte integrante
della nostra storia politica. Di noi italiani (italiani come e non più delle
decine di migliaia di rom e sinti cittadini di questa Repubblica), di noi
europei (come altre decine di migliaia di rom e sinti e camminanti che vivono
nelle nostre città). Faremmo bene a ricordarcene, e invece ce ne dimentichiamo.
Perché si tratta di pagine cupe e pesanti come pietre.
La prima riguarda le guerre «umanitarie» nei Balcani. I rom di origine jugoslava
(bosniaca e kosovara) sono profughi di quelle guerre di cui l'Italia fu
sciagurata protagonista. Sono sfuggiti a vendette e «pulizie etniche» che hanno
via via assunto le proporzioni di un pogrom. Si imporrebbe quindi, per
cominciare, un bilancio serio dei conflitti che insanguinarono la Jugoslavia
lungo gli anni Novanta. Un bilancio che non rimuova la destabilizzazione che li
preparò con l'intervento di formazioni terroristiche sotto copertura
occidentale.
La seconda pagina del nostro album riguarda le sistematiche persecuzioni
inflitte a sinti e rom dopo l'89 in tutte le loro terre d'origine, dalla
Slovacchia alla Boemia, dalla Moldavia alla Cechia, all'Ungheria, alla Romania.
Nell'indifferenza generale della civile Europa.
La terza (sfondo alle altre) concerne lo sterminio nazista, cui il nostro paese
partecipò con leggi e deportazioni. Si diceva delle convergenze con
l'antisemitismo. Nel 1936 il Reich equiparò gli «zingari» - emblema di
«asocialità» - agli ebrei. Lo sfondamento della Wehrmacht a est fu l'inizio di
un calvario che mise capo allo sterminio di mezzo milione di sinti e rom. Ma
anche l'Italia fece la sua parte. La persecuzione dei rom prese avvio qui, nei
primi anni del fascismo. E le leggi del '38 riguardarono anche gli «zingari»,
non solo gli israeliti.
Storia? Non soltanto. Alla base di queste nefandezze operarono stereotipi che
ancora impregnano le nostre discussioni. Di questo popolo si dipinge un ritratto
che non è il suo. I rom jugoslavi avevano le loro case prima che esse venissero
sottratte loro a forza. E all'est vivevano sì in condizioni disagiate, ma con un
grado di integrazione che noi neppure immaginiamo.
Ma a chi interessa capire se urge giudicare? Si dice del degrado dei campi nelle
nostre periferie. Quei campi che tanto spiacciono al cattolico onorevole Casini,
ansioso per il decoro delle nostre «grandi città». Quei campi per i quali il
democratico sindaco di Torino (come tanti altri dell'Unione, da Roma a Pavia)
invoca «poteri straordinari» per i prefetti e interventi «anche oltre le regole
pubbliche», pur di «ridurre il numero di rom». Allora bisogna dirlo chiaro: i
campi come li conosciamo in Italia non si trovano in altri paesi europei perché
altrove i rom vivono in comuni abitazioni grazie a un efficace sistema di
sostegno, nel pieno rispetto delle regole.
Dopodiché siamo d'accordo: le prediche non bastano e nemmeno basta la memoria
(che pure è un dovere politico, oltre che morale). Dunque che fare? Non si può
scantonare da alcuni punti fermi. I rom rumeni non sono extracomunitari, sono
europei come tutti gli altri. I rom italiani (70 mila) sono cittadini italiani,
come tutti gli altri. A qualcuno potrà spiacere, ma è così. Quindi nessun
diritto speciale, nessun trattamento ad hoc. Quanto agli apolidi, essi sono
profughi, protetti dalla Costituzione, che riconosce loro (ancora) il diritto
d'asilo. Piuttosto chiediamoci: quale risarcimento pensiamo si debba ai rom
immigrati nel nostro paese l'Italia, oggi accusata dalla Ue di non applicare la
direttiva «contro la discriminazione basata sulla razza e le origini etniche»,
ieri in prima linea nelle guerre balcaniche?
Veniamo al Kosovo. In questi anni, pur controllando militarmente parte del
territorio, l'Italia non è stata in grado (per responsabilità bipartisan) di
tutelare la presenza dei rom nella regione. Nel Kosovo di oggi, protettorato
militare e luogo di loschi incontrastati traffici, le minoranze (i rom, ma anche
la piccola comunità ebraica) non hanno possibilità di sopravvivenza e sono
costrette a esodi di massa, che riversano centinaia di migliaia di persone nel
resto dell'Europa e in particolare in Italia. Domanda: dopo aver bombardato
case, ospedali e infrastrutture civili, dopo aver consegnato il territorio alla
mafia kosovara (per tacere dello scandalo degli aiuti umanitari, delle
tonnellate di beni di vario genere destinati alle popolazioni balcaniche e
rimasti a Bari, dei legami con la malavita meridionale), quali programmi sociali
ci impegniamo a sostenere? Quale tutela dei tesori storici e artistici, quale
difesa delle minoranze, della vita e della cultura di ognuno?
Le forze di occupazione in Kosovo (di questo ormai si tratta) preferiscono
assecondare l'irredentismo schipetaro-albanese e gli appetiti degli americani
(che intanto hanno installato, in funzione antirussa, la più grande base
militare della regione). In questo quadro si gioca la partita dell'indipendenza
formale del Kosovo albanesizzato, per la quale anche il nostro governo pare
propendere.
Non si finga di non sapere che, ove venisse concessa, l'«indipendenza»
cancellerebbe qualsiasi possibilità di convivenza democratica e paritaria tra le
popolazioni della regione. E negherebbe ai rom ogni speranza di fare ritorno
nella propria terra.
Non si faccia il solito doppio gioco di causare disastri e poi lanciare accuse
per le loro conseguenze.
