| Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
		
		
			Di Fabrizio  (del 19/06/2012 @ 09:14:17, in casa , visitato 1995 volte)
		 
      Segnalazione di Mary Obrien Un introduzione, magari non necessaria: di Dale Farm negli anni scorsi
 
ne ho 
scritto molto e la storia la conoscete. Uno dei motivi del 
brutale 
sgombero di massa dell'autunno scorso fu che i Traveller avevano costruito in 
quella che viene definita la fascia verde di 
rispetto 
 Questo è l'ingresso di Dale Farm che accoglieva i visitatori l'estate 
scorsa 
 Così si presenta oggi. Senza parole. 
(foto thisistotalessex.co.uk) Anzi no, la mente corre a qualcosa visto a 
gennaio 2011, stavolta alle porte di casa. E
anche a questo. 
 
 
Total Essex - A Dale Farm paura per i rifiuti tossici - 
14 giugno 2012  Billericay Gazette Volpi, ratti, escrementi umani e rifiuti scaricati illegalmente sono 
ammassati presso la ex dimora di centinaia di Traveller. 
 Circa otto mesi fa, dopo che il consiglio di Basildon aveva liquidato Dale 
Farm in un'operazione costata all'autorità 4,8 milioni di sterline, un attivista 
traveller afferma che lo stesso consiglio potrebbe essere costretto a 
riasfaltare quanto distrutto dagli esecutori dello sgombero l'ottobre scorso. Sostiene che sono stati rinvenuti rifiuti tossici nel sito di Crays Hill - 
incluso asbesto - che sarebbe stato depositato in maniera illegale "almeno dagli 
anni '70 sino al 1994". 
 E' noto l'uso in precedenza all'insediamento di Dale Farm come 
sfasciacarrozze, meno si sa su come venisse adoperato per gettare i rifiuti. All'ex proprietario dell'area, Ray Bocking, è stata notificata nel 1994 dal 
consiglio di Basildon una sanzione per l'uso dell'area come discarica. Dopo le contestazioni di Bocking, in un rapporto del 1994, l'Ispettorato 
della Pianificazione notava che l'angolo occidentale di Dale Farm era usato per 
"stoccare ed eliminare rifiuti metallici..." Si dice che i 100.000 metri cubi di rifiuti sono stati depositati dal 
consiglio di Dale Farm. In seguito l'area venne livellata e ricoperta dal consiglio nel 1995, in 
quello che Bocking definisce un tentativo di  "distruggere le prove". Dopo aver scavato sino a due metri e mezzo di profondità, all'indomani dello 
sgombero, si dice siano state rinvenute sostanze esposte, tra cui amianto. Secondo l'attivista traveller Stuart Hardwicke Carruthers, l'Agenzia per 
l'Ambiente dovrebbe individuare il terreno contaminato, perché i Traveller 
rivolgano un'azione legale contro l'amministrazione. Dice Carruthers: "[Durante lo sgombero] il consiglio è venuto sul nostro 
terreno a nome degli zingari. "Se agli zingari fosse stato detto di ricoprire [con l'asfalto] i rifiuti, 
potrebbero citare in giudizio il consiglio, per l'uso da loro fatto del sito, 
dopo aver chiesto esattamente l'opposto." Carruthers ha scritto all'Agenzia per l'Ambiente richiedendo un piano di 
chiusura del sito per "terreno contaminato da discarica non regolamentare 
ristabilta dal consiglio distrettuale di Basildon." Parlando alla Billericay Gazette, dice Carruthers: "Una volta che una 
discarica è all'aperto, occorre il permesso dell'Agenzia dell'Ambiente per 
coprirla." L'agenzia ha confermato che sta analizzando i rapporti sulla contaminazione a 
Dale Farm. "Il problema di Tony Ball [leader del consiglio] è che una discarica svaluta 
la proprietà peggio che avere un sito zingaro," dice Carruthers. "Tutti hanno interesse nella causa, perché chiunque viva ad Oak Road ha visto 
dimezzati i prezzi delle case, avendo una discarica comunale in fondo al 
giardino, ma senza nessuna licenza edilizia." 
 La casa di
Len Gridley su Oak Road confina con Dale Farm. Il cinquantatreenne sta citando 
in giudizio il consiglio per la svalutazione della sua proprietà. 
 Gridley, che ha installato trappole per topi attorno alla sua casa, per 
fronteggiare un'esplosione di parassiti dopo lo sgombero, dice: "Nessuno metterà 
in vendita la sua casa ad Oak Road, per la semplice ragione che perderebbe  
i suoi soldi. Siamo condannati a restare qui." "Il consiglio mi ha messo in questa prigione, questa è la ragione per cui 
intendo combatterli in tribunale." Attorno all'ex sito sono abbondanti immondizia abbandonata ed escrementi 
umani, perche i Traveller sulla strada non hanno servizi igienici adeguati. 
 Escrementi 
 
 Durante lo sgombero sono andati distrutti anche bagni e fognature. Questo ha 
portato un'evidente esplosione di ratti, topi e malattie tra la popolazione 
traveller. 
 28 milioni di sterline, e gli sgomberati all'inizio dell'inverno sono 
tornati alle loro piazzole distrutte, piazzandosi a i margini della strada 
 
 La foto è tratta da 
http://alefarm.files.wordpress.com/2011/09/ariel-scrape-yard-df001.jpg Mostra com'era il terreno di Dale Farm, prima che i Travellers lo acquistassero 
e bonificassero: una discarica.
   
      
 (foto da Il Giorno.it) sabato 23 giugno 2012, alle 15,00,al CAM Garibaldi - Corso Garibaldi 27/A 
angolo Via G. Strehler, 2 (già Via degli Angioli) a Milano - Ingresso libero e 
gratuito
 
 POESIE DAL CARCERE "NEL MARE 
DELL’INDIFFERENZA", Edizione 2012, organizzata dall'Associazione La Conta, con 
il contributo ed in collaborazione con il Consiglio di Zona 1 del Comune di 
Milano.
 
 In particolare parteciperanno all’incontro: alcuni DETENUTI del laboratorio di 
poesia del carcere di Bollate che presenteranno le loro più belle e 
significative poesie, ANNA MARIA CARPI e MADDALENA CAPALBI - poetesse che 
coordinano detto laboratorio di poesia, che ci parleranno del loro lavoro in 
carcere. Interverranno altresì: DIANA BATTAGGIA – direttrice della Casa Editrice 
"La vita felice" e GERARDO MASTRULLO – Editore de "La vita felice" che ci 
parleranno delle sinergie che si realizzano tra il carcere e la società civile.
 Concluderà l’incontro GEORGE MOLDOVEANU - Violinista - che presenterà una 
selezione dei più bei brani tradizionali per violino tratti dal repertorio dei 
Paesi dell’Est Europa. Durante la conferenza verranno esposti alcuni disegni, 
francobolli ed opere d’arte in vetro realizzate dai detenuti nei laboratori 
artigianali del Carcere di Bollate, a cura di Santo Tucci.
 Vi saremo grati se vorrete dare diffusione elettronica all'iniziata di cui sopra 
e/o diffondere la stessa tra le persone che ne possono esservi interessate. Vi 
ringraziamo in anticipo.
   
