Richiediamo chiarezza. Di Rom si parla poco e male, anche quando il tema delle notizie non è "apertamente" razzista o pietista, le notizie sono piene di errori sui nomi e sulle località
Dal 2004 la onlus di Medicina Solidale e delle Migrazioni cura a Tor Bella
Monaca gli strati più sofferenti della società. I partiti di centrosinistra in
un sit in sotto il policlinico di Tor Vergata chiedono che il servizio venga
spostatodalle strade del quartiere all'interno del Policlinico di Tor Vergata.
Questioni di igiene, dicono. A loro Lucia Ercoli responsabile del sevizio
risponde. "Provo una grande pietà" DI M. CARTA
"Noi siamo un ospedale del popolo. Per chi ci contesta provo solo pietà". Con
poche semplici parole, Lucia Ercoli, responsabile della Onlus di Medicina
Solidale e delle migrazioni, commenta il sit in promosso dall'Api, dal Pd e
dall'Idv per chiedere lo spostamento del servizio dai locali dell'ex Centro
anziani 'Ai pini' in via Amico Aspertini (Tor Bella Monaca) al Policlinico di
Tor Vergata. Secondo il consigliere municipale dell'Api, Valter Mastrangeli "non
è ammissibile che, in un appartamento abbandonato di circa 100 mq, senza
sicurezza e senza controlli, si vadano a curare malattie particolari: infettive,
Hiv, tossicodipendenza e, nello stesso tempo, vi sia una zona per l'ostetricia,
pediatria e ginecologia''.
Nata nel 2004 all'interno della parrocchia di Santa Maria del Redentore, a Tor
Bella Monaca, la Onlus di Medicina Solidale e delle Migrazioni, patrocinata dal
Policlinico di Tor Vergata, è un servizio sanitario rivolto alle fasce più
bisognose della città: stranieri, senzatetto, famiglie sull'orlo dell'indigenza,
soprattutto donne e bambini. "Abbiamo circa 80 pazienti al giorno – precisa la
Ercoli, che assieme a un' equipe di medici e psicologi volontari si prende cura
dei malati– di cui un buon 30% sono italiani. Ogni anno curiamo circa 15000
persone". Da quando nel settembre del 2009 il sindaco Alemanno assegnò i locali
comunali dell'ex Centro anziani 'Ai Pini', al servizio di Medicina Solidale,
tante sono state le proteste per il quartiere. Il municipio in più di una
occasione ha espresso parere contrario a questa decisione del sindaco, così come
i partiti di opposizione. Uno schieramento trasversale che parte dal Pd passando
per Idv, Api e Lista Civica fino ad arrivare anche a Forza Nuova, che in maniera
autonoma, in passato, ha contestato la struttura.
"Nessuno di questi signori però è mai venuto a vedere cosa realmente facciamo"
dice la Ercoli citando un manifesto a firma Pd in cui si chiedeva la chiusura
"del centro dei clandestini". "Queste persone devono fare pace col cervello e
chiedersi di cosa abbia veramente abbia bisogno la gente e non montarla
sull'onda della paura verso gli stranieri" incalza la Ercoli. "A chi parla di
luogo inadatto – prosegue la Ercoli - ribadisco che qui vengono rispettati tutti
i protocolli. Questo è un servizio ad accesso diretto, totalmente gratuito,
previsto anche dai piani sanitari: esistono i centri di cura primari, o case
della salute, basate sull'integrazione fra sociale e sanità. Qui viene gente che
in molti casi ha difficoltà a rivolgersi alle strutture convenzionali, che già
ora, come nel caso del Pronto Soccorso del Policlinico di Tor Vergata, sono al
collasso. Curo un bambino e lo mando via nudo perché non ha neanche i vestiti? O
curo un mal di stomaco di una persona che non mangia da tre giorni e poi lo
lascio morire di nuovo di fame?"
Grazie anche al numero sempre crescente di volontari, da circa tre anni la Onlus
si occupa della distribuzione di 300 pacchi viveri al mese, mentre da qualche
mese, in collaborazione con il centro sociale el Che di Tor Bella Monaca, ha
avviato dei corsi di danza per bambini con problemi psichici "Se la prendono con
noi perché siamo una delle poche cose che funziona a Tor Bella Monaca. Questo è
un ospedale del popolo, perché rispondiamo ai bisogni primari delle persone. Una
volta il partito comunista aveva le case del popolo, forse se le è scordate -
riflette la Ercoli che conclude - Alimentare la paura dello straniero è idiota.
Mi chiedo se chi si professa di sinistra abbia mai letto Gramsci o abbia mai
sentito parlare di internazionalizzazione. Dicono di essere contro le
ingiustizie e poi impediscono di curarsi alle persone che muoiono in mare per i
nostri respingimenti. Provo solo una grande pena".
Una delle persone recentemente identificate come vittime del capovolgimento
della nave Concordia, è il trentottenne violinista Sandor Feher. Il
ministero degli esteri ungheresi ne ha confermato la nazionalità.
Sandor Feher, la prima vittima dell'incidente identificata ufficialmente,
lavorava sulla nave come violinista. L'Associated Press riferisce che sua madre
l'ha identificato in Italia.
Si dice che il violinista abbia aiutato a fornire di giubbotti di salvataggio
i bambini che piangevano durante l'evacuazione. Sia poi tornato in cabina per
recuperare il suo violino. Il pianista Joszef Balog avrebbe confermato che
indossava anche lui un giubbotto di salvataggio mentre decideva di tornare in
cerca del suo strumento.
Feher proveniva da una famiglia di musicisti. Anche suo padre e suo nonno
erano violinisti. Iniziò a suonare a sei anni e si laureò nel 1998 all'Accademia
Musicale Franz Liszt di Budapest. Ha trasmesso l'arte del violino ai suoi
allievi, insegnando a bambini tra i 6 e i 20 anni col metodo "ABC" sviluppato
dal suo maestro, László Dénes, e da altri musicisti. Il sistema è molto
conosciuto in Germania ed Ungheria, e Sandor lo descriveva come un metodo che
comprende canzoni folk da tutto il mondo. Il violinista stava progettando di
insegnare violino all'estero e "usare questo metodo per formare una nuova
generazione di violinisti".
iDNES.cz, violinist.com, ih, translated by Gwendolyn Albert
Nell'articolo non un solo fatto ma una tesi finalizzata ad alimentare l'odio
razziale: i rom sono omertosi e delinquono proteggendosi tra loro.
