| Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
		
		
			Di Fabrizio  (del 02/04/2011 @ 09:08:11, in Europa , visitato 1914 volte)
		 
      
Osservatorio Balcani e Caucaso Cornel Ban 25 marzo 2011
 
  Romania rurale - Adam Jones, Ph.D./flickr Negli anni passati, per molti romeni (provenienti soprattutto dalle zone 
rurali) l'emigrazione ha rappresentato un'occasione di riscatto economico e 
sociale. Oggi la crisi ha cambiato le prospettive, ma il ritorno in Romania non 
sembra una strada percorribile, e il futuro appare pieno di incognite "È davvero dura qui. Lavoriamo di più e siamo pagati di meno... turni di 
tredici e quattordici ore in lavori di ristrutturazione sono diventati la norma. 
Mio fratello ed io siamo fortunati a trovare ancora lavoro qua e là a Madrid. Ma 
penso che quest'estate non potremo permetterci di tornare a casa. È la prima 
volta in sette anni che non lo facciamo. Abbiamo sempre mantenuto le spese al 
minimo, abbiamo comprato il cibo più scadente e non abbiamo acquistato un'auto 
vistosa, anche quando i tempi erano migliori. Abbiamo risparmiato per costruire 
una casa in Romania e avere dei soldi per i tempi difficili. Ma adesso 
guadagniamo a malapena per un appartamento sovraffollato, il cibo e duecento 
euro al mese da spedire alla nostra famiglia in Romania". Miti logoriNicu Pop è sempre stato un inguaribile ottimista, ed è evidente che questa 
triste conversazione non è da lui. I suoi colleghi lo hanno sempre preso in giro 
per il ottimismo sconfinato. Ma la situazione, oggi, è abbastanza cupa da 
oscurare le aspettative anche dei più resistenti tra i lavoratori romeni 
impiegati nel settore edilizio spagnolo ed irlandese, un tempo in forte 
espansione. E con questi Paesi che scricchiolano sotto l'austerità fiscale e con 
i loro paesaggi urbani pieni di case vuote di recente costruzione, è chiaro che 
i posti di lavoro nell'edilizia, la nicchia di mercato di lavoro preferita dai 
lavoratori immigrati romeni, non torneranno mai più.
 "Per anni ho fatto gli straordinari, ed ero disposto a mettere le mani sul fuoco 
se il datore di lavoro lo avesse chiesto. Ora però tutto sta cadendo a pezzi, e 
non ho idea di cosa fare. Alcuni dicono che dovremmo andare altrove in Europa, 
ma i miei unici contatti sono a Dublino. E nemmeno lì c'è lavoro. Forse 
dovrebbero radunarci tutti e spedirci a casa, così non avremmo più illusioni sul 
fatto che qui contiamo qualcosa".
 I miti sulle ricompense del duro lavoro fisico sono crollati tra i romeni 
emigrati in questi anni, in gran parte giovani uomini provenienti da zone 
rurali, la cui unica esperienza lavorativa prima dell'emigrazione era stata la 
massacrante attività agricola in un villaggio della Transilvania o lunghi 
spostamenti per lavorare in fabbrica, spesso con turni duri e bassa 
retribuzione.
 Tuttavia, la diminuzione delle opportunità lavorative in Spagna ed Irlanda non 
ha provocato una massiccia emigrazione di ritorno verso la Romania. Al 
contrario, secondo le statistiche del governo di Bucarest, quasi mezzo milione 
di romeni ha presentato domanda e 140.000 hanno ottenuto un contratto di lavoro 
in Europa occidentale attraverso l'agenzia di collocamento governativa. Mentre 
Italia e Spagna sono state le destinazioni preferite durante l'ultimo decennio, 
nel 2010 la maggior parte di coloro che sono partiti hanno fatto ingresso nel 
mercato britannico e tedesco, con l'agricoltura ad assorbire la maggior parte 
dell'afflusso.
 Niente ritorno a casaPerché i romeni continuano a partire e perché gli immigrati disoccupati e 
sottoccupati non hanno fatto ritorno? In primo luogo, la maggioranza degli 
emigranti sono partiti da regioni rurali, dove si trovavano di fronte alla 
prospettiva di un'agricoltura di sussistenza, a sussidi di disoccupazione 
estremamente bassi ed a breve termine, con difficoltà d'accesso ai servizi 
pubblici e un'estrema scarsità di lavoro salariato. Per quanto possa essere 
difficile la vita nelle case popolari degli immigrati a Barcellona o Dublino, 
almeno ci sono i recenti ricordi del successo economico a cui gli immigrati 
possono attingere per mantenere la propria capacità di resistere durante la 
crisi.
 Oltretutto, in Europa occidentale gli immigrati possono restare a galla durante 
la crisi grazie ad una combinazione di livelli accettabili di sussidi di 
disoccupazione e un ottimo accesso all'assistenza sanitaria, elementi questi 
molto insoddisfacenti in Romania. Inoltre, decine di migliaia di famiglie di 
immigrati hanno bambini che sono nati nei Paesi di destinazione o sono andati a 
scuola lì.
 Per questi bambini la lingua romena è la lingua che parlano a casa con genitori 
e fratelli, magari in forma dialettale, piuttosto che la lingua della maggior 
parte delle loro attività quotidiane. Senza un'esposizione al sistema scolastico 
romeno, dove è insegnato il romeno standard, è probabile che questi bambini 
incontrerebbero difficoltà a scuola se fossero "riportati" al sistema 
d'istruzione romeno.
 Al contrario, pur essendo socialmente gratificante, la vita di villaggio in 
Romania offre poco in termini di speranza. Durante l'ultimo decennio, 
l'interazione tipica tra lavoratori emigranti e le loro comunità d'origine 
avvenuta durante le vacanze di agosto e alla fine di dicembre, quando i villaggi 
ritornano alla vita con gli emigranti che riempiono i pub, lavorano alla 
costruzione di grandi case e sfoggiano auto semi-nuove.
 Ritornare nello stesso posto a metà novembre o all'inizio di febbraio è una cosa 
diversa. Come dice scherzando Tabara Marin, un camionista licenziato che ha 
trascorso cinque mesi in disoccupazione in Spagna, "mia moglie ed io vivevamo in 
un'angusta casa popolare ad Almeria (Spagna), orari di lavoro pazzeschi e così 
via. Poi entrambi abbiamo perso il lavoro e non trovavamo nulla, non importa 
quanto cercassimo, e abbiamo anche pensato di superare i tempi duri, 
approfittando dei sussidi, e di tornare a vivere nel nostro villaggio natio. 
Dopo un mese, però, mi volevo suicidare...Fango sulle strade, età media sui 
settant'anni... Il miglior lavoro che puoi trovare è fare il contadino per un 
delinquente del posto, che paga sei euro al giorno. Quindi abbiamo deciso, 
ritorneremo in Spagna. Almeno lì possiamo sperare che la crisi passerà e che 
troveremo un lavoro, mentre qui, anche quando ritorneranno i tempi buoni, i 
lavori resteranno malpagati, l'ospedale sarà sempre un buco e la scuola 
continuerà a cadere a pezzi".
 Prospettive grigieFin dall'inizio della modernizzazione economica della Romania nel XIX 
secolo, l'industria e i servizi potevano contare su un esercito di manodopera a 
basso costo, proveniente dai villaggi. Questo è stato il caso soprattutto 
durante l'esperienza romena di sviluppo economico (neo)stalinista, quando la 
crescita a rotta di collo nell'industria ha lasciato nelle campagne quasi metà 
della popolazione.
 Durante gli ultimi dieci anni è stato il boom immobiliare dell'Europa 
meridionale e dell'Irlanda a beneficiare dell'afflusso di quasi due milioni di 
giovani romeni, la maggior parte dei quali proveniente dai villaggi, ma disposta 
a lavorare in cambio di salari bassi e munita di almeno dieci anni d'istruzione 
e di una certa esposizione alle competenze di formazione professionale.
 Adesso che la bolla immobiliare è scoppiata e il loro Paese d'origine offre loro 
ben poco, oltre a salari molto bassi e uno smantellamento sistematico dei 
diritti dei lavoratori, la più dinamica gioventù rurale della Romania affronta 
una lunga e scoraggiante traversata verso un'incertezza e precarietà ancora 
maggiori.
 Come dice Nicu Pop con un sorriso sarcastico, "dopo che i lavori e i sussidi di 
disoccupazione saranno finiti e quando saranno esauriti i nostri risparmi, non 
avremo altra scelta che tornare a casa, senza illusioni, e lavorare la terra, 
come i nostri nonni. Non è proprio quello che avevamo in mente in tutti questi 
anni, ma almeno mangeremo pomodori biologici e carne senza additivi chimici, 
cosa che nemmeno i ricchi di Madrid possono permettersi".
   