		
		
			Di Fabrizio  (del 20/06/2012 @ 09:38:30, in Europa , visitato 1681 volte)
		 
       Giovedì 21 giugno alle 18.30 inaugura, presso la
Fondazione Forma per la Fotografia la mostra Zingari di Josef Koudelka. 
All'evento sarà presente l'autore.
 Periododal 22 giugno al 16 settembre 2012
 Orariotutti i giorni dalle 11 alle 21
 Giovedì e Venerdì dalle 11 alle 23
 lunedì chiuso
 Costo bigliettoIntero: 7,50 euro
 Ridotto: 6 euro
 Scuole: 4 euro
 Elenco delle riduzioni
 
 Per informazioni
 02.5811.8067
 02.8907.5419
 
 © Josef Koudelka, Moravia, 1966 
 Zingari è senza dubbio uno dei lavori fotografici più 
celebri del Novecento.
 La mostra presentata a Forma, in prima mondiale, rispecchia fedelmente la 
sequenza e il menabò del volume Cikáni (zingari in ceco) che lo stesso Koudelka 
aveva progettato nel 1970, prima di lasciare la Cecoslovacchia, e rimasto a 
lungo inedito.
 Quel volume, riproposto da Contrasto, testimonia la spettacolare teatralità 
visiva che Josef Koudelka aveva concepito intorno al suo lavoro di ricognizione 
fotografica delle comunità gitane dell'Est Europa.
 
 In esposizione le 109 immagini del libro, sontuosamente stampate (sotto la 
stretta sorveglianza dell'autore) appositamente per la presentazione di Forma.
 Da un lato, le immagini raccontano la quotidianità delle comunità gitane negli 
anni Sessanta in Boemia, Moravia, Slovacchia, Romania, Ungheria e in alcuni casi 
in Francia e Spagna. Dall'altro, testimoniano lo sguardo penetrante e insolito 
dell'autore, la sua capacità di fermare, in momenti unici per la perfetta 
composizione formale e la pregnanza dell'azione, scene di vita familiare, 
momenti di festa, di gioco e di ritualità collettiva.
 Una dopo l'altra, le immagini compongono un vero affresco visivo di grande 
potenza e con poetica malinconia registrano la fine di un'epoca, la fine di un 
viaggio: quello del nomadismo zingaro in Europa.
 Riferimento essenziale "di culto" per generazioni di fotografi, Zingari mantiene 
nel tempo la sua forza e conferma la grandezza del suo autore, Josef Koudelka, 
tra i più grandi fotografi viventi.
 
 La mostra è presentata in collaborazione con Magnum Photos
 
 Biografia
 Josef Koudelka nasce in Moravia nel 1938. Inizia la sua carriera come ingegnere 
aeronautico e diventa fotografo professionista verso la fine degli anni 
Sessanta. Nel 1968 fotografa l'invasione sovietica di Praga, pubblicando le sue 
fotografie con le iniziali P. P. (Prague Photographer, fotografo di Praga).
 Per queste fotografie, nel 1969 riceve da anonimo il premio Robert Capa dell'Overseas 
Press Club. Nel 1970 lascia la Cecoslovacchia per cercare asilo politico e, poco 
dopo, entra a Magnum Photos.
 Nel 1975, viene pubblicata la prima edizione di Gypsies, il primo di una lunga 
serie di libri di questo fotografo, incluso Exiles (1988), Chaos (1999), 
Koudelka (2006) e Invasione Praga 68 (2008).
 Nel corso della sua carriera Koudelka ha vinto svariati premi come il Prix Nadar 
(1978), il Grand Prix National de la Photographie (1989), il Grand Prix 
Cartier-Bresson (1991), e l'Hasselblad Foundation International Award in 
Photography (1992). Le sue fotografie sono state esposte al Museum of Modern Art 
e all'International Center of Photography di New York, all'Hayward Gallery di 
Londra, allo Stedelijk Museum di Amsterdam, al Palais de Tokyo di Parigi, alla 
Fondazione Forma di Milano e al Palazzo delle Esposizioni di Roma. Nel 1992 ha 
ricevuto la nomina di Chevalier de l'Ordre des Arts et des Lettres dal Ministero 
della Cultura francese. Oggi vive fra Parigi e Praga.
   
		
		
			Di Fabrizio  (del 20/06/2012 @ 09:41:14, in Europa , visitato 1610 volte)
		 
