Richiediamo chiarezza. Di Rom si parla poco e male, anche quando il tema delle notizie non è "apertamente" razzista o pietista, le notizie sono piene di errori sui nomi e sulle località
Di Fabrizio (del 21/02/2011 @ 09:32:59, in Italia, visitato 1619 volte)
Segnalazione di Sara Palli
PISA notizie - Botta e risposta tra il consigliere Scaramuzzino e
l’assessore Maria Paola Ciccone in Consiglio Comunale
Breve ma importante discussione ieri (giovedì 17 febbraio) in Consiglio Comunale
a Pisa sulla questione degli sgomberi dei campi rom nella nostra città. A porre
il problema e a chiedere chiarimenti con un question time è stato il
capogruppo in consiglio di Sinistra Ecologia e Libertà, Carlo Scaramuzzino.
Quest'ultimo nel suo intervento ha ricordato la tragedia dei bambini morti a
Roma citando le parole di preoccupazione espresse in questi giorni dal capo
dello Stato, Giorgio Napolitano, in seguito a tale episodio.
"Chiediamo al Sindaco - spiega Scaramuzzino nella sua illustrazione - se
considera giunto il momento per affrontare in sede consiliare una discussione
complessiva sulla presenza dei cittadini rom nel nostro territorio, così come da
lui stesso proposto nei mesi scorsi, in occasione di risposte date a
interpellanze su fatti di cronaca che hanno coinvolto la popolazione rom. E se
ritiene di poter soprassedere alla decisione di dare seguito agli sgomberi, in
attesa dello svolgimento della seduta consiliare, nel corso della quale
potrebbero essere esaminate soluzioni eque e solidali per le popolazioni rom in
difficoltà".
Vista l'assenza del sindaco a causa di una indisposizione fisica, a rispondere
al question time è l'assessore alle politiche sociali Maria Paola Ciccone. La
risposta dell'assessore appare però molto risentita e polemica nei toni e nei
contenuti per le questioni sollevate dal consigliere comunale.
"Esprimendo il mio dispiacere per quanto avvenuto a Roma, voglio ricordare che
il comune di Pisa è uno dei pochi in Italia che ha messo a disposizione delle
famiglie Rom 400 alloggi, cose che pochi comuni hanno fatto. Pisa non è quindi
una città a cui si possono fare lezioni di accoglienza".
"Per primi - prosegue l'assessore - abbiamo denunciato le condizioni di vita dei
campi abusivi in cui non si rispetta il diritto minimo alla salute dei bambini.
Mantenere questi campi significa negare i diritti dell'infanzia".
Rispetto agli imminenti sgomberi, l'assessore precisa: "Stiamo facendo
rispettare l'ordinanza fatta dal sindaco nel dicembre del 2009 e così chiuderemo
in modo graduale gli insediamenti della Bigattiera e di via Maggiore di Oratoio,
come previsto dal protocollo d'intesa triennale siglato un anno fa da Regione e
Comuni della Zona Pisana. E continueremo a smantellare i nuovi accampamenti che
sorgeranno sul territorio comunale perché sono luoghi pericolosi per la salute e
la sicurezza di chi ci vive".
"Parallelamente - conclude la Ciccone - proseguiremo anche il lavoro con la
Regione perché è importante che tutti facciano la loro parte per quanto riguarda
l'accoglienza: a Pisa lo abbiamo già fatto ampiamente negli anni passati e
continueremo a farlo. Ma non possiamo continuare da soli: se non si attivano
anche gli altri, continueremo a essere il polo attrattore di ulteriori nuovi
arrivi".
Per nulla soddisfatto delle risposte avute si dichiara il consigliere di Sel che
nella sua replica afferma: "Tutte le mie domande sono state eluse. Avevo chiesto
chiarimenti precisi riguardo al fatto se il sindaco, così come aveva annunciato
negli scorsi mesi, fosse intenzionato ad affrontare la questione in un consiglio
comunale ad hoc e quando questo si sarebbe svolto, ma al riguardo l'assessore
non ha detto nulla, come nulla ha detto rispetto alle modalità di sgombero e
agli interventi da parte dei servizi sociali nei confronti di coloro che abitano
in questi campi che sarebbero stati predisposti".
"Il mio question time - conclude Scaramuzzino - è stato eluso dall'assessore che
ha fatto una storia degli investimenti del comune di Pisa e del programma Città
Sottili, che noi tra l'altro abbiamo sempre difeso da chi lo voleva chiudere, e
non posso che prenderne atto".
Questo dibattito si intreccia anche con quanto avvenuto nella giornata di
mercoledì in Consiglio Regionale con l'approvazione di una mozione da parte di
tutti i partiti della maggioranza in cui si impegna la Giunta stessa a
"predisporre un piano, corredato dalle risorse necessarie, per attivare ogni
strumento utile a superare le attuali condizioni di pericolo e di degrado in cui
versano uomini, donne e bambini di etnia Rom soggiornanti sul territorio
toscano".
Soddisfazione è stata espressa al riguardo da parte di Rifondazione Comunista di
Pisa per tale mozione e sulla base di questa si chiede una discontinuità da
parte dell'amministrazione comunale di Pisa rispetto a come è stata fino ad ora
affrontata la questione della presenza della comunità rom nel nostro territorio.
"Purtroppo alcune amministrazioni toscane, negli ultimi anni - afferma il
segretario provinciale del Prc, Luca Barbuti - non hanno saputo resistere alla
facile politica della "sicurezza", hanno creato e risolto falsi allarmi come
quelli delle "invasioni" di nomadi e le politiche degli sgomberi hanno preso il
sopravvento anche nelle nostre città e dintorni. Ma finalmente oggi il consiglio
regionale della toscana, con un documento a firma di tutti i capigruppo di
maggioranza, ha ristabilito quella dignità e umanità che ha sempre
contraddistinto l'istituzione regionale".