		
		
			Di Fabrizio  (del 01/04/2011 @ 14:20:30, in Regole , visitato 1741 volte)
		 
       Indispensabile iscriversi alla Lista elettorale aggiunta del Comune di 
residenza. Tempo fino al 4 aprile.
 
 01 aprile 2011 - Il 15 e il 16 maggio prossimo anche i cittadini comunitari 
residenti in Italia saranno chiamati alle urne in oltre 1300 Comuni per eleggere 
il Sindaco ed i consiglieri comunali.
 Per godere del diritto di voto è necessario iscriversi ad una Lista 
elettorale aggiunta presso il Comune di residenza entro il 4 aprile. La 
procedura è molto semplice: basta recarsi presso l'Ufficio elettorale comunale e 
riempire il modulo precompilato appositamente realizzato o, laddove l'Ufficio ne 
fosse sprovvisto, formulare una richiesta su carta semplice in cui vanno 
indicati i dati personali, la cittadinanza, l'attuale residenza e l'indirizzo 
nello Stato di origine. Il Comune, fatte le opportune verifiche, iscriverà il 
richiedente nell'apposita lista aggiunta e gli invierà la tessera elettorale, 
documento da conservare con cura per esercitare il diritto di voto in occasione 
di ogni elezione al quale il cittadino comunitario potrà partecipare. L'iscrizione alle liste aggiunte resta valida fino ad eventuale richiesta di 
cancellazione da parte dell'interessato, oppure fino a che non intervenga una 
cancellazione d'ufficio a seguito di trasferimento dell'elettore in un altro 
Comune di residenza oppure di perdita dei diritto di voto. I Comuni cercheranno di tutelare il diritto di voto anche dei "ritardatari" 
ossia coloro che si iscriveranno alla Lista dopo il 4 aprile. Per i cittadini comunitari che invece intendono candidarsi come consiglieri 
comunali le date da tenere a mente sono il 15 e il 16 aprile: in questi giorni, 
all'atto del deposito della lista dei candidati, oltre alla documentazione 
richiesta per i cittadini italiani va aggiunta una dichiarazione contenente 
l'indicazione della cittadinanza, dell'attuale residenza e dell'indirizzo nello 
Stato di origine nonché un attestato in data non inferiore a tre mesi 
dell'autorità amministrativa competente dello Stato membro di origine, dal quale 
risulti che l'interessato non è decaduto dal diritto di eleggibilità. Da tenere bene presente che i cittadini comunitari non possono candidarsi 
alla carica di Sindaco. (Maria Rita Porceddu)   
		