Di Fabrizio (del 20/08/2007 @ 09:12:14, in Europa, visitato 3387 volte)
08/12/07 - By Nicole Itano WeNews correspondent
I Rom in Albania hanno sempre affrontato la povertà e la discriminazione,
ma dopo la caduta del comunismo nel 1991, la situazione delle donne Rom è
peggiorata. Si è abbassata l'età dei matrimoni e un numero crescente di ragazze
non ha mai frequentato la scuola.
TIRANA, Albania (WOMENSENEWS) I caffé trendy di questa città colorata e
risorgente sono lontani da Breju Lumi, una baraccopoli di fango, strade
distrutte e baracche di metallo, dove vive Nexhmije Daljani.
Una volta il paese più povero ed isolato d'Europa, oggi l'economia
dell'Albania sta crescendo rapidamente e il paese sta compiendo la transizione
dal comunismo alla democrazia e al capitalismo del libero mercato.
Ma a Breju Lumi - il cui nome significa "sponda del fiume" anche se l'unica
acqua è il letto asciutto riempito di immondizie - la maggior parte delle case
non ha acqua corrente, fognature od elettricità, ed i bambini corrono per le
strade a mezzogiorno mentre dovrebbero essere a scuola.
Qui le famiglie più povere, come quella di Daljani, appartengono ai Rom,
termine che i membri della comunità preferiscono al derogatorio "Zingari".
"Io e i due figli più piccoli andiamo a mendicare," dice Daljani, che ha 22
anni e tre figli piccoli, senza marito o lavoro. "E' l'unico modo per mangiare."
Daljani ebbe il suo primo figlio a 17 anni. A 21, suo marito lo lasciò con
tre figli. Ora vive in una baracca di metallo e come per molti Rom, la sua unica
fonte di reddito è l'accattonaggio.
Il figlio più grande, disabile mentale, va in un centro diurno guidato da una
OnG chiamata Children of the World.
La vita è più dura
Per molti Rom, soprattutto donne, la vita si è fatta più dura con la fine del
comunismo. Le ragazze si sposano ed hanno figli prima, povertà e disoccupazioni
sono rampanti, mentre l'accesso ai servizi sanitari e scolastici è declinato
drammaticamente.
Al tempo del comunismo, ai Rom - come a tutti i cittadini - venivano dati
lavoro e casa e obbligati ad andare a scuola. A quei tempi, tutti gli Albanesi
erano poveri, ma i Rom non erano più poveri di ogni altro gruppo.
Con il collasso dei servizi sociali, le disparità tra Rom ed altri Albanesi
sono cresciute nella sanità e negli standards di vita. Un recente studio del
Fondo Sviluppo delle Nazioni Unite ha trovato che le entrate medie dei Rom sono
meno della metà dei non-Rom che vivono nelle medesime comunità.
"La qualità dei servizi è diminuita," dice Arlinda Ymeraj, incaricato delle
politiche sociali dell'UNICEF, nel Fondo per l'Infanzia delle Nazioni Unite in
Albania. "Rispetto al passato c'è più disparità nell'accesso ai servizi e
determinati gruppi ne soffrono."
Oggi il 57% delle donne Rom - paragonato al 48% degli uomini - non è mai
andata a scuola, un declino rispetto all'era comunista, secondo i dati della
Banca Mondiale.
Da allora la media dell'età matrimoniale è scesa a livelli che preoccupano
gli esperti dello sviluppo.
Età del matrimonio, tassi di nascita
In Albania la media dei matrimoni tra le Romnià è di circa 15 anni, comparata
alla media nazionale (23) e quella dei Rom maschi (18). Anche l'età della prima
gravidanza è scesa: prima del 1990 era di circa 19 anni, oggi è di 17. Per gli
uomini Rom è di 21.
La giovane età dei matrimoni e delle gravidanze tra i Rom li mette ad alto
rischio dall'abuso e dal traffico di persone, limita l'accesso alla
scolarizzazione e può portare ad alti tassi di mortalità per le donne ed
infantile, dicono le Nazioni Unite.
Nell'Europa Centrale ed Orientale vivono tra i 7 e i 9 milioni di Rom, in
Albania sarebbero circa 95.000. Come gruppo, rimangono tra i più poveri e
discriminati nel continente e spesso vivono ai margini della società. Oltre il
70% delle famiglie Rom nel paese sono considerate molto povere e molte, come
quella di Daljani, vivono in condizioni estreme.
Le cause di questa esclusione sociale sono dibattute. Molti Rom lamentano
discriminazioni, ma altri dicono che rifiutano di integrarsi nella società
maggioritaria. I Rom - tradizionalmente nomadici, ma ora largamente stanziali o
semi-nomadici - sono un gruppo etnico distinto con la loro propria lingua e
sistema di credenze.
"Le famiglie Rom hanno una cultura molto differente," dice Marinela Cani,
assistente sociale che lavora con le famiglie di Breju Lumi. "Non pensano
al domani."
Jalldyz Ymeri, nonna di 42 anni che vive in due stanze con otto familiari e
mendica per vivere, dice che la vita è diventata molto più dura dalla caduta del
comunismo.
Meno anni a scuola
Lei è andata alle superiori, sua figlia no. Secondo la Banca Mondiale, prima
della fine del comunismo le donne Rom avevano una media di 6,2 anni di
scolarità. Oggi la media è meno di 4.
Le donne Rom in Albania dicono che anche l'accesso ai servizi sanitari è
deteriorata. Dicono che molti bambini nascono in casa e che molte donne non
hanno educazione prenatale. L'Albania non ha statistiche attendibili su
mortalità infantile e delle puerpere, ma molti esperti ritengono che i tassi tra
i Rom siano più alti della media nazionale.
La sanità pubblica in Albania dovrebbe essere gratuita, ma molti dottori
chiedono soldi.