Un articolo tanto più odioso quando a Torino sono la magistratura e le forze
dell'ordine che si rendono conto che la possibilità di chiamare alla propria
responsabilità gli italici autori del pogrom della Cascina Cantinassa è impedita
da:
Un muro di omertà sul rogo delle Vallette - stampa.it
(vedi anche
QUI ndr.)
Ma occorre entrare nel merito dell'articolo di Andrea Cuomo per rendersi conto
di come, per il giornale, vada versato veleno sulla base di niente se c'è una
campagna di disinformazione da mandare avanti.
L'articolo ovviamente parte dalla giusta ondata di sdegno derivante dalla
barbara uccisione del vigile Savarino con l'evidente proposito di alimentare
l'odio razziale, ma invece di raccontare i fatti di milano rinvanga l'episodio
simile dell'omicidio stradale di Quarto Oggiaro di qualche mese fa.
Al giornalista non passa proprio per la testa di ricordare che nel doloroso caso
di Milano gli omicidi sono stati assicurati alla giustizia in tempi rapidissimi
proprio grazie alla collaborazione del uomo investito per primo, rom calabrese,
e degli altri della comunità di giostrai che erano presenti.
LA TESTIMONIANZA - Gli investigatori sono arrivati ai sospettati anche grazie
alla testimonianza dell'anziano giostraio colpito di striscio dall'auto poco
prima della tragedia di giovedì. Agli agenti della polizia locale avrebbe
fornito il numero di un cellulare di uno dei due. Hanno messo sotto controllo le
celle telefoniche e hanno intercettato alcuni messaggi importanti per
l'indagine.
Ma prima di approdare ad Aosta, nel garage dove era nascosta la Clio modello
Ventesimo Anniversario, gli agenti della polizia municipale hanno seguito tante
piste fasulle. Almeno quaranta controlli a vuoto: segnalazioni anonime ma
«potenzialmente attendibili». E «informazioni confidenziali». Blitz in campi
nomadi, carrozzerie, sfasciacarrozze, discariche. Dopo l’incidente sono arrivate
4 lettere misteriose. Una firmata da «Anonimo 66», spedita da fuori Torino. Una
signora di Grugliasco, convinta di aver trovato il pirata, «denuncia» il suo
vicino di casa: «Ha un ritmo di vita anormale, dorme di giorno e vive di notte.
Ha un amico con una Clio nera». Tutti vicoli ciechi.
Ma la vera chicca dell'articolo è ritirare in ballo l'episodio della Caffarella
ed i nomi di
Alexandru Isztoika Loyos e
Karol Racz.
Al giornalista mica viene in mente di controllare l'esito del giudizio o gli
archivi del suo giornale. Gli basta RI-SBATTERE il MOSTRO in prima pagina.
Allora ricordiamo al giornalista che i due poveri diavoli da lui tirati in ballo
erano INNOCENTI e sono stati assolti per l'episodio.
Ed anche ai fini delle tesi razziste del giornalista l'episodio non va bene, il
povero Karol Racz fu ritrovato dalla polizia quando tutti lo indicavano come il
"mostro faccia da pugile" proprio in base
alla civica segnalazione della
comunità rom di Livorno che gli dava ospitalità.
All'ombra dell'ultimo sole
s'era assopito un pescatore
e aveva un solco lungo il viso
come una specie di sorriso.
Venne alla spiaggia un assassino
due occhi grandi da bambino
due occhi enormi di paura
eran gli specchi di un'avventura.
E chiese al vecchio dammi il pane
ho poco tempo e troppa fame
e chiese al vecchio dammi il vino
ho sete e sono un assassino.
Gli occhi dischiuse il vecchio al giorno
non si guardò neppure intorno
ma versò il vino e spezzò il pane
per chi diceva ho sete e ho fame.
E fu il calore di un momento
poi via di nuovo verso il vento
poi via di nuovo verso il sole
dietro alle spalle un pescatore.
Dietro alle spalle un pescatore
e la memoria è già dolore
ed è il rimpianto di un aprile
giocato all'ombra di un cortile.
Vennero in sella due gendarmi
vennero in sella con le armi
chiesero al vecchio se lì vicino
fosse passato un assassino.
Ma all'ombra dell'ultimo sole
s'era assopito il pescatore
e aveva un solco lungo il viso
come una specie di sorriso
e aveva un solco lungo il viso
come una specie di sorriso.
"Lo sa che lei non può stare qua?" Così si rivolse giovedì scorso un perfetto
sconosciuto allo scrivente appena uscito dal supermercato una volta completata
in famiglia la spesa in previsione delle festività venture. Alla domanda di
comprendere il motivo di tale indignazione e virile protesta, il gruppo si sentì
rispondere: "no, perché questi di colore vengono qui e chiedono l'elemosina.
Non possono; o vanno a lavorare o se ne stanno a casa loro…" Si da il caso che
chi vi scrive, unica persona nera tra i presenti, stava semplicemente porgendo
alla sua legittima proprietaria il gettone recuperato dopo aver rimesso al suo
posto il carrello di cui si era servita la famiglia per le compere. Tolto il
fatto che i Neri raramente gradiscono di essere definiti "di colore", ammesso
anche che il gesto poteva essere mal interpretato, rimane il dubbio su come mai
un semplice passante si sente il diritto di fare le inopportune rimostranze
appena descritte. Dal destinatario dell'aggressione verbale scandalizzato dal
fatto di subire ancora certe oscenità dopo un ventennio di soggiorno in una
L'aquila "Città di Pace" come la si suole definire non ancora rimessasi dal
terremoto che la dilaniò nel 2009 e dove lo riconoscono persino i sassi arrivò
una risposta altrettanto coriacea: "innanzitutto si qualifichi poi si renda
conto che ha sbagliato, si vergogni, chieda scusa e sparisca!". È esattamente
ciò che fece il signore (se così lo si può definire) ma non prima che la madre
gli avesse dato il colpo di grazia, la risposta con più stile che onestamente da
sola bastava: "è mio figlio ma vedo che a lei Firenze non ha insegnato
niente..!"