"La Regione Toscana ha preso finalmente l'iniziativa sulla situazione dei Rom -
prosegue Barbuti - e approvando il documento consiliare, si è impegnata per
un'integrazione di queste persone. L'auspicio è che quello della Regione sia un
esempio che tutte le istituzioni locali che sino ad oggi si erano lasciate
trascinare dal "leghista pensiero" riflettano su cosa sta producendo la politica
dell'espulsione, dello sgombero nel nostro paese e recuperino quella guida
sociale, quella solidarietà e dovere legislativo che compete a chi fa parte di
una comunità come quella Toscana storicamente dedita all'accoglienza, alla
solidarietà, al rispetto dei diritti umani".
Da qui la federazione pisana del PRC rivolge un forte appello
"all'amministrazione del Comune di Pisa, che negli ultimi mesi ha abbandonato
questo senso di civiltà effettuando continui sgomberi nei campi di periferia. La
speranza a questo punto è che, conseguentemente all'impegno assunto dalla
Regione Toscana, l'amministrazione Filippeschi, sospenda gli sgomberi e tramite
la Società della salute e il coinvolgendo dei tanti soggetti, primi tra tutti la
comunità Rom che nel recente passato hanno contribuito al soddisfacente successo
dei progetti di integrazione, si faccia trovare pronta a riattivare i percorsi
di inclusione sociale quando la Regione avrà predisposto il piano".
NewEuropeI Rom in Ungheria di fronte alla perdita d'identità - Author: Cillian Donnelly
La prossima generazione di Rom. Mentre si prepara il Quadro per le Strategie
d'Inclusione Nazionale dei Rom, che dovrebbe essere presentato ad aprile, c'è
paura che venga erosa l'identità rom in Ungheria. Il governo ha fatto delle
Strategie d'Inclusione una delle priorità chiave dei suoi sei mesi di presidenza
UE. |
EPA/MIRCEA ROSCA
13/02/2011 - E' stato detto in un incontro al Parlamento Europeo che le
prossime generazioni di Rom in Ungheria sono in pericolo di perdere il loro
senso di storia e di identità.
"E' importante per i gruppi rom passare conoscenze ed esperienze ai più
giovani", ha detto la parlamentare ungherese Ágnes Osztolykán durante una
riunione del gruppo dei Verdi il 9 febbraio. "Ma in Ungheria, è abbastanza
diverso, non ci sono gruppi simili tra i Rom, ed è difficile trovare giovani
progressisti. I Rom ungheresi sono in una situazione più difficile degli altri
nell'Europa Centrale e del Sud-Est".
Osztolykán, portavoce per l'istruzione e la cultura di Lehet Más a Politika (LMP),
ha illustrato la situazione rom nel suo paese nativo durante un incontro di due
giorni in cui l'Ungheria e la sua politica, che detiene la presidenza
UE,
erano sotto scrutinio.
Le due più grandi sfide da affrontare per i Rom in Ungheria sono una maggiore
integrazione e combattere la crescita dell'estrema destra, entrambe devono
essere affrontate come parte di un più ampio sforzo della società civile. La
marginalizzazione dei Rom, spesso attraverso politiche di odio, hanno portato ad
una comunità più isolata e frammentata, nonostante gli sforzi politici.
Gli anni '90, dice Osztolykán, hanno visto la volontà in Ungheria di
stabilire un programma per l'integrazione sociale dei Rom, invece
dell'integrazione economica, facilitata dai donatori internazionali. Ci sono
stati, dice, "molti segnali positivi all'inizio", particolarmente
nell'istruzione, ma presto si sono spenti. Il denaro sembrava andare "nella
lotta alla crisi economica. Gli investimenti nell'insegnamento e nell'istruzione
non erano sufficienti".
Nel 2004 è stata progettata una nuova strategia rom, per cui a ciascun stato
membro UE viene richiesto di elaborare un piano d'azione. "Soltanto a quel punto
la gente ha iniziato a pensare all'integrazione economica", dice Osztolykán, "e
a cose come l'edilizia sociale. Sono state avviate diverse iniziative
comunitarie". Oggi, dice, il governo ungherese ha parlato molto di integrazione
rom, che giudica un "buon segno". Dice anche di essere "molto soddisfatta" per i
progressi in corso verso una strategia integrata dei Rom.
Tuttavia, dice, i problemi economici continuano ad incombere sui Rom. E'
importante riqualificare. "Abbiamo bisogno di insegnare la conoscenza. Molti Rom
hanno perso il lavoro, diversi settori industriali sono stati distrutti. Ora i
Rom sono tra il 10% più povero dell'Ungheria, nonostante qualche piccolo
movimento verso la fascia di ceto medio. Tuttavia, ci sono ancora "pochissimi
laureati". La questione dei progressi dalla scuola primaria al terzo livello è
qualcosa che ancora dev'essere esaminata.
L'ascesa dell'estrema destra in Ungheria, cominciata circa dieci anni fa,
provoca grandi preoccupazioni, non solo ai Rom, ma anche a chi è impegnato con
la politica, la società civile e l'attivismo, dice Ágnes
Osztolykán.
La destra radicale, aggiunge, è riuscita a "prendere il sopravvento" nel
dibattito sull'integrazione e a definire l'agenda, che è qualcosa su cui tanto i
parlamentari nazionali che quelli europei devono lavorare per porre rimedio.
Dice: "Sta a noi trovare una via di mezzo".
"Purtroppo, ci sono pochi Rom dentro la società civile in grado di parlare.
Da una parte c'è un clima di paura, ma c'è anche l'intenzione di aiutarli, di
porre fine alla discriminazione e alla marginalizzazione. Nel 2010, è stato
costruito un nuovo istituto a Budapest, allo scopo di porre queste persone
emarginate sulla mappa".