      Da 
Aussie_Kiwi_Roma 
GREEK REPORTER Australia La questione degli immigrati rom dalla 
Grecia nel 1898 ritorna attuale - By Stella Tsolakidou on June 12, 2012  Sali Ramadan, sua moglie Rose e loro figlia Sherezada
 Nel 1898 un gruppo di 26 Rom greci dalla Tessaglia arrivò a Largs Bay, 
nell'Australia del sud e qualche giorno dopo ripartì a piedi verso le 
colonie orientali. Questi primi migranti di origine greca furono tra le ragioni 
dell'introduzione delle prime leggi razziali nell'Australia del sud, a cui seguì 
l'Immigration Restriction Act del 1901. Fatto che in seguito marcò le relazioni 
diplomatiche tra Grecia ed Australia. La storia dietro questi primi 26 migranti e le loro gesta è nuovamente emersa 
ed ha assunto un ruolo centrale nel quadro del dialogo continuo su come gestire 
il problema dell'immigrazione di massa e dei richiedenti asilo in Australia. La storia di questi migranti comincia in Grecia nel 1897, dopo 
che i Greci avevano perso una guerra contro i Turchi. La tregua a maggio 1898 
aveva creato un'ondata di migliaia di migranti, forzati ad abbandonare la loro 
terra per migrare all'estero o cercare rifugio nei territori rimasti alla 
Grecia. Come molti altri, i 26 Rom furono obbligati a lasciare le loro case nei 
villaggi della Tessaglia, scappare a Volos e prendere una nave diretta in 
Australia, senza avere idea di ciò che il futuro aveva in serbo per loro. Ascoltando i racconti dei commercianti e dei proprietari di barche a Volos 
sulla vita prospera in Australia, i Rom decisero di rinunciare agli ultimi loro 
fondi per pagarsi il viaggio sulla nave francese "Ville de la Giotat", il 20 
giugno 1898. Per errore, i 26 sbarcarono ad Adelaide invece di Sidney, e presto divennero 
il centro di attenzione negativa ed impopolare nel paese per lungo tempo. Le 
autorità locali erano allarmate per l'arrivo di questo neo venuti, inaspettati, 
non voluti, pericolosi e vestiti di stracci. Il loro ingresso nel paese non era 
autorizzato, fatto che ben presto accese la fiamma contro gli immigrati di 
colore, che si estese in tutta l'Australia. I giornali locali dipinsero l'arrivo e l'aspetto dei 26 Rom con le tinte più 
fosche, pubblicando anche le loro foto. Venne enfatizzato che questi Rom non 
erano greci, ma piuttosto erano nati e cresciuti in Grecia e che l'unico 
mestiere che conoscevano era quello di calderai. Il loro arrivo nell'area attirò 
sin dall'inizio molti visitatori: alcuni diedero loro del denaro, altri li 
presero in giro ed altri ancora diedero loro cibo e vestiti. Però la maggior 
parte dei cittadini, guidati dal sindaco di Adelaide, iniziarono una campagna 
per cacciarli dalla città. Persino l'ambasciatore greco visitò il piccolo 
accampamento e fu sorpreso di sapere che i 26 migranti parlavano solo il greco. Nel frattempo, l'argomento era arrivato al Parlamento dell'Australia del sud, 
dove un deputato aveva suggerito da ora non poi non si doveva permettere 
l'ingresso di nessun Greco, Hindu o Cinese. Ma quegli immigrati rom avevano problemi più seri da risolvere: sopravvivere. 
Senza mezzi di sostentamento, dovettero ricorrere al vagabondaggio ed 
all'accattonaggio, o mettendo in scena spettacoli di strada per i residenti 
locali. Iniziarono a ballare e cantare per far quadrare il bilancio. Ma questo 
modo di vivere non venne apprezzato dalla stampa e dall'aristocrazia. Le autorità di Adelaide fecero di tutto per espellere i 26 migranti verso 
Melbourne, ma il loro viaggio non terminò lì. Prima vennero trasportati col 
treno sino alla periferia di Norwood, sempre nell'Australia del sud, dove la 
gente si radunò alla stazione e li fece ripartire col treno successivo. Nelle 
altre stazioni, gli abitanti gettavano pietre e non li facevano neanche scendere 
dal treno. Quando riuscivano a scendere, piazzavano le loro tende distanti dal 
villaggio e cercavano cibo dai contadini. Ci fu chi li aiutò in diverse maniere, 
prima che alla fine arrivassero a Serviceton, Victoria, il 23 giugno 1889. I media annunciarono il loro arrivo descrivendoli come rifugiati greci o 
semplicemente zingari. 94 Greci protestarono pubblicamente perché i media e le 
autorità australiane "li avevano classificati come Greci" ed insistettero che si 
trattasse di un gruppo di Rom dalla Serbia, che sapevano il greco. Tuttavia, 
l'allora ministro della Giustizia negò quella storia, perché tutti e 26 i 
migranti avevano passaporti greci rilasciati dal consolato greco d'Egitto. La stampa continuò con i suoi articoli a base razziale contro i Rom dalla 
Grecia. Nuovamente i migranti vagarono da un villaggio all'altro. Il governo del 
Nuovo Galles del Sud ordinò alla polizia di impedire ai Rom di entrare nella 
contea. Affamati e vestiti di stracci, i 26 sognavano di raggiungere Melbourne, 
dove speravano che la comunità greca li avrebbe aiutati. Il 17 agosto, 
arrivarono a Ballarat, uno dei pochi posti dove furono trattati come esseri 
umani. Vi passarono una settimana, prima di partire nuovamente verso Melbourne, 
guadagnandosi da vivere con esibizioni nei villaggi vicini. Alla fine, le 
autorità di Melbourne non permisero loro di entrare in città, facendoli 
accampare alla periferia di St. Kilda, fuori dalla giurisdizione cittadina. Le loro avventure e vagabondaggi non finirono lì e invece continuarono per 
decenni.   
		
		
			Di Fabrizio  (del 21/06/2012 @ 09:16:24, in casa , visitato 1516 volte)
		 
      Da 
Roma_Daily_News 
 13 giugno 2012: Un tribunale di Istanbul si è pronunciato ieri in favore 
della cancellazione del progetto di rinnovamento urbano a Sulukule (vedi
QUI ndr.), il più antico insediamento rom in Europa. La quarta corte 
amministrativa di Istanbul ha stabilito che il progetto su Sulukule del comune 
di Fatih "non è di pubblico interesse". Si sono avuto tre casi distinti 
sollevati dalla Camera di Istanbul degli Architetti, la Camera di Istanbul degli 
Urbanisti e l'Associazione Rom di Sulukule. ERRC ha avviato e sostenuto il caso 
dell'Associazione Rom di Sulukule. Il tribunale ha trovato il progetto comunale in violazione della legge 5.366 
sulla "Conservazione tramite rinnovamento ed utilizzo per rivitalizzazione degli 
immobili storici deteriorati e delle proprietà culturali" nonché dei criteri
UNESCO sulla conservazione 
del patrimonio storico. Il progetto di rinnovamento urbano a Sulukule venne inizialmente lanciato nel 
2005 e vide le famiglie rom obbligate a vendere le loro case a basso prezzo e 
spostarsi lontano dal centro cittadino per permettere la costruzione di un 
quartiere di lusso. Circa 3.500 residenti rom che vivevano a Sulukule videro le 
loro case demolite. Il testo della sentenza non è ancora stato reso pubblico, ma secondo i media 
e gli avvocati coinvolti nel caso, il comune potrà presentare appello. Comunque, 
entro un mese dalla comunicazione della sentenza il comune dovrà interrompere lo 
sviluppo del progetto attuale, e predisporne un altro in linea con la sentenza. 
Se il comune non dovesse attuare la sentenza, potrà essere obbligato ad un 
risarcimento. ERRC è stato
attivamente coinvolto negli sforzi per preservare Sulukule, reagendo subito 
quando iniziò il progetto di rinnovamento urbano. ERRC si è incontrato con i 
funzionari del comune di Fatih ed ha inviato lettere, inclusa una al Primo 
Ministro, per ricordare gli obblighi della Turchia riguardo le leggi nazionali 
ed internazionali. Il 31 dicembre 2007, ERRC ha avviato e sostenuto un'azione 
legale dell'Associazione Rom di Sulukule di fronte al tribunale amministrativo 
di Istanbul, che chiedeva l'immediata sospensione della campagna di demolizione 
a Sulukule e la cancellazione del piano di rinnovamento urbano. Da allora, le 
case di molti Rom ed il quartiere storico, riconosciuto come patrimonio mondiale 
dell'umanità, sono state demolite. Tuttavia, ERRc accoglie con favore la 
decisione della corte di Istanbul, come una rivendicazione delle proteste dei 
Rom e della comunità internazionale contro l'illegalità dell'azione comunale e 
come apertura alla possibilità di ovviare ai danni inflitti ai Rom coinvolti. Per ulteriori informazioni, contattare:
 Sinan Gökçen
 Media and Communications Officer
 European Roma Rights Centre
 sinan.gokcen@errc.org
 +36.30.500.1324
 
   
		
		
			Di Fabrizio  (del 22/06/2012 @ 09:15:49, in blog , visitato 3357 volte)
		 