		
			Di Daniele  (del 01/04/2011 @ 09:48:19, in Europa , visitato 2102 volte)
		 
      Da
Slovak_Roma  Includendo tutte le donne. By Jens Wandel 
 L'8 marzo di quest'anno abbiamo festeggiato i 100 anni dell'avvocatura per la 
parità dei diritti delle donne. E tuttavia resta ancora molto da fare per 
realizzare i pieni diritti di parità delle donne. Questo è particolarmente vero 
per le donne dei gruppi di minoranza.
 
 In tutta Europa, le donne rom sono tra le popolazioni più svantaggiate.
 
 In media, una donna rom in Slovacchia si stima che muoia 17 anni prima di una 
donna non rom, le ragazze rom hanno il doppio di probabilità di avere figli 
prima del loro 20° anno di età a dispetto delle ragazze non-rom, e quindi le 
donne rom hanno meno probabilità di completare la loro formazione. Hanno meno 
possibilità di imparare a leggere e più probabilità di essere disoccupate 
rispetto alle donne non rom ed agli uomini rom.
 
 Sostenere l'istruzione per le ragazze e le donne rom è un investimento saggio. 
Studi sullo sviluppo di tutto il mondo, mostrano che l'investimento nel 
benessere e nell'educazione delle ragazze e delle donne, ha un impatto positivo 
non solo sulla loro propria vita, ma anche sulle generazioni future. Fornire le 
competenze e promuovere l'istruzione delle ragazze, porta a tassi più elevati di 
occupazione e di reddito, e minore mortalità materna ed infantile.
 
 Lívia Járóka, membro ungherese del parlamento europeo – e una donna rom – ha 
detto che è stato il rifiuto dei suoi genitori di metterla in una classe 
separata, uno dei motivi per cui è riuscita nella vita. (http://www.womenlobby.org/spip.php?article1174)
 
 Il "decennio dell'integrazione rom" in corso, è impegnato con successo in 
numerosi paesi europei ad adottare misure per migliorare la condizione dei rom 
nei loro paesi. Questa primavera, la commissione europea dovrebbe proporre una 
nuova – e molto necessaria – strategia per l'inclusione dei rom.
 
 Il prossimo rapporto regionale UNDP per lo sviluppo umano dal titolo Al di là 
della transizione: Verso le società inclusive focalizzate nell'inclusione 
sociale. Esso rileva che un terzo della popolazione della regione è esclusa 
dalla società ed introduce un modo pratico per misurare il livello in cui le 
persone sono escluse dalla vita economica, dai servizi sociali, dalla reti 
sociali e dalla partecipazione civica.
 
 Il provvedimento fornisce ai responsabili politici le prove di cui hanno 
bisogno per rispondere alle esigenze dei cittadini. Esso può essere suddiviso in 
modo che i responsabili politici possono vedere come l'esclusione appare nel 
loro paese, dov'è geograficamente ed in quale misura si riferisce all'esclusione 
economica o di altri fattori spesso trascurati, quali l'accesso alle reti ed hai 
servizi sociali.
 
 I sostenitore del rapporto per le politiche di inclusione si regolano nel 
contesto di sviluppo locale, come le esigenze specifiche delle donne rom.
 
 È indispensabile prendere in considerazione le esperienze delle donne rom quando 
si tratta di strategie politiche che mirano ad affrontare le sfide per le 
comunità rom.
 
 Fare in modo che i rom siano inclusi nella società è estremamente collegato alle 
questioni di parità tra i sessi e richiede un dialogo con le donne rom.
 
 Per esempio, una donna rom può esitare prima di riferire di una violenza 
domestica – può pensare che la violenza domestica discrediti la sua famiglia e 
rafforzi gli stereotipi negativi.
 
 Le esigenze specifiche delle donne rom devono essere riconosciute ed accolte o 
le iniziative di integrazione possono portare ad un ulteriore marginalizzazione.
 
 La diversità è un motivo per festeggiare ed è un motivo ingiustificabile per le 
persone di essere lasciati indietro.
 
 Inclusione non significa assimilazione. Significa parità di accesso alle risorse 
e alle opportunità, come l'istruzione o l'assistenza sanitaria. Significa avere 
una voce nella società.
 
 In occasione della Giornata Internazionale della Donna, siamo con le donne rom e 
riconosciamo che tutti noi abbiamo bisogno di contribuire a trovare modi 
efficaci per includere le donne rom nella società.
 
 Jens Wandel è vice direttore dell'ufficio regionale dell'UNDP (United Nations Development Programme ndr.) e direttore del 
centro regionale di Bratislava UNDP
   
		
		
			Di Fabrizio  (del 01/04/2011 @ 09:35:48, in Italia , visitato 1990 volte)
		 
      
 
 venerdì 8 aprile · 16.00 - 19.00
 Palazzo Frascara, Piazza della Pilotta 4, Roma
 
 Venerdì 8 aprile 2011 si celebra la Giornata Internazionale dei Rom. Per 
l'occasione l'Associazione 21 luglio è lieta di invitarvi alla Tavola Rotonda 
dal titolo "Dove abitano i diritti umani? I rom e il diritto a un alloggio 
adeguato", organizzato insieme ad Amnesty International, che si terrà a partire 
dalle ore 16.00 presso la Facoltà di Scienze Sociali della Pontificia Università 
Gregoriana (Palazzo Frascara, Piazza della Pilotta 4, Roma).
 