Firenze… La città è scesa in piazza sabato e intorno a i suoi rappresentanti
istituzionali più eccellenti si è sciolta lunghe le sue vie in una
manifestazione che ha avuto eco anche in città come Milano e Napoli. Una
spontanea e dovuta marcia a mo di risposta cittadina, civile nonché repubblicana
all'odio razziale che mercoledì scorso ha colpito nella città degli Uffizi,
recando un colpo non indifferente all'immagine del bel paese. Gianluca Casseri
benestante cinquantenne italiano, militante di gruppi di estrema destra,
mentalmente sano e con una cultura di tutto riguardo come lo dimostrano i da lui
scritti libri e riviste d'area (è noto che aveva scritto anche per il sito di
Casapound, che però ha dichiarato aver già rimosso i suoi articoli) si è sentito
legittimato nella sua unilaterale decisione di contribuire nel senso etnico alla
"pulizia" del suo paese uccidendo dei Senegalesi. In due sparatorie diverse
orchestrate in due punti distinti della città, ha effettivamente centrato 5
uomini due dei quali sono morti lasciando gli altri tre in uno stato critico.
Successivamente l'improvvisatosi giustiziere si è tolto la vita quasi ammettendo
che in realtà l'immondizia era lui. Il suo suicidio è senz'altro l'ammissione
d'una sconfitta. Ha perso perché non venga in mente a nessuno di paragonare la
sua autodistruzione ad un sacrificio nel disperato tentativo di salvare
l'integrità (etnica) del suo paese quasi fosse un Jan Palach dei giorni Nostri.
Il martire Palach si immolò per una causa più nobile prendendo a modello i
monaci Buddhisti quando il quel 16 gennaio 1969 si recò in piazza San Venceslao
a Praga e si diede fuoco dopo esseri cosparso di benzina per esprimere la sua
protesta nei confronti dell'Invasione sovietica del suo paese, l'allora
Cecoslovacchia. Dopo il crollo del Comunismo 20 anni dopo la sua figura
ricevette gli onori a lui dovuti dal presidente Václav Havel sostenitore della
non violenza, leader della rivoluzione di velluto chiamato a guidare il percorso
post-comunista del paese e morto guarda caso proprio ieri 18 Dicembre 2011.
Quelli sono eroi non Gianluca Casseri che è esattamente il contrario: un
antieroe cioè nemmeno lo stinco d'un modello attendibile per quelli che (e ce ne
sono) lo stimano o lo stimavano.
Orbene, il gesto abominevole del Casseri non può non farci soffermare su un
fatto cruciale che spesso e volentieri in Italia non affrontiamo con l'impegno
che ci vorrebbe. Da molti anni (troppi per chi rispetta il senso civico) gli
stranieri in Italia sono messi all'indice a volte per colpe che appartengono
agli individui, non ad un gruppo etnico o ad una categoria di persone diverse
per luogo di nascita o colore della pelle, senza che i più li difendessero ma
spesso chi apostrofa gli stranieri come lo fece quel signore all'uscita de
supermercato a l'Aquila lo fa con la certezza che la sua libertà glielo consente
e semmai ciò fosse un reato può tranquillamente perseverare con il beneficio
dell'indifferenza o dell'impunità che non vi vedono nulla di necessariamente
riprovevole. Proprio in proposito su Facebook in una discussione sul razzismo in
Italia ebbi a menzionare una intervista rilasciata nel 2001 al giornalista
europarlamentare Paolo Guzzanti in cui ci accordammo su una realtà dolorosa: "In
Italia manca l‘Educazione all'Accoglienza'". Con questo il signor Guzzanti
intendeva che si insegna solo timidamente alla popolazione e soprattutto ai
bambini a non essere razzisti. Che cioè quando diciamo ai bambini cose come: "il
razzismo è sbagliato, i Neri sono anche loro delle persone come noi…" c'è quel
"anche" di mezzo che gli comunica esattamente il contrario di quello che
vogliamo far passare e quindi i bambini che solitamente nascono intelligenti
ritengono di essere fortunati rispetto allo straniero al quale rimane pur sempre
la possibilità di essere graziato dai "normali" e quindi accettato. Puro atto di
bontà di cui congratularsi piuttosto che rispettare l'umanità che c'è in ognuno
di noi aggiungendo ad esempio che non si può offendere un essere umano per le
sue origini, il suo aspetto o la comunità alla quale appartiene cosi come
nessuno ha il diritto di farsi giustizia da solo e di portar via una vita umana
tanto la società attraverso delle convenzioni che chiamiamo "la Legge" ha già
previsto su quali binari deve viaggiare la Giustizia.
In Italia dicevamo il male riconducibile all'odio razziale ci accompagna da
tanto tempo senza che ce ne preoccupiamo veramente a sufficienza prova che
responsabile è il mal funzionamento del paese. La banda della Uno bianca dalla
quale spicca la figura dei fratelli Savi viene ricordata per diversi crimini
contro la società tra cui l'uccisione imperdonabile di due carabinieri il 4
gennaio 1991. Ma difficilmente si ricorda che il 23 dicembre 1990 cioè 12 giorni
prima avevano aperto il fuoco contro le roulotte d'un campo Nomadi uccidendo 2
persone e ferendone diverse per poi ripetersi Il 18 agosto 1991 uccidendo in un
agguato a San Mauro Mare Ndiaj Malik e Babou Chejkh, due operai senegalesi,
lasciandone ferito un terzo, un tale Madiaw Diaw. Crimini con connotati razziali
per ammissione degli stessi autori. Allora l'allarme razzismo non viene suonata
ma avevamo già preso una brutta piega. Oggi, l'Europa si scopre violenta quanto
l'America da cui stranamente ha sempre voluto prendere esempio e dove le armi
girano come giocattoli. Si uccide in Belgio sparando pubblicamente all'impazzata
come si spara nell'Università di Virginia Tech o a Hollywood (cinema a parte)
uccidendo senza criterio. Certo è che non tutti gli atti di razzismo conducono
all'omicidio e non tutti gli omicidi riposano su un movente razziale ma ci
vogliamo una volta tanto occupare di razzismo e soprattutto della sua faccia
insospettata in questo caso. Più vicino a noi il 7 dicembre scorso una sedicenne
studentessa di buona famiglia del quartiere delle Vallette denunciò di essere
stata stuprata da due nomadi rumeni di etnia rom. Lo fece usando queste parole:
"Parlavano rumeno, le ho riconosciute quelle bestie da come puzzavano".
