| Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
		
		
			Di Fabrizio  (del 06/09/2010 @ 09:47:18, in Italia , visitato 1677 volte)
		 
      
Regione.VdA.it - Data: 04/09/2010
 
 16:01 ROM:ITALIA,RICONOSCIMENTO MINORANZA PERMETTEREBBE AIUTI/ANSA
 IREF, ESSENZIALE L'ASSISTENZA SANITARIA E CAMPI PICCOLI
 (ANSA) - ROMA, 4 SET - Il riconoscimento dei rom, dei sinti e dei camminanti 
come minoranza storico-linguistica permetterebbe il censimento di queste 
popolazioni, l'elaborazione di un piano nazionale di intervento e fornirebbe gli 
strumenti legali di cui ha bisogno chi lavora con i rom per operare senza 
difficolta' di carattere legale e amministrativo. 
 A sostenerlo e' una ricerca dell'Iref, l'Istituto di ricerche educative e 
formative fondato nel 1968 dalle Acli, resa nota dal Dipartimento pari 
opportunita', nella giornata in cui sia a Roma che a Parigi si manifesta per 
difendere i diritti dei rom, contro gli sgomberi e i rimpatri forzati, ma anche 
per superare la logica dei campi.
 
 L'Iref fa notare come, alla piena attribuzione dei diritti civili e anagrafici, 
deve fare da contraltare la piena assunzione di doveri, da parte dei rom, nei 
confronti della societa'. Solo in tal modo si puo' arrivare ad avere una 
integrazione che non sia unilaterale ma che sia il prodotto di una interazione. 
In tal senso l'Iref porta l'esempio delle auto-costruzioni di Padova, alloggi 
che sono stati assegnati alle famiglie sinte dietro pagamento del canone 
d'affitto e delle utenze domestiche. Questi alloggi sono stati costruiti da 
imprese edili che hanno avuto tra i propri lavoratori alcuni degli stessi 
affittuari sinti, con capacita' professionali idonee supportate anche da un 
corso di formazione professionale precedente. I salari derivanti dal lavoro 
effettuato dagli operai zingari sono stati assorbiti dalla ditta che li ha 
scalati dal costo generale dell'appalto a titolo di contributo. L'importo dei 
salari non percepito e' stato infine defalcato dai canoni d'affitto mensili a 
titolo di scomputo. Ovviamente, chi non ha partecipato al progetto di 
auto-costruzione ha pagato per intero il canone.
 
 Altro punto fondamentale per l'integrazione e' l'assistenza sanitaria: 
l'intervento sanitario non puo' limitarsi ad uno screeening o ad una campagna di 
vaccinazione ma - secondo gli operatori dell'Ires - deve comprendere la 
promozione del diritto alla salute e l'utilizzo dei servizi sanitari di zona. E 
questo implica che si deve instaurare un rapporto di fiducia tra i rom e il 
personale sanitario.
 
 Infine i campi nomadi che devono essere piccoli e distribuiti in vari punti 
della citta' in modo da attenuare il loro impatto sulla popolazione residente. 
Infatti inserimenti con pochi nuclei familiari se da un lato rispettano la 
cultura rom della vita in famiglia allargata, al tempo stesso permettono un 
inserimento piu' efficace, dato il basso numero delle famiglie rom coinvolte.
 
 Un altro studio, sempre commissionato dal Dpo Unar - Ufficio Nazionale 
Antidiscriminazioni Razziali (Unar) del ministero delle Pari opportunita' - 
evidenzia come siano due i livelli di intervento: quelli di emergenza, che 
riguardano il controllo del territorio, la rimozione dei rifiuti, la 
disinfestazione e la derattizzazione, la vaccinazione dei bambini, lo 
smantellamento delle baracche e il risanamento delle aree costruendo casette in 
muratura e allestendo strutture che possano essere usate per il lavoro e il 
doposcuola; e gli interventi strutturali come l'attribuzione del medico di 
famiglia ad ogni nucleo rom, l'attivazione di corsi professionali (es. di 
artigianato o lavorazione del ferro) che rispondano alle specificita' del gruppo 
rom e infine il favorire forme di auto-imprenditorialita' degli zingari. (ANSA).
   
		
		
			Di Fabrizio  (del 06/09/2010 @ 09:33:46, in Italia , visitato 2144 volte)
		 
      
Il Manifesto - di Eleonora Martini "Maroni e Sarkozy istigano il razzismo contro rom e sinti"Radames Gabrielli, 55 anni, presidente della "Federazione Rom e Sinti insieme", 
tra i promotori della manifestazione di oggi a Roma, è un italiano sinto di 
Bolzano, con origini austriache nel Südtirol. Musicista di professione, muratore 
saltuariamente e in nero per necessità, vive da sempre in una roulotte, come i 
suoi figli e i suoi nipoti, e al contrario dei suoi fratelli e sorelle che 
vivono in case, da sempre.
 
 Quando nel 2008 a Cecina presentaste la vostra neonata Federazione che 
raggruppava 22 associazioni presenti in 12 regioni italiane, avevate grandi 
progetti e un obiettivo: recuperare un pieno protagonismo dei rom e sinti 
abbattendo lo stigma che ha trasformato un intero popolo in un "monumento 
moderno della segregazione" per usare le vostre parole. Presentaste allora un 
programma di lavoro articolato in 12 punti per battere razzismo e 
assistenzialismo. Quanta strada avete fatto da allora?
 Non molta, siamo ancora ai primi passi. Con la Lega Nord e il Pdl al 
governo, in realtà, invece di andare avanti siamo andati solo indietro perché 
abbiamo trovato solo porte chiuse, ostacoli e difficoltà. Due anni fa andammo da 
Fini che ci accolse con tante belle parole, e tanti "sì,sì", ma poi non ci ha 
più chiamato. E il razzismo invece di placarsi sta dilagando a vista d'occhio, 
propagandato com'è dal governo italiano.
 