"Ci trattano così perché siamo Rom. Se non possiamo pagare, ci mandano via,"
dice Ymeri, il cui nipotino di 3 anni è morto perché lei non aveva abbastanza
denaro.
Le condizioni sono talmente cattive che molti Rom hanno lasciato il paese per
andare nella confinante
Grecia, che è parte dell'Unione Europea. Benché siano discriminati - con in
più il rischio di deportazione - molti dicono che la vita lì è migliore perché è
più facile trovare lavoro, o fare soldi mendicando o suonando per i turisti. Ymeri
e la sua famiglia hanno passato diversi anni in Grecia e dice che le è
dispiaciuto dover tornare in Albania.
Ma anche in Grecia - una terra promessa per i Rom albanesi - la vita è dura.
In un insediamento rom chiamato Grthaios, in un'area industriale di Atene, le
famiglie vivono in baracche di legno circondate da pile di immondizia. La casa
di una stanza di Elena Zerollari, 39 anni e madre di 5 figli, è pulita e
ordinata. [...] Zerollari, che è originaria dell'Albania, dice che molte cose
sono migliori in Grecia: i dottori li trattano meglio ed è più facile trovare
lavoro. I bambini che ha avito da quando è arrivata in Grecia sono nati tutti in
ospedale.
Ma Zerollari dice che le piacerebbe una casa con acqua corrente e che i suoi
figli andassero a scuola. La scuola accetta i bambini rom, dice, ma molti
abbandonano perché sono molestati per i loro vestiti o perché senza scarpe.
"I Rom non dovrebbero vivere così per sempre," aggiunge. "Vogliamo essere
come voi."
Nicole Itano is a freelance reporter based in Athens, Greece. Before moving to
Greece in 2006, she spent five years reporting from across the African continent.
Her book, "No Place Left to Bury the Dead," about AIDS in Africa will be
published in November by Atria Books.
Da
La Voix des Rroms
Domenica scorsa, quattro giovani rroms di Sofia (Bulgaria) sono stati
attaccati da skinheads. Uno di loro si è trovato all'ospedale con una mandibola
rotta. Il giorno dopo, una sommossa è cominciata nella zona di Fakulteta, un
ghetto dove vivono i giovani rroms. La polizia ha fermato quattro Rroms
sospettati di avere incitato questa sommossa dove circa 300 Rroms avrebbero
cercato la rivalsa. Le autorità poliziesche, ministro dell'interno in testa,
garantiscono che metteranno fine immediatamente a qualsiasi velleità di
conflitto.
La zona di Fakultèta è conosciuta per la povertà estrema dei suoi abitanti rroms,
vittime di una eesclusione e di una ghettizzazione totale. Secondo l'agenzia di
stampa a Focus, Rroms, armati di bastoni e di coltelli, avrebbe gridato "morte
ai bulgari", di fronte alle forze di polizia che hanno loro impedito di partire
verso la zona dove aveva avuto luogo il litigio all'origine della sommossa.
Con elezioni locali previste per l'autunno, è difficile fare la selezione delle
informazioni secondo la loro veridicità. La Bulgaria passa per lo stesso
fenomeno della Francia in 2002.
Volen Siderov, il capo di Ataka, movimento di destra estrema, è
arrivato al secondo turno. Fra gli slogan gridati nelle sue riunioni, c'era
anche: "Trasformiamo i zingari in sapone!"
Di Sucar Drom (del 22/08/2007 @ 09:13:54, in blog, visitato 2691 volte)
Diciamo basta a sgomberi e espulsioni... a chiare lettere
Tre organizzazioni non governative indipendenti hanno inviato oggi lettere al
Primo Ministro italiano Romano Prodi ed al Primo Ministro romeno Calin Popescu
Tariceanu per chieder loro di intervenire urgentemente per fermare le espulsioni
forzate di rom romeni dai loro alloggi a Roma.
Le espulsioni,...
Il Consiglio d'Europa accusa l'Italia
“Quando un bambino rom muore a causa di condizioni di vita deplorabili, la responsabilità
è dell'intera società, non solo dei genitori”, ha dichiarato la Vice Segretario
g...
Livorno, inquietante lettera a "Il Tirreno"
Livorno, 18 ago. - (Adnkronos) - Con un'inquietante lettera al quotidiano 'Il
Tirreno' un sedicente 'Gruppo armato pulizia etnica' ha rivendicato stamattina
l'incendio al campo rom di Livorno della not...
Di Fabrizio (del 23/08/2007 @ 09:39:11, in media, visitato 2400 volte)
Nuovi media Rom stanno prendendo le misure per educare il pubblico alle
tematiche Rom
Uno dei ruoli dei media è educare la popolazione. La gente ottiene una gran
mole di informazioni attraverso i media. Si possono imparare lingue, le ricette
dei grandi cuochi, fitness dalle celebrità. Si può imparare tanto sugli altri
popoli - come si comportano, come vivono. Il pericolo nel maneggiare così tante
informazioni è di essere presi nelle rappresentazioni stereotipati su alcuni
gruppi di persone.
I componenti delle OnG Rom sono coscienti del ruolo che i media possono
avere. Per contrastare i pregiudizi prevalenti provano a spingere informazioni
sulla cultura rom, nei programmi radio e TV e sui giornali. [...]
"I media dovrebbero trasferire informazioni complete. Ma per i media è più
attraente scrivere di ciò che è negativo. Cosa scriveranno i media? Di una
ragazza Rom che ha vinto il Campionato Mondiale di Taekwondo o dei Rom a Vsetín
che hanno danneggiato una casa? Secondo la mia opinione dovrebbero scrivere di
entrambe," dice Zdenk Horváth, direttore esecutivo di Athinganoi, una OnG
rom che tenta di aiutare il suo popolo negli studi.