Dichiarazione supportata dalla seguente "testimonianza" del fratello
maggiorenne: "Erano zingari, le ho inseguite per un tratto di strada, poi le ho
perse quelle canaglie che mi avevano stuprato la sorellina". Unico particolare i
giovani che sicuramente si sono sentiti di poter dire sugli stranieri ciò che
volevano mentivano. E come per confermare che avevano ragione a sentirsi
protetti finché si scagliavano contro gli stranieri dalla menzogna è scaturita
la automatica reazione degli immancabili giustizieri etnici: un centinaio di
giovani provenienti per la maggioranza dalle stesse famiglie originarie del sud
per cui venne costruito il quartiere Vallette negli anni sessanta, armati di
spranghe, bastoni e bombe carta, hanno assalito il campo abusivo abitato da Rom
a Torino. Dopo aver fatto allontanare i nomadi dal campo i manifestanti hanno
cominciato a danneggiare strutture, camper e auto e hanno appiccato il fuoco. I
soliti esponenti leghisti si sono lanciati contro "i soliti rumeni". Lo hanno
fatto per vendicare una ragazza stuprata da due "zingari". La ragazza, però, ha
mentito: nessuno zingaro l'ha violentata. Il sito "Agora Vox" non nasconde che
potrebbe trattarsi di gente: "…con la tessera della Cgil in tasca, probabilmente
gente che alle ultime elezioni comunali ha votato a sinistra ed ha scelto come
Sindaco Piero Fassino, hanno avuto il tempo di organizzare la loro vendetta, che
però hanno derubricato come ‘opera di giustizia‘, organizzandosi ed andando in
corteo a bruciare l'accampamento rom"
Nell'edizione online de Il Fatto Quotidiano del 13 Dicembre Pino Petruzzelli
scive: "Mi viene da pensare a quante campagne elettorali si sono vinte agitando
al primo punto del proprio programma elettorale la "risoluzione del problema
zingari". È risaputo che affrontare problemi quali la scuola o la salute o il
lavoro per vincere le elezioni, non è conveniente. E allora, quando siamo a
corto di idee, va bene agitare lo spettro degli zingari. In questo modo ognuno
può sentirsi parte attiva perché tutti abbiamo a portata di mano la soluzione
giusta al "problema zingari". Infatti prima di precisare che Thomas Hammarberg,
commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa, accusa l'Italia di
violare i diritti umani, ci ricorda quel manifesto di Forza Nuova forse sfuggito
ad alcuni in cui si riporta l'immagine di una donna distesa a terra con le gambe
allargate e una macchia di sangue sui vestiti laceri. Sul manifesto si legge:
"Se capitasse a tua madre, tua moglie o tua figlia? Stupratori, immigrati è
giunta la vostra ora…. Chiudete i campi nomadi ed espellete i rom subito."
Decisamente se all'epoca del delitto di Novi erano gli Albanesi i primi a cui si
pensava in caso di violenza, oggi, invece, sono gli "zingari". Si continua a non
sapere chi ha ucciso Yara Gambirasio ma per un breve periodo all'inizio si è
dato la caccia al Marocchino. In generale è lo Straniero la causa di tutti mali
nel momento in cui ci dovremmo tutti adoperare a trovare i rimedi alla crisi che
sta per travolgere l'Italia. Scriviamo questo mentre in televisione Studio
Aperto riporta una notizia fresca di due ore fa: "Una storia incredibile che
viene da Verona. Un ragazzino cingalese di 13 anni è stato picchiato e preso a
sprangate, e gli è stata versata una bottiglia di birra addosso, perché non ha
abbassato lo sguardo davanti al branco e ha la pelle scura". Maltrattato perché
straniero dunque in quel di Verona dove il sindaco Flavio Tosi è condannato in
via definitiva a due mesi di carcere per propaganda di idee razziste.
Lungi da noi tuttavia l'idea di far passare un Paese intero per razzista ma si
fustiga l'impunità del sistema nonché la sua incuria educativa che sdogana
implicitamente i comportamenti riprovevoli e spesso non inquieta chi nelle
posizioni chiave non dà l'esempio lasciando a chi viene governato la scelta di
comportarsi da volpe libera in un pollaio allegro. No, non ci spingeremo fino ai
livelli di Oprah Winfrey icona nera della televisione statunitense e regina
indiscussa dei Talk show che quando incontrò la palestinese Rula Jebrael ex
volto del TG7 bersaglio di tutti anche del suo datore di lavoro, recentemente
trasferitasi negli USA dove lavora ora, le chiese "Come hai fatto a reggere 13
anni in un paese razzista come l'Italia?". No, qui non si tratta di una
generalizzazione o forse si ma solo nello scopo di svegliare le coscienze perché
cechi sono quelli che rinunciano a vedere. I leader che fanno degli scivoloni
metodici un ingrediente del loro programma politico rischiano di portare alla
deriva tutta la Nazione che gli ha affidato le redini del Potere e i Popoli che
si fanno rappresentare da leader che degenerano sono colpevoli quanto i leader
stessi. Stranieri, Italiani, odio, Neri, Cinesi, Indiani, Zingari, Rom… E se i
vari Rumeni di Torino non si sono risparmiati nelle critiche ai giustizieri
spingendo la rabbia al punto di dichiarare: "Voi italiani ci trattate come
trattaste gli ebrei durante la seconda guerra mondiale" è che forse come scrive
sempre Agora Vox hanno ragione di protestare contro: "una spedizione punitiva
che accomuna l'Italia d'oggi alla Germania nazista… l'Italia mai ha fatto
seriamente i conti con la Shoah, di cui fu purtroppo complice della Germania
nazista, e quindi gli italiani non hanno avuto occasione di coltivare nel
proprio animo i necessari anti-corpi come sono stati costretti a fare i
Tedeschi." Conosco la Germania, un paese che ha imparato molto dal suo passato e
dove le Istituzioni si discostano nettamente da ogni possibile deriva con una
educazione progressista, delle sanzioni chiare ed una politica di integrazione a
dir poco vincente. Dopo 20 anni in Italia mi chiedo ancora se vogliamo