 Maroni in Italia ma anche Sarkozy in Francia agiscono, secondo lei, 
inseguendo il razzismo dilagante nei rispettivi paesi o sono peggiori delle 
popolazioni che governano?
 Sono i politici che istigano le popolazioni per conquistare voti e potere, 
perché è rassicurante votare qualcuno che ti indica un capro espiatorio: gli 
"zingari" come colpevoli di tutto. Se a Livorno abbiamo visto tentativi di 
linciaggio di massa di due rom dopo una rissa, è perché Sarkozy e Maroni stanno 
istigando tutte le popolazioni europee.
 C'è una parola inflazionata che è "integrazione". "Impossibile", per 
alcuni, con gli usi e i costumi delle genti rom e sinte.Io preferisco infatti parlare di "interazione". La maggior parte di noi 
italiani rom e sinti lavora, solo che quasi tutti lo fanno in nero perché è 
praticamente impossibile trovare qualcuno disposto a fare un contratto a un rom 
o un sinto. Integrazione non significa annullare la nostra cultura, la lingua, 
la tradizione, i costumi, e infatti in tanti anni non ha mai funzionato.
 
 E allora, la vostra proposta sui campi?
 Devono essere smantellati e al loro posto devono sorgere micro aree 
familiari per chi vuole vivere in roulotte, e dare appartamenti agli altri. E 
invece Maroni fa un salto indietro concentrando tutti i rom e i sinti in campi 
grandissimi solo per poterli tenere sotto controllo. Ovviamente chi non è 
abituato a vivere in casa ha bisogno di essere accompagnato per imparare a 
limitare certe "libertà" eccessive per un condominio o in città. Nel nord Italia 
più che al sud, per fortuna, ci sono tantissimi sinti che oggi vivono in casa 
anche grazie all'aiuto dei vicini che li hanno capiti e li hanno seguiti nel 
processo di adeguamento.
 
 A Cecina, come in altri rendez-vous delle vostre associazioni, si è 
sottolineata però anche la necessità di lavorare all'interno delle popolazioni 
rom e sinte per sradicare la cultura dell'illegalità.
 I miei figli per certi versi vivono un razzismo più feroce di quello che ho 
vissuto io da bambino, quando avevamo le classi separate. Chi delinque deve 
essere punito personalmente, ma non ne può rispondere l'intera famiglia o 
l'intera etnia. Chi vive accerchiato nutre solo odio e non sente ragioni. Così 
non si costruiscono le condizioni per cambiare nulla.
   
		
		
			Di Fabrizio  (del 05/09/2010 @ 09:57:13, in Italia , visitato 2224 volte)
		 
      Ricevo da Roberto Malini FONDI UE ALL'ITALIA/ RICERCA ONG ‘EVERYONE': "DOVE SONO FINITI QUELLI PER 
L'INTEGRAZIONE DI ROM E MIGRANTI?" UN'ALTRA RICERCA DELL'ONG SUI NUMERI DEGLI SGOMBERI IN ITALIA DAL 2007 A OGGI 
E' STATA DEPOSITATA ALL'ONU E ALLA COMMISSIONE EUROPEA
 