 Interverranno:
 - Jezerca Tigani, Segretariato Internazionale di Amnesty International;
 - Carlo Stasolla, Associazione 21 luglio;
 - Marco Brazzoduro, docente di Politica Sociale presso l'Università La Sapienza 
di Roma;
 - Roberto De Angelis, docente di Sociologia Urbana presso l’Università La 
Sapienza;
 - Francesco Careri, ricercatore di Architettura presso l'Università di Roma 
"Roma Tre";
 - lldiko Orsos, esperta in Pedagogia Sociale dell'Associazione 21 luglio.
 
 A conclusione della Tavola Rotonda, sarà proiettato il film-documentario "Io, 
la mia famiglia rom e Woody Allen", il documentario italiano più premiato 
nel 2010, in cui la giovane regista Laura Halilovic, racconta, attraverso 
l'occhio suggestivo della telecamera, i momenti cruciali del passaggio dalla sua 
vita in un campo rom a quella in una casa in un quartiere popolare della 
periferia di Torino.
 
 Vi aspettiamo numerosi per confrontarci insieme sulla questione del diritto a un 
alloggio adeguato per il popolo romanì e per combattere quel pregiudizio diffuso 
secondo cui i rom vorrebbero vivere nei campi e non in case "normali".
 
 L'appuntamento su Facebook
   
      Segnalazione di Marco Brazzoduro Edizioni Corsare (Perugia - corsare@iol.it 
- tel:075 584 7055 )hanno appena pubblicato
 
 "Chi ha paura di Cappuccetto Rosso?"
 di Eva Ciuk
 prefazioni di Eva Rizzin e Livio Sossi
 
 un libro, un DVD e molto di più...
 un cortometraggio con cartone animato sui rom e ashkali del Kosovo,
 le fotografie con cui si auto-presentano i bambini rom e sinti del Friuli 
Venezia Giulia,
 la descrizione dei laboratori che abbiamo proposto nelle scuole nell'ambito del 
progetto “Chi ha paura di Cappuccetto Rosso?”,
 le domande e gli interrogativi dei bambini sul tema proposto e le risposte che 
abbiamo dato,
 la Convenzione sui diritti dell'infanzia dell'Unicef, TROOL-Tutti i ragazzi ora 
on line...
 
 …sono i contenuti del percorso di educazione alla multiculturalità e conoscenza 
dei popoli rom e sinti
 proposto in collaborazione con
 l'UNICEF di Trieste e
 OsservAzione - centro di studi e ricerca contro la discriminazione dei Rom e dei 
Sinti in Italia (Firenze)
 
 ... il materiale contenuto è adatto ai bambini, ai genitori,
 ma soprattutto agli insegnanti e agli educatori che si occupano di 
multiculturalità.
 
 Attraverso itinerari come quello proposto da Chi ha paura di cappuccetto 
rosso? i bambini entreranno in possesso degli strumenti per interrompere il 
circolo vizioso del pregiudizio, per guardare all’altro come un risorsa da 
scoprire e conoscere e scacciare quindi il “lupo cattivo” attraverso l’arma 
della conoscenza.
 Eva Rizzin
 
 Si tratta di un’operazione di attualizzazione: la fiaba perraultiana viene 
ambientata nel campo degli sfollati interni di Plementina in Kosovo, ai nostri 
giorni. Così diventa strumento di conoscenza e di lettura della realtà. “Le 
fiabe – scrive Italo Calvino - sono vere.
 Sono (…) una spiegazione generale della vita”. Così racconta la vita.
 Livio Sossi
 
 Perché serve un progetto come quello descritto nel volume "Chi ha paura di 
Cappuccetto Rosso?"?
 Negli ultimi anni in Italia abbiamo assistito ad un drammatico incremento di 
intolleranza e di odio nei confronti delle comunità rom e sinti. L'ordinarietà 
del pensiero razzista è stata legittimata soprattutto da un'informazione che non 
avendo saputo condannare certe dichiarazioni discriminatorie di alcuni 
personaggi pubblici ha contribuito a diffondere luoghi comuni e pregiudizi su 
cui si fonda l'intolleranza.
 Da queste riflessioni nasce l'idea di offrire ai bambini, ma forse anche agli 
adulti, una fiaba che li aiuta a riflettere, a conoscere i propri coetanei e a 
confrontarsi con il mondo e con il diverso, perchè la varietà del mondo è una 
ricchezza e non una realtà che minaccia il nostro modo di vivere o il nostro 
"benessere".
 Ho chiesto ai bambini rom e ashkali del campo sfollati di Plementine/a in Kosovo 
di raccontarsi, di far conoscere il loro mondo, le loro fiabe tradizionali, le 
loro canzoni, filastrocche e giochi ai bambini che vivono nel mio paese. Loro 
invece mi hanno raccontato la fiaba di Cappuccetto Rosso.
 Il cortometraggio è parte del progetto educazione alla multiculturalità dal 
titolo “Chi ha paura di Cappuccetto Rosso? – Siamo tutti bambini” che verrà 
proposto e presentato nelle scuole primarie. Si tratta di una forma di 
comunicazione a misura di bambino che si propone di stimolare l’analisi, la 
curiosità e l’accettazione della diversità ed il confronto tra contesti, culture 
e modi di vivere l’infanzia diversi.
 Eva Ciuk
   