percorrere questa strada. Lo domando ai politici …
Rimango convinto che la "non educazione" al rispetto dell'Altro ed il constante
promuovere sguardi introspettivi come Valori siano il miglior modo di spianare
la strada al razzismo e dunque si qualificano come comportamento razzista. Dopo
aver visto i quattro angoli del pianeta continuo a chiedermi perché soprattutto
in Italia c'è lo sforzo costante davanti ad un problema cruciale come quello che
stiamo trattando di eludere la questione stendendo la colpa al resto del Mondo
come per scagionarci con una scusa del tipo "anche in Francia Sarkozy se l'è
presa con gli zingari e come vedete lo fanno tutti… Quindi male comune mezzo
gaudio"? Non è onesto nei confronti dei figli che abbiamo da educare. In Italia
dovremmo definitivamente smettere di prestare ai malintenzionati la scusa
dell'ignoranza. No, in un Mondo dove nell'era di Internet, Facebook, Google, gli
Smartphone, L'I-pad e Skype i suoni, le immagini, le idee e le conoscenze
viaggiano di gran lunga più velocemente delle persone non gliela possiamo
passare! Casseri non era un ignorante ma un delinquente! Deve cessare quel
lassismo complice dei malintenzionati che ci trovano l'appiglio giusto a cui
ancorare le ridicoli giustificazioni a proposito d'un fatto umanistico che in
realtà li riporta indietro... L'alibi dell'ignoranza è l'eco perpetuo della
compiacenza in cui si cullano i pigri o gli svogliati per non risolvere i
problemi che minano la società. Nessuno può veramente sapere cosa hai nel cuore
e quindi per mettere d'accordo tutti non si dicono cose con connotati razziali
per stigmatizzare una comunità o offendere il rappresentante d'un gruppo etnico
punto e basta! Non si dice e siamo tutti d'accordo, tutti più tranquilli
altrimenti bisognerebbe inventare l'infrarosso per distinguere chi scherza da
chi offende. Chi ignora da chi vuole colpire... Ecco perché quel 19 Ottobre 2001
quando mi chiese se non stavo scambiando razzismo con l'ignoranza risposi a
Paolo Guzzanti: "Comunque non fa piacere" attirando la sua attenzione sul fatto
che in Italia spesso lo straniero sopporta e minimizza tanto sa che in un paese
dove i politici non fanno la loro parte è battaglia persa. Gli immigrati lo
coltivano con il passare delle generazioni: "in questo paese sai meglio tenersi
dentro alcune cose. Alcune verità danno fastidio e rischi di farti nemici. Se
vuoi andare avanti e trovare lavoro fa sempre il loro gioco e non avrai
problemi…" A dire il vero funziona e questo parlando di valori umani è molto
grave… Poveri figli nostri!
Viene a volte facile pensare che in determinati altri paesi c'è più razzismo ma
lasciamo agli altri i propri guai e pensiamo all'Italia. Poi comunque in quei
paesi dove periferie scoppiano rispetto all'Italia c'è una differenza di fondo:
l'Immigrato esiste; è una Entità; la legge lo sa e le decisioni politiche ne
tengono conto. Ragion per cui dai partiti impopolari o populisti che
ripropongono un passato a cui l'Europa progressista ha già fatto i funerali si
prendono le distanze pubblicamente e gli si induce a moderarsi dandogli una
battaglia senza tregua. Non è sicuro che all'estero un Calderoli può mettersi in
televisione e offendere i Neri per poi vedersi descritto il giorno dopo su tutti
i giornali (cosa già indecorosa per un paese) come uno a cui piace scherzare. In
quale altro paese immaginiamo Berlusconi ironizzare sul colore della pelle di
Obama definendolo "quello abbronzato"? E allora certo che il coro da stadio
contro un giocatore Nero è giustificato fosse esso Italiano come Ballotelli o
Ivoriano come Marc André Zoro che nel 2005 interruppe la partita Messina/Inter
indicandoci la strada maestra per cacciare i nostri scheletri dall'armadio:
educazione e tolleranza zero! L'Italia che un giorno sì e l'altro pure si
compiace di essere generosa e accogliente gioca troppo spesso con una altra
Italia che conosce ma protegge: l'Italia dove L'europarlamentare ungherese
Viktória Mohács riferendosi ai campi profughi e Rom, dopo un viaggio rivela di
aver assistito a violazioni dei diritti umani così gravi da non ricordare di
averle mai viste ne prima ne altrove. Raramente si dibatte sulle platee
televisive e negli ambienti politici dei lati oscuri della quotidiana
frustrazione dello straniero di fronte al razzismo che non si vuole dichiarare
tale (o non si deve). Beh forse lo si fa perché gli Italiani si sa sono
permalosi. Ciò non toglie niente al fatto che lo Stato che non lotta contro
l'Ignoranza opta per la non crescita e fa la scelta pericolosa di spianare la
strada al razzismo. A Bruxelles i politici Italiani sono noti per essere inclini
a far accendere le discussioni le più clamorose perché non si regolano con gli
scivoloni linguistici tinteggiati di razzismo. Come è possibile che uno vada in
televisione a vantarsi del fatto che nel suo ufficio troneggia orgogliosamente
il busto di Mussolini senza rischiare critiche? Come mai puoi scendere alla
stazione di Roma Termini la Capitale del Paese di Rita Levi Montalcini e
comprare a quattro soldi a bordo strada di tutto e di più alla gloria di
Mussolini e del ventennio fascista? Roba da far rabbrividire il comune dei
Tedeschi che da Hitler hanno preso le distanze. Perché a Roma si e a Berlino no?
Amnesty International ha rischiato questa risposta: Rinuncia politica di
risolvere un problema che si pensa scandalizzi solo gli stranieri. Rendiamoci
conto che la Germania che ha saldato i conti con il passato è stato il primo
paese in Europa a mettere a disposizione un "Numero Verde" per la lotta al
razzismo e il numero tutt'ora funziona. In quello italiano ti chiedono se ti sei
assicurato che chi ti ha insultato non stesse scherzando. Che figura facciamo?