Io penso che il 90% dei Cechi si crea la propria opinione sul mondo, secondo
come i media coprono gli eventi. Così mi chiedo se il mio lavoro è davvero
importante. Potrò realizzare quattro buoni programmi che aiuteranno 100 persone,
ma poi torno a casa e vedo i Rom presentati come cattiva gente," aggiunge
Horváth.
Tutte le fonti Rom come Romano voďi o Romea TV pongono enfasi sul loro ruolo
educazionale. Informano il pubblico sui Rom famosi, sia storici che
contemporanei. Introducono i lettori alla cultura rom e lo fanno anche i romanes
per favorire il suo uso.
E' importante avere giornalisti Rom nei media nazionali, e devo essere ben
professionalizzati. E' per questo che OnG come Dženo o Eomea organizzano corsi
speciali per giovani Rom che vogliono diventare giornalisti. "Il prodotto" di
questo è Richard Samko, il secondo Rom che è diventato presentatore alla TV ceca
e anche giornalista del settimanale "O Roma Vakeren" che è trasmesso su Radio 1.
By Alice Tejkalová - University of Montana School of Journalism
Di Fabrizio (del 24/08/2007 @ 09:41:17, in Europa, visitato 2135 volte)
Ricevo e porto a conoscenza:
http://www.idebate.org/roma/profiles.php
Carissimi!
Come ideatore della pagina web
http://www.idebate.org/roma/ vi sarei grato se voleste assistermi con
informazioni su individui Rom, ben integrati nella società civile, e che nel
contempo non abbiano perso la loro identità etnica. Questi profili sono
richiesti per combattere i forti stereotipi negativi contro i Rom diffusi in
Europa.
Il profilo può essere composto in questo formato (in lingua inglese):
Name
Year of birth
Country of residence
Profession
Biography in brief
Photo (if available)
Potete inviarmi informazioni a
romale@zahav.net.il
Baxt, sastipe!
Kind regards,
Valery Novoselsky.
Editor of Roma Virtual Network.
http://www.valery-novoselsky.org/romavirtualnetwork.html
Di Fabrizio (del 25/08/2007 @ 09:19:03, in Italia, visitato 2538 volte)
Ricevo da padre Agostino Rota Martir e porto a conoscenza
Porto le condoglianze ai genitori e famigliari dei 4 bimbi Rom bruciati in
fiamme.
Dopo la strage che ha visto questi 4 bimbi Rom bruciare nella loro baracca sono
tanti che dimostrano la loro bontà verso questi bambini e le loro famiglie Rom:
associazioni, Consigli stranieri di Livorno (dicono di collaborare con
rappresentanti Rom), Sindaco, Assessori, sacerdoti….ma i genitori continuano ad
essere accusati di abbandono e sono tutt’ora in carcere.
Ma ai miei occhi io penso che tutti, io compreso abbiamo le nostre
responsabilità per questa tragedia.
Tutti noi in questi ultimi mesi vedevamo e continuiamo a vedere scene di gruppi
di Rom Rumeni (cittadini Europei!) che stanno sotto i nostri ponti e cavalcavia
delle nostre belle città.
Questa è una realtà che sta sotto gli occhi di tutti, anche quelli che dicono
che Livorno è una città accogliente, ma occorre mostrare questa accoglienza
soprattutto a quelle famiglie Rom che erano presenti sotto quel cavalcavia, dove
hanno trovato la morte quei 4 bimbi Rom.
Anche l’intervento del Papa Benedetto XVI sottolinea la necessità di più
accoglienza, attraverso azioni concrete di solidarietà verso costoro, vittime
della nostra cecità e indifferenza.
A che serve celebrare i funerali nella cattedrale di Livorno?
Forse è perché vogliamo mostrare la nostra “faccia buona”?
Perché allora permettiamo che i loro genitori stiano ancora in carcere (sono già
2 settimane) anche con l’accusa dubbia di abbandono, o che gli altri famigliari
continuino a vivere sotto un ponte?
Le Autorità devono continuare ad indagare anche sulla pista dell’aggressione
perché ci sono dei segnali chiari, innanzitutto le dichiarazioni dei famigliari
stessi, anche se sono in pochi che vogliono crederci. Perché?
“Perché sono zingari!”
Se una tragedia simile fosse successa ad una famiglia Francese, Belga, o Tedesca
…
di sicuro ci sarebbe stata una reazione forte e chiara, che avrebbe provocato un
caso diplomatico tra Stati.
La Romania, purtroppo non piange in grande la morte dei bimbi Rom, si è limitata
ad inviare una loro TV per filmare il luogo della tragedia.
Noi Rom abbiamo la nostra bandiera, ma non abbiamo una nostra “Madre Terra” che
piange per noi.
Infine, faccio alcuni appelli.
Il primo è quello di liberare i genitori dal carcere per poter piangere i loro
figli: è un loro diritto, perché scritto nel cuore di ogni essere umano!
Secondo, e mi rivolgo in primo luogo alle Istituzioni (Stato, Regioni, Comuni….)
quando volete cercare delle soluzioni ai nostri problemi non ripetete gli sbagli
passati, esempio quello dei campi nomadi, che a suo tempo sono stati decisi
dagli “esperti Rom-Gagè” (i Gagè sono tutti quelli che non sono Rom).
Noi come Comitato “Rom e Sinti Insieme” abbiamo chiesto al Governo e ad alcuni
Ministri di partecipare attivamente come consulenti o referenti ai Tavoli dove
si decide il nostro futuro.
La mia esperienza decennale in Italia mi dice che volendo è possibile
collaborare insieme tra consulta di stranieri e Istituzioni.
Noi Rom vogliamo e dobbiamo integrarci con il popolo Italiano ed Europeo, solo
chiediamo di darci una possibilità, ad esempio per noi Rom di Ex Yugoslavia
presenti in Italia da diverse generazioni di avere un Permesso di Soggiorno per
motivi Umanitari e di Lavoro per poter vivere e lavorare legalmente.