      Lo scorso febbraio il professor Dimitris Argiropoulos mi 
chiese un contributo scritto per la rivista Educazione 
Democratica. Senza l'assillo della sintesi da blog, diedi sfogo 
alle mie turpi voglie di scrivano logorroico. Ora che il pezzo 
è (finalmente) online, potete leggerlo e 
farmi sapere cosa ne pensate. 
 I Rom ed i blog, o più precisamente, la galassia romanì e la comunicazione 
via web... potrebbe sembrare un argomento simile a quello dei cavoli a merenda.Mi rivolgo a quanti hanno di queste popolazioni un'immagine immutabile: gente 
che ancora gira il mondo a bordo di variopinti carrozzoni, vestita in maniera 
abbastanza "casual" e di cui non sappiamo cosa fa per vivere. Dimenticandosi, 
che proprio il DOVERSI spostare (più per obbligo che per libera scelta), il 
sapersi adattare e ritagliare nicchie di sopravvivenza in ambienti 
tendenzialmente estranei, sono il volano per recepire i cambiamenti esterni con 
più velocità rispetto alle cosiddette società maggioritarie.
 Un altro aspetto di cui tener conto, è che nonostante le chiusure reciproche, il 
nostro ed il loro mondo si sono mischiati e continuano a farlo, per cui anche 
tra Rom, Sinti, Kalé, Romanichals troviamo 
individualità che sono emerse, come 
anche fasce (tuttora minoritarie) di medici, giornalisti, avvocati, o altri 
professionisti.
 Per non perdere il filo di questo discorso già dopo queste poche righe:
 dobbiamo quindi prestare attenzione ad un ipotetico Rom medio, senza sapere in 
partenza chi sia, se sia mai andato a scuola e dove, se abbia una casa o meno, 
che tipo di relazioni abbia con gli altri appartenenti alla sua comunità estesa 
(Kumpanija). Insomma, tutte questioni che diamo per scontate ed assodate come 
base delle NOSTRE comunicazioni sociali che attualmente deleghiamo ANCHE alla 
rete telematica. Aggiungo infine che da decenni l'informatica pervade vari aspetti tanto del 
lavoro, che del tempo libero o della vita quotidiana, e già vent'anni fa un Rom, 
magari senza casa o corrente elettrica, cominciava ad interagirvi, anche solo 
con un videogioco nel bar accanto al campo, oppure nel cantiere edile o nella 
cava dove lavorava.
 Verso la metà degli anni '90, tramite un progetto comunale, coordinavo una 
piccola redazione rom del campo di via Idro a Milano, nel realizzare un 
bollettino scolastico su carta, dal nome 
IL VENTO E IL CUORE. I primi tentativi 
di scolarizzazione di quel gruppo risalivano a 10 anni prima, il problema allora 
sul tappeto era di recuperare uno storico gap di comunicazione.
 Non c'erano molti mezzi: un vecchio computer 386 e casa mia come redazione, con 
colazione e riunioni mattutine al bar sotto casa (nessuno dei vicini ebbe mai 
niente da dire).
 Usare un computer da parte di chi a malapena sapeva leggere e scrivere, poteva 
sembrare un azzardo: viceversa scoprii che anche per loro era più facile 
esprimersi così che con carta e penna. La grammatica mentale dei Rom, abituati 
ad esprimersi con concetti semplici ma evocativi, la mancanza di timore nel 
rivolgersi agli estranei, era un linguaggio ideale per rivolgersi ai bambini, 
anche quando si scriveva di teatro, di lavoro, di leggi o di tradizioni. Il 
fatto poi che nel nucleo famigliare Rom le generazioni parlino tra loro 
costantemente, aiutò parecchio a trovare gli argomenti e i testimoni.
 Quel giornale divenne un importante strumento di aggregazione:
 
				INTERNO- man mano anche gli altri componenti dei campi partecipavano alla 
raccolta delle notizie, a piegare le pagine fotocopiate, a farsi fotografare, a 
chiedere quando sarebbe uscito il prossimo numero. Arrivarono col tempo i 
contributi di altri campi, di Rom di passaggio... Le pagine, da 4 dovettero 
passare ad 8. ESTERNO- Una tiratura di quattrocento copie (ma probabilmente la divulgazione 
era più ampia), e corrispondenze con scuole, giornali, anche TV, facemmo di 
tutto per girare e farci conoscere. Scoprimmo che avevamo lettori in tante città 
d'Italia e anche all'estero.  Ricevevamo corrispondenza da tutta Italia e dalla Spagna, come non lo so. Non 
c'era ancora internet, ma la rete c'era già, per niente virtuale: discendeva dal 
sistema di comunicazioni informali che sempre hanno legato i vari gruppi sparsi 
nel continente. Insomma, la diaspora li aveva resi più "moderni" (più reattivi 
al cambiamento) di noi, ed avevamo solo trovato il media per dimostrarlo.Quel bollettino chiuse dopo un paio d'anni, quando il comune smise di 
finanziarlo, in preda ai suoi ricorrenti mal di pancia politici.
 
 Nel frattempo internet stava diventando un fenomeno di massa in tutto il mondo 
(nella sola Italia tra il 1998 ed il 2000 raddoppiavano i collegamenti alla 
rete), ed in modo del tutto autonomo, ignari del nostro giornalino scolastico, 
anche alcune elite intellettuali di Rom e Sinti cominciavano a comunicare tra 
loro via web, colmando la distanza geografica.
 Nel 1999 un Rom di origini ucraine, Valery Novoselsky, diede vita al primo 
nucleo di un network che tramite internet comprendeva le varie comunità sparse 
nel pianeta, quello che attualmente è il 
Roma Network, oggi strutturato come una 
vera e propria OnG, che raggruppa diversi siti, innumerevoli gruppi di 
discussione su Google e Yahoo ed anche un canale Youtube.
 Questo network, grazie all'impegno di Valery Novoselsky che non è mai calato 
negli anni, è proseguito col contributo di nuove figure, e con il supporto 
finanziario della 
Fondazione Soros, la tal cosa gli ha anche alienato le 
simpatie di alcuni settori romanì contrari a questa presenza USA mascherata, 
sulle questione continentali. Difatti col tempo il network si è caratterizzato 
non solo come agenzia informativa dalle molte teste, ma anche come il tentativo 
di creare una lobby in grado di condizionare le politiche dei paesi dell'Europa 
Orientale e di fare pressione sulle organizzazioni comunitarie dell'Europa 
Occidentale.
 Considerazioni politiche a parte, Roma Network si è però sempre caratterizzato 
per la sistematicità quotidiana delle informazioni fornite, la professionalità e 
serietà negli argomenti trattati ed anche per la varietà dei giudizi e delle 
opinioni riportate.
 Se qualcuno volesse conoscere di più su questa galassia, nel 2009 
Aggiornamenti 
Sociali pubblicò un articolo dedicato ai principali siti europei, con una breve 
appendice sul panorama italiano del momento.
 
 Verso la fine degli anni '90 in Italia su internet non si trovava molto 
materiale su Rom e Sinti. C'era dal 1997 
O Vurdón di Sergio Franzese e forse il 
sito di Alberto Melis, che resistono tuttora. Prendendo esempio da loro, anch'io 
feci una piccola pagina web. Precisazione necessaria: al di là della qualità 
delle notizie riportate e delle rispettive esperienze, né Franzese, né Melis né 
io siamo rom o sinti.
 Tramite le notizie pubblicate, mi trovai a corrispondere con altra gente in 
Italia, che stava sperimentando esperienze simili. Quando la corrispondenza fu 
tanta, decidemmo di renderla pubblica, prima in una nuova pagina web (che oggi 
non c'è più), poi in due gruppi di discussione (uno esiste tuttora) e nel 2004 
in un primo blog. Infine con un secondo blog 
(questo, ndr.), che diede più possibilità di 
organizzare un lavoro creativo e collettivo.
 Inizialmente cercavo informazioni, ma a parte i siti di Franzese e Melis non 
trovavo molto. C'erano invece molte pagine in inglese, francese, talvolta in 
spagnolo o romanés... e le storie che raccontavano potevano interessare. Le 
tradussi per metterle online.
 Mi chiedevo: perché di queste notizie non circolava niente in Italia? Perché era 
più facile sapere cosa facevano i Rom in Romania, in Germania, e non cosa 
succedeva in Italia? Diversi? Ancora troppo selvatici?
 