Di Fabrizio (del 20/02/2011 @ 09:20:51, in Italia, visitato 2141 volte)
Corriere della Sera BRESCIA - I VIGILI DEL FUOCO HANNO TOLTO LA
CORRENTE PER SLOGGIARE GLI ABUSIVI Tommaso, 15 mesi, ha una malattia genetica. Staccata l'energia, si ferma la
macchina salvavita
Tommaso nella roulotte con i genitori (Cavicchi)
BRESCIA - Avete già sentito un bambino di un anno e tre mesi, quasi immobile,
emanare dei pigolii, come fosse un uccellino triste o ferito? Bisognerebbe
andare al campo sinti di via Orzinuovi per avvicinarsi all'angoscia di due
genitori che non possono far altro che asciugare la saliva emessa di continuo
dalle labbra del piccolo Tommaso quando gli manca il respiro. Cioè ogni due-tre
minuti. Ma ci vuole calma, per raccontare questa storia. Piove sulle roulotte
del campo nomadi, dopo il fuoco di lunedì sera. Il conflitto tra i nomadi e il
Comune non è una novità. Dopo una tormentata vicenda, l'amministrazione ha
investito 180 mila euro per bonificare un campo che costeggia il parco del fiume
Mella e ora, da una ventina di giorni, la situazione dei circa centoventi sinti
di Brescia (italiani da secoli) sembrava avviarsi verso un epilogo pacifico, con
la ghiaia pulita sul terreno, gli impianti idraulici ed elettrici a norma, le
fognature.
Restava una questione ancora in sospeso: quel terreno prevedeva sin dall'inizio
l'«abitabilità» per 15 famiglie. Rimanevano fuori cinque nuclei, corrispondenti
all'ampia famiglia Terenghi, ai quali il Comune ha offerto il trasferimento in
via Borgosatollo, dove è stanziata da anni la comunità rom. Proposta
inaccettabile, per gli interessati, per motivi ambientali (le famiglie rom
vivono ammassate). Non è escluso che gli stessi sinti temano anche una
convivenza non proprio pacifica con i rom e chiedono di lasciare che i Terenghi
rimangano con la propria comunità, anche se i patti non lo prevedevano. Insomma,
di fronte al persistente rifiuto del trasferimento, lunedì sera arriva
l'ultimatum, i vigili entrano nel campo e disattivano la corrente per punire i
morosi e quelli che non vogliono saperne di spostarsi. Č lì che i sinti non ci
pensano due volte e bruciano baracche, cassonetti e roulotte ai margini del
campo e creano uno sbarramento di fuoco. Il vicesindaco Fabio Rolfi parla di
problemi di sicurezza e ci tiene a precisare che si tratta di tutelare anche le
altre famiglie.
Ma nessuno avrebbe immaginato che il muro contro muro (e in particolare la
mancata corrente) avrebbe creato gravi problemi a due bambini malati che vivono
nella comunità sinti. Gabriel ha cinque mesi e soffre di una malattia cardiaca:
ieri, in seguito a complicazioni dovute al freddo, è finito in ospedale per
accertamenti e il padre si dice deciso a far causa al Comune. L'altro caso è
ancora più grave. Eccolo lì, il piccolo Tommaso, tra le braccia di mamma Fenni,
vent'anni, seduta sul salotto a fiori grigi, ancora avvolto dalla plastica. Al
suo fianco c'è papà Samuel, chiuso in un giubbotto scuro, trent'anni. Tommaso
soffre di una malattia genetica rarissima (solo 14 casi al mondo) che si chiama
H-ABC: quel che gli permette di sopravvivere è un sondino fissato a una narice e
a una macchina per l'ossigeno pronta all'occorrenza (cioè ogni mezz'ora).
Quando, lunedì sera, è mancata l'elettricità, il signor Marin ha dovuto
procurarsi con le buone o con le cattive un generatore portatile, e l'ha trovato
a San Zeno. Tra le braccia di sua mamma, continua a tossire sputando catarro:
pulirlo con un fazzoletto è ormai un gesto automatico che papà e mamma fanno
centinaia di volte al giorno. «Buono Tommaso, buono...».
Sulla porta della roulotte c'è un cartello scritto a mano: «Per piacere, non
salite con scarpe, tosse, febbre, bambini vi prego non ho più voglia di stare in
ospedale». Firmato Tommaso, che prega i bambini del campo di non entrare per non
procurargli infezioni. «Ogni venti giorni al massimo - dice Samuel - bisogna
ricoverarlo perché si prende l'influenza. Č nato così, non c'è guarigione, non
hanno ancora capito che cosa succederà». Purtroppo non è difficile sapere che
cosa succederà, leggendo i due soli studi specialistici che esistono sulla
H-ABC. Č una malattia degenerativa, che colpisce i gangli basali. «Non sappiamo
come crescerà, sappiamo che porta cecità, sordità e immobilità», dice mamma Fenni. Oggi in ospedale hanno cambiato il sondino. La storia della famiglia
Marin è presto detta: originari di Piacenza, hanno lasciato il campo della loro
città il mese scorso e si sono trasferiti qui perché l'ospedale di Brescia
dispone di mezzi più aggiornati: «Ora però vogliono mandarci via, perché siamo
residenti a Piacenza: è già partita l'ordinanza».
Scarpette blu da ginnastica, su cui non camminerà, felpa verde, Tommaso si
agita, pigola pigola, gira gli occhi al soffitto: «Me lo dice come possiamo fare
con un bambino così delicato? Ci sono notti che ci fa tribolare, bisogna sempre
tenerlo attaccato all'ossigeno, dieci giorni fa alle tre di notte aveva pochi
battiti, appena appena, era nero in faccia e all'ospedale ce l'hanno salvato».