Etem Dzevat, Presidente Associazione Comunità Europea Rom di Pisa
Membro della Consulta Stranieri Provincia di Pisa
Membro del Comitato Rom e Sinti Insieme.
Pisa, 24 Agosto 2007
Di Sucar Drom (del 26/08/2007 @ 09:41:59, in blog, visitato 2869 volte)
Rom e Sinti, le regole applicate in alcuni Paesi UE
I Rom e Sinti sono la popolazione più discriminata d'Europa. Lo rivela il
Rapporto annuale della Commissione europea contro il razzismo e le intolleranze
presentato al Parlamento Europeo il 23 novem...
Bologna, no ai "campi nomadi"
Dichiarazione di Adriana Scaramuzzino (in foto), vicesindaco e assessore alle
Politiche sociali del Comune di Bologna, delegata Anci regionale per le
Politiche sociali e Immigrazione, circa i campi nomadi cittadini. "Quattro
bambini rom morti bruciati alla periferia di una nostra città hanno
prepotentemente riportato il discorso su nomadi,...
don Oreste Benzi: "Serve una legge che riconosca Rom e Sinti come minoranze
etniche"
"Gli «zingari» debbono essere riconosciuti come una minoranza etnica da tutelare
alla stregua delle altre. Ai problemi che riguardano la loro presenza nelle
nostre città non c'è nessuna soluzione possibile che sia diversa da questa", lo
afferma don Oreste Benz...
Livorno, la Caritas accusa il Comune e la Chiesa
Quattro bimbi rom innocenti e abbandonati: carbonizzati. Quattro genitori rom
colpevoli e sbandati: incarcerati. Gli uni e gli altri isolati come un virus.
Dentro una baracca bruciata o rinchiusi in galera, comunque fuori dalla città:
lontano dal nostro stile di vita, che può tornare al tran tran da mezz’agosto.
N...
Come si trasformano le vittime in colpevoli, basta con la criminalizzazione del
popolo Rom e Sinto
Le dichiarazioni sulla stampa di autorevoli rappresentanti dei due schieramenti
politici e le iniziative della magistratura, seguite al tragico rogo di Livorno,
hanno trasformato i rom per intero, i gen...
Human Rights First: tolleranza zero per contrastare l'odio razziale
Nell'ultimo decennio sono aumentati i crimini legati all'odio: si registra una
recrudescenza nei fenomeni di antisemitismo e di violenza contro gay, lesbiche e
minoranze etniche (Sinti e Rom). Inoltre, è da sottolineare che per l'Italia
mancano dati p...
Santino Spinelli: "noi non siamo nomadi, è sbagliato pensarlo"
«Smantelliamo subito tutti i campi nomadi e facciamo accedere i rom alle liste
per le case popolari, come nel resto d'Europa. Diamo dei documenti, facciamo
andare i bambini a scuola, educhiamoli. Togliamoli dal limbo. Infine le
associazioni: basta con gli interlocutori che servono a loro stessi. Queste
persone non hanno alcun interesse che le co...
Gli «zingari», colpevoli anche quando sono vittime e tutto questo anche nella
patria del diritto
Gli «zingari», si sa, sono colpevoli anche quando sono vittime. Anche il loro
essere vittima è una colpa, la loro tragedia non interroga la società, ma
rafforza "l'identità collettiva", quella costruita per differenza: i loro vizi
fanno sentire tutti un po' più a posto, per differenza appunto. La tragedia di
Livorno ci offre un'immagine limpida quanto drammatica dello stato di degrado
culturale a tutti i livelli di questa so...
Benedetto XVI: "sono vicino al popolo rom"
"Sono molto rattristato ed esprimo la mia vicinanza alla Chiesa Ortodossa Rumena
e al popolo dei rom". Lo ha detto Benedetto XVI in una telefonata fatta ieri
all'amministratore diocesano livornese, mons...
Reggio Calabria, la delocation Rom
Le scorse settimane si è accesa una forte polemica tra il Comune di Reggio
Calabria e la locale sezione dell'Ente Morale Opera Nomadi. Pubblichiamo
l’intervento di Antonino Giacomo Marino, Presidente dell’Opera Nomadi calabrese.
S...
Radio Radicale intervista Dijana Pavlovic
Radio Radicale ha intervistato Dijana Pavlovic sulla condizione dei Rom e dei
Sinti nel nostro Paese, partendo dalla situazione milanese sui patti di legalità
e solidarietà. L’intervista, condotta dal giornalista An...
Non c'è pace per i Rom
Nel 1725, Federico Guglielmo I di Prussia decretava che gli zingari sopra i 18
anni, uomini e donne, fossero impiccati senza processo. Era solo più conseguente
di altri governanti che l’avevano preceduto e che l’avrebbero seguito. I Rom ...
Ravenna, campi nomadi sì o campi nomadi no?
L’assessore comunale all’immigrazione, Ilario Farbegoli, risponde a Lega
Ambiente sulla questione dei cosiddetti campi nomadi: “Sono molto stupito del
tono usato nella lettera da voi spedita all’indirizzo mio e del sindaco sulla
vicenda Cà Pontic...
Reggio Emilia, l'Amministrazione Comunale fa marcia indietro sulle micro aree
per i Sinti
E’ prematura l’individuazione di microaree destinate ad ospitare famiglie o
piccole comunità di Sinti residenti nel comune di Reggio Emilia. Lo precisa con
una nota l'Amministrazione Comunale, dopo i proclami delle scorse settimane. Le
notizie giornalistiche, d....
Rom e Sinti, «Via!»: ma dove? «Fuori!», ma da dove?
«Fuori gli zingari dalle città», «fuori gli stranieri dalle nostre terre». Non
sono solo slogan scritti sui muri delle città della Padania, o sintetici titoli
di giornali che riferiscono delle proteste di cittadini i...