Allora ben venga la marcia di Firenze contro il razzismo. Ben vengano le
manifestazioni a Milano e Napoli a sostegno della comunità senegalese e nel nome
della civiltà ma soprattutto come disse Il segretario del PD Bersani "bisogna
punire il terrorismo razzista e la politica che è politica non può non ripartire
da questo" parole che fanno eco alle dichiarazioni di Piero Fassino sindaco di
Torino che così reagì alla menzogna che ha scatenato l'odio contro i Rom: «È
assolutamente inaccettabile che si dia luogo a manifestazioni di linciaggio nei
confronti di persone estranee ai fatti per la sola ragione che sono cittadini
stranieri. Torino è una città civile che ha saputo sempre rispettare ogni
persona quale che sia il luogo in cui è nata, la lingua che parla, la religione
che pratica. È dovere della nostra comunità respingere chi vorrebbe precipitare
la vita della nostra città nell'intolleranza, nell'odio e nella violenza». E per
dirla con Andrea Mollica che pubblica su internet per conto del Giornalettismo:
"la lotta al razzismo non può non essere messa al primo posto di un'agenda
politica, sociale e culturale che da troppo tempo viene messa in disparte per
paura della reazione popolare, che sembra quasi venire giustificata…" E se cosi
è, sarà "purtroppo sempre troppo tardi per chiedere scusa agli stranieri, la
valvola di sfogo preferita per i nostri fallimenti." Gli stranieri dal canto
loro non hanno aspettato per suggerire come dare senso e valore alla loro
presenza in Italia. Lavorano e si integrano. È il caso di uno di quei Senegalesi
uccisi che voglio immaginare lungo le vie del Paradiso mentre parafrasa un
canzone che ha contribuito a far amare l'Italia nel Mondo: "Lasciatemi cantare
con la cartella in mano… Io sono un Italiano, un Italiano NERO!"
Di Fabrizio (del 21/01/2012 @ 09:44:17, in Italia, visitato 1495 volte)
Riceviamo e pubblichiamo l'appello di Luigino Beltrami, che segue da vicino le
vicende di alcune famiglie sinte di Brescia
A meno di un anno di distanza il Comune di Brescia, guidato dal vicesindaco
Rolfi, è tornato a mordere la fascia più debole della società bresciana.
Prima parte
Facciamo un passo indietro nel tempo: il 14 febbraio 2011, alle ore 19:30,
agenti del Comune staccarono la corrente del campo sinti di via Orzinuovi, quale
punizione collettiva perché le tre famiglie Terrenghi ivi residenti non avevano
rispettato l'ultimatum del Vicesindaco di mettersi ai margini della struttura
(vedi newsletter n°10 del 13 aprile 2011 – Storia recente dei sinti di Brescia
). L'ordine fu disatteso perché incomprensibile secondo ogni logica, ma anche e
soprattutto perché vi erano due bambini molto ammalati, bisognosi di cure da
effettuarsi con l'utilizzo di strumenti elettrici, cosa impossibile ai margini
del campo dove mancava la corrente.
Non appena il campo fu messo al buio, i due bambini si aggravarono a tal punto
che fu necessario il ricovero in ospedale. Poco dopo uno dei due piccoli è
morto.
La disperazione, la rabbia il senso pieno delle ingiustizie subite scatenarono
la protesta autolesionista dei sinti che incendiarono alcune delle proprie
roulotte sul ciglio della via Orzinuovi.
In seguito alle proteste e all'indignazione generale della cittadinanza, non
solo locale, la corrente venne ripristinata e i Terrenghi furono trasferiti
nelle baracche di via Borgosatollo, dove abitavano i rom kosovari che li
accolsero fraternamente. Tutto sembrava risolto per il meglio; per tutti salvo
che per il piccolo ammalato, morto alcuni giorni dopo il blackout. In merito a
questa vicenda la Procura ha in seguito aperto un fascicolo.
Seconda parte
Gennaio 2012. A quasi undici mesi dal loro trasferimento nel campo di via
Borgosatollo, le famiglie Terrenghi si sono ben inserite fra i rom kosovari,
tutto sembra scorrere senza problemi, fatte eccezioni le frequenti visite delle
Forze dell'ordine.
Ma alla vigilia dell'Epifania, gli agenti della giunta Paroli – Rolfi consegnano
a Manuelito Terrenghi la comunicazione di inizio di procedimento di
allontanamento dal campo per i fatti del febbraio 2011 (cioè per l'incendio di
protesta autolesionista delle proprie roulotte).
Per i sinti è un brutto ritorno a un passato che si pensava non ripetibile,
l'inizio di un nuovo incubo.
La decisone comunale coinvolge nuclei familiari numerosi e molti minori, tra cui
i sei figli di Manuelito e i quattro del fratello Joselito (di cui il più
piccolo, di soli tre anni, è affetto da stenosi all'aorta).
Vivian Clara, madre di Manuelito e Joselito, accudisce una nipote di 22 anni
sordomuta.
Anche altre famiglie abitanti nel campo di via Orzinuovi hanno ricevuto lo
stesso avviso di avvio delle procedure di espulsione.
Non è difficile immaginare quali saranno le conseguenze di queste espulsioni.
Per questo è importante che tutta la cittadinanza protesti contro questa azione
crudele e razzista della giunta Paroli – Rolfi.
L'invito è di telefonare, mandare fax ed e-mail ai principali responsabili di
questi fatti per manifestare il proprio sdegno e la propria volontà di agire per
opporsi a queste continue barbarie.
Cingeneyiz.org -
Asilo mobile per bambini zingari 17/01/2012
L'asilo mobile creato per informare i bambini zingari sulle attività
prescolari si muove per le strade del quartiere Ceyhan della città di Adana. Le
autorità dicono che questo è il primo passo. L'intenzione nelle prossime fasi è
di adoperare l'asilo mobile per registrare i bambini zingari alla scuola
materna, per creare interesse verso la prescuola.