      
 A Milano, il rom serbo Jovica Jovic insegna musica a domicilio. di 
Michela Dell'Amico
 Ore 17, lezione di fisarmonica. Il maestro? Arriva a domicilio, con la sua 
'fisa' a bottoni e un grande sorriso. Jovica Jovic è un rom serbo, musicista di 
fama internazionale, ma sempre appeso al permesso di soggiorno. Salvato 
dall'espulsione, un anno fa, grazie alla passione per la musica del ministro 
dell’Interno, Roberto Maroni (e a causa di un'ernia da curare). Insegna nelle 
case di Milano con il metodo 'a orecchio', quello che lui apprese dal nonno, e 
porta con sé le sue storia di vita rom.GLI SGOMBERI. Vita da nomade suo malgrado, fatta di sgomberi come per tutti gli 
altri: la sua abitazione, nel campo di accoglienza di Rho, è stata abbattuta 
dalle ruspe. Distrutta anche la piccola chiesa (di cemento e mattoni) che aveva 
costruito con il figlio, benedetta dal parroco ortodosso come da quello 
cattolico, ma non dalla politica di Milano. Da circa un anno vive in affitto a Parabiago (a pochi chilometri dalla città), con la sua numerosa famiglia, anche 
se riuscire a sopravvivere è una scommessa che si ripresenta ogni mese.
 APRIRE A UN NOMADE. «Dopo averlo conosciuto» ricorda Cristina Simen, zia di uno 
degli allievi di Jovica «ho visitato la sua famiglia nel campo e mi si è aperto 
un mondo». Ma come si apre la porta di casa a un nomade? «Non abbiamo avuto 
dubbi» risponde decisa nonna Paola «siamo rimasti commossi dall’umanità e dalla 
semplicità di questo popolo che, in fondo, non ha nulla di diverso da noi».
 Il progetto: una scuola per insegnare musica 
 Jovica insegna a suonare la fisarmonica a domicilio: un progetto di successo 
 Jovica aspetta di veder realizzato il suo sogno, la promessa del ministro 
Maroni: una scuola tutta per sé, per insegnare a bambini, anziani e disabili. 
Intanto, con l’aiuto della sua amica (anche lei allieva) Cristina Simen, gira 
per le case dei suoi allievi milanesi: perché «chi suona non pensa mai male», 
garantisce, ma anzi, sviluppa le capacità del cervello.
 I MUZIKANTI. «Ognuno di noi ha un nodo nella testa, perché muovere le dita delle 
due mani nello stesso gesto è facile, ma muoverle ognuna per conto proprio è 
difficile» spiega Jovica «suonando si scioglie questo nodo, si impara il ritmo e 
il movimento del corpo, si fa anche ginnastica. Preferisco lavorare con chi non 
sa nulla di musica, con chi impugna per la prima volta la 'fisa' e magari la 
impugna al contrario. È infatti troppa la soddisfazione nel vederli poi suonare: 
quel che serve è solo l'1% di talento e 99% di lavoro». Jovica vive da 40 anni 
in Italia, suona ai matrimoni di mezza Europa da quando ne aveva 13, e poi 
insieme alla sua band 
I Muzikanti, o con artisti come Moni Ovadia, Piero Pelù e 
Dario Fo. Ha partecipato a eventi simbolo per la città di Milano, suonando per 
anni al binario 21, nel giorno della memoria della Shoah. Eppure la sua 
permanenza in Italia resta sempre appesa a un filo.
 Una vita da nomade e il desiderio di cittadinanza 
 Jovica Jovic è un rom serbo: è in Italia per la passione della musica 
di Roberto Maroni 
 Nato a Belgrado nel 1952 in una famiglia di musicisti, Jovica ha imparato a 
suonare ascoltando il nonno, «morto a 106 anni con il violino in mano», ricorda 
sorridendo. Poi ha vissuto in Austria e in Germania, infine è arrivato in 
Italia. Nel 1971 nella fabbrica Dallapè di Stradella costruiscono su misura per 
lui una fisarmonica speciale: un pezzo unico, costato otto mesi di lavoro.
 PROBLEMA DOCUMENTI. «Oggi queste fabbriche sono chiuse, nessuno suona e nessuno 
insegna. È un vero peccato per uno strumento che l’Italia esportava nel mondo», 
dice con rammarico. Nel 2007, in viaggio per il funerale del padre, Jovica viene 
bloccato all’aeroporto di Roma e, a causa di un visto non rinnovato, è rinchiuso 
in un Cie (Centro di identificazione ed espulsione). Da allora inizia a 
escogitare soluzioni per restare in regola con i documenti, l’ultima volta 
concessi da Maroni per motivi di salute: è in lista d’attesa per operare 
un’ernia e ha seri problemi di cuore. «Vorrei la cittadinanza» spiega «magari 
per meriti artistici».
 I rom? «Seminateci bene», dice Jovica, «perché noi daremo buoni frutti. Ci sono 
rom che in altri Paesi sono l’orgoglio della nazione, che si integrano e 
lavorano al meglio. Ma di loro non se ne parla. Si vedono sempre e solo 
sgomberi, furti, degrado. Chiediamo documenti, in modo da poter affittare una 
casa o comprare una macchina, avere un’assicurazione. Tutte cose che 
porterebbero soldi alla società e una vita migliore a noi. I rom sono un libro 
che resta chiuso: nessuno ci conosce, ma quando succede spesso l’incontro è 
destinato a durare»
 L'ALLIEVA CRISTINA. Come quello avvenuto per caso con Cristina: «Ho preso un 
volantino per strada» ricorda «perché ero incuriosita dalla possibilità di 
imparare a suonare la fisarmonica, e così ci siamo conosciuti. Alla fine ho 
incontrato la sua famiglia, e lui la mia. E l'idea delle lezioni a domicilio, da 
dove nasce? «È un progetto che stiamo portando avanti insieme. Vorremmo trovare 
fondi per aprire una scuola di musica per bambini, magari anche stranieri, rom e 
disagiati. Coinvolgere nello studio bimbi che altrimenti non potrebbero 
permetterselo e magari salvarli dalla strada».
 Il video Sabato, 26 Marzo 2011   
      