Rom e Sinti, diritti e doveri...
"Uno Stato può essere illegale. Ma non può esserlo un gruppo etnico. Uno Stato
che tratta un gruppo etnico come portatore di insicurezza e illegalità commette
un’ulteriore violazione della legge ed è imputabile di razzismo..." Da tempo in
Italia il discorso istituzional...
Di Fabrizio (del 27/08/2007 @ 09:29:43, in casa, visitato 12145 volte)
di Vincenzo Galiano
CASONI di Vegni, Avi, Casissa, Noci, Canate di Marsiglia. Nomi di antiche
frazioni abbandonate, tutte più o meno sperdute tra i monti. Impropriamente
qualcuno li chiama paesi, ma sono piccoli agglomerati di case in pietra, in gran
parte diroccate. Testimonianza di un passato rurale che potrebbe tornare a
vivere se le istituzioni dessero corpo alla proposta lanciata al SecoloXIX da
Edin Hrustic, portavoce dei rom slavi dell’ex campo nomadi della Foce e, oggi,
inquilini delle case popolari di Comune e Arte. «Perché si chiede Hrustic non
dare la possibilità di ripopolare le piccole località disabitate dell’entroterra
agli zingari che stentano a integrarsi o accettano con difficoltà la vita nei
condomini?». «Io stesso continua Hrustic, dipendente di una ditta che effettua
servizio di rimozione delle auto con carroattrezzi prenderei in considerazione
l’idea di ristrutturare, anche tramite mutuo, un vecchio rustico abbandonato. I
lavori di recupero potrebbero essere eseguiti direttamente dagli stessi zingari
con l’aiuto delle amministrazioni pubbliche.
Il vantaggio sarebbe una vita più autonoma e all’aria aperta: quella che, in
fondo, manca a molti di noi». Questa potrebbe anche essere la soluzione per dare
un tetto alle decine e decine di rom romeni che stazionano a Genova in
accampamenti abusivi privi di tutto, a rischio di incidenti ed epidemie. Tanto
più che il lavoro nei campi, la manutenzione dei giardini e la pulizia dei
boschi erano tra le attività tradizionalmente praticate dai rom sotto l’ex
regime di Ceausescu.Ma quanto è praticabile l’idea di affidare agli zingari il
compito di rivitalizzare remoti presidi montani? L’ipotesi non piace ai
volontari della Comunità di Sant’Egidio, da sempre impegnata in prima linea
nell’aiuto ai nomadi divenuti stanziali. «Isolare queste persone non è certo il
modo migliore per favorirne l’integrazione e sarebbe un passo indietro rispetto
al lavoro di tutti questi anni», osserva Claudio Bagnasco, tra i responsabili
dell’assistenza ai rom in seno all’associazione no profit di ispirazione
cattolica.
Sulla carta, l’operazione sembrerebbe fattibile. Perché sono diversi i borghi
fantasma dell’entroterra e, appunto, perché l’ipotesi non pare sgradita agli
stessi rom, slavi e romeni. Ovviamente, non mancano gli ostacoli. Il primo
riguarda la difficile accessibilità dei paesi abbandonati. Per esempio Noci, un
pugno di case disabitate da decenni nei pressi dell’omonimo invaso che alimenta
l’acquedotto comunale e non lontano da Montoggio, è raggiungibile solo
attraverso una pessima strada sterrata, preferibilmente a bordo di una jeep. «E
pensare che Noci è forse il posto meno isolato», dice Marco Balostro,
escursionista appassionato di fotografia, che, insieme a Davide Pambianchi,
fotoreporter del Secolo XIX, ha documentato l’abbandono di cinque antichi
insediamenti tra la Provincia di Genova e il Basso Piemonte. Luoghi come Avi,
vicino a Roccaforte ligure, Rivarossa e Casoni di Vegni, tutti in Valborbera,
provincia di Alessandria. E frazioni che gravitano su Genova, quali Casissa,
valle di Vobbia, alle spalle di Ronco Scrivia, dove si è conservata intatta
un’antica chiesa. O come Lavazzuoli, in Valbrevenna. Canate di Marsiglia, in
alta Valbisagno, è un’altra frazione abbandonata che, però, ha il pregio della
vicinanza alla città.
«Comunque conclude Balostro in tutte queste località, soprattutto d’inverno, la
vita è dura. Non a caso ’60, gli insediamenti più disagiati si sono spopolati
nel giro di poco tempo». Infatti, il portavoce dei rom”sfrattati” dall’ex campo
di via dei Pescatori pensa a sistemazioni meno avventurose: «Ho notizie dice
Hrustic di ruderi abbandonati sopra Sestri, sul monte Gazzo e nelle vicinanze
della discarica di Scarpino». Nelle località Cassinelle e Bianchetta
effettivamente esistono modeste dimore in disuso. A Panigaro c’è una vecchia
fabbrica di mattoni, accanto a una cava. Potrebbe essere adatta a diventare
quell'asilo notturno per romeni senza tetto prima ipotizzato e, poi,
ufficialmente accantonato dalla giunta Vincenzi? «Non penso proprio sbotta
Stefano Bernini, presidente Ds del municipio Medio Ponente Sapete quanto costa
la bonifica di una vecchia cava?». Hrustic non si fa illusioni: «I tentativi dei
romeni di riutilizzare case o vecchie fabbriche fuori dai centri abitati sono
falliti per l’opposizione della gente del posto. Per quanto mi riguarda, sto
bene nella casa popolare e posso benissimo rimanerci. I problemi riguardano solo
pochissimi rom. E non è vero che siamo morosi: quelli che erano in ritardo coi
pagamenti, hanno cominciato a mettersi in regola».