 Qual era la situazione generale in Italia su Rom e Sinti, una decina circa di 
anni fa?
 Da un lato, andava esaurendosi la stagione, iniziata negli anni '70-'80, di 
attenzione da parte delle istituzioni, e al riformismo andava pian piano 
subentrando l'abbandono. Dall'altro quella stagione aveva creato un soggetto 
forte: l'Opera Nomadi nazionale, ed una rete di esperienze associative, piccole 
ed attive a livello locale, a base soprattutto volontaria.
 Il dibattito interno a queste organizzazioni era anche di buon livello, ma 
assolutamente non condiviso a livello nazionale, per non parlare di livello 
europeo. Erano, a mio giudizio, gruppi impermeabili ed autoreferenziali.
 In quel periodo, più che la forma (sito, gruppo telematico di discussione, 
diario o blog) mi interessava la possibilità di far circolare informazioni fuori 
dai soliti gruppi ristretti. Per questo, il primo passo fatto di comune accordo 
con i pochi corrispondenti di allora, fu di uscire allo scoperto e mostrare che 
scambiarsi informazioni tra realtà distanti tra loro, potesse dar vita ad un 
dibattito aperto e continuativo.
 Come scelta conseguente: quella di fornire anche in italiano notizie su quanto 
avveniva - si discuteva, nelle comunità rom e sinte all'estero, che sul piano 
comunicativo erano più avanti dell'Italia.
 Dietro questa scelta c'erano motivazioni diverse:
 
				Le cronache estere danno meno occasioni di polemica di quelle italiane. 
				Contribuiscono anche ad allargare la propria visuale, ci sono problemi simili e 
ci sono rom/sinti, associazioni e stati che provano ad affrontarli.Le varie comunità rom e sinti stanziate da tempo in un territorio, hanno via via 
maturato una propria storia autonoma, che a sua volta presenta similitudini e 
differenze con altre esperienze locali, ma che valgono anche come "laboratorio" 
per le future politiche di integrazione dei gruppi arrivati in tempi più 
recenti.E' la dimostrazione di essere in tanti. A dire il vero in Italia SI DICE che 
siano appena 150.000, quindi per la legge dei numeri, se si volesse fare 
qualcosa, sarebbe possibile. Ma, questi 150.000 possono (volendo) farsi forza 
della presenza di 8, 10, forse 12 milioni di rom/sinti nel mondo (in pratica un 
paese come l'Austria o la Danimarca).Infine, che non esiste la sola visuale nazionale; determinate questioni sono 
affrontabili più facilmente a livello locale, altre necessitano di un progetto 
complessivo sovranazionale. Ovviamente, difficoltà e diffidenze reciproche rimangono, ma la possibilità di 
scambiarsi opinioni ed esperienze anche a lunghe distanze in tempo quasi reale, 
ha secondo me contribuito (tra le tante altre ragioni) alla creazione del 
Comitato Rom e Sinti Insieme nel 2007, la prima esperienza unitaria e federativa 
gestita dai diretti interessati (parlando sempre di difficoltà e divergenze: il 
comitato si sdoppiò presto in due federazioni separate). Oggi ovviamente le varie organizzazioni ed associazioni sono presenti su 
internet con siti istituzionali ben strutturati. Esiste un'attenzione crescente 
da parte dei media locali e nazionali. Ci sono diversi blog (qualcuno con pochi 
articoli, altri aggiornati regolarmente - ma questa è una caratteristica propria 
dei blog) che in questi ultimi anni sono nati prima per volontà di qualche 
"testimone illuminato", poi vedendo la presenza di un ristretto gruppo di 
intellettuali rom e sinti, infine col coinvolgimento di parti (ancora 
minoritarie) di quei "Rom e Sinti medi" di cui accennavo all'inizio.
 
 Nel frattempo, in Italia e altrove, l'informatica sta lentamente diffondendosi 
anche nei campi-sosta o negli insediamenti più deprivati. Anche dove mancano i 
collegamenti telefonici via cavo, ogni tanto capita di trovare computer, magari 
di seconda mano, e collegamenti internet tramite chiavetta. A volte, la rete 
viene adoperata solo per scaricare musica (magari dal paese di provenienza, 
qualcosa di simile alle trasmissioni estere captate dal televisore) o per la 
ricerca di lavoro e altre informazioni. A volte internet, chat e posta 
elettronica servono per mantenere i contatti con parenti lontani. O 
letteralmente per salvare la pelle: ad esempio l'estate scorsa in Repubblica 
Ceca e in Bulgaria ci sono state violente manifestazioni ed attacchi fisici alle 
comunità rom in diversi luoghi di quei paesi; esattamente come i gruppi razzisti 
coordinavano le proprie azioni via web, così le comunità rom si tenevano in 
contatto, per aggiornarsi sulla situazione, nella paura costante di uscire dai 
propri quartieri.
 Più recenti e meno drammatici: i recenti "sbarchi" su Twitter e Facebook, 
soprattutto da parte della fascia più giovane della popolazione rom e sinta. Mi 
sembra che il motivo principale sia la curiosità e la necessità percepita di 
intrecciare relazioni con i coetanei della società maggioritaria, relazioni che 
nei secoli sono sempre state osteggiate tanto dalle NOSTRE che dalle LORO 
famiglie. La neutralità dello schermo, unita al fatto che su internet la 
comunicazione è prevalentemente multidirezionale, favorisce questo tipo di 
approccio, anche se il rischio di FLAME è sempre dietro l'angolo. Credo che più 
delle tematiche prettamente politico-sociali, un tipo di approccio maggiormente 
disimpegnato come questo, possa essere uno degli aspetti chiave di coesioni 
future; anche se occorre capire come ciò possa evolvere in forme di conoscenza e 
rapporto meno virtuali.
 Intanto, sulla spinta dei primi "pionieri" sul web, nei vari blog e gruppi di 
discussione, oltre che sui massimi sistemi, si inizia anche a confrontarsi su 
questioni pratiche, con timidi interventi di qualcuno che vive nei campi: non è 
un "intellettuale" nel senso comune del termine, ma quantomeno è cosciente di 
essere parte in causa di questioni che lo riguardano direttamente. Quel "Rom o 
Sinto medio" senza il cui contributo e coinvolgimento non si andrà da nessuna 
parte.
 
 Oggi siamo al paradosso che tutti possono parlare di/per Rom e Sinti, quindi 
sarebbe importante discutere anche di come lo si fa. Non mi riferisco agli 
argomenti da trattare, perché questo "Rom o Sinto medio" sfugge ancora alle 
definizioni: Cos'è?
 