 Milano, 30 agosto 2010. Dal 2007 al 2013, l'Unione europea ha predisposto uno 
stanziamento di 15 milioni 321 mila euro all'Italia* 
attraverso l'FSE - il Fondo Sociale Europeo -, principalmente per 
l'inclusione sociale dei soggetti svantaggiati. I Rom, in particolare, sono 
coinvolti come possibili partecipanti di una serie di iniziative che 
rappresentano per l'Italia - così come per gli altri Stati membri - almeno il 
27% del budget FSE complessivo. "Secondo quanto dichiarato dal ministro 
degli Affari Esteri Franco Frattini, subito dopo il suo insediamento 
nell'ultimo Governo Berlusconi, l'Italia avrebbe avuto accesso ai fondi europei 
per l'integrazione dei Rom per la prima volta, dato che né il Governo Prodi, né 
i precedenti Governi, mai avevano avanzato richieste in tal senso" spiega la 
Presidenza del Gruppo EveryOne, organizzazione internazionale per i diritti 
umani. "A integrare i fondi dell'FSE all'Italia, sempre per gli stessi fini, 
sarebbero anche alcune iniziative del progetto europeo EQUAL, che avrebbe 
aumentato consistentemente i budget stanziati da progetti regionali e su base 
nazionale. Ma non è tutto," proseguono gli attivisti, "perché oltre ai fondi 
europei per i Rom, risulta che il Governo abbia percepito negli ultimi tre 
anni consistenti somme anche per quanto concerne il progetto KNE, che 
dovrebbe 'garantire e migliorare i processi di integrazione e inclusione sociale 
delle persone migranti arrivate nel nostro paese da un periodo massimo di cinque 
anni'. Tale iniziativa - finanziata dal Ministero dell'Interno e dal FEI (Fondo 
Europeo per l'Integrazione di Cittadini di Paesi Terzi) - dovrebbe essere 
favorita tramite l'offerta di percorsi di formazione di lingua italiana, 
orientamento civico e formazione professionale dei migranti" precisa EveryOne, 
che ha condotto una ricerca specifica in merito. Secondo quanto affermato in una 
recente audizione alla Camera dei Deputati dal prefetto Mario Morcone, capo del 
Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione presso il Ministero 
dell'interno, l'Italia ha percepito inoltre un importo di 6 milioni 323 mila 
euro destinato a finanziare i rimpatri coattivi e volontari dei cittadini dei 
Paesi terzi per il 2010, di altri 6 milioni 223 mila euro destinati ai 
richiedenti asilo in Italia per il 2010 e di ulteriori 95 milioni di euro per il 
periodo 2007-2013 (di cui 6 milioni per il 2007, 8 milioni 500 mila per il 2008) 
destinati all'integrazione di cittadini terzi**. "Ci 
chiediamo" affermano Roberto Malini, Matteo Pegoraro e Dario Picciau, 
co-presidenti di EveryOne, "dove siano stati impiegati tutti questi soldi. 
Secondo le nostre stime, con budget del genere l'Italia in tre anni avrebbe 
potuto non solo risolvere definitivamente la problematica dei Rom, garantendo a 
tutti un progetto istruzione-casa-lavoro, ma altresì favorire la piena 
integrazione della totalità dei migranti extracomunitari bisognosi di protezione 
internazionale sbarcati nelle coste italiane dal gennaio 2010 a oggi. 
Sollecitiamo deputati e senatori italiani a chiedere al Ministro degli Esteri 
Frattini e al Ministro dell'Interno Maroni di riferire urgentemente in 
Parlamento sull'impiego di tali fondi e sui risultati dei progetti di 
integrazione, visto che, secondo una nostra ricerca - depositata alla 
Commissione europea e all'Ufficio dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite, nel 
corso di un nostro recente incontro a Ginevra - il Governo italiano e le 
Amministrazioni locali, dal 2007 a oggi, hanno impiegato ben 91 milioni 615 mila 
euro (oltre 83 mila euro al giorno!) per sgomberare insediamenti Rom di città 
medio-grandi, senza considerare i micro-insediamenti abusivi. Si tratta" 
commentano Malini, Pegoraro e Picciau, "di una cifra abnorme, che sommata al 
numero dei respingimenti e delle deportazioni dall'Italia di migranti in crisi 
umanitaria negli ultimi due anni induce gli esperti di immigrazione e diritti 
delle minoranze a formulare ed esprimere legittimi dubbi sull'operato delle 
nostre Istituzioni".
 Il Gruppo EveryOne ha infine richiesto oggi alla Commissione europea di 
aprire un'inchiesta nei confronti dell'Italia, per verificare se e come i 
fondi percepiti dal 2007 a oggi siano stati effettivamente impiegati per i fini 
cui erano destinati e, nel caso di errori o sprechi, di assumere le opportune 
misure atte a ristabilire procedure corrette nell'impiego di tali finanziamenti 
e, se necessario, di portare il caso all'attenzione della Corte europea. 
 * Fonte:
http://ec.europa.eu/employment_social/esf/docs/esf_roma_it.pdf
 ** Fonte:
http://www.camera.it/_dati/leg16/lavori/stenbic/30/2009/1110/s020.htm
 
 Per ulteriori informazioni:
 Gruppo EveryOne
 +39 393 4010237 :: +39 331 3585406 :: +39 334 3449180
 info@everyonegroup.com
 www.everyonegroup.com
   
		
		
			Di Fabrizio  (del 05/09/2010 @ 09:14:43, in casa , visitato 1747 volte)
		 
      
 VareseNotizie.it
GIOVEDÌ 02 SETTEMBRE 2010 17:27 VALERIA DESTE GALLARATE - I sinti sono fiduciosi: "Crediamo che il giudice che segue la 
questione si sia messo una mano al cuore e abbia deciso di prolungare i tempi 
per trovare una soluzione". Comunque andranno le cose, loro ribadiscono il 
concetto: "Noi da Gallarate non ce ne andiamo.
 Siamo residenti tutti in questa città e la maggior parte di noi è nata qui. 
Invece di spostarci dopo venti anni da via De Magri, per metterci qui, spendendo 
soldi, per un anno, potevano mandarci via subito". In realtà, i sinti 
"gallaratesi" sarebbero anche disposti a traslocare, "purché si decida per 
un'altra area a Gallarate: in quel caso saremmo disposti ad andare via in 
giornata, ma non all'interno di mura domestiche, moriremmo. Se, invece, 
l'intenzione è di spostarci in un altro comune, allora non ci stiamo. Piuttosto 
occupiamo abusivamente uno spazio. Non siamo pedine, ma persone. E' anche 
normale che un altro comune dica di no, perché dovrebbe farsi carico dei 
problemi di un vicino di casa?"
 
 "ABBIAMO DEMOLITO LE STRUTTURE ABUSIVE"
 I sinti del civico 50 si riferiscono ai vari muretti in mattoni realizzati in 
più zone dell'area attrezzata. Una volta che gli è stata fatta presente la situazione di abusivismo, li hanno smantellati. "Ciò che c'era d'abusivo non 
c'è più", dichiarano.
 
 "VENITE A VEDERE L'AREA ATTREZZATA"
 Questo è l'invito che lanciano a chiunque fosse scettico. "Questo non è un campo 
nomadi – continuano – è una vera e propria area attrezzata. Qui non c'è il 
rischio che qualcosa bruci, abbiamo tutti il salvavita. Abbiamo spostato le 
roulotte in modo da mantenere una distanza di sicurezza l'una dall'altra. Noi 
viviamo qui, ci teniamo alla sicurezza dei nostri figli. Non rubiamo e paghiamo 
per l'utilizzo della piazzola. Alcuni campi nomadi di Milano e Roma, che fanno 
tanta paura alla gente, fanno paura anche a noi: nemmeno noi ci entreremmo".
   