Di Fabrizio (del 28/08/2007 @ 08:58:39, in Europa, visitato 2200 volte)
Intervista: il reporter TV Richard Samko -
Praga, 20.8.2007, 13:01, (By Alice Tejkalová and Israel Tockman -
Common Ground)
"Gli skinheads non sanno cosa dire ad un Rom giornalista"
Richard Samko (29 anni) ha lavorato per la Televisione Ceca (la più grande
stazione TV non privata) per almeno 8 anni. Ha cominciato scrivendo piccoli
pezzi ed è diventato un rispettato giornalista ed il secondo presentatore rom
della televisione. Ci ha parlato della sua infanzia a Náchod, della
preparazione agli esami, della sua famiglia e su come la TV ceca tratta i raduni
skinheads.
Come sono stati i tuoi primi anni di scuola?
Sono di Náchod, una città a 150 km da Praga, vicino al confine polacco. Per
quattro anni ho frequentato una piccola scuola, tutto andava bene. C'erano solo
tre studenti Rom - io, mio fratello e un altro bambino. Provengo da una famiglia
Rom tradizionale. Mio padre aveva nove fratelli e sorelle e mia madre otto. Ma
sono cresciuto in un blocco di appartamenti tra i "gagè" ed avevo un fratello e
una sorella. Mio padre non voleva vivere nel centro di Náchod e costruì un altra
casa per noi. Ci ho vissuto sino a 15 anni. A scuola non ebbi problemi. A volte
i miei compagni mi deridevano per il colore scuro della mia pelle, ma non ci
furono seri problemi razziali.
Perché tuo padre ha voluto dividersi dalla sua famiglia?
Voleva per noi un futuro migliore per noi; che ognuno avesse la sua stanza ed
il suo letto. Non voleva che passassimo la sua esperienza - per esempio, dormire
con i suoi fratelli in uno o due letti. [...] Ma non ci separammo del tutto
dalla sua famiglia. Andavamo in visita dai nostri nonni, anche se non vivevamo
più con loro.
I tuoi genitori erano andati a scuola, e ti hanno appoggiato nel tuo
processo educativo?
Sia mio padre che mia madre sono nati in tipico povero villaggio Rom in
Slovacchia e arrivarono poi in Boemia al seguito dei genitori. Mio nonno era
solo capace di firmare una lettera e mio padre ha frequentato solo cinque anni
di scuola. Tutti i membri della mia famiglia erano illetterati e vennero in
Boemia per lavori manuali. Mia madre parlava solo l'ungherese ed un po' di
slovacco. Mio padre fece pressione perché io e i miei fratelli andassimo a
scuola, ma è stata nostra madre che ci aiutava (o almeno ci provava) con i
compiti a casa. Li ammiro veramente. Non erano scolarizzati, ma volevano che noi
lo fossimo, anche se non erano in grado di aiutarci. In ogni modo, noi facemmo
del nostro meglio per soddisfare le loro aspettative, perché hanno fatto molti
sforzi perché noi avessimo un futuro migliore.
Cosa hai fatto dopo le elementari?
Sono andato ad una scuola per cuochi e camerieri a Nové Město nad Metují,
una piccola città vicino a Náchod.
Perché hai scelto questa scuola?
Ho preso parte a spettacoli teatrali quand'ero alla scuola dell'obbligo e un
insegnante che si era affezionato a me voleva che studiassi arte drammatica.
[...] Ma i miei voti non erano tanto buoni, così non avevo possibilità di andare
al ginnasio. Ho sceltola scuola per cuochi perché non era lontana da casa e mi è
sempre piaciuto cucinare. Alla fine del corso di studi iniziai in un piccolo
ristorante con giardino con la mia ragazza, Angelica, che ora è mia moglie.
Dženo e Zdeněk Šámal mi hanno aiutato molto.
Come sei finito a studiare il programma per giornalisti rom
sponsorizzato dalla OnG Dženo?
Ci fu una grande possibilità nella mia vita quando raggiunsi i 15 anni.
Iniziai ad andare tra i Rom. Era qualcosa come tornare alle mie radici. Per
esempio, abbiamo un giorno speciale per i bambini Rom e di solito volevano me o
qualcuno dei miei amici per presentare questi eventi. Ero una specie di
commediante e la gente lo sapeva ed è per questa ragione che mi contattavano.
Ho passato la prova introduttiva e fui accettato l corso di sei mesi per Rom
giornalisti. Iniziai ad ottobre 1998 e terminai a marzo 1999. Ogni settimana si
studiava da giovedì a domenica e dopo pochi mesi iniziammo ad andare nelle
stazioni radio e TV per fare pratica. Il mio grosso vantaggio fu che Zdeněk Šámal
era a capo dello staff delle notizie della TV ceca e mi aiutò in questo progetto.10
di noi furono assunti nella televisione ceca, ma la maggior parte mon durarono.
Perché?
E' difficile da spiegare... è parte del carattere dei Rom. Guarda, ognuno è
un individuo, ma abbiamo tutti delle caratteristiche in comune: Vogliamo un
risultato immediato. Forse arriva dal passato - "Ho lavorato e mi pagano
subito." Aspettare è duro per noi. E' questa la ragione per cui non molti Rom
frequentano la scuola. Cinque anni è per noi un periodo lungo. Un giovane pensa:
"Se vado con mio nonno a costruire case, in cinque anni faccio mezzo milione di
corone."
I Rom con cui iniziai a lavorare in TV non furono abbastanza pazienti. Ho
aspettato cinque anni per diventare presentatore ed altri due per ottenere un
regolare impiego. Durante questo periodo non avevo molti soldi. [...] ma sentivo
che era l'opportunità della vita e che non sarebbe passata un'altra volta.
Forse non sono in grado di spiegarvi l'approccio dei Rom alla vita, ma è
qualcosa di profondo in noi, la consapevolezza di una natura transitoria delle
cose. E' conensso al nostro destino, all'olocausto. Vivi per l'oggi e non vuoi
pensare al domani.