L'asilo mobile per cui il quartiere Şahin Özbilen è stato scelto come
area pilota, data l'alta percentuale di popolazione zingara, intende creare un
collegamento tra bambini e scuola. L'asilo mobile opererà ogni settimana in una
strada differente.
Si dice che il primo motivo dei problemi educazionali dei bambini zingari è
che le loro famiglie non li mandano a scuola. Però questa non è l'unica ragione.
Comportamenti discriminatori e pregiudiziali da parte dei compagni di classe,
dei genitori e degli stessi insegnanti, potrebbero causare improvvisi abbandoni
scolastici da parte dei bambini zingari. Gli studiosi della questione,
sottolineano la necessità di superare i pregiudizi contro gli zingari, molto
comuni specialmente tra gli insegnanti, se si vuole aumentare il tasso di
accessibilità dei bambini all'istruzione. Dev'essere garantito che non ci sia
alcun tipo di comportamento discriminatorio a scuola, se davvero si vuole che
progetti come quello della scuola mobile abbiano davvero successo.
Di Fabrizio (del 20/01/2012 @ 09:13:15, in Italia, visitato 1759 volte)
Che qualcosa
stia cambiando? (segnalazione di Cosimo Palazzo)
(OMNIMILANO) Milano, 18 GEN - "Non è più tollerabile che ai cittadini stranieri
senza permesso di soggiorno, che non hanno una casa in cui ripararsi la notte,
venga impedita, nonostante le temperature sotto zero, l'accoglienza nelle
strutture organizzate dai Comuni e dal terzo settore.
Chiediamo al Governo di farsi carico di questa situazione, individuando
tempestivamente soluzioni normative che consentano agli Enti locali di
garantire, in questi giorni di temperature rigide, il diritto alla vita sia di
chi ha il permesso di soggiorno, sia di chi non lo ha. Continuare a girare lo
sguardo e non intervenire significa attendere ulteriori tragedie". Lo ha
dichiarato l'assessore alle Politiche sociali Pierfrancesco ajorino. "Capita
molto spesso - ha spiegato l'assessore - che i cittadini stranieri senza
permesso di soggiorno non si rivolgano ai centri di accoglienza per timore
dell'espulsione, e siano costretti a sfidare la sorte dormendo per strada. È una
situazione che limita gli sforzi del Comune e degli enti convenzionati che
intendono aiutare queste persone che rappresentano la parte più fragile della
società. Negli anni scorsi molte realtà del terzo settore, impegnate
nell'accoglienza dei senza fissa dimora, sono state costrette a ospitare
cittadini stranieri senza permesso chiudendo un occhio sulla loro condizione
giuridica. Questa situazione non è più tollerabile".
"Riteniamo moralmente e giuridicamente inaccettabile - ha aggiunto Majorino -
la discriminazione che nei fatti si opera tra chi è regolare e chi non lo è,
condizione che decide chi ha diritto a sopravvivere al freddo e chi no. Il
diritto alla vita non può essere condizionato da alcuna disposizione di legge.
Al contrario, è proprio la legge che deve garantire quel diritto".
Quest'anno per il Piano Antifreddo il Comune di Milano ha stanziato 1,2
milioni di euro mettendo a disposizione, direttamente o in convenzione con enti
del terzo settore, oltre 1.400 posti letto per i senza fissa dimora,
incrementando sensibilmente rispetto agli anni passati il numero dei posti
disponibili. Inoltre, da lunedå scorso ß stato creato in via Verziere, nel
centro della città, un Punto Caldo, dove volontari distribuiscono coperte e
bevande, eseguono controlli medici e trasferiscono chi lo desidera nel centro
della Protezione Civile di via Barzaghi 2.
Di Fabrizio (del 19/01/2012 @ 09:37:38, in Italia, visitato 1624 volte)
L'articolo che segue merita due parole di introduzione. Da almeno tre
mesi, la Gazzetta di Lucca denuncia lo scandalo degli sprechi di acqua
pubblica in un insediamento rom in città.
Durante tutto questo periodo, la testata sembra sia lo sola ad occuparsi
della vicenda, ritornandovi periodicamente con toni polemici sull'incapacità dei
politici, sui cittadini-contribuenti che pagano gli sprechi di tasca loro, sul fatto che il
giornale è l'unico a parlarne. Un mix di arroganza e vittimismo, in puro stile
italico, ma col merito indiscutibile di svolgere il ruolo di un giornale:
sollevare il problema ed insistere per la sua soluzione. Che poi la testata sia
di destra o sinistra (non
è difficile capirlo), non cambia il ruolo che gli compete.
I Rom, al
solito finiscono per essere il vaso di coccio della vicenda. Descritti (a volte
in maniera implicita, altre esplicitamente) come sporchi, ladri, inaffidabili...
insomma il solito campionario. Non mi risulta (ma potrei sbagliarmi) che in
tutto questo periodo la testata abbia intervistato uno di loro.
Ma in questo
caso, interviene la politica, per una volta intendendola nel senso esatto del
termine. Dopo che il giornale ha descritto puntualmente in questi mesi le varie
contrapposizioni e polemiche tra i soliti partiti, finalmente esce un pezzo più
sereno, quello che lo stesso giornale definisce un cambiamento
culturale.
Si tratta, in poche parole, del vecchio motto "ognuno faccia
la sua parte", quindi:
censisce i "bisogni necessari" e la possibilità degli
interessati nel contribuire alla spesa;
si individuano referenti di collegamento tra campo ed
amministrazione pubblica.
A questo punto cosa manca? Un ultimo passaggio, indispensabile:
sensibilizzare gli stessi abitanti del campo, e farli parte del
comitato di gestione. Non è che perché sono Rom smettono
di essere persone, con DIRITTI e DOVERI (anzi, soprattutto quando si parla di
diritti e doveri)!
mercoledì, 18 gennaio 2012, 00:26 -
di fabrizio vincenti
Forse qualcosa è davvero cambiato. Nella riunione di giunta di quest'oggi,
come anticipato dal nostro quotidiano, è stato infatti affrontato il tema delle
condizioni in cui versa il campo zingari di via delle Tagliate, che nelle scorse
settimane è finito al centro dell'attenzione prima per i consumi idrici, poi per
il generale stato di degrado e di insicurezza in cui versa.