		
		
			Di Fabrizio  (del 04/09/2010 @ 09:51:39, in Europa , visitato 2267 volte)
		 
      Da
Nordic_Roma  Human Rights Europe Intervista a Miranda Vuolasranta (in foto, ndr), Direttore 
Esecutivo del Forum Nazionale Rom Finlandesi
 1. Descrivi il tuo lavoro? Lavoro per il Forum Nazionale Rom Finlandesi. Rappresenta i Rom per quanto 
riguarda i diritti umani, fondamentali e sociali. Ha un ruolo importante 
nell'aiutare le organizzazioni non governative nelle loro attività, rafforzare 
la cooperazione e la messa in rete. Sono anche la rappresentante finlandese e 
vice-presidente del Forum Europeo Rom e Viaggianti. 2. Come valuta il livello di discriminazione in Finlandia?
 Per 100 anni c'è stata cooperazione tra le autorità e i Rom, quando sono state 
fondate le prime organizzazioni rom ed abbiamo imparato come cooperare senza 
scosse, imparando dagli errori.
 Però, i Rom affrontano discriminazioni nella vita di tutti i giorni. Quasi il 
100% delle donne rom di Finlandia indossano il vestito tradizionale che 
distingue chiaramente i
Kale 
finnici (i Romanì che vivono in Finlandia e Svezia) dai non-Rom, e quindi la 
discriminazione è facile. Possono trovare difficoltà nell'accesso ai luoghi 
pubblici. I ristoranti non permettono loro di entrare o non sono servite. Queste 
situazioni sono molto comuni e sono soltanto la punta dell'iceberg di casi che 
portano a denuncia di un reato o ad un'inchiesta. 3. Quali sfide specifiche affrontano i Rom in Finlandia? Le sfide sono le stesse che ovunque in Europa - combattere l'antiziganismo e 
far crescere la coscienza dei Rom come minoranza storica e tradizionale in 
Finlandia. I Rom hanno il diritto alla loro lingua e cultura. Per legge, la 
lingua rom dovrebbe essere insegnata a scuola ai bambini rom, e i media 
dovrebbero essere obbligati a produrre informazione nella lingua rom, ma queste 
leggi non sono state finanziate o eseguite con chiarezza. 4. Quale tipo di sfide sorgono dalle differenze culturali tra Rom e 
non-Rom? Dopo l'indipendenza, la Finlandia ha puntato su una cultura omogenea senza 
diversità. La minoranza di lingua svedese è stata rispettata, mai bisogni 
linguistici delle minoranze rom e sami sono state affrontate solo negli anni '70 
e '80. Prima era proibito parlare romanes nei luoghi pubblici. Secondo 
l'Istituto di Ricerca per le Lingue di Finlandia, il romanes è a pericolo di 
sparizione se non vengono incrementate immediatamente le possibilità 
d'insegnamento e se ai bambini rom venga garantito il loro diritto a studiare 
nella loro madrelingua. 5. Come descriveresti le differenze tra le comunità rom in Finlandia e? 
(così nel testo originale ndr) L'antica comunità dei Kale finnici arrivò in Finlandia all'inizio del XVI 
secolo. Ce ne sono circa 10.000 in Finlandia e 3.000 - 4.000 in Svezia. Inoltre, 
c'è una comunità rom si stima di 500-1.000 persone dai paesi balcanici, 
soprattutto dal Kosovo. Queste comunità sono molto differenti. Dialetti, costumi 
e religione sono collegati al luogo d'origine. Molti Rom finnici sono evangelici 
luterani o seguono altre religioni evangeliche, mentre i Rom dei Balcani sono 
ortodossi o musulmani. Le similarità si possono trovare nei valori culturali o 
nelle norme etiche. 6. Cosa bisogna fare a livello nazionale per migliorare la situazione 
dei Rom? La Finlandia è stata esemplare in molte questioni ma per rimuovere la paura e 
il pregiudizio, occorre lavorare ancora per diffondere informazioni di base 
sulla lingua, cultura, religione e storia dei Rom. Sono state individuate azioni 
positive come lo sviluppo dell'istruzione, impiego e alloggio, ma soffrono di 
mancanza di risorse. 7. Come hanno risposto le organizzazioni culturali ed i gruppi politici 
alle sfide della diversità in Finlandia? Ci sono mete comuni, ma in pratica la sfida della diversità non si è ancora 
interiorizzata in Finlandia. I Finlandesi di lingua svedese ed il popolo Sami 
lavorano attivamente dentro le loro comunità, ma non c'è una rete che unisca le 
diversità. 8. Come sono riportate sui media le questioni rom in Finlandia? Era uso comune sottolineare l'origine etnica dei Rom coinvolti nelle storie, 
ma durante l'ultimo paio d'anni ci sono stati sviluppi positivi. 9. Che ruolo dovrebbero giocare i media nel promuovere la diversità in 
Finlandia? I media, l'Unione dei Giornalisti e il Parlamento dovrebbero assumere un 
punto di vista antirazzista, di uguaglianza e diversità. I media dovrebbero 
coprire differenti gruppi minoritari in pari misura e produrre più documentari e 
programmi educativi sulla cultura, storia, artigianato e musica rom. 10. Il Consiglio d'Europa come può assistere la lotta contro la 
discriminazione? Sono preoccupata del cambiamento dell'atteggiamento tra la gioventù. I Rom 
avevano stretti contatti con la gente che lavorava in campagna, ma nella società 
urbana, moderna, l'atteggiamento si è indurito ed è diminuita la tolleranza. La 
gente parla di diversità ma nella pratica l'intolleranza tra i giovani è 
cresciuta. Comunicano e passano il tempo solo con i loro simili, cosa che riduce 
la capacità di affrontare la diversità. Le famiglie, i genitori e le scuole 
dovrebbero dare attenzione all'indurimento degli atteggiamenti ed all'aumento 
dell'intolleranza. L'estremismo in Europa è la sfida più grande per la Campagna contro la 
Discriminazione. La campagna Dosta del Consiglio d'Europa, per esempio, ha avuto 
molto successo nel raggiungere il pubblico in generale.   
      Segnalazione di Giancarlo Ranaldi (nb. alcuni link sono in 
spagnolo) 
 El Pais - "Portiamo Sarkozy in tribunale" 
 "Il presidente dell'Unión Romaní Spagnola, sostenuto dall'Unión Romaní 
Internazionale, porterà Sarkozy in tribunale". Questa è l'intenzione dichiarata 
da Juan de Dios Ramirez, presidente dell'Unión 
Romaní Spagnola, il quale spiega perché e come la attueranno:
 "Per la prima volta nella storia del popolo gitano, smetteremo di lamentarci per 
agire con la stessa arma con la quale agisce la società dei "gadjè" (cosi 
come sono chiamati i non gitani dai gitani, equivalente della parola "payo" in 
spagnolo). Porteremo il presidente francese davanti al 
Tribunale di Giustizia 
dell'Unione Europea, in Lussemburgo". La decisione dell'associazione che 
rappresenta i gitani spagnoli arriva in risposta all'azione del governo 
francese, il quale 
sta rimpatriando centinaia di Rom (gitani dell'Europa 
dell'est), senza documenti, nei loro paesi d'origine.
 