Sei grato a Dženo?
Naturalmente. Ivan Veselý e Jarmila Balážová mi hanno offerto la prima
possibilità, mi hanno aiutato agli inizi. E sono in una posizione dove tanti Rom
vorrebbero essere. In molti hanno iniziato a lavorare con la TV ceca, ma
non hanno potuto continuare questo percorso. E'dura per chi studia giornalismo.
E' molto difficile per chi ha solo due mesi di corso alle spalle di continuare.
A volte i Rom pensano che io non lo sia affatto.
Da quando hai iniziato a lavorare come giornalista, hai sperimentato
del pregiudizio nei tuoi confronti?
Ho avuto un'esperienza con gli skinheads andai a Nové Město a visitare
Angelica. Una volta mi picchiarono. Ma nessuno mi ha urlato contro per la strada
o cose del genere. A lavoro i miei colleghi non mi hanno mai fatto pesare
l'essere Rom. Tanta gente mi ha aiutato all'inizio e nessuno è stato contro di
me perché ero Rom. Ma quando ho iniziato a vivere a Praga, uscendo da casa
sentivo molto forte il pregiudizio. Ora va meglio.
So che le cose non sono soltanto rosee. Anche tra di noi c'è il cattivo, chi
ruba eccetera. Ma non so perché la gente generalizza. Per esempio, perché dovrei
aver paura di una persona che è seduta accanto a noi al ristorante. Posso
lasciare il mio cellulare sul tavolo accanto a lui senza problemi. Ma se invece
fosse un gruppo di Rom seduti lì, allora alcuni porrebbero le borse sul lato
opposto del tavolo. Perché?
Qualcuno ha espresso pregiudizi verso di te mentre intervistavi la
gente per strada?
Se appaio con una telecamera, la gente non vede che sono Rom. Penso, vedano
un giornalista della TV ceca. Ho anche storie divertenti. Per esempio una volta
trasmettevo da una festa religiosa rom a vatý Kopeček; intervistavo un Rom
chiedendogli le differenze tra le celebrazioni Rom e no. Mi rispose: "Quando VOI
fate una festa è completamente differente dalle NOSTRE." Non aveva capito che
anch'io ero Rom!
A lavoro mi hanno ammonito di non andare tra i razzisti, tra gli skinheads.
Ma io amo queste situazioni strane. Così per circa tre anni ho riportato i
rallies degli skinheads col mio collega Karel Rožánek. Una volta ero da qualche
parte fuori Praga e l'atmosfera era tesa perché loro erano molto muscolari. Ma
avresti dovuto vedere le loro facce quando mi sono avvicinato con la telecamera
e il microfono ed ho iniziato a porre domande. Sapevano che ero Rom e non
sapevano che dire o che fare. Erano semplicemente scioccati.
Vedendo un Rom giornalista?
Esattamente. Erano totalmente confusi. Mi accade anche quando seguo per
lavoro le loro dimostrazioni. Non sanno come reagire. Le loro rimangono aperte.
Una sola volta ho avuto un incidente con due ubriachi, ma io e il cameraman ci
siamo rifugiati in macchina e siamo andati via. Forse è questa la maniera per
mostrare realmente come sono.
I genitori devono persuadere i loro figli ad andare a scuola
Ora ti stai preparando agli esami ad una scuola a Praga. Perché?
Ho terminato gli studi per cuoco e cameriere ma non ho fatto gli esami
finali. Così ho iniziato un corso a distanza in una scuola evangelica per
diritto sociale un paio di anni fa ed ora lo sto terminando. [...] Lì ho
incontrato tante persone, specialmente lavoratori sociali ed ho conosciuto i
loro problemi.
Nessuno nella TV mi ha spinto agli studi superiori o a fare gli esami, ma è
qualcosa di profondo dentro me, qualcosa del tipo: Sei un Rom e lavori nella TV,
se ci fosse qualcosa nel futuro che non volesse che tu lavori lì, allora saresti
nei problemi.
Ti sei mai sentito discriminato a scuola per essere un Rom?
Non ho mai imparato qualcosa sulla storia e la cultura Rom finché non ho
iniziato a frequentare il corso di giornalismo. Ho imparato così che ci sono
libri scritti in romanes, ci sono autori Rom, musicisti... Non penso che il
problema sia che queste informazioni non siano nei libri di testo. Credo che i
genitori dovrebbero insegnarle ai loro bambini. Non è discriminazione. E' più un
fraintendimento delle condizioni in cui vivono i Rom. Per esempio, io sono stato
davvero fortunato perché i miei insegnanti erano realmente preoccupati per me.
Ma alcuni insegnanti semplicemente non si preoccupano se tu sei indietro
rispetto agli altri. Siedi in fondo e ti lasciano solo.
Pensi che ci sia un sistema per persuadere tutti i bambini Rom a
frequentare regolarmente, visto che una larga porzione di loro non va a
scuola?
Mia sorella ha due figlie. Incontrano persone che dicono loro che sono
zingare. Io provo a spiegare la situazione e dico "Dovete essere orgogliose di
essere Rom! Avete una ricca cultura!" E loro lo capiscono. Le incoraggio a
studiare. Dico loro: "Tu sarai una dottoressa e tu un'avvocatessa. E' chiaro?"
Hanno già fatto i loro piani. Vedono il mio successo. Mi vedono in TV e così mi
ascoltano con attenzione, io ne sono molto contento. Sono sempre orgogliose
quando prendono buoni voti e si vergognano quando non succede.
Ma realmente non saprei come migliorare l'intero sistema, perché i
miglioramenti devono arrivare dalle famiglie. I genitori devono persuadere i
loro bambini ad andare a scuola. I miei genitori sono cresciuti poveri e ci
hanno spinti tutti a scuola. Questo è il terreno.
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