				Parte di un popolo?Cittadino?Minoranza nazionale o sovranazionale?Disadattato cronico?Fonte di guadagno del nostro associazionismo? Tutti gli argomenti possono andare bene, non è il COSA, mi riferisco esattamente 
al COME.
 A tal proposito, spesso mi è capitato di fare questo esempio:
 A Roma ho un amico, lui si occupa di 
informazione sull'Africa e io su Rom e Sinti. Qualche anno fa, per farci due risate, gli segnalai un articolo in 
inglese di di Binyavanga Wainaina, scrittore e giornalista keniano, articolo che 
in seguito venne tradotto in italiano sulla rivista 
Internazionale. Citando 
tutti i possibili luoghi comuni che si riferiscono all'Africa, il tono era 
simile:
 Usare sempre la parola "Oscurità" e "Safari", Primordiale e Tribale. Usare i 
termini Tragedie ed immutabilità dell'Africa. Ma parlare dei Tramonti, della 
Musica che hanno nel sangue. I bambini devono essere sempre nudi, meglio se 
sottopeso. Parlare dell'Africa come se fosse un unico grande paese, senza città, senza 
industrie e università, ricco solo di animali feroci e guerre tribali.
 Poi c'è bisogno di un nightclub chiamato Tropicana, da condividere con 
mercenari, guerriglieri, prostitute ed Africani arricchiti. Terminare citando 
Nelson Mandela, o dire qualcosa sull'arcobaleno, perché voi siete persone 
sensibili.
 Sarò sintetico: c'è chi è convinto di fare giornalismo "scomodo" (o addirittura 
d'inchiesta), mostrando distese di roulotte, bambini seminudi, donne vestite con 
le gonne lunghe. Io credo che quella sia cronaca, spesso doverosa ma cronaca. Nel senso che non 
cambia la nostra percezione e non aumenta la conoscenza. In effetti libri, 
giornali, internet stessa traboccano di immagini simili.
 Una volta che l'immagine è stata digerita, tutto torna come prima, anzi è come 
essere vaccinati. Però sono immagini vere, mi direte... Lo so, come sono vere le 
immagini di un incidente ferroviario, o del fondoschiena di una qualche 
cantante... si suppone che, diritto di cronaca a parte, la maggioranza di noi 
non viva in roulotte, non sia scampata ad incidenti ferroviari e non abbia il 
fisico di Jennifer Lopez...
 Da una parte c'è un sistema dei media che privilegia la notizia più vendibile. 
Dall'altra, la reazione del "lettore medio", che per comodità dividerà le 
notizie che gli arrivano a quintali, tra storie di cui ha esperienza o viceversa 
in una sorta di mondo alieno.
 Alieno, appunto: Il problema del conoscere, è che nessuno ha bene idea di dove 
partire. Ad esempio, prima accennavo alla mancanza di cifre su quanti siano in 
Italia i Rom e i Sinti. La confusione aumenta quando il Consiglio d'Europa 
rimprovera all'Italia di non fornire dati esatti, che invece mancano anche a 
livello europeo. Mi capita, nell'arco della stessa giornata, di leggere che sono 
8 milioni, anzi 10, o 12. In alcuni paesi, come ad es. la Slovacchia, le cifre 
variano da 200.000 a 1 milione.
 
 Comunque, ...l'80% dei Rom è concentrato in Europa, in condizioni simili quasi 
ovunque. Quindi, se è giusto sapere che la loro origine probabilmente è indiana, 
possiamo lo stesso considerarli uno dei popoli fondanti del nostro continente, 
dove sono presenti dal tardo medioevo, quando non esisteva quasi nessuno stato 
nazionale di oggi. Inoltre il nomadismo, l'artigianato e l'assenza della scuola 
erano diffusi (come il nomadismo economico e politico del resto) e solo con il 
formare degli stati nazionali sono declinati.
 In realtà, la loro storia va paragonata alle tante minoranze, che in 1000 anni 
di storia europea si son trovati a scegliere tra assimilazione o sterminio. 
Apposta, ho usato la parola assimilazione, che è una parola brutta quasi quanto 
sterminio. Perché sono le alternative che l'Europa offre da quando ha coscienza 
di essere continente, diciamo dalle crociate. Faccio notare che in questi secoli 
ce ne sono di Rom che si sono assimilati, si sono annullati, e quindi non ha 
senso chiedere "quando saranno assimilabili"? Cosa sappiamo di loro? Attraverso 
i media conosciamo di più degli ultimi arrivati che di quelli che sono qui da 50 
anni, o da secoli, come ad esempio i Rom abruzzesi.
 Tutto il meccanismo informativo ne viene distorto. Perché va da sé che chi sia 
arrivato da poco, porti situazioni più problematiche di chi è già insediato da 
tempo. Sia chiaro, non lo affermo per un malinteso razzismo, la mia è solo 
un'osservazione logica
 Di chi è arrivato in quei campi prima di loro, oggi si parla poco - se non si 
parla affatto. Non so cosa sia meglio tra il terrore o il silenzio delle 
cronache. Cosa fanno? Quello che posso testimoniare, è che se qualcuno volesse 
informare in maniera "corretta", può farlo anche in una situazione estrema come 
quella dei Rom rumeni a Milano. 
Dieci anni fa rappresentavano l'Italia ad un 
concorso musicale in Grecia, o volevano instaurare una scuola di musica a 
Milano.
 Una squadra di calcio che è nata nell'ex campo-inferno di Triboniano, si è 
allargata ad immigrati di altri paesi, per due anni consecutivi ha vinto il 
campionato mondiale di calcio a 5 per senzatetto. Hanno scritto 
un libro sulla 
loro storia, e restano ignorati lo stesso. Oppure, parliamo dello 
sportello 
sindacale che ha funzionato lì per oltre 2 anni? Notizie che sfuggono: se anche 
tra chi è arrivato per ultimo e ha sempre vissuto in situazioni "estreme", 
possiamo trovare "buone cronache", cosa ci impedisce di farlo con chi è in 
Italia da una vita?
 Logica vorrebbe che se gli ultimi sono tanto attivi, a maggior ragione lo 
saranno gli altri, chi è arrivato prima. Invece, man mano che questi Rom si 
stabilizzano (o si assimilano), diventano realmente INVISIBILI.
 
 La storia europea si ripete. Non è un'emergenza: da almeno 30 anni è in atto una 
migrazione di altri popoli nel nostro continente, come nel tardo medioevo o nel 
II dopoguerra. Lo stravolgimento dei confini e dei parametri economici, 
coinvolge anche i Rom. Queste nuove popolazioni, che per lo più contribuiscono 
alla nostra economia sommersa, non troveranno risposta se non sapremo prima 
affrontare il rapporto da creare con quei Rom che in Europa da secoli, vivono 
come se fossero in un eterno dopoguerra.
 La responsabilità dell'informazione, è di aiutare a formare il quadro in cui 
interagiremo con gli 8 o 12 milioni di persone e quando finirà l'eterno 
dopoguerra dei Rom e dei Sinti. Partendo da qualcosa che è sotto gli occhi di 
tutti e nessuno vede: c'è tra loro il muratore, il giardiniere, la babysitter, 
l'imprenditore, magari li conoscete e vi hanno sempre nascosto la loro identità. 
Non sapete se vivono in un campo o in casa. Chiediamoci perché la maggior parte 
di loro si nasconde anche se non ha commesso nessun reato.
 Il conto per l'informazione è molto più salato di come l'ho presentato. Esiste 
un lato apertamente razzista dell'informazione, che a volte diventa 
mandante o correa degli atti di razzismo e di intolleranza che si scatenano contro i Rom. 
Atti che si ripetono continuamente. Potremmo parlarne a lungo: questo è solo il 
lato visibile di un'opera di occultamento e disinformazione, che sta SEMPRE alla 
base del razzismo.
 