 Ramirez sta preparando la documentazione da presentare in tribunale: "Il governo 
francese sta violando uno dei pilastri fondamentali della 
nuova Costituzione europea, approvata a Lisbona nel dicembre 2009, nella quale la difesa dei 
diritti umani e il rispetto per le minoranze costituiscono le fondamenta". Ramirez si riferisce all'articolo 1bis che dice quanto segue: "L'Unione si fonda 
sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, 
dell'uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, 
compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze".
 
 "La nuova Costituzione Europea ha - in quanto all'aspetto economico - poco 
potere, però comanda in materia di diritti umani, esattamente quello in cui sta 
fallendo la Francia. Adesso sto raccogliendo le testimonianze. Ne abbiamo molte, 
anche 
il Vaticano ha detto che si stanno violando i diritti fondamentali dei 
Rom" aggiunge il rappresentante dei gitani spagnoli.
 Juan de Dios è nato a Puerto Real (Cadice) nel 1942 e rappresenta una delle 
figure chiave del 
mondo 
Rom (gitano nella lingua romani). E' stato il primo 
gitano a entrare come deputato nel parlamento europeo nel 1986 e in Spagna, ha 
rappresentato il popolo gitano, nei primi parlamenti dopo il franchismo. La sua 
firma è stata apposta sotto la Costituzione spagnola.
 Da quando il presidente francese ha inasprito la sua politica contro i Rom, e ha 
sgomberato popolazioni e rimpatriato in Romania e Bulgaria molti di loro – il 
primo volo è partito 
lo scorso giovedì 19 agosto, e ce ne saranno altri entro la 
fine del mese – la sua voce è diventata una referenza per i Rom di tutta Europa. 
E' arrivato a dire che le azioni di Sarkozy sono cosi nocive al punto di 
trasformare Berlusconi , le cui
misure anti-Rom in Italia sollevarono un 
polverone, in benefattore. "Quello che sta succedendo in Francia è più 
pericoloso di quello che è successo in Italia, per tre motivi: Berlusconi ha 
agito condizionato dalla Lega Nord, il partito xenofobo dell'Italia del Nord, 
mentre Sarkozy non ha nessun partito di stampo fascista intorno a lui. Lui 
rappresenta la destra democratica, e quando l'attacco proviene da qualcuno che 
si presume democratico, fa molta paura. In secondo luogo, stiamo in un periodo 
di crisi, ed è molto più facile che il sentimento razzista contro le minoranze 
si propaghi. Il terzo motivo è che la Francia è di indole propensa alla difesa 
dei diritti umani. E' lo stato della rivoluzione francese del XVIII secolo, è il 
luogo in cui fu fatta la proclamazione solenne dei diritti universali dell'uomo. 
Una luce di uguaglianza, giustizia e libertà, e questo aumenta la gravità di 
quello che sta succedendo.
 Però il caso francese è particolare anche sotto un altro aspetto; per i gitani 
dell'Europa intera, i manush della Francia erano un modello di come un popolo di 
etnia gitana, possa integrarsi nella società, al punto che l'assimilazione dei 
Rom nello stato francese, si poteva sperare meno problematica: "Il nodo della 
questione non è vincolato né alla nazionalità di provenienza, né all'etnia alla 
quale si appartiene, ma invece alla condizione sociale. I gitani rumeni, 
dell'Albania e dei Balcani vivevano nel loro paese, in condizioni di 
analfabetismo e povertà tali, che stavano peggio di noi gitani spagnoli, prima 
del franchismo. E' normale che, da quando cadde la cortina di ferro e quindi 
loro si diressero verso i paesi occidentali, siano stati generati problematiche 
e rimbalzi nelle nostre società; però questo è dovuto alle loro condizioni 
sociali e non al fatto di essere gitani, ed è fondamentale capirlo."
 
 Alcuni mesi fa, in aprile, durante 
il secondo vertice della popolazione gitana 
celebrato a Cordova, fu fissato come obiettivo che la comunità Rom sia vista 
come parte della popolazione europea, senza mai più qualificativi. Un risultato 
che ci sembra molto lontano, dopo i mezzi adoperati da Sarkozy: "Stiamo lontani, 
ma meno di ieri. Per conseguire questa visione della "gitanità" , cioè che tutti 
i gitani sono uguali tra di loro, e poi con il resto della società, non devono 
mancare i presupposti. Ne segnalerei uno soltanto, quello più determinante: 
l'educazione. Quando un popolo come il nostro patisce un indice di analfabetismo 
vicino al 50%, tutta la negatività si spiega."
 