La giunta ha infatti concordato di non procedere a spese di ripristino di quanto
devastato o malfunzionante (circa 78 mila in tempi stretti più altri 100 mila in
una seconda fase) sino a quando non sarà chiara la situazione del campo stesso.
Ovvero sarà definito un regolamento composto da diritti e doveri, sarà
individuato un gruppo di persone che fungano da collante con l'amministrazione
comunale anche sul tema dell'ordine all'interno del campo, saranno censiti i
bisogni di servizi primari (luce e acqua in primis) verificando la possibilità
che i singoli residenti delle piazzole possano o meno fare fronte alle spese con
i propri mezzi, saranno definite operazioni per contenere eventuali sprechi
nella fornitura dei servizi.
In pratica, dovrebbero essere messe in discussione pesantemente le linee che
hanno ispirato la politica nei confronti del campo, basata su un
assistenzialismo peloso e per niente rispettoso della dignità della persone e
dei soldi pubblici come testimoniano le cifre spese sinora e lo stato in cui
versa il campo. In verità, a quanto si apprende, qualche tentativo, soprattutto
da parte tecnica, di provare a procedere primariamente con le riparazioni
confidando di metter mano solo in un secondo momento a regolamenti e quant'altro
pare sia stato fatto. E del resto lo stesso direttore generale Volpi nei giorni
scorsi ha più volte cercato di ridurre la questione a una mera perdita di acqua
come se la situazione penosa del campo non esistesse, oppure esistesse talmente
da tanto tempo da fare ormai parte a pieno titolo della città.
Il tentativo, però, è andato a vuoto e la giunta ha chiesto precise garanzie ed
un percorso definito prima di far mettere mano, nuovamente, al portafoglio
comunale. Verrà costituito a breve un comitato che dovrà monitorare la
situazione, nel quale dovrebbero figurare sia politici che tecnici, e
individuata una o due persone che fungano da raccordo tra l'amministrazione e il
campo in primo luogo per la gestione ordinata dello stesso, una tema
colpevolmente abbandonato da anni. Il sindaco ha nella sostanza avallato la
linea di chi chiedeva un cambio di passo sulla questione zingari dopo anni e
anni di pietismo sterile. E se un passo anche culturale è stato indubbiamente
compiuto, la partita, però, non è conclusa: la giunta infatti non ha prodotto un
documento e dunque quanto dichiarato dovrà ora trovare riscontro negli atti e
nei comportamenti politici e amministrativi, sempre che qualcuno, dall'interno
nella macchina burocratica, non proceda in altra direzione. Non sarebbe la prima
volta.
LA NOSTRA SCUOLA - OUR SCHOOL
MONA NICOARĂ, MIRUNA COCA-COZMA
Stati Uniti – Svizzera – Romania / USA – Switzerland – Romania
2011, HD, col., 94'br />
v.o. rumena / Romanian o.v.
ANTEPRIMA ITALIANA - ITALIAN PREMIERE
Fotografia / Photography: Ovidiun Mărginean. Montaggio / Editing: Erin Casper.
Musica / Music: Sasha Gordon. Suono / Sound: Mona Nicoară, Miruna Coca-Cozma,
John M. Davis. Produzione / Produced by: Sat Mic Film. Coproduzione /
Co-produced by: Pipas Films.
Documentary Competition
Il film segue 3 bambini zingari che vivono in un paese rurale della Transilvania
e fanno parte di un progetto pilota sull'integrazione nelle scuole rumene, dove
vige ancora la segregazione. Alin, Benjamin e Dana partono per la scuola della
città, pieni di ottimismo per quello che potranno imparare e per le nuove
amicizie che nasceranno. Ottimismo che conservano anche quando i fondi destinati
all'integrazione vengono dirottati, in modo discutibile, nella costruzione di
una scuola per “soli zingari” e che comincia però a scemare quando i ragazzini
si scontrano con la sfiducia di chi li circonda e con un isolamento ancora
peggiore. L'artista di origini gitane e ucraine Eugene Hutz, fondatore dei Gogol
Bordello e sostenitore convinto dei diritti dei Rom, ha dato il proprio
contributo al film consentendo l'utilizzo del brano “Break the Spell”, contenuto
nell'album dei Gogol Bordello, Trans-Continental Hustle (2010, American
Recordings).
“Ho cominciato a lavorare al film nel 2005, spinta soprattutto dalla
frustrazione. A metà degli anni '90, quelli di noi che si occupavano dei diritti
dei Rom hanno cominciato a capire quanto fosse diffusa e cronica la
segregazione, soprattutto nell'Europa orientale … Il motivo per cui ho iniziato
il film è anche personale ed è il senso di colpa. In Romania, sono andata alle
elementari con i Rom. Li ho visti essere buttati fuori dopo elementari e medie o
semplicemente sparire dalle scuole superiori migliori, quelle che frequentavamo
io e i miei amici. Da adolescente, non mi sono mai chiesta perché questo
avvenisse. Al momento di cercare una scuola per i miei figli, avevo già
cominciato a lavorare come attivista dei diritti umani … Ho voluto tornare
indietro e capire dove abbiamo cominciato a sbagliare, e cosa dobbiamo fare di
diverso.” (M. Nicoară)
Roberto Durkovic è nato in Italia ma ha anche sangue praghese e questo spiega la
forte influenza mitteleuropea che contraddistingue la sua musica.
Da oltre 10 anni ha iniziato la collaborazione artistica con un gruppo di
musicisti tzigani incontrati nei vagoni della metropolitana di Milano.
Nei suoi concerti fonde armoniosamente raffinato cantautorato italiano e musiche
della tradizione tzigana con il suo gruppo “I fantasisti del metrò”.
Il viaggio artistico di Roberto Durkovic, madre italiana e padre cecoslovacco,
comincia così, dopo un incontro casuale e un po’ magico con un gruppetto di
rumeni. Il risultato è una musica che ha patrie diverse, o forse non ne ha
affatto, e la conferma arriva dall’ultimo lavoro: «Semplicemente vita»
(etichetta Storie di Note).
Preserata con proiezione del documentario Terra (E)strema a Radio-Aut.
Disclaimer - agg. 17/8/04 Potete
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