 Le associazioni pro-Rom, nonostante la crescente attenzione, hanno tuttora 
scarsissimo spazio sui media, e mancano completamente i diretti interessati. 
Ecco perché la rete internet è diventata un antidoto così importante, e le sue 
modalità di comunicazione sono state man mano mutuate da Rom e Sinti (o forse è 
internet stessa che ha adottato le loro competenze comunicative).
 Oggi la priorità non è più tanto creare poli di informazione indipendenti, che 
già ci sono, quanto renderli autorevoli e (vorrei dire) professionali. Ma mi 
rendo conto che "professionale" è un termine ambiguo: intendetelo più come 
"parere di chi vive determinate situazioni sulla propria pelle, per questo è più 
titolato di altri a descriverle", che come professione vera e propria. Proprio 
quel parere che è sempre l'ultimo ad essere ascoltato. Se attualmente i codici 
espressivi di queste persone sono "limitati" rispetto alle nostre esigenze, 
possono crescere esclusivamente con un confronto, magari critico, quotidiano e 
prolungato. Fin quando non saremo noi, fuori dai campi e dalle riserve, a 
riconoscere dignità e ricchezza a quei codici espressivi, che non sono 
"limitati", ma semplicemente "altri" da quelli che abbiamo adottato a nostra 
volta.
 
 Il problema che si pone è la visibilità, nel mare di informazioni che ci 
circondano (se cerco blog su google ottengo due milioni di risposte). Secondo me 
le possibilità sono 2: il sensazionalismo e il folklore deteriore (ricordate? 
distese di roulotte, bambini seminudi, donne vestite con le gonne lunghe). 
Oppure coinvolgere i propri lettori: cioè affrontare il discorso di quanto 
i 
destini dei Rom e della società maggioritaria siano intrecciati: in parole 
povere, quanto possano fare i Rom per il mondo attorno a loro. Magari, con un 
piccolo (piccolo, mi raccomando, la carità pelosa è sempre in agguato) aiuto 
perché dall'assimilazione si passi all'interazione comune.
 
 C'è chi descrive il mondo telematico come fulminante e semplice da raccontare, 
senza rendersi conto di quanto distanti affondino le sue radici. Sono passati 
anni da quando si è iniziato, forse si tratta solo di essere costanti e di 
osservare come evolve il mondo della comunicazione (e anche quello dei rom e dei 
sinti). In tutto questo tempo, in tanti e con progetti ed idee diverse, si è 
lavorato per aggiunta, senza rinnegare quello che era stato fatto prima, come un 
sassolino che cresce rotolando dalla montagna.
   
		
		
			Di Fabrizio  (del 23/06/2012 @ 09:04:08, in lavoro , visitato 1763 volte)
		 
       RiminiToday
 Mercoledì mattina nella sede della Provincia di Rimini si è svolta la 
presentazione della neonata cooperativa sociale, Metalcoop, per la raccolta e il 
recupero di materiali ferrosi, creata da un gruppo di Sinti e di Rom [...] Erano presenti l'assessore ai Servizi sociali della Provincia di 
Rimini Mario Galasso, il presidente della cooperativa Marcello Spada, il 
vicepresidente Davide Gerardi e il segretario nazionale di Confesercenti Davide 
Ricci.
 Un gruppo di Sinti e di Rom hanno formato una cooperativa sociale di 18 persone 
con lo scopo di fare la raccolta del materiale ferroso, adeguandosi alle 
normative, e dimostrare così la loro volontà di integrarsi in modo corretto 
nella nostra comunità nel pieno rispetto della legalità.
 
 Nella cooperativa sono stati accolti anche 3 "residenti", come vengono definiti 
gli italiani non SINTI non ROM, perché da soli non riuscivano a fare questo 
lavoro secondo le nuove normative. La cooperativa è formata da 18 persone dai 20 
ai 60 anni che lavorano in tutta la Romagna e risiedono nella provincia di 
Rimini.
 
 Anche su:   
		
		
			Di Fabrizio  (del 24/06/2012 @ 09:24:18, in Regole , visitato 1765 volte)
		 
      
 Immagine da 
biografieonline: Hermann Göring, Rudolf Hess e Joachim von 
Ribbentrop al Processo di Norimberga, obbedirono soltanto agli ordini. Sono passati
una decina di giorni da quando si è saputo dell'aggressione ad una coppia rom a 
Bologna. Forse potevo anch'io scriverne prima, ma sarebbe stata una copia di 
quanto già altri esprimevano. Indignazione, soprattutto. E io: 
				Sospetto dell'indignazione, come di una fiammata che si 
				esaurisce subito.Sospetto dell'indignazione perché, peggio ancora, diventa un 
				artificio dialettico dove le vittime c'entrano poco, ma la cosa 
				importante è ribadire quanto gli altri siano cattivi e noi 
				invece siamo i buoni.Sospetto delle cascate di aggettivi, che mascherano il vuoto 
				delle idee e delle proposte. Eppure, come è possibile non indignarsi di fronte a fatti simili? Riassumo la 
vicenda nella sua brutale (e burocratica) semplicità: 
				Due ragazzini bivaccano all'aperto, dopo diversi sgomberi, e 
				già da qua capiamo, senza che nessuno lo spieghi, che 
				probabilmente sono rom. Lui viene picchiato a sangue da una 
				banda, lei (incinta) viene violentata.In commissariato la loro denuncia si trasforma in un decreto 
				di espulsione per lui perché, anche se nati in Italia, non hanno 
				documenti, e la legge in questa storia di "clandestini", tutela 
				solo la madre. Esempio di come il RAZZISMO VIOLENTO e quello ISTITUZIONALE cozzino contro 
ogni elementare norma di diritto. RAZZISMO VIOLENTO: cambiano le maschere, ma sono sempre 
loro: chi altro farebbe un atto di coraggio e dignità nel pestare e violentare in 
quattro due ragazzini di 15 e 20 anni? Sapendo che le vittime non sono due 
pupilli di una italianissima famiglia, ma due piccoli rom (ed un terzo in 
arrivo) di cui quasi nessuno si è mai occupato e si occuperà? Leggo martedì (QUI 
e 
QUI) che gli aggressori sarebbero quattro nazionalisti rumeni. Per 
una volta non mi preoccupa quanto possiamo essere razzisti noi italiani: la 
destra estrema (o radicale), già in passato ha dimostrato di avere gli strumenti 
per coordinarsi a livello sovranazionale. Ad esempio, razzisti e neonazisti di 
Germania, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia da anni operano congiuntamente 
nei diversi territori, tanto in maniera "istituzionale" che con marce, cortei, 
pestaggi, devastazioni di quartieri e proprietà di minoranze etniche e 
religiose.  Non erano mai scomparsi, ma
oggi sono nei parlamenti, nei salotti buoni (ma anche negli stadi e nelle 
periferie urbane) di un'Europa che non è soltanto in crisi finanziaria, ma anche 
in crisi culturale e d'identità. Operano assieme ovunque con le medesime parole 
d'ordine. RAZZISMO ISTITUZIONALE: immaginate... di essere voi che 
hanno picchiato e a cui hanno spaccato il naso, immaginate che gli stessi hanno 
violentato la vostra donna incinta. Però, che siate nati in Italia o meno, la 
vostra colpa è che non avete documenti, ed allora: niente da fare, sarete 
trattati peggio di un animale. Perché, nel momento della denuncia scatta automaticamente la procedura 
d'espulsione. Potrete mai fidarvi di una legge che stabilisce che non potrete 
avere giustizia o che vi impedisce di testimoniare? E' una cosa talmente assurda, che ho passato una mezza mattinata a studiare 
tutte le possibili scappatoie in casi simili. Non ho trovato niente. Ho chiesto 
aiuto a due avvocati che conosco. Non mi hanno ancora risposto. Qualcuno sa darmi una mano?   
		