 Napoli Magazine Sabato 2 aprile 2011, dalle ore 22, al Tinghel Tanghel (Via Telesino 25 – 
Materdei) gli 'O Rom presentano in anteprima il loro primo lavoro discografico: 
"Vacanze Romanes". Il titolo, sarcastico è dedicato a tutti coloro i quali 
ancora credono che i popoli Rom e Sinti vivano nei campi perchè amano fare 
"campeggio". Il Contributo al concerto è di 5€.
 Il disco, prodotto da Carmine D'Aniello e Carlo Licenziato e arrangiato dallo 
stesso D'Aniello insieme a Carmine Guarracino, contiene diversi brani in lingua 
romanes e mira, anche a dimostrare come i popoli rom sappiano adeguarsi alle 
culture, musicali in particolare, dei luoghi in cui trovano. Un pò come accade a 
Riace per la tarantella dei S.Cosimo e Damiano (protettori dei popoli nomadi).
 'O Rom è una gypsy band italo-rumena, nata nel 2008, che propone uno spettacolo 
brillante e dal ritmo travolgente, un vero e proprio viaggio attraverso le 
suggestioni della musica Rom, Balcanica e popolare dell’Italia del Sud.
 Lo scopo del gruppo è anche quello di avvicinare le persone ai popoli Rom e 
Sinti, comunemente chiamati “Zingari”, e alla loro cultura, per sfatare quei 
luoghi comuni che anni di persecuzioni gli hanno cucito addosso.
 ‘O Rom nasce anche grazie all’esperienza con il gruppo Balkanjia del chitarrista 
e arrangiatore Carmine Guarracino e si ispira ad artisti del calibro di Adnan 
Hozic, Saban Bairamovic, Taraf De Haidouks, Mostar Sevdah Reunion, ed anche Manu 
Chao, Police e Buena Vista Social Club.
 'O Rom:Carmine D'Aniello - voce, chitarra acustica, tammorre
 Carmine Guarracino – chitarre
 Ilie Pepica – violino
 Ion Tita - fisarmonica
 Ilie Zbanghiu - contrabbasso
 Amedeo Della Rocca – percussioni
 
 http://www.orom.it
 http://www.facebook.com/#!/pages/o-Rom/51231308837
 L’associazione culturale tInG(h)El TaNg(h)eL opera nel campo delle arti visive e 
corporee dal 2000. Propone corsi e progetti che possano mirare a favorire 
attraverso tutte le forme d’arte lo sviluppo della creatività e 
dell’espressività.
 Direzione Artistica Tinghel Tanghel: Tiziana Verdoscia
 info&prenotazioni: 328 4753405 – events@tinghel.org - 
www.tinghel.org
 
 ass. cult. tInG(h)El TaNg(H)eL
 via A. Telesino, 25 (materdei) - Napoli
   
		
		
			Di Fabrizio  (del 30/03/2011 @ 09:18:38, in scuola , visitato 1983 volte)
		 
      Segnalazione di Alberto Maria Melis e Maria Gabriella De 
Luca  
 Lamezia Terme – 25 marzo 2011 - Il maestro Isabella replica alle 
affermazioni del procuratore Vitiello. Si sente chiamato in causa per alcune 
affermazioni del procuratore Vitiello in merito al ruolo della scuola 
nell'integrazione dei rom nella società ed è per questo che il maestro Fiore 
Isabella, che ospita nella sua classe due bimbi di etnia rom, ha voluto replicare 
su queste dichiarazioni: «Ho letto le disposizioni della Procura della 
Repubblica inerenti al sequestro preventivo del campo rom di Scordovillo – 
afferma il maestro – e, da uomo di scuola, mi soffermo, sull'affermazione "la 
scuola che potrebbe rappresentare la via maestra per l'integrazione non fa il 
suo ingresso nel mondo dei rom e il campo rom, di converso, diventa ancor più la 
palestra per l'addestramento al crimine delle nuove generazioni". Rispetto a 
tale categorica valutazione del ruolo della scuola, mi permetto di nutrire 
qualche perplessità pur non pretendendo coerenza pedagogica da un dispositivo 
emesso da un giudice che non è né Maria Montessori né don Lorenzo Milani».«Tuttavia 
l'affermazione è perentoria – continua Isabella – e, in quanto tale, merita una 
riflessione critica, partendo dall'auspicio che la scuola pubblica, al netto dei 
tagli governativi che ne riducono drasticamente le risorse, continui ad essere 
la via maestra per l'integrazione dei rom rompendo il recinto che li segrega e 
favorendo la loro accoglienza nelle classi, come cittadini destinatari di 
diritti e non come disturbatori della quiete. Ogni mattina, grazie a quei 
mediatori sociali che li prelevano all'interno del campo e li portano a scuola, 
mi onoro di accogliere nella mia classe due piccoli sorridenti concittadini rom 
che stanno imparando a leggere e a scrivere».- Aggiunge il maestro – «E se si 
sono aperti al sorriso non è perché, d'incanto, le "rattizzate" baracche si sono 
trasformate in comode regge e i motocarri dissestati in carrozze dorate, ma 
perché hanno potuto fruire della sensibilità di quegli educatori che hanno 
ritenuto che fosse importante tenere la porta dell'aula semiaperta perché 
superassero qualche claustrofobia o, con la scusa di andare al bagno, godessero, 
anche per un attimo, dello spazio liberatorio di un accogliente corridoio. Ed 
oggi, dopo mesi di paziente e graduale esercizio di adattamento dei propri 
specifici bisogni alle regole dello stare insieme, si può affermare, senza 
alcuna possibilità di essere smentiti, che il più efficace antidoto 
all'addestramento al crimine, all'interno di un campo recintato, risiede 
nell'abbattimento del pregiudizio e nel superamento dell'indifferenza. In questa 
direzione, c'è ancora tanto da fare a partire dalla consapevolezza che il 
sequestro del "campo" non esorcizza le palestre di addestramento al crimine se 
il futuro di questi nostri concittadini rom non si lega in modo indissolubile 
alla prospettiva di un'educazione che sia ricorrente e permanente, come 
dimostrano le positive, anche se ancora episodiche, esperienze nella scuola 
dell'obbligo, nei centri scolastici territoriali e l'incessante opera di 
mediazione culturale e sociale delle associazioni di volontariato».
   