 Ramirez non lesina le critiche verso il proprio popolo, quando si tratta di 
valutare le ragioni per le quali le direttive e gli auspici degli organismi 
internazionali stanno così lontani di quello che succede negli stati 
dell'Unione Europea: " In molti casi la nostra mancanza di decisione gioca un 
ruolo fondamentale, una certa incapacità di assumere la responsabilità che ci 
tocca storicamente. Fintantoché noi Gitani non prendiamo coscienza che tocca a 
noi, essere protagonisti del nostro destino e lasciamo nelle mani di estranei 
l'amministrazione dei nostri interessi, finiremo per essere eternamente degli 
individui dipendenti dell'assistenzialismo dei nostri protettori gadjè".
 
 La Spagna rappresenta un'eccezione privilegiata. Per lo meno fino ad ora, nessun 
germoglio di razzismo istituzionale si è prodotto contro i Rom, mentre i gitani 
spagnoli sono integrati, benché avendo pagato un prezzo: " La maggioranza dei 
leader gitani del mondo intero, tengono gli occhi su di noi, che abbiamo pagato 
il prezzo più alto che possa pagare un popolo in cambio dell'integrazione: il 
deterioramento della nostra lingua, patrimonio comune di quattordici milioni di 
gitani in tutto il mondo, i quali possono capirsi senza alcuna difficoltà." Però 
questo non significa che l'integrazione debba passare tramite l'omologazione o 
tramite una forma di eccidio etnico-culturale: "Si potrebbe esporre più di una 
dottrina di sociologia e di antropologia culturale che sostengono che la 
convivenza è possibile, senza perdere i propri segni di identità. Però, 
lasciatemi dire una cosa: il modello si chiama Andalusia. Parlo da un punto di 
vista culturale, non di distribuzione o giustizia sociale. Potrebbe essere il 
modello di convivenza per tutti i gitani del mondo. Una comunità nella quale non 
si sa se sono gli andalusi "gitanizzati" o i gitani "andalusati".
 
 Per l'Unión Romaní i prossimi appuntamenti sono il 4 settembre, quando avrà 
luogo una manifestazione contro la politica antigitana di Sarkozy a Parigi, e il 
15 quando ci sarà una manifestazione prettamente gitana, nella capitale 
francese, gestita esclusivamente da Rom. Intanto Ramirez conta di avere tutto il 
necessario per presentare la sua richiesta al Tribunale di Giustizia dell'Unione 
Europea contro il governo francese.
 
La fotogalleria di Joaquín Eskilden sul popolo gitano pubblicata da El País 
settimanale   
		
		
			Di Fabrizio  (del 03/09/2010 @ 09:27:33, in casa , visitato 2105 volte)
		 
      Segnalazione da Sara Palli  PisaNotizie.it
 Oggi intorno all'ora di pranzo donne, uomini e bambini, hanno invaso il 
cortile delle case che devono da tempo essere assegnate. Poiché non tutti 
troveranno alloggio all'interno dei nuovi edifici, oggi sono arrivati due 
container destinati ai nuclei familiari che rimarranno esclusi. Le famiglie: 
"Quei container sono invivibili, chiediamo chiarimenti e risposte al Comune"
 Esplode la rabbia e la protesta delle famiglie che abitano al campo di Coltano. 
Per le decine di famiglie che aspettano da anni che siano assegnate loro le case 
costruite proprio accanto al campo, la goccia che ha fatto traboccare il vaso è 
stata la comparsa intorno all'ora di pranzo di due vecchi container della 
Protezione Civile, uno dei quali è stato posizionato all'interno del complesso 
delle costruzioni ormai da tempo completate.
 
 Infatti il numero di abitazioni che è stato costruito è inferiore rispetto al 
numero di famiglie che abitano nel campo, per cui questi primi container 
sarebbero destinati a coloro a cui non verrà assegnata la casa. Gli edifici di 
Coltano potranno ospitare 17 famiglie, ma i nuclei familiari presenti nel campo 
sono 23 e le abitazioni sono fatte di due o tre vani mentre nella maggior parte 
dei casi siamo di fronte a nuclei familiari molto numerosi.
 
 La mancanza di qualsiasi comunicazione preventiva di questa decisione ha fatto 
perdere la pazienza alle famiglie, che da anni attendono una sistemazione. Da 
qui la decisione di entrare per protesta all'interno dei cortili delle nuove 
abitazioni per chiedere chiarimenti all'amministrazione comunale, affinché si 
apra un confronto e per non essere rinchiusi in container che risultano essere 
anche peggiori delle baracche in cui oggi abitano le famiglie.
 
 La protesta è durate oltre tre ore. Sul posto è giunto in forze il personale 
della polizia municipale, della polizia e dei carabinieri. Si è aperto così un 
canale di comunicazione tra le famiglie e il capo della polizia municipale, 
dott. Massimo Bortoluzzi. Alla notizia che l'amministrazione comunale avrebbe 
discusso del problema, data dallo stesso Bortoluzzi alle mamme, ai papà e ai 
bambini che hanno "invaso" pacificamente il piazzale, la situazione si è 
sbloccata ed intorno alle 16 tutte le famiglie sono uscite dal cancello che 
delimita le nuove abitazioni.
 