Nove chili, i pugnetti sempre chiusi. Come gli altri sinti, anche Samuel si
arrangia andando a raccogliere ferraglia nei dintorni per rivenderla nei centri
di rottamazione. Oppure viene chiamato per svuotare qualche cantina in città.
Questo è tutto. I suoi antenati erano giostrai e circensi. «Con Tommaso ci
vogliono tanti soldi, ogni tanto dobbiamo andare a fare controlli a Milano e a
Padova». Il ministro spirituale del campo si chiama Renato Heric. Č un pastore
evangelico ed è fiero della sua comunità: «Il sindaco dice che usiamo i nostri
bambini per ricatto, venga qui a trovarci, per favore, venga a vederli». Tommaso
ha sonno. Mamma Fenni lo adagia nel lettone pieno di cuscini. Ci sono due
tubicini per l'ossigeno da infilargli nel naso e il saturimetro da fissare al
pollice con un cerotto. Ora può dormire.
Paolo Di Stefano - 17 febbraio 2011
Al
Corriere il giorno dopo non sarà sembrato vero, di aver trovato una storia
strappalacrime in cui buttarsi
BRESCIA - RIMANE ALTA LA TENSIONE DOPO LA RIVOLTA DELLA NOTTE DI SAN
VALENTINO Il piccolo sinti che ha rischiato di morire: partita la gara di solidarietà Un lettore del Corriere ha deciso di raccogliere i fondi necessari per
pagare le visite specialistiche al bambino
BRESCIA - Una raccolta di fondi per aiutare Tommaso, il bambino di 15
mesi che vive nel campo sinti di via Orzinuovi a Brescia e soffre di H-abc,
una malattia genetica rarissima. Il piccolo, che vive grazie a un sondino
fissato a una narice e a una macchina per l'ossigeno, sarà aiutato da un lettore
del Corriere della Sera che, commosso dalla storia di Tommy, ha deciso di
raccogliere i fondi necessari per pagare le visite specialistiche al bambino.
Intanto rimane alta la tensione dopo la rivolta della notte di San Valentino,
quando il Comune ha staccato la corrente elettrica mettendo a rischio la vita di
Tommaso, che vive proprio grazie al funzionamento di particolari macchinari. Non
solo. La famiglia Terrenghi (la più numerosa del campo) ha annunciato una
denuncia contro Fabio Rolfi, vice sindaco di Brescia: i sinti lo ritengono
responsabile del malore di un altro piccolo di 5 mesi cardiopatico ricoverato
dopo il black out ordinato dalla Loggia.
Ieri, grazie alla mediazione della Cgil è stato possibile riaprire il
tavolo delle trattative tra i sinti e l'amministrazione comunale. «La questione
- ha spiegato Damiano Galletti, segretario Cgil - riguarda 3 delle 5 famiglie
che il patto di cittadinanza vorrebbe spostare. Due hanno trovato sistemazione
in una casa popolare dell'hinterland e a Reggio Emilia. Le altre sono disposte
ad uscire liberando le piazzole a condizione che non ci sia alcun intervento
della forza pubblica e che la Loggia apra un tavolo di discussione sul loro
destino». Il patto firmato nei mesi scorsi prevedeva espressamente lo
spostamento dei 5 nuclei familiari. Ma ora i Sinti sostengono che il
trasferimento al campo di via Borgosatollo, fianco a fianco ai Rom, creerebbe
problemi di convivenza tra le due etnie.
Di Fabrizio (del 20/02/2011 @ 09:14:43, in media, visitato 1583 volte)
15-02-2011
Negli ultimi cinque anni sulle principali reti televisive italiane si è
assistito al dilagare delle notizie relative alla cronaca nera, cronaca
giudiziaria e criminalità organizzata, nei telegiornali come nelle trasmissioni.
Mentre nel periodo 2003-2005 la rappresentazione di eventi criminosi si era
mantenuta costante, a partire dal 2006 si è rilevato un sensibile incremento del
tempo dedicato a questa tipologia di notizie, con un ulteriore aumento nel corso
del 2007.
Infatti, se nel 2003 le edizioni principali dei telegiornali di tutte le
emittenti nazionali trattavano questi temi per il 10% del loro tempo, nel 2007
la percentuale di tali argomenti saliva al 24% con punte, su alcune testate
televisive, del 30%. Tale sovraesposizione mediatica si rivelava poi del tutto
ingiustificata se confrontata con i dati ufficiali del Ministero dell'Interno
che evidenziavano un calo di oltre il 10 per cento dei reati nel 2007 con un
ulteriore conferma nei primi sei mesi del 2008.
E' in particolare l'"emergenza rom" a spiccare tra le notizie di cronaca dei
telegiornali quando, nell'aprile del 2007 ad Appignano, in provincia di Ascoli
Piceno, un giovane rom alla guida di un furgone travolge e uccide quattro
ragazzi. Qualche giorno dopo il campo nomadi del paese viene dato alle fiamme e
le cronache dell'incidente proseguono per i successivi cinque mesi fino al
processo, nel settembre dello stesso anno.
Ma il culmine della sovraesposizione delle notizie di cronaca nera, con
particolare riferimento alla popolazione rom e rumena si raggiunge a partire
dall'ottobre del 2007 quando Giovanna Reggiani, aggredita e rapinata alla
stazione ferroviaria di Tor di Quinto, muore due giorni dopo.
L'aggressione viene segnalata da una donna rom, che indica l'autore del delitto
in un giovane, anche lui rom rumeno.
Nei primi giorni i media non danno molto risalto alla notizia credendo la
Signora Reggiani appartenente alla comunità rom, quindi di rilevanza marginale.