		
			Di Fabrizio  (del 25/06/2012 @ 09:11:37, in media , visitato 1397 volte)
		 
      
 Immagine dell'Africa 
 Uno degli effetti principali della comunicazione umana è quello di non farsi 
capire. Ne è prova il fatto che, quando comunichiamo (o proviamo a farlo), 
passiamo almeno la metà del tempo a cercare di spiegare cosa intendevamo dire 
veramente con i nostri messaggi. Molto spesso, l'incomprensione è un risultato 
puntuale anche di tanta comunicazione su argomenti seri e complessi, come è 
quello dell'immigrazione. Il manuale "Comunicare l'immigrazione" prova a 
fornire, a quelli che lo desiderano, qualche importante strumento per attenuare 
questo rischio. Il manuale, realizzato dalla 
Cooperativa Lai-momo (editrice 
della rivista Africa e Mediterraneo) e dal 
Centro Studi e Ricerche Idos (Roma), 
è rivolto agli operatori dell'informazione. Il volume contiene dati aggiornati 
sui fenomeni migratori nel nostro Paese e numerosi esempi di buone pratiche di 
comunicazione in questo campo.
   
		
		
			Di Fabrizio  (del 25/06/2012 @ 09:13:21, in Italia , visitato 1822 volte)
		 
      OPERA NOMADI DI REGGIO CALABRIA - COMUNICATO STAMPA Pochi giorni fa abbiamo appreso che nella nostra città il fenomeno 
dell'emarginazione sociale è "scomparso". A dichiararlo è il Comune nel primo 
documento del Piano Strategico Sociale pubblicato sul sito dell'ente. Il piano 
che dovrebbe portare ad una programmazione unitaria ed efficace del welfare 
cittadino, alla cui redazione ci sta lavorando da mesi un gruppo di cinque 
esperti. Nella seconda pagina del documento redatto dagli esperti (dal titolo "Prime 
indicazioni per la costruzione del Piano Strategico Sociale") alla tabella 
utenti viene dichiarato che i destinatari dei servizi sociali che rientrano 
nella categoria "Emarginazione e disagio adulti" (rom, detenuti, ex detenuti, 
donne in difficoltà e indigenti) per gli anni 2010 e 2011 erano : 29 nel 2010 e 
27 nel 2011.  Questa notizia, se fosse vera, sarebbe veramente eccezionale. La nostra città 
diventerebbe una sorta di "paradiso terrestre". Ma sappiamo che, purtroppo, non 
è così. Nella categoria "Emarginazione e disagio adulti", della classificazione 
(Nomenclatore interregionale degli interventi e Servizi Sociali- NISS) adottata 
dal tavolo degli esperti, dovrebbero rientrare tutti i cittadini che,secondo la 
definizione scientifica di emarginazione sociale, hanno un reddito al di sotto 
della soglia di povertà, ma hanno subito pure altre deprivazioni come il vivere 
in un habitat non inclusivo, una bassa istruzione, difficili condizioni di 
salute, ecc. Partendo da questa definizione multidimensionale dell'emarginazione sociale, 
le persone che, nella nostra città, negli anni 2010 e 2011, si trovavano in 
questa condizione (tra i rom, i detenuti, gli ex detenuti, le donne in 
difficoltà e tra altri soggetti), purtroppo, erano molte di più di quelle 
riportate nel documento. Solo nella comunità rom di cittadinanza italiana, gli 
emarginati residenti nei quartieri di Modena (Ciccarello palazzine e Ciccarello 
ex Polveriera) e di Arghillà nord negli anni 2010 e 2011 erano almeno 800 
persone. Ai rom bisogna aggiungere molte altre persone che si trovavano in 
condizioni simili di emarginazione sociale e di disagio. I dati dell'Istat 
sull'esclusione sociale in Calabria in quel periodo si attestavano intorno 
all'8% delle famiglie. Il che significa che, orientativamente, nella città di 
Reggio Calabria negli anni 2010 e 2011, le persone che si sono trovate nella 
condizione di grave deprivazione ed emarginazione sociale sono state qualche 
migliaio. Il fenomeno dell'emarginazione sociale con l'avvento della crisi 
economica si è incrementato al punto che la Comunità Europea ha dedicato l'anno 
2010 alla lotta contro l'esclusione sociale. Alla luce di tutto questo, non 
riusciamo a comprendere come è stato possibile che siano stati pubblicati dati 
tanto errati. Anche se non tutti i casi di emarginazione raggiungono i servizi 
sociali, è vero che le assistenti sociali comunali, nei diversi quartieri, 
seguono moltissimi soggetti emarginati. Ma il documento non riporta nemmeno una 
piccola parte dei casi trattati dai servizi sociali. Per fortuna il testo in 
questione non è il Piano strategico sociale definitivo, anche se è il prodotto 
di un tavolo di esperti che, già da circa otto mesi, lavorano per costruire la 
base per la programmazione futura delle politiche sociali della città. E' 
evidente che, nonostante le competenze e la buona volontà degli esperti, esiste 
il pericolo che i soggetti più deboli, quelli che sono poco rappresentati nella 
comunità e nello stesso Terzo settore, possano, di colpo "scomparire" dalle 
tabelle. Così facendo si aumenta l'intensità del loro stato di emarginazione, 
penalizzandoli ulteriormente. Se il piano Strategico, come è stato presentato, 
intende essere uno strumento di programmazione delle politiche sociali e quindi 
un mezzo per contrastare l'esclusione sociale è necessario raccogliere con 
maggiore attenzione e con metodo diverso i dati, visto che questi costituiscono 
le basi fondamentali con le quali redire un programma di welfare efficace. 
Questa nostra nota non intende essere una critica al gruppo degli esperti, ma 
vuole essere la segnalazione libera di un grave errore nei dati, errore che 
potrà essere corretto facilmente se il lavoro di redazione del programma verrà 
continuato consentendo, la partecipazione autentica di tutti i soggetti del 
Terzo Settore e di quella degli stessi utenti.  Reggio Calabria, 22 giugno 2012 Il presidente Sig. Giacomo Marino
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