 "Non vogliamo più essere presi in giro - afferma uno degli uomini che vive nel 
campo da oltre dieci anni - Si sapeva da tempo che non c'era il posto per tutti 
in quelle case ed ora senza che nessuno ci avesse mai detto nulla prima, 
arrivano dei container che sono delle trappole invivibili".
 
 "Sono mesi che aspettiamo - incalza una donna con il suo bimbo al collo - e 
ancora non si sa chi verrà fatto entrare e chi no. Noi non vogliamo vivere nei 
container ma nelle case come tutti. Lavoriamo, mandiamo i nostri figli a scuola, 
è una questione di giustizia".
 
 Con le famiglie era presente Padre Agostino Rota Martir: "Questo episodio 
conferma ancora una volta come le vittime siano i rom, che non vengono mai 
coinvolti ma devono solo subire le decisioni. Nessuno li aveva mai informati che 
alcune famiglie sarebbero state chiuse nei container. Il Comune deve gettare la 
maschera ed assumersi le sue responsabilità".
 
 Ad oggi, infatti, nonostante da mesi una commissione lavori ad hoc su questa 
questione, non è stato definito chi entrerà nelle abitazioni e quando le porte 
di queste case saranno aperte. Nel corso del 2010 l'apertura è già slittata più 
volte e non vi è ancora una data precisa.
 
 Le famiglie attendono quindi una risposta dal Comune: "Oggi siamo andati via - 
ci spiega uno degli abitanti del campo - perchè vogliamo chiarimenti. Se domani 
o dopodomani il Comune non ci spiegherà veramente cosa intende fare, 
riprenderemo la protesta, riaprendo questi cancelli".
 
 Uno dei container è così rimasto sul piazzale accanto alle case, l'altro invece 
è stato portato via. "Mi chiedo come non si capisca - afferma Padre Agostino - 
che portare accanto alle case dei container sia una scelta sbagliata, tanto più 
che una cosa simile non era mai stata annunciata. Serve un confronto, ma non 
sembra che l'amministrazione sino ad oggi sia stata di questo avviso".
 
 Ricevo inoltre da Agostino Rota Martir Ci avete rubato anche la festa! Mentre scrivo a pochi metri da qui, il villaggio Rom è cinturato da un 
ingente dispiegamento delle forze dell'ordine, venute per chi? Ce lo chiediamo 
in molti, per cercare di capire il motivo di tanta polizia... era evidente lo 
scopo di tenere a distanza i Rom per tutelare i "benefattori", asserragliati 
all'interno del villaggio, il cancello chiuso e sotto guardia che impedisce 
l'accesso ai Rom.
 E' l'esatta fotografia del Progetto Città Sottili: molti Rom fuori che gridano 
la loro rabbia, altri piangono disperati per le ferite inflitte all'animo, a 
volte con arroganza, tutti gli altri smarriti, increduli. All'interno gli 
operatori, assistenti sociali, dirigenti, responsabili... Un Progetto che 
esclude dei Rom e protegge i suoi "benefattori". E' il paradosso che si celebra 
in questa triste giornata, è la parodia del ridicolo vissuta alla luce del sole, 
senza alcun senso di vergogna: il villaggio Rom occupato dai "prepotenti", da 
coloro che molte volte si sono serviti dei Rom per inseguire i loro interessi e 
che non accettano di essere smascherati dai Rom stessi, ecco allora, fare mostra 
della loro arroganza e meschinità. Anche chi riceveva la consegna 
dell'appartamento, aveva stampato sul volto lo smarrimento e la paura.
 
 Ieri un gruppo di Rom, con le loro famiglie ormai stanchi di non avere una 
minima risposta alle loro domande, occupava il villaggio, impedendo di fatto 
l'accesso a due container: per chi sono questi container (uno fatiscente, senza 
porte e finestre, ammuffito...)? Volevano delle risposte, puntualmente negate 
dal responsabile Simone Conzani, così il gruppo, stanco del silenzio, esasperato 
dall'ennesimo rifiuto, messo in disparte, come fossero degli appestati, senza 
una plausibile ragione, decidono di occupare il villaggio e di chiudersi 
all'interno, bloccando di fatto i container fuori del villaggio.
 
 Dopo una trattativa in cui chiedevano garanzie per un dialogo con l'Assessore 
alle Politiche Sociali di Pisa, per essere coinvolti nelle decisioni riguardanti 
la loro vita e quella delle loro famiglie, ecco la risposta arrivare puntuale 
questa mattina: il dialogo è visto come una minaccia per il comune di Pisa, che 
finalmente accetta di togliersi la maschera che in questi anni abilmente ha 
utilizzato, e mostrare il suo vero volto: quello della forza e della prepotenza. 
Il dialogo visto come un istigazione, una minaccia, un intralcio, una perdita di 
tempo.
 
 Chi è il vero istigatore in tutta questa vicenda? Sono forse i Rom, 
l'Associazione Africa Insieme, il sottoscritto, chi chiede il rispetto verso le 
persone e i loro diritti? So solo e lo constato amaramente che quest'oggi il 
comune di Pisa di fatto "legalizza" un'ingiustizia! Lo ripeto ancora a distanza 
di qualche anno: "Le persone sono più importanti del progetto", ed oggi questa 
verità risulta sempre vera e quanto mai provocatoria: le forze dell'ordine 
impiegate a difesa del progetto contro persone che hanno pazientato per otto 
anni, che hanno avuto forse il torto di fidarsi di tante promesse.
 