Non appena si apprende che la vittima aveva nazionalità italiana scoppia il
"caso Reggiani": il processo viene trattato frammentariamente dalla stampa e
strumentalizzato politicamente.
Di lì a pochi mesi (aprile 2008) si terranno le elezioni politiche e le
amministrative per l'elezione del Sindaco di Roma e il tema emergenza sicurezza,
con particolare riferimento alla comunità rom e ai cittadini di origine rumena,
è l'argomento principale dei media e della campagna elettorale del centrodestra.
In questo periodo, con cadenza quotidiana, hanno particolare rilevanza
nell'agenda dei telegiornali le notizie relative agli sgomberi dei campi nomadi
in tutta Italia.
Si giunge addirittura ad un decreto legge (181/2007) sollecitato dall'allora
sindaco di Roma Walter Veltroni che prevede l'attribuzione ai prefetti del
potere di espulsione dei cittadini comunitari per ragioni di pubblica sicurezza.
Il decreto non verrà mai convertito in legge poiché in netto contrasto con la
direttiva 2004/38/CE.
Come dimostrano diversi studi, media, opinione pubblica e realtà hanno
alimentato l'insicurezza percepita, facendo raggiungere livelli elevatissimi
alla preoccupazione sociale e all'allarme per i crimini contro la persona e la
proprietà privata nei confronti degli immigrati, percepiti come vera e propria
minaccia, mai come risorsa.
Sono rari i casi in cui il tema dell'immigrazione è trattato al di fuori di un
contesto di cronaca o comunque svincolato dalla criminalità.
In un campione di notizie delle edizioni principali dei telegiornali di tutte le
emittenti dei primi sei mesi del 2008, su 5.684 notizie analizzate, solo lo
0,45% di queste affrontano l'immigrazione senza legarla, al contempo,a un fatto
di cronaca o al tema della sicurezza.
Non solo il singolo fatto di cronaca viene ricondotto all'immigrazione in quanto
tale, ma tutto il recente interesse al tema sicurezza sembra ruotare intorno
alla presenza – vista sempre in termini emergenziali e straordinari – di persone
provenienti da luoghi diversi.
Su 163 servizi televisivi che trattano fatti di cronaca con protagonisti
migranti, 65 contengono
informazioni/immagini che possono portare all'identificazione di persone
(adulte) colpevoli di atti di violenza (39,9%). Un dato di dieci punti superiore
rispetto ai servizi di cronaca che non riguardano solo migranti e che si
attestano, infatti, al 29,7%.
Su tutto domina l'etichetta di clandestinità che, prima di ogni altro termine,
definisce l'immigrazione in quanto tale. Rom e rumeni sono il gruppo etnico e la
nazionalità più frequentemente citati nei titoli di tg.
Le parole, dunque, contribuiscono a tematizzare la presenza degli immigrati in
Italia con un riferimento forte alla minaccia costituita dagli stranieri alla
sicurezza degli italiani.
Si assiste inoltre alla tendenza di diffondere informazioni e immagini lesive
della dignità delle persone coinvolte, direttamente o meno, in fatti di cronaca
soprattutto quando i protagonisti sono migranti.
Nel febbraio del 2009, per più di un mese, telegiornali e trasmissioni
"processano" Karol Racz, un cittadino rumeno arrestato all'indomani dello stupro
di una ragazza in un parco di Roma, indicandolo come "faccia da pugile", il
mostro della Caffarella.
Il suo volto è mostrato per settimane, nonostante le indagini stessero
proseguendo e non si avessero prove della sua colpevolezza.
Durante le indagini sono ripetute le accuse alla comunità rumena, mentre la
situazione sociale esplode in una serie di vere e proprie spedizioni punitive ai
loro danni, quasi legittimato dai ripetuti sgomberi effettuati in quei mesi in
tutta Italia.
Nessuno dei due fermati ricalca le descrizioni fornite dalle vittime, le prove a
loro carico decadono dopo pochissimi giorni, ma per loro le porte del carcere
non si aprono comunque.
Così un cittadino comunitario incensurato proveniente dalla Romania è
trasformato in "faccia da pugile" dai media e usato come prova dell'idoneità
delle misure di sicurezza adottate dal Governo.
Un mese e mezzo dopo l'arresto Racz è ospite di Porta a porta, una delle
principali trasmissioni televisive, nel giorno della sua scarcerazione. E' il
conduttore a porre le scuse.
La stampa e la televisione italiana sembrano le uniche in Europa a descrivere un
crimine mettendo in evidenza la nazionalità del criminale, quasi a sollecitare
la creazione di un capro espiatorio nel quale far confluire tutti i malcontenti
possibili.
I media, attraverso la scelta del linguaggio e della trattazione "criminale" del
tema immigrazione predispongono un terreno fertile su cui poi lavorare durante i
casi di cronaca più eclatanti.
L'enfatizzazione di alcuni aspetti di questi episodi (ad esempio la nazionalità
dell'aggressore) in un clima così ansioso finisce per agevolare l'insorgere del
panico morale.
Queste ondate emotive, rivolte contro un capro espiatorio che viene identificato
come minaccia per la conservazione della società, sono teoricamente destinate a
risolversi in poche settimane.
Se è la cronaca l'unico argomento utilizzato dai media per descrivere la
presenza straniera e i fenomeni migratori è possibile chiedersi quale sia il
ritratto delle persone di origine straniera nei mass media.
In generale, più del 70% delle notizie di cronaca presentate da tg e quotidiani
descrive un atto criminoso, l'attività delle forze dell'ordine o un procedimento
giudiziario o penale. Per oltre i tre quarti delle volte (76,2%), persone
straniere sono presenti nei telegiornali come autrici o vittime di reati. Le
persone straniere compaiono nei telegiornali, quando protagonisti di fatti
criminali, più facilmente degli italiani (59,7% contro il 46,3%).