      Segnalazione di Tommaso Vitale  GITANISTAN IL NUOVO DISCO DE MASCARIMIRI' - 
Mascarimi.com
 Dopo un lungo periodo in cui abbiamo "festeggiato" il decimo anno di attività 
con la realizzazione del film documentario "Mascarimirì 10 anni la Storia", da 
sempre impegnati nel riscrivere la tradizione musicale locale, torniamo con "Gitanistan".Un lavoro -questo- che parte da una ricerca personale (considerando le origini 
ROM mie e di mio fratello Cosimo) ma anche culturale e artistica, votata a 
scoprire le famiglie ROM salentine, i loro usi, costumi, linguaggi e modi di 
vita. Alla base di tutto questo, come collante ed elemento vivo e determinato, 
c'è la musica, da sempre caratteristica fondante dei fratelli Giagnotti.
 Nello specifico, il progetto "Gitanistan" nasce nel Maggio 2009 quando, sotto la 
spinta dell'amico Antonio De Marco, si dà inizio a una serie di attività di 
ricerca sul campo per capire come siano cambiati gli usi e i costumi di queste 
famiglie. Attraverso interviste audio, filmati girati tra fiere e mercati, 
racconti intimi, si traccia quello che poi diventerà Gitanistan, un 
film/documentario volto ad indagare l'aspetto storico, antropologico e musicale 
delle famiglie ROM salentine.
 
 TRACKLIST
 Balkanicapizzicata
 Bourrée De Lu ‘N Tunucciu
 Nilo "Pizzica De Mare"
 Farandola De Muro Leccese
 A Uce
 Rimittana "Pizzica Niura"
 Nnu Venia
 Gitanistan
 La Furtuna
 L'ira (Pizzica Pizzica)
 Zumpa Chiricu A San Franciscu
 Mascarimirì_Scola
 Tradizional Pizzica Pizzica
 Cecilia
 Tammurriata
 All'arraa Nene'
 Gitanistan Remix Feat Ai Ai Ai
 
 Prodotto da Claudio "Cavallo" Giagnotti e Dilinò
 
 Musiche originali di Claudio "Cavallo" Giagnotti, Alessio Amato
 Testi Claudio "Cavallo" Giagnotti , Cosimo Giagnotti
 
 Mascarimiri:
 Claudio "Cavallo" Giagnotti: Voce, Tamburreddhu, Percussioni, Fiati, 
Programmazioni
 Cosimo Giagnotti: Voce, Tamburreddhu,
 Vito Giannone: Voce, Mandolino Elettrico, Tres Cubano
 Alessio Amato: Chitarra Elettrica, Piano, Programmazioni
 
 SUONANO E CANTANO IN GITANISTAN:
 Louis Pastorelli, Vincent Calassi, Jérôme Fantino "Nux Vomica" Voci in Farandola 
de Muro Leccese
 Djè Balèti "Gigi De Nissa" Espina (strumento a corde tipico della città di 
Nizza) in Farandola de Muro Leccese
 Manu Théron "Lo Còr De la Plana" Voce in A uce
 Arnaud Fromont "D'aquí Dub" Voce e Clarinetto in Bourrée de lu Ntunucciu
 Sam Karpienia Voce in Gitanistan
 Jagdish Kinnoo "Jagdish et Kreol Konexyon" Voce in Gitanistan e Bourrée de lu 
Ntunucciu
 Giuseppe Turco "Salento Son" Chitarra in Gitanistan
 Dario Stefanizzi "Nudo Al Cubo" Clarinetto in Bourrée De lu Ntunucciu
 Simone Stefanizzi "Nudo Al Cubo" Tromba in Balkanica Tarantolata
 Luigi de Pauli "Crifiu" Chitarra acustica e Bouzouki irlandese in Cecilia
 Anna Cinzia Villani "Uce de Fimmina" in Nu Venia
 Alessandro Rizzello "Il Prof." in Mascarimiri scola
 
 GITANISTAN | REMIX Feat Ai Ai Ai'
 Additional Catalan lyrics by Pep Lladó
 Remix by Pep Lladó and Ai Ai Ai
 Vox, ‘ventilador' and ‘palmas' by Rafalito Salazar, David Torras and 
Pep Lladó
 