 Il Comune di Pisa ci ha rubato la festa. Posso testimoniare che tutte le 
famiglie Rom del campo in questi ultimi anni attendevano con ansia e gioia 
l'apertura del villaggio, c'era chi risparmiava in vista di entrare nel nuovo 
alloggio, era un'attesa carica di timore ma anche di speranza. Poca fa, una 
donna del campo che ha avuto l'appartamento, mi disse con un po' di amaro in 
bocca: "Quando sono entrata nel villaggio mi tremavano le ginocchia dalla 
paura... (non certo a causa dei Rom, come qualcuno vorrebbe far credere!!) con 
tutti quei poliziotti attorno." Come leggere questo dispiegamento di forza, del 
tutto inutile, se come una prova di "cattiveria", con lo scopo di umiliare la 
dignità delle persone e come uno schiaffo all'integrazione?
 
 Quando la forza sostituisce il dialogo è un brutto segno, per tutti! E' un 
allarme da prendere in seria considerazione.
 
 A quest'ora, che i "benefattori" e le forze dell'ordine hanno lasciato il 
villaggio, i Rom finalmente possono distendere i sorrisi sui loro volti. Gli 
altri esclusi, nel vecchio campo discutono ancora sull' immediato futuro, le 
donne con le lacrime agli occhi stringono a sé i più piccoli, per 
tranquillizzarli e scacciare da loro cattivi incubi.
 
 Don Agostino Rota Martir
 
 Coltano, campo Rom, ai bordi del nuovo villaggio Rom – 2 Settembre 2010
   
		
		
			Di Fabrizio  (del 03/09/2010 @ 09:10:43, in Italia , visitato 1554 volte)
		 
      
Il Resto del Carlino - Oggi manifestazione contro le condizioni di vita 
nelle microaree, attesi in un centinaio. "Se non servirà andremo in piazza 
Grande"
 Modena, 1 settembre 2010. Un sit in dalle 10 alle 12 e 30 contro la 
realtà che si vive nelle microaree e "i mancati interventi del Comune". La 
comunità dei Sinti modenesi ha indetto per questa mattina una protesta in via 
Galaverna davanti alla sede dell'assessorato alle politiche sociali e 
abitative. Nella giornata di ieri alcuni rappresentati della comunità hanno 
informato la questura della manifestazione, alla quale dovrebbero prendere parte 
all'incirca un centinaio di residenti delle microaree. Il portavoce dei Sinti, 
Efrem Zanfretta, spiega che nel caso in cui l'amministrazione non prenderà dei 
provvedimenti, nel corso delle prossime settimane "daremo il via a un'altra 
manifestazione direttamente in piazza Grande per informare il sindaco Giorgio 
Pighi, che forse non è al corrente delle condizioni in cui viviamo a Modena: 
senza luce, senza assistenza e senza la possibilità di essere inseriti nel mondo 
del lavoro in una città dove siamo nati e viviamo ormai da anni".
 
 Partiamo dalla luce: "Ormai quasi tutte le microaree sono al buio da tre 
mesi — racconta Zanfretta —, le giornate stanno iniziando ad accorciarsi, i 
bambini tra poco vorrebbero cominciare ad andare a scuola. Non possiamo andare 
avanti così. Abbiamo anche provato a passare a un altro gestore per avere delle 
tariffe più convenienti dato che la maggior parte di noi non ha lavoro, ma Hera 
ci mette i bastoni tra le ruote. Hanno anche tentato di staccarci l'acqua. 
Credono che si possa vivere in questo modo?".
 
 L'occupazione è il punto centrale della protesta: "Abbiamo seguito tanti corsi 
e diverse borse di studio promossi dal Comune negli anni passati, ma non sono 
serviti a niente. Non riusciamo ad inserirci nel mondo del lavoro — continua 
Zanfretta —, tutte le associazioni, Caritas compresa, con l'inizio della crisi 
non ci aiutano più". Nel mirino l'assessore alle Politiche sociali Francesca 
Maletti: "Dopo gli incontri degli ultimi mesi — ci dice ancora il portavoce dei 
Sinti —, l'assessore aveva promesso degli interventi nelle microaree, nulla è 
successo. Tanti Sinti non hanno intenzione di mandare a scuola i loro figli a 
causa delle condizioni di vita, non si può davvero andare avanti così". Ieri 
sera all'interno della comunità si è tenuta una riunione nel corso della quale è 
stata decisa una lettera che verrà letta stamattina davanti alla sede 
dell'assessorato in via Galaverna.
 
 di FRANCESCO VECCHI
   
		
		
			Di Fabrizio  (del 02/09/2010 @ 09:28:34, in media , visitato 1687 volte)
		 
       Lettere al direttore 
 Spara e stermina una famiglia di rom
 Mattina di sangue e follia a Bratislava
 http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/esteri/201008articoli/58070girata.asp
 
 come mai da altre agenzie e TG il riferimento alle vittime rimane generico 
(ascoltando i TG si poteva pensare - e cosi' infatti pensavo - che l'uomo avesse 
sparato per strada - a caso - ... invece non è cosi'.
 Se i ROM anzichè vittime fossero stati attori del delitto, i "giornalisti" 
avrebbero sorvolato sulla etnia o l'avrebbero anzi enfatizzata?
 
 Anche cosi', scegliendo tra enfasi e silenzio, si lascia che si allarghi sempre 
piu' il solco del razzismo.
 Di questo passo i Rom, gli zingari, rischiano davvero di tornare, come già 
purtroppo furono, vittime non solo di povertà, pregiudizio e discriminazione ma 
anche di deliberata violenza e di tornare ad essere "utili capri espiatori" 
della crisi economico sociale e ormai culturale che sta stravolgendo il nostro 
volto.
 31-08-2010   
		
		
			Di Sucar Drom  (del 02/09/2010 @ 09:25:48, in blog , visitato 1796 volte)
		 
      
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settembre 2010, dalle ore 14.30, davanti alle ambasciate francesi...
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