Al contrario, le notizie di cronaca giudiziaria che riguardano stranieri sono il
16,5% del totale.
Questo risultato, oltre a essere un primo segnale di un diverso trattamento
informativo sulla base della nazionalità dei protagonisti, può avere qualche
conseguenza più profonda sulla rappresentazione dei migranti.
Gli stranieri sono ritratti nel momento dell'atto criminale, sovraesposti nella
dimensione inquietante e drammatica della cronaca nera, tendono invece a sparire
nel momento processuale, cioè nel momento in cui non solo possono essere
evidenziate le effettive responsabilità penali, ma anche in cui ne possono
emergere le caratteristiche umane, la personalità, le difficoltà, la voce.
I delitti compiuti da stranieri presenti sul suolo italiano diventano allora
delitti senza movente né conseguenze, rimangono ritratti spesso da senza storia,
umanità o ripercussioni penali.
Episodi di cui l'unica conoscenza certa può essere la loro brutalità e la loro
residua matrice comune: l'immigrazione.
Non è mai presentata l'immagine reale dell'immigrato che vive e lavora in
Italia.
Negli ultimi trent'anni l'immagine dell'immigrazione fornita dai mezzi di
informazione appare come congelata, immobile.
Ancorata alle stesse modalità, alle stesse notizie, agli stessi stili narrativi
e in qualche caso agli stessi tic e stereotipi. I risultati delle ricerche
avviate sullo stesso tema a partire dalla fine del 1980, con molti elementi
comuni con il passato di altri paesi europei, appaiono straordinariamente
simili.
Da una parte, c'è una rappresentazione dominata da una visione "naturalmente"
problematica del fenomeno: l'immigrazione è, in sostanza, un problema da
risolvere. Dall'altra parte, il tipo di notizie evidenziate: la cronaca appare
l'elemento ancora dominante della trattazione riducendo la complessità della
realtà alla sua eventualità criminale.
DOMENICA 20 FEBBRAIO 2011 - Dalle ore 19 concerto e jam session:
Via Bellezza 16A, Milano
MUZIKANTI DI BALVAL di JOVICA JOVIC
RAFFAELE KOHLER e la sua tromba
MALAPIZZICA
Ciao carissimi, vi scriviamo per invitarvi tutti, e speriamo sarete in
molti, ad una serata speciale che si terrà domenica prossima, 20 febbraio
all'Arci Bellezza di Milano. Lì i MUZIKANTI di Balval, RAFFAELE KOHLER e i
MALAPIZZICA daranno luogo ad un grande concerto solidale pensato per
autofinanziare il viaggio che porterà il maestro Jovica Jovic ed alcuni
componenti del gruppo, alla Fiera InMensa che si terrà a Cosenza dal 15 al 20
marzo (vedi allegato), dove potranno sostenere i valori dell'integrazione, dello
scambio socio culturale fra le variegate etnie che popolano, arricchendolo, il
nostro Paese. Tutto questo grazie a quel meraviglioso veicolo che è la loro
musica e che rappresenterà virtualmente il nostro abbraccio amichevole ai
fratelli immigrati.
La serata avrà inizio verso le 19 con un simpatico aperitivo etnico,
proseguirà con una breve presentazione del progetto, per poi esplodere in un
turbinio di danze ed emozioni dai Balcani fino al nostro profondo Sud!
L'ingresso sarà libero previo possesso della tessera Arci che si potrà
acquistare anche sul luogo. Sarà chiesto un gentile e libero contributo per il
buffet e il sostenimento delle spese.
Sperando che vinciate la pigrizia della domenica sera, vi aspettiamo numerosi
e confidiamo nella vostra disponibilità per diffondere la notizia dell'evento.
Durante la guerra della ex Iugoslavia, negli anni ’90, un gruppo di donne
romane si impegna nel sostegno ai bambini bosniaci e alle loro madri, sfollati
nei campi profughi della Slovenia: un impegno che oltre al contributo economico
creò dei legami di affetto e di amicizia molto forti. Con la fine della guerra i
profughi rientrarono nei loro paesi ma l'impegno nel cercare la relazione di
quel gruppo di donne non si è fermato. Nasce così, nel 1998, 'Insieme Zajedno',
un'associazione dedicata all’infanzia e alle donne più deboli per offrire un
aiuto concreto, dignità, giustizia sociale e diritti umani. L’esperienza di
Insieme Zajedno, iniziata in Bosnia Erzegovina, e poi consolidata attraverso
progetti in Macedonia, in Kossovo, in Moldavia, in Iraq, dal 2006 si è
trasferita a Roma dove, nel cuore di San Lorenzo è nato il 'Laboratorio
Manufatti delle Donne Rom', progetto di microcredito per l’auto-impiego di donne
rom attraverso la realizzazione di accessori originali per l’abbigliamento e la
casa. Un luogo che offre ad un gruppo di rom bosniache la possibilità di
lavorare ma non solo. In uno spazio che colpisce per il suo tocco tipicamente
femminile, ogni mattina Cristina, Renata, Francesca e Dzanuma, tirano su la
serranda e si dedicano al cucito, antica arte che ci riporta all'intreccio di
legami, al mettere insieme, alla creazione.
Nei locali, arredati a misura di
donna, si lavora, si mangia, si studia, si crescono i bambini - i due figli di Dzanuma - ci si scambia l'esperienza e si fanno progetti. Il luogo, nato come
posto di formazione, è presto diventato qualcos'altro: spazio di aggregazione
interculturale dove il lavoro insieme ai formatori ha dato la possibilità di
affrontare e condividere le problematiche lavorative, di decidere insieme le
strategie economiche, stimolando la socialità e l’integrazione in modo naturale
e rendendo più facile anche l’apprendimento della lingua italiana. Il
'Laboratorio Manufatti Donne Rom' si prefigge di diventare un luogo dove 'dal
basso' si annulli la discriminazione socio-lavorativa legata al popolo Rom, alle
donne Rom in particolare: Renata ha preso la patente e adesso ha una piccola
automobile che la rende indipendente, le ragazze stanno cercando una casa, hanno
ripreso a studiare, non hanno più come orizzonte unico un marito e i figli e la
vita nel campo, Dzanuma ha un lavoro con un contratto a tempo indeterminato.