 Un ringraziamento particolare a:
 Pantaleo Colazzo Fisarmonica in Tradizional Pizzica Pizzica e Cecilia
 
 Il termine Gitanistan è stato pensato da Lucio Montinaro
 
 Registrato nei mesi Gennaio – Febbraio 2011
 Presso Essenza Studio Spongano – Lecce
 Tecnico di ripresa: Fabrizio Giannone, Alessandro Rizzello
 Mixato da: Claudio "Cavallo" Giagnotti, Alessio Amato, Fabrizio Giannone
 Mastering: Salvatore Giannotta
 Progetto Grafico: Progetty Design Studio
 Foto: Emanuele Spano
 
 DISTRIBUZIONE ANIMA MUNDI
WWW.SUONIDALMONDO.COM
   
		
		
			Di Fabrizio  (del 29/03/2011 @ 09:47:26, in Italia , visitato 1962 volte)
		 
      Segnalazione di Stojanovic Vojislav Uno sgombero forzato non è mai la soluzione a un problema: è esso stesso un 
problema. Lo sgombero disperde e disgrega le famiglie, lo sgombero costa: in 
termini economici – perché si devono mobilitare uomini e mezzi – e soprattutto 
in termini umani e sociali. Rifiutiamo la politica degli sgomberi ciechi – tanto amata e tanto 
strumentalizzata (specie in campagna elettorale e in questi giorni) da 
alcune forze politiche – siamo per una soluzione condivisa e partecipata al 
problema abitativo dei Rom. Di qui la proposta di un tavolo per risolvere la 
questione abitativa in maniera non emergenziale e non semplicemente "spostando 
il problema" in qualche altra area della città
 
 L’ovvia ed elementare pratica igienica di bruciare le immondizie per tenere 
lontani i topi o di accendere fuochi per riscaldarsi è vista da taluni come 
elementi di ulteriore degrado. I fumi: certamente da condannare ma è altrettanto 
criminale chi per aggirare la spesa sui rifiuti speciali consente ciò.
 A questo si aggiunge lo sciacallaggio di molti che utilizzano da anni 
impunemente la zona come discarica abusiva e che seguitano tuttora a rovesciare 
rifiuti, amianto e macerie nell’area Scordovillo – rifiuti che vengono poi 
ovviamente ingenerosamente addebitati alla comunità Rom.
 Per noi, abituati a vivere in solide abitazioni, meglio se di proprietà, con 
reddito certo, è facile sentenziare su come e dove dovrebbero vivere gli altri, 
i diversi, "quelli che non sono come noi". E per accentuare la distanza fra noi 
e loro li etichettiamo come zingari, rom, extracomunitari.
 Una volta etichettati, diventano altro da noi (dove altro significa inferiore): 
ne consegue che possiamo pensare noi cosa è meglio per loro.
 "La strumentalizzazione della popolazione rom e la generalizzazione dei fatti 
negativi hanno raggiunto livelli inaccettabili di pregiudizi e di 
discriminazione razziale, il reato è personale, mai di etnia, La cancellazione 
(come qualche politico grida) di un programma politico d’integrazione culturale 
con la minoranza rom è un vantaggio per l’illegalità".
 E per dirla come F. Ciattoni (coordinatore regionale dei giovani Udc - Abruzzo):
 "Se usciamo dai luoghi comuni, radicati nei secoli, che mossi dall’istinto ci 
portano a puntare il dito contro il diverso, possiamo compiere il lungimirante 
passo di riconoscere la diversità come qualcosa che arricchisce la comunità e il 
nostro territorio. Vanno risolte le problematiche di degrado ed emarginazione 
che spingono alla devianza: vanno rafforzati gli sforzi per la scolarizzazione 
dei bambini, vanno offerte possibilità concrete di inserimento degli adulti nel 
tessuto sociale ed economico".
 Esistono alternative possibili. La principale resta, naturalmente, quella di 
mettere in campo politiche e fondi per garantire a tutti il diritto all'abitare.
 Tali politiche dovranno superare gli attuali "campi nomadi" – luoghi di 
segregazione e di limitazione delle libertà fondamentali – e in generale tutte 
le forme di marginalità abitativa.
 Ma anche quando queste politiche non siano immediatamente praticabili, si 
possono cercare e trovare soluzioni provvisorie, concordate con i diretti 
interessati, che non producano emarginazione. Si tratta soprattutto di non 
inseguire il senso di allarme, spesso diffuso da irresponsabili, e di 
individuare percorsi concreti e partecipati di governo del fenomeno.
 Chiediamo che si apra, finalmente, un tavolo di discussione che coinvolga le 
associazioni, ma soprattutto la comunità interessata, impegnandoci a lavorare 
insieme, tutti, per ottenere questi obiettivi.
 Vogliamo lavorare anzitutto perché si apra un dialogo con l’amministrazione con 
gli enti locali e con enti preposti alla politica della casa: perché per noi il 
dialogo e la ricerca di soluzioni condivise sono uno strumento imprescindibile 
per ottenere risultati concreti; e perché riteniamo che in larga parte il 
problema debba essere affrontato a livello politico, con decisioni e con lo 
stanziamento di risorse idonee ad affrontare il problema.
 Ai partiti, ai consiglieri e alle consigliere Comunali, agli uomini e alle donne 
impegnate nelle istituzioni o nelle forze politiche, chiediamo di adoperarsi 
nelle rispettive sedi affinché questi obiettivi possano diventare politiche 
concrete.
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