"Č
stata dura - racconta Cristina Rosselli Del Turco che dell’associazione 'Insieme Zajedno' è colei che vive ogni giorno gomito a gomito con le donne rom - ma i
risultati che abbiamo ottenuto sono una grande soddisfazione. Il nostro è un
lavoro fatto nella quotidianità e nella condivisione di vita e proprio in
questo, credo, risieda il nostro successo. Crediamo nella relazione e negli
affetti. Č un progetto piccolo che però ha cambiato radicalmente la vita delle
persone coinvolte e questo era quello che a noi interessava". E il successo
dell'iniziativa si legge anche nei progetti portati avanti dal gruppo: le stesse
donne rom sono diventate formatrici e stanno insegnando il mestiere ad un gruppo
di donne somale rifugiate. La sfida per il futuro è l'indipendenza; la creazione
di una propria impresa e il confronto con il mercato del lavoro.
Il Laboratorio si trova a Roma in via dei Bruzi n. 11/c, è aperto dal lunedì al
sabato dalle ore 9:00 alle 14:00 - tel. 3471580818
Di Fabrizio (del 19/02/2011 @ 09:06:39, in scuola, visitato 1694 volte)
Segnalazione di Stefano Nutini
Buongiorno a tutte/i,
il progetto del
vino ROM prosegue con il finanziamento della quarta borsa di studio.
Dopo Marian, Ovidiu e Belmondo, abbiamo deciso di sostenere negli studi Geanina, una ragazza rom di tredici anni che attualmente frequenta, con ottimi
risultati, la terza media nel Comune di Segrate.
Siamo particolarmente contente di sostenere Geanina: è una ragazza solare,
coraggiosa e determinata che potrà essere di grande esempio alle coetanee.
Geanina vive in un capannone; sua sorella frequenta la scuola elementare, il
papà fa lavori saltuari e la mamma, che sa leggere e scrivere, si occupa della
famiglia.
Geanina a settembre, dopo aver preso la licenza media, si iscriverà ad un
corso ENAIP a Pioltello, dove tra le altre cose imparerà il mestiere di
parrucchiera ed estetista.
Come per gli altri tre ragazzi, la borsa di studio copre il costo dei
trasporti e prevede un contributo mensile di 100€ come sostegno agli studi, a
partire dal mese di febbraio.
Di nuovo grazie a tutte/i Le mamme e le maestre di Rubattino
Di Fabrizio (del 18/02/2011 @ 09:27:19, in Italia, visitato 2380 volte)
AgoraVox - Rom a Milano: oltre la diffidenza, tante voci per l'integrazione
Vivono ai confini della città, spesso in condizioni difficili,
tra sgomberi forzati, carenze di servizi indispensabili e pregiudizi diffusi.
Per "dare cittadinanza" a queste persone sono attivi però gruppi e associazioni
di volontari che lavorano in più direzioni: se ne è parlato venerdì sera in un
incontro al quartiere Adriano, a pochi metri dal campo di via Idro che ospita
numerose famiglie di rom italiani.
Si fa presto a dire nomadi. Si fa presto a dire campi. Termini, questi, che
trasmettono un'idea di precarietà e passaggio; a Milano ci sono però
insediamenti rom regolarmente autorizzati dall'amministrazione comunale, con
famiglie che ci abitano da più di vent'anni, che hanno trovato un lavoro e
mandano i figli a scuola nel quartiere. E' il caso della comunità di via Idro
62, all'estrema periferia nord-est, della quale fanno parte circa 130 persone.
"Siamo a tutti gli effetti cittadini italiani, solo che viviamo in modo
diverso": a parlare è Marina che, in rappresentanza dei rom di via Idro, ha
aperto con il suo intervento il dibattito pubblico - venerdì sera al quartiere
Adriano - organizzato da gruppi della zona 2 impegnati sul territorio con molte
iniziative concrete; tra questi, le associazioni Villa Pallavicini ed
elementare.russo, il Comitato Forlanini, l'Osservatorio sui razzismi e la
Fondazione Casa della Carità.
Rispetto alle situazioni dei campi dislocati in altre aree metropolitane, quella
di via Idro potrebbe sembrare relativamente tranquilla, perlomeno un po' più
"stabile". In realtà il destino di chi vi risiede è tutt'altro che sicuro,
soprattutto da quando grava sui suoi abitanti la minaccia di allontanamento che,
in base a recenti disposizioni, potrebbe scattare per chiunque abbia alle spalle
sentenze passate in giudicato, pur risalenti a tanti anni fa. Inoltre, se ci
sono cittadini disposti a investire tempo ed energie per favorire convivenza e
integrazione, c'è anche chi i rom sotto casa proprio non li vuole e raccoglie
firme per smantellare il campo.
Le testimonianze presentate durante l'incontro hanno esteso il discorso ad altre
realtà, ancora più drammatiche. Come quella di via Forlanini dove, in un
minicampo che ospita circa 25 rom, sono stati effettuati 15 sgomberi in due
anni, nonostante l'impegno quotidiano di un attivissimo gruppo di sostegno. Un
provvedimento risolutivo brutale e traumatico, quello degli sgomberi, diventato
ormai prassi comune: ne fanno le spese soprattutto i bambini che sono in molti
casi costretti ad abbandonare la classe dopo un faticoso inserimento, annullando
i progressi compiuti, anche per quanto riguarda l'avvicinamento ai coetanei e
alla collettività. In via Rubattino, non lontano da Lambrate, è capitato che
alcune famiglie rom venissero allontanate anche cinque volte in un solo giorno.
Lo racconta un gruppo di mamme che, insieme alle maestre, svolgono un lavoro
continuativo e intenso per aiutare i piccoli rom a frequentare la scuola,
nonostante la mancanza di mezzi.
Una storia a parte è quella di via Triboniano, il campo più popoloso di Milano e
anche il più carente dal punto di vista di spazi e servizi. Avrebbe dovuto
essere chiuso definitivamente già alcuni mesi fa, perché si trova proprio sulla
strada dell'Expo 2015, cioè sulla via di accesso all'area su cui questo dovrebbe
sorgere. Nel preventivare la chiusura della struttura non è stato preso però in
considerazione, nella sua globalità, il futuro di chi vi abita. Ai rom erano
state inizialmente destinate venti case Aler, da ristrutturare e assegnare
attraverso la mediazione della Casa della Carità (contratto stipulato con tanto
di firma da parte del Comune e della Prefettura). Il progetto si è però
interrotto a metà strada e le famiglie che sono rimaste escluse
dall'assegnazione hanno iniziato un procedimento legale che ha dato loro
ragione. A parte quelle dell'Aler, ci sono comunque a Milano migliaia di
abitazioni sfitte: perché non includerle in un piano che favorisca anche chi è
stato sgomberato?
Da una periferia all'altra, il problema rimane complesso, le esperienze portate
avanti con successo (come quella del Comune di Buccinasco, dove è stato
organizzato un campo molto ben tenuto) si scontrano con l'eterna paura del
diverso, la più dura da sconfiggere. E non va neppure dimenticato che i rom
stessi, pur se disponibili alla collaborazione, trovano spesso difficoltà nel
riconoscere le regole della società; anzi, la loro cultura li ha portati per
secoli a crearne una parallela rispetto a quella dello Stato che li ospita. Oggi
in Italia, contando le diverse etnie, ne sono presenti circa 140.000, non tutti
in insediamenti legali: e c'è sempre chi li guarda con sospetto e si domanda "
ma è vero che i rom rubano?". Generalizzazioni, luoghi comuni e pregiudizi
allontanano le soluzioni; tragedie come quella recente di Roma - la morte di
quattro bambini - riportano invece alla realtà, fanno vedere queste persone come
una fascia debole della popolazione che l'amministrazione di una grande città ha
il dovere di tutelare. Non demandando ancora una volta il grosso del carico
all'infaticabile universo del volontariato.
Dorina, 32 anni e Daniel, 3 anni, 25 dicembre 2008, morti bruciati nella pineta di Castelfusano Andreia, 18 anni, 27 dicembre 2009, morta bruciata in via Ardeatina 630 Mario, anni 3, (nato in Italia) 26 agosto 2010, morto bruciato in via Morselli, (il fratellino di
4 mesi al momento dell'incendio è ancora in terapia per le ustioni) Raul 4 anni, Fernando 5, Sebastian 11 e Patrizia 8
anni, (i tre più piccoli nati a Roma) 6 febbraio 2011, morti bruciati su via Appia Nuova a due passi
dall'esclusivo circolo del Golf dell'Acquasanta.
L'attenzione sull'emergenza umanitaria per coloro che ci si ostina a chiamare
nomadi (e nomadi non sono) si accende con la tragica ricorrenza dei roghi.
L'emarginazione uccide.
A Roma tutta la comunità Rom e Sinti conta poco più di settemila mila presenze.
Otto tragiche morti su una popolazione così piccola sono uno sterminio vero e
proprio.
Come provocazione si possono mettere a confronto le morti del Piano Nomadi di
Alemanno con quelle dell'operazione Piombo Fuso.
Il numero di morti, rapportato alla popolazione, è paragonabile a Gaza ed a
Roma, ma a Roma è assai più alta l'incidenza delle morte tra i bambini Rom.
Striscia di Gaza
Roma, presenza Rom
Popolazione
400.000
7.200
Piombo Fuso
Piano Nomadi
Morti
455
8
ogni 1.000 abitanti
1,1
1,1
di cui minori
87
6
ogni 1.000 abitanti
0,2
0,8
Giovedì 9 febbraio a piazza del Campidoglio Rifondazione ha
partecipato alla manifestazione indetta da varie realtà dell'associazionismo,
della politica e soprattutto dai comitati auto organizzate delle comunità dei
Rom romani. In particolare hanno fatto sentire la loro voce i Rom che, dopo lo
sgombero del Casilino 900, si sono trovati di fronte alla realtà delle false
promesse della giunta Alemanno. (vedi il comunicato).
Essere contro il Piano Nomadi di Alemanno significa anche fare i conti con le
responsabilità passate delle fallimentari gestioni delle giunte Rutelli e
Veltroni.
Superare le politiche segregazioniste, operare per un generale diritto
all'abitare.
Intanto la giunta parla di un ennesimo campo... a Malagrotta... nei pressi
della discarica... ci si appresta a costruire una nuova discarica umana. Ed i
fascisti tracciano i loro orrendi slogan sui muri.
Di Fabrizio (del 18/02/2011 @ 09:14:27, in Italia, visitato 1985 volte)
Venerdì 25 febbraio dalle ore 16.30
La neo cooperativa Aquila è lieta di annunciare la riapertura del BAR RIGHI,
sito in fondo al parco Talvera, in mezzo ai campi sportivi. Vi aspettiamo tutti
per brindare insieme all'inaugurazione con la NUOVA GESTIONE dove troverete un
buonissimo buffet con delle buonissime bibite.
Disclaimer - agg. 17/8/04 